Nel mondo competitivo del business, la capacità di mantenere i clienti esistenti è fondamentale per la crescita e la sostenibilità di un'azienda. Il Customer Churn rate, o tasso di abbandono clienti, è una metrica chiave che misura la percentuale di clienti che interrompono la loro relazione commerciale con un'azienda entro un determinato periodo di tempo. Comprendere e gestire il churn rate è essenziale per le aziende che desiderano mantenere la loro base clienti e massimizzare il valore a lungo termine dei loro clienti. Infatti, quando si analizza l'andamento di un business, considerare i propri fallimenti è importante tanto quanto verificare i propri successi: capire cosa si sbaglia nel proprio approccio di vendita è fondamentale per migliorare le future relazioni con i clienti e mantenerli più a lungo. Ed è esattamente a questo proposito che è nata - negli Stati Uniti ovviamente, come molte delle novità inerenti al settore marketing & sales - una nuova metrica per giudicare la percentuale di clienti persi in relazione al numero di quelli acquisiti: questo numero è stato definito Customer Churn rate, che può essere tradotto come Tasso d'abbandono dei clienti. Un pò macchinoso da pronunciare, per cui manterremo la definizione anglofona. Che cos'è il Customer Churn rate? Come già anticipato, è quella cifra che indica il numero - in percentuale - dei clienti che hai perso in un determinato periodo di tempo: si può calcolare dividendo il numero dei clienti che hanno reciso i contatti in quel lasso di tempo per il numero di clienti che avevi all'inizio dello stesso periodo. Per fare un esempio pratico: se hai iniziato il mese con 400 clienti e lo hai concluso con 380, la tua churn rate è del 5%, poiché hai perso il 5% dei tuoi clienti. In realtà, questo è solo uno dei modi per calcolare questo numero: da azienda ad azienda, può essere più comodo valutare semplicemente il numero di clienti che hanno deciso di abbandonarci, oppure la percentuale del guadagno perso. Da ciò, si può intuire che per alcuni business la churn rate può essere positiva: per esempio, com'è vero che un determinato periodo di tempo può portare alla perdita di clienti, può succedere che - se il business è in incremento - esso veda un guadagno di clienti, portando la churn rate ad un valore negativo, la situazione ideale per un'attività. Come si calcola il tasso di abbandono dei clienti Calcolare il churn rate è un processo fondamentale per le aziende che vogliono valutare il loro grado di fidelizzazione dei clienti. Questa metrica fornisce una panoramica chiara sul tasso di perdita di clienti nel corso di un determinato periodo di tempo e può essere determinante per formulare strategie di retention e migliorare la stabilità del business nel lungo termine. Il metodo per calcolare il churn rate è relativamente diretto. Si inizia registrando il numero totale di clienti all'inizio del periodo preso in considerazione. Questo potrebbe essere un mese, un trimestre o un altro intervallo di tempo rilevante per l'attività dell'azienda. Quindi, si registra il numero di clienti che hanno cessato di fare affari con l'azienda durante lo stesso periodo. Una volta ottenuti questi dati, si procede dividendo il numero di clienti che hanno lasciato l'azienda per il numero totale di clienti all'inizio del periodo. Il risultato di questa divisione viene quindi moltiplicato per 100 per ottenere la percentuale del churn rate. Ad esempio, se un'azienda inizia un trimestre con 1000 clienti e durante quel trimestre ne perde 50, il churn rate sarà del 5%. Questa formula fornisce un'indicazione chiara della percentuale di clienti che l'azienda ha perso nel corso del periodo specifico. Un churn rate più elevato indica una maggiore instabilità nella base clienti, mentre un churn rate più basso suggerisce una maggiore fedeltà dei clienti e una maggiore stabilità commerciale. Monitorare attentamente il churn rate e comprendere le sue cause possono aiutare le aziende a identificare i problemi sottostanti e adottare misure correttive mirate. Queste misure potrebbero includere miglioramenti del prodotto o del servizio, iniziative di fidelizzazione dei clienti, o strategie di comunicazione più efficaci per mantenere i clienti soddisfatti e impegnati nel lungo termine. Perché la churn rate è importante? Per verificare con precisione l'andamento di un business vanno considerati anche i dati negativi - forse con maggior attenzione, addirittura, di quelli positivi - al fine di poter migliorare i punti deboli della propria strategia: osservare dove e perché i clienti decidono che non sei la soluzione migliore per loro è il metodo più adatto per incrementare l'efficacia delle proprie relazioni professionali. Inoltre, avere un dato su cui impostare un obiettivo è fondamentale per poter lavorare meglio: monitorare la propria churn rate mese dopo mese permette di farti capire se stai procedendo nel modo corretto - o se stai sbagliando qualcosa e devi correggere la rotta. Un errore in cui si può ricadere è pensare che la churn rate, con i suoi numeri solitamente molto ridotti, non vada ad influire sul fatturato totale: grave sbaglio. A supporto di questa affermazione, consideriamo i numeri precedentemente utilizzati per l'esempio: 400 clienti ad inizio mese e 20 clienti in meno alla fine del periodo di analisi, per un 5% di churn rate finale. Possiamo anche considerare - per andare incontro alle aziende id dimensioni più modeste - la semplificazione di queste cifre, 20 clienti e un solo abbandono: ciò che ci interessa è la percentuale di rinuncia. Un numero apparentemente insignificante come il 5% può trarre in inganno: quel solo cliente, se mantenuto, poteva generare un incremento di fatturato decisamente maggiore al suo rapporto numerico con gli altri clienti. In altre parole, un cliente solo fa la differenza, soprattutto se ricorrente: il perno di questo ragionamento è il mantenimento di clienti abituali, che forniranno all'azienda un guadagno continuo - e molto meno sudato - dell'intero procedimento di ricerca ed acquisizione di nuovi nomi. Cedendo la parola ai numeri di HubSpot, un incremento del 5% di churn rate può portare addirittura ad aumento del 25% del proprio profitto: nessuna spesa operativa, introiti ripetuti e possibilità di dedicare più tempo al tuo business. La sfida del Churn Rate nella vendita diretta al consumatore (DTC) La vendita diretta al consumatore (DTC) ha rivoluzionato il modo in cui le aziende interagiscono con i propri clienti, consentendo loro di stabilire una connessione diretta e immediata con il pubblico di riferimento. Questa strategia è diventata sempre più popolare nel panorama commerciale contemporaneo, poiché offre agli imprenditori un controllo senza precedenti sull'intera esperienza di acquisto, dall'inizio alla fine. Con la vendita DTC, le aziende possono bypassare intermediari e rivenditori, raggiungendo direttamente i consumatori attraverso canali online, fisici o una combinazione di entrambi. Questo approccio non solo consente un maggiore controllo sui processi di produzione, distribuzione e marketing, ma anche una maggiore capacità di adattamento alle esigenze e ai feedback dei clienti in tempo reale. Tuttavia, nonostante i vantaggi evidenti della vendita DTC, il churn rate rimane una sfida cruciale che le aziende devono affrontare per mantenere la propria competitività nel mercato. Poiché le aziende DTC sono direttamente responsabili della gestione della relazione con i clienti, qualsiasi aumento del churn rate può avere un impatto significativo sulla salute finanziaria e sulla crescita a lungo termine dell'azienda. Un churn rate elevato potrebbe indicare una serie di problemi sottostanti, tra cui la scarsa qualità del prodotto, un'esperienza di acquisto online non ottimale o una comunicazione inefficace con i clienti. Per affrontare efficacemente il churn rate nella vendita DTC, le aziende devono adottare un approccio proattivo che comprenda una serie di strategie mirate. Innanzitutto, è essenziale comprendere appieno le esigenze e le preferenze dei propri clienti attraverso ricerche di mercato approfondite, analisi dei dati e feedback diretto. Questa conoscenza approfondita dei clienti può consentire alle aziende di personalizzare l'esperienza di acquisto, migliorare la qualità del prodotto e offrire un servizio clienti di prima classe. Le aziende DTC devono concentrarsi sull'offerta di un'esperienza di acquisto senza soluzione di continuità, sia online che offline. Ciò significa garantire che i siti web e le piattaforme di e-commerce siano intuitivi, facili da navigare e ottimizzati per la conversione, mentre i punti vendita fisici devono offrire un ambiente accogliente e coinvolgente per i clienti. Inoltre, è importante investire nella formazione del personale per garantire che siano in grado di fornire un servizio clienti eccezionale e risolvere prontamente eventuali problemi o dubbi dei clienti. Queste aziende DTC devono implementare strategie di retention mirate per mantenere alta la fedeltà dei clienti e ridurre al minimo il churn rate. Ciò può includere l'offerta di programmi fedeltà, sconti esclusivi, omaggi e contenuti personalizzati che tengano i clienti impegnati e soddisfatti nel lungo termine. Sebbene la vendita diretta al consumatore offra numerose opportunità per le aziende di stabilire connessioni più profonde e durature con i propri clienti, il churn rate rimane una sfida critica che richiede un'attenzione costante e strategie mirate per essere affrontata con successo. Solo attraverso un impegno continuo per offrire un valore eccezionale ai clienti e per soddisfare le loro esigenze in evoluzione, le aziende DTC possono sperare di mantenere la loro base clienti stabile e in crescita nel lungo termine. Conclusione Mirare ad abbassare la propria Customer Churn è dunque un ottimo modo per incrementare il valore del proprio business. Ecco tre consigli utili per ridurre la churn rate della tua azienda: concentrati sui tuoi clienti migliori: sii realistico e pragmatico, e riconosci che alcuni dei tuoi clienti staranno considerando l'abbandono. Piuttosto che dilapidare le tue risorse - e il tuo tempo - cercando di salvare tutti, mira a mantenere i più promettenti, leali e produttivi: può sembrare cinico, ma non tutti i clienti hanno lo stesso valore; analizza gli abbandoni e traine vantaggio: una volta che un cliente ha deciso di andarsene, non insistere troppo. Se ha già preso una decisione, è giusto rispettarla; ciò non significa che tu non possa chiedere lui cosa lo ha convinto ad andarsene e trarre vantaggio dalla situazione, preparando delle misure preventive per far sì che ciò non riaccada; dimostra ai tuoi clienti che ci tieni: può sembrare banale, ma un costante interesse nei confronti dei tuoi clienti già acquisiti significa molto per loro. Mostra interesse per la loro situazione, tienili informati e fornisci loro informazioni utili e loro saranno ben felici di essere - e rimanere - tuoi clienti. Ricorda: mantenere i propri clienti è ancora più importante di procurarsene di nuovi. Fai in modo che i tuoi acquirenti migliori restino tali!
Nell'era digitale, le ricerche vocali sono diventate una parte fondamentale della nostra interazione quotidiana con i dispositivi. Grazie agli assistenti digitali come Siri, Google Assistant, e Alexa, ora possiamo accedere alle informazioni in modo rapido e semplice, senza nemmeno toccare il nostro smartphone. Questo cambiamento comporta una nuova sfida per i siti web: ottimizzare per le ricerche vocali non è più un'opzione, ma una necessità per garantire visibilità e rilevanza nell'immensa biblioteca di internet. Come possiamo quindi adattare le nostre strategie SEO per soddisfare le esigenze degli utenti che preferiscono parlare piuttosto che digitare? Esploreremo tecniche e consigli su come fare proprio questo. Cos’è la voice search La voice search rappresenta un cambiamento significativo nel modo in cui interagiamo con la tecnologia. Grazie all'avanzamento dell'AI nel comprendere il linguaggio naturale, gli assistenti vocali possono ora fornire risposte precise a comandi e ricerche vocali dirette. Questo implica un adeguamento nelle strategie SEO, dove il focus si sposta dalle parole chiave singole alle keyword long-tail, che riflettono un linguaggio più conversazionale, tipico delle ricerche vocali. Se ad esempio hai una marca di scarpe preferita, il sistema salverà questa informazione e la utilizzerà in futuro. Nel momento in cui imposterai una ricerca vocale per acquistare un paio di scarpe, il sistema in automatico ti fornirà prima i modelli del tuo brand preferito. Entrando più nel tecnico la VEO, acronimo di voice engine optimization che può essere considerato la “cugina” della SEO, richiede due cambiamenti fondamentali in un sito: Le query vocali rispetto a quelle scritte sono più lunghe, mediamente da 2 a 7 parole; Le keyword singole vengono sostituite dalle keyword long-tail. La maggior parte delle richieste degli utenti prevedono delle domande, per questo è opportuno basarsi sulle question words. In pratica, i contenuti di un sito web devono essere pensati e ottimizzati per rispondere alle domande più frequenti che gli utenti possono porre. La rivalutazione di questi parametri è importante per le tue strategie di inbound marketing perché permettono ai tuoi contenuti di essere trovati dagli utenti nelle loro fasi del customer journey. Una volta trovati i tuoi contenuti l'utente potrebbe diventare un lead e, con una buona campagna di lead nurturing, diventare a sua volta un cliente finale. Come ottimizzare siti per le ricerche vocali Per rimanere al passo con l'aumento delle ricerche vocali, è cruciale che i siti web siano veloci, reattivi e ottimizzati per dispositivi mobili. Gli utenti di oggi, abituati alla rapidità di ecommerce e ricerche vocali, si aspettano risposte immediate. Un sito lento o poco responsive può facilmente perdere traffico a favore di competitor più veloci e ottimizzati per le ricerche vocali. Vediamo più nello specifico cosa intendiamo, approfondendo punto per punto. Prima di capire come funziona la ricerca vocale Google o su altri motori di ricerca è opportuno ricordare una cosa: innanzitutto il sito deve essere ottimizzato in chiave SEO. In caso contrario ogni altra strategia basata sulla ricerca vocale risulterebbe fallimentare. Un altro aspetto fondamentale è la velocità di caricamento del sito che deve essere scattante e reattivo, Hubspot CMS rappresenta una piattaforma sicuramente in grado di offrire tutto ciò. L’utente medio non solo è pigro ma anche impaziente, quindi la sua soglia di tolleranza è di massimo 4-5 secondi. Se il tuo sito non si apre in tempi brevi, stai pur certo che l’utente andrà a cercare altrove ciò di cui ha bisogno. Riguardo all’utente medio, tieni a mente un’altra cosa: è “infedele”. Cosa significa? Che se trova un sito più veloce, performante e completo non ci impiegherà molto per abbandonarti e lanciarsi nelle braccia dei competitor, soprattutto se gli forniscono ciò che sta cercando. Per questo motivo il tuo sito deve essere ricco di contenuti pertinenti e di qualità, che diano davvero un valore aggiunto al tuo sito e che conferiscano autorevolezza al tuo brand, facendolo risaltare come un punto di riferimento nel settore. I testi devono essere suddivisi in paragrafi con titoli H1, H2 e H3 e avere una lunghezza adeguata di parole, che mediamente oscilla tra le 500 e le 800 (molto dipende anche dal settore in cui operi). In questo senso un sito Hubspot garantisce sia la velocità di caricamento, il fatto di poter impostare facilmente gli heading tag ma soprattutto di essere desing responsive ossia di essere ottimizzato anche per la versione mobile. Ciò è fondamentale per la vocal search visto che la maggior parte delle ricerche vocali attualmente provengono dagli smartphone. L’importanza degli snippet e del mark-up Per il seo delle ricerche vocali, gli snippet in primo piano e un markup schema ben strutturato sono essenziali. Questi elementi aiutano i motori di ricerca a comprendere e presentare i contenuti del tuo sito in modo efficace, aumentando la probabilità che il tuo sito appaia nei risultati delle ricerche vocali. Che sia una ricerca vocale Android o Apple, gli snippet in primo piano rappresentano, quindi, un fattore fondamentale per raggiungere il successo. Lo snippet è un elemento introdotto da Google per fornire in poche righe una risposta rapida all’utente e si trova nella pagina superiore dei risultati dei motori di ricerca. Google in automatico prende le informazioni necessarie da una pagina web ben strutturata e considerata affidabile, per poi mostrarle al visitatore. Lo snippet riveste quindi un ruolo di primaria importanza, dal momento che viene visualizzato addirittura prima degli annunci. Se il tuo sito viene inserito in uno snippet in primo piano, ci sono maggiori probabilità di apparire anche nei primissimi risultati della ricerca vocale che vengono poi suggeriti agli assistenti digitali. Di pari importanza è il mark-up dello schema, che possiamo considerare una sorta di glossario globale che i motori di ricerca utilizzano per comprendere meglio i contenuti presenti all’interno della pagina di un sito. Questo schema trasmette ai motori di ricerca tutte le informazioni necessarie per capire di cosa si occupa e di cosa tratta un sito o un ecommerce. Così facendo il lavoro dei motori di ricerca è molto più veloce e immediato, anche per quanto riguarda le ricerche vocali. Consigli per ottimizzare le ricerche vocali Ci sono delle “best practices” che consentono di ottimizzare il sito per la ricerca vocale e di proiettarlo verso le prime posizioni dei motori di ricerca. Le strategie possono variare a seconda del business ma, per una panoramica più ampia, ecco alcuni consigli che ti saranno sicuramente molto utili: Focus sulle parole chiave a coda lunga - considera come le persone parlano naturalmente e includi queste espressioni nel tuo contenuto; Usa le schede di Google My Business: Per il local marketing, è fondamentale comunicare la posizione della tua attività in modo chiaro e preciso. Migliora la leggibilità dei contenuti - adatta i tuoi contenuti per rispondere direttamente alle domande degli utenti in modo chiaro e conciso, utilizzando un linguaggio colloquiale ed elenchi puntati. Approfondiamo nei prossimi paragrafi ciascun punto. Potrebbe interessarti leggere il seguente articolo: Vantaggi e svantaggi dell'intelligenza artificiale per ecommerce Focus sulle parole chiave a coda lunga per intercettare le ricerche vocali Le parole chiave possono essere a coda corta oppure a coda lunga. Le parole chiave a coda corta sono generalmente composte da uno o due termini, risultano piuttosto generiche e hanno una concorrenza molto alta. Questo significa che per il tuo sito diventa piuttosto complesso e problematico imporsi e posizionarsi con quella specifica parola chiave a coda corta. Il discorso cambia se facciamo riferimento alle parole chiave a coda lunga, note anche come long-tail keywords, che invece sono più descrittive, dettagliate e caratterizzate da un tasso di conversione più elevato. Le long-tail keywords sono quelle sulle quali devi lavorare per intercettare le ricerche vocali, poiché sono più conversazionali e in un certo senso gli utenti durante la vocal research “conversano” con i dispositivi, ai quali rivolgono domande estremamente specifiche. Per ottimizzare i tuoi contenuti per la ricerca vocale devi: Utilizzare molte parole chiave a coda lunga; Rispondere alle domande in varie “salse” introducendo parole quali: come, perché, dove, quando, cosa, chi ecc.; Usa parole di riempimento, come del, per, tra, sul ecc. che vengono usate nel linguaggio colloquiale e che quindi con ogni probabilità saranno utilizzate anche dagli utenti durante le loro ricerche vocali. Usa le schede di Google My Business per il local marketing Se fai local marketing, quindi i tuoi servizi sono rivolti in un’area geografica limitata e ristretta, le schede di Google My Business rappresentano un validissimo alleato poiché comunicano a Google che la tua attività è operativa in un determinato luogo. Nel momento in cui un utente cerca un negozio specifico in una zona, la tua attività potrebbe classificarsi per quella determinata query di ricerca se lavori correttamente. Google My Business a sua volta fornisce agli utenti tutti i dati della tua attività, inoltre ti aiuta a migliorare la SEO a livello locale. Ricordati di inserire nella scheda la cosiddetta NAP (nome, indirizzo e telefono), fornendo ai potenziali clienti tutti i dati per trovarti e per contattarti. Se lo desideri, per una questione di completezza delle informazioni, puoi aggiungere ulteriori dettagli utili sui servizi e sui prodotti offerti, news, aggiornamenti, eventi, sconti, promozioni, offerte ecc. Migliora la leggibilità dei contenuti Più volte abbiamo sottolineato la necessità di scrivere articoli corretti in italiano, di facile comprensione per gli utenti e in grado di fornire informazioni e dati realmente utili. Tutto questo è ancora valido, ma i contenuti devono essere rivisti per soddisfare i nuovi standard delle ricerche sempre più colloquiali e vicine al linguaggio quotidiano di tutti i giorni. All’interno dei contenuti devono quindi essere inserite preferibilmente domande e risposte brevi e concise, più adatte ad una tipologia di ricerca vocale. Ecco una serie di piccoli consigli per migliorare ulteriormente la leggibilità dei contenuti: Usa un linguaggio colloquiale, inserendo anche parole utilizzate maggiormente nella quotidianità di tutti i giorni o addirittura appartenenti ad uno slang specifico di quel settore; Usa elenchi puntati per rendere più veloce e facile la lettura e un concetto molto più chiaro e accessibile; Includi una sezione specifica dedicata alle FAQ (Frequently Asked Questions), cioè le domande più frequenti che pongono gli utenti così da consentire a Google di estrarre i contenuti più pertinenti secondo la ricerca e usarli come snippet. Conclusioni Se hai un sito o un e-commerce e vuoi migliorarne le prestazioni, non puoi certo ignorare le nuove tendenze come appunto la ricerca vocale destinata a dominare gli anni futuri. In particolare ecommerce e ricerche vocali stanno diventando sempre più intrecciati, con l'intelligenza artificiale che gioca un ruolo cruciale nell'evoluzione del seo per ricerche vocali. Adattarsi a queste tendenze non solo migliorerà la visibilità del tuo sito ma risponderà anche meglio alle esigenze degli utenti, offrendo esperienze di ricerca veloci, accurate e soddisfacenti. Image by user18526052 on Freepik
In un'era dove la gestione efficace delle relazioni con i clienti è cruciale, HubSpot emerge come una solida piattaforma CRM, notevole per la sua capacità di adattarsi dinamicamente ai bisogni in costante evoluzione delle imprese. Il segreto di questa adattabilità sta nella sua integrazione fluida con un'ampia varietà di applicazioni disponibili nel HubSpot App Marketplace. Queste integrazioni arricchiscono HubSpot, trasformandolo da un potente sistema CRM in una soluzione ancora più completa, su misura per le esigenze di ogni business. Il Marketplace di HubSpot si presenta come una fonte preziosa per le aziende in cerca di modi per rafforzare la loro strategia in ambiti come marketing, vendite, assistenza clienti e operazioni. Con un assortimento diversificato di app, ognuna progettata per potenziare ed estendere le capacità di HubSpot in modi distinti e creativi, il Marketplace offre opzioni per ogni fase del percorso del cliente. In questo articolo approfondiremo come le integrazioni disponibili nel HubSpot App Marketplace possano migliorare l'utilizzo del CRM HubSpot, rendendo i processi più efficaci, personalizzati e produttivi. Vedremo in che modo queste app non solo potenziano le funzionalità preesistenti di HubSpot, ma introducono anche nuove funzionalità, supportando le aziende nel mantenersi competitive in un mercato che cambia rapidamente. Perché scegliere un CRM integrabile La scelta di un CRM integrabile è un elemento fondamentale per un'azienda che mira a crescere e ad adattarsi efficacemente nel contesto digitale attuale. HubSpot, come piattaforma CRM all-in-one, dimostra il suo valore non solo per le sue funzionalità intrinseche ma anche per la sua capacità di integrarsi in modo naturale con una vasta gamma di software di terze parti. Questa versatilità apre la porta a numerosi vantaggi strategici. Vediamoli di seguito: Integrazione e sincronizzazione totale: HubSpot permette una perfetta integrazione con gli strumenti più utilizzati nelle aziende, garantendo la sincronizzazione e l'allineamento dei dati tra le diverse unità di business. Questo allineamento è fondamentale per garantire coerenza ed efficienza nelle operazioni e nelle strategie di marketing, vendita e customer service. Versatilità nelle operazioni: a differenza di altri CRM, HubSpot offre una varietà di integrazioni che vanno oltre i limiti interni della piattaforma, abbracciando strumenti esterni. Questo permette alle aziende di utilizzare HubSpot come nucleo centrale da cui gestire attività variegate, basandosi su un unico deposito di dati condivisi. Automazione e personalizzazione: le integrazioni disponibili per HubSpot come Shopify per l'e-commerce, o strumenti come Lucky Orange per l'analisi dettagliata del comportamento degli utenti sul sito, permettono di automatizzare e personalizzare le attività di marketing in base alle interazioni e ai dati raccolti dai clienti. Miglioramento continuo e aggiornamento: HubSpot si rinnova costantemente, ampliando le sue capacità di integrazione con nuove app e sistemi. Questo assicura che la piattaforma rimanga sempre al passo con le ultime tendenze e tecnologie, offrendo alle aziende gli strumenti per rimanere competitive. Facilità di integrazione e gestione: grazie alle sue API e ai diversi connettori disponibili sul mercato, HubSpot facilita l'integrazione con sistemi di terze parti, rendendo il processo di integrazione semplice e privo di rischi di perdita di dati. Questo rende HubSpot una scelta ideale per le aziende che cercano una soluzione CRM che si adatti senza problemi al loro ecosistema tecnologico esistente. Approfondiamo nel prossimo paragrafo come fare per scegliere le App da integrare con il tuo CRM. Potrebbe interessarti leggere anche i seguenti articoli: HubSpot, un’unica soluzione per automation marketing e vendite 5 errori di marketing automation da evitare CRM Cloud vs On-Premise: vantaggi e svantaggi delle due possibilità Programmatic Advertising: cos'è e perché è utile Remarketing e retargeting: differenze e come sfruttarli nell'ecommerce Come scegliere le App giuste per il tuo CRM HubSpot Nel selezionare le integrazioni più adatte per HubSpot, è fondamentale considerare le specifiche esigenze e gli obiettivi della tua azienda. Sincronizzazione dei dati: assicurati che le integrazioni con altri CRM permettano una sincronizzazione fluida dei dati, per mantenere la coerenza delle informazioni tra le diverse piattaforme. Compatibilità e facilità d'uso: scegli integrazioni che siano compatibili con i tuoi sistemi esistenti e che offrano un'interfaccia user-friendly, per ridurre la curva di apprendimento e facilitare l'adozione da parte del team. Sicurezza dei dati: considera la sicurezza dei dati una priorità. Le integrazioni dovrebbero garantire la protezione dei dati sensibili e la conformità con le normative vigenti, come il GDPR. Cos’è l’App marketplace di Hubspot L'App Marketplace di HubSpot è una componente essenziale nell'ambito del sistema HubSpot, funzionando come una piattaforma dove gli utenti possono esplorare e integrare un'ampia varietà di applicazioni nel loro ambiente HubSpot. Questo marketplace è stato creato per ampliare e arricchire le funzionalità del CRM di HubSpot, proponendo soluzioni su misura per rispondere alle diverse necessità aziendali in svariati settori. Nel Marketplace di HubSpot, è possibile trovare un'ampia selezione di app che coprono aree come marketing, vendite, assistenza clienti, gestione dei dati e ottimizzazione della produttività. L'utilizzo del marketplace è intuitivo e accessibile: gli utenti possono cercare le app in base a specifiche esigenze di business o tramite il nome dell'applicazione. Possono anche navigare attraverso collezioni selezionate o utilizzare filtri per affinare la ricerca per categoria. Per ogni app di interesse, è possibile approfondire i dettagli, come le caratteristiche principali, i requisiti tecnici, le politiche sulla privacy e le opzioni di tariffazione. Il Marketplace di HubSpot si distingue per la sua natura dinamica e in costante aggiornamento, con l'aggiunta e l'aggiornamento periodico delle app per rimanere al passo con le novità del settore e le mutevoli esigenze del mercato. Questo assicura che gli utenti di HubSpot abbiano sempre a disposizione le soluzioni più innovative, potendo integrare nuove tecnologie nel loro ecosistema in modo da ottimizzare l'utilizzo del CRM. Approfondiamo nel prossimo paragrafo come funziona l’App marketplace. Come funziona l’App marketplace L’App Marketplace di Hubspot ha un funzionamento molto intuitivo, anche per coloro che sono neofiti. È sufficiente scrivere nella barra di ricerca l’esigenza che si ha o se la si conosce, direttamente il nome dell’App. A sinistra della barra di ricerca c’è un menù a tendina che ti permette di filtrare la tua ricerca per categoria. Il sistema ti restituisce una serie di nomi di App, di cui puoi leggere dettagliatamente le caratteristiche e poi scegliere di installarle o meno. Ti è sufficiente cliccare sull’App e verrai direzionato su di una pagina che ti racconterà tutto dell’App da integrare. Se vuoi saperne di più in merito a come collegare le app a Hubspot, visita la pagina del knowledge base di Hubspot e scopri tutti i dettagli che ti interessano. Conclusioni L'importanza dell'integrazione in un sistema CRM nel contesto aziendale moderno non può essere sottovalutata. In un'epoca in cui l'efficienza, la personalizzazione e l'adattabilità sono più cruciali che mai, la capacità di un CRM di integrarsi con una vasta gamma di applicazioni diventa un fattore determinante nel suo successo. L'integrazione del CRM non solo semplifica e ottimizza i processi aziendali, ma apre anche la strada a un'analisi più profonda e a una comprensione più accurata dei clienti, contribuendo direttamente alla crescita e al successo dell'azienda. In questo scenario, HubSpot si posiziona come una scelta eccellente per le aziende di ogni dimensione. Con il suo App Marketplace, HubSpot offre un'eccezionale flessibilità e un'ampia gamma di opzioni di personalizzazione, rendendolo un sistema CRM altamente adattabile a svariate esigenze aziendali. Che si tratti di migliorare le strategie di marketing, ottimizzare i processi di vendita, migliorare l'assistenza clienti o incrementare la produttività generale, HubSpot fornisce gli strumenti necessari per raggiungere questi obiettivi. La forza di HubSpot risiede nella sua capacità di integrare senza soluzione di continuità con un'ampia varietà di app e strumenti, offrendo soluzioni su misura che si adattano alle specifiche esigenze aziendali. Questa caratteristica, unita alla costante evoluzione e aggiornamento del suo Marketplace, assicura che le aziende possano sempre accedere alle tecnologie più recenti e più efficaci. Inoltre, la facilità d'uso, la sicurezza dei dati e la robusta assistenza clienti di HubSpot ne fanno una scelta ideale sia per le piccole imprese sia per le grandi organizzazioni.
Sai cos’è il podcasting marketing? Negli ultimi anni, il podcasting è emerso come un elemento cruciale all'interno delle strategie di marketing aziendale, svelando il suo notevole potenziale, specialmente per la generazione di lead qualificati. Questo formato di contenuto audio digitale ha catturato l'attenzione degli ascoltatori, dimostrando di essere un mezzo altamente efficace per la condivisione di informazioni in modo coinvolgente. Contemporaneamente, nel campo della pubblicità, il podcasting ha conquistato una posizione di rilievo, emergendo come il canale ideale per promuovere prodotti e servizi direttamente e con grande impatto tra i potenziali clienti. Molte aziende hanno adottato il podcasting come il mezzo preferito per comunicare con il loro pubblico, e i risultati positivi in termini di conversione hanno confermato la saggezza di questa scelta strategica. Il Podcasting Marketing, ovvero l'utilizzo dei podcast come strumento di marketing per la promozione di prodotti, servizi o marchi, è stato abbracciato da aziende di tutte le dimensioni. Questo formato audio digitale offre un'ampia gamma di possibilità per le imprese. Possono creare i propri podcast in cui condividono conoscenze rilevanti sul loro settore, offrono preziosi consigli, intervistano esperti del settore o conducono tavole rotonde in formato audio. Questa strategia non solo consente di consolidare la presenza del marchio ma permette anche di costruire una base di fan fedeli all'interno di una nicchia di mercato specifica. In alternativa, le aziende possono optare per la sponsorizzazione di podcast già esistenti. In questa modalità, versano un compenso per inserire annunci o messaggi promozionali all'interno degli episodi di podcast di successo che raggiungono il loro pubblico target. Questa tattica si dimostra particolarmente vantaggiosa, in quanto consente di raggiungere direttamente un pubblico interessato e rappresenta un modo efficace per aumentare la visibilità del marchio. Nel paragrafo successivo, approfondiremo ulteriormente il fenomeno in rapida crescita del podcasting e analizzeremo in dettaglio i vantaggi che questa scelta offre alle aziende nell'era digitale. Podcast marketing: l'aumento della popolarità dei podcast Il podcasting marketing è un trend che stava già guadagnando notorietà prima della pandemia, ma durante il lockdown ha assunto un ruolo cruciale nelle strategie pubblicitarie e di inbound marketing delle aziende. Il tasso di crescita annuale del podcasting è in costante aumento, e questa tendenza è facilmente comprensibile. Le vite delle persone sono diventate sempre più frenetiche, con poco tempo da dedicare alla lettura di articoli o all'analisi di contenuti complessi. Il podcast si inserisce perfettamente in questa realtà, offrendo la possibilità di informarsi su argomenti specifici senza richiedere un impegno eccessivo di tempo o attenzione. Questo ha portato a una chiara deduzione: il podcasting rappresenta un ottimo strumento per la pubblicità. Tuttavia, è importante sottolineare che ci sono regole e linee guida da seguire quando si intraprende il podcast advertising. La chiave del successo sta nel saper creare contenuti pubblicitari che si integrino in modo naturale all'interno degli episodi dei podcast, evitando intrusioni o interruzioni sgradevoli per gli ascoltatori. Nel paragrafo successivo, esamineremo in dettaglio queste regole e scopriremo come sfruttare al meglio il podcasting come strumento efficace di pubblicità aziendale. Podcasting advertising: il boom di un trend Il podcast è un trend che funzionava bene già da prima della pandemia. In seguito però al lockdown, il podcasting ha assunto un ruolo determinante nelle strategie pubblicitarie e di inbound marketing. Il tasso di crescita annuale del podcasting mostra una netta propensione verso questa modalità comunicativa. La motivazione non è difficile comprenderla: le vite delle persone sono diventate molto impegnate e difficilmente si trova il tempo di leggere un articolo. Il podcast in questo senso combacia il perfetto desiderio di informarsi su degli argomenti specifici, con quello di non impegnare tutte le proprie energie e attenzioni su di una sola azione. Da qui è divenuto facile dedurre poi che il podcasting potesse diventare un ottimo modo anche di fare pubblicità. Chiaramente però ci sono delle regole da seguire quando si fa podcast advertising. Vediamo nel prossimo paragrafo di quali si tratta. Potrebbe interessarti leggere i seguenti articoli: Marketing One-to-One: Cos'è e come funzionano le strategie Strategie vincenti di email marketing Come integrare una strategia di podcasting di successo nel marketing aziendale I podcast advertising sono forme di pubblicità che si manifestano mediante spot audio durante gli stessi podcast. Questa tipologia di pubblicità è divenuta molto più impattante rispetto ad altre, in quanto: profila il target meglio di una pubblicità classica, intercettando pubblico di qualità; è in grado di intercettare meglio anche il pubblico più giovane; offre al target la possibilità di avere il pieno controllo di quale argomento ascoltare. A differenza per esempio di piattaforme come Youtube, l’annuncio pubblicitario non viene saltato, perché non se ne ha proprio la possibilità. All'interno del mondo del podcast advertising, emergono tre categorie principali di approcci pubblicitari: Podcast Standard: In questo modello, le aziende o gli sponsor pagano gli host dei podcast, i team di produzione o le aziende stesse per ottenere spazi pubblicitari all'interno delle trasmissioni. Questi annunci possono essere pre-registrati o letti dagli stessi conduttori e possono essere fissi o dinamici; Affiliate Marketing: Questa strategia si concentra sulla monetizzazione dei podcast attraverso recensioni di prodotti. I conduttori dei podcast promuovono prodotti o servizi che conoscono e in cui hanno fiducia, utilizzando link di affiliazione nelle note o trascrizioni dello show. Spesso, vengono offerti codici coupon per incentivare gli ascoltatori all'acquisto; Branded Content: In questa categoria, le aziende creano contenuti propri, integrati nell'ambito del podcast. L'obiettivo è offrire al pubblico contenuti di valore che aumentino l'engagement e la consapevolezza del brand, costruendo la reputazione e la credibilità aziendale e, di conseguenza, stimolando le vendite. Come si può comprendere il podcasting advertising diventa sempre più specifico e personalizzato per le aziende, che oggi hanno maggiori possibilità di farsi conoscere. Tipologie di Podcast advertising Le modalità di podcasting advertising sono diverse. Vediamo di seguito quali sono. Annunci incorporati - il podcast advertising in questo caso è un messaggio pubblicitario facente parte del contenuto del podcast, che viene registrato durante il record dell’originale, restando quindi una parte permanente dell’episodio. Non è ovviamente modificabile e l’annuncio del brand resta in pratica fisso nell’episodio “N” del podcast. In questo modo lo stesso host diviene veicolo promozionale; Annunci inseriti dinamicamente - Viene diffuso attraverso un server pubblicitario e inserito nel momento in cui viene richiesto un file podcast. Gli annunci dinamici, già registrati in anticipo, vengono inseriti in modo selettivo all'interno di un episodio podcast. Questi annunci possono essere registrati dagli inserzionisti stessi o da terze parti, e spiccano facilmente rispetto al resto della trasmissione. Questa evidente distinzione consente agli ascoltatori di saltarli con facilità. Dato che questi annunci non sono incorporati direttamente nell'episodio del podcast, è possibile modificarli in modo semplice, persino dopo il rilascio dell'episodio stesso. Questa flessibilità deriva dal fatto che gli annunci dinamici possono essere adattati in base al contenuto dell'episodio, alle caratteristiche demografiche degli ascoltatori e ai tempi delle promozioni. Ora che ci siamo concentrati sulle potenzialità del podcast e quante tipologie ce ne sono, approfondiamo quali sono i vantaggi nel prossimo paragrafo. Vantaggi del Podcasting advertising per le aziende Sia il podcasting advertising incorporato che quello dinamico presentano vantaggi e svantaggi, vediamo nello specifico di cosa si tratta. Gli annunci incorporati offrono un notevole vantaggio sia all’host che al brand. L’host ha l’opportunità di diventare autorevole per la materia che tratta, infatti solitamente queste persone divengono influencer, nell’ottica in cui sono esperti della materia di cui parlano. Lo svantaggio è che il podcast advertising incorporato non può essere preso in considerazione per le offerte stagionali, così come non è possibile fare dei test per valutare quale tipo di creatività coinvolge di più il pubblico. Gli annunci dinamici hanno il vantaggio di poter prendere in considerazione la stagionalità di un prodotto o servizio, avendo sempre a continua disposizione nuovi dati da analizzare, in base ai quali si possono decidere operazioni di marketing specifiche. Lo svantaggio è che questo tipo di pubblicità è meno efficiente rispetto a quella integrata, in merito alla risposta diretta e al ROI. Un altro aspetto che un’azienda deve considerare è il costo del podcast advertising. In linee generali queste sono le differenze: Posizionamento dello spot - la distinzione che bisogna fare è tra: Pre - roll: annunci inseriti all’inizio del podcast (15-30 secondi); Mid - roll: annunci riprodotti nel mezzo dell’episodio (30-90 secondi); Post - roll - annunci riprodotti alla fine di un episodio (15-30 secondi); Modello di sponsorizzazione CPM (costo per mille). Costo per ogni mille impressioni o riproduzioni dell’audio. Consigliato per i podcast impegnativi; CPA (costo per acquisizione). Costo di un modello di marketing di affiliazione. In questa tipologia di modello funzionano molto i codici sconto o codici promozionali; Forfettario - costo fisso che viene accordato tra brand e azienda. Ora che abbiamo compreso tutto su tipologie, costi e modelli, approfondiamo nel prossimo paragrafo come creare una strategia di podcasting di successo nel marketing aziendale. Come integrare una strategia di podcasting di successo nel marketing aziendale Integrare una strategia di podcasting di successo in un contesto di marketing aziendale richiede una pianificazione oculata e una comprensione approfondita del proprio pubblico di riferimento. In primo luogo, è fondamentale definire gli obiettivi chiave: se si tratta di aumentare la consapevolezza del brand, creare un rapporto più intimo con i clienti o promuovere prodotti e servizi specifici. Una volta stabiliti gli obiettivi, è essenziale sviluppare contenuti podcast di alta qualità, capaci di coinvolgere ed educare l'audience. Questi contenuti dovrebbero essere mirati, pertinenti e rispecchiare l'identità del brand. Oltre a creare contenuti interessanti, è importante adottare una pianificazione regolare e coerente per mantenere l'attenzione degli ascoltatori nel tempo. Collaborazioni con influencer del settore o esperti riconosciuti possono arricchire ulteriormente il valore dei podcast aziendali. È cruciale anche promuovere i podcast attraverso i canali appropriati, sfruttando i social media, il sito web dell'azienda e altri mezzi di comunicazione. Ad esempio, una linea strategica che può andare di pari passo con il podcasting marketing, è quella di content marketing. Ad esempio, all’interno di un articolo, nell’introduzione, può essere incluso il podcast sul tema trattato dall’articolo. In questo modo sia chi ha tempo per leggere, sia chi invece vuole mantenersi aggiornato, ma deve comunque dedicarsi ad altro, può restare informato ascoltando il podcast. Ad ogni modo è molto importante monitorare attentamente le metriche di ascolto e raccogliere il feedback dell'audience, in modo tale che la strategia possa essere costantemente ottimizzata.. Tutto questo inoltre deve essere integrato con il CRM, in modo da usare i dati derivanti dai podcast per fare ulteriori azioni di marketing per accompagnare il contatto acquisito alla vendita. L'integrazione di una strategia di podcasting ben pianificata può fornire all'azienda una voce autorevole nel settore, rafforzare i legami con il pubblico e raggiungere nuove vette di successo nel marketing. Conclusioni Il podcasting marketing si è affermato come una rivoluzione nel panorama del marketing, dimostrando un impatto significativo e una risposta positiva da parte del pubblico. Questa forma di comunicazione ha saputo cogliere il crescente interesse delle persone per il podcasting, sia in termini di informazione che di intrattenimento. Nel campo pubblicitario, il podcasting si è dimostrato un canale altamente efficace, in grado di combinare informazione e promozione in modo coinvolgente ed efficace. L'esplosione del podcasting advertising, poi, è stata alimentata dal suo adattamento alle dinamiche della vita moderna, in cui il tempo è prezioso e le persone cercano modalità di fruizione flessibili e multitasking. Il podcast offre una soluzione ideale, consentendo agli ascoltatori di informarsi e divertirsi senza dover dedicare un'attenzione esclusiva. In una strategia di Inbound Marketing avvalersi del podcasting advertising può sicuramente rappresentare una scelta corretta per fare lead generation. Hubspot rappresenta un CRM in cui è possibile integrare questa modalità di pubblicità e analizzarne i risultati. Per ulteriori informazioni ti consigliamo di scaricare il nostro ebook gratuito sulla lead generation.
Il marketing funnel, o imbuto di marketing, è un modello concettuale utilizzato per descrivere il percorso che un potenziale cliente segue dalla prima fase di consapevolezza dell’esistenza di un prodotto o servizio, fino all'acquisto effettivo dello stesso. Questo modello è fondamentale per capire e ottimizzare le strategie di Inbound marketing, le quali si focalizzano su come attrarre i clienti attraverso contenuti rilevanti e utili, piuttosto che intrusivi. L'ottimizzazione del marketing funnel aiuta le aziende a guidare più efficacemente i potenziali clienti attraverso le varie fasi di consapevolezza, considerazione e decisione, massimizzando così le opportunità di conversione e successo commerciale. Il marketing funnel si articola attraverso 3 fasi, anche descritte come quelle che delineano il percorso dell’utente verso il passaggio da lead a contatto. Parliamo delle fasi di awareness, consideration, decision. L’obiettivo di un funnel è quello di fare in modo che il target si convinca ad acquistare un prodotto o servizio di un’azienda. Approfondiamo nel prossimo paragrafo come si fa un funnel marketing, da cosa bisogna partire. Come si fa funnel marketing Il funnel marketing, come abbiamo spiegato anche nel precedente paragrafo è una strategia di business che impone il susseguirsi di una serie di azioni di marketing. Un esempio di strada possibile da seguire è la seguente: Creazione di landing page: fondamentali per acquisire nuovi lead. Esempio: una pagina che offre un ebook gratuito in cambio dell'indirizzo email del visitatore. Generazione di traffico: usare metodi come annunci a pagamento e social media per indirizzare le persone alle landing page. Utilizzo di Lead Magnet: per raccogliere email, ad esempio offrendo risorse gratuite come guide o webinar. Campagna di email marketing: per costruire relazioni e guidare i lead verso l'acquisto. Analisi e ottimizzazione: monitorare costantemente le prestazioni del funnel e apportare miglioramenti. Chiaramente, per capire se la strada ha funzionato, quindi se ci sono state conversioni, è necessario analizzare bene i dati e valutare cosa ha funzionato e cosa no. In base a questa linea è possibile quindi stabilire la prossima mossa. L’importante quando si acquisiscono nuovi clienti, è di non abbandonarli in seguito alla loro conversione e di reputare quindi concluso il proprio lavoro. Prima abbiamo accennato alle 3 fasi protagoniste di un funnel marketing, approfondiamo quali sono nel prossimo paragrafo. Potrebbe interessarti leggere i seguenti articoli: Campagna di inbound marketing: cos'è e come si fa Che cos’è un Buyer Personas, a cosa serve ed esempi utili Content marketing: cos'è, esempi e come pianificare una strategia Funnel Marketing: le 3 fasi del percorso Il funnel marketing si articola in tre fasi fondamentali che descrivono il percorso di un potenziale cliente: dalla prima consapevolezza del prodotto o servizio, fino alla decisione di acquisto. Le 3 fasi del funnel marketing sono: Awareness (Consapevolezza). Questa fase riguarda la creazione della consapevolezza del brand o del prodotto tra il pubblico. In questa tappa, i potenziali clienti vengono a conoscenza del prodotto o servizio, spesso attraverso campagne di marketing, contenuti sui social media o pubblicità. Consideration (Considerazione). In questa fase, i potenziali clienti valutano attivamente il prodotto o servizio come una possibile soluzione alle loro esigenze o problemi. Qui, il contenuto informativo ed educativo, come blog, webinar, e recensioni di prodotti, gioca un ruolo chiave. Decision (Decisione). L'ultima fase, in cui i clienti prendono la decisione finale di acquisto. Le attività di marketing qui sono focalizzate su offerte, dimostrazioni di prodotto, testimonianze e incentivi, al fine di convertire il lead in un cliente effettivo. Queste fasi sono essenziali per comprendere come attrarre e convertire i potenziali clienti, utilizzando strategie mirate in ogni step del processo. Comprendere e ottimizzare ciascuna di queste fasi è cruciale per massimizzare l'efficacia del marketing Inbound e migliorare i risultati complessivi della strategia di vendita. Approfondiamo con degli esempi ogni fase del funnel. Awareness La fase di Awareness nel funnel marketing è dedicata alla creazione di consapevolezza del brand, prodotto o servizio. In questa tappa iniziale, l'obiettivo è catturare l'attenzione del pubblico e informarlo dell'esistenza del prodotto o del servizio offerto. Nella maggior parte dei casi, non si conosce l’azienda e non si ha confidenza con la sua offerta, motivo per cui questa è reputata una delle fasi più delicate del funnel. Anche un semplice e minimo errore può decretare l’abbandono da parte del cliente. Le strategie utilizzate solitamente includono pubblicità, contenuti sui social media, articoli di blog, PR e altri metodi di marketing digitale. L'intento è quello di raggiungere un pubblico ampio e diversificato, creando interesse e curiosità verso il marchio o l'offerta. Questa è una fase cruciale, poiché pone le basi per le interazioni future con i potenziali clienti. Un esempio di come possiamo agire nella fase awareness è il seguente. Campagne pubblicitarie digitali: utilizzo di piattaforme come Google Ads o social media per creare annunci mirati che aumentano la visibilità del brand. Content marketing: pubblicazione di articoli di blog, video, infografiche, o podcast che attirano l'attenzione e informano il pubblico sul brand o sui suoi prodotti. Social media marketing: attività su piattaforme social come Facebook, Instagram, e LinkedIn per raggiungere un vasto pubblico e aumentare la consapevolezza del brand. Eventi e sponsorizzazioni: partecipazione a eventi di settore o sponsorizzazione di eventi per aumentare la visibilità del marchio. PR e media relation: collaborazione con i media per ottenere copertura e visibilità attraverso comunicati stampa, interviste, e articoli. Consideration La fase di consideration è la fase del funnel di marketing in cui si creano le basi solide per l’acquisizione di un nuovo cliente. È una fase delicata, dove un minimo errore può far perdere il contatto. In questo momento, il consumatore sta valutando attentamente le sue opzioni, confrontando i vantaggi e gli svantaggi dei diversi prodotti o servizi disponibili sul mercato. Il nostro compito è quello di influenzare positivamente questa fase, offrendo informazioni pertinenti, dimostrando il valore del proprio prodotto o servizio e creando un legame emotivo con il cliente potenziale. La brand consideration si basa sulla comprensione delle esigenze e dei desideri del consumatore, e mira a fornire loro le informazioni necessarie per prendere una decisione informata. È una parte cruciale del percorso del cliente e può influenzare notevolmente il successo di un'azienda nel mercato. Approfondiamo nel prossimo paragrafo come possiamo guidare il consumatore all’acquisto. Agire in modo strategico utilizzando strumenti di marketing come blog, annunci pubblicitari (ads), email marketing (DEM), e SMS è determinante per diversi motivi: fornire informazioni rilevanti: i blog consentono all'azienda di condividere informazioni dettagliate sui propri prodotti o servizi, rispondendo alle domande e alle preoccupazioni dei consumatori potenziali. Gli annunci pubblicitari possono evidenziare i punti di forza del prodotto o servizio. Le email marketing e gli SMS possono contenere offerte speciali o informazioni promozionali che attirano l'attenzione del consumatore; costruire fiducia: durante la fase di consideration, i consumatori cercano di comprendere se un prodotto o servizio soddisferà le loro esigenze. L'utilizzo del content marketing, di blog informativi e contenuti di qualità può aiutare a stabilire l'azienda come un esperto nel settore, contribuendo a creare fiducia nei confronti del marchio; targeting specifico: gli annunci pubblicitari online consentono di raggiungere in modo mirato il pubblico giusto, mostrando i messaggi di marketing alle persone che sono più propense a essere interessate al prodotto o servizio in questione; personalizzazione: le email marketing (DEM) e gli SMS possono essere personalizzati in base alle preferenze e al comportamento dei consumatori, offrendo loro contenuti pertinenti e offerte su misura; rimozione degli ostacoli: attraverso le varie tattiche di marketing, è possibile affrontare le preoccupazioni o gli ostacoli che i consumatori potenziali potrebbero avere riguardo all'acquisto, aiutandoli a superarli e a prendere una decisione positiva; mantenere l'attenzione: la consideration può essere un periodo prolungato durante il quale i consumatori valutano attentamente le loro opzioni. Utilizzare una combinazione di blog, annunci, email e SMS può mantenere il marchio e il prodotto in cima alla mente del consumatore durante questo processo. Consideration marketing: come guidare il consumatore all’acquisto Per guidare efficacemente un consumatore attraverso la fase di consideration e convincerlo all'acquisto, è fondamentale adottare una strategia mirata. Come possiamo farlo? Agendo in modo strategico e utilizzando strumenti di marketing come blog, annunci pubblicitari (ADS), email marketing (DEM), e SMS, il tutto coordinato grazie a software come i CRM. Vediamo nello specifico in che modi questi strumenti possono guidare il consumatore. Fornendo informazioni rilevanti: i blog consentono all'azienda di condividere informazioni dettagliate sui propri prodotti o servizi, rispondendo alle domande e alle preoccupazioni dei consumatori potenziali. Gli annunci pubblicitari possono evidenziare i punti di forza del prodotto o servizio. Le email marketing e gli SMS possono contenere offerte speciali o informazioni promozionali che attirano l'attenzione del consumatore; costruendo fiducia: durante la fase di consideration, i consumatori cercano di comprendere se un prodotto o servizio soddisferà le loro esigenze. L'utilizzo di blog informativi e contenuti di qualità può aiutare a stabilire l'azienda come un esperto nel settore, contribuendo a creare fiducia nei confronti del marchio; individuando un targeting specifico: gli annunci pubblicitari online consentono di raggiungere in modo mirato il pubblico giusto, mostrando i messaggi di marketing alle persone che sono più propense a essere interessate al prodotto o servizio in questione; personalizzando le azioni: le email marketing (DEM) e gli SMS possono essere personalizzati in base alle preferenze e al comportamento dei consumatori, offrendo loro contenuti pertinenti e offerte su misura; rimuovendo gli ostacoli: attraverso le varie tattiche di marketing, è possibile affrontare le preoccupazioni o gli ostacoli che i consumatori potenziali potrebbero avere riguardo all'acquisto, aiutandoli a superarli e a prendere una decisione positiva; mantenendo l'attenzione: la consideration può essere un periodo prolungato durante il quale i consumatori valutano attentamente le loro opzioni. Utilizzare una combinazione di blog, annunci, email e SMS può mantenere il marchio e il prodotto in cima alla mente del consumatore durante questo processo. Qualsiasi azienda entri nel business del digital marketing, sa che costruire una strategia di funnel marketing efficace è fondamentale. Approfondiamo nel prossimo paragrafo il perché di questa affermazione. Decision La fase Decision del funnel marketing è il momento in cui i potenziali clienti decidono se acquistare o meno il prodotto o servizio offerto. In questa fase, le azioni di marketing si concentrano su: Offerte e promozioni: proporre sconti limitati nel tempo, pacchetti speciali od offerte esclusive per incentivare l'acquisto. Prove e dimostrazioni: fornire demo del prodotto, campioni gratuiti o versioni di prova per permettere ai clienti di testare il prodotto prima dell'acquisto. Testimonianze e recensioni: utilizzare feedback positivi di altri clienti per aumentare la fiducia nel prodotto o servizio. Follow-up personalizzato: invio di email o messaggi personalizzati che rispondono a dubbi specifici o offrono assistenza personalizzata per la decisione di acquisto. Costruire una strategia di Inbound marketing: perché conviene a un’azienda Adottare una strategia di inbound marketing è una scelta fondamentale per le aziende, poiché offre numerosi vantaggi che possono avere un impatto significativo sul successo complessivo. Innanzitutto, il funnel fornisce un quadro chiaro e strutturato per comprendere il percorso del cliente, dalla fase iniziale di sensibilizzazione fino all'acquisto effettivo e, in alcuni casi, oltre l'acquisto stesso. Questa suddivisione in fasi consente alle aziende di identificare con precisione dove si trovano i potenziali clienti nel processo decisionale e di adottare approcci mirati per catturare l'attenzione e convincerli. Inoltre, l'inbound marketing permette alle aziende di ottimizzare le proprie risorse, concentrando gli sforzi e le risorse sulla conversione dei lead più promettenti. Ciò significa che le aziende possono massimizzare l'efficienza e ottenere un migliore ritorno sull'investimento (ROI) dalle proprie attività di marketing. Oltre a ciò, la strategia dell'inbound marketing promuove una comunicazione mirata e personalizzata con i clienti potenziali, aumentando le probabilità di conversione. Un altro vantaggio significativo è la possibilità di misurare e analizzare i risultati in ogni fase del funnel, consentendo alle aziende di apportare miglioramenti continui e ottimizzare la strategia di marketing. In questo caso è molto utile avere un progetto CRM, che aiuta l'impresa a raccogliere dati, segmentare e avere la percezione dei problemi che ci sono in tutta la strategia di marketing. Inoltre, il funnel marketing favorisce l'acquisizione di dati preziosi sui comportamenti e le preferenze dei clienti, che possono essere utilizzati per adattare ulteriormente le tattiche di marketing e perfezionare le strategie di vendita. È soprattutto la fase di analisi dei dati che ci aiuta a capire come procedere e che decisioni prendere per il futuro, in merito alla nostra strategia di marketing. A volte capita di dover cambiare piano di marketing strada facendo, poiché ci si rende conto che in realtà i dati ci dicono cose diverse da quelle che pensavamo. Conclusioni In conclusione, l'inbound marketing si dimostra sempre più cruciale nell'ambito delle strategie di marketing moderno. Attraverso un approccio centrato sul cliente, l'inbound marketing attira, coinvolge e fidelizza i clienti in modo efficace. Inoltre, l'implementazione di un progetto CRM (Customer Relationship Management) può essere fondamentale per gestire e migliorare le relazioni con i clienti, raccogliendo dati preziosi che alimentano strategie sempre più mirate. In sintesi, un'efficace strategia di inbound marketing, integrata con un progetto CRM ben strutturato, può portare a un incremento delle conversioni, della fedeltà dei clienti e del successo aziendale nel mercato competitivo di oggi.
La customer satisfaction non è solo una metrica, ma un indicatore importante delle prestazioni aziendali e del livello di soddisfazione dei clienti. È un parametro che non può e non deve essere sottovalutato, in special modo quando si ha l’obiettivo di creare una strategia di marketing efficace sul lungo periodo. Spesso, però, le aziende hanno una percezione errata di questo aspetto, credendo di offrire un servizio eccellente che non corrisponde alla realtà percepita dai clienti. Da qui nasce l’esigenza di utilizzare parametri e tool specifici per fare la propria analisi e stabilire magari una nuova strada seguire. In questi casi, è fondamentale rivedere le politiche di customer satisfaction: una soluzione efficace può essere l'adozione del HubSpot Service Hub. Approfondiamo nei prossimi paragrafi di cosa si tratta e come può aiutarti nella definizione del servizio di assistenza clienti aziendale. Cos’è e come funziona HubSpot Service Hub HubSpot Service Hub è una sezione di Hubspot integrata direttamente con la parte di CRM di HubSpot. È stata creata per una gestione ottimale dei clienti prospect, offrendo assistenza continua prima, durante e dopo l'acquisto, fornendo dati e informazioni pertinenti e risposte a eventuali criticità presentate dai clienti. Questo approccio all-in-one consente alle aziende di gestire le interazioni con il cliente in modo più efficiente e personalizzato. Il presidente e responsabile delle operazioni interne di HubSpot, JD Sherman, ha spiegato che è stato un passo logico e quasi obbligato per HubSpot, visto che con l’inbound marketing la possibilità di attirare nuovi clienti utilizzando il web è diventata alla portata di tutti, semplicemente creando i propri contenuti e gestendo l’attività di attrazione e vendita con una piattaforma come HubSpot. Ma poi “ha senso prendersi cura dei proprio clienti, sia per mantenerli fedeli, sia per trasformarli in ambasciatori, che con il passaparola potrebbero aiutare ad attirare nuovi clienti”, dice Sherman. Vuoi approfondire l’argomento leggendo di più in merito alla customer satisfacton? Leggi i seguenti articoli Come calcolare la Customer Satisfaction? Customer Care: come prendersi cura dei propri clienti Come aumentare la customer satisfaction con Hubspot Service Hub L'importanza del Customer Service nell'ecommerce Come utilizzare l'Agile CX per la gestione della customer experience Come costruire una strategia digital che spacca! (Con NPS e Referral Program) Servizio di ticketing per migliorare l’assistenza clienti Quando si verifica qualche problema o qualche criticità, magari nell’acquisto di un prodotto o nel reso di un articolo, il cliente ha naturalmente bisogno di supporto. Ed è in quest’occasione che subentra il ticketing, un sistema che ti consente di prendere in carico la segnalazione di un problema e smistarlo al team opportuno per risolverlo nel più breve tempo possibile. Il sistema proposto da HubSpot Service Hub ti consente inoltre di dividere i ticket interni da quelli esterni, oppure distribuirli tra i diversi team a seconda delle loro competenze. Su ogni ticket puoi registrare tutte le problematiche riscontrate, mentre i membri dei diversi team possono aggiungere note, creare attività o contattare le persone. Tutto questo direttamente dal ticket, riducendo i tempi morti e velocizzando notevolmente il lavoro del team di assistenza. L’help desk di HubSpot ti permette di ricevere le richieste di supporto, analizzarle, risolverle e migliorarsi in continuazione. Ci sono 4 step del ticket: Apertura; Lavorazione; Attesa; Chiusura. In ogni momento puoi verificare in quale stato si trova il ticket, così da poter dare indicazioni precise al cliente che non si spazientisce dal momento che riceve informazioni dettagliate. Il servizio ti permette poi di gestire le priorità secondo due diversi criteri: Per ordine di arrivo; Per ordine di importanza. Generalmente i ticket vanno smaltiti e risolti in base all’ordine cronologico di arrivo. In alcuni casi però determinati problemi richiedono una priorità maggiore rispetto ad altri. Questo succede spesso nella customer satisfaction nell’ambito della sanità, dove è necessario dare priorità ad alcuni clienti piuttosto che ad altri, proprio perché si tratta di questioni di salute. Infine c’è un’altra domanda alla quale rispondere: quale canale utilizzare per risolvere il ticket? Ogni canale ha i suoi pro e i suoi contro, ma HubSpot Italia te ne mette a disposizione diversi così puoi scegliere quello più in linea con le tue necessità. I canali a disposizione sono: Telefono: un canale tradizionale ma che consente di fornire assistenza in tempo reale e personalizzata ad un cliente che deve risolvere un problema urgente; Email: altro canale di stampo tradizionale per richieste non urgentissime che permette di inserire link e screenshot; Live chat: uno dei canali più efficaci e moderni che può puntare sulla velocità e sull’immediatezza del supporto; Form: per le aziende che hanno risorse limitate il modulo di contatto è una soluzione perfetta per fornire una risposta pertinente senza gravare eccessivamente sul budget aziendale. Ad ogni modo, qualunque sia il canale utilizzato per fornire supporto al cliente, con HubSpot puoi raccogliere tutte le richieste in un unico posto, così da averle costantemente sott’occhio e monitorare lo stato di avanzamento. Customer satisfaction: questionari e sondaggi Il questionario è una cassa di risonanza importante per quantificare e capire come calcolare la customer satisfaction. Considera che un cliente soddisfatto diventerà ambasciatore del tuo brand, poiché ne elogia i vantaggi e le caratteristiche peculiari sia online che offline. Occhio però all’altra faccia della medaglia: un cliente poco soddisfatto dei tuoi servizi non parlerà certo bene della tua azienda. Per tastare il polso della situazione puoi quindi effettuare dei sondaggi, per raccogliere feedback, recensioni, commenti e opinioni da parte dei tuoi clienti. Puoi anche raccogliere utili dati e informazioni per individuare le eventuali criticità e migliorarle, oppure per rafforzare ulteriormente i punti di forza. Puoi impostare 3 tipi di sondaggi: Net Promoter Score: puoi capire se un tuo cliente è disposto a consigliare a un amico, un collega o un conoscente i tuoi servizi o prodotti; Customer Satisfaction Surveys: i clienti in questi sondaggi possono condividere le loro esperienze ed esprimere il loro livello di soddisfazione; Customer Effort Scores: consente di comprendere qual è stato il livello di difficoltà nel risolvere un determinato problema che si è venuto a creare. Ti consiglio di inviarlo al tuo cliente subito dopo aver risolto un problema e chiuso il ticket, sfruttando così l’onda emotiva. Sono tre tipologie di sondaggi facili da completare e intuitivi per i clienti. Per invogliare gli utenti a compilare il questionario puoi incentivarli con uno sconto sul futuro acquisto o comunque con altri benefici tangibili. A corredo dei sondaggi, puoi anche sfruttare i servizi di automation. Dopo un sondaggio tra i clienti è emerso che qualcuno è insoddisfatto del servizio ricevuto? Tramite Service Hub puoi creare automaticamente un ticket da inviare ai clienti per provare a capire quali sono le criticità che hanno riscontrato. Il knowledge base Il knowledge di base è uno strumento self-service molto utile per te, ma anche per gli stessi clienti. Capita, ad esempio, che molti clienti pongano sempre la stessa domanda o che avanzino perplessità piuttosto diffuse. Perché non trasformare una criticità in un’opportunità? Se tutti fanno la stessa domanda, evidentemente c’è stata qualche frattura nella comunicazione tra te e gli utenti. Come risolvere il problema? Trasformando le domande più frequenti in articoli, affinché i visitatori possano trovare rapidamente una risposta completa ed esaustiva alle loro domande. Tutto questo si traduce in un notevole vantaggio per lo stesso team di assistenza, che viene sgravato di un grande lavoro e può concentrarsi nel rispondere alle domande più complesse e alle problematiche meno frequenti. Una volta raccolte le domande più frequenti, puoi definire gli argomenti sui quali scrivere. Tieni a mente che i tuoi articoli devono rispondere a domande precise e risolvere problemi concreti. Adotta quindi un linguaggio semplice e asciutto, senza giri di parole o argomentazioni troppo tecniche, aiutandoti magari con elenchi puntati, immagini ed eventualmente video. Usa lo stesso template per ogni articolo, così da dare una piacevole continuità stilistica sia al sito sia alla tipologia di comunicazione. Elimina gli articoli che non servono più, oppure aggiornali a seconda delle ultime novità per dare un’idea di freschezza al tuo portale. I vantaggi della customer satisfaction La customer satisfaction è essenziale per il successo di un'azienda, offrendo diversi benefici: Fidelizzazione: un cliente soddisfatto è più incline a effettuare ulteriori acquisti. Ambasciatori del brand: clienti contenti spesso parlano positivamente dell'azienda, attirando nuovi clienti. Disponibilità a spendere di più: i clienti soddisfatti possono essere disposti a pagare di più per i prodotti o servizi, incrementando la reputazione online dell'azienda. Personalizzazione e fidelizzazione con HubSpot: utilizzando HubSpot Service Hub, le aziende possono porre il cliente al centro del loro progetto, migliorando la comunicazione e utilizzando le informazioni disponibili per incrementare la fidelizzazione. Conclusioni L'implementazione di HubSpot Service Hub rappresenta un passo essenziale per qualsiasi azienda che desidera migliorare la sua assistenza clienti e la customer satisfaction. Con il suo approccio integrato, HubSpot Service Hub offre una piattaforma completa per gestire le interazioni con i clienti, migliorare la loro esperienza e costruire relazioni più forti e durature. Se hai un progetto CRM da implementare, di sicuro questo strumento di Hubspot può darti un aiuto concreto.
Il Pay-Per-Click (PPC) è un modello della pubblicità tipico del web marketing, particolarmente utilizzato dalle aziende per generare conversione e quindi vendite. La caratteristica distintiva del PPC è che l’inserzionista si assume un costo, noto come Costo Per Click (CPC), solo quando un utente effettivamente interagisce con l'annuncio, cliccandolo. Questa metodologia offre un approccio mirato e misurabile per attirare traffico qualificato, rendendola un'opzione attraente per molte aziende che cercano di massimizzare l'efficacia delle loro campagne pubblicitarie online. Approfondiamo nei prossimi paragrafi come sono strutturate le campagne Pay-per-click e come funzionano. Cosa sono le pubblicità Pay per Click Le pubblicità Pay per Click (PPC) sono una forma di pubblicità digitale dove gli inserzionisti pubblicano annunci su una piattaforma come quella di Google Ads e ogni volta che qualcuna clicca su quell'annuncio pagano una commissione. Nell'aspetto più pratico il risultato sarà quello di vedere gli annunci visualizzati nella parte superiore della pagina dei risultati del motore di ricerca in utilizzo. Un aspetto distintivo del PPC è la sua capacità di targettizzare con precisione il pubblico, collegando gli annunci a specifiche parole chiave ricercate dagli utenti. Questo rende il PPC un metodo efficace per raggiungere un pubblico altamente interessato, massimizzando le opportunità di conversione e migliorando il ritorno sull'investimento pubblicitario. Indubbiamente con la pubblicità PPC è più facile ottenere risultati nell’immediato, ma non può essere certamente considerata la sola base solida di una strategia di marketing. Approfondiamo nel prossimo paragrafo come creare campagne Pay-per-click efficaci. Pay per Click: tipi di campagne e come crearne di efficaci Prima di focalizzarci su come strutturare una campagna efficace, è importante distinguere tra le varie tipologie a disposizione. A seconda dell’obiettivo che ti sei predisposto, al tempo che hai a disposizione e a quello che puoi investire, puoi optare per un determinato tipo di pubblicità. Vediamo di seguito le principali tipologie di campagne che si possono creare su Google ADS, la principale piattaforma da cui poter creare campagne pay per click. Tipologie di campagne PPC Search campaigns: si tratta di annunci testuali nei risultati di ricerca, ottimi per guidare vendite, lead o traffico al sito web. Queste campagne consentono di raggiungere persone che cercano attivamente prodotti o servizi offerti e sono caratterizzate da una configurazione semplice e un targeting molto specifico. Display campaigns: queste campagne permettono di raggiungere un pubblico rilevante con annunci visivamente accattivanti mentre navigano su milioni di siti web, app e proprietà di Google come YouTube. Sono ideali per espandere la portata e rimanere impressi nella mente del pubblico, con la possibilità di utilizzare segmenti di dati per seguire persone che hanno già visitato il sito web o utilizzato l'app. Video campaigns: consentono di mostrare annunci video su YouTube e altri siti web. Queste campagne possono aumentare la consapevolezza generale del brand o essere orientate a guidare conversioni o acquisti sul sito web. Offrono diverse sottocategorie, come campagne per massimizzare la portata o per raccontare una storia attraverso una sequenza di annunci video. Shopping campaigns: campagne ideali per i rivenditori che desiderano vendere il proprio inventario di prodotti. Gli annunci di shopping compaiono nei risultati di ricerca e nella scheda Google Shopping, e ci sono anche annunci di inventario locale per promuovere prodotti disponibili nelle sedi fisiche Ora che abbiamo chiarito il punto sulle campagne pay-per-click tra le quali puoi scegliere, possiamo concentrarci sulle fasi più importanti che serve seguire per creare una campagna pubblicitaria online. Creare campagne PPC efficaci: da dove partire Per lanciare campagne PPC di successo, inizia definendo un obiettivo pubblicitario chiaro, come migliorare le vendite, acquisire lead, o aumentare la notorietà del brand. Questa scelta guiderà la selezione del tipo di campagna più efficace per il tuo target. Successivamente, seleziona il tipo di campagna che meglio si adatta alle tue esigenze, tenendo conto delle varie opzioni e delle loro specifiche best practice. Prendiamo in prestito la fonte di Google in merito alla creazione di una campagna e mostriamo lo screenshot delle fasi da seguire passo dopo passo. Fase 1 Fase 2 Durante la configurazione della campagna, è cruciale prestare attenzione alle notifiche e suggerimenti forniti dalla piattaforma. L’ottimizzazione di una campagna durante la sua creazione è probabilmente una delle fasi determinanti per raggiungere il successo. Le indicazioni che trapelano in questa fase possono aiutare a identificare e risolvere potenziali problemi che influiscono sul rendimento della campagna, come il targeting, le offerte, il budget e altre impostazioni. Ma quali sono gli strumenti delle campagne PPC? Vediamolo nel prossimo paragrafo. Strumenti delle campagne Pay per Click Probabilmente lo strumento di cui hai sentito parlare di più è Google Ads, ma non è l’unico. Vediamo quali sono tutti gli strumenti più utili di una campagna Pay-per-click. Google Ads Questo strumento tuttofare consente di effettuare ricerche, lanciare e monitorare annunci. Include funzioni come il Keyword Planner per la ricerca di parole chiave. Gli annunci possono apparire su piattaforme Google come il motore di ricerca, YouTube e Gmail, nonché su siti partner. Google Analytics Collegando il tuo account Google Ads a Google Analytics, puoi ottenere informazioni più dettagliate sulle tue campagne, come il numero di clic, il costo per clic (CPC) e metriche del sito web come sessioni, tasso di rimbalzo e tasso di conversione. 5 vantaggi di una campagna PPC Risultati rapidi: approvazione degli annunci che consente di pubblicare rapidamente le inserzioni in posizioni privilegiate online. Targetizzazione mirata: possibilità di selezionare accuratamente il pubblico target basandosi su vari criteri, come la collocazione geografica e le abitudini di navigazione. Varietà di formati di annunci: ampia gamma di formati disponibili, adatti a diversi obiettivi di campagna, da annunci per e-commerce a strategie di remarketing. Monitoraggio efficiente delle campagne: strumenti per tracciare il rendimento delle campagne, compresi dati su conversioni, valore degli ordini, lead e ROI. Controllo totale: gestione completa su pubblicazione degli annunci, costi per click e budget, permettendo flessibilità e trasparenza nella pianificazione degli investimenti. Conclusioni Se sei alla guida di un'azienda e desideri massimizzare la visibilità e l'efficienza delle tue strategie di marketing, le campagne Pay-Per-Click (PPC) offrono una soluzione potente e flessibile. Attraverso il PPC, puoi avere un controllo preciso sulla tua pubblicità, targettizzare segmenti specifici di mercato e monitorare i risultati in modo dettagliato. Questo metodo ti permette di raggiungere un pubblico altamente interessato, incrementando le possibilità di conversione. In breve, il PPC rappresenta uno strumento strategico che può arricchire significativamente la tua strategia di marketing digitale, offrendoti risultati rapidi e misurabili.
L'affiliate marketing rappresenta una delle strategie di marketing digitale più efficaci e in rapida espansione. Si basa sulla creazione di una partnership tra un'azienda, l'inserzionista, e un affiliato esterno, che si assume il compito di promuovere i prodotti o servizi dell'azienda alla propria audience. Ma come funzionano le affiliazioni? E quali sono i suoi vantaggi? Questa strategia di marketing si fonda sul principio della condivisione dei profitti: ogni volta che un cliente acquista un prodotto tramite il link fornito dall'affiliato, quest'ultimo riceve una commissione. Questo modello offre vantaggi significativi sia per l'inserzionista che per l'affiliato. Per l'azienda, significa ridurre i costi pubblicitari e i rischi associati, poiché paga solo per i risultati effettivi. Inoltre, consente di raggiungere un pubblico più ampio attraverso la rete dell'affiliato. Per l'affiliato invece, questa strategia offre l'opportunità di creare un flusso di entrate passivo, pubblicizzando prodotti che risuonano con la propria base di follower. In altre parole, permette agli influencer, blogger, o proprietari di siti web di monetizzare il proprio pubblico consigliando prodotti che ritengono validi. La chiave del successo dell'affiliate marketing risiede nella creazione di una partnership forte e trasparente tra azienda e affiliato. È fondamentale quindi che l'affiliato creda nel prodotto che sta promuovendo e che ne parli in modo autentico e convincente alla sua audience. Allo stesso tempo, l'azienda deve fornire tutto il supporto necessario, inclusi materiali promozionali di alta qualità e valutare con attenzione il contenuto fornito dall'affiliato. In conclusione, l'affiliate marketing è una strategia che, quando implementata correttamente, può portare a un incremento significativo delle vendite per l'azienda e a un flusso di entrate sostanzioso per l'affiliato. Potrebbe esserti utile leggere l’articolo Come usare i programmi di affiliazione per il tuo ecommerce se vuoi saperne di più sul mondo dell’affiliazione. È fondamentale approcciarsi a questa tecnica con una strategia ben definita e una comprensione chiara dei propri obiettivi e del pubblico di riferimento. Vuoi approfondire il significato dell’affiliate marketing? Continua la lettura di questo articolo. Cos’è e definizione dell’affiliate marketing Abbiamo parlato di affiliate marketing in modo generico, ma se dovessimo soffermarci esattamente su una definizione di marketing di affiliazione, potremo dire che è una tipologia di performance marketing che aiuta il brand a generare nuovi clienti. L’obiettivo è fare leva sulla capacità di promozione di alcuni prodotti presenti in specifiche nicchie di mercato, in modo continuativo e mirato. L’affiliazione si concretizza in un accordo commerciale tra advertiser e un affiliato, dove il primo è rappresentato da un’azienda che intende vendere un prodotto e un servizio e il secondo, invece, è colui che promuove il servizio o prodotto dell’advertiser. Ora che abbiamo chiara cos’è l’affiliazione, approfondiamo nel prossimo paragrafo come funziona e quali sono i suoi protagonisti. Marketing di affiliazione: come funziona e quali sono i protagonisti Gli attori dell'affiliate marketing sono fondamentali per il suo funzionamento, che è intuitivo e coinvolge diverse parti. I 4 soggetti principali in questo scenario includono: L'affiliante o inserzionista: questa è l'azienda che produce prodotti o servizi e sceglie di esternalizzare una parte della loro pubblicità a degli affiliati esterni. L'affiliante paga questi affiliati solamente quando una vendita è effettuata tramite il loro link di affiliazione, riducendo così le spese pubblicitarie. L'affiliato: questo è l'individuo o l'entità con capacità di marketing e vendita, che promuove i prodotti dell'affiliante e guadagna una commissione per ogni vendita o azione effettuata tramite il suo link di affiliazione. Il guadagno dell'affiliato dipende dalla quantità di vendite generate tramite il suo link. La piattaforma di affiliazione: questa piattaforma funge da intermediario tra gli inserzionisti e gli affiliati, facilitando la comunicazione, la gestione e il monitoraggio delle pubblicità. L'utilizzo di queste piattaforme è opzionale, ma si è rivelato molto efficace. Il cliente: è il consumatore finale che acquista i prodotti o servizi dell'affiliante, permettendo all'affiliato di guadagnare una commissione. Il processo inizia con l'inserzionista che fornisce un link di affiliazione all'affiliato, il quale ha il compito di promuovere i prodotti in modo convincente, spingendo l'audience all'acquisto tramite il link. È importante però ricordare che l'affiliate marketing non si basa solo sulle vendite. Esistono diversi modelli di compenso, come CPA (Cost Per Action), CPC (Cost Per Click), CPM (Cost Per Mille), e CPL (Cost Per Lead). Questi modelli permettono all'affiliato di guadagnare in vari modi, ad esempio, per ogni azione compiuta tramite il link, per ogni click sul link, per mille visualizzazioni della pubblicità, o per ogni lead acquisito. Altre forme di compenso possono essere concordate tramite specifiche clausole contrattuali, adattando la strategia alle esigenze di entrambe le parti. Ora che i punti base di una strategia di affiliazione sono stati affrontati è importante capire come avere successo con questa strategia. Affiliation marketing: come iniziare ad avere successo Iniziare un percorso di successo nell'ambito dell'affiliate marketing richiede una strategia ben ponderata e un approccio interdisciplinare. Se stai pensando di avventurarti in questo settore, ci sono diversi aspetti fondamentali da considerare per garantire una partenza efficace e fruttuosa. Per l'azienda ciò che è importante è concentrarsi sulle diverse aree chiave che servono a massimizzare il successo della propria strategia di affiliate marketing. Gli step che potremmo consigliare di seguire per raggiungere obiettivi interessanti con l’affiliate marketing sono i seguenti: 1. Scelta degli Affiliati Inizia facendo una vera e propria ricerca e selezione degli affiliati che sono in linea con i valori e il pubblico del tuo e-commerce. Seleziona affiliati che abbiano una presenza online consolidata e un pubblico ricettivo e rilevante. 2. Condizioni di pagamento/commissioni Offri all'affiliato scelto commissioni competitive in modo da incentivarlo a promuovere i tuoi prodotti o servizi. Chiarezza e trasparenza sono due aspetti che devono essere rispettati da entrambi i protagonisti della strategia. 4. Fornire materiali di marketing Per l'affiliato è importante ricevere risorse e materiali di marketing di qualità, banner, link di tracciamento, contenuti promozionali da poter utilizzare ect.. in modo da semplificare il lavoro degli affiliati nella promozione dei tuoi prodotti o servizi 5. Assistenza e supporto Con gli affiliati mantieni una comunicazione un rapporto chiaro, rimani disponibile a rispondere alle loro domande, fornisci assistenza e cerca di anticipare eventuali dubbi. 6. Monitora e analizza Utilizza strumenti analitici per monitorare il traffico e le conversioni dei link di affiliazione. Strumenti di tracciamento in grado di monitorare le prestazioni degli affiliati in modo da valutarne l'efficacia e ottimizzare dove è necessario. 7. Ritorno sull'investimento (ROI) Analizza il ritorno sugli investimenti generato attraverso il programma di affiliazione. Quanto e cosa mi ha effettivamente portato a casa la strategia di affiliation marketing? 8. Aggiornamenti regolari Da non dimenticare di mantenere il programma di affiliazione aggiornato (link, sconti eventuali, prodotti pubblicizzati). Rispondi alle tendenze di mercato per mantere alto l'interesse sia degli affiliati che dei clienti finali Ma quali sono i vantaggi e gli svantaggi dell’affiliate marketing? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. Affiliate marketing: vantaggi e svantaggi Questa interessante forma di marketing presenta diversi vantaggi e svantaggi. Vantaggi del marketing di affiliazione L'affiliate marketing rappresenta un'opportunità di business pratica e conveniente per gli affiliati che desiderano guadagnare denaro extra. Inoltre, l'affiliato può scegliere di promuovere solo prodotti a lui cari e interessanti, in modo da consigliare utili servizi alla propria audience e costruire una relazione di fiducia con i propri seguaci. Per l'azienda, invece, l'affiliate marketing rappresenta un'ottima opportunità per testare la domanda e capire quali prodotti vanno di più in un certo settore, a bassi costi. Inoltre, i costi per la pubblicità sono ridotti, poiché il compenso viene rilasciato solo in base alla performance e alle vendite o azioni effettuate. Affidarsi a un affiliato con un'audience di un certo tipo, che rispecchia certi interessi e certe preferenze, permette di pubblicizzare uno o l'altro prodotto a seconda di cosa potrebbe essere più adatto a quel pubblico. In questo modo, il ROI incrementa e i rischi di pubblicità diminuiscono, poiché la promozione viene veicolata ad un pubblico già interessato e coinvolto. In definitiva, l'affiliate marketing rappresenta una soluzione vincente per tutte le parti coinvolte, che possono beneficiare di una maggiore visibilità, vendite e profitti. Svantaggi dell’affiliate marketing Per quanto riguarda gli ostacoli, è impegnativo per l'affiliato monitorare e cercare di sorpassare la concorrenza, quindi gli altri affiliati con lo stesso inserzionista che promuovono lo stesso prodotto. Devono escogitare nuove strategie per sembrare più convincenti degli altri per fare lead generation. Inoltre, è importante ragionare e selezionare con cura i prodotti da promuovere, perché si potrebbe rischiare una perdita di credibilità se si pubblicizza qualcosa non in linea con le tematiche tipiche della persona (le stesse che la rendono conosciuta e famosa). Anche da parte dell'azienda ci sono degli ostacoli a cui far fronte: deve essere prestata una particolare attenzione alla scelta dell'appropriato affiliato tramite il quale promuovere i propri prodotti. Infine, non bisogna dare per scontato che l'affiliato scelto sia un venditore professionista e che faccia tutto il lavoro per noi senza alcun bisogno di monitoraggio: è consigliato seguire l'attività promozionale del nostro affiliato per assicurarsi che veicoli una promozione efficace e adatta alla sua audience e all'incremento delle vendite. Differenze tra affiliate marketing, dropshipping e referral marketing? L'affiliate marketing, il dropshipping e il referral marketing sono 3 modelli di business popolari nel mondo dell'e-commerce, ma presentano differenze sostanziali nel funzionamento e nella struttura. Marketing di affiliazione Nell'affiliate marketing, l'affiliato promuove prodotti o servizi di un'altra azienda, guadagnando una commissione su ogni vendita realizzata tramite i suoi link di affiliazione. L'affiliato non gestisce l'inventario né si occupa di spedizioni; la sua principale responsabilità è quella di guidare i consumatori verso i prodotti, utilizzando vari canali come blog, siti web o social media. In questo modello, l'investimento iniziale è generalmente basso, concentrato principalmente su attività di marketing e creazione di contenuti. Un esempio concreto di affiliate marketing potrebbe essere un blogger che scrive recensioni di prodotti tecnologici; ogni volta che un lettore acquista un prodotto tramite il link fornito nel suo blog, il blogger guadagna una percentuale della vendita. Qui, l'affiliato si concentra principalmente su attività di marketing e creazione di contenuti, senza gestire l'inventario né occuparsi delle spedizioni. Dropshipping Il dropshipping, d'altra parte, coinvolge la vendita di prodotti al consumatore senza tenerli fisicamente in stock. Quando un cliente effettua un ordine, il dettagliante (dropshipper) lo acquista da un terzo fornitore, che poi spedisce direttamente il prodotto al cliente. In questo modello, il dropshipper gestisce il proprio negozio online, stabilisce i prezzi dei prodotti e si occupa del servizio clienti, ma non ha l'onere della gestione dell'inventario o della spedizione. Tuttavia, richiede un maggior controllo sulla qualità dei prodotti e sulla logistica di consegna. Nel dropshipping si assume un ruolo più attivo nella vendita e nel processo post-vendita, pur non gestendo direttamente l'inventario. Entrambi i modelli offrono la flessibilità e il potenziale per generare entrate online, ma richiedono approcci diversi in termini di marketing, gestione della clientela e controllo della catena di fornitura. Referral Marketing Il referral marketing è una tecnica invece, che sfrutta il passaparola, fondamentale per promuovere prodotti o servizi. Al centro di questa strategia vi è il referral, ossia un cliente che, soddisfatto di un servizio o prodotto, lo raccomanda ad altre persone. Questo genera un effetto a catena benefico, particolarmente prezioso per le piccole e medie imprese che, avendo risorse limitate rispetto alle multinazionali, devono fare affidamento sulla potenza delle idee e sul coinvolgimento dei clienti. Anche le grandi aziende, in un mercato sempre più competitivo, traggono vantaggio da questa strategia. Il referral marketing, però, non si limita semplicemente al consigliare un prodotto o un servizio ad amici o conoscenti; include anche attività come lasciare recensioni positive su siti web o sui social media. Sebbene idealmente questo processo dovrebbe svilupparsi spontaneamente, non sempre accade in modo naturale. Per incentivare il passaparola, le aziende possono adottare diverse strategie e tecniche. Queste possono includere la creazione di programmi di referral con incentivi, sconti o benefici per i clienti che condividono recensioni positive o raccomandano i prodotti a nuovi potenziali clienti. Questo tipo di strategia stimola i clienti a diventare ambasciatori del marchio, promuovendolo attivamente sia online che offline, e contribuendo così alla crescita organica dell'azienda. Nella branca dell’affiliate marketing esiste un altro settore che è in procinto di ottenere ottimi risultati: l’high ticket affiliate marketing. Approfondiamo nel prossimo paragrafo di cosa si tratta. Cos'è l'high ticket affiliate marketing e perché è così efficace L'high ticket affiliate marketing è una branca dell'affiliate marketing che si concentra sulla promozione e vendita di prodotti o servizi con un elevato valore monetario. A differenza dell'affiliate marketing tradizionale, dove gli affiliati guadagnano commissioni relativamente basse promuovendo prodotti a basso costo, l'high ticket affiliate marketing mira a prodotti di lusso o soluzioni costose, come software aziendali, corsi di formazione avanzati, servizi finanziari, o articoli di fascia alta. La chiave di questo approccio è che, nonostante il numero di vendite possa essere inferiore rispetto a prodotti più economici, le commissioni per ogni vendita sono significativamente più alte, risultando in potenziali guadagni maggiori per vendita. Questo rende l'high ticket affiliate marketing particolarmente efficace per gli affiliati che possono raggiungere e convincere un pubblico disposto a spendere somme maggiori, sfruttando strategie di marketing mirate e costruendo relazioni di fiducia con una clientela di fascia alta. Conclusioni L’affiliazione è certamente una strada che può portare molti frutti al tuo business, se progettata bene. Un progetto ecommerce che investe in affiliate marketing ha il 50% in più di possibilità di fare una buona lead generation, aumentando quindi le conversioni. Un progetto Shopify per il tuo ecommerce potrebbe essere il primo passo verso un importante evoluzione del tuo business.
L'email marketing si afferma come una delle strategie di comunicazione più efficaci e rilevanti per le aziende di ogni dimensione. Al centro di questa considerazione vi è l'utilizzo dell'email, inteso come un mezzo diretto e personale per raggiungere sia i clienti attuali sia quelli potenziali. Attraverso l'email marketing, le aziende hanno la possibilità di inviare messaggi personalizzati, promuovere prodotti e servizi, aggiornare i clienti su eventi o novità importanti e molto altro. L'utilizzo dell'email marketing non solo aiuta a mantenere e rafforzare le relazioni con il proprio pubblico, ma promuove anche la fedeltà al marchio e può stimolare un significativo aumento delle vendite. L'importanza di questa strategia non può essere sottovalutata. Grazie alla sua natura diretta e all'alta personalizzazione dei messaggi, l'email marketing offre un ritorno sull'investimento più elevato rispetto ad altre forme di marketing digitale. Le aziende possono così creare campagne mirate che rispondono in modo specifico agli interessi dei loro clienti, migliorando l'engagement e rafforzando il rapporto con il loro pubblico. Approfondiamo nei successivi paragrafi quali sono gli step da seguire per rendere efficace l’email marketing e quali saranno i trend del 2024 in questo ambito. Protezione dei dati e privacy: uno dei primi cpisaldi Il rispetto per la privacy dei dati è diventato un aspetto chiave per i consumatori. Ad esempio, sembra che oltre il 60% dei consumatori online abbia smesso di fare affari con le aziende che richiedono troppe informazioni personali. Le persone, in primo luogo, non hanno tempo da dedicare a questo aspetto e, in secondo luogo, non vogliono farlo. Questo trend sottolinea l'importanza di raccogliere solo i dati necessari e di offrire ai destinatari delle email la possibilità di cancellare l’iscrizione o di modificare le loro preferenze di email. Le leggi come il GDPR enfatizzano ulteriormente questa necessità, introducendo requisiti rigorosi per il consenso, la trasparenza e il diritto alla cancellazione. Il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) dell'Unione Europea è un esempio di normativa che ha ridefinito il panorama della privacy dei dati a livello globale. Il GDPR non solo regola il trattamento e la protezione dei dati personali all'interno dell'UE, ma si applica anche alle aziende al di fuori dell'UE che trattano dati di residenti nell'UE. Questa normativa impone alle aziende di adottare un approccio proattivo alla protezione dei dati, richiedendo che si assumano responsabilità e trasparenza nell'elaborazione dei dati personali. In base al GDPR, per l'email marketing è essenziale ottenere un consenso chiaro e inequivocabile da parte degli utenti prima di raccogliere e utilizzare i loro dati personali. Le aziende devono fornire informazioni chiare su come i dati saranno utilizzati, conservati e protetti, garantendo la possibilità di revocare il consenso e di accedere ai propri dati per la verifica, la rettifica o la cancellazione. La conservazione dei dati deve essere gestita attentamente, conservando i dati solo per il tempo necessario per le finalità raccolte e implementando misure adeguate per la loro sicurezza. Inoltre, il GDPR sottolinea l'importanza della trasparenza e della responsabilità. Le aziende devono essere in grado di dimostrare la conformità con il regolamento e rispondere prontamente a eventuali richieste o reclami degli utenti. Questo richiede un impegno costante nel monitorare, rivedere e, se necessario, adeguare le pratiche di gestione dei dati per assicurare la conformità continua. Le metriche interessanti cambiano Focalizzarsi sulla metrica del tasso di apertura, in vista di altre che sembrano essere molto più importanti per delineare il proprio pubblico, non conviene. Le metriche di apertura delle email stanno diventando meno affidabili a causa di nuove funzionalità di privacy, come la protezione della privacy della posta di Apple. Diviene quindi necessario spostare la loro attenzione su metriche più significative come i tassi di clic, tassi di conversione e crescita della lista. GIF Nonostante il calo di popolarità sui social media, le GIF rimangono uno strumento efficace nelle email. Questo strumento di grafica, seppur semplice, attrae i lettori e gli fa venire voglia di saperne di più in merito al prodotto o servizio. Per esempio, un'email di ThredUp utilizza una GIF per evidenziare l'opportunità di vincere un credito di $500 nel negozio, dimostrando come le GIF possano essere utilizzate per catturare l'attenzione e coinvolgere i destinatari. Gamification La gamification sta guadagnando terreno come strumento per aumentare l'engagement e la fedeltà. Prendiamo ad esempio una email di Midnight Hour. Il contenuto della mail verte sull’informare i destinatari di aver guadagnato punti dai loro acquisti precedenti, avvicinandoli a premi come la spedizione gratuita. In questo modo si può rendere la mail un gioco a cui conviene partecipare. Per rendere le tue email più coinvolgenti attraverso la gamificazione, potresti implementare un sistema di punti riscattabili per ottenere vantaggi o premi, simile a quello adottato da Midnight Hour. Un'altra strategia consiste nell'invitare gli iscritti a effettuare acquisti tramite email, offrendo loro la possibilità di vincere premi attraenti come l'attivazione gratuita di un servizio o tre mesi di accesso gratuito a funzionalità normalmente a pagamento. Sfide nelle mail Questa strategia può essere considerata parte del trend della gamificazione, ma la sua efficacia è tale da meritare un'analisi approfondita. Un'innovazione interessante nel campo dell'email marketing è l'introduzione di sfide all'interno delle email. Un esempio concreto è un'email ricevuta da Canva, che proponeva agli abbonati la sfida di creare una mood board utilizzando gli strumenti di design della piattaforma. Partecipando alla sfida e condividendo la propria creazione con Canva, gli utenti avevano la possibilità di vincere premi. Dal punto di vista del consumatore, questa iniziativa di Canva è apprezzabile perché stimola la creatività e offre un divertimento in cambio di un potenziale premio. Dal punto di vista del marketing, è una mossa astuta: mostra le diverse funzionalità e strumenti di Canva, incoraggiando gli utenti a sperimentarli autonomamente. La sfida si integra anche con i social media, invitando gli utenti a esibire le loro opere su Instagram con l'hashtag #CanvaDesignChallenge. Canva può poi ripubblicare e condividere queste creazioni come contenuto generato dagli utenti. Sondaggi coinvolgenti I sondaggi di feedback, spesso percepiti come strumenti standard, hanno assunto un nuovo significato grazie a iniziative come quelle del New York Comic Con. In queste email, l'obiettivo va oltre la semplice richiesta di feedback: si chiede ai partecipanti di contribuire attivamente alla formazione futura dell'evento. Questo approccio risulta essere più coinvolgente e personale rispetto ai tradizionali sondaggi che si limitano a domande generiche come Come siamo andati?. Inviare sondaggi di feedback diventa così un'opportunità per le aziende di far sapere ai consumatori che il loro contributo è prezioso e può effettivamente influenzare le direzioni future dell'organizzazione. Il feedback del consumatore si rivela essenziale per assicurare che l'organizzazione soddisfi le esigenze della propria audience. Emoji ed enfasi sui numeri L'uso di emoji nelle linee oggetto delle email è un modo efficace per attirare l'attenzione in una casella di posta affollata. Allo stesso modo, Includere informazioni quantitative nelle linee oggetto delle email, come sconti o premi, può essere un potente incentivo per i destinatari a leggere e interagire con le email. Personalizzazione La personalizzazione è diventata una necessità. Brand come Spotify stanno alzando l'asticella offrendo esperienze personalizzate basate sulle preferenze e sul comportamento degli utenti. Bisogna partire dal concetto che oggi le persone ricevono una quantità spropositata di mail al giorno e ciò rende difficilissimo attrarre la loro attenzione. Un altro esempio molto caro ai proprietari dei piccoli amici a 4 zampe (gatti o cani), è quello del brand Arcaplanet. In fase di registrazione ti vengono richieste informazioni sul tuo PET e nella mail che invia periodicamente, vengono mostrati sia i prodotti complementari a quelli che hai scelto, sia prodotti che ti potrebbero interessare. In questo modo la sensazione che hai è quella di essere seguito e coccolato. In futuro, grazie a questa attenzione da parte del brand, sei più proiettato a visitare il sito e fare altri acquisti. La personalizzazione è la chiave per raggiungere questo obiettivo. Esclusività Proporre offerte esclusive ai soli iscritti può aumentare la fedeltà e il coinvolgimento. Ad esempio, Amazon Prime ha inviato inviti esclusivi per una proiezione, enfatizzando l'esclusività dell'offerta. Questo concetto di rendere esclusiva un’offerta, ovviamente, contribuisce a darle ancora più valore e quindi a renderla più attraente per chi la riceve in mail. Creare senso di urgenza Creare un senso di urgenza nelle email può stimolare azioni rapide da parte dei destinatari. Alcuni esempi includono email che comunicano la fine imminente di vendite o l'ultima possibilità di ottenere un certo sconto. Sebbene però questa tattica a volte possa sembrare controproducente, in realtà è molto utile, in quanto stimola un aspetto psicologico delle persone: la paura di perdersi un’occasione. Conclusioni In conclusione, l'adattamento alle tendenze dell'email marketing del 2024 richiede un approccio focalizzato sulla personalizzazione e l'interattività. L'implementazione di queste strategie diventa più efficace attraverso l'utilizzo di una solida piattaforma di CRM. In particolare, Hubspot offre strumenti avanzati che possono rivoluzionare il modo in cui le aziende interagiscono con i loro clienti. Per coloro che sono interessati a esplorare più a fondo le potenzialità di Hubspot CRM, è disponibile una ricca gamma di risorse. Inoltre, per sfruttare appieno queste opportunità, può essere utile collaborare con esperti Hubspot, capaci di guidare le aziende attraverso l'implementazione e l'ottimizzazione di queste potenti soluzioni di marketing.
Quali sono quelle leve che spingono un consumatore a effettuare un acquisto? Cosa scatta nella sua mente che lo spinge a voler avere a tutti i costi un prodotto? Quali sono le emozioni e le necessità che cristallizzano le abitudini dei consumatori spingendoli a compiere una determinata azione per soddisfare i suoi bisogni? Per rispondere a queste domande dobbiamo chiederci cosa sono i trigger marketing, cioè quei fattori che agiscono a livello motivazionale e psicologico e che fanno scattare la necessità di un acquisto, spingendo i consumatori all’azione. I trigger marketing possono essere scatenati da un evento esterno, come ad esempio un attore famoso che sfoggia un cappello particolare o un tipo di occhiali da sole che diventano improvvisamente “must have”; oppure da un bisogno personale, come ad esempio l’acquisto di qualche giacca nuova dopo essere stati assunti in un’azienda importante; o ancora dipendono da associazioni mentali dopo aver visto un film, ascoltato una canzone o frequentato un gruppo di persone. Nell’ambito del marketing automation i trigger svolgono un ruolo di primo piano ed è importantissimo capire come funzionano e come sfruttarli per coinvolgere e spingere il consumatore all’azione desiderata. In questo articolo però parleremo in maniera più generale del concetto di trigger. Trigger: significato nel linguaggio del marketing Partiamo dalla definizione di trigger marketing: “trigger” significa innescare e infatti viene innescato l’invio di un messaggio automatico a clienti o lead che hanno mostrato interesse. Il messaggio può essere inviato tramite email, e in tal caso si parla di trigger email marketing, oppure tramite sms o una notifica via app ed è legato ad un’azione compiuta dal cliente. I trigger nel marketing sono attivati da azioni specifiche come l’iscrizione ad una newsletter, la compilazione di un form di registrazione, le abitudini d’acquisto ecc. Si tratta di informazioni preziose che le aziende devono tenere a mente per contattare i clienti in modo mirato e fornire loro proposte e offerte pertinenti che possono realmente interessare. In questo modo vengono rispettate le direttive e le indicazioni dell’inbound marketing, che attirano i consumatori in modo naturale facendo in modo che siano loro ad avvicinarsi all’azienda di loro spontanea volontà. Il principale vantaggio dei trigger di marketing è proprio la comunicazione personalizzata, che non risulta invasiva ma anzi estremamente utile per il cliente che può reperire notizie e informazioni effettivamente interessanti e pertinenti alle sue necessità. Trigger point nel marketing Il trigger point nel marketing è un concetto preso in prestito dalla medicina cinese e fa riferimento ad un particolare punto di attivazione, in grado di catturare l’attenzione del consumatore spingendo sull’aspetto emotivo. I trigger point marketing quindi sono quei messaggi capaci di incuriosire, stimolare e colpire i consumatori invitandoli a fare un’azione per saperne di più. Come accennato nell’introduzione esistono diversi tipi di trigger che possiamo differenziare tra esterni e interni. Li analizziamo entrambi nei successivi paragrafi. Trigger esterni Esistono diverse tipologie di trigger esterni che le aziende devono essere brave a intercettare, tenendo conto ovviamente delle abitudini dei clienti e del loro target di pubblico. Li possiamo così elencare: Trigger sociali. La riprova sociale e il far parte di una comunità sono trigger esterni sui quali fare leva. Leggere molti commenti positivi su un prodotto convince della bontà dell’acquisto il consumatore, che si sentirà parte integrante della comunità avendolo a disposizione; Trigger di scarsità. Questo concetto è piuttosto diffuso nell’ambito del neuro-marketing. Quando un prodotto sta per esaurirsi, scatta nella mente dell’acquirente la necessità di acquistarlo per non rischiare di perdere una grande occasione; Trigger di urgenza. Strettamente collegato al concetto di scarsità, il concetto di urgenza allo stesso modo spinge il consumatore a fare l’acquisto poiché una determinata offerta è limitata nel tempo. In tal caso i consumatori sono soliti prendere decisioni rapide e immediate. Perfetti esempi di trigger marketing di urgenza e di scarsità li troviamo in Amazon, che invita i clienti all’acquisto evidenziando le caratteristiche di temporaneità dei prodotti o ricordando le quantità limitate; Trigger di reciprocità. Un principio che si basa sul cosiddetto “do ut des”, do per avere. Un cliente che riceve un campione omaggio di un prodotto, una consulenza gratuita o un ebook gratis può sentirsi in obbligo, sviluppando così un senso di riconoscenza e di fiducia verso quel brand; Trigger di riferimento. Un cliente soddisfatto di un servizio sarà il miglior sponsor di quel brand, diventandone un ambasciatore; Trigger stagionali. Nel corso dell’anno ci sono tantissimi eventi da sfruttare per studiare campagne di marketing coinvolgenti e performanti, capaci di suscitare l’interesse degli acquirenti; Trigger di personalizzazione. Un messaggio personalizzato e plasmato sulle necessità di ogni cliente aumenta il livello di engagement e le possibilità di fidelizzazzione; Trigger di gamification. Competizioni, challenge, badge e punti stimolano i clienti a interagire col brand, creando un coinvolgimento che dura a lungo nel tempo. Trigger interni I trigger interni sono più complessi, poiché nascono da bisogni, desideri e motivazioni personali che chiaramente sono diversi da persona a persona e più complicati da intercettare. Le aziende sono chiamate ad uno sforzo aggiuntivo per creare un rapporto personale, quasi intimo con i loro clienti per spingerli all’acquisto secondo le loro necessità. I principali trigger interni sono i seguenti: Bisogni fisiologici. Alla base della piramide di Maslow ci sono i bisogni fisiologici, cioè mangiare, bere e dormire. Un fast food può utilizzare slogan o usare colori che stimolano l’appetito e spingono l’utente a mangiare; Bisogno di gratificazione. Gli acquisti soddisfano non solo esigenze fisiologiche, ma anche esigenze emotive. Lo shopping aiuta le persone a cercare gratificazioni negli acquisti e i brand devono essere bravi a sottolineare i benefici esperienziali derivanti; Bisogno di appartenenza. Ogni persona ha bisogno di sentirsi parte di un gruppo e alcuni prodotti consentono di identificarsi con quella comunità di cui si vuole far parte; Bisogno di novità. Le novità e le sorprese piacciono ai consumatori e, in tale ottica, le aziende devono offrire sempre esperienze e prodotti innovativi ai loro clienti per stimolare continuamente il loro interesse e la loro curiosità; Paura di esclusione. Come già specificato nei trigger di scarsità e di urgenza, i clienti hanno paura di perdere un’offerta irripetibile e questa è una leva sulla quale le aziende devono spingere. Cosa sono i trigger di vendita: le 5 macro-aree fondamentali Volendo fare un discorso brutalmente pratico, alla fine ciò che conta è che i clienti acquistino. Devi considerare che per loro fare un acquisto è uno step importante: stanno investendo soldi per soddisfare un loro desiderio, una loro necessità o una loro esigenza. Se vuoi quindi differenziarti dalla concorrenza devi offrire un elemento distintivo, un dettaglio che li convinca della bontà dell’acquisto. In questa fase può darti una grande mano HubSpot CRM, che ti aiuta a catalogare i tuoi clienti e ti fornisce preziosissime informazioni sulle loro abitudini d’acquisto, sulle loro preferenze e sulle loro necessità. Sono almeno 5 le macro-aree sulle quali puoi spingere per ottenere un vantaggio competitivo. Sicurezza degli acquisti Un consumatore quando fa un acquisto ha paura. Può aver timore di spendere troppo per un prodotto che forse vale di meno, o di effettuare un acquisto che poi alla fine si rivela inutile o comunque non in grado di risolvere la sua problematica. Come già detto la riprova sociale è una delle leve sulle quali spingere, quindi devi mettere in mostra tutti quegli elementi che accrescono la tua credibilità e autorevolezza in quel determinato settore. Un ottimo servizio clienti pronto a supportare l’acquirente dal pre-vendita al post-vendita può aiutare ad abbattere le sue resistenze. Prezzo Abbassare il prezzo e proporre sconti per invogliare i clienti ad acquistare? Questa strategia si può adottare per un periodo limitato, ma non può essere riproposta sempre. Per convincere i clienti ad acquistare puoi proporre il prodotto in 3 versioni e con 3 prezzi diversi, dando così diverse opzioni di scelta. I regali piacciono a tutti, quindi è un’ottima idea aggiungere anche un piccolo omaggio che sicuramente sarà apprezzato. Bisogni Abbiamo già parlato della piramide di Maslow, che comprende 5 diversi bisogni (fisiologici, di sicurezza, di appartenenza, di stima e di auto-realizzazione). Quali bisogni soddisfano i tuoi prodotti? Quali sono i bisogni dei tuoi clienti? In base alle risposte puoi enfatizzare questo o quel bisogno. Emotività A differenza di quanto generalmente si possa pensare, gli acquisti non vengono fatti razionalmente ma emotivamente. La personalizzazione del prodotto deve quindi creare un rapporto emotivo tra il cliente e il prodotto stesso, acquistato più di pancia che di testa. Brand Devi rendere il tuo brand unico nel tuo settore, o quanto meno immediatamente riconoscibile. La cosa migliore sarebbe rivolgersi ad una nicchia di mercato, differenziandoti nel tuo settore soprattutto se è particolarmente saturo. Offri qualcosa di unico che hai solo tu e il tuo brand può così diventare un punto di riferimento autorevole e affidabile. Lavora molto anche sulla grafica, sul tone of voice e sull’esposizione che devono essere in linea con i tuoi clienti. Conclusioni Per sfruttare alla perfezione i trigger in marketing bisogna essere bravi venditori, ma anche bravi psicologi per intercettare le reali necessità dei clienti. Già, i clienti, la chiave per avere successo nel proprio business sono proprio loro. Devi conoscerli meglio e per farlo puoi scaricare l’ebook disponibile gratuitamente a fine pagina, dove vengono spiegati i segreti di HubSpot marketing e i suoi principali vantaggi.
Nel panorama digitale in continua evoluzione, la gestione efficace dei social media è diventata cruciale per il successo di qualsiasi strategia di marketing. Con la crescente complessità delle piattaforme social e la necessità di mantenere un'impronta digitale coesa, le aziende sono alla ricerca di soluzioni che semplifichino il processo di gestione dei propri canali social. In questo contesto, HubSpot Social Inbox emerge come una risorsa fondamentale, offrendo un approccio unificato e intuitivo per gestire tutte le attività legate ai social media in un'unica piattaforma integrata. Questo strumento consente di raccogliere tutte le interazioni provenienti dagli account e dai post dei social, così da essere sempre informato sulle tendenze del momento che riguardano la tua attività. Inoltre puoi pubblicare i contenuti sui social dallo stesso posto da dove crei le tue campagne di marketing, impostare il monitoraggio delle parole chiave e collegare le interazioni al CRM per avere sempre conversazioni contestuali e pertinenti. Insomma HubSpot Social Inbox è uno strumento preziosissimo che può dare una grande spinta alla tua attività, quindi vale sicuramente la pena conoscere meglio le funzionalità. Scopriamo insieme come questa potente soluzione può trasformare radicalmente la tua strategia di social media marketing, consentendoti di concentrarti sulle relazioni e sulla crescita del tuo brand. Social media marketing con Hubspot: le funzionalità a portata di clic Con HubSpot puoi gestire i tuoi profili social dalle principali piattaforme: Facebook, Instagram, LinkedIn, X ecc. Avrai sempre una finestra aperta sui tuoi social per capire quali sono le tendenze del momento, se le tue campagne stanno avendo successo e come stanno interagendo i tuoi follower. Nello specifico ecco cosa puoi fare con lo strumento di HubSpot: Controlli tutti i dati derivanti dai tuoi social direttamente da un’unica piattaforma. Il lavoro risulta quindi molto più snello e fluido e soprattutto ti fornisce dati più indicativi e chiari da leggere e interpretare; Ricevi le notifiche relative alle tue pagine social direttamente nella Social Inbox, che di fatto funge da vera e propria casella di posta. Non dovrai quindi scorrere ed esaminare i vari social, recuperando tempo ed energie preziose; Con il tool Reports hai la possibilità di confrontare i risultati di tutto i tuoi social e valutare quale di loro offre le prestazioni migliori filtrando per periodi di tempo. Così facendo capirai dove convogliare maggiormente i tuoi sforzi o come diversificare le strategie per migliorare le prestazioni e le interazioni sui diversi social; Puoi programmare i post per tutti i social da un’unica piattaforma e analizzare menzioni, clic, commenti o discussioni sui diversi profili. L’analisi finale dell’andamento dei tuoi social è decisamente molto più accurata e ti consente di ispezionare con attenzione ogni pagina. Puoi così paragonare e confrontare i dati di maggiore interesse. Magari una strategia potrebbe funzionare su un social e non offrire le stesse prestazioni su un altro. In tal caso ti basta limare alcuni aspetti per capire come ottimizzare le strategie e le campagne di marketing via social. Come utilizzare Hubspot Social Inbox per centralizzare la gestione dei social per semplificare il lavoro e i report Il tuo team di social media marketing con HubSpot può fare davvero un salto di qualità in termini di prestazioni e di produttività. Proviamo ad immaginare il monitoraggio dei social senza uno strumento come HubSpot CRM e quindi senza alcun supporto. Come dovrebbe agire il tuo team? Dovrebbe fare un lavoro mastodontico e sfiancante, monitorando tutti i giorni 24h uno a uno i singoli social. Se hai una presenza fissa sui principali social, come è consigliabile, puoi ben immaginare quanto sia complicato fare questo lavoro. I membri del team non solo dovrebbero monitorare le pagine social aziendali, rispondere a richieste e scorrere i vari commenti e le discussioni tra i follower, ma dovrebbero anche andare alla ricerca di eventuali menzioni dell’azienda in pagine o gruppi o di parole chiave che possono risultare interessanti e pertinenti per il tuo business. Tutto questo si traduce in una notevole perdita di tempo, di energie e anche di soldi. Per fortuna tutto ciò non è necessario grazie a HubSpot CRM che ti consente di centralizzare la gestione dei social e alleggerire il lavoro del team, che può concentrarsi maggiormente sul core business dell’azienda. Inoltre puoi tenere tutto perfettamente sotto controllo con un solo strumento. Il tuo team risulterà più produttivo e potrai impostare e studiare strategie mirate per raggiungere gli obiettivi che ti sei prefissato. I vantaggi della gestione integrata dei social con HubSpot CRM Avere una gestione integrata di tutti i tuoi social da un’unica piattaforma ti permette di interagire con i tuoi follower in modo diretto e personalizzato, creando una comunicazione diretta e plasmata secondo le loro preferenze e aspettative. HubSpot CRM ti aiuta a mantenere alto il livello di engagement e suscitare sempre l’interesse, necessario per mantenere vitale e dinamica una pagina social. Analizziamo i principali vantaggi derivanti dall’uso di questo preziosissimo strumento. Centralizza la tua presenza Online Puoi centralizzare la tua presenza online grazie a Social Inbox, uno degli strumenti più efficaci di HubSpot a metà tra una casella di posta e i feed dei tuoi social. A tua disposizione hai uno strumento che raccoglie e ti mostra tutte le principali interazioni sui social in un unico spazio. Puoi così visualizzare chi sono i clienti che interagiscono maggiormente con i tuoi post o quelli altospendenti che quindi hanno una grande importanza per la tua attività. Proprio a questi follower devi dedicare qualche attenzione in più, non solo perché ti consentono di aumentare le vendite ma anche perché possono diventare ambasciatori del tuo brand che vede aumentare la sua popolarità con il passaparola, strumento straordinariamente efficiente e soprattutto gratuito. Monitoraggio dei Social Media in tempo reale Monitorando in tempo reale tutte le interazioni sulle tue pagine social di interesse, puoi scoprire quali sono le tendenze del momento e le nuove esigenze dei tuoi follower. Uno degli strumenti più efficaci di HubSpot è Social Monitoring che ti consente di seguire le conversazioni più rilevanti per il tuo business e tracciare i messaggi su X, seguire le liste contatti e rispondere alle ultime notizie social. Pianifica e pubblica contenuti da un'unica Dashboard Per quanto riguarda la pianificazione e la pubblicazione dei tuoi contenuti da un’unica Dashboard lo strumento da usare è Publishing, grazie al quale puoi pubblicare ciò che desideri su tutti i tuoi account e generare e monitorare il traffico. Publishing fa tanto altro ancora, come ad esempio promuovere e lanciare i contenuti social e inserire i link nei post dei blog, delle landing page o delle immagini. E ancora puoi valutare l’efficacia dei tuoi messaggi e se hanno presa sui tuoi follower, includendo click e date di pubblicazione per avere una panoramica ancora più ampia della loro efficacia. Analisi delle prestazioni: ottimizza la tua Strategia Social Con lo strumento Reports puoi analizzare le singole prestazioni dei vari account social e allo stesso tempo confrontarle tra le diverse piattaforme e tra i diversi periodi di tempo. Potresti scoprire che determinati argomenti tirano di più su un social per un periodo, per poi perdere di efficacia in un altro periodo. O magari potresti scoprire che alcuni tuoi account social performano meglio nelle ore mattutine e altri invece nelle ore serali. Più dati hai a disposizione e maggiormente puoi personalizzare e ottimizzare la tua strategia social. Oggi i consumatori e in generale gli utenti dei social sono molto volubili. Un trend potrebbe durare qualche giorno, ma poi cadere nel dimenticatoio dopo una o due settimane. Ecco perché è fondamentale essere sempre sul pezzo e tenere pronto un piano B per cavalcare di volta in volta i nuovi trend che si susseguono a velocità vorticosa. Integrazione con altri strumenti HubSpot: un approccio sinergico al Marketing Digitale Quando parliamo di marketing chiaramente il discorso non può fermarsi unicamente ai social, ma bisogna fare un ragionamento a tutto tondo. Tanto per cominciare riveste un ruolo fondamentale la SEO, per la quale HubSpot mette a disposizione diversi tool come quello per scansionare la pagina e verificare se ci sono problematiche o semplicemente se si può ottimizzarla. HubSpot è anche un eccellente strumento per creare una landing page, altrettanto importante perché un sito deve essere subito accattivante e offrire una user experience fluida e intuitiva. E ancora con HubSpot puoi raccogliere i dati degli utenti, creare campagne di marketing personalizzate, analizzare il rendimento delle tue pagine, migliorare il supporto ai clienti e tanto altro ancora. Conclusioni HubSpot Social Inbox, strumento specifico per gestire al meglio i social, è solo una delle tantissime funzionalità a tua disposizione. Le aziende oggi sono come delle auto e, per funzionare correttamente, devono avere tutti i componenti al posto giusto che lavorano in perfetta sinergia tra di loro. In questo articolo ci siamo concentrati soprattutto sui social, che rappresentano una vetrina di straordinaria visibilità. Per essere sicuro di utilizzarli al meglio ti consigliamo di scaricare l’ebook gratuito alla fine dell’articolo, dove puoi avere una checklist su come iniziare la campagna di inbound marketing, per aumentare l'engagement in modo da avere ancora più conversazioni social.
Consideration Marketing: la fase del funnel in cui il cliente inizia a conoscere la nostra azienda, le nostre soluzioni e comincia a valutare se facciamo per lui o meno. Nell'inbound marketing esiste una teoria secondo la quale ogni processo di acquisto del cliente passi attraverso 3 fasi del Funnel. La prima fase è la brand awareness, quella in cui il potenziale cliente entra in contatto con l’azienda grazie a una pubblicità, al passaparola o ad altro. Se l’azienda ha lavorato bene con il proprio brand e quindi tutto appare convincente alle persone, si passa alla seconda fase ovvero brand consideration. A questo punto del funnel il cliente si definisce “caldo”, perché consapevole che, forse, quell’azienda risolverà il suo problema o realizzerà il suo desiderio. L’ultima fase del funnel e quella di brand decision, ovvero quella in cui il potenziale cliente diventa effettivamente cliente. Semplicemente quello di cui stiamo parlando è un processo di acquisto che si articola in fasi, che possono essere più o meno lunghe e che ovviamente sono composte da strategie e strumenti di marketing che ci aiutano a vendere il nostro prodotto o servizio. Approfondiamo ora nel prossimo paragrafo cos’è la brand consideration o consideration marketing. Cos’è la consideration marketing Come abbiamo specificato nel precedente paragrafo la brand consideration è la fase del funnel di marketing in cui si creano le basi solide per l’acquisizione di un nuovo cliente. È una fase delicata, dove un minimo errore può far perdere il contatto. In questo momento, il consumatore sta valutando attentamente le sue opzioni, confrontando i vantaggi e gli svantaggi dei diversi prodotti o servizi disponibili sul mercato. Il nostro compito è quello di influenzare positivamente questa fase, offrendo informazioni pertinenti, dimostrando il valore del proprio prodotto o servizio e creando un legame emotivo con il cliente potenziale. La brand consideration si basa sulla comprensione delle esigenze e dei desideri del consumatore, e mira a fornire loro le informazioni necessarie per prendere una decisione informata. È una parte cruciale del percorso del cliente e può influenzare notevolmente il successo di un'azienda nel mercato. Approfondiamo nel prossimo paragrafo come possiamo guidare il consumatore all’acquisto. Agire in modo strategico utilizzando strumenti di marketing come blog, annunci pubblicitari (ads), email marketing (DEM), e SMS è determinante per diversi motivi: fornire informazioni rilevanti: i blog consentono all'azienda di condividere informazioni dettagliate sui propri prodotti o servizi, rispondendo alle domande e alle preoccupazioni dei consumatori potenziali. Gli annunci pubblicitari possono evidenziare i punti di forza del prodotto o servizio. Le email marketing e gli SMS possono contenere offerte speciali o informazioni promozionali che attirano l'attenzione del consumatore; costruire fiducia: durante la fase di consideration, i consumatori cercano di comprendere se un prodotto o servizio soddisferà le loro esigenze. L'utilizzo del content marketing, di blog informativi e contenuti di qualità può aiutare a stabilire l'azienda come un esperto nel settore, contribuendo a creare fiducia nei confronti del marchio; targeting specifico: gli annunci pubblicitari online consentono di raggiungere in modo mirato il pubblico giusto, mostrando i messaggi di marketing alle persone che sono più propense a essere interessate al prodotto o servizio in questione; personalizzazione: le email marketing (DEM) e gli SMS possono essere personalizzati in base alle preferenze e al comportamento dei consumatori, offrendo loro contenuti pertinenti e offerte su misura; rimozione degli ostacoli: attraverso le varie tattiche di marketing, è possibile affrontare le preoccupazioni o gli ostacoli che i consumatori potenziali potrebbero avere riguardo all'acquisto, aiutandoli a superarli e a prendere una decisione positiva; mantenere l'attenzione: la consideration può essere un periodo prolungato durante il quale i consumatori valutano attentamente le loro opzioni. Utilizzare una combinazione di blog, annunci, email e SMS può mantenere il marchio e il prodotto in cima alla mente del consumatore durante questo processo. Consideration marketing: come guidare il consumatore all’acquisto Per guidare efficacemente un consumatore attraverso la fase di consideration e convincerlo all'acquisto, è fondamentale adottare una strategia mirata. Come possiamo farlo? Agendo in modo strategico e utilizzando strumenti di marketing come blog, annunci pubblicitari (ADS), email marketing (DEM), e SMS, il tutto coordinato grazie a software come i CRM. Vediamo nello specifico in che modi questi strumenti possono guidare il consumatore. Fornendo informazioni rilevanti: i blog consentono all'azienda di condividere informazioni dettagliate sui propri prodotti o servizi, rispondendo alle domande e alle preoccupazioni dei consumatori potenziali. Gli annunci pubblicitari possono evidenziare i punti di forza del prodotto o servizio. Le email marketing e gli SMS possono contenere offerte speciali o informazioni promozionali che attirano l'attenzione del consumatore; costruendo fiducia: durante la fase di consideration, i consumatori cercano di comprendere se un prodotto o servizio soddisferà le loro esigenze. L'utilizzo di blog informativi e contenuti di qualità può aiutare a stabilire l'azienda come un esperto nel settore, contribuendo a creare fiducia nei confronti del marchio; individuando un targeting specifico: gli annunci pubblicitari online consentono di raggiungere in modo mirato il pubblico giusto, mostrando i messaggi di marketing alle persone che sono più propense a essere interessate al prodotto o servizio in questione; personalizzando le azioni: le email marketing (DEM) e gli SMS possono essere personalizzati in base alle preferenze e al comportamento dei consumatori, offrendo loro contenuti pertinenti e offerte su misura; rimuovendo gli ostacoli: attraverso le varie tattiche di marketing, è possibile affrontare le preoccupazioni o gli ostacoli che i consumatori potenziali potrebbero avere riguardo all'acquisto, aiutandoli a superarli e a prendere una decisione positiva; mantenendo l'attenzione: la consideration può essere un periodo prolungato durante il quale i consumatori valutano attentamente le loro opzioni. Utilizzare una combinazione di blog, annunci, email e SMS può mantenere il marchio e il prodotto in cima alla mente del consumatore durante questo processo. Qualsiasi azienda entri nel business del digital marketing, sa che costruire una strategia di funnel marketing efficace è fondamentale. Approfondiamo nel prossimo paragrafo il perché di questa affermazione. Costruire una strategia di inbound marketing: perché conviene a un’azienda Adottare una strategia di inbound marketing è una scelta fondamentale per le aziende, poiché offre numerosi vantaggi che possono avere un impatto significativo sul successo complessivo. Innanzitutto, il funnel fornisce un quadro chiaro e strutturato per comprendere il percorso del cliente, dalla fase iniziale di sensibilizzazione fino all'acquisto effettivo e, in alcuni casi, oltre l'acquisto stesso. Questa suddivisione in fasi consente alle aziende di identificare con precisione dove si trovano i potenziali clienti nel processo decisionale e di adottare approcci mirati per catturare l'attenzione e convincerli. Inoltre, l'inbound marketing permette alle aziende di ottimizzare le proprie risorse, concentrando gli sforzi e le risorse sulla conversione dei lead più promettenti. Ciò significa che le aziende possono massimizzare l'efficienza e ottenere un migliore ritorno sull'investimento (ROI) dalle proprie attività di marketing. Oltre a ciò, la strategia dell'inbound marketing promuove una comunicazione mirata e personalizzata con i clienti potenziali, aumentando le probabilità di conversione. Un altro vantaggio significativo è la possibilità di misurare e analizzare i risultati in ogni fase del funnel, consentendo alle aziende di apportare miglioramenti continui e ottimizzare la strategia di marketing. In questo caso è molto utile avere un progetto CRM, che aiuta l'impresa a raccogliere dati, segmentare e avere la percezione dei problemi che ci sono in tutta la strategia di marketing. Inoltre, il funnel marketing favorisce l'acquisizione di dati preziosi sui comportamenti e le preferenze dei clienti, che possono essere utilizzati per adattare ulteriormente le tattiche di marketing e perfezionare le strategie di vendita. È soprattutto la fase di analisi dei dati che ci aiuta a capire come procedere e che decisioni prendere per il futuro, in merito alla nostra strategia di marketing. A volte capita di dover cambiare piano di marketing strada facendo, poiché ci si rende conto che in realtà i dati ci dicono cose diverse da quelle che pensavamo. Conclusioni In conclusione, l'inbound marketing si dimostra sempre più cruciale nell'ambito delle strategie di marketing moderno. Attraverso un approccio centrato sul cliente, l'inbound marketing attira, coinvolge e fidelizza i clienti in modo efficace. Inoltre, l'implementazione di un progetto CRM (Customer Relationship Management) può essere fondamentale per gestire e migliorare le relazioni con i clienti, raccogliendo dati preziosi che alimentano strategie sempre più mirate. In sintesi, un'efficace strategia di inbound marketing, integrata con un progetto CRM ben strutturato, può portare a un incremento delle conversioni, della fedeltà dei clienti e del successo aziendale nel mercato competitivo di oggi. Image by Freepik
Hai mai sentito parlare di guerrila marketing? Probabilmente sì e anche molte volte, ma non è sicuro che tu sappia davvero di cosa si tratta. Motivo per il quale oggi ci focalizziamo su questo tema, analizzandone tutti gli aspetti e citando anche degli esempi di successo. Continua la lettura dell’articolo per saperne di più sul guerrilla marketing. Guerrilla marketing: cos’è Guerrilla Marketing: una strategia non convenzionale che sta riscrivendo le regole del gioco nel mondo della pubblicità. Nato negli anni '80 dall'intuizione del pubblicitario Jay Conrad Levinson, questo approccio si basa sull'uso di tecniche sorprendenti e a basso costo, ideate per ottenere il massimo dell'impatto sul pubblico con il minimo dell'investimento finanziario. In un'epoca in cui i consumatori erano bombardati da messaggi pubblicitari tradizionali, il Guerrilla Marketing emerse come un approccio fresco e innovativo, capace di tagliare il frastuono e catturare l'attenzione in modi inaspettati. L'efficacia di questo metodo non risiede nella grandezza del budget, ma nell'ingegnosità e nella capacità di connettersi con il pubblico a un livello più personale e memorabile. Con l'avvento di internet e dei social media, le tecniche di Guerrilla Marketing hanno guadagnato una nuova dimensione, rendendole più rilevanti che mai nell'era digitale. Ma quali erano secondo Levinson e quali sono tutt’oggi gli step indispensabili da seguire per fare bene guerrilla marketing? Step indispensabili per fare guerrilla marketing in modo efficace Determinare con chiarezza gli obiettivi aziendali è il fulcro iniziale del Guerrilla Marketing secondo Levinson. Questo processo inizia con l'interrogativo cruciale: Cosa desidero che i miei clienti facciano? Qual è l'azione principale che il mio messaggio intende stimolare?. Definire precisamente ciò che si vuole ottenere è un passo fondamentale che orienta ogni successiva azione di marketing. Successivamente, è vitale delineare i percorsi strategici per il raggiungimento di questi obiettivi, enfatizzando i benefici offerti ai clienti. Questo comporta l'identificazione del vantaggio competitivo unico dell'azienda, l'unique selling proposition che la distingue dagli avversari e si manifesta in valore aggiunto per il consumatore. La selezione accurata del pubblico di riferimento è un altro gradino essenziale: chi è più incline ad acquistare prodotti o servizi offerti? È utile differenziare un target primario da uno secondario e se si fa riferimento alla parte digitale, è bene conoscere le distinzioni che ci sono tra lead, clienti potenziali e clienti. Solo se si conosce bene il proprio pubblico, le azioni di guerrilla marketing diventeranno efficaci. Parallelamente, è consigliabile concentrarsi sulle nicchie di mercato, adottando la filosofia che servire esigenze specifiche di un segmento ben definito può essere più redditizio e fattibile rispetto all'ambire a un pubblico più vasto. Una volta delineati questi aspetti, è il momento di selezionare gli strumenti di marketing più congrui sia al tipo di business sia al pubblico mirato, sempre tenendo a mente l'analogia militare di Levinson, che paragona gli strumenti di marketing a armi. Mantenere una coerenza identitaria del brand rappresenta poi una raccomandazione imprescindibile per chi adotta tecniche di marketing non convenzionali. In un'era in cui i consumatori scelgono non solo prodotti o servizi ma identità di marca, è fondamentale che ogni iniziativa di marketing rifletta e rinforzi la personalità del brand. In ottica strategica, quali sono i benefici del Guerrilla Marketing? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. Benefici del guerrilla marketing Il guerrilla marketing è una strategia non convenzionale che viene adottata in special modo dalle aziende che ragionano con un low budget. Ma i suoi benefici, in realtà, sono così considerevoli in termini di brand awareness, che ormai anche le grandi aziende hanno iniziato ad adottarlo. I benefici quindi di questa strategia di marketing non convenzionale sono i seguenti: Economicità. Si basa su strategie a basso costo, rendendolo accessibile anche alle piccole imprese con budget limitati. Creatività al potere. Incoraggia l'uso di idee innovative anziché budget elevati per catturare l'attenzione del pubblico. Impatto elevato. Le tattiche insolite e sorprendenti possono generare un forte impatto e rimanere nella memoria del consumatore. Flessibilità. È adattabile a vari contesti e può essere implementato in molteplici forme e su diverse piattaforme. Engagement del pubblico. Spesso coinvolge il pubblico in modo interattivo, aumentando l'engagement e la partecipazione attiva. Diffusione virale. Le campagne di successo hanno il potenziale di diventare virali, aumentando esponenzialmente la portata con minimi sforzi aggiuntivi. Personalizzazione. Permette un alto grado di personalizzazione del messaggio pubblicitario, che può essere fortemente mirato a nicchie di mercato specifiche. Brand Awareness. Costruisce la consapevolezza del marchio in modo non convenzionale, spesso più efficace di metodi tradizionali. Fidelizzazione. Le esperienze uniche create possono portare a una maggiore lealtà del cliente verso il marchio. Maggiore ROI. L'uso ottimale può generare un ritorno sull'investimento notevolmente più alto rispetto al marketing tradizionale. Ora che abbiamo introdotto bene il tema e sai cos’è e quali sono i benefici del guerrilla marketing, approfondiamo nel prossimo paragrafo come si fa ad adottare questo marketing non convenzionale. Come si fa guerrilla marketing: strumenti e strategie Fare un’azione di Guerrilla Marketing può sembrare più complesso di quello che è in realtà, perché è vero che occorre tempo, strategia e immaginazione, ma è anche vero che ciò che fa veramente la differenza è il famoso colpo di genio. Se hai l’idea in testa, metà del lavoro è fatto. Vediamo però cosa occorre per dare il via a una campagna di guerrilla marketing. Localizzazione Attenta: scegli con cura il luogo più idoneo, che sia un incrocio cittadino affollato o un angolo popolare del web. L'obiettivo è massimizzare la visibilità presso il tuo target specifico. Risultati Estremi: la tua campagna verrà ignorata se non offri un motivo valido e coinvolgente per catturare l'attenzione del pubblico. Più originale e reattiva è l'idea, maggiori sono le possibilità di un impatto di successo. Creatività mirata: non limitarti a far girare la testa; utilizza la tua creatività per veicolare e diffondere il tuo brand o messaggio in modo incisivo. Preparazione agli Imprevisti: tieni in considerazione fattori esterni come normative locali, condizioni meteorologiche e altri possibili ostacoli che potrebbero influenzare l'esito della tua campagna. Etica e Legalità: ricorda che le tattiche non convenzionali, se mal gestite, possono irritare il pubblico e danneggiare la reputazione del tuo brand. Assicurati che le tue iniziative sorprendano in modo positivo e siano sempre nel rispetto delle leggi. Integrazione con il Marketing Online: assicurati che il tuo messaggio di Guerrilla Marketing sia complementare e integrato con le tue altre iniziative di marketing, soprattutto online, per una coerenza che rinforzi il riconoscimento del brand. Assicurati quindi di prevedere una raccolta dati per inserirli all'interno del tuo CRM, in modo da migliorare l'accuratezza dell'analisi del dato e la tua comunicazione. Ricorda, il Guerrilla Marketing ha i suoi limiti ma, quando eseguito con astuzia, il suo impatto può essere straordinario. Quali sono i casi di successo che hanno fatto davvero buon uso del guerrilla marketing? Vediamolo nel prossimo paragrafo. 3 Casi di successo di guerrilla marketing In questo paragrafo ti illustreremo 3 esempi di guerrilla marketing alquanto noti e 1 esempio di guerrilla marketing digitale che ha avuto molto successo negli ultimi anni. The Blair Witch Project - Innovazione nel Cinema: Il film The Blair Witch Project del 1999 è stato pionieristico nell'uso del guerrilla marketing nel settore cinematografico. Utilizzando tecniche innovative come la creazione di un sito web dedicato e la diffusione di falsi rapporti di polizia e annunci di scomparsa, la produzione ha alimentato il mistero e la curiosità intorno al film. La campagna ha amplificato l'illusione di un vero documentario, contribuendo al successo cult del film e al suo impatto duraturo nel genere horror. Nike - Motivazione in Movimento: Nike si è distinta con le sue campagne di guerrilla marketing, spicca l'azione delle panchine pubbliche senza seduta con il logo Nike e l'incitamento a RUN. Questa semplice ma potente immagine promuoveva lo sport come scelta di vita attiva. In un'altra azione, Nike ha stimolato l'uso delle scale bloccando le scale mobili con nastri brandizzati, spingendo ancora una volta le persone verso uno stile di vita più attivo. Netflix - Stranger Things invade Milano: Per il lancio della nuova stagione di Stranger Things, Netflix ha trasformato Milano, saturando la città con elementi del Sottosopra. Con cartelloni e installazioni che evocavano l'atmosfera della serie, la città ha offerto ai passanti esperienze immersive che rafforzavano la connessione emotiva con lo show, generando buzz e anticipazione. Un caso di successo di guerrilla marketing digitale invece è il seguente. Un caso di successo internazionale di guerrilla marketing digitale degli ultimi anni è la campagna di Spotify denominata Wrapped. Ogni anno, Spotify lancia questa campagna di fine anno che permette agli utenti di rivedere le loro abitudini di ascolto degli ultimi 12 mesi, fornendo statistiche personalizzate e curiose su generi, canzoni e artisti più ascoltati. Il caso di successo di Spotify Wrapped: Personalizzazione e Condivisione: Spotify utilizza i dati degli utenti per creare playlist e riepiloghi personalizzati, incoraggiando gli utenti a condividere i loro risultati sui social media, migliorando così anche le strategie di lead generation (di fatto è come se fosse una pubblicità gratuita). Integrazione Cross-Platform: l'applicazione si integra perfettamente con diverse piattaforme social come Instagram, Twitter e Facebook, facilitando la condivisione e la diffusione virale. Engagement Utente: la campagna Wrapped coinvolge attivamente gli utenti, rendendoli partecipi e protagonisti della loro esperienza musicale annuale. Buzz Virale: ogni anno, la campagna genera un enorme buzz sui social media, con milioni di utenti che pubblicano e discutono dei loro riepiloghi musicali personali. Rinforzo del Brand: la campagna rafforza l'immagine di Spotify come piattaforma centrata sull'utente, attenta ai suoi ascolti e alle sue preferenze, promuovendo la fedeltà e il coinvolgimento del cliente. Crescita dell'Utente: oltre a incrementare l'engagement degli utenti esistenti, la visibilità ottenuta incoraggia nuove iscrizioni, contribuendo alla crescita della base di utenti di Spotify. Spotify Wrapped è diventato un evento annuale atteso con entusiasmo dai consumatori e dai media, dimostrando l'efficacia di una campagna di guerrilla marketing digitale che sfrutta dati e personalizzazione per creare un legame più profondo con gli utenti. Operazioni di Guerrilla marketing: a chi conviene prevederle? Le operazioni di Guerrilla Marketing sono particolarmente vantaggiose per le aziende di piccole e medie dimensioni che desiderano fare un'impressione significativa nel mercato senza i budget pubblicitari ingenti delle grandi corporazioni. Inoltre, sono ideali per le start-up innovative e per qualsiasi impresa che vuole stabilire o rafforzare la propria presenza in un mercato saturo, utilizzando la creatività e l'elemento sorpresa come leva principale. Queste strategie si adattano anche alle aziende che puntano a un target di nicchia, desiderose di creare un collegamento emotivo e diretto con la loro clientela. Conclusioni In conclusione, il Guerrilla Marketing si rivela una leva strategica potente per chi cerca di distinguersi in un mercato competitivo con risorse limitate. La sua essenza risiede nella capacità di trasformare la creatività in visibilità, creando un legame diretto con il consumatore e generando conversazioni che trascendono i tradizionali canali pubblicitari. Per gli imprenditori audaci, i marketer ingegnosi e le aziende orientate al futuro, il Guerrilla Marketing non è solo una scelta, ma un imperativo per emergere e lasciare un'impronta indelebile nell'universo del marketing moderno.
Le aziende ogni giorno incamerano una serie di dati che contengono informazioni preziosissime relative all’andamento della propria attività e dei propri clienti. Quelle informazioni, usate nel modo giusto, suggeriscono le azioni più indicate da intraprendere e le strategie da adottare per ottimizzare i risultati del proprio business e conseguire un profitto maggiore. La domanda da porsi è una: come raccogliere questi dati? Le opzioni principali sono due: Excel e database. Quale scegliere? Entrambe le soluzioni sono in grado di raccogliere i dati e organizzare le informazioni contenute, ma hanno scopi diversi. Excel, che fondamentalmente è un foglio di calcolo, aiuta a tenere traccia dei dati e di fare dei calcoli; un database invece è usato per memorizzare le informazioni da utilizzare in un secondo momento. Per archiviare semplicemente i dati potrebbe essere sufficiente un foglio di calcolo come Excel, ma se la quantità di informazioni cresce allora diventa necessario un database. In teoria è possibile collegare Excel e database, così da sfruttarli insieme e farli lavorare sinergicamente tra di loro. Nei seguenti paragrafi analizziamo nello specifico come funzionano questi due strumenti e come ottimizzarne al massimo il rendimento. Excel e Database: cosa sono e quali sono le differenze Iniziamo a spiegare cos’è Excel e cos’è un database. Excel è un programma per computer che organizza i dati in una serie di righe e di colonne, memorizzati all’interno di singolo celle. Possiamo paragonare i fogli di calcolo ai registri elettronici per avere una visione più chiara. I database invece non archiviano dati in singole celle, ma raccolgono le informazioni da tabelle esterne. Tra l’altro hanno anche una struttura più flessibile, in quanto offrono maggiori opzioni per l’archiviazione e la valutazione dei dati. In un certo senso anche i CRM possono essere considerati a tutti gli effetti come grandi database dove raccogliere tutte le informazioni relative a clienti o lead, utilissimi per mantenere in vita le relazioni con i consumatori e offrire loro un servizio estremamente personalizzato. Se da un lato i database sono più completi rispetto ad Excel, sono anche leggermente più complessi da usare poiché consentono di lavorare con vari dati su più tabelle. Scegliere l’una o l’altra soluzione dipende anche da altri fattori come: Tipo di informazioni che si desidera archiviare; Quantità di dati da archiviare; Frequenza con la quale si accede a questi dati. Un libero professionista o una piccola attività familiare dovrà tenere traccia di un quantitativo di dati notevolmente inferiore rispetto ad aziende con migliaia di dipendenti che lavorano in aree diverse. Nel primo caso potrebbe essere sufficiente Excel, mentre nel secondo caso è consigliabile affidarsi a soluzioni più complete e strutturate come i database. Excel: tutto quello che c’è da sapere Excel è un registro dove inserire le informazioni all’interno di righe e colonne, la cui intersezione crea delle singole celle dove si possono scrivere dati, numeri o anche testi a seconda delle proprie esigenze. Si possono poi sfruttare specifiche funzioni o effettuare rapidamente calcoli matematici. Gli utilizzatori possono usare Excel per calcolare i pagamenti mensili, conteggiare le fatture, gestire il budget oppure tenere traccia dei turni di lavoro. Vantaggi e svantaggi Uno dei principali vantaggi di Excel è la sua “popolarità”. Si tratta di uno strumento abbastanza diffuso, quindi è probabile che i dipendenti di un’azienda abbiano già una certa familiarità. In ogni caso, trattandosi di un programma abbastanza semplice da usare, sono sufficienti brevi corsi di formazione per consentire ai team di prendere subito confidenza con questo strumento. Altro aspetto vantaggioso di Excel è la sua convenienza da un punto di vista economico. Puoi accedere a questo programma se la tua azienda dispone già di Microsoft Excel, oppure puoi usare gratuitamente Fogli Google, noto anche come Google Sheets, semplicemente accedendo col tuo account Google. Terzo punto a favore di Excel è la semplicità d’uso. Per creare un foglio di calcolo non sono necessari difficili linguaggi di programmazione, ma è sufficiente conoscere le funzioni matematiche. Una volta creati, i fogli di calcolo si possono aggiornare velocemente per poi condividerli con diverse persone. In particolare in Fogli Google più persone possono modificare un foglio di calcolo contemporaneamente, riuscendo così a lavorare in perfetta sinergia tra di loro. Excel però presenta anche delle criticità e potrebbe non essere la soluzione ideale quando bisogna gestire un quantitativo di dati di grandi dimensioni. Le informazioni nei fogli di calcolo vanno inserite manualmente, cosa che potrebbe richiedere molto tempo soprattutto se ci sono parecchi dati da gestire. Excel inoltre è una soluzione poco “scalabile”: se la tua azienda cresce aumentano anche i dati. In sostanza i fogli di calcolo potrebbero non essere in grado di archiviare dati su larga scala. Se punti ad una crescita progressiva per la tua azienda, a lungo andare Excel potrebbe non essere così performante e sarebbe ideale adottare sistemi come i CRM. In tal caso sono sicuramente più indicati i database, ideali per aziende di grandi dimensioni ma anche per business in costante crescita. Come funzionano i Database? Passiamo all’analisi del database, un programma che usa linguaggi specifici per archiviare e organizzare i dati in modo molto strutturato. Possiamo pensare al database come una sorta di schedario, dove organizzare i dati in cartelle e sottocartelle e poi ordinarli secondo criteri specifici che ne facilitano la rapida individuazione. Uno strumento di gestione delle relazioni con i clienti, un CRM come Hubspot, è un esempio perfetto di database efficiente. Un database memorizza le informazioni in una struttura composta da righe e colonne. Le colonne possono essere ogni cosa: un’etichetta, un testo o un numero e possono comprendere prezzi, date e percentuali. Questo strumento non è una semplice cartella dove archiviare i dati, ma un potente software che mette a disposizione diverse funzionalità per aggiornare automaticamente i dati. Vantaggi e svantaggi Un database è la scelta ideale per archiviare un grosso quantitativo di informazioni. Innanzitutto i dati possono essere aggiornati automaticamente, recuperando tempo prezioso e consentendo ai team di dedicarsi maggiormente al loro core business. Inoltre, non essendoci aggiornamenti manuali, si riduce significativamente il rischio di errore umano. I database permettono di archiviare le informazioni da più canali, integrandoli tra di loro con strumenti come i connettori, un grande vantaggio se raccogli dati sui clienti da diverse piattaforme. E ancora si caricano più velocemente e occupano meno spazio di archiviazione. In pratica le informazioni vengono caricate solo quando vi accedi, cosa che fa aumentare l’efficienza del tuo computer. Infine i database garantiscono un elevato livello di sicurezza. In ogni momento puoi identificare facilmente chi tra i tuoi dipendenti può modificare il database e chi invece può solo visualizzare i dati ma senza modificarli. Le credenziali di accesso impediscono che estranei possano accedere ai tuoi dati. Anche i database hanno però delle spine e sono soprattutto due: i costi e la formazione. I database hanno un costo maggiore rispetto ad Excel e potrebbero essere necessari ulteriori investimenti per implementare alcune funzioni o per la manutenzione. Inoltre serve una formazione adeguata per usare nel modo corretto i database. Per configurare il database o gestire le informazioni sono necessarie competenze e abilità specifiche, senza le quali potrebbero sorgere problemi nell’utilizzazione. Potresti quindi avere bisogno di assumere un’altra risorsa per il suo utilizzo, cosa che grava inevitabilmente sul budget aziendale. Come già specificato i database sono poco indicati se devi gestire un piccolo quantitativo di dati e in questi casi Excel rappresenta sicuramente una soluzione più snella e meno impegnativa. Excel e Database: quale scegliere? Quindi è meglio affidarsi ad Excel o a un database? Non esiste una risposta secca, molto dipende dalla complessità del tuo progetto e quindi dalla quantità di dati da gestire. Prima di procedere ad una scelta ti consiglio di effettuare i seguenti step: Valuta i tuoi dati. Fai una valutazione della complessità dei tuoi dati. Se devi gestire un testo semplice o dati numerici Excel è più che sufficiente. Se invece devi gestire una gamma più ampia e complessa di file, è meglio utilizzare i database; Considera i tuoi obiettivi. Quali sono i tuoi obiettivi a lungo termine? Vuoi automatizzare i processi per risparmiare tempo prezioso e non caricare i tuoi dipendenti di ulteriore lavoro? Vuoi creare un sistema organizzativo semplice accessibile a tutti? O magari hai bisogno di una soluzione low-cost per tenere ordinati i tuoi dati? In base alle risposte puoi decidere se affidarti a Excel o a un database; Valuta il processo di crescita della tua azienda. Magari in questo momento Excel soddisfa le esigenze attuali della tua crescita, ma se stai pensando di espanderti dovresti considerare di passare ad un database quanto prima. A questo punto hai tutte le informazioni per decidere se affidarti a Excel o a un database. Se ritieni che un database sia la soluzione più indicata, scopri di più sul progetto CRM di Hubspot scaricando l’ebook a fondo pagina. Si tratta di una guida per scoprire tutte le funzioni gratuite di Hubspot che ti spiega come funzionano gli strumenti per organizzare al meglio i dati dei tuoi contatti e offrire così un servizio personalizzato ai clienti.
Ti è mai capitato di imbatterti in una pubblicità insolita, come un enorme divano nel bel mezzo della strada o pile di fiches in movimento trasformate in dissuasori del traffico? Se la risposta è sì, senza neanche accorgertene sei stato coinvolto in campagne di ambient marketing, una forma di pubblicità inusuale e sicuramente non convenzionale. L’ambient marketing è una pubblicità che rompe gli schemi, con l’obiettivo principale di sorprendere il consumatore che mai si aspetterebbe di trovare una pubblicità in un determinato posto, come ad esempio dietro le porte dei bagni, alle fermate dell’autobus o nelle stazioni della metropolitana. Oggi i consumatori sono bombardati da ogni forma di pubblicità e quindi per le aziende diventa sempre più complicato conquistare la loro attenzione e differenziarsi. L’ambient marketing punta sulla cosiddetta disruption, cioè un elemento insolito che crea per l’appunto una rottura all’interno di uno scenario quotidiano e abituale. La creatività e l’innovazione fanno il resto e consentono di creare una forma comunicativa decisamente fuori dagli schemi che sorprende il consumatore, attirandolo in modo naturale e senza risultare invadente. Approfondiamo nei prossimi paragrafi cos’l’ambient marketing e come utilizzarlo. Cos’è l’ambient marketing e come si è sviluppato Partiamo dalla definizione di ambient marketing, così chiamato poiché in un certo senso dialoga con l’ambiente circostante. Questa forma di pubblicità esula dalla comunicazione tradizionale e mira a sorprendere il proprio target di pubblico in modo innovativo puntando sul cosiddetto “effetto wow”. Social, tv, siti web e radio bombardano i consumatori di pubblicità e la loro soglia dell’attenzione si è assottigliata sempre di più nel corso degli anni. Un’azienda potrebbe voler comunicare il messaggio giusto, ma allo stesso tempo avere difficoltà nel trasmetterlo. Cosa fare? Sorprendere il proprio pubblico e rompere gli schemi del marketing tradizionale, ormai datato e obsoleto. Le origini dell’ambient marketing risalgono al 1996 quando la Concord Advertising, un’agenzia inglese specializzata in campagne outdoor, decise di intraprendere una strada innovativa. I clienti chiedevano con insistenza all’agenzia di creare qualcosa di diverso rispetto alla solita pubblicità. La Concord Advertising decise quindi di piazzare gli annunci nei luoghi più insoliti: i distributori di benzina, per terra o sulle porte dei bagni pubblici, creando un’esperienza assolutamente nuova per i consumatori. Quella strategia rivoluzionaria - e per certi versi rischiosa - ebbe successo e infatti, ancora oggi l’ambient marketing si sviluppa in luoghi insoliti come le piazze, le strade, le fermate di autobus e metropolitane, ma anche grandi centri commerciali ed è utile per strategie come la brand awareness e la lead generation. Qualunque posto, o superficie o angolo, dove generalmente nessuno si aspetterebbe di trovare una pubblicità, può essere sfruttato per veicolare un messaggio in modo anticonvenzionale e decisamente innovativo. L’ambient marketing nell’ambito del marketing esperienziale L’ambient marketing si inserisce all’interno del marketing esperienziale, dove il consumatore può vivere il brand tramite un evento che lo connette direttamente al marchio stesso o ai suoi prodotti. Il fine ultimo dell’ambient marketing, oltre che generare interesse e curiosità, è avvicinare il cliente in modo spontaneo e naturale al brand o al prodotto per fargli vivere un’esperienza davvero unica. I consumatori possono conoscere meglio gli stessi valori dell’azienda e poco importa se quel “rapporto” si esaurisce nel giro di pochi minuti o secondi, attendendo la metropolitana o passeggiando per le strade. Quella pubblicità così d’impatto, anche se osservata per pochi istanti, desta interesse e resta impressa nella mente del potenziale cliente. Ambient marketing Vs guerrilla marketing: quali sono le differenze? L’ambient marketing è una forma di pubblicità molto simile al guerrilla marketing, con cui in effetti condivide molte strategie. Guerrilla è un termine spagnolo che significa guerriglia, una forma di combattimento basata su assalti e imboscate. E in effetti il guerrilla marketing “attacca” il consumatore con imboscate come pubblicità in luoghi insoliti e imprevisti, così da gestire anche la sua reazione. Il guerrilla marketing genera grande visibilità per il brand e la curiosità suscitata nei consumatori innesca un rapido e positivo passaparola. L’ambient marketing è molto simile al guerrilla marketing, poiché prevede un approccio esperienziale che interagisce direttamente con i clienti trasmettendo il suo messaggio in luoghi insoliti e in alcuni casi anche assurdi. Il consumatore viene raggiunto da un messaggio pubblicitario in un luogo dove non si attende di ricevere una comunicazione pubblicitaria e proprio l’effetto sorpresa è alla base del successo di questa strategia. Benché ci siano molti punti in comune queste due strategie si differenziano per un singolo aspetto: il guerrilla marketing può sfruttare l’ambiente per comunicare con i suoi potenziali clienti, mentre per l’ambient marketing questo è un criterio assolutamente imprescindibile. Quali sono i vantaggi? Ora che hai ben chiaro cos’è l’ambient marketing, passiamo all’analisi dei principali vantaggi che offre questa forma di pubblicità e che può essere messa in atto da chiunque. Alto livello di engagement Le pubblicità dell’ambient marketing hanno sicuramente un impatto maggiore rispetto ad un tradizionale cartellone pubblicitario e creano ciò che oggi risulta fondamentale per le aziende: l’engagement. Questa forma pubblicitaria punta molto sulle emozioni, merce rara che non può essere commercializzata. Creare un ricordo o un’emozione nel cliente permette di toccare le giuste corde emotive e di risvegliare il suo interesse e la sua attenzione. Chi vive un’esperienza così positiva sarà attratto da quel brand e avrà voglia di conoscere meglio i prodotti e i servizi che offre, lascerà il suo indirizzo email ed entrerà all'interno del CRM. Da non dimenticare il potere del passaparola, sia online che offline, che è in grado di innescare una forma di pubblicità basata sull’ambient marketing. Questo è il cosiddetto buzz marketing, una tecnica che si basa sul passaparola sul web per raggiungere nel minor tempo possibile un gruppo di persone interessate al tema, al prodotto o al servizio. Adattabilità a ogni azienda L’ambient marketing può essere sfruttato da qualsiasi brand, tutto quello che serve è tanta creatività e capacità di ragionare fuori dagli schemi. Piccole o grandi aziende possono farsi conoscere con campagne di ambient marketing, integrando sapientemente l’ambiente circostante e collocandosi soprattutto nei luoghi ad alto flusso di passaggio. All’occorrenza tali campagne possono essere lanciate in concomitanza di eventi, contest o presentazione di nuovi prodotti e servizi per avere un risultato finale ancora più efficiente. La convenienza economica dell’ambient marketing Un altro vantaggio dell’ambient marketing che merita di essere sottolineato è la sua economicità. Non serve fare investimenti folli per una pubblicità del genere, basta tanta fantasia e creatività per differenziarsi dalla concorrenza e farsi riconoscere. Un’ottima notizia per le piccole aziende o i brand nati da poco che non hanno le stesse potenzialità né gli stessi mezzi dei colossi competitor, ma che possono comunque batterli puntando sull’inventiva, sull’estro e sulla creatività Personalizzazione delle campagne pubblicitarie Considerando che la scelta della location per una campagna pubblicitaria di ambient marketing è praticamente infinita, diventa anche più facile personalizzarla e targetizzarla. Se il proprio target di pubblico è rappresentato ad esempio da adolescenti, sarebbe un’ottima idea piazzare la propria pubblicità in prossimità di una scuola. Il messaggio verrà comunque recapitato a chiunque transiti in quel luogo e quindi si cattura l’interesse del proprio pubblico di riferimento, ma allo stesso tempo si strizza l'occhio ad un pubblico fuori target che però potrebbe essere interessato ai prodotti o ai servizi di quel brand. Scarsa invasività Nonostante la sua forza dirompente e il suo notevole impatto visivo, l’ambient marketing è una pubblicità non invasiva un po' come l'inbound marketing. A differenza di un’email-spam o di una telefonata “a freddo” non va a disturbare il potenziale cliente e non necessariamente vuole vendere qualcosa. Il suo obiettivo è far vivere un’esperienza innovativa e insolita alle persone, offrendo qualcosa di divertente e creativo che ravviva le loro giornate. Chi non è interessato a quel messaggio può tranquillamente ignorarlo e tirare dritto senza essere disturbato nella sua quotidianità. Esempi di ambient marketing Prima di salutarci diamo uno sguardo a quei brand che hanno saputo sfruttare l’ambient marketing uscendo al di fuori dei classici binari della comunicazione: IKEA: il brand svedese ha saputo differenziarsi con campagne molto innovative, come la costruzione di piccole stanze da bagno per le strade urbane dove gli attori svolgevano le loro normali attività quotidiane; Titanbet: il portale dedicato al mondo del poker, come accennato all’inizio, ha trasformato i dissuasori del traffico in enormi chips accompagnate dal divertente slogan “il gioco non si ferma mai”; Coca-Cola: decisamente divertente la campagna pubblicitaria della Coca-Cola che, in occasione del lancio del film “Skyfall” della saga 007, ha installato delle macchinette nelle stazioni ferroviarie invitando gli utenti a raggiungere in 70 secondi un punto della stazione superando diversi ostacoli. I vincitori avrebbero ottenuto l’ingresso gratuito al cinema per vedere il film; Red Bull: l’azienda austriaca un po’ di tempo fa appese degli orinatoi sul tetto dei bagni delle discoteche spagnole, giocando con il classico slogan del brand Red Bull ti mette le ali”. Conclusioni Questi esempi sono utili per prendere qualche spunto, ma la cosa bella dell’ambient marketing è il fatto che l’ambiente circostante si trasforma in una pubblicità a cielo aperto da sfruttare a tuo piacimento. Devi solo capire come e dove raggiungere il tuo potenziale pubblico per piazzarti nella sua mente e renderti subito riconoscibile. Considera che l’ambient marketing si basa sul concetto di lead generation, cioè la capacità di attirare i potenziali clienti in modo naturale e non invasivo. A tal proposito può sicuramente tornarti utile l’ebook scaricabile gratuitamente a fondo pagina per conoscere tutti i segreti della lead generation.
Il marketing è per sua natura sempre costantemente in evoluzione e ciò dipende principalmente dalle esigenze di aziende e consumatori che non sono mai le stesse. È il mercato stesso a richiedere un cambiamento alle aziende, soprattutto in merito alla comunicazione. In questo panorama di riflessione in merito al modo di comunicare delle aziende, rientra il branded content marketing: un’attività di comunicazione che mira a creare contenuti brand per rappresentare al meglio l’azienda. Approfondiamo nei prossimi paragrafi che cos’è il brand content marketing e come puoi sfruttarlo per comunicare meglio il tuo brand. Cosa si intende per branded content marketing Il branded content marketing è una strategia di comunicazione che si basa sulla creazione e diffusione di contenuti realizzati appositamente per veicolare i messaggi, i valori e le tematiche legate a un particolare brand o azienda. Questi contenuti, che possono spaziare da video a blog post, da podcast a eventi live, non si limitano a promuovere direttamente un prodotto o un servizio, ma mirano a stabilire un legame emozionale tra il brand e il suo pubblico. Attraverso il branded content, le aziende cercano di offrire valore aggiunto ai propri consumatori, creando contenuti di intrattenimento, informativi o educativi, che rispecchiano la mission e la visione del brand. Rispetto alla pubblicità tradizionale, il branded content si integra in modo più fluido nell'esperienza dell'utente, rispondendo alla crescente richiesta di storytelling ed engagement da parte dei consumatori. Il branded content marketing pone il marchio al centro di un racconto coinvolgente, rendendo il brand stesso parte integrante della storia e non un semplice messaggio promozionale. In merito però al content marketing, il branded content in cosa differisce? Approfondiamolo nel prossimo paragrafo Differenza tra branded content e content marketing Il branded content marketing e il content marketing sono due strategie che, pur avendo obiettivi e metodi simili, presentano caratteristiche distintive e specifiche finalità. Ecco una panoramica delle principali differenze. Il Branded Content Marketing rappresenta una forma di marketing incentrata sulla creazione di contenuti direttamente associati a un marchio, ma che prioritizzano l'esperienza di storytelling o un messaggio specifico al posto della mera promozione di un prodotto o servizio. Questa strategia ha l'ambizione di creare un profondo legame emotivo con il pubblico, incarnando e riflettendo i valori autentici e l'essenza di un brand. Gli obiettivi principali sono orientati alla costruzione della consapevolezza del brand, al rafforzamento dell'immagine aziendale e alla formazione di relazioni emotive con la clientela. In termini di contenuti, il branded content marketing tende a manifestarsi attraverso narrazioni, video, podcast o eventi dal vivo, creando esperienze uniche che possono avere anche un forte impatto virale. Per valutare il successo di tali iniziative, le aziende si affidano a metriche come l'engagement, le condivisioni e l'impatto sulla percezione del brand. D'altro canto, il Content Marketing è una strategia incentrata sulla produzione e distribuzione di contenuti di valore, mirati a un target ben definito, con l'aspirazione di stimolare azioni concrete, come la conversione di un semplice visitatore in un cliente fedele. Pur non avendo come focus primario la promozione, il suo obiettivo cardine rimane quello di offrire un valore tangibile al pubblico, indirizzando azioni mirate. I contenuti possono variare notevolmente, spaziando da articoli di blog, guide e e-book, a infografiche e video tutorial, con l'intento di rispondere alle domande del pubblico, risolvere problemi o soddisfare un bisogno informativo. La misurazione del suo successo si basa su metriche come il traffico generato verso il sito, la generazione di lead, le conversioni effettive e il ritorno sull'investimento (ROI). Approfondiamo ora nel prossimo paragrafo a cosa serve il brand content marketing. A cosa serve il brand content marketing Il brand content marketing ha lo scopo di costruire e consolidare una relazione profonda e duratura tra un brand e il suo pubblico. Questa strategia quindi deve rispettare e andare di pari passo con quelli che sono i principi dell'inbound marketing. Questo approccio mira a superare la mera promozione di prodotti e servizi, offrendo al pubblico contenuti di valore che informano, intrattengono e ispirano. L’obiettivo di questa tipologia di contenuti è quella di posizionare un brand come autorità nel suo settore, mostrando la sua expertise, i suoi valori e la sua unicità. Attraverso il brand content marketing, le aziende possono distinguersi dalla concorrenza, creando un legame emotivo con il consumatore e incentivandolo a diventare un fedele sostenitore del brand. Lo scopo quindi diventa non più soltanto mostrare i propri prodotti, ma quello di fidelizzare i clienti, facendo in modo che si leghino all’azienda per i suoi valori e per la sua affidabilità. In un'era dominata dalla sovrabbondanza di informazioni e da un incessante bombardamento pubblicitario, le persone sono alla ricerca di autenticità e significato: il brand content marketing risponde a questa esigenza, offrendo storie e contenuti che risuonano nelle vite dei consumatori, creando una relazione basata sulla fiducia, la rilevanza e l'engagement. Un esempio della veridicità di questa prospettiva, è la sempre più frequente esigenza delle persone di non fermarsi a leggere informazioni in merito al prodotto, ma di approfondire. Oltre la lettura di recensioni e contenuti di approfondimento, i consumatori si affidano agli influencer di settore che, ingaggiati dalle aziende per le loro potenzialità comunicative, riescono a pubblicizzare e a identificarsi pienamente con il brand. Inoltre, se ben realizzato, il brand content marketing aiuta a migliorare la visibilità online, a guidare il traffico verso i canali aziendali e a stimolare azioni positive, come la condivisione sui social media o l'acquisto. Ora che è chiaro cos’è e a cosa serve il brand content marketing, approfondiamo come si crea un contenuto di questo tipo e quali sono i vantaggi nei prossimi paragrafi. Come si fa brand content marketing Indubbiamente per fare bene brand content marketing bisogna conoscere bene il target, capire di cosa ha bisogno e imparare a comunicare bene senza necessariamente vendere il prodotto o servizio. Solo così si può pensare di fare una lead generation che sia efficace, senza sembrare un classico spot pubblicitario. Ma da dove bisogna cominciare per creare un brand content marketing promettente? Realizzare un efficace brand content marketing inizia con la chiara definizione dell'identità del proprio brand. Comprendere profondamente ciò che il brand rappresenta, dai suoi valori fondamentali alla sua promessa al cliente, è essenziale. Una volta stabilito questo fondamento, è necessario compiere ricerche approfondite sul proprio pubblico di riferimento, capendo i loro bisogni, le loro aspirazioni e i loro comportamenti online. Probabilmente questo rappresenta il punto cruciale di una strategia di contenuti sponsorizzati. Infatti, questa comprensione guida la creazione di contenuti autentici e coinvolgenti che risuonano con loro. La creatività chiaramente gioca un ruolo cruciale in questo processo, assicurandosi che i messaggi del brand siano presentati in modo impattante e memorabile. Infine, la misurazione e l'analisi delle performance sono cruciali per affinare continuamente la strategia, garantendo che il brand content marketing rimanga efficace e risonante nel tempo. Vantaggi del brand content marketing Il brand content marketing offre una serie di vantaggi significativi alle aziende che lo adottano nella loro strategia di comunicazione, ovvero connessione emotiva: il brand content marketing permette alle aziende di costruire una connessione profonda e autentica con il loro pubblico, raccontando storie che toccano le corde emotive degli spettatori. Posizionamento come leader: questa strategia può posizionare un brand come leader di pensiero nel proprio settore, elevando la sua percezione e autorevolezza agli occhi dei consumatori. Aumento della visibilità: un contenuto di marca di qualità può significativamente amplificare la visibilità e riconoscibilità del brand, attirando nuovi clienti e rafforzando la lealtà di quelli esistenti. Differenziazione nel mercato: in un paesaggio di mercato affollato, il brand content marketing offre alle aziende l'opportunità di emergere, presentando contenuti unici e distintivi che mettono in luce la personalità e i valori del brand. Costruzione di relazioni durature: oltre a potenziare la presenza digitale, il brand content marketing contribuisce a instaurare relazioni di lunga durata con il pubblico, promuovendo fiducia e lealtà, riuscendo ad immagazzinare un buon quantitativo di lead all'interno del progetto CRM che ha l'azienda. Conclusioni Il branded content marketing si è rivelato uno degli strumenti più efficaci e strategici per il marketing. Questa tattica non solo consente alle aziende di costruire connessioni profonde con il loro pubblico attraverso contenuti significativi, ma posiziona anche i brand in modo favorevole nell'ambito dell'Inbound marketing. L'approccio inbound si concentra sull'attirare i clienti attraverso contenuti pertinenti e utili, e il branded content si adatta perfettamente a questa filosofia, poiché offre valore e costruisce fiducia. Quando combinato con un progetto CRM ben strutturato, il branded content marketing può portare a un'analisi dettagliata del comportamento e delle preferenze del cliente, permettendo alle aziende di affinare ulteriormente la loro comunicazione e di costruire relazioni durature. In definitiva, l'integrazione del branded content marketing, dell'inbound marketing e di sistemi CRM avanzati rappresenta una formula vincente per le aziende che aspirano a una crescita sostenibile e a un'interazione autentica con il loro pubblico.
Un’azienda di successo implica un’organizzazione coesa tra i vari reparti interni: reparto vendita, marketing e customer success. Per far sì che questo accada è utile avere una visione comune di tutte le attività, prettamente strategica. Ecco quindi che si parla di RevOps, ovvero Revnue Operations System, ovvero le attività di allineamento tra marketing, sales e customer success. Approfondiamo quindi nel prossimo paragrafo cosa sono le RevOps e come possono essere utili per il successo della tua azienda. Cos’è la Revenue operations system? Come specificato poc’anzi, le revenue operations system sono operazioni legate alla crescita del business e ovviamente del fatturato, che mirano all’allineamento tra i reparti di marketing, vendita e customer success (legato quindi al concetto di s-marketing che abbiamo già approfondito in passato). In Italia l’attenzione verso le RevOps è sempre più crescente in questi ultimi anni, in quanto se n’è compresa la reale importanza, tanto che si parla di cambiamento culturale aziendale, nella misura in cui le persone apprendono nuove tecnologie migliorano il CLV - customer lifetime value. Da questa rivoluzione nascono anche nuove figure professionali con l’obiettivo di creare un team dedicato ad attività specifiche. Cosa deve fare quindi il responsabile del team RevOps? Il responsabile RevOps deve sempre mantenere sotto controllo software, sistemi, processi e dati. In particolare per quest’ultimo punto, ovvero l’analisi dei dati, è molto importante avvalersi di un CRM adeguato e affidabile. In ottica quindi di crescita per un’azienda B2B, le revenue operations system a cosa servono? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. RevOps: utilità per l’azienda RevOps è quindi sinonimo di allineamento tra i reparti, questo è chiaro. Ma in ottica quindi puramente pratica, qual è l’utilità per l’azienda? Perché importante impostare una strategia di revenue operations? Per migliorare il customer journey, ovvero conoscere meglio le esigenze del cliente, riuscendo a costruire per lui un’esperienza d’acquisto indimenticabile; per implementare la connessione tra i dati e i sistemi interni; per migliorare il processo di reazione, limitando gli intoppi e i tempi di risposta delle persone che sono sopraffatte dall’operatività. Quando si parla quindi di RevOps, ci si riferisce a un cambiamento aziendale che non investe soltanto il modo in cui collaborano i reparti, ma anche quello in cui le persone imparano a utilizzare nuovi strumenti e tecnologie. Quali sono le 4 metriche delle RevOps a cui porre quindi attenzione per raggiungere dei risultati? Approfondiamo nel prossimo paragrafo. Le 4 metriche della RevOps L'obiettivo principale del RevOps è ottimizzare i quattro pilastri fondamentali dei ricavi: generazione di lead, produttività delle vendite, conversione di offerte e successo del cliente. Tra le metriche RevOps più importanti troviamo: Raggiungimento dell'obiettivo di ricavo: essenziale per monitorare quanto l'organizzazione sia vicina al raggiungimento dei suoi obiettivi di ricavo; Generazione e tasso di conversione dei lead: indicano quante nuove opportunità vengono create e quanti di questi lead si trasformano in clienti paganti, riflettendo l'efficacia del team di vendita; Tasso di churn dei clienti: misura la percentuale di clienti che interrompono l'abbonamento o cessano di utilizzare un prodotto o servizio, indicando possibili problemi con l'offerta aziendale; Dimensione media dell'affare: fornisce intuizioni sull'efficacia del team di vendita, in particolare se stanno vendendo prodotti o servizi di maggiore valore; Margine lordo: indica la differenza tra i ricavi e i costi delle merci vendute, con un margine elevato che suggerisce un prezzo di vendita superiore ai costi di produzione; Net Promoter Score (NPS): misura la soddisfazione del cliente e si basa sulla probabilità che questi raccomandi un prodotto o servizio ad amici o parenti; Valore del cliente nel corso della vita (CLV): rappresenta l'importo totale che un cliente dovrebbe spendere per un prodotto o servizio durante la sua interazione con l'azienda, mostrando potenziali ricavi futuri; Durata del ciclo di vendita: indica il tempo medio necessario per concludere un affare, riflettendo l'efficienza del team di vendita; Costo per acquisizione: mostra quanto costa acquisire nuovi clienti e l'efficacia degli sforzi di marketing; Soddisfazione dei dipendenti: essenziale per comprendere il benessere interno dell'azienda, influenzando un altro indicatore chiave di performance, la ritenzione dei dipendenti. Monitorare queste metriche consente alle aziende di avere una visione chiara del loro rendimento operativo, identificando le aree di miglioramento e garantendo il successo a lungo termine. Perché le aziende necessitano della RevOps? Il panorama delle aziende B2B ha subito una trasformazione nel modo in cui generano ricavi. Ora, più che mai, si enfatizza la sinergia tra marketing, vendite e assistenza al cliente. Nel modello operativo di molte aziende B2B/SaaS, vediamo che il processo di generazione di ricavi avviene in questo modo: il marketing, specialmente se parliamo di inbound marketing, crea le opportunità ideali al momento opportuno, mentre il team di vendita si impegna a stabilire relazioni durature che portano a un elevato valore nel tempo, influenzando a sua volta il team di gestione del successo del cliente. In tale scenario, l'interoperabilità diventa fondamentale, spingendo all'utilizzo condiviso di strumenti e risorse, come gli SDR (Sales Development Representatives), che agiscono come ponte tra il marketing e le vendite nella fase iniziale del funnel. Il ruolo centrale delle RevOps, quindi, è agevolare e migliorare la comunicazione tra questi team generatori di ricavi, introducendo nuovi strumenti e metodologie per potenziare l'efficienza e il conseguimento degli obiettivi. Si comprende quanto questa ottimizzazione di processi, risorse e strumenti, unita a un profondo cambiamento culturale aziendale, diventi promotore del successo aziendale. Approfondiamo nel prossimo paragrafo quali sono i vantaggi della RevOps. Vantaggi della RevOps I vantaggi delle revenue operations sono: riorganizzazione delle attività interne; miglioramenti dei processi di acquisizione di nuovi clienti; ottimizzazione dell’esperienza cliente; creazione di una cultura aziendale incentrata sui risultati. Si comprende quindi subito il perché un’azienda B2B ha bisogno delle revenue operations software, ovvero: per migliorare l’aspetto strategico del business; per migliorare la gestione delle attività di marketing, di vendita e il servizio clienti; per rendere altamente personalizzabile la customer experience. L’adozione di sistemi come le revenue operations software aiuta a far crescere le opportunità a disposizione dell’azienda. Conclusioni L'evoluzione del mondo B2B e le crescenti esigenze di una gestione olistica del percorso del cliente hanno reso indispensabile l'adozione di strategie come le RevOps. Questa non è solamente una metodologia operativa, ma rappresenta una trasformazione culturale profonda che mira ad allineare reparti fondamentali come marketing, vendite e assistenza al cliente. Le metriche chiave delle RevOps forniscono alle aziende gli strumenti necessari per monitorare e ottimizzare ogni fase del ciclo di vita del cliente, dalla generazione di lead alla fidelizzazione. E con l'avvento di nuovi strumenti e tecnologie, è diventato essenziale per le aziende implementare soluzioni efficaci, come un progetto CRM adeguato, che permette di analizzare e gestire i dati dei clienti in maniera efficace. Il mondo B2B non può ignorare l'importanza delle RevOps. Si tratta di un investimento strategico che, oltre a migliorare l'efficienza operativa, può elevare l'esperienza del cliente, rendendo le aziende più competitive in un mercato sempre più esigente e dinamico.
Le aziende gestiscono ogni anno una grande quantità di dati, complessi da gestire, ma molto importanti da consultare, in quanto aiutano ad avere una panoramica completa sui clienti potenziali e su quelli fidelizzati. Consultando il database è possibile conoscere l’entità della relazione che sussiste tra azienda e cliente, se duratura o intermittente. Se legata principalmente alle offerte e alle promozioni o ai valori del brand. Ecco perché prima di agire strategicamente bisogna consultare i dati e capire cosa fare. A questo proposito esistono due modalità di raccolta dati tramite CRM: Cloud e On-Premise. Rappresentano entrambi modalità valide di raccolta dati, ma il primo si appoggia a un server esterno, il secondo è interno all’azienda. Approfondiamo nei prossimi paragrafi caratteristiche e vantaggi di CRM Cloud e On-Permise. Cos’è il software di CRM basato su Cloud Il CRM Cloud è un sistema digitale concepito per gestire le interazioni e le relazioni con i consumatori. Questa soluzione tecnologica, contrapposta ai software tradizionali che necessitano di installazione locale, si basa sul modello SaaS (software as a service), permettendo alle imprese di accedere al servizio attraverso la rete internet. L'infrastruttura e la manutenzione del sistema sono curate direttamente dal fornitore, permettendo alle aziende di concentrarsi sul proprio core business senza preoccuparsi degli aspetti tecnici. Inoltre, le informazioni aziendali sono custodite e protette nelle strutture del provider, evitando la necessità per le imprese di impegnarsi in costosi investimenti hardware o infrastrutturali. Al contrario, le soluzioni tradizionali richiedono alle aziende di detenere e curare server, connessioni e altre risorse IT. L'adozione di un CRM Cloud offre vari benefici. Contribuisce al mantenimento di una clientela contenta attraverso una gestione efficiente dei contatti e fornisce analisi dettagliate sui consumatori, facilitando la semplificazione e l'automazione di compiti impegnativi. Considerando che non tutte le aziende possono permettersi di costruire e mantenere un'infrastruttura IT dedicata, questo tipo di piattaforma rappresenta un'opzione vantaggiosa. È un metodo conveniente per gestire le informazioni dei clienti senza l'onere di un investimento iniziale elevato. I servizi CRM Cloud sono intuitivi e progettati per la massima facilità d'uso. Inoltre, molti fornitori offrono assistenza completa, che può includere assistenza telefonica continua, risorse informative dettagliate e modalità di assistenza via chat. Approfondiamo nel prossimo paragrafo quali sono i vantaggi del CRM Cloud. Vantaggi soluzioni CRM basate su cloud I vantaggi della scelta di un CRM cloud sono: Costi iniziali ridotti - essendo i software basati su cloud non è necessario installarli, né ospitarli nel server e ciò vuol dire anche che non ci sono costi relativi a hardware, spazio e sicurezza; Non ci sono costi di aggiornamenti e manutenzione - tutte queste operazioni sono a carico del fornitore a cui ci si affida; Puoi accedere ai dati ogni volta che vuoi - appoggiandoti a un cloud, permetti a tutti i membri del team di accedervi facilmente; Ti affidi a un sistema sicuro - ci sono importanti misure e certificazioni di sicurezza per garantire la sicurezza della tutela dei dati; Scalabilità delle piattaforme - le piattaforme SaaS crescono con l’ampliamento dell’azienda, quindi semplicemente aggiungendo nuove funzioni sarà possibile adattare il CRM cloud alle esigenze. Grazie ai sistemi CRM cloud è possibile creare percorsi fidelizzanti con i clienti, in quanto si possono identificare più facilmente i percorsi di vendita da migliorare e le azioni strategiche da mettere in atto. Cos’è il CRM basato On-Premise Al contrario di un CRM Cloud, uno On-Premise permette di usufruire dei benefici di un sistema di raccolta dati interno all’azienda. Ciò implica però per l’azienda sostenere dei costi in personale esperto per configurare e aggiornare il sistema, l’assunzione di persone nuove per creare il software e l’acquisto e installazione dell’hardware necessario. Un CRM Cloud On-Permise ha però anche una maggiore difficoltà di accesso al di fuori dell’azienda e ciò da un lato è positivo, poiché è sinonimo di sicurezza, ma dall’altro è un limite, perché non tutti i dipendenti possono consultare i dati al di fuori dell’azienda. Un’ulteriore differenza è relativa alla modalità di consultazione da remoto, in quanto un CRM On-permise, in assenza di connessione, può continuare a funzionare molto bene. Il CRM Cloud questo non lo permette. Indubbiamente ci sono pro e contro del cloud on-premise. Vediamo quali sono i vantaggi di questo sistema nel prossimo paragrafo. Pro e contro del CRM On-Premise Uno dei primi vantaggi del CRM On-Permise che balza all’attenzione è la sicurezza grazie all’accessibilità limitata. Approfondendo il discorso dei vantaggi del CRM On-permise, precisiamo anche che: non ci sono costi di abbonamento da sostenere; c’è il totale controllo di tutti i dati e sistemi aziendali; decide l’azienda quando devono essere fatti gli aggiornamento;; La scelta del CRM Cloud deve essere fatta valutando tutti i parametri vantaggiosi dell’uno o dell’altra tipologia, tenendo conto delle esigenze aziendali. Per contro però ci sono anche delle problematiche che possono sorgere quando si ha a che fare con un CRM on-permise. Possiamo sintetizzarle in: Blocco parziale o totale delle attività durante gli aggiornamenti; Possono sorgere costi diretti o indiretti durante gli aggiornamenti; Il tempo di uptime è sensibilmente più elevato dei software in cloud; Conclusioni In un mondo aziendale sempre più digitalizzato, la gestione dei dati rappresenta una componente fondamentale per il successo. Il CRM, acronimo di Customer Relationship Management, è lo strumento cardine per mantenere e analizzare le relazioni con i clienti. La scelta tra un CRM Cloud e un CRM On-Premise dipende strettamente dalle esigenze e dalla struttura della singola impresa. Da un lato, il CRM Cloud, spesso associato a piattaforme come HubSpot, offre vantaggi quali costi iniziali ridotti, aggiornamenti e manutenzioni gestiti dal fornitore, e una scalabilità pronta a rispondere all'espansione aziendale. Tuttavia, bisogna considerare anche il lato della connettività, che diviene essenziale per il suo funzionamento. Dall'altro lato, un CRM On-Premise garantisce un controllo totale dei dati e la possibilità di decidere autonomamente tempi e modalità di aggiornamento. La sua forza risiede nell'indipendenza da connessioni esterne e nella sicurezza garantita dalla sua natura intrinseca. In ogni caso, indipendentemente dalla scelta effettuata, la realizzazione di un progetto CRM ben strutturato è fondamentale. Le imprese devono valutare attentamente le proprie necessità, risorse e obiettivi per determinare quale strumento sia il più adatto al loro contesto. L'importante è avere sempre presente che un CRM efficace, sia esso Cloud o On-Premise, rappresenta un asset inestimabile per l'ottimizzazione dei processi aziendali e per la costruzione di relazioni durature e proficue con i clienti.
Il marketing è profondamente cambiato per le aziende e le vecchie strategie, come telefonate “fredde” o email a tappeto, sono ormai obsolete e non portano più ad alcun risultato. Il marketing del futuro, ma anche del presente, è quello one-to-one, in cui al centro del progetto viene messo il cliente. Il marketing one-to-one è per l’appunto un marketing personalizzato che lancia campagne ad hoc e prepara annunci costruiti sulle preferenze e sulle necessità dei clienti. Informazioni come dati demografici, abitudini d’acquisto, lavoro, istruzione ecc. consentono di fare lead generation, una strategia finalizzata ad acquisire contatti potenzialmente interessati alle offerte dell’azienda. L’obiettivo è per l’appunto “nutrire” il contatto con informazioni relative ai prodotti e ai servizi forniti, convincendolo così a rilasciare i suoi dati per ricontattarlo e per convertirlo in cliente. Il lead ha già mostrato interesse verso quell’azienda, quindi avrà piacere a ricevere offerte, sconti o informazioni su quel brand. La comunicazione one-to-one crea un rapporto personalizzato e quasi “intimo” con il cliente o comunque con il lead da trasformare in cliente. Del resto la personalizzazione dell’offerta, creata intorno alle esigenze del cliente, è una delle chiavi del successo per differenziarsi dalla concorrenza ed emergere in un mercato sempre più saturo e competitivo. One-to-one: il significato in ambito marketing Sono diversi gli esempi di marketing one-o-one che si possono fare. Ipotizziamo che tu entri nel solito bar ogni mattina e che la tua colazione consueta è cappuccino con un cornetto a crema e amarena. Quando entrerai il barista di fiducia già saprà cosa prenderai, quindi a volte non ha neanche bisogno di chiederti cosa tu voglia. Conoscere le abitudini e le preferenze del cliente consente di anticipare le sue domande e le sue richieste, fornendogli un servizio cucito su misura per lui. Per comprendere il concetto di marketing one-to-one bisogna sganciarsi dal concetto di marketing tradizionale, che fondamentalmente aveva e ha ancora un carattere unidirezionale. Possiamo prendere l’esempio delle pubblicità in tv o per radio, che di fatto si rivolgono ad una platea vastissima ma in tal caso è come sparare nel mucchio. Si lancia l’amo, nella speranza che “abbocchino” quanti più pesci possibili. Stesso discorso si può fare per le cold calling, le cosiddette chiamate a freddo effettuate verso clienti a caso per proporre offerte o promozioni. Nella maggior parte dei casi l’operatore telefonico si sentirà rispondere “no grazie non sono interessato”. Questa forma di pubblicità non solo è obsoleta, ma rischia di risultare fastidiosa per il consumatore che addirittura prende in antipatia quel brand. Oggi le cose sono cambiate e la nuova frontiera per le aziende moderne è l’inbound marketing, una strategia che consente di attirare visitatori verso il brand in modo assolutamente naturale con contenuti di loro interesse per raccogliere dati preziosi su di loro e convertirli poi in clienti. Il cliente si sente realmente apprezzato e soprattutto può vivere un’esperienza plasmata su misura per lui. Per fare questo è necessario conoscere il cliente e quindi raccogliere dati e informazioni su di lui per proporre un servizio realmente personalizzato e di suo interesse. Quali sono le tipologie di marketing one-to-one? Una volta compreso quali sono i tratti e le caratteristiche principali del marketing one-to-one, noto anche come marketing 1:1, passiamo ad analizzare le diverse strategie. Ne possiamo individuare due: una basata sulla personalizzazione e una basata sulla customizzazione. Nel primo caso è la stessa azienda che propone servizi, offerte e prodotti personalizzati tenendo conto degli acquisti precedentemente fatti dagli utenti. Per raccogliere i dati d’acquisto dei clienti esistono diversi strumenti, come tool e CRM, che consentono di custodirli in modo ordinato in un unico database. Se ad esempio un cliente ha acquistato solo pantaloni negli ultimi mesi, è proprio quello il prodotto che evidentemente preferisce. La cosa migliore per personalizzare l’offerta e aumentare anche le possibilità di portare a termine una vendita è quindi inviare sconti e promozioni su pantaloni, proponendo magari in abbinamento delle cinture per cavalcare l’onda del cross-selling. Un esempio perfetto di questa strategia è Netflix, che per l’appunto propone film, serie tv e documentari ai suoi clienti sulla scorta di quello che hanno visto precedentemente. Se un utente è solito vedere film horror, Netflix proporrà principalmente film e serie tv di quel genere. Nella seconda forma di marketing one-to-one l’azienda invece non raccoglie i dati dei clienti, ma permette direttamente a loro di indicare quali sono i gusti e le preferenze. Prendiamo come esempio la realizzazione di un sito web: si parte da un modello base, ma sarà il cliente a indicare lo stile, i colori e i font da usare in base al suo business, alle sue preferenze e al suo target di pubblico. In entrambi i casi le necessità del cliente vengono assecondate, in quanto gli viene proposto ciò che maggiormente gli piace secondo le sue preferenze. Come sfruttare questa tipologia di marketing Andiamo ancora più a fondo e analizziamo adesso quali sono gli step fondamentali per sfruttare le potenzialità di questa strategia di marketing in modo pratico. Ecco i passaggi da seguire: Raccogli tutte le informazioni e i dati possibili sui clienti. Devi creare un database ben strutturato che comprenda e raccolga tutte le informazioni possibili dei tuoi clienti, dalle abitudini d’acquisto alle preferenze, dall’età al lavoro. Utilizzando piattaforme specifiche, come Hubspot, puoi aggiornare di volta in volta i dati dei tuoi clienti che nel corso del tempo potrebbero anche cambiare abitudini. Se hai un e-shop di abbigliamento e il tuo cliente inizialmente era un adolescente, è probabile che acquistava vestiti da teenager. Se sono passati diversi anni quell’adolescente è cresciuto, è un uomo e magari lavora in un ufficio, quindi avrà bisogno presumibilmente di giacche e camicie. Di volta in volta, di anno in anno, puoi così presentare sempre un’offerta tarata su misura per lui; Crea engagement con i tuoi clienti. Un servizio personalizzato si crea anche con la comunicazione, quindi devi rompere quel muro che talvolta si viene a creare tra cliente e aziende. Come? Interagisci con lui sui social, rispondi reattivamente alle sue email e soprattutto chiedi feedback per tastare il livello di soddisfazione e, in base alle risposte ottenute, decidere se, dove e come apportare le modifiche necessarie per eliminare eventuali criticità; Segmenta i clienti. Anche se ti rivolgi ad un determinato target di pubblico, ogni cliente potrebbe avere le sue preferenze e le sue abitudini d’acquisto. Ecco perché devi segmentare i tuoi clienti, suddividendoli per categorie così da indirizzare in modo mirato offerte, sconti o promozioni. Puoi suddividerli in base all’età, alla frequenza di acquisto o al tipo di articolo maggiormente acquistato, in tal senso hai la massima libertà di scelta. Puoi così inviare proposte commerciali alle persone giuste, nel momento giusto e nel modo giusto. I vantaggi Per personalizzare l’offerta devi raccogliere dati e informazioni sui tuoi clienti che sarebbero difficili da reperire con le cosiddette campagne di marketing di massa. Tutte le informazioni raccolte vengono poi messe a disposizione dei team di vendita e di marketing che, oltre a studiare campagne personalizzate, possono anche proporre le modifiche necessarie ai prodotti e ai servizi secondo le preferenze dei clienti o gli ultimi trend. Un’offerta personalizzata e costruita su misura secondo le esigenze del cliente porta ad un altro obiettivo importante: la fidelizzazione. Oggi fidelizzare un cliente costa meno che acquisirne uno nuovo, perciò tenerselo stretto è fondamentale. Il mercato oggi è estremamente ampio e variegato, quindi il cliente non è più “fedele” come prima e non ci pensa due volte a “tradirti” se trova un’offerta migliore della tua. Tuttavia è anche vero che il prezzo non è l’unico criterio da considerare, in quanto i clienti sono disposti a pagare qualcosa in più se si fidano ciecamente di un’azienda. La fidelizzazione porta ad altri due vantaggi strategici. Per prima cosa migliora la reputazione dell’azienda, altro elemento fondamentale per proporsi sul mercato come un brand autorevole e affidabile. Secondariamente gli stessi clienti diventano ambasciatori di quel brand e, se si sono trovati bene, ne parleranno bene con amici, colleghi e parenti. Quando ad esempio andiamo in un ristorante e mangiamo bene, non perdiamo l’occasione per suggerirlo a persone care. Al contrario, se la qualità del cibo è scadente o i prezzi sono eccessivamente alti, la pubblicità per quel ristorante non sarà certo positiva. Conclusioni Il marketing one-to-one è la strategia del futuro che le aziende moderne devono adattare per non restare ferme al palo. Naturalmente servono pazienza e costanza, poiché all’inizio non saranno tutte rose e fiori. Nella prima fase bisogna partire da zero per raccogliere i dati e magari è necessario fare qualche investimento importante in termini di tempo, soldi e risorse. Ci vuole indubbiamente un po’ di tempo per carburare e, come indicato nel corso dell’articolo, un buon alleato è rappresentato da Hubspot CRM che ti consente di instaurare subito un rapporto diretto con i tuoi contatti. Per partire col piede giusto con Hubspot puoi scaricare la risorsa gratuita disponibile alla fine dell’articolo, che ti spiega quali i motivi, di marketing e sales, per cui dovresti avere un CRM in azienda.
Hai mai sentito parlare di Churn Rate, più comunemente noto come tasso di abbandono dei clienti? Con il termine Churn Rate si intende il tasso di defezione dei clienti che hanno abbandonato un brand o servizio in un determinato periodo di tempo, rispetto alla percentuale di clienti inizialmente presente nel medesimo lasso di tempo. Questo dato è importante da analizzare perché ci dice, sempre in percentuale, quanti sono i clienti che hanno effettivamente deciso di non usufruire più dei servizi o prodotti del brand. Ciò che dobbiamo fare noi è analizzare questo dato ed evitare che accada di nuovo. Come lo facciamo? Con la Churn Analysis e il Churn Prediction. Scopriamo nei prossimi paragrafi di cosa si tratta. Cos’è il churn prediction Il termine Churn Prediction si riferisce proprio alla possibilità di prevedere quale potrà essere il prossimo churn rate, in base alla Churn Analysis. L’analisi del tasso di abbandono o appunto Churn Analysis, è a tutti gli effetti un’analisi previsionale che aiuta a individuare, in termini percentuale, i clienti che potrebbero abbandonare il brand. La Churn Analysis può avvalersi di sistemi CRM per individuare il comportamento d’acquisto del target. I due fattori fondanti di questa tipologia di analisi sono: I fattori che si legano propriamente al cliente; I fattori comportamentali legati al comportamento del cliente sul sito. Il tasso di abbandono è qualcosa che si può abbassare, ma è fondamentale sapere le motivazioni che hanno spinto le persone a lasciare un brand, da qui l’importanza della Churn Analysis. È una previsione fondamentale per molte aziende, in quanto grazie ad essa è possibile anche capire come acquisire nuovi clienti e quali sono le motivazioni che invece spingono quest’ultimi a rimanere con un brand. Di certo un valore importante in questo panorama lo assume la comunicazione con le persone che interagiscono con il brand. È necessario avere un rapporto diretto con il cliente, conoscere i suoi dubbi e le sue titubanze. Benefici dell’analisi churn Quali sono quindi i benefici dell’analisi del tasso di abbandono? Indubbiamente questa tipologia di analisi rappresenta uno dei primi parametri da utilizzare per combattere il churn rate. I benefici derivanti dall’analisi sono: Capacità di mantenere i clienti esistenti - se l’azienda conosce i motivi del tasso di abbandono di un brand, investe sui clienti che ha per evitare di subire la stessa sorte; Migliorare la customer experience - l’analisi dei dati di cui abbiamo parlato prima, aiuta anche a migliorare il servizio clienti, andando a intervenire sui punti reputati critici; Ridurre i costi di acquisizione di clienti - in linea di massima investire sui clienti che si hanno è meno dispendioso che acquistarne dei nuovi, ergo ecco perché è importante evitare un tasso di abbandono alto con gli strumenti che si hanno a disposizione. Per monitorare questi costi, un progetto CRM può essere ideale. Un’analisi accurata del churn rate ti permette di costruire un churn model efficace, che ti aiuterà contro i futuri tassi di abbandono. 5 parametri per costruire un churn model efficace I 5 parametri alla base di un Churn Rate Model efficace sono: Dati rappresentativi e completi per costruire un modello efficace; Selezionare le variabili che possono determinare il tasso di abbandono, come la frequenza di utilizzo del servizio, la soddisfazione del cliente, le interazioni con il supporto clienti; La scelta dei sistemi di Machine Learning adatti alla costruzione di un modello efficace; Valutazione e validazione del modello scelto tramite ovviamente un’analisi ulteriore dei dati; L’utilizzo degli strumenti di AI per evitare il tasso di abbandono. Questi sono 5 parametri imprescindibili se si vuole costruire un modello efficace contro il tasso di abbandono. L’intelligenza artificiale in quest’ottica può sicuramente rappresentare un aiuto concreto in più, in grado di velocizzare reazioni e azioni contro il tasso di abbandono. Approfondiamo nel prossimo paragrafo come l’AI può aiutare a evitare un tasso di abbandono alto. Cosa può fare l’AI contro il Churn prediction Come spiegato fino a ora bisogna fronteggiare il tasso di abbandono dei clienti, sfruttando tutti gli strumenti che si hanno a disposizione, l’AI è uno di questi. Gli strumenti dell’AI che aiutano ad abbassare il tasso di abbandono includono: Identificazione degli Eventi Scatenanti: i sistemi AI possono aggregare dati storici per identificare eventi potenziali che causano l'abbandono dei clienti, come aumenti di prezzo, interruzioni del servizio e interazioni con il servizio clienti. Inoltre, possono categorizzare i comportamenti che circondano questi cambiamenti e testare A/B per definire cluster di rischio; Analisi del Sentimento del Cliente: grazie al Natural Language Processing (NLP), l'AI può analizzare le interazioni dei clienti, come email, messaggi di testo, recensioni e telefonate, per identificare le fonti di attrito o insoddisfazione; Definizione del Churn Esplicito Vs. Presunto: alcuni clienti potrebbero gradualmente smettere di interagire senza un'uscita evidente. Mappando i dati storici del churn, come minori acquisti o interazioni, i sistemi AI possono identificare modelli di comportamento basati su un abbandono presunto; Classificazione basata su Machine Learning: i data scientist utilizzano algoritmi di machine learning per segmentare i clienti in categorie di rischio basandosi su variabili di input. Questo aiuta a valutare il rischio di abbandono di un cliente; Sistemi di raccomandazione per la prossima migliore azione (NBA): alcuni sistemi AI forniscono raccomandazioni sulle azioni che un'azienda dovrebbe intraprendere per recuperare i clienti a rischio. Queste potrebbero includere offerte di prezzo personalizzate, messaggi personalizzati, limiti di credito regolati e altre tattiche basate sui dati del cliente; Apprendimento per Rinforzo e Analisi Batch: i data scientist possono utilizzare questi approcci per analizzare e prevedere le migliori azioni basate sui dati per ottimizzare la gestione delle relazioni con i clienti. Approfondiamo nel prossimo paragrafo le strategie di customer retention contro il tasso di abbandono. Customer retention contro il tasso di abbandono Per customer retention si intendono le azioni che un brand fa per fidelizzare la sua clientela. Di solito sono attività a medio o lungo termine con l’obiettivo di ridurre il churn rate e il possibile passaggio al servizio o prodotto del competitor. Uno dei punti fissi del retention marketing, che quindi contribuisce a un abbassamento del Churn Rate, è la costruzione di relazioni di qualità, oltre che solide con la propria clientela o community. La chiave di tutto ciò è la personalizzazione, ovvero una comunicazione one to one, necessaria per costruire un messaggio ad hoc per ciascun cliente. Una strategia molto utile contro il churn rate per esempio, è la premiazione della fedeltà dei clienti con sconti appositi o incentivi sui prossimi acquisti. Un altro modo per evitare il tasso di abbandono è offrire un servizio clienti efficace. Più un cliente si sente coccolato, compreso e ascoltato, più sarà difficile che abbandoni il brand. Conclusioni Il tasso di abbandono, o Churn Rate, è una sfida che ogni brand deve affrontare. Attraverso un'attenta Churn Analysis, le aziende possono prevedere e combattere efficacemente l'abbandono dei clienti. Strumenti come il CRM giocano un ruolo cruciale nell'analisi del comportamento dei clienti e nella definizione delle strategie di fidelizzazione. Hubspot, come leader nel settore, offre non solo soluzioni CRM, ma anche strumenti avanzati attraverso il suo marketing Hubspot, che permette alle aziende di personalizzare e ottimizzare le loro campagne marketing in base alle esigenze dei loro clienti. Il successo nel combattere il tasso di abbandono risiede nell'approccio multifattoriale: comprendere i fattori scatenanti dell'abbandono, utilizzare l'AI per identificare e anticipare i comportamenti dei clienti, e infine costruire relazioni solide e personalizzate con ciascun cliente. L'implementazione di un progetto CRM, specialmente se guidato da piattaforme come Hubspot, e la personalizzazione delle strategie di marketing, possono fare la differenza tra un cliente che decide di rimanere e uno che sceglie di andarsene. In conclusione, per le aziende che cercano di minimizzare il loro Churn Rate, l'investimento in strumenti avanzati di analisi e gestione dei clienti, come un progetto CRM supportato da Hubspot, è essenziale.
Un processo di vendita B2B efficiente non solo aumenta il fatturato aziendale e contribuisce alla fidelizzazione del cliente, ma consente anche di conoscere quali sono i meccanismi e le strategie vincenti che ottimizzano le prestazioni del sales e che permettono di raggiungere gli obiettivi designati. In questa fase ricoprono un ruolo di primaria importanza i report Hubspot, soprattutto nella vendita B2B, ma per prima cosa è opportuno focalizzare l’attenzione sugli inbound sales alla luce delle nuove metodiche del processo di vendita. Fino a qualche anno fa il compratore aveva bisogno del venditore, che poteva fornire tutte le indicazioni e le informazioni necessarie per l’acquisto finale. La relazione era unilaterale e il compratore doveva necessariamente “fidarsi” del venditore. Oggi i rapporti si sono totalmente invertiti e un compratore può reperire autonomamente tutte le informazioni necessarie per completare l’acquisto. Il venditore, per convincere il suo interlocutore a completare l’acquisto, deve quindi offrire un valore aggiunto e personalizzare la proposta. I report Hubspot nel marketing sono dunque preziosissimi poiché evidenziano tutti i trend di vendita in un determinato periodo, suggerendo cosa sta funzionando e cosa no. Il contenuto dei report può variare a seconda degli obiettivi e si possono personalizzare includendo varie tipologie di metriche. Le informazioni raccolte sono utili indicatori per accendere i riflettori sui punti di forza e sui punti di debolezza delle varie strategie di vendita. Come creare un report Hubspot di vendita B2B Per poter sfruttare i dati offerti da Hubspot Analytics e avviare subito un progetto CRM vincente nell’ambito dell’ecommerce B2B, bisogna seguire una serie di step che sono i seguenti: Definisci un obiettivo. Come già anticipato nell’introduzione prima di creare un report Hubspot B2B devi decidere l’obiettivo. Oltre a poter monitorare con maggiore precisione i dati raccolti, ti sarà anche più facile capire quali sono le informazioni da inserire insieme al lasso di tempo che intendi monitorare; Personalizza il report. Hubspot ti dà la possibilità di personalizzare i report, così da facilitare il lavoro dei vari team. Il team di vendita potrebbe essere maggiormente interessato ad un parametro diverso rispetto al team di marketing o magari del customer service. Ogni team può quindi personalizzare il report così da concentrarsi maggiormente sui dati più pertinenti alla loro indagine. Oppure potrebbe essere richiesto un report più dettagliato per comprendere le prestazioni di una strategia di vendita, o uno più generico per capire qual è l’andamento di una campagna di marketing; Scegli con attenzione il periodo da analizzare. Infine devi valutare qual è il lasso temporale che intendi monitorare, cosa che dipende dall’obiettivo che desideri perseguire. Puoi impostare tre periodi: giornaliero, settimanale o mensile. Come procedere da un punto di vista pratico? Dal tuo account devi selezionare Report, poi Strumenti di analisi dati e infine Analisi delle vendite. Nel menu della barra laterale a sinistra seleziona l’argomento che vuoi analizzare. Sul pannello di destra puoi invece cliccare su Informazioni su questo Report per vedere il rapporto e le sue schede. Tra i filtri che puoi personalizzare ci sono: Intervallo di date per data di creazione; Selezione dei rappresentanti; Selezione dei team; Pipeline; Fasi della trattativa. Se lo desideri cliccando su Aggiungi filtro puoi aggiungere altri filtri. Cliccando su Copia URL rapporto dal menu a tendina Azioni puoi invece condividere i report con chiunque tu voglia. Infine ti basta cliccare su Salva rapporto e aggiungerlo nell’elenco dei report. Gli strumenti fondamentali offerti da Hubspot per il B2B L’analisi e il monitoraggio delle varie attività sono il valore aggiunto per stilare una strategia digitale B2B efficace e vincente, poiché ti suggeriscono quali sono gli elementi su cui devi fare maggiormente leva. I report Hubspot, effettuati con una certa cadenza periodica, ti consentono di evidenziare le metriche più importanti, valutare le priorità, raggiungere i tuoi obiettivi e di conseguenza migliorare le vendite. In questo modo i vari reparti possono coordinarsi meglio tra di loro e lavorare in sinergia per la piena soddisfazione del cliente e per incrementare notevolmente la produttività aziendale. Di seguito ecco gli strumenti di reportistica forniti da Hubspot per ottimizzare i processi di vendita B2B: Interazioni e risultati ottenuti dalle fonti di traffico. Le fonti di traffico possono generare risultati diversi e lo strumento di analisi del traffico di Hubspot Sales Hub punta proprio a catalogare ogni canale, periodicamente aggiornato, con dati precisi. I vari team possono così individuare le maggiori opportunità di interazione per raggiungere più facilmente i loro clienti e concentrarsi sulle attività più efficaci. Non per questo bisogna tralasciare i canali meno redditizi, anzi è necessario lavorarci su per migliorare le prestazioni con strategie alternative; Dati sull’iscrizione dei contatti. Con Hubspot Sales Hub si possono iscrivere i contatti in sequenze, così da segmentare il database e inviare comunicazioni specifiche e personalizzate. Lo strumento messo a disposizione da Hubspot consente di automatizzare il processo di conversione di un lead e allo stesso tempo di aumentare il tasso di risposta degli utenti; Funzione Deals. Con questa funzione Hubspot ti dà la possibilità di tenere sotto traccia tutti i processi di vendita, senza perderti nessuna delle informazioni che può risultare preziosa o addirittura essenziale per chiudere una trattativa; Monitoraggio del numero di contatti e di deal creati. Infine c’è un ultimo strumento molto utile che consente di monitorare il numero di contatti e di deal creati. Questo è un parametro fondamentale poiché offre informazioni preziose sulle metriche chiave, sui nuovi deal e sui contatti assegnati e poi presi in carico. Uno strumento essenziale nell’ambito dell’ecommerce B2B che rappresenta un valido alleato sia per il team di vendita che per il team di marketing. Quali sono i tipi di report di Hubspot sulle vendite nel B2B Per poter personalizzare i report bisogna conoscere quali sono disponibili su Hubspot. Ecco un elenco di alcuni report che possono essere trovati all'interno della libreria della piattaforma: Esiti delle chiamate: indica il numero di chiamate effettuate e gli esiti; Attività completate: mostra le attività completate dagli utenti che possono comprendere riunioni, email, chiamate ecc; Chat: mostra il numero di chat condotte per utente o team; Offerte create: mostra il numero di offerte create per utente o team; Esito delle riunioni: indica il numero di riunioni effettuate evidenziandone l’esito; Tempo di risposta dei lead: questo è un parametro importante poiché stabilisce il tempo trascorso tra l’assegnazione di un contatto a un utente e l’interazione dell’utente stesso con il contatto, quindi la sua reattività; Attività di prospezione: ricerca sui rapporti effettuati sulle attività di vendita e sui potenziali clienti; Cronologia delle attività del team: indica tutte le attività condotte da un team in ordine cronologico; Tempo trascorso nella fase di trattativa: questo report indica il tempo medio intercorso tra le varie fasi della trattativa per rappresentante o team. I vantaggi dei report Hubspot nel B2B I report di Hubspot ti danno una panoramica generale sulle prestazioni delle tue attività nel business B2B. I risultati vengono forniti sotto forma di grafici estremamente chiari che ti danno una panoramica chiara sulle tue strategie e sulla loro efficacia. La velocità è un parametro fondamentale in un settore sempre più competitivo come l’ecommerce B2B. Non solo bisogna prendere le decisioni giuste, ma è necessario farlo in un lasso di tempo breve per bruciare la concorrenza e non venire sorpassati. Con una reportistica completa puoi subito individuare quali sono le strategie che ti consentono di ottenere un vantaggio sui competitor e quali sono invece i fattori da implementare e migliorare. Una sana competizione ha sempre fatto bene in qualsiasi ambito lavorativo e quindi i vari team, che possono accedere in ogni momento alle performance di vendita, non si limitano a svolgere” il compitino ma tendono a fare sempre meglio per emergere e differenziarsi. Ogni report va quindi analizzato con estrema attenzione per poi intervenire in modo mirato e individuare i motivi di un calo o di un aumento delle vendite. Infine bisogna considerare che i report Hubspot sono preziosi alleati per il singolo venditore, ma anche per l’intero team delle vendite. In questo modo è infatti possibile capire quali sono i team o i singoli dipendenti che stanno lavorando bene o che al contrario hanno bisogno di essere affiancati per migliorare le loro prestazioni. Conclusioni I report Hubspot ti aiutano a monitorare i rapporti con i clienti fidelizzati e con i cosiddetti lead, così da non tralasciare nessuna potenziale opportunità. Oggi per essere competitivi bisogna lavorare e limare soprattutto i dettagli, che fanno la differenza in un mercato così saturo e competitivo. Per sfruttare al massimo le prestazioni dei report puoi rivolgerti al team di Hubspot support per ricevere assistenza o supporto. Si tratta per l’appunto di esperti Hubspot che mettono a tua disposizione le loro competenze e la loro professionalità e che possono spiegarti le funzionalità principali dei report secondo il tuo business e i tuoi obiettivi. Se desideri approfondire ulteriormente l’argomento ti basta scaricare gratuitamente l’ebook disponibile a fondo pagina che ti spiega in modo chiaro e dettagliato cos’è Hubspot e in che modo ti aiuta ad aumentare il tuo fatturato online.
Hai mai sentito parlare di Programmatic Advertising? Dato che non sappiamo con certezza se davvero sai di cosa si tratta, in questo articolo parleremo di questa strategia di marketing, approfondendone vantaggi e funzionamento. I tre pilastri fondanti alla base della programmatic advertising sono i seguenti: programmatico - tutte le fasi, dalla selezione del target al pagamento, avvengono interamente su di una piattaforma automatizzata; real time - l’acquisto avviene solo quando l’impression diventa reale; data - driven - ciò che valorizza davvero la programmatic advertising è l’approccio basato sull’analisi dei dati. Qual è il fulcro della programmatic advertising? La pubblicità programmata è come una grande asta digitale in tempo reale, dove le pubblicità vengono mostrate alle persone giuste al momento giusto. Come è possibile questo risultato? Studiando dati e algoritmo. Programmatic advertising, cos’è? Possiamo semplificare la definizione, affermando che è un modo automatizzato e basato sui dati per acquistare e vendere spazi pubblicitari online. Andando nel pratico di questa definizione, possiamo dire che con la programmatic advertising, invece di acquistare spazi pubblicitari direttamente dai siti web (publisher), vengono utilizzate tecnologie e dati per decidere, in tempo reale, quale spazio pubblicitario acquistare e a quale prezzo. Approfondiamo nel prossimo paragrafo come funziona la programmatic advertising. Come funziona la Programmatic advertising La programmatic advertising si basa su tre concetti chiave: DMP (Data Management Platform): Raccolgono e ordinano i dati degli utenti, come le loro preferenze, i loro comportamenti online ecc. In questo caso possiamo comprendere tutte le piattaforme che raccolgono dati di prima, seconda o terza parte. Vengono pertanto inclusi anche i CRM. DSP (Demand-Side Platform): Le aziende usano DSP per fare offerte e acquistare spazi pubblicitari che corrispondono al pubblico che vogliono raggiungere. SSP (Supply-Side Platform): Queste piattaforme aiutano i siti web (o publisher) a vendere il loro spazio pubblicitario alle aziende. Cosa succede quindi praticamente? Quando un utente carica una pagina web con uno spazio pubblicitario, avviene un’asta in tempo reale e lo spazio pubblicitario viene venduto all’offerente più alto. Tutto questo viene basato su dati e previsioni. In che modo può avvenire l’acquisto programmatico? Le modalità che prevedono l’asta sono tre: Private Exchange: Quando avviene uno scambio privato con cui il publisher può controllare l’accesso degli advertiser. Open Market: Quando le aste sono aperte a più advertiser. Guaranteed Direct: Quando vengono venduti gli spazi in giacenza attraverso una piattaforma che gestisce domanda e offerta. Le programmatic senza asta sono invece principalmente due: Preferred deals - solo un investitore può accedere a un prezzo concordato allo spazio pubblicitario; Programmatic direct - un investitore accede a un prezzo stabilito a una quantità concordata di spazi pubblicitari. Ora che abbiamo chiarito cos’è la programmatic advertising e come funziona, approfondiamo nel prossimo paragrafo come può essere sfruttata da un’azienda per i propri clienti. Come sfruttare la programmatic advertising per i propri clienti Un’efficace pianificazione e la programmatic advertising o pubblicità programmata, può aiutare a fare lead generation, nonché conversioni. Ma come sempre la teoria non basta, bisogna imparare a sfruttare la potenzialità di questa tipologia di pubblicità. Come? Conoscendo in modo approfondito il proprio target - i dati delle interazioni social possono aiutare molto a conoscere le persone alle quali ci si rivolge. In questo modo si possono perfezionare gli annunci pubblicitari. Per la conoscenza del mercato pianificare un progetto CRM è fondamentale; Focalizzandosi sul contenuto - il contenuto anche nella pubblicità programmata è cruciale, sebbene si pensi che questa sia una modalità fredda e poco creativa per attirare click e lead. In realtà non è così. Il messaggio deve sempre essere unico e ben strutturato, ma se non si ha modo e tempo di creare contenuti originali, la content velocity può sicuramente rappresentare un aiuto da velocizzare la creazione di copy efficaci; Personalizzare l’esperienza utente - offrire un’esperienza pubblicitaria personalizzata è un ottimo modo per portare benefici al tuo business. In ottica futura, il programmatic advertising ti aiuterà a risparmiare tempo e budget, organizzando meglio risorse, creatività e migliorando la produttività. Quali sono quindi vantaggi della pubblicità programmata? Se fino ad ora ancora non è chiaro quali sono i vantaggi, approfondiamolo nel prossimo paragrafo. Vantaggi del programmatic advertising Partendo dal presupposto che la programmatic advertising rappresenta un modo per rendere ancora più customizzata e produttiva una campagna pubblicitaria, i vantaggi in merito a questa strategia possiamo così riassumerli: segmenta i lead più qualificati; assicura risparmio di risorse e tempo; ottimizza l’allocazione del budget; massimizza il ROI; aiuta a monitorare e misurare in tempo reale le campagne; Aumentare il numero di contatti nel CRM di Hubspot per avere dati sempre più accurati e più possibilità di fare campagne di inbound marketing volte alla conversione dei lead che ancora non sono diventati customer; In generale possiamo quindi dire che è tutto automatizzato e veloce. L’advertiser ha possibilità di effettuare modifiche alla campagna in tempo reale, se si dovesse rendere conto che qualcosa non va. Conclusioni Nell'era digitale in cui viviamo, l'advertising ha subito una vera e propria rivoluzione grazie alla programmatic advertising. Questa strategia, basata sull'automazione e sull'analisi dei dati, ha il potere di trasformare il modo in cui le aziende si approcciano alla pubblicità online, rendendola più mirata e efficace. Al centro di questo nuovo approccio c'è l'importanza di comprendere il proprio target, offrire contenuti di qualità e personalizzare l'esperienza dell'utente. Mentre ci immergiamo più profondamente nell'universo digitale, strumenti come il CRM diventano essenziali per gestire e analizzare i dati dei clienti. Una soluzione come Hubspot non solo offre un robusto sistema CRM, ma anche potenti strumenti di marketing. Integrare un progetto CRM con la programmatic advertising può dunque massimizzare l'efficacia delle campagne pubblicitarie, e in questo contesto, Hubspot emerge come un alleato prezioso per qualsiasi azienda. La combinazione del marketing Hubspot con la precisione della pubblicità programmata promette di portare il tuo business a nuovi livelli di successo. In sintesi, la programmatic advertising non è solo una tendenza temporanea, ma una potente strategia che continuerà a plasmare il futuro del marketing digitale. E con partner affidabili come Hubspot al tuo fianco, le possibilità sono praticamente infinite.
La strada più veloce per approcciare e rivolgersi ad un pubblico giovane, che tra l’altro rappresenta la maggior parte dei consumatori online, è quella che conduce a TikTok. Il social cinese nel giro di pochi anni ha avuto un vero e proprio boom grazie alla comunicazione fresca, diretta e giovanile garantita dai video veloci, dove racchiudere la propria creatività in pochi secondi. In questo modo risulta più facile anche fare lead generation, quel processo capace di attrarre i potenziali clienti in modo naturale tramite contenuti che ricadono nella loro sfera di interesse. La pubblicità su TikTok è quindi un passo quasi obbligato per i brand, le aziende e gli e-commerce che desiderano guadagnarsi un posto al sole nell’affollato mondo dei social, ma bisogna adottare le giuste strategie. Come tutti i social anche TikTok ha lanciato la sua versione business, che offre preziosi consigli per creare contenuti professionali e strategie mirate per un determinato target di pubblico. TikTok Ads: come funziona? La versione business si chiama per l’appunto TikTok for business e, associata ad un efficace progetto CRM, offre tutti gli strumenti di analisi necessari per accompagnare i lead in entrata lungo il funnel di vendita, fino a farli diventare clienti. Altro importante servizio messo a disposizione è TikTok Ads library, un valido strumento per farsi ispirare per la creazione delle proprie strategie. Gli utenti che si trovano a vedere un video possono anche decidere di effettuare acquisti immediati, soprattutto se il contenuto tocca le giuste corde emotive e se incontra le loro preferenze. Del resto sono milioni le persone che popolano ogni giorno i social, che si trasformano quindi in validi strumenti per avviare le conversioni e trasformare un semplice visitatore in un cliente fidelizzato. TikTok Ads, cioè la pubblicità su TikTok, oltre ad incrementare le vendite aumenta in modo significativo anche la brand awareness del marchio. Cosa tutt’altro che secondaria, poiché la visibilità e la reputazione online sono quelle armi in più che consentono ad ogni azienda di emergere in un mercato saturo e sempre più competitivo. Quali sono le tipologie di annunci su TikTok? La piattaforma cinese mette a disposizione tante opzioni per fare pubblicità sulla piattaforma, così da personalizzare la comunicazione in base al proprio target di pubblico. I video pubblicitari possono rimandare ad una landing page con un form al suo interno, in modo tale da poter acquisire nuovi contatti all'interno del CRM. Ecco di seguito quali sono le diverse tipologie di annunci e di pubblicità da scegliere in base alle proprie finalità: Sparks ads: un formato pubblicitario che sfrutta i post organici e che mette in evidenza i video realizzati dai brand, dai creator o anche dagli utenti che hanno taggato il nome del marchio; Pangle ads: TikTok si integra con la piattaforma per video Pangle per creare annunci video, nativi e banner. Da sottolineare che al momento questa funzione sembra non essere ancora disponibile in Italia; Video ads: video a schermo intero piuttosto brevi, che durano da 5 fino a 60 secondi, visibili nel feed “Per te” di ogni utente e che quindi hanno la capacità di personalizzare la navigazione; Carousel ads: proprio come un carosello questi annunci comprendono fino a 10 immagini e vengono visti nel feed di notizie di TikTok. Ci sono poi altri annunci basati sulle immagini, proprio come i carousel ads, ma non necessariamente in modalità carousel; Collection ads: un annuncio pubblicitario che permette agli inserzionisti di sponsorizzare i loro prodotti o servizi su TikTok. Sono video brevi e comprendono una collezione specifica di prodotti da presentare al pubblico; Video sponsorizzati da influencer: gli influencer di TikTok possono sponsorizzare i prodotti con un video realizzato da loro. I 5 step per impostare gli annunci Analizziamo adesso quali sono gli step specifici per impostare i propri annunci in base al pubblico di riferimento 1- Crea l’account su TikTok Il primo passo è creare un account su TikTok Ads Manager. Una volta scelto il paese di fatturazione, bisogna indicare che si sta creando un account per un’azienda e proseguire inserendo le informazioni di base. Sarà successivamente inviato un codice di verifica all’email o al cellulare e, una volta accettati i termini e le condizioni, si può procedere alla registrazione. 2- Crea e installa il TikTok Pixel Conclusa la registrazione bisogna installare sul sito un TikTok Pixel, cioè uno snippet di codice in grado di raccogliere tutte le informazioni utili relative a ciò che accade sul tuo sito, come il percorso intrapreso dagli utenti, la geolocalizzazione o i dispositivi maggiormente utilizzati. A questo punto seleziona la “Modalità standard” o la “Modalità sviluppatore” e crea il tuo TikTok Pixel impostando prima un “Evento Web”. Questa è una fase particolarmente delicata e, se non hai le giuste competenze, è sicuramente preferibile rivolgersi ad un esperto del settore. 3- Crea la tua nuova campagna su TikTok Ads Dopo queste operazioni puoi creare la tua prima campagna pubblicitaria. Per iniziare accedi alla scheda “Campagne” e poi fai clic su “Crea”, così da scegliere qual è l’obiettivo che intendi raggiungere. Dai un nome alla tua campagna e poi imposta il budget minimo che intendi spendere. Puoi selezionare un budget complessivo, così da raggiungere rapidamente quante più persone possibili. In alternativa puoi impostare un budget giornaliero, provando a raggiungere gradualmente il tuo target di pubblico. 4- Crea un gruppo di annunci Puoi creare un gruppo di annunci per personalizzare le tue pubblicità. Gli step da seguire sono i seguenti: Seleziona la tipologia di annuncio e l’obiettivo dell’adv; Scegli dove posizionare l’annuncio e quindi dove sarà visualizzato; Scegli il tipo di creatività per testare il coinvolgimento del pubblico ed eventualmente apportare le modifiche ritenute necessarie; Definisci il target di pubblico che intendi raggiungere in base alla fascia di età, alla geolocalizzazione e al sesso; Seleziona la tipologia di pubblicazione tra standard e accelerata. Nel primo caso il tuo annuncio raggiunge la massima visibilità durante i periodi di traffico elevato, mentre nel secondo caso spendi buona parte del budget per ottenere subito quante più visualizzazioni possibili. 5- Crea una nuova Ads Ora puoi configurare il tuo primo annuncio, decidendo se caricare un video o un file. Dai uno sguardo ai consigli dati dalla piattaforma per creare i tuoi annunci, così da ottenere subito un buon engagement. Puoi anche visualizzare l’anteprima del tuo annuncio per capire come apparirà al pubblico. Se ti piace pubblica, altrimenti applica le modifiche che ritieni necessarie. Ci sei quasi: non devi fare altro che dare un nome originale all’annuncio per distinguerti e inserire un testo che comprenda tra i 12 e i 100 caratteri. Per completare l’azione devi decidere quale invito all’azione inserire per attrarre quanto più pubblico possibile. Consigli per ottimizzare le prestazioni Per rendere ancora più performanti i tuoi annunci, ecco alcuni semplici ma utili consigli: Vai dritto al punto. TikTok ha avuto successo per l’immediatezza dei suoi messaggi e per la freschezza della sua comunicazione. L’ideale sarebbe quindi creare video di 20-30 secondi, anche perché oltre questo tempo la soglia dell’attenzione del pubblico medio, sempre più pigro, tende ad abbassarsi; Scegli il formato verticale. I video con l’orientamento verticale sono decisamente più performanti rispetto a quelli con l’orientamento orizzontale; Sii coerente al tuo marchio. Nella comunicazione con il pubblico è importante mantenere la coerenza col marchio. Adotta quindi lo stesso linguaggio su qualsiasi piattaforma e veicola messaggi in linea con la tua filosofia aziendale; Cavalca l’onda. Ci sono tendenze o eventi del momento che devi essere bravo a cavalcare, quindi resta sempre aggiornato sulle ultime novità del momento. Tieni presente che gli insight di TikTok ti avvisano quando è il momento migliore per pubblicare, aiutandoti a raggiungere un pubblico molto vasto; Usa gli hashtag. Se utilizzi determinati hashtag aiuti i tuoi clienti a trovare i contenuti che stanno cercando. Massima attenzione quindi agli hashtag che vanno per maggiore; Scegli il testo e il suono adatti. Secondo i dati forniti da TikTok l’utilizzo di un qualsiasi audio aumenta le impressioni e migliora le prestazioni degli annunci. Allo stesso modo i sottotitoli rendono l’annuncio molto più appetibile; Usa filtri e funzionalità interattive. I filtri rendono il video più simpatico e divertente mentre le funzionalità interattive, come quelle che invitano l’utente a interagire, aumentano notevolmente l’engagement. Conclusioni Possiamo sicuramente concludere che conviene sponsorizzare su TikTok, a patto di utilizzare le giuste funzioni e studiare delle strategie specifiche per raggiungere in modo mirato il proprio pubblico. La creatività deve camminare di pari passo con una strategia pianificata e una grande organizzazione, per questo motivo uno strumento come HubSpot rappresenta un preziosissimo alleato che aiuta a conoscere meglio il proprio target e consente di accompagnare all'acquisto i contatti che sono all'interno del CRM. Abbiamo finora parlati di TikTok come una piattaforma corretta per fare advertising e marketing, però molti sono gli errori che si possono commettere quando si pianifica una strategia di marketing. Abbiamo approfondito il tema nella nostra risorsa gratuita disponibile sotto.
Chiarire il motivo di questa integrazione è semplice: è fondamentale per un marketing efficace. Inoltre, un ulteriore vantaggio dell'integrazione tra queste piattaforme è l'automazione di alcune operazioni, come la pubblicazione dei post su LinkedIn, oltre alla capacità di analizzare facilmente i dati delle interazioni. Tuttavia, prima di approfondire i vantaggi concreti di questa integrazione, è necessario fare una premessa importante. Se si intende utilizzare LinkedIn per aumentare la consapevolezza del marchio o per il social selling, è essenziale definire attentamente gli obiettivi. Per esempio: Desideri generare contatti su LinkedIn? Vuoi indirizzare il traffico verso il tuo sito web? Vuoi incrementare le condivisioni dei tuoi contenuti? Desideri fare networking? Vuoi essere riconosciuto su LinkedIn come esperto nel tuo settore? Ognuno di questi obiettivi richiede una strategia specifica. È cruciale essere costanti, attivi e dedicarsi alla creazione di una propria community. HubSpot, in quanto CRM, è sicuramente un valido strumento per la pubblicazione dei post, la raccolta e l'analisi dei dati. Quest'ultima, possiamo affermare, è la ragione principale per cui un'azienda dovrebbe integrare HubSpot e LinkedIn. Dal punto di vista del marketing, interpretare correttamente i dati è fondamentale per elaborare una strategia di Inbound Marketing. Nei paragrafi successivi, approfondiremo come HubSpot e LinkedIn possano rappresentare una combinazione vincente per un'azienda. A cosa serve il CRM di HubSpot? Come probabilmente avrai letto molte altre volte, Hubspot è un CRM integrato, il cui obiettivo è raccogliere, organizzare e monitorare i comportamenti dei contatti, lead e clienti. HubSpot è stato sviluppato parallelamente all'Inbound Marketing e, pertanto, per gestire i lead, monitorare il loro comportamento sul sito e scoprire come acquisire nuovi clienti, migliorando così la produttività, è necessario pianificare determinate azioni. Ad esempio, se l'obiettivo è mantenere l'interesse dei contatti verso il marchio, è necessario creare contenuti di valore che, da un lato, soddisfino il bisogno di informazioni e, dall'altro, siano capaci di convertire. Il CRM di HubSpot ti aiuta a identificare i contatti realmente interessati ai prodotti o servizi offerti, garantendo così che gli sforzi di marketing dell'azienda siano veramente efficaci. Hubspot marketing è una piattaforma all-in-one che ti aiuta a creare campagne di Inbound Marketing e a gestire sia campagne pubblicitarie sia di Google, Meta e Linkedin, integrando i dati e facendo quindi crescere il tuo valore digitale con un approccio orientato ai risultati. Gli strumenti di Hubspot Marketing sono: email marketing; social; blog; landing page. Linkedin, rientra tra quei social perfettamente integrabili con Hubspot che può aumentare e di molto le possibilità di conversione. Approfondiamo ora nel prossimo paragrafo, come fare marketing su Linekdin. Come fare marketing su LinkedIn? Negli ultimi tempi, LinkedIn è diventato un social network molto popolare, anche se non sempre utilizzato nel modo più adeguato. Senza dubbio, LinkedIn può essere un elemento chiave per una strategia di Inbound Marketing, poiché, a differenza di altri social network come Facebook e Instagram, i lead che si ottengono sono veramente interessati ai contenuti con cui interagiscono e che condividono. Pertanto, se si riesce a sfruttare al meglio questa straordinaria piattaforma social, mantenendo una costanza e una buona gestione della community, le possibilità di generare conversioni crescono. Ma come si implementa una strategia di marketing su LinkedIn? Definisci i tuoi obiettivi; Realizza networking, mantenendo sempre il contatto con la community; Sfrutta l'opportunità di creare nuovi contenuti e di condividere quelli dei tuoi contatti per accrescere la tua autorevolezza; Approfondisci le relazioni che hai instaurato; Interagisci quotidianamente con i tuoi contatti e, eventualmente, avvia una conversazione privata, ma MAI per vendere qualcosa; Analizza gli interessi dei tuoi contatti; Segui una roadmap per le tue attività su LinkedIn; Pubblica contenuti ogni giorno o, se non è possibile farlo quotidianamente, pianifica la condivisione di contenuti interessanti almeno tre volte a settimana; Utilizza gli hashtag in modo efficace per essere trovato anche da contatti che non conosci e che non ti conoscono ancora; Realizza video marketing, ma senza essere autoreferenziale. Potresti ad esempio trasformare i contenuti che hai già creato in brevi video da condividere. Un consiglio fondamentale è evitare lo spam, quindi non inviare ai tuoi contatti messaggi inutili. Assicurati che il valore della comunicazione rimanga sempre elevato e utile. Approfondiamo ora nel prossimo paragrafo quali sono i vantaggi dell’integrazione tra Hubspot e Linkedin. Vantaggi dell’integrazione di Hubspot e Linkedin Nei paragrafi precedenti abbiamo esplorato i vantaggi dell’utilizzo di Hubspot e di quello di Linkedin per il marketing. Ora ci concentriamo invece sul motivo del perché l’integrazione tra Hubspot e Linkedin è la decisione vincente per il marketing aziendale. Integrare Hubspot e Linkedin vuol permette di: Gestire la propria presenza su Linkedin, direttamente da Hubspot. I post possono essere programmati da Hubspot e monitorati. È possibile inoltre ricondividere gli articoli del proprio sito su Linkedin, programmandoli; Monitorare le perfomance dei post condivisi su Linkedin e su altri social, comprendendo quindi quale performa meglio. Si possono ricondividere gli articoli del proprio sito. In generale è possibile valutare l’attività di lead nurturing; Gestire da un’unica interfaccia, ovvero quella di Hubspot, il proprio calendario editoriale. Hubspot permette di confrontare vari social e di aiutare un’azienda a orientare i propri sforzi di marketing in quale direzione devono andare. Integrare tutti i dati dei contatti acquisiti con linkedin, o con account linkedin collegato, con quelli derivanti dagli altri touchpoint, in modo da avere una conoscenza del contatto completa. Andando ora a parlare dell’aspetto pratico dell’integrazione tra Hubspot e Linkedin, questa operazione è possibile farla in diversi modi, quella con Linkedin Sales Navigator è probabilmente una delle più comuni. Questa integrazione permette di visualizzare e mandare InMail, per esempio, ma richiede obbligatoriamente la licenza di LinkedIn Sales Navigator, che non è posseduta da tutte le aziende. Inoltre, purtroppo, questa integrazione nativa non permette di aggiungere nuovi contatti in HubSpot, il che potrebbe rappresentare un problema significativo. A questa si aggiungono: L’integrazione nativa Hubspot e Linkedin ADS La modalità di esportazione delle connessioni da Linkedin per importarle su Hubspot. L’integrazione di Hubspot e Linkedin ADS Per quanto concerne esclusivamente la gestione della pubblicità, il marketplace di HubSpot offre anche l'utile integrazione nativa LinkedIn Ads. Questa funzionalità permette di trasferire i lead generati su LinkedIn direttamente in HubSpot, e di monitorare in termini di ROI e di budget impiegato l'efficacia di ogni campagna. Il processo di sincronizzazione dei lead avviene automaticamente e permette di elaborare report dettagliati, di programmare follow-up e funnel, e in generale di aumentare la visibilità di tutte le attività che stai svolgendo su LinkedIn. Infine, con questo tipo di integrazione, è facilitato un passaggio fluido dalla generazione del lead al suo mantenimento, grazie al percorso del tuo potenziale cliente da un annuncio su LinkedIn al CRM di HubSpot. È proprio il trasferimento in HubSpot a fare la differenza rispetto a LinkedIn semplice, grazie alle numerose opzioni fornite dal piano di Marketing per mantenere l'esperienza del cliente attiva e personalizzata. La modalità di esportazione delle connessioni da Linkedin per importarle su Hubspot È possibile esportare in formato .csv tutti i contatti di primo livello da LinkedIn, per poi importarli nuovamente in HubSpot. Utilizzando questa modalità, si ottengono dati probabilmente meno accurati e bisogna effettuare nuove importazioni periodicamente per mantenere i dati aggiornati. Inoltre, si hanno a disposizione solo le informazioni di contatto che LinkedIn decide di fornire, il che non significa necessariamente che siano le informazioni di cui abbiamo bisogno, o che vorremmo inserire e gestire in HubSpot. Conclusioni L’integrazione tra Hubspot e Linkedin indubbiamente può rappresentare un vantaggio per un’azienda. Un progetto CRM, gestito da esperti Hubspot, e una piattaforma di social selling come Linkedin, rappresentano un’ottima strategia di Inbound Marketing. Un CRM però non è utile solamente nella connessione con Linkedin ma aiuta l'impresa anche in diversi altri ambiti. Abbiamo approfondito tutto nella risorsa scaricabile gratuitamente che trovi sotto.
Sentiamo spesso parlare di retargeting e remarketing, ma di cosa si tratta nello specifico? Proveremo a spiegarlo in questo articolo. In entrambi i casi si parla di marketing, in quanto l’obiettivo è sempre generare conversione, solo che nel primo caso si parte da zero, mentre nel secondo si parte da una base già consolidata. Il retargeting lo possiamo definire come una forma di pubblicità online rivolta a quella fetta di pubblico che ha già visitato il sito o ecommerce e che però non ha fatto acquisti. In questo caso lo scopo è invogliare le persone a ritornare sul sito e a completare l’acquisto. Il remarketing è un’attività di marketing che ha l’obiettivo di raggiungere nuovamente i prospect che hanno già mostrato interesse per un prodotto o servizio e che quindi hanno anche già fatto il loro acquisto. In questo secondo caso quello che si cerca di fare è di fidelizzare i clienti, magari proponendogli offerte, sconti o coupon via mail. Approfondiamo la differenza tra queste due strategie di marketing nei prossimi paragrafi. Differenze tra remarketing e retargeting Qual è la differenza tra remarketing e retargeting? Il retargeting, usato prevalentemente nelle campagne pubblicitarie, si riferisce a raggiungere persone che hanno interagito con il tuo sito web o specifiche pagine, e la comunicazione è basata principalmente sul comportamento online di quest’ultime. Ad esempio, si potrebbe fare retargeting verso chi ha visitato il sito, visualizzato determinate pagine o prodotti, o ha compiuto azioni specifiche come il download di un catalogo o il clic su un annuncio. Questo tipo di strategia si concentra sull'utilizzo dei dati comportamentali per personalizzare l'approccio pubblicitario e far ritornare gli utenti al sito per completare determinate azioni. Il remarketing, d'altro canto, coinvolge la comunicazione con persone specifiche che sono già entrate in contatto con il tuo business in modo più concreto. Questo approccio usato nell'inbound marketing si basa sulla costruzione di relazioni più personali, poiché hai raccolto dati che ti consentono di identificare queste persone in modo univoco. Ad esempio, potresti avere i contatti di chi ha effettuato un acquisto o ha fornito informazioni tramite un modulo sul sito. Il remarketing mira a interagire con queste persone utilizzando canali più diretti come email marketing, newsletter personalizzate e comunicazioni mirate attraverso i social media. Come si può quindi comprendere la distinzione tra questi due concetti riguarda principalmente i rapporti che i prospect, nel primo caso, e i clienti, nel secondo caso, hanno con l’azienda. Facciamo un esempio pratico, così da comprendere meglio cos’è il retargeting e cos’è il remarketing. Esempio di retargeting. Partiamo da un e-commerce che vende prodotti di abbigliamento. I clienti visitano il sito ma non fanno acquisti. Dai dati sappiamo però che l’interesse verso il brand c’è e quindi l’obiettivo è far sì che quei clienti che hanno visitato il sito procedano all’acquisto. Come? Con campagne pubblicitarie mirate. Per far ciò è fondamentale utilizzare i dati raccolti e costruire quindi una strategia di marketing per trasformare i prospect in clienti. Esempio di remarketing Partiamo sempre dallo stesso progetto ecommerce. I clienti hanno visitato il sito, mostrato interesse per una categoria specifica e fatti i loro acquisti. L’obiettivo in questo caso è far sì che gli stessi clienti ritornino sul sito altre volte e facciano nuovi acquisti. In entrambi i casi un ruolo fondamentale lo ha il CMS utilizzato per studiare i dati raccolti. Bisogna studiare i dati in modo approfondito e valutare con esattezza cosa è meglio fare e come farlo soprattutto. Ma quali sono i mezzi in cui è possibile fare retargeting e remarketing? Google Ads Facebook Ads Instagram Ads Campagne di Email marketing Ora che abbiamo chiarito di cosa si tratta nello specifico nel primo e nel secondo caso, approfondiamo quali sono i vantaggi delle strategie di remarketing e retargeting per un’azienda. Vantaggi di strategie di remarketing e retargeting Volendo fare una breve premessa possiamo dire che integrare azioni di remarketing e retargeting rappresenta, di sicuro, la scelta migliore da fare per un’azienda, in quanto le consente di generare più facilmente conversione. Incrementare il ROI (return of investiment) è l’obiettivo principale per un’azienda, di conseguenza attività di remarketing e retargeting, indubbiamente contribuiscono a questo scopo. Possiamo quindi dire che i vantaggi di queste due attività sono: maggiore facilità nell’intercettare gli utenti che non hanno portato a termine l’acquisto; fidelizzazione dei clienti già acquisti; aumento della brand awareness e dell’engagement sul sito; Inoltre, c’è da aggiungere che una solida strategia di remarketing aiuta a consolidare il legame tra prospect e lead, mantenendo sempre saldo il goal della vendita. Pensiamo nello specifico a un e-commerce: come potrebbe sfruttare il potere del remarketing e retargeting? Vediamolo nel prossimo paragrafo. Come sfruttare remarketing e retargeting in una strategia e-commerce L'utilizzo strategico di remarketing e retargeting può essere estremamente efficace per migliorare le vendite e il coinvolgimento dei clienti in un'attività di e-commerce. Alla base di tutto c'è il dato, raccolto in un ecommerce CRM, strumenti utili ad immagazzinare dati derivanti da differenti touchpoint, compresi quelli relativi alle campagne pubblicitarie. Ecco alcuni modi in cui puoi sfruttare questi due concetti all'interno della tua strategia: Retargeting: Abbandono del Carrello: Uno scenario comune è quando i visitatori aggiungono prodotti al carrello ma non completano l'acquisto. Puoi utilizzare il retargeting per inviare loro annunci mirati che includono i prodotti lasciati nel carrello, offrendo magari uno sconto o promozione per incoraggiarli a tornare e completare l'acquisto. Visualizzazioni di Prodotti: Se un utente ha visualizzato un prodotto specifico ma non ha proceduto all'acquisto, puoi mostrare annunci che presentano quel prodotto o prodotti simili. Questo può aiutare a mantenere l'interesse dell'utente e spingerlo a effettuare l'acquisto. Remarketing: Segmentazione di Clienti: Utilizza i dati raccolti dai clienti nel tuo CRM che hanno già effettuato acquisti per creare segmenti di pubblico. Ad esempio, puoi creare gruppi basati sugli acquisti precedenti, interessi o preferenze. Questi segmenti ti consentono di inviare comunicazioni altamente mirate, come offerte esclusive o suggerimenti di prodotti correlati. Fidelizzazione dei Clienti: Il remarketing è un ottimo modo per mantenere l'interesse dei clienti esistenti. Invia loro comunicazioni personalizzate, come aggiornamenti sui nuovi arrivi, offerte speciali per clienti fedeli o inviti a programmi di fedeltà. Strategie congiunte: Cross-Selling e Up-Selling: Utilizza sia retargeting che remarketing per suggerire prodotti correlati o upgrade a clienti che hanno già effettuato acquisti. Ad esempio, se qualcuno ha acquistato un prodotto, potresti suggerire accessori o prodotti complementari. Promozioni di rientro: Puoi utilizzare il remarketing per riattivare i clienti che non hanno effettuato acquisti da un po' di tempo. Invia loro offerte speciali o coupon per incentivare un nuovo acquisto. Feedback e Recensioni: Dopo un acquisto, puoi utilizzare il remarketing per chiedere ai clienti di lasciare una recensione o un feedback. Questo non solo aumenta l'coinvolgimento, ma anche la fiducia degli acquirenti futuri. Retargeting su social media: Sfrutta le piattaforme di social media come Facebook e Instagram per fare retargeting verso utenti che hanno interagito con il tuo sito. Puoi mostrare loro annunci basati sui prodotti che hanno visualizzato o sugli interessi dimostrati. Ciclo di Vita del Cliente: Crea una strategia di remarketing che segua il ciclo di vita del cliente, inviando comunicazioni appropriate a ogni fase, dal primo interesse all'acquisto ripetuto. Conclusioni Retargeting e remarketing rappresentano indubbiamente due strategie efficaci, ma senza un’adeguata raccolta dati, ben studiata soprattutto, queste attività non possono aiutarti a raggiungere grandi risultati. Lo studio dei dati, anche grazie a un progetto CRM, è la base del successo di una strategia di marketing che comprende queste due attività. Ci sono però anche altri metodi per far vendere il tuo ecommerce, nell'ebook ne abbiamo illustrati alcuni.
Negli ultimi anni è esploso il fenomeno degli influencer, persone esperte di un determinato settore che per l’appunto “influenzano” i loro follower spingendoli a comprare questo o quel prodotto, di cui decantano le potenzialità e tessono le lodi. Da un po’ di tempo però gli influencer sembrano essersi impantanati in una sorta di sabbie mobili. Il loro compito è promuovere un prodotto per farlo vendere, quindi non sempre sono obiettivi e imparziali. Vengono pagati per promuovere un prodotto e aumentarne le vendite, quindi non possono parlare di eventuali difetti o comunque tendono a minimizzarli. Il pubblico social di oggi è composto principalmente dalla Generazione Z, le persone nate tra la fine degli anni ‘90 e i primi anni del 2010, molto più attente e informate sui meccanismi della manipolazione social. In pratica è stato smascherato questa sorta di “conflitto di interesse” e per gli influencer è diventato più complicato conquistare la fiducia dei follower. In tale contesto è esploso il fenomeno del deinfluencing, dove i cosiddetti deinfluencer non puntano tanto a sponsorizzare un prodotto, quanto piuttosto a suggerire cosa non acquistare oppure a indicare se ci sono articoli più economici che offrono prestazioni comunque dignitose. In questo modo diventa più facile non solo fidelizzare i clienti ma anche fare lead generation, cioè attrarre potenziali consumatori interessati ai servizi e ai prodotti offerti in modo naturale. Cos’è il deinfluencing? L’influencer marketing si è evoluto a tal punto da creare un suo alter ego, l'altra faccia della stessa medaglia: il deinfluencing. Il fenomeno è esploso su TikTok e i deinfluencer senza filtri dicono cosa ne pensano di un prodotto, non lesinando critiche anche abbastanza feroci e spiegando perché quel determinato articolo non va comprato. Questa forma di comunicazione schietta, sincera e quasi brutale piace ai follower che si sentono meno manipolati e tendono a fidarsi ancora di più. Tale approccio facilita anche l’inbound marketing, una strategia di business che attira i clienti con contenuti di valore ed esperienze create e tagliate su misura per loro. Alcuni influencer, accusati di essere poco obiettivi, sono addirittura ritornati sui loro passi e hanno criticato prodotti che avevano incensato fino a poco tempo prima. Così facendo hanno acquisito credibilità e riconquistato punti agli occhi dei loro follower. Molti esperti ritengono che il deinfluencing sia un fenomeno favorito anche dalle contingenze attuali, come la crisi economica che ha inevitabilmente ridotto il potere d’acquisto dei consumatori che preferiscono capire quali prodotti è meglio evitare oppure acquistare perché considerati più economici ma comunque affidabili. Altri invece ritengono che i deinfluencer non fanno altro che rafforzare quello stesso sistema che loro intendono abbattere. In fondo il loro obiettivo è comunque convincere i follower ad acquistare, anche se con metodologie e forme di comunicazione diverse. Di certo si tratta di un fenomeno che è letteralmente esploso e non si sa se avrà vita breve o se si radicherà nel web per molti anni, quindi è importante conoscerlo bene per non farsi trovare impreparati e cavalcare tutti i nuovi trend social. Come è nato il fenomeno dei deinfluencer? Il termine deinfluencing fu introdotto per la prima volta da Maddie Wells, che può essere considerata la prima deinfluencer o comunque una delle prime. La ragazza tra il 2018 e il 2019 ha lavorato per Sephora e Ulta e in un video risalente al mese di settembre 2020 elencò tutti i prodotti cosmetici che i clienti avevano portato indietro perché non funzionavano o non davano i risultati sperati. Lei stessa per la prima volta utilizzò la parola deinfluencing, che sarebbe poi diventato un vero e proprio trend sui social, tant’è che da allora molti l’hanno imitata trasformandosi da influencer a deinfluencer. Un approccio che rompeva le regole, poiché fino a quel momento nessuno aveva mai pensato di criticare un prodotto. Nessuna azienda avrebbe chiaramente pagato per commentare negativamente i propri articoli. Eppure quel modo di comunicare della Wells, che da allora ha visto crescere a dismisura la sua credibilità, piacque tantissimo ai follower che ne apprezzarono la sincerità. I motivi del boom Abbiamo già anticipato in parte i motivi del boom, che possono avere radici di natura economica. Il consumismo sfrenato di qualche anno fa è stato rallentato da tanti fattori, come la pandemia e la guerra russo-ucraina, che hanno fatto impennare i prezzi delle materie prime e non solo. Si è ridotto il potere d’acquisto e la Generazione Z ha imparato ad essere più parsimoniosa. Ecco perché oggi non attirano più gli influencer che invitano a spendere fior di quattrini per articoli che costano tanto, ma piuttosto i deinfluencer che consigliano come spendere in modo intelligente i propri soldi acquistando il prodotto dal miglior rapporto qualità/prezzo. Abbiamo sottolineato anche la maggiore preparazione della Generazione Z, che conosce perfettamente le dinamiche del marketing e che quindi non si fa “abbindolare” così tanto facilmente. C’è poi da segnalare un altro aspetto sicuramente interessante: l’invidia sociale del popolo social verso gli influencer. Soprattutto i big influencer che vantano una community piuttosto ampia tendono a ostentare la loro ricchezza e un tenore di vita molto alto, rappresentando un modello praticamente irraggiungibile per i “comuni mortali”. Forse lo fanno proprio per il piacere di ostentare, o magari con l’obiettivo di suscitare nei follower il desiderio ardente di avere quel prodotto, la cosa certa è che così facendo provocano l’invidia sociale e diventano bersagli di critiche e insulti. Il deinfluencing invece punta a smantellare questo modello, proponendone uno molto più raggiungibile per chi ha stipendi normali o comunque non può permettersi un tenore di vita così elevato. I deinfluencer propongono acquisti più consapevoli e accessibili, riuscendo così a conquistare molti più follower che puntano maggiormente al risparmio e al benessere finanziario. C’è un altro aspetto da sottolineare che ha facilitato l’esplosione del deinfluencing: il minor impatto a livello ambientale. L’eccessivo consumismo degli ultimi anni ha favorito la produzione smodata e incontrollata di prodotti, che naturalmente richiedono più materie prime, più energia e più trasporti che a loro volta causano maggiore emissione di CO2 e maggiore inquinamento. Nella moda questa tendenza si chiama fast fashion e consiste nella produzione massiccia di abiti di scarsa qualità a prezzi ridotti che durano uno o due anni, ma tale fenomeno esiste ormai in tutti i settori. I nuovi consumatori oggi sono molto più attenti all’ambiente, ecco perché preferiscono seguire i consigli di chi suggerisce acquisti eco-friendly e intelligenti, con un occhio alla salvaguardia dell’ambiente e uno al proprio portafogli. Come le aziende possono sfruttare il deinfluencing? Le aziende devono tenere conto di questa nuova tendenza, anche perché il mondo social è in costante evoluzione e bisogna sempre farsi trovare pronti alle nuove sfide. Ingaggiare deinfluencer oppure avviare attività di deinfluencing sono sicuramente delle potenziali strategie, ma vanno messe in atto con grande attenzione e intelligenza. Si vanno a toccare tasti molto delicati e i meccanismi di fidelizzazione potrebbero incepparsi se si commette un solo errore. Per prima cosa è quindi importante conoscere bene il proprio target di pubblico e a tal proposito può risultare molto utile un buon CRM, che se gestito in modo efficiente permette di conoscere a fondo i propri clienti e stringere con loro relazioni sempre più solide e durature. Una volta che si conoscono le abitudini e le preferenze dei clienti, diventa anche più semplice stilare una strategia personalizzata e costruita su misura per loro. Le strategie adottate devono comunque essere sempre in linea con la filosofia aziendale. Chi vende abiti di marca ad esempio piuttosto che puntare al risparmio dovrebbe sottolineare la qualità dei prodotti, che durano a lungo nel tempo e che non provocano alcun tipo di irritazione a contatto con la pelle. In tal caso sarebbe una buona idea lanciare una campagna di deinfluencing che evidenzi le criticità del già citato fast fashion. Un’azienda che vende prodotti biologici potrebbe invece puntare sull’importanza della sostenibilità ambientale e sulla necessità di adottare azioni virtuose per tutelare adeguatamente il pianeta. Un’attività che invece fa del risparmio il suo punto di forza, dovrebbe sottolineare la convenienza nell’acquistare prodotti di brand meno noti ma che costano meno e che soprattutto offrono prestazioni più o meni simili rispetto ad articoli di marchi più quotati. Conclusioni Il deinfluencing è un fenomeno che ha molte sfaccettature ma che va analizzato con molta attenzione. Alcuni hanno parlato addirittura di crisi dei social media, vagheggiando un abbandono graduale delle persone dagli stessi social. In realtà le cose non stanno esattamente così, semplicemente i consumatori stanno cambiando le loro abitudini e i social di conseguenza stanno cambiando pelle. Ed è proprio in tale contesto che è nato e che si è sviluppato il deinfluencing. Se sia un fenomeno temporaneo o destinato a durare a lungo nel tempo è impossibile prevederlo, ma sicuramente le aziende devono implementare le loro funzionalità per affrontare ogni sfida che il marketing online proporrà. É quindi fortemente consigliabile affidarsi a piattaforme avanzate come HubSpot, che integra tutte le tecniche di marketing per attrarre potenziali clienti e favorire la conversione. Se sei interessato ad approfondire questo discorso puoi effettuare il download gratuito della risorsa alla fine dell’articolo che accende i riflettori proprio su HubSpot.
Negli ultimi anni il podcasting ha assunto un ruolo fondamentale nelle strategie di marketing aziendali, specialmente per quanto riguarda quelle di lead generation. Si è compreso che le persone mostrano preferenze nette verso questa modalità di condivisione delle informazioni. Allo stesso modo anche in ambito pubblicitario, il podcasting ha conquistato il suo ruolo sul podio, divenendo il modo più utile, veloce e coinvolgente per parlare di un prodotto o servizio ai possibili clienti. Fare pubblicità con il podcasting è la forma di comunicazione favorita dai brand negli ultimi anni. I risultati in termini di conversione sono molto positivi. Approfondiamo nel prossimo paragrafo in cosa consiste il boom del podcasting advertising e quali sono i vantaggi di questa scelta. Il boom del Podcasting advertising Il podcast è un trend che funzionava bene già da prima della pandemia. In seguito però al lockdown, il podcasting ha assunto un ruolo determinante nelle strategie pubblicitarie e di inbound marketing. Il tasso di crescita annuale del podcasting mostra una netta propensione verso questa modalità comunicativa. La motivazione non è difficile comprenderla: le vite delle persone sono diventate molto impegnate e difficilmente si trova il tempo di leggere un articolo. Il podcast in questo senso combacia il perfetto desiderio di informarsi su degli argomenti specifici, con quello di non impegnare tutte le proprie energie e attenzioni su di una sola azione. Da qui è divenuto facile dedurre poi che il podcasting potesse diventare un ottimo modo anche di fare pubblicità. Chiaramente però ci sono delle regole da seguire quando si fa podcast advertising. Vediamo nel prossimo paragrafo di quali si tratta. L'aumento della popolarità dei podcast come piattaforma pubblicitaria I podcast advertising sono forme di pubblicità che si manifestano mediante spot audio durante gli stessi podcast. Questa tipologia di pubblicità è divenuta molto più impattante rispetto ad altre, in quanto: profila il target meglio di una pubblicità classica, intercettando pubblico di qualità; è in grado di intercettare meglio anche il pubblico più giovane; offre al target la possibilità di avere il pieno controllo di quale argomento ascoltare. A differenza per esempio di piattaforme come Youtube, l’annuncio pubblicitario non viene saltato, perché non se ne ha proprio la possibilità. All'interno del mondo del podcast advertising, emergono tre categorie principali di approcci pubblicitari: Podcast Standard: In questo modello, le aziende o gli sponsor pagano gli host dei podcast, i team di produzione o le aziende stesse per ottenere spazi pubblicitari all'interno delle trasmissioni. Questi annunci possono essere preregistrati o letti dagli stessi conduttori e possono essere fissi o dinamici; Affiliate Marketing: Questa strategia si concentra sulla monetizzazione dei podcast attraverso recensioni di prodotti. I conduttori dei podcast promuovono prodotti o servizi che conoscono e in cui hanno fiducia, utilizzando link di affiliazione nelle note o trascrizioni dello show. Spesso, vengono offerti codici coupon per incentivare gli ascoltatori all'acquisto; Branded Content: In questa categoria, le aziende creano contenuti propri, integrati nell'ambito del podcast. L'obiettivo è offrire al pubblico contenuti di valore che aumentino l'engagement e la consapevolezza del brand, costruendo la reputazione e la credibilità aziendale e, di conseguenza, stimolando le vendite. Come si può comprendere il podcasting advertising diventa sempre più specifico e personalizzato per le aziende, che oggi hanno maggiori possibilità di farsi conoscere. Tipologie di Podcast advertising Le modalità di podcasting advertising sono diverse. Vediamo di seguito quali sono. Annunci incorporati - il podcast advertising in questo caso è un messaggio pubblicitario facente parte del contenuto del podcast, che viene registrato durante il record dell’originale, restando quindi una parte permanente dell’episodio. Non è ovviamente modificabile e l’annuncio del brand resta in pratica fisso nell’episodio “N” del podcast. In questo modo lo stesso host diviene veicolo promozionale; Annunci inseriti dinamicamente - Viene diffuso attraverso un server pubblicitario e inserito nel momento in cui viene richiesto un file podcast. Gli annunci dinamici, già registrati in anticipo, vengono inseriti in modo selettivo all'interno di un episodio podcast. Questi annunci possono essere registrati dagli inserzionisti stessi o da terze parti, e spiccano facilmente rispetto al resto della trasmissione. Questa evidente distinzione consente agli ascoltatori di saltarli con facilità. Dato che questi annunci non sono incorporati direttamente nell'episodio del podcast, è possibile modificarli in modo semplice, persino dopo il rilascio dell'episodio stesso. Questa flessibilità deriva dal fatto che gli annunci dinamici possono essere adattati in base al contenuto dell'episodio, alle caratteristiche demografiche degli ascoltatori e ai tempi delle promozioni. Ora che ci siamo concentrati sulle potenzialità del podcast e quante tipologie ce ne sono, approfondiamo quali sono i vantaggi nel prossimo paragrafo. Vantaggi del Podcasting advertising per le aziende Sia il podcasting advertising incorporato che quello dinamico presentano vantaggi e svantaggi, vediamo nello specifico di cosa si tratta. Gli annunci incorporati offrono un notevole vantaggio sia all’host che al brand. L’host ha l’opportunità di diventare autorevole per la materia che tratta, infatti solitamente queste persone divengono influencer, nell’ottica in cui sono esperti della materia di cui parlano. Lo svantaggio è che il podcast advertising incorporato non può essere preso in considerazione per le offerte stagionali, così come non è possibile fare dei test per valutare quale tipo di creatività coinvolge di più il pubblico. Gli annunci dinamici hanno il vantaggio di poter prendere in considerazione la stagionalità di un prodotto o servizio, avendo sempre a continua disposizione nuovi dati da analizzare, in base ai quali si possono decidere operazioni di marketing specifiche. Lo svantaggio è che questo tipo di pubblicità è meno efficiente rispetto a quella integrata, in merito alla risposta diretta e al ROI. Un altro aspetto che un’azienda deve considerare è il costo del podcast advertising. In linee generali queste sono le differenze: Posizionamento dello spot - la distinzione che bisogna fare è tra: Pre - roll: annunci inseriti all’inizio del podcast (15-30 secondi); Mid - roll: annunci riprodotti nel mezzo dell’episodio (30-90 secondi); Post - roll - annunci riprodotti alla fine di un episodio (15-30 secondi); Modello di sponsorizzazione CPM (costo per mille). Costo per ogni mille impressioni o riproduzioni dell’audio. Consigliato per i podcast impegnativi; CPA (costo per acquisizione). Costo di un modello di marketing di affiliazione. In questa tipologia di modello funzionano molto i codici sconto o codici promozionali; Forfettario - costo fisso che viene accordato tra brand e azienda. Ora che abbiamo compreso tutto su tipologie, costi e modelli, approfondiamo nel prossimo paragrafo come creare una strategia di podcasting di successo nel markeing aziendale. Come integrare una strategia di podcasting di successo nel marketing aziendale Integrare una strategia di podcasting di successo in un contesto di marketing aziendale richiede una pianificazione oculata e una comprensione approfondita del proprio pubblico di riferimento. In primo luogo, è fondamentale definire gli obiettivi chiave: se si tratta di aumentare la consapevolezza del brand, creare un rapporto più intimo con i clienti o promuovere prodotti e servizi specifici. Una volta stabiliti gli obiettivi, è essenziale sviluppare contenuti podcast di alta qualità, capaci di coinvolgere ed educare l'audience. Questi contenuti dovrebbero essere mirati, pertinenti e rispecchiare l'identità del brand. Oltre a creare contenuti interessanti, è importante adottare una pianificazione regolare e coerente per mantenere l'attenzione degli ascoltatori nel tempo. Collaborazioni con influencer del settore o esperti riconosciuti possono arricchire ulteriormente il valore dei podcast aziendali. È cruciale anche promuovere i podcast attraverso i canali appropriati, sfruttando i social media, il sito web dell'azienda e altri mezzi di comunicazione. Monitorare attentamente le metriche di ascolto e raccogliere il feedback dell'audience consentirà di ottimizzare costantemente la strategia. Tutto questo inoltre deve essere integrato con il CRM, in modo da usare i dati derivanti dai podcast per fare ulteriori azioni di marketing per accompagnare il contatto acquisito alla vendita. L'integrazione di una strategia di podcasting ben pianificata può fornire all'azienda una voce autorevole nel settore, rafforzare i legami con il pubblico e raggiungere nuove vette di successo nel marketing. Conclusioni Il podcasting advertising si è affermato come una rivoluzione nel panorama del marketing, dimostrando un impatto significativo e una risposta positiva da parte del pubblico. Questa forma di comunicazione ha saputo cogliere il crescente interesse delle persone per il podcasting, sia in termini di informazione che di intrattenimento. Nel campo pubblicitario, il podcasting si è dimostrato un canale altamente efficace, in grado di combinare informazione e promozione in modo coinvolgente ed efficace. L'esplosione del podcasting advertising è stata alimentata dal suo adattamento alle dinamiche della vita moderna, in cui il tempo è prezioso e le persone cercano modalità di fruizione flessibili e multitasking. Il podcast offre una soluzione ideale, consentendo agli ascoltatori di informarsi e divertirsi senza dover dedicare un'attenzione esclusiva. In una strategia di Inbound Marketing avvalersi del podcasting advertising può sicuramente rappresentare una scelta corretta per fare lead generation. Hubspot rappresenta un CRM in cui è possibile integrare questa modalità di pubblicità e analizzarne i risultati. Per ulteriori informazioni ti consigliamo di scaricare il nostro ebook gratuito sulla lead generation.
Viviamo nell’epoca dei Big Data dove le migliaia di dati che ogni giorno incamerano le aziende custodiscono al loro interno informazioni che possono rivelarsi preziosissime per le future strategie aziendali. Nei pc aziendali sono contenuti file, email, documenti, fatture e tanti altri dati che rischiano di restare nei desktop di ogni dipendente, senza essere condivisi. In altri casi invece informazioni fondamentali vengono scritte a penna su foglietti che rischiano di andare persi, o comunque di non essere condivisi con gli altri team dell’azienda. Questo, strategicamente parlando, è un delitto poiché non si tiene traccia di tutte le informazioni e i dati che invece sarebbero a disposizione, se solo venissero custoditi e ordinati meglio. Oltre alla perdita di dati e di tempo bisogna considerare tutte le opportunità sfumate e il caos che si genera all’interno dell’azienda. Tenere traccia dei dati, delle informazioni, delle preferenze e delle email dei propri contatti consente di conoscere meglio i propri clienti e offrire loro un’esperienza personalizzata su misura, per poi migliorare di conseguenza il rapporto e aumentare il tasso di fidelizzazione. Ed è qui che entra in gioco il CRM che garantisce una corretta conservazione e archiviazione dei dati fondamentali. Altro strumento prezioso è il BPM, che semplifica e snellisce i flussi di lavoro di un’azienda e ne accelera la produttività. CRM e BPM possono convivere? Come funzionano? Rispondiamo a queste domande nei successivi paragrafi. BPM vs CRM: differenze chiave e scenari d'uso Cosa significa BPM? É l’acronimo di Business Process Management e rappresenta uno strumento aziendale che velocizza i processi tramite l’analisi e la misurazione delle prestazioni. Successivamente si effettua la mappatura dei processi per rilevare anomalie, errori e inefficienze per poi intervenire in modo mirato e apportare le dovute modifiche. Questo strumento si basa sulla mappa dei processi e per comprendere meglio come funziona è opportuno sapere quali sono i tre tipi di BPM: Processi di management: sono processi adottati dalla direzione aziendale per orientare le attività a livello operativo e strategico; Processi chiave: tramite questi processi l’azienda crea quel valore aggiuntivo che fa la differenza e per il quale i clienti sono disposti a pagare; Processi di gestione delle risorse: chiamati anche processi di supporto, forniscono alle risorse gli strumenti necessari per operare al meglio. Un progetto CRM invece ha un funzionamento diverso ed è maggiormente orientato verso l’esterno, cioè i clienti, ma fornendo supporto anche ai processi interni. Nello specifico il CRM è finalizzato a: Gestire e migliorare i rapporti con i clienti sul medio-lungo termine; Stabilire i futuri obiettivi di vendita; Monitorare il funnel di vendita; Allineare e confrontare i team; Seguire le domande di supporto. Analisi delle esigenze: trovare la soluzione perfetta tra BPM e CRM BPM vs CRM oppure usarli insieme per potenziare i risultati? Ogni azienda moderna non può fare a meno di un CRM di qualità, come HubSpot, che offre una serie di vantaggi, benefici e funzionalità ormai imprescindibili sia per intessere relazioni solide con i clienti sia per ottimizzare i processi interni. Si potrebbe invece obiettare che il BPM è obsoleto o che comunque funziona solo per le aziende che hanno una struttura tradizionale. Il BPM infatti rischia di non tenere conto di processi importanti come la gestione delle risorse finanziarie o i processi di pianificazione strategica. Questo non significa che il BPM debba andare in pensione, anzi, lavorando sinergicamente con un eccellente CRM può dare ottimi risultati. Il CRM da un lato migliora il ciclo di vendita e il rapporto con i clienti, mentre il BPM fornisce un valido supporto in altri processi, come ad esempio l’assunzione del personale, la risoluzione di problematiche interne o una semplice gestione di un piano ferie. Il CRM e il BPM insieme garantiscono i seguenti risultati: Automatizzano e digitalizzano i processi aziendali; Misurano lo stato di avanzamento degli obiettivi prefissati; Forniscono ai team aziendali preziose informazioni condivise; Aiutano a capire dove indirizzare gli sforzi economici e commerciali; Coinvolgono tutti i team nel progetto. Potenzia le vendite con il CRM: un alleato imprescindibile Il CRM è uno strumento di archiviazione dei dati che, a partire dagli anni ‘90, ha iniziato ad essere automatizzato grazie ad un software realizzato su misura. Dagli anni 2000 il CRM ha cominciato a cambiare pelle e sono state implementate nuove funzioni che hanno reso ancora più semplice l’archiviazione dei dati, supportata da un comodissimo cloud. Oggi il CRM non è più un semplice strumento di archiviazione dei dati, ma si è evoluto a tal punto da essere diventato un partner irrinunciabile per le aziende che possono snellire i processi e le operazioni, ponendo il cliente al centro di ogni attività che riguarda l’assistenza, il marketing o la vendita. Il CRM potenzia le vendite, obiettivo ultimo di ogni azienda, tramite una serie di funzionalità mirate che sono: Gestione dei contatti e dei lead. Il CRM mette a disposizione dei tuoi team tutte le informazioni dei contatti alle quali è possibile accedere in qualsiasi momento e in qualsiasi posto, tutto questo grazie al cloud che deve fornire un supporto anche nell’adempimento dei requisiti richiesti dal GDPR. Il CRM aiuta anche a monitorare i lead, cioè i potenziali clienti che hanno manifestato interesse per i tuoi prodotti e per i tuoi servizi, per favorirne la conversione; Gestione delle interazioni dei clienti. Tenere sotto controllo ogni tipo di interazione e contatto che c’è stato con un cliente, che sia un’email, un messaggio sui social o una telefonata, aiuta a conoscere meglio le sue abitudini e le sue preferenze. A quel punto bisogna fornire al cliente un’esperienza plasmata secondo le sue necessità e secondo i suoi canali preferiti, riuscendo addirittura a prevenire e intercettare i suoi desideri promuovendo azioni mirate; Automazione dei workflow. Le azioni noiose e ripetitive, che fino a poco tempo fa erano affidate alle persone, vengono adesso svolte da strumenti di Intelligenza Artificiale e di Machine Learning che alleggeriscono il lavoro delle risorse interne e riducono gli errori. Tra gli strumenti di automazione rientrano anche i chatbot, che forniscono un’assistenza continua e professionale ai clienti sulle app di messaggistica, sui social media o sui siti; Integrazione del CRM. Il CRM può essere integrato con siti aziendali, piattaforme e-mail, sondaggi di clienti, software di contabilità ecc. Questo significa che hai tutti i dati a disposizione in un solo posto e che con pochi clic puoi accedere alle informazioni di cui hai bisogno in quel momento e da qualsiasi luogo. Personalizzazione e fidelizzazione: come il CRM può fare la differenza La personalizzazione dei servizi e la fidelizzazione dei clienti sono i punti chiave che le aziende devono sviluppare sapientemente per fare davvero la differenza. Il primo vantaggio conseguito è una miglior customer experience offerta al cliente, servizio che riveste un ruolo di primo piano in qualsiasi mercato. L’offerta oggi è estremamente stratificata, le aziende vendono più o meno gli stessi prodotti a prezzi simili. Ecco quindi che un’assistenza clienti rapida ed efficace e una veloce risoluzione di un problema possono davvero fare la differenza nella fidelizzazione di un cliente. A tal proposito un CRM risulta utilissimo per individuare le offerte più in linea con le esigenze di un cliente secondo una tempistica corretta e sui suoi canali preferiti. Con un’intelligente e oculata gestione dei clienti puoi aumentare i ricavi delle tue vendite e reinvestire il profitto per far crescere la tua attività e fornire servizi sempre più all’avanguardia. La produttività e l’efficienza della tua azienda dipendono dalla perfetta coordinazione e sincronia con le quali lavorano i vari team che, grazie ai processi automatizzati, sono meno oberati di lavoro e possono esprimere al meglio le loro potenzialità. Inoltre possono condividere in tempo reale dati e informazioni così da poter studiare piani d'azione condivisi. Conclusioni Riassumendo il CRM per le aziende è uno strumento fondamentale: per le vendite: puoi cogliere le opportunità che si presentano di volta in volta per fornire preventivi su misura e personalizzare l’offerta; per il marketing: puoi intercettare i desideri dei clienti e sorprenderli con esperienze uniche; per l’assistenza: un supporto veloce e concreto migliora l’esperienza dei clienti, che restano piacevolmente soddisfatti dell’assistenza ricevuta. Inoltre vengono automatizzati i processi manuali, riducendo in modo significativo gli errori umani; per l’e-commerce: il cliente può godere di un’esperienza omnicanale in modo che la sua esperienza d’acquisto sia estremamente piacevole e costruita secondo le sue preferenze. Per dare la svolta alla tua attività non puoi fare a meno di un CRM e, se punti al massimo, HubSpot è sicuramente uno dei migliori strumenti che offre il mercato. A tua disposizione c’è una squadra di esperti HubSpot, pronti a supportarti in ogni momento e a darti utili informazioni. Per approfondire ulteriormente il discorso puoi scaricare l’ebook alla fine dell’articolo, una guida completa per scoprire le funzioni gratuite di HubSpot CRM e iniziare da subito a rafforzare le relazioni con i clienti e vedere crescere le tue vendite.
Termine ultimo: fine 2024. Manca ormai poco all'apocalisse dei cookie. Cosa intendo? La parola è una, tanto facile quanto spaventosa per chi opera nel settore del marketing: cookieless. Dall'inglese letteralmente senza cookie, ciò che ci aspetta metterà sicuramente a dura prova tutto il mondo del marketing online come lo conosciamo oggi. Sarà necessario adattarsi, scoprire e approfondire nuove strategie (che è anche lo scopo di questo articolo) per sopravvivere nel nuovo web senza cookie di terze parti. Prima di illustrare il cookieless, è doveroso introdurre spiegando cosa sono i cookie, a cosa servono e quali tipi ne esistono, per essere sicuri di continuare sapendo bene di che cosa si sta parlando. Cosa sono i cookie Un cookie è una piccola stringa di testo inviata dal server del sito web al browser dell'utente, che conserva una serie di dati personali utili al sito per memorizzare i gusti e le preferenze del visitatore e fornirgli un'esperienza creata apposta per lui. Insomma, di base sono informazioni dell'utente che il sito utilizza per facilitargli la vita, ricordandosi ad esempio quale in quale lingua preferisce navigare, cosa conserva nel carrello del suo shop online preferito, cosa preferisce guardare durante una sessione online e via dicendo. È tutto pensato (ripeto, alla base) per facilitare la vita dell'utente memorizzando la sua attività e proponendogli azioni o contenuti correlati. Il cookie si installa proprio sull'hard disk del device dell'utente, e tutte le volte che questo si riconnette al sito, le informazioni vengono aggiornate. Cookie di sessione e cookie permanenti I cookie si dividono in due tipologie: i cookie permanenti e i cookie di sessione. I primi sono quelli discussi proprio nel paragrafo precedente, quelle piccole tarme che si annidano nel dispositivo dell'utente per collegarsi ogni volta al sito e passargli informazioni quali la nostra attività in sessione, i nostri gusti e cosa preferiamo vedere. Almeno non occupano spazio, sono grandi appena qualche kilobyte. Operano per fornire al sito web importanti dati sulla frequenza delle visite, sulle pagine e sulle tematiche preferite, in modo da migliorare il sito. I cookie di sessione, invece, sono quelli più numerosi e sono vitali per il funzionamento del sito, perché memorizzano informazioni momentanee che risultano fondamentali per svariate funzionalità: avete presente quei siti che avanzano a step? Quelli che usiamo quando prenotiamo treno (scegliere la partenza e destinazione, la data, il metodo di pagamento...), o quando mettiamo dei prodotti nel carrello o effettuiamo l'accesso al sito? Gli step avanzano memorizzando le informazioni dello step precedente tramite dei cookie temporanei di sessione. Una delle funzionalità principali dei cookie si ricollega alla forza che comanda il mondo e che tutti sognano di possedere: il denaro. I cookie vengono infatti sfruttati per comprendere le preferenze dell'utente e offrirgli pubblicità mirate alla sua attività in modo che veda ciò che gli piace e sia incentivato ad acquistarlo, così le vendite sono orientate e aumentano. Cookie di zero, prima e terza parte In merito alla raccolta dei cookie, esiste una distinzione importante da fare. I cookie zero-party sono inseriti manualmente dall'utente stesso, solitamente compilando un form o registrandosi al sito per ricevere un vantaggio, come ad esempio un ebook gratuito o l'iscrizione a una newsletter. Questi cookie sono utilizzati per instaurare una relazione più stretta con l'utente e personalizzare l'esperienza in modo più accurato. Al contrario, i cookie di prima parte sono raccolti direttamente dal sito web che l'utente sta visitando, per ottenere le classiche informazioni sulle sue preferenze e attività. Infine, i cookie di terza parte, detti anche third-party cookie, sono gestiti da un sito web diverso da quello visitato dall'utente, e raccolti da tutti i siti con cui l'azienda di terza parte collabora. Questi cookie servono sempre a personalizzare l'esperienza utente e gli annunci in base alle preferenze, ma rischiano di rappresentare una minaccia per la privacy dell'utente, poiché consentono di tracciare la sua attività online su più siti web. È importante, quindi, prestare attenzione alla raccolta e all'utilizzo dei cookie, rispettando sempre la privacy e garantendo una navigazione sicura e protetta.. Cookieless: cos'è e come ovviare al problema Nel 2017 Firefox bloccò i cookie di terze parti dal browser. Stessa cosa fece Apple nel 2019 su Safari. Google, con il proprio browser Chrome che è utilizzato dal 60% circa della popolazione mondiale, prevede di bandire i third-party cookie a fine 2024 (la data è stata spostata più di una volta). Tutto questo con lo scopo di tutelare la privacy dell'utente ed evitare di confiscargli anche l'anima fatta a dato. Ma lo notiamo anche nel quotidiano: ci sono sempre più persone che acquistano una certa consapevolezza di cosa stanno regalando e iniziano a rifiutare i cookie. Ci stiamo quindi avvicinando ad un web senza cookie di terze parti. Questo che significa? Per le aziende e chi si occupa di marketing, non è certo la miglior notizia. Non potendo usufruire dei cookie di terze parti sarà necessario adattarsi e scovare delle nuove tecniche per sopravvivere nel web utilizzando i Zero Party Data e i First party data. Quali sono dunque queste tecniche per ovviare alla rivoluzione imminente? CRM (Costumer Relationship Management): rappresenta un'alternativa interessante per le aziende che vogliono adattarsi al nuovo scenario del cookieless. Sfruttando i dati del CRM, come ad esempio le email, è possibile identificare e tracciare l'utente, offrendogli un'esperienza personalizzata e ad hoc. Grazie al CRM, le aziende possono acquisire informazioni preziose sui propri clienti, come le loro preferenze, i loro gusti, ma anche i loro bisogni e le loro necessità. In questo modo, è possibile creare un rapporto più stretto con il cliente, fidelizzarlo e incrementare le vendite. Tuttavia, è importante fare attenzione alla privacy dell'utente e rispettare le norme vigenti in materia di trattamento dei dati personali. In ogni caso, il CRM si conferma una strategia vincente per chi vuole sopravvivere nel nuovo web senza cookie di terze parti. Data integration: un altro dei modi per sopravvivere ai cookie è quella di integrare i dati provenienti da più piattaforme. Per chi ha un ecommerce Shopify può usare i dati provenienti dall'ecommerce integrandoli con il CRM aziendale, in modo da avere un profilo completo per ogni utente. Con ciò si possono usare i dati per personalizzare comunicazioni fidelizzando così il cliente finale. Mobile advertising: il mondo del mobile è in continua crescita, sempre più persone navigano sul web dallo smartphone. È consigliato dunque potenziare il mobile marketing, anche attraverso il Mobile advertising ID, un codice univoco del device che permette di risalire a informazioni di diverse entità (geolocalizzazione, indirizzo IP, app utilizzate) per poi integrarle e creare un profilo anonimo della persona. Tutto per sviluppare la campagna drive-to-store (attirare il cliente e spingerlo a comprare) e la campagna di geolocalizzata - avete presente quando su Spotify la voce dell'annuncio nomina la vostra città e rimanete con un senso di stupore forse anche di paura? Ecco, le campagne geolocalizzate si basano sulla posizione geografica fornita dal device dell'utente per proporgli contenuti pubblicitari adattati al suo territorio. Negli ultimi anni si fa sempre più importante il marketing concentrato sul locale e sulla zona dell'utente. Universal ID: Questi codici persistenti, noti come Universal ID, sono una valida alternativa ai cookie di terze parti poiché si memorizzano nel browser dell'utente, ma utilizzano una vasta gamma di ulteriori dati per offrire un'esperienza ancora più personalizzata. Questi includono informazioni provenienti da diverse piattaforme, app e persino email, che vengono integrate insieme per creare un profilo anonimo dell'utente. Ciò consente di fornire pubblicità altamente mirata e personalizzata in base alle preferenze e alle attività dell'utente, migliorando così l'efficacia delle campagne di marketing. Tuttavia, è importante rispettare la privacy dell'utente e garantire che i dati vengano utilizzati in modo etico e responsabile. Contextual advertising: un'altra validissima strategia è la pubblicità contestuale. Tale pubblicità è mirata e personalizzata apposta per l'utente, ma la differenza è questa: le informazioni per adattare la pubblicità non vengono presi dai cookie o dai dati dell'utente, ma bensì vengono riconosciute le parole chiave nel sito e in base al contesto e alla tematica vengono proposte pubblicità correlate. In questo modo, se un utente è interessato all'argomento del sito, potrebbe essere potenzialmente interessato all'argomento dell'annuncio Cookie e legge Negli ultimi tempi la sensibilità nei confronti della potenziale minaccia alla privacy di questi cookie è aumentata notevolmente, tanto è stata promulgata una direttiva UE nel 2009 (la 136/CE) che mira a regolamentare l'uso dei cookie. L'utente deve essere consapevole di cosa sta dando al sito. Tuttavia, si tratta di una direttiva, strumento che l'UE utilizza per obbligare gli Stati al raggiungimento di un certo obiettivo. Pertanto, ogni paese può scegliere come arrivare all'obiettivo prefissato. La soluzione più diffusa è stata inserire dei banner con cui un utente può acconsentire o meno di cedere i propri dati. Alcuni siti, oltretutto, non permettono all'utente di navigare se non accetta i cookie. Conclusioni Il cookieless rappresenta una vera e propria rivoluzione per il mondo del marketing online, che dovrà ripensare le proprie strategie per adattarsi a un nuovo scenario. Il rischio è che molte aziende, non pronte al cambiamento, possano arrancare e subire le conseguenze di una rivoluzione che sta già cambiando il modo in cui gli utenti vivono e navigano il web. Non ci saranno più cookie di terze parti a fornire informazioni su gusti, preferenze e abitudini degli utenti, ma ci saranno nuove possibilità e nuove sfide. È fondamentale, quindi, che le aziende siano preparate e sappiano sfruttare al meglio le nuove opportunità che il nuovo web senza cookie di terze parti può offrire. Solo così potranno rimanere competitive e prosperare nel nuovo scenario. Una delle soluzioni di cui abbiamo parlato in questo articolo è quella del CRM, piattaforma perfetta per raccogliere dati e per rispettare le norme sulla privacy, ancora meglio se come CRM si usa Hubspot. Ti lasciamo pertanto questa risorsa gratuita per approfondire il tema.
Se ti dicono di non leggere un libro perché maledetto, tu lo leggeresti lo stesso? Molto probabilmente sì, perché scatta un meccanismo nel cervello umano che si chiama reattanza, cioè una tendenza umana che reagisce in modo opposto a quanto richiesto o suggerito. In linea di massima questo è lo stesso principio del reverse marketing, una strategia di mercato che cambia il punto di vista e rompe gli schemi. Oggi tutti i brand sono impegnati a presentare i loro prodotti o i loro servizi in toni entusiastici, spiegando che i clienti dovrebbero scegliere loro perché sono i migliori. Ma sulla base di cosa sarebbero i migliori? Perché i clienti dovrebbero scegliere proprio loro? Questo tipo di marketing si sta appiattendo e rischia di risultare anonimo, addirittura fastidioso, agli occhi dei consumatori che vengono bombardati quotidianamente da pubblicità di ogni tipo. Sempre più aziende stanno virando su strategie alternative e innovative, come il reverse marketing, che ribalta completamente l’approccio del brand verso i consumatori finali. Il reverse marketing prevede che il brand parli male di sé. Potrebbe sembrare un controsenso, ma semplicemente cambia la prospettiva: l’obiettivo finale non è convincere l’utente a comprare, quanto piuttosto generare curiosità in modo non convenzionale affinché sia proprio lui ad avvicinarsi al prodotto, e non viceversa (in maniera similare a quanto avviene nell'inbound marketing). Cos’è il reverse marketing e come funziona Il concetto di reverse marketing non è nuovo, infatti fu teorizzato nel 1987 dagli studiosi M. R.Leenders e D.L. Blenkhorn. Oggi sono considerati dei visionari, ma i tempi non erano ancora maturi per una forma di pubblicità così alternativa e per certi versi aggressiva. La pubblicità tradizionale a quel tempo funzionava e non c’era motivo di cambiare rotta, quindi il reverse marketing iniziò a diffondersi solo una decina d’anni dopo, a cavallo tra la fine degli anni ‘90 e l’inizio del 2000. Questa particolare forma di marketing al contrario punta sempre sulla centralità del cliente, ma rapportandolo con l’ambiente e i fattori esterni che in qualche modo possono influenzare le sue scelte. Nel reverse marketing c’è una stretta interazione tra azienda e consumatore, ma è proprio quest’ultimo a fare il primo passo in modo spontaneo. Nel marketing tradizionale invece è l’azienda che segue il cliente, o meglio lo insegue, per spingerlo a compiere l’azione desiderata. Dal momento che sono i consumatori finali ad avviare il rapporto con il brand, di conseguenza sono anche più motivati a saperne di più di quel prodotto che acquisteranno con buone probabilità. Nell’acquirente la curiosità viene stimolata in modo decisamente insolita, parlando in modo critico e polemico nei confronti del proprio brand con una comunicazione per certi versi paradossale, in grado però di attirare i consumatori finali. Come mettere in atto una strategia di reverse marketing? Ormai tutti sanno cosa sono le tecniche di marketing tradizionali e come metterle in pratica, ma il reverse marketing ha un funzionamento totalmente opposto. Il reverse marketing punta a presentare prodotti ad un target specifico parlandone in modo negativo, ma con la sola scusa di indicare incentivi e vantaggi. L’obiettivo è avvicinare le persone in modo spontaneo che, attirate da questa forma di comunicazione inversa, sono incuriosite dal prodotto presentato. Questa strategia, a differenza di quelle tradizionali, non forza all’acquisto il cliente, che non viene trattato come un consumatore finale. Non si tratta di una semplice descrizione di un prodotto da acquistare, cosa che ormai fanno tutti, anche se l’obiettivo finale è lo stesso: vendere. Ed è qui che scatta la psicologia inversa, un meccanismo che spinge una persona a fare ciò che noi desideriamo, ma non in maniera esplicita. Possiamo riprendere l’esempio fatto ad inizio articolo, cioè quello del libro maledetto. Benché leggerlo sia proibito, vietato o fortemente sconsigliato il cervello umano viene spinto da una forza irresistibile e desidera farlo: questo è il già citato principio di reattanza. Le persone, spinte da un paradossale meccanismo di autodifesa, sono più attratte da ciò che è vietato, poiché non conoscere un potenziale pericolo fa più paura che conoscerlo, poiché almeno si hanno i mezzi per affrontarlo. Il reverse marketing sfrutta questi meccanismi del cervello per suscitare interesse e curiosità nelle persone. Quali possono essere i vantaggi del reverse marketing? Il reverse marketing sicuramente si pone come obiettivo finale quello di vendere, anche se perseguendo strade diverse rispetto alle tradizionali strategie. Tuttavia assicura anche una serie di vantaggi che sono i seguenti: Brand identity rafforzata. I brand si fronteggiano sui social con il lancio di numerose campagne di marketing. Il reverse marketing ti consente di differenziarti e quindi gli utenti, durante lo scroll, si fermeranno con più probabilità su un video in cui il brand parla “male” di se stesso poiché rompe le regole, rappresenta una novità da conoscere ed è utile per attirare nuovi contatti e fare lead generation. I contenuti diventano virali e possono raggiungere una platea più ampia di persone, così aumenta anche la visibilità del brand. Una maggiore visibilità non significa solo più traffico e più vendite, ma rafforza anche la stessa brand identity. Il tuo marchio viene percepito come una fonte autorevole nella sua nicchia di mercato, diventando un punto di riferimento; Fidelizzazione del cliente. Il reverse marketing fa percepire in modo diverso il brand agli occhi dei clienti, stanchi di accedere a contenuti che hanno come unico scopo quello di vendere. I tuoi contenuti devono essere di valore, cioè fornire informazioni pertinenti e utili per l’acquirente finale. Si viene così a creare un rapporto solido con il consumatore, che viene fidelizzato, e che trova nel tuo brand un punto di riferimento per risolvere effettivamente il suo problema; Marketing meno aggressivo. Le forme tradizionali di pubblicità sono invasive, disturbano il cliente, e quindi hanno poca presa sul grande pubblico. Il reverse marketing invece è discreto e poco aggressivo, anzi invita il cliente a stare alla larga da quel prodotto o da quel servizio, naturalmente con l’intento di stimolare la sua curiosità. Il brand si stamperà così nella mente del consumatore che, quando dovrà effettuare un acquisto, con ogni probabilità penserà proprio a quel marchio. Attenzione però perché tra tanti vantaggi possono nascondersi delle insidie. Quando si pianifica una strategia di reverse marketing bisogna studiarla nei minimi dettagli perché come possono arrivare buoni risultati possono arrivarne anche di cattivi. Il cliente potrebbe spaventarsi di fronte alle caratteristiche negative dei prodotti e potrebbe andare ad acquistare altrove pertanto le decisioni su questa tipologia di marketing devono essere ben ponderate. Altra cosa è quando si pianifica il reverse marketing bisogna creare attorno a questa strategia una struttura di acquisizione del dato degli utenti e studiare tutto un percorso che porti il lead a diventare cliente finale. Per questa ragione solitamente sono molto utili i progetti CRM. Esempi di reverse marketing vincenti Finora abbiamo analizzato il reverse marketing da un punto di vista teorico, passiamo adesso alla parte pratica elencando alcuni esempi di successo di reverse marketing. Nel panorama italiano una delle influencer che meglio ha saputo applicare la strategia di reverse marketing è ClioMakeUp, alias Clio Zammatteo, che tempo fa sul suo canale Instagram pubblicò un contenuto dal titolo “I prodotti Cliomakeup di cui mi sono pentita”. Già il titolo di per sé suscita interesse, ma il contenuto è ancora più efficace. L’influencer finge di parlare male dei suoi prodotti utilizzando una strategia capace di stregare l’utente. Durante tutto il video Clio sembra parlare in tono critico dei prodotti che ha lanciato, ma sempre in tono polemico elenca poi i loro vantaggi e i loro pregi. “Ogni volta che metto questo prodotto sembra che ho dormito 10 ore, che ho la pelle di una ventenne, e questo non va bene” - questa è una delle frasi che l’influencer dice durante il video, una delle tante ripetute per presentare in modo alternativo le eccellenti caratteristiche dei sui prodotti. L’obiettivo è sempre vendere, ma cambia il modo che risulta anticonvenzionale, ironico e intelligente. Altri marchi invece hanno utilizzato campagne di reverse marketing partendo da un divieto. Uno dei casi più emblematici è quello di Patagonia, che nel 2011 in occasione del Black Friday lanciò una campagna di reverse marketing offline tramite un’inserzione pubblicata sul New York Time. Sopra una giacca della Patagonia campeggiava a caratteri cubitali il divieto: “DON’T BUY THIS JACKET”, cioè “NON COMPRARE QUESTA GIACCHETTA”. L’intento del brand era sensibilizzare le persone sulle problematiche dettate da un mercato consumistico, che aveva un impatto negativo sull’ambiente. Benché la call to action appariva negativa e addirittura invitava a non comprare quella giacca, è stata proprio la comunicazione eco-friendly di Patagonia la carta vincente. Quella campagna infatti ha prodotto un aumento del 30% delle vendite di quella giacca, un altro esempio di come funzioni realmente il principio di reattanza. Una strategia simile è stata usata da Takis, marchio di patatine e snack piccanti. Il brand era molto forte in Messico e negli Stati Uniti, ma voleva conquistare anche il mercato del Canada dove era totalmente sconosciuto. E così ha deciso di fare irruzione nel mercato canadese con un’efficace strategia di reverse marketing tappezzando le città con manifestanti raffiguranti le tortillas piccanti e con la scritta “Don’t eat Takis”, cioè “Non mangiare Takis”. Le persone non sapendo cosa fosse Takis si sono incuriosite e così informandosi hanno potuto conoscere le caratteristiche dei gusti forti e piccanti, descritti appunto come troppo forti e troppo piccanti. In più, come ciliegina sulla torta, Takis ha reso la sua pagina Instagram privata per scoraggiare gli utenti dal seguirla. Naturalmente ha ottenuto l’effetto opposto e come risultato il brand dopo 6 mesi dalla campagna pubblicitaria ha registrato un aumento del 244% delle vendite. Conclusioni Tra le migliori strategie di marketing, soprattutto quelle “fresche” e moderne, rientra sicuramente il reverse marketing. La leva principale è il principio di reattanza: basta “proibire” o “vietare” alle persone di fare qualcosa, per ottenere esattamente l’effetto opposto. È sempre da ricordare di pensare alla strategia di reverse marketing sempre nell'ottica inbound cercando di mettere in piedi una struttura adatta alla gestione dei lead in entrata, ad esempio con un CRM. A tal proposito può darti una mano il nostro ebook, scaricabile gratuitamente a fine articolo, che ti spiega alcune strategie di marketing inbound adottate dalle aziende per soddisfare i bisogni degli utenti con i loro prodotti.
Il Customer Relationship Management (CRM) è una componente fondamentale per il successo aziendale: le sue funzioni permettono di condurre uno studio approfondito del target, andando a intercettare i suoi bisogni specifici e proponendo, poi, un’offerta personalizzata all’altezza delle sue aspettative. Avvalersi di un CRM significa anche semplificare - e in alcuni casi ridurre - la parte operativa del lavoro in un team, dando così a quest’ultimo la possibilità di concentrarsi su altri fattori chiave, come ad esempio quelli strategici. Nel corso del tempo possono avvenire degli “incidenti” che fanno comprendere l’esigenza di cambiare sistema CRM, come ad esempio quando in un e-commerce aumentano i prodotti in magazzino e quindi anche le richieste, contatti e i dati da analizzare, ma ci si rende conto che il sistema non riesce a stare al passo con queste “richieste”. In questi casi potrebbe diventare necessario valutare se il sistema CRM attuale è ancora in grado di soddisfare le esigenze dell'azienda e pensare, eventualmente, di migliorarlo o sostituirlo. In questo articolo, esploreremo i segnali chiave che indicano il bisogno di cambiare il sistema CRM e cercheremo di dare dei consigli per effettuare una transazione quanto più efficace possibile. Inoltre, vedremo come valutare le esigenze aziendali e i requisiti del nuovo CRM per selezionare la soluzione più adatta. CRM aziendale: segnali che indicano il bisogno di cambiare Quando un'azienda deve iniziare a considerare seriamente l'idea di cambiare il sistema CRM? Ci sono alcuni segnali chiave che possono aiutare a identificare il momento opportuno per questa transizione. Vediamoli di seguito. Ridotta soddisfazione dei clienti e scarsi risultati Se i clienti si lamentano di una scarsa esperienza o se i risultati delle campagne di marketing sono in calo, potrebbe essere il momento di valutare se il sistema CRM attuale sia in grado di supportare le necessità dell'azienda e fornire il livello di personalizzazione richiesto per mantenere i clienti soddisfatti. Limitazioni tecniche e scalabilità Un sistema CRM obsoleto potrebbe avere limitazioni tecniche che impediscono all'azienda di adattarsi alle nuove esigenze del mercato o di gestire l'aumento dei dati e delle informazioni dei clienti. Questo può ostacolare la crescita e la scalabilità dell'azienda. Il CRM non è user friendly Il CRM è uno strumento utilizzato sia dal team interno, che dai clienti stessi. È fondamentale che l’interfaccia funzioni bene, carichi rapidamente le pagine e sia facile e intuibile da utilizzare. Quando accade il contrario può diventare un problema per i flussi di lavoro. Il CRM non si integra con altri sistemi Quando ciò accade, si parla di vere e proprie barriere per la crescita aziendale, in quanto la mancanza di una struttura che consenta di fare data integration con altri sistemi aziendali oppure con gli ecommerce, diviene difficile lavorare e analizzare i dati. In quest’ottica qual è l’approccio ideale per una transazione efficace? Vediamolo nel prossimo paragrafo. Qual è l’approccio per una transizione efficace al nuovo sistema CRM Indubbiamente, quando si introducono dei cambiamenti in azienda, di qualsiasi tipo essi siano, la prima reazione è quella di disagio e riluttanza. Ma a volte i cambiamenti si rivelano essere fondamentali e allora è necessario seguire una strada formativa interna attenta. Probabilmente un primo consiglio potrebbe essere quello di pianificare la transizione, rendendola così più agevole. In secondo luogo una valutazione che forse si fa di rado è relativa al tempo che ci vuole per utilizzare un nuovo gestionale e alle relative predisposizioni delle persone nel capirlo. In una fase di transizione bisogna sempre prevedere un periodo di rodaggio, facendolo rientrare nel normale iter formativo, così come possibili errori che il team può commettere. Quali sono le valutazioni da fare per inglobare un nuovo CRM in azienda? Vediamolo nel prossimo paragrafi. Valutazione delle esigenze aziendali e dei requisiti CRM Prima di partire con un nuovo progetto CRM, è essenziale comprendere le esigenze specifiche dell'azienda. Questo include coinvolgere i team di vendita, marketing e assistenza clienti per identificare le funzionalità necessarie e i requisiti di integrazione con altri sistemi aziendali. Ciascun reparto in azienda ha le sue necessità e i suoi compiti, un CRM adeguato deve tenere conto di tutto questo e avere specifiche funzionalità a seconda dell’obiettivo. Una volta individuate l’operatività che il CRM deve garantire, bisogna selezionare quello più affidabile per l’azienda. Selezione di un nuovo CRM Questo processo richiede una valutazione approfondita delle opzioni disponibili, inclusa la considerazione dei costi, dell'usabilità, dell'assistenza clienti e delle capacità di personalizzazione. Un coinvolgimento attivo del team durante questa fase, può aiutare a garantire una scelta consapevole e un'adeguata adozione del nuovo sistema. Il team utilizzerà il CRM ogni giorno e dovrà essere utile soprattutto allo staff in ottica operativa, di conseguenza è importante ascoltare il suo parere in merito. Come già specificato nel corso di questo articolo è importante valutare una molteplicità di aspetti prima di introdurre un nuovo CRM in azienda, sebbene questa sia un’operazione necessaria e doverosa da fare. Una delle piattaforme che riesce a stare al passo con le esigenze dei vari team aziendali è senza ombra di dubbio Hubspot, che consente con una sola piattaforma di integrare tutti i dati provenienti da ecommerce, piattaforme social e altre applicazioni e di usare il dato raccolto per segmentare e comunicare in maniera personalizzata con i lead. Hubspot inoltre consente di avere tutti i dati derivanti dal reparto marketing, sales e service in un'unica piattaforma e di aumentare così il livello complessivo di customer experience. Conclusioni Cambiare il sistema CRM è una decisione importante che richiede attenta considerazione. Monitorare segnali come la soddisfazione dei clienti, le limitazioni tecniche, le difficoltà d’integrazione con altri software, aiuterà a capire quando è il momento di effettuare questa transizione. Un approccio strutturato, comprendente una valutazione delle esigenze aziendali e la selezione accurata del nuovo CRM, è fondamentale per una transizione efficace e per garantire che l'azienda possa continuare a sfruttare al meglio il potenziale delle relazioni con i clienti. Hubspot come detto rappresenta, ad oggi, uno dei CRM più completi da valutare per la propria azienda, per questo ti lasciamo il nostro ebook con le sue funzionalità gratuite che la piattaforma mette a disposizione. In ogni caso puoi sempre affidarti a degli esperti Hubpsot per farti guidare verso la soluzione migliore possibile, in linea con le tue esigenze.
Cosa si intende per crisis management? L’insieme delle procedure di comunicazione che aiutano un’azienda a rispondere a eventi critici - annunciati o meno - senza danneggiare l’immagine del brand. Nessuna azienda vorrebbe affrontare queste eventualità, ma purtroppo se si verificano bisogna essere preparati. Per questo motivo le crisi aziendali devono essere comprese in un piano strategico e bisogna preventivarne le conseguenze. La mancanza di preparazione in merito a eventi come questi, compromette la reputazione dell’azienda e mina la fiducia dei clienti, degli investitori e degli stakeholder. I ruoli cruciali nella preparazione delle strategie di crisis management sono i HR manager, il team di comunicazione e marketing, il team giuridico e la logistica. Le tipologie di crisi che si possono paventare sono crisi improvvise e crisi prevedibili. La differenza sostanziale sta nel fatto che le prime possono essere casi come incendi, emergenze sanitarie, infortuni o morti sul lavoro. Le seconde, dette anche issue management o risk management, possono essere casi come ristrutturazione aziendale, passaggio generazionale dell’azienda o possibili procedimenti legali. In entrambe le situazioni è importante che una base di azione sia sempre impostata, ma è il secondo tipo di crisi che effettivamente può essere incluso in una strategia e affrontato in modo efficiente. Vediamo nei prossimi paragrafi come è possibile prepararsi alle crisi aziendali e cosa bisogna fare per evitare danni all’immagine dell’azienda. Come prepararsi alle crisi aziendali Per affrontare efficacemente le crisi aziendali, è fondamentale seguire un processo di gestione della crisi ben strutturato, che si compone principalmente di tre fasi chiave. Queste sono: Analisi prima della crisi; Risposte operative ai rischi; Gestione della comunicazione - durante e dopo. Esaminiamo in dettaglio queste fasi e come prepararsi adeguatamente per far fronte alle sfide impreviste. Analisi dei rischi e pianificazione preventiva Una strategia fondamentale per affrontare le crisi aziendali è condurre un'approfondita analisi dei rischi. Questo processo coinvolge l'identificazione delle potenziali minacce che potrebbero colpire l'azienda, valutando la probabilità del loro verificarsi e l'impatto che potrebbero avere sulle operazioni e la reputazione dell'azienda. Basandosi sui risultati dell'analisi, l'azienda può sviluppare un piano di gestione delle crisi, che include procedure chiare e azioni preventive da intraprendere in caso di emergenza. In questa fase è importante tenere conto di questi aspetti: Probabilità che si verifichino gli eventi negativi; Possibili conseguenze della crisi - negative e meno negative; Probabile danno aziendale - valutando il danno finanziario, operativo e reputazionale. È importante pertanto che le aziende siano strutturate per raccogliere una buona quantità di dati da analizzare. Uno dei mezzi che le aziende usano è il CRM, che consente di immagazzinare dati provenienti dai clienti non solo per fare del marketing targetizzato ma anche per analizzare tendenze di mercato e problematiche riscontrabili tra azienda e clienti. Risposte operative ai rischi In questa fase bisogna prevedere le possibili risposte strategiche e operative alla crisi. Ciò potrebbe comportare l'implementazione di sistemi di monitoraggio avanzati per rilevare segnali di pericolo e attuare misure preventive tempestive. Ad esempio, nel caso del rischio sismico, l'azienda potrebbe investire in tecnologie di monitoraggio e miglioramento delle infrastrutture per ridurre i danni in caso di terremoto. Un altro possibile scenario potrebbe essere il temporaneo malfunzionamento dei macchinari di produzione. In questo caso lo stop alla produzione andrebbe preventivato per un periodo e incluso nelle spese aziendali. Al rischio di errori di duplicazione dei dati, le aziende potrebbero mettere in piedi sistemi di data integration tra piattaforme, ad esempio collegare l'ecommerce con il gestionale. O ancora casi di hackeraggio, che possono compromettere la privacy dei dati raccolti, può essere un’altra eventualità negativa che deve essere preventivata e gestita con sistemi di protezione avanzati. Comunicazione e formazione interna Questa è la fase clou di una crisi aziendale, quella in cui si decidono le sorti della stessa nei confronti dell’opinione pubblica. In primo luogo una crisi non va mai negata o nascosta, ma sempre ammessa e non solo, perché bisogna condividere anche il processo di azione che si intende intraprendere. Il responsabile della comunicazione, in collaborazione con il suo team e, se necessario, consulenti esperti, deve creare un piano di crisis communication. Questo piano prevede sia strategie di comunicazione proattive che reattive. È chiaro quindi che per prepararsi a una crisi aziendale, gli step da seguire siano tutt’altro che semplici. Bisogna riuscire a prevedere ogni dettaglio e non dare mai nulla per scontato. Vediamo nel prossimo paragrafo cosa bisogna fare in caso di crisi.. Come reagire alle crisi aziendali in modo efficace Per far sì che una crisi possa essere gestita al meglio bisogna predisporre un team di gestione apposito - in grado di utilizzare anche strumenti specifici - e lavorare molto sulla comunicazione esterna, evitando così la disorganizzazione nell'azienda sui ruoli da compiere. Avere sempre chiaro cosa dicono le persone della propria azienda, utilizzando quindi i social e il sistema di recensioni, diviene necessario per preventivare il modo di comunicare in caso di crisi. Vediamo nello specifico di cosa si tratta - rispettivamente ai due punti citati - nei prossimi paragrafi. Costruire un team di gestione delle crisi La creazione di un team di gestione delle crisi è un elemento cruciale per affrontare le emergenze in modo efficace. Questo gruppo dovrebbe essere composto dai principali responsabili decisionali dell'azienda e da esperti rilevanti, come rappresentanti delle relazioni pubbliche, del reparto legale e della gestione delle risorse umane. Inoltre, questo team, dovrà essere in grado di utilizzare anche specifici strumenti tecnologici - se richiesto - per monitorare una possibile crisi preventivata. Il team di gestione delle crisi sarà responsabile di prendere decisioni tempestive e informate durante l'evento critico, coordinando le azioni dell'organizzazione e comunicando con le parti interessate esterne. Il team di gestione della crisi deve individuare le principali issue o questioni cruciali che potrebbero sorgere durante la crisi. Inoltre, devono essere definiti i relativi stakeholder coinvolti, ovvero le parti interessate interne ed esterne che potrebbero essere influenzate dalla crisi. Questo aiuta a determinare i messaggi e le esigenze di comunicazione per ciascun gruppo. Inoltre, è essenziale identificare diverse vie di comunicazione da seguire durante una crisi. Ciò include comunicati stampa, discorsi ufficiali, post sui social media dell'azienda o dei suoi vertici e, se necessario, la preparazione di documenti di Q&A (Domande e Risposte) per rispondere alle domande frequenti. Per questo prevedere un progetto CRM per i processi aziendali potrebbe essere una delle soluzioni da adottare per la comunicazione con non solo all'interno dell'azienda ma anche con gli altri stakeholder. Migliorare la comunicazione esterna e la gestione dell’immagine La parte di comunicazione è alquanto fondamentale da gestire con attenzione, preventivando anche le possibili critiche e provocazioni a cui l’azienda potrebbe essere sottoposta. Da qui l’esigenze di avere sempre una panoramica aggiornata dei social aziendali. Una comunicazione trasparente, tempestiva e coerente con i media, i clienti, gli investitori e gli stakeholder può contribuire a mitigare i danni e a mantenere la fiducia del pubblico. È importante che l'azienda abbia un piano di comunicazione ben strutturato per fornire aggiornamenti costanti sulle misure intraprese per affrontare la crisi e sulle prospettive future. Conclusione Prepararsi alle crisi aziendali è essenziale per garantire la resilienza e la continuità operativa dell'azienda. Attraverso l'analisi pre-crisi, l'identificazione dei rischi, la definizione degli scenari, la preparazione delle risposte operative e la gestione efficace della comunicazione di crisi, le aziende possono essere pronte ad affrontare gli ostacoli con una strategia ben pianificata. La gestione proattiva delle crisi consente alle aziende di prendere decisioni tempestive ed efficaci, proteggendo la reputazione e la fiducia degli stakeholder, e contribuendo a trasformare le difficoltà in opportunità di crescita e miglioramento.
Oggi la quantità dei dati che un’azienda può avere a disposizione è molto ampia. È per questo motivo che bisogna imparare a raccoglierli e organizzarli, in modo da poterli utilizzare al momento giusto e nel modo corretto. I dati che un’azienda raccoglie grazie alle varie campagne marketing rappresentano un’opportunità unica per migliorare il proprio servizio, nonché per personalizzare le interazioni con i clienti. Pensiamo ad esempio a quando si decide di realizzare una landing page per generare conversione o anche, semplicemente, a quando con i social aziendali si interagisce con i propri possibili clienti. In entrambe queste situazioni l’azienda entra in contatto con informazioni importanti, che possono determinare il successo di una campagna di marketing, se amministrati bene. Tuttavia, gestire una vasta quantità di informazioni può diventare un compito arduo e controproducente, se non si dispone degli strumenti giusti per organizzarle ed elaborarle in modo efficace. Ed è qui che entra in gioco il CRM (Customer Relationship Management): uno strumento fondamentale per le aziende che desiderano sfruttare appieno il potenziale dei dati dei clienti. Scopriamo nei prossimi paragrafi quanto un CRM è fondamentale per un'agente di vendita. Perché un CRM è funzionale e fondamentale per gli agenti di vendita Un CRM è una soluzione software progettata per aiutare le aziende a organizzare, gestire e analizzare le interazioni con i clienti. Oltre a fornire un database centralizzato dei clienti, i CRM offrono una vasta gamma di funzionalità che consentono agli agenti di vendita e agli inbound sales di ottimizzare il proprio lavoro e migliorare l'esperienza del cliente. Un CRM funge da archivio di informazioni essenziali sui clienti, tra cui dettagli di contatto, cronologia delle interazioni, preferenze e altro ancora. Questo rende più semplice per gli agenti accedere rapidamente alle informazioni rilevanti di ciascun cliente, consentendo loro di personalizzare le interazioni e offrire un servizio più mirato. Il CRM consente agli agenti di vendita di conoscere in modo anticipato le loro esigenze, i loro dubbi e le loro necessità, così da proporre i servizi che più possono andare incontro alle loro aspettative. In questo senso, conoscere adeguatamente il prospect prima di interloquire con lui, pone l’azienda in una situazione di indubbio vantaggio rispetto ai competitor. Approfondiamo nei prossimi paragrafi quali sono i vantaggi di un CRM. Quali sono i vantaggi di un CRM per gli agenti di vendita Affidarsi al supporto di un CRM consente di avere sotto controllo i dati dei clienti, così da studiare con attenzione il loro comportamento d’acquisto, nonché il flusso dei loro interessi. Ma i vantaggi non sono legati solo al rapporto tra azienda e clienti, ma anche e soprattutto al lavoro degli agenti di vendita, che sono facilitati sia operativamente che strategicamente. In particolare i vantaggi per gli agenti di vendita di affidarsi a un CRM, come può essere Hubspot CRM, sono i seguenti: organizzazione dei dati dei clienti; gestione delle attività e dei compiti; monitoraggio delle opportunità di vendita; automazione dei processi; analisi e reportistica; collaborazione e condivisione delle informazioni. Organizzazione dei dati dei clienti Una delle principali sfide per gli agenti di vendita è la gestione e l'organizzazione di un'enorme quantità di dati dei clienti. Senza uno strumento adeguato, i dati possono essere dispersi e difficili da trovare. Un CRM offre un sistema centralizzato in cui tutti i dati dei clienti sono facilmente accessibili e ordinati in modo logico. Questo permette agli agenti di avere una visione chiara di ciascun cliente e di essere più preparati durante le interazioni. Al momento dei colloqui conoscitivi un potenziale cliente può avere delle rimostranze in merito a un servizio, ma questo lo si può già immaginare se si conoscono i suoi dubbi prima ancora di incontrarlo. Ecco perché diviene fondamentale raccogliere i dati dei prospect con attenzione, così da poterli studiare. Gestione delle attività e dei compiti Un altro beneficio chiave di un CRM per gli agenti di vendita è la gestione delle attività e dei compiti. Il software consente agli agenti di creare liste di attività, impostare promemoria e pianificare appuntamenti con i clienti. Questo aiuta a mantenere un flusso di lavoro organizzato e a non perdere di vista le attività importanti, migliorando così l'efficienza e la produttività. Avere a disposizione maggior tempo per preparare gli incontri con i clienti diventa molto importante e questo è possibile soltanto se è più facile gestire tutti gli altri compiti operativi e gestionali. Monitoraggio delle opportunità di vendita Con un CRM, gli agenti di vendita possono monitorare e gestire le opportunità di conversione in modo più efficace. Il sistema tiene traccia di tutte le interazioni con i lead e i clienti, consentendo agli agenti di identificare le opportunità di vendita e agire al momento giusto. Questo aiuta a massimizzare le possibilità di conversione e a incrementare le vendite complessive. Fare una verifica dei dati consente agli agenti di vendita di profilare i clienti e di distinguere tra quelli che sono realmente interessati e quelli che si stanno solo informando. Automazione dei processi I CRM offrono funzionalità di automazione che semplificano le attività quotidiane degli agenti di vendita. Ad esempio, l'invio di email di follow-up o promemoria di chiamate può essere automatizzato, consentendo agli agenti di risparmiare tempo prezioso. L'automazione riduce il carico di lavoro amministrativo, consentendo agli agenti di concentrarsi maggiormente sulle attività di vendita e sulla gestione dei clienti. Analisi e reportistica Un altro vantaggio significativo elle piattaforme CRM come Hubspot è la capacità di generare report e analizzare i dati dei clienti. Gli agenti di vendita possono accedere a report dettagliati sulle prestazioni individuali e del team, consentendo loro di identificare punti di forza e di debolezza. Queste analisi aiutano a prendere decisioni più informate e a sviluppare strategie più efficaci per aumentare le vendite. Collaborazione e condivisione delle informazioni Infine, un CRM facilita la collaborazione tra gli agenti di vendita e altri reparti aziendali, come l'assistenza clienti. Condividendo le informazioni dei prospect all'interno del CRM, gli agenti di vendita possono collaborare con altri colleghi per risolvere le richieste dei clienti in modo tempestivo e accurato. Questo miglioramento della comunicazione e della condivisione delle informazioni, aumenta l'efficienza complessiva dell'azienda e garantisce una migliore esperienza del cliente. Conclusioni I CRM sono strumenti fondamentali per gli agenti di vendita che desiderano ottimizzare il proprio lavoro e migliorare l'esperienza dei clienti. Grazie alla capacità di organizzare i dati dei clienti, gestire le attività, monitorare le opportunità di vendita, automatizzare i processi, analizzare i dati e favorire la collaborazione aziendale, i CRM rappresentano una risorsa indispensabile per le aziende moderne. Con un progetto CRM ben implementato, gli agenti di vendita possono ottenere un vantaggio competitivo, migliorare le prestazioni e raggiungere nuovi livelli di successo nel loro lavoro. Il miglior CRM per agenti è quello capace di dare una panoramica completa, intuitiva e facile da consultare in ogni momento. In questo senso Hubspot CRM potrebbe rispondere a queste aspettative.
Non possiamo più fare a meno dei motori di ricerca, sono come il fuoco, la macchina a vapore o altre invenzioni fondamentali per l’uomo e il suo vivere quotidiano. Nati qualche decennio fa come raccoglitori di siti web, sono ora uno strumento essenziale della nostra quotidianità che ci permette di raggiungere una quantità sterminata di informazioni da una miriade di fonti differenti. Sono l’astronave che ci accompagna nell’esplorazione dello sconfinato universo del web. Ormai è parte integrante delle strategie di marketing di un ecommerce o di un’impresa la SEO (Search Engine Optimization), l’ottimizzazione del posizionamento del proprio sito sul motore di ricerca. Cosa significa in parole povere? Quando apriamo il browser sul cellulare o sul nostro computer, e cerchiamo qualcosa, ci escono 10 siti con tanto di anteprima solitamente accattivante. L’obiettivo di una strategia SEO è posizionarsi (possibilmente) primi o comunque nella prima pagina di Google con il proprio sito, in modo da comparire tra le prime scelte di un utente che sta navigando online. Apparire tra i risultati in cima alla prima pagina è essenziale. Solo il 9% si inoltra fino in fondo alla prima pagina, e lo 0,44% si spinge addirittura fino alla seconda pagina. Pochi utenti tendono a scendere tra i vari link fino in fondo, piuttosto preferiscono cambiare la query nella barra di ricerca e tentare di spiegare meglio ciò che cercano e non trovano. Capiamo bene che la SEO è fondamentale, ma non esiste solo l’ottimizzazione del sito nella SERP (Search Engine Results Page). Ci sono altri due sigle che aprono a due concetti distinti ma collegati tra loro: SEA (Search Engine Advertising) e SEM (Search Engine Marketing). SEO, SEM E SEA: cosa sono? Cos'è il Search Engine Optimization La SEO è, come detto, l’ottimizzazione del sito web e dei contenuti finalizzata al miglior posizionamento possibile nella SERP. Negli ultimi anni, si rivelano fondamentali per fare SEO l’aggiunta di immagini o video e altri contenuti (si parla infatti di strategia di content marketing) chiave che possono essere mostrati in prima pagina per aiutare il più velocemente possibile l’utente che sta cercando una determinata cosa. Nacque all’incirca a metà degli anni ‘90 il termine SEO, ma l’ottimizzazione era iniziata anni prima. Tre tipi ne esistono, e sono differenziati nello stesso modo in cui sono divisi le 3 tipologie di hacker: White Hat, Grey Hat, Black Hat. La SEO White Hat è un’insieme di tecniche non solo ovviamente consentite ma caldamente consigliate da Google per migliorare il design e la struttura di un sito web con l’obiettivo di raggiungere le vette dei primi risultati in modo equo, lecito e competitivo. Il Black Hat, invece, è il contrario: sono tecniche illecite, non accettate dai motori di ricerca, tecniche sleali che danno un potente vantaggio iniziale ad un sito ma le conseguenze sono dannose e alle volte letali, dal momento che i browser stanno costantemente controllando e modificando gli algoritmi per bloccare queste tecniche e penalizzare gli sleali con la chiusura del sito web. Queste tecniche comprendono l’acquisizione di massa di link a pagamento, il riempimento della page di keyword e così via. La Grey Hat SEO è un mix delle due, una linea strategica che mira comunque soltanto a migliorare meramente i posizionamenti sulla SERP offrendo alle volte contenuti di qualità scadente, ma che comunque non viola le regole e non sfocia in comportamenti proibiti finalizzati al vantaggio sleale. Cos'è il Search Engine Advertising Come dice il nome Search Engine Advertising, il SEA comprende tutti i processi di marketing mirati a condurre sempre più visitatori nel proprio sito. Più budget dedichiamo a questa strategia, più successo otteniamo. Pagando il motore di ricerca è possibile posizionarsi nei primi posti sponsorizzati, vincendo l’asta tra tanti altri siti. Serve a garantire che ai primi posti si posizionino le aziende che sono interessate veramente all’attività d’impresa. Che differenze ci sono tra SEA e SEO? Innanzitutto i costi, dal momento che il SEA prevede una spesa più o meno cospicua per essere messa in pratica, al contrario della SEO che non richiede soldi in più. Le metodologie e i software utilizzati cambiano, ovviamente: se per il SEA si utilizzano piattaforme di advertising esterne come Google Ads, per la SEO ci si avvale dei CMS, come Hubspot CMS, e dei software legati alla gestione dei contenuti all'interno del sito. I tempi non sono gli stessi: mentre il SEA mostra risultati fin da subito e la durata è tanto lunga quanto si intende spendere, per la SEO è richiesto tanto lavoro e un costante miglioramento per portare e tenere il sito tra i primi posti sulla SERP. Cos'è il Search Engine Marketing La SEM, Search Engine Marketing, è il contenitore di tutte le strategie SEO e SEA per generare traffico sul proprio sito e portare lead potenzialmente interessati al prodotto o servizio. Alle volte si incappa nell’errore di parlare di SEM soltanto citando la SEA, confondendo i termini. La SEM comprende sia la SEA, quindi strategie di pagamento per risultare sponsorizzati nei primi posti della SERP, sia le attività di SEO per comparire nei primi risultati con il semplice potenziamento del sito lato on-site (contenuti) e off-site (link interni e esterni). SEO e SEA: Come funzionano? Il funzionamento della SEO La SEO, come detto, è l’ottimizzazione del sito per spingerlo in alto sulla pagina dei risultati di una ricerca google. Ci sono varie tecniche SEO che si possono sfruttare, vediamole meglio. La struttura, per esempio, si progetta per essere gerarchica e semplice per l’utente che naviga. I contenuti vengono distribuiti in modo omogeneo e schematico, con una linea precisa, non disposti a caso. Vengono quindi tolti i “muri di testo” e formattati i testi in modo leggibile e accattivante. Le immagini vengono ottimizzate, rendendole meno pesanti senza andare a intaccare la qualità; negli ultimi anni le strategie SEO includono contenuti di tipo foto e video da presentare all’utente. Vengono poi inseriti i link interni per navigare facilmente tra le pagine del sito e vengono perfezionati i meta tag (H1,H2,H3…, Title, URL). Le parole chiave sono fondamentali per permettere al motore di ricerca di posizionare bene il sito, ma non devono essere spammate perché si rischia di passare al Blackhat SEO. Anche i siti esterni (backlink) non vengono tralasciati nel completamento del sito, poiché sono una garanzia di affidabilità, di sicurezza, soprattutto se si tratta di siti importanti e autorevoli. Tutto ciò aiuta a migliorare il ranking del sito. Per ulteriori informazioni ti consigliamo di leggere il nostro articolo sulla SEO per ecommerce. Il funzionamento della SEA La strategia in questione si avvale di: strategie PPC (pay per click), ovvero si paga ogni volta che un utente clicca sul link sponsorizzato; strategie legate alla brand awareness, come il pay per impression; strategie pay per conversion, legate alla conversione effettuata all'interno del sito. Innanzitutto l’inserzionista individua le parole chiave con cui un utente può finire sul loro sito. Quindi procede nel creare gli annunci con le parole chiave, stabilendo un’offerta massima che è disposto a pagare per ogni keyword. Il ranking è deciso da un’asta a cui partecipano varie aziende per la stessa parola chiave. L’asta è vinta da chi offre di più, ma non solo: contano anche i contenuti e la qualità. Se un sito presenta una qualità eccezionale e migliore degli altri, può ottenere una posizione più alta senza sborsare troppo. I parametri di monitoraggio della strategia servono agli esperti per verificarne e migliorarne l’efficienza. Tra questi figurano: click sull’annuncio; impressioni (visualizzazioni dell’annuncio, che indicano la portata e l’efficienza); CTR (click through rate), rapporto tra click e impressioni; conversioni, azioni completate dall’utente dopo aver visto l’annuncio; CPA (costo per acquisizione), costo di ogni conversione; CPC (costo per click); spesa totale della campagna SEA; ROI (return on investment) e ROAS (return on advertisting spend), rapporto tra profitto generato e spesa totale; Cosa usare tra SEO e SEA? Dopo aver compreso cosa sono e come funzionano le due strategie che fanno parte del SEM, risulta probabilmente intuibile che sono entrambe fondamentali nel potenziamento del ranking sulla SERP. La SEO è ottima perché non presenta costi aggiuntivi e se applicata bene importa dei vantaggi duraturi al proprio sito. La SEA dà una spinta in più, basata sostanzialmente sul budget che si intende investire, e posiziona il sito tra i primi risultati sponsorizzati grazie anche alla qualità dei contenuti del sito web. Ogni strategia ha i suoi punti di forza e sono entrambe estremamente utili ed efficienti per portare visite al nostro sito. È utile affiancarle e sfruttarle in modo integrato, per raggiungere la miglior posizione nella SERP e aumentare l’utenza e la conversione dei lead. Quale strategia tra SEO e SEA è consigliata alle aziende? Per quanto riguarda le aziende più nello specifico, il consiglio è quello di usare il giusto mix tra le due strategie. La SEA solitamente viene usata dalle imprese startup e dai progetti ecommerce appena partiti per avere un boost iniziale su conversioni, nel caso l'obiettivo sia la lead generation, e vendite. Questo perché la SEO può essere considerato come uno strumento a lungo termine, infatti le aziende più affermate sono quelle con la SEO migliore. SEO e SEA sono incompatibili per le imprese? No, le due strategie si possono e debbono essere usate con il giusto mix. I grandi brand infatti, per mantenere il loro sito o ecommerce in prima posizione sulla SERP, non usano solamente la SEO, poiché potrebbero essere scavalcate da chi usa la SEA inserendo la loro keyword nelle campagne. Pertanto almeno una campagna di brand protection, insieme all'impegno verso la SEO, è consigliato averla attiva. Inoltre nelle startup è importantissimo sì fare advertising ma non curare la SEO significa essere costretti ad investire risorse in advertising anche a lungo termine, vista l'impossibilità di ottenere un buon posizionamento senza una strategia SEO. Il ruolo del CRM per la SEO e la SEA Ormai per gestire al meglio un ecommerce non si può fare a meno di un Customer Relationship Management, o CRM, un software specializzato nell'organizzare in un unico ambiente, accessibile a tutti i dipendenti, i contatti, i lead, le loro attività, le interazioni con essi e tutti i dati relativi. Ma come un CRM può aiutarci nel condurre le strategie SEO e SEA? È sicuramente un grande ausilio per raccogliere tutti i dati provenienti dalle campagne SEA e gestire le campagne stesse con l'obiettivo di portare sempre più visitatori sul sito ed accompagnarli fino a farli diventare clienti. Aiuta a monitorare da quali fonti i lead giungono sul sito (se tramite ricerca organica o un link condiviso, ad esempio, o magari ancora dalle campagne di advertising pagate) dando quindi indicazioni su cosa tra SEO e SEA sta funzionando o meno sul sito. Ciò che inoltre un CRM aiuta a fare è a creare e gestire i contenuti del sito, per ottimizzare la SEO e spingere il website nei primi risultati della SERP. Dalle campagne pubblicitarie e dalla SEO è possibile poi fare della segmentazione per trasformare il lead acquisito in cliente finale personalizzando tutta la fase di lead nurturing.
Hai mai sentito parlare di content velocity? In questo articolo proveremo a spiegarti di cosa si tratta e di come può aiutare l’azienda in una strategia di posizionamento SEO, ma non solo. Produrre contenuti in grande quantità, vuol dire dare un’immagine dell’azienda autorevole perché capace di generare contenuti aggiornati e utili ogni settimana. In ambito di una strategia di inbound marketing, la content velocity permette di raggiungere obiettivi di brand awareness, molto importanti per un’azienda. La content velocity può anche essere aumentata. Questo è possibile pianificando e organizzando un piano editoriale dettagliato, che permetta di rendere la produzione dei contenuti ancora più rapida. Approfondiamo nei prossimi paragrafi cos’è la content velocity e come può aiutare il posizionamento di un’azienda. Cos’è la content velocity La content velocity è la velocità con cui un'azienda genera e distribuisce contenuti nel corso del tempo. Si tratta di una metrica che misura la quantità di contenuti prodotti in un determinato periodo di tempo, come settimane, mesi o trimestri. La content velocity è un elemento chiave nel campo del content marketing e dell'ottimizzazione dei motori di ricerca (SEO), in quanto influisce sull'autorità, sulla visibilità e sul posizionamento di un'azienda nei risultati di ricerca rilevanti. L’obiettivo della content velocity è quello di contribuire ad aumentare il livello di coinvolgimento degli utenti. Indubbiamente, poi, aumentando la produzione dei contenuti è più facile anche creare dei funnel di conversione che comprendano post blog, pacchetti di mail nurturing o anche contenuti di approfondimento. Più sono i contenuti disponibili per il target, più le possibilità che loro intercettino delle informazioni utili aumentano, magari scaricando una guida apposita, più è facile che si sentano maggiormente coinvolti dall’azienda. Perché la content velocity è importante per le aziende La content velocity è importante per le aziende per diversi motivi. Innanzitutto, una maggiore content velocity consente di generare un volume più elevato di contenuti, il che può aumentare l'attrattiva del sito web per i motori di ricerca e migliorare il posizionamento nei risultati di ricerca. Inoltre, la content velocity può contribuire a costruire autorità tematica su determinati argomenti, posizionando l'azienda come un punto di riferimento nella sua industria. Pensiamo a un brand che ha l’obiettivo di posizionarsi sul mercato per un determinato argomento (salute, tecnologia, sport etc). Per far sì che questo avvenga, è necessario produrre un gran numero di contenuti mensili, sempre utili e aggiornati. Un altro esempio potrebbe riguardare gli e-commerce. Anche in quel caso, per posizionare il blog di un negozio online, parlando quindi dei suoi prodotti e di come quest’ultimi possano risolvere un problema del cliente potenziale, sarà necessario scrivere una grande quantità di articoli. (Per ulteriori info leggi il nostro articolo sui blog per ecommerce) In entrambi i casi, la content velocity risponde a questa esigenza. Questa strategia può portare a un aumento del traffico organico e dell'engagement degli utenti. Infine, una content velocity elevata consente di soddisfare le esigenze di un pubblico, oggi sempre più pretenzioso, e di rimanere competitivi in un mercato in continua evoluzione. Come aumentare la content velocity È possibile implementare la content velocity? La risposta è sì. Per aumentare la content velocity, è possibile adottare diverse strategie e tattiche. Ecco alcuni suggerimenti che potrebbero esserti utili: Pianificazione e organizzazione: sviluppare un piano editoriale dettagliato che identifichi gli argomenti chiave, le parole chiave e i formati di contenuto prioritari. Questo consentirà di gestire in modo efficiente la produzione dei contenuti e garantire un flusso costante di pubblicazioni; Team e risorse: creare un team dedicato alla produzione di contenuti e assegnare chiaramente le responsabilità e i ruoli. Assicurarsi di avere le risorse necessarie, come scrittori, editor e designer, per supportare l'aumento della content velocity; Processi efficienti: ottimizzare i processi di creazione, revisione e pubblicazione dei contenuti per ridurre i tempi morti e massimizzare l'efficienza. Utilizzare strumenti e software collaborativi per facilitare la comunicazione e la gestione dei progetti. In questo senso Hubspot è perfetto per gestire i contenuti e per la valutazione delle loro prestazioni; Cura dei contenuti: mantenere l'attenzione sulla qualità dei contenuti nonostante la velocità di produzione. Assicurarsi che i contenuti siano accurati, ben scritti, pertinenti per il pubblico e ottimizzati per i motori di ricerca, Riutilizzo dei contenuti: sfruttare al massimo i contenuti prodotti, riproponendoli in diversi formati e su diverse piattaforme. Ad esempio, un articolo del blog può essere trasformato in un video, in un podcast o in una serie di post sui social media. Conclusioni La content velocity è un elemento chiave per il successo delle aziende nel campo del marketing dei contenuti e dell'ottimizzazione dei motori di ricerca. Aumentare la velocità di produzione e distribuzione dei contenuti può avere un impatto significativo sull'autorità, sulla visibilità e sull'engagement degli utenti. Tuttavia, è importante mantenere l'equilibrio tra la velocità e la qualità dei contenuti, per garantire che siano accurati, utili e rilevanti per il pubblico di riferimento. Con una strategia ben pianificata e l'implementazione di processi efficienti, le aziende possono aumentare la content velocity e ottenere risultati positivi nel loro marketing dei contenuti. Indubbiamente l'automazione può aiutare a produrre tanti contenuti in modo rapido, ecco perché iniziare con un progetto Hubspot, rappresenterebbe un importante supporto. Nel frattempo ti consigliamo di leggere il nostro ebook gratuito.
2 ore. Centoventi minuti. Settemiladuecento secondi. Questo è il tempo medio di durata di un film, è un quarto di una giornata lavorativa, è il dodicesimo di un giorno, è il tempo che in media un italiano passa sui social ogni giorno. È un tempo decisamente lungo. Non ci credete? Provate a stare due ore con le mani in mano a fissare il vuoto. Non smetterete di controllare l’orologio e pregare che il tempo passi in fretta. Ogni italiano passa due ore sui social, e ciò significa solo una cosa: sono un ottimo strumento per fare marketing. Dopo tutto, non era difficile da capire. Chi legge e chi scrive passa lo stesso tempo a scrollare sui social, e conosce bene le potenzialità e l’efficienza (ma anche la fastidiosità, a volte) degli annunci sulle piattaforme. La domanda sorge spontanea: negli ultimi mesi, nel mondo del web dove tutto è dinamico e connesso e i cambiamenti ci mettono un attimo a diffondersi, qual è la piattaforma social migliore per fare marketing e promuovere i propri prodotti e servizi? Sicuramente non esiste una scelta unica e assoluta, non c’è un social migliore da tutti i punti di vista. Ognuno ha i suoi pro e contro, e la produttività e il successo delle strategie marketing cambiano a seconda del livello di compatibilità del social al modello di business con cui si opera. Ciò significa, in parole spicciole, che se offriamo servizi B2B e promuoviamo i nostri prodotti su Snapchat, nessun potenziale cliente abboccherà mai e tutti i nostri sforzi saranno completamente inutili. La cosa più consigliata, obiettivamente, è affidarsi ad un’agenzia con degli esperti per analizzare la propria forma di business in modo corretto e scegliere la migliore opzione su cui investire per fare social media marketing. Ma cosa ci dicono i dati generali? L’utilizzo e le preferenze delle aziende sui social Instagram è il social preferito in media dalle aziende. Una su due lo considera molto efficiente per fare marketing. A seguire, in termini di efficienza, completano la top 5 Facebook, Whatsapp business, Youtube e Tiktok. E per quanto riguarda la soddisfazione dagli investimenti? Il 35% delle aziende è contento dell’effetto del social media advertising, contro il 48% che trova difficoltosa questa strategia. Il rimanente 17% si dichiara insoddisfatto. E, infine, riguardo gli investimenti futuri previsti, la metà delle aziende ecommerce prevede di aumentare la somma profusa sul social media advertising. Il 37% manterrà gli stessi investimenti contro un 7% che li diminuirà e un 6% che rimane stabile sulla linea di zero investimenti nei social. Questo è ciò che emerge dal rapporto di Casaleggio Associati 2023, ma si tratta ovviamente di dati medi generalizzati che possono non combaciare con le esperienze singole di ogni azienda. Per fare marketing sui social crea il buyer persona e valuta i costi Nella selezione dei social perfetti - quelli che si adattano meglio al nostro business - su cui investire per fare marketing (soprattutto inbound marketing) nel 2023, si individuano due parametri che bisogna tenere a mente e utilizzare come paraocchi: buyer persona e costi. È importante infatti saper scegliere una piattaforma che raccolga un bacino di utenti potenzialmente interessati ai nostri prodotti o servizi, che sono quindi il nostro buyer persona. Non bisogna nemmeno trascurare l’aspetto economico però: ogni piattaforma ha i suoi costi ed è importante valutare bene a quale affidarsi e quanto spendere per non riscontrare delle malaugurate perdite. Il primo passo nella scelta di una strategia di marketing è l’individuazione del buyer persona di riferimento e l’adeguamento di tutte le azioni verso questo profilo di utenti. Come accennato prima, se si sceglie un social non frequentato dal nostro obiettivo di clienti, si va solo a sprecare risorse preziose. A seconda di chi si vuole raggiungere, infatti, è necessario applicare tecniche di avvicinamento, attrazione e comunicazione differenti. Sbagliare tecnica di comunicazione e piattaforma può rivelarsi altamente dannoso e infruttuoso, perciò è fondamentale analizzare e comprendere bene come parlare con i potenziali clienti. Per individuare un buyer persona, che come suddetto è la rappresentazione ideale di un cliente, ci sono molti studi da fare e parametri da tracciare, ci vorrebbe un articolo apposta per trattare approfonditamente l’argomento. È importante individuare dei buyer persona per il nostro business, con l’obiettivo di non sperperare soldi in annunci o inbound marketing mirati a persone che non saranno mai interessate al nostro business. Il buyer persona è una cosa molto più specifica e personalizzata del target. In generale i due termini vengono usati per lo stesso concetto, di solito, ma la differenza è fondamentale: il buyer persona è vivo, deve essere considerato una persona vera e propria con tutti i suoi difetti, pregi, interessi, lavori, hobby, tendenze, problemi, punti di forza e via dicendo. Il buyer persona è talmente personalizzato che può essere considerato al pari di una persona viva. Comunque, per un’infarinatura generale anche se ci vogliono ore e ore di analisi e creazione di un preciso buyer persona, le caratteristiche che possono interessare sono: dati demografici, quali età, genere, reddito, occupazione, stato civile, livello di istruzione; dati psicologici, come interessi e preferenze; dati geografici, ovvero in che città, regione, paese abita l’utente, per proporgli servizi attivi nei dintorni; I principali social per fare marketing nel 2023 LinkedIn Se il nostro target sono le aziende (B2B), il social di riferimento creato appunto per instaurare relazioni e collegamenti tra aziende duraturi e che non dobbiamo trascurare è sicuramente Linkedin. Con 300 milioni di utenti attivi al mese, la piattaforma è stata fondata proprio per farsi conoscere e trovare nuovi dipendenti, offerte di lavoro ma soprattutto clienti. L’età va dai 25 ai 65 anni, ed è utilizzato sostanzialmente per lavoro e pubblicità di prodotti e servizi. Molte aziende utilizzano questo social network collegato con un CRM, in modo non solo da avere all'interno di un unico database tutti i dati relativi ai contatti, ma anche di gestire tutta la strategia di content marketing con la pubblicazione automatica dei post dei blog oppure la schedulazione di post in determinati orari e giorni. Il minimo da pagare per le campagne ads è 10 euro, ma i risultati si iniziano a vedere quando si vanno a sborsare 30-50 euro al giorno. TikTok Quando si parla di fasce d’età più basse, prevalentemente tra i 16 e i 25 anni (ma anche dai 10 ai 15), l’opzione forse più valida tra tutte è Tiktok. È perfetta per promuovere i propri prodotti o servizi, grazie alla potenziale viralità dell'algoritmo dei social, con video brevi e per vendere sul Tiktok Shop. L’ottima segmentazione demografica divide minuziosamente per interessi e preferenze gli utenti, permettendo di mostrare annunci validi ad una vasta e precisa fascia di potenziali clienti. Il costo è leggermente più alto, si parla di un minimo di 50 dollari giornalieri per quanto riguarda le campagne e 20 dollari per quanto riguarda il gruppo di annunci. Ma i vantaggi dell’elevato numero di utenti e soprattutto della varietà potrebbero valere ciò che si paga. Instagram Instagram è la piattaforma che raccoglie il più grande bacino di utenti variegati. Le fasce d’età comprese sono praticamente tutte (dai ragazzini di 12 anni agli ultrasessantenni) e non è riferito ad un settore o una nicchia specifica: l’intrattenimento varia dai singoli e classici post alle storie temporanee, dalle dirette agli ultimi arrivati reel (copia di Tiktok). Su Instagram si possono sfruttare tre tipi principali di strategie marketing: inserzioni; foto e video dei prodotti in azione; influencer marketing, che su questa piattaforma funziona alla grande grazie alla vasta presenza di influencer molto seguiti; Instagram è eccellente per fare web reputation e marketing con contenuti foto e video. E i costi? Il sistema di campagne ads su Instagram si basa sostanzialmente su quanto denaro si investe. Esistono campagne da 10 euro e campagne da 1000 euro, il piano si sceglie all’inizio e non ci sono costi a sorpresa. A seconda della durata, del pubblico che si vuole raggiungere e dei contenuti si debbono versare più o meno soldi. Facebook Poi c’è Facebook, che basicamente è simile a Instagram per quanto riguarda il target, anche se le fasce d’età si spostano verso il vecchio per abbracciare un pubblico medio compreso dai 35 ai 60 anni. La questione costi è la stessa di Instagram, e anche gli strumenti di gestione delle campagne ads dal momento che fanno entrambi parte di Meta. È ottimo per chi ha come modello di business il B2C ma data la vasta presenza di persone sulla piattaforma e la possibilità di creare interazione rapida con i clienti, non è malvagia l’idea di fare marketing B2B su Facebook. Anche Facebook può essere integrato con i CRM. Ad esempio, con Hubspot, possono essere gestite tutte le conversazioni con un contatto aziendale tramite la inbox. Inoltre l'integrazione Facebook e CRM è fondamentale per l'allineamento del reparto sales con il reparto marketing nell'impresa. Youtube Come non citare Youtube, che a detta di molti sta diventando la nuova televisione. I creator su Youtube hanno un grosso seguito e le inserzioni o l’affiliate marketing sono perfette per un business B2C. Gli youtuber trattano temi abbastanza circoscritti ed è facile individuare quelli che nel loro bacino di iscritti hanno potenziali nostri clienti. Non è da escludersi il marketing B2B su Youtube, poiché a differenza degli altri è anche un social dove gli utenti non subiscono solo i contenuti ma li cercano attivamente: è bene essere presenti e portare dei contenuti di qualità per fare marketing ma anche web reputation. D’altronde è il primo motore di ricerca video, ed è utilizzato dal 92% degli italiani per informarsi, secondo una ricerca di Oxford Economics. Costi? Indicativamente, concorrono più variabili per determinare il prezzo degli annunci, si va sui 30-50 centesimi per click sull’annuncio, con una media di 10 euro al giorno minimo. Per chi vuol fare inbound marketing questo social è uno dei migliori perché il funzionamento è molto simile a quello che succede con Google: grazie a contenuti ben studiati possono essere promossi prodotti e aumentare le visite del proprio sito. Se hai un ecommerce Shopify può esserti utile il nostro articolo sul vendere su YouTube con Shopify. Twitter Al contrario di Facebook o Instagram, dove l’obiettivo base è l’interazione tra utenti vicini e amici, Twitter nasce come piattaforma di notizie, discussione e microblogging. È valido per farsi conoscere, per dare notizie sull’azienda e per affermare la propria autorevolezza. Inoltre il 47% degli utenti che vanno sul sito tende a visitare il sito dell’azienda. Non è il social più utilizzato, ma rimane una valida alternativa, per le inserzioni e anche per la presenza di Twitter Analytics, utile strumento per monitorare in tempo reale tendenze e sviluppi. I tweet e gli account sponsorizzati costano dai 50 centesimi ai 5 euro per coinvolgimento di un utente. È possibile anche finire sponsorizzati nelle tendenze per un giorno, cosa però esclusiva per le grandi aziende dal momento che si arriva a spendere 150.000 euro al giorno (!). Conclusioni Come detto, non esiste un social perfetto da tutti i lati per ogni modello di business. Nel considerare i costi, oltre a tenere in considerazione i budget minimi illustrati sopra, bisogna valutare diversi parametri importanti come, tra i tanti: CPV (costo per visualizzazione), CPC (costo per visite sul profilo o sul sito), CTR (percentuale di utenti che cliccano sull’annuncio), CR (tasso di conversione, quindi percentuale di utenti che hanno compiuto una determinata azione), CLV (Customer Lifetime Value, quanto guadagniamo da ogni nuovo cliente), CPM (costo per mille visualizzazioni dell’annuncio). Generalmente, è conveniente sfruttare più social insieme e integrare le varie campagne, anche perché, ad esempio, certe piattaforme sono più adatte nelle prime fasi del funnel (scoperta prodotto) ma valgono meno negli step finali (chiusura della trattativa). Ti indichiamo per approfondimento il nostro ebook gratuito su come iniziare una campagna di inbound marketing in 9 step.
Da un punto di vista pratico il commercio risulta molto semplice e si basa su uno scambio: il venditore vende e l’acquirente acquista. Tuttavia il prodotto, prima di essere ceduto dal venditore all’acquirente in cambio di una cifra di denaro, subisce una serie di passaggi per poi arrivare alla destinazione finale. In tale contesto si inserisce il sell out, cioè quell’attività relativa ai prodotti, venduti dal negozio fisico o dall'ecommerce, che escono fisicamente da un negozio per entrare in possesso degli acquirenti. Tale processo si innesta quindi in una strategia B2C, cioè da Business to Consumer, dove il cliente rappresenta il cosiddetto “end-user”, il consumatore finale che fruirà di quel bene. Il sell out marketing punta a vendere il maggior numero di prodotti per liberare tutto o comunque buona parte del magazzino. L’obiettivo è esaurire tutte le scorte fisiche, quindi il concetto di sell out fa riferimento esclusivamente alla vendita di prodotti fisici, non di servizi o prodotti digitali. Il sell out marketing si pone quindi tre obiettivi principali: Effettuare il primo acquisto: il cliente entra in contatto con il brand tramite uno dei vari touchpoint e, se stimolato nel modo giusto, procede al primo acquisto; Acquistare d’impulso: benché si pensi che l’acquisto sia frutto di un processo razionale, molto spesso invece viene fatto istintivamente e quindi di impulso. Per toccare le giuste corde emotive ha quindi una grande importanza il giusto posizionamento dei prodotti nello scaffale di un negozio fisico, o anche tra le pagine di un sito Shopify, per convincere il cliente ad acquistare d’impulso. Non a caso cioccolatini, snack e caramelle sono posizionati vicino alle casse dei supermercati, poiché sono prodotti che si prestano perfettamente all’acquisto d’impulso; Fidelizzazione del cliente: se una persona porta a termine un acquisto, bisogna convincerla a fare altri acquisti in futuro e a ritornare in negozio o nello shop online offrendo promozioni, sconti, raccolte punti o coupon. Le migliori strategie promozionali per il sell-out: significato e approcci Per conseguire gli obiettivi appena descritti esistono varie strategie di sell out da mettere in campo a seconda di diversi fattori, come il target di riferimento, il business o il punto del funnel dove si trova l’acquirente, tutti concetti che troviamo nel cosiddetto inbound marketing. Una soddisfacente rotazione della merce riduce il capitale immobilizzato e aumenta il margine commerciale assoluto, cioè la differenza tra il prezzo in acquisto e in vendita. Inoltre si riduce il rischio di deperibilità della merce, che potrebbe rovinarsi o usurarsi se resta troppo a lungo in magazzino. Diamo adesso uno sguardo alle principali strategie di sell out e alle modalità di applicazione: Riduzione dei prezzi. In alcuni casi il produttore vende a prezzi scontati un prodotto al rivenditore, che a sua volta può immetterlo sul mercato ad un costo ridotto; Incentivi alla forza vendita. Il produttore, per aumentare il sell out dei suoi prodotti, incentiva la forza vendita del rivenditore. Si tratta di vere e proprie gare dove chi realizza il fatturato maggiore ottiene dei premi finali; Carte fedeltà e raccolte punti. Sono strumenti utilizzati da tempo, ma che hanno ancora un notevole impatto e che spingono il consumatore ad acquistare di più e più spesso i prodotti di un determinato brand. Oltre a migliorare il sell out, viene rafforzata anche la partnership tra produttore e rivenditore. Quali sono le differenze tra sell in e sell out? Sell in e sell out sono due strategie concatenate tra di loro, ma che seguono logiche e dinamiche diverse. Il sell in è una strategia rivolta essenzialmente ai rivenditori e riguarda quindi la vendita all’ingrosso, quindi ad ecommerce B2B. In pratica i produttori vendono i prodotti ai distributori e questi ai rivenditori finali. In alternativa i distributori senza l’intervento dei produttori vendono direttamente la merce ai rivenditori, che hanno il compito di metterli in commercio e distribuirli ai consumatori finali per l’appunto con strategie di sell out. Nel sell out il protagonista principale è il consumatore, l’end-user al quale è rivolta l’offerta. Come già anticipato l’obiettivo principale del sell out è vendere tutta la merce per esaurire le scorte nel minor tempo possibile. Il sell out, a differenza del sell in, è quindi una strategia B2C dal momento che i prodotti escono dal magazzino per andare direttamente al consumatore finale. Personalizzazione delle offerte: come soddisfare le esigenze dei consumatori Una delle parole chiave per una strategia efficace di sell out è la personalizzazione dell’offerta. Oggi i consumatori sono molto più attenti negli acquisti, sia perché c’è un’offerta sempre più ampia e variegata sia perché hanno la possibilità di informarsi e confrontare i vari prezzi. Al di là del costo, che comunque ha la sua importanza, quello che maggiormente interessa ai consumatori è ricevere un servizio su misura e acquistare un prodotto personalizzato secondo le loro esigenze. Più sale il livello di personalizzazione delle offerte, che devono essere realizzate ad uso e consumo del proprio target di riferimento, e maggiore è la possibilità che i prodotti vengano venduti in massa. Tutto ciò può essere agevole grazie all'utilizzo dei CRM, software che consentono di immagazzinare i dati e gestirli per fare ulteriori azioni di marketing e far vendere di più imprese ed ecommerce, nel caso degli ecommerce CRM. L'utilizzo di social media e influencer per promuovere l’out sell Poiché parliamo di consumatori finali, bisogna riservare grande attenzione anche ai canali e alle modalità di comunicazione. E, a proposito di comunicazione, non possono certo essere ignorati i social media che rappresentano vere e proprie vetrine che danno grande visibilità al brand. Naturalmente non basta avere delle pagine social sulle diverse piattaforme, ma devono essere costantemente aggiornate con contenuti freschi e accattivanti ed essere tarate e plasmate secondo le esigenze del proprio pubblico. Per questo motivo è importante capire qual è il social che maggiormente attira la propria clientela e verso il quale destinare le maggiori risorse. Figure essenziali per la promozione online di un brand, e di conseguenza anche per il sell out, sono gli influencer. Ne esistono di varie tipologie: mega, macro, micro e nano influencer. Si tratta di persone molto influenti nel loro settore che hanno migliaia di follower e che quindi possono garantire un determinato numero di vendite semplicemente pubblicizzando un prodotto. I mega influencer sono forse irraggiungibili per le piccole imprese, ma molto spesso è preferibile virare su micro e nano influencer che hanno una cerchia di follower più ristretta ma anche più fidelizzata. In pratica puoi creare uno zoccolo duro che compone la tua clientela che acquista spesso in modo fisso e continuativo nel tempo. Strategie di pricing per il sell-out marketing: massimizza il valore delle offerte In precedenza abbiamo analizzato alcune delle strategie più diffuse e gettonate del sell out, ma questa volta ci concentriamo maggiormente su quelle che riguardano il prezzo. Una delle strategie più comuni è vendere i prodotti a prezzi leggermente più bassi rispetto alla concorrenza, così da consolidare la propria base di clienti fidelizzati. Ingolositi dai prezzi bassi i consumatori tendono ad acquistare continuamente nel corso del tempo, aiutando a svuotare rapidamente i magazzini. Tuttavia bisogna considerare anche l’altra faccia della medaglia: un prezzo basso può essere associato anche ad una scarsa qualità del prodotto. Questa strategia va quindi utilizzata con oculatezza, applicandola preferibilmente a prodotti cosiddetti di consumo di massa piuttosto che a prodotti di nicchia. In alternativa c’è una strategia esattamente opposta: aumentare leggermente il prezzo di vendita rispetto ai competitor. Può sembrare un boomerang, una sorta di epic fail del marketing, ma un prezzo più alto fa percepire il prodotto di maggiore qualità, poiché più duraturo ed efficiente. In entrambi i casi va comunque tenuto conto del target di pubblico e del proprio business di riferimento. Quali sono i compiti del sell out specialist? Il sell out marketing ha assunto un ruolo strategico fondamentale per le aziende, al punto che sono nate figure specifiche note come sell out specialist. Il loro compito è per l’appunto vendere quanti più prodotti possibili al consumatore finale, riducendo il quantitativo di merce in magazzino o che deve essere poi rispedita al fornitore. Le competenze principali richieste al sell out specialist sono le seguenti: Capacità di vendita. La fase di contrattazione è fondamentale e alcune persone si distinguono proprio per l’elevata capacità di concludere una vendita e ottenere maggiori margini di profitto. Ottime conoscenze e competenze del settore sono un eccellente viatico per concludere la vendita; Persuasione. Strettamente collegata alla capacità di vendita è la capacità di persuasione. In tal caso bisogna essere anche un po’ psicologi, riuscendo a intercettare le resistenze reali del cliente e superarle o i suoi reali bisogni per soddisfarli; Comunicazione. Tutto passa sempre e comunque per la comunicazione, che per prima cosa deve stabilire un rapporto di cordialità e soprattutto di fiducia tra il venditore e l’acquirente, così da rendere più facile non solo la vendita ma il processo di fidelizzazione, che è ancora più importante. Conclusioni Se vuoi svuotare i tuoi magazzini, riducendo i costi dell’invenduto, il sell out marketing è un passaggio obbligato che devi percorrere. Oltre ad efficaci strategie e un po’ di sano allenamento sul campo, sicuramente può darti una grande mano un buon CRM che gestisce, nutre e coltiva i rapporti tra te e i tuoi clienti. Puoi approfondire il discorso sul CRM, sulle sue funzionalità e sui suoi benefici nell’ebook sottostante da scaricare gratuitamente.
Le pubbliche relazioni rappresentano una parte molto importante del successo di un’azienda, in quanto contribuiscono a costruire un’immagine positiva e autorevole sul mercato. Per quanto l’abito non faccia il monaco, il modo in cui un’azienda si presenta al pubblico è parte fondamentale del suo futuro. Cos'è il PR marketing Il PR marketing è un’attività che contribuisce a: migliorare la gestione dell’immagine, quindi a costruire una reputazione positiva; gestire le relazione con i media, quindi con giornalisti, blogger e influencer, al fine di ampliare la visibilità del marchio; migliorare la comunicazione con messaggi chiari, coerenti e persuasivi per il pubblico; gestire le crisi interne di un’azienda, limitando e prevenendo i danni all’immagine dell’azienda; costruire l’immagine dell’azienda, attraverso la sponsorizzazione di eventi, la partecipazione a conferenze, la pubblicazione di contenuti di qualità e l’interazione sui social. Il PR marketing è un’attività che può contribuire a costruire una posizione vantaggiosa nel mercato, distinguendosi dalla concorrenza. In una strategia di Inbound marketing, l’attività di PR marketing indubbiamente contribuisce a raccogliere nuovi lead. Un’azienda considerata autorevole nel settore di mercato in cui opera, ben considerata dai suoi clienti, di certo ha maggior facilità nel trovare nuovi clienti, rispetto a una che fatica ad avere un’identità di brand solida. Approfondiamo nel prossimo paragrafo come si fa il PR marketing nel digital e quali sono i segreti PR marketing nel digital: come si fa Nel contesto del PR marketing digitale, l'obiettivo primario è creare una strategia efficace per gestire la reputazione online di un'azienda e comunicare in modo mirato con il pubblico di riferimento. Per fare ciò, è necessario seguire una serie di passaggi fondamentali. Innanzitutto, è importante condurre una ricerca approfondita per comprendere il proprio pubblico di riferimento, sostanzialmente andando a creare un buyer persona. Questa ricerca dovrebbe comprendere l'identificazione delle preferenze, degli interessi e delle abitudini online del target di riferimento. Queste informazioni saranno fondamentali per creare messaggi e contenuti che siano rilevanti e coinvolgenti per il pubblico. Successivamente, è essenziale sviluppare una strategia di comunicazione coerente. Questa strategia dovrebbe includere la creazione di contenuti di qualità che rispondano alle esigenze e agli interessi del pubblico target. È possibile utilizzare diverse forme di contenuti come articoli, blog, video, podcast o infografiche per comunicare in modo efficace e coinvolgente. (come fare marketing con i contenuti lo abbiamo spiegato nel nostro articolo dedicato al content marketing) Oltre alla creazione di contenuti, le collaborazioni con influencer e con i media possono essere aspetti chiave del PR marketing digitale. Identificare gli influencer rilevanti nel settore e stabilire rapporti di collaborazione può contribuire ad amplificare il messaggio dell'azienda e a raggiungere un pubblico più ampio; Stabilire relazioni con i media online può consentire di ottenere una maggiore copertura mediatica e di raggiungere il pubblico attraverso articoli, interviste o recensioni; Infine, è importante monitorare costantemente l'efficacia delle attività di PR digitale. Utilizzare strumenti di analisi e monitoraggio per valutare l'impatto delle iniziative di PR, misurare l'engagement del pubblico, monitorare le menzioni dell'azienda sui social media e valutare la reputazione online complessiva. In conclusione, il PR marketing nel digitale richiede una strategia ben strutturata che comprenda la ricerca del pubblico di riferimento, la creazione di contenuti di qualità, la collaborazione con influencer e media online, nonché il monitoraggio costante dei risultati ottenuti. Implementando questi passaggi, le aziende possono creare una presenza digitale forte e positiva, comunicare in modo efficace con il pubblico e raggiungere i propri obiettivi di PR. È importante anche però soffermarci su quali sono le differenze tra marketing digitale e offline, sebbene entrambi gli aspetti siano comunque fortemente connessi. Approfondiamo nel prossimo paragrafo quali sono le differenze tra marketing digitale e offline. PR marketing digitale e offline: differenze Le differenze principali tra i due tipi di PR marketing concernono, innanzitutto, i modi di agire dell’uno e dell’altro. Vediamo nello specifico cosa intendiamo. PR marketing digitale: Ampia portata geografica: il PR marketing digitale può raggiungere un pubblico globale, grazie alla natura senza confini dell'ambiente online; Interattività: le strategie di PR digitale offrono la possibilità di coinvolgere attivamente il pubblico attraverso commenti, condivisioni e partecipazione a discussioni online; Misurazione precisa: con gli strumenti di analisi online, è possibile misurare in modo accurato l'engagement del pubblico, il traffico sul sito web e altri parametri per valutare l'efficacia delle attività di PR; Velocità di diffusione: i messaggi e le informazioni possono essere condivisi istantaneamente su diverse piattaforme digitali, consentendo una diffusione rapida e ampia; Personalizzazione: grazie ai dati demografici e comportamentali disponibili online, il PR digitale consente di creare contenuti personalizzati e mirati per il pubblico di riferimento. PR marketing offline: Localizzazione geografica: Il PR marketing offline è più focalizzato su specifiche aree geografiche, come città o regioni specifiche. Ovviamente questa differenza è meno evidente se ci si affida ai media classici la sponsorizzazione delle proprie attività; Interazione diretta: le attività di PR offline consentono un'interazione diretta con il pubblico attraverso eventi, conferenze, incontri e incontri vis à vis; Valutazione soggettiva: misurare l'efficacia del PR offline potrebbe risultare rispetto a quello digitale più analitico, poiché spesso si basa su feedback e percezioni personali. Diffusione più lenta: i messaggi e le informazioni nel PR offline richiedono più tempo per essere diffusi rispetto al digitale, poiché dipendono da eventi in loco, stampa o mezzi tradizionali. Limitazioni di personalizzazione: nel PR offline, la personalizzazione delle comunicazioni può essere più limitata rispetto a quella digitale, poiché non si dispone degli stessi dati dettagliati sui singoli individui. Nel processo di PR marketing, indubbiamente, il CRM ha un ruolo importante. Scopriamo nel prossimo paragrafo quanto può essere utile il CRM al PR marketing online. L'utilità del CRM nel PR Marketing Dotarsi di un CRM per un’azienda che fa PR marketing, diviene fondamentale per gestire i contatti sia online che offline e valutarne valore e grado di possibile fidelizzazione. I contatti infatti possono essere caricati: automaticamente grazie all'integrazione di CRM come Hubspot con applicazioni per la messaggistica e lo scambio di email (es. gmail) oppure manualmente tramite import con file CSV o uno ad uno. Hubspot CRM inoltre permette di raccogliere e gestire i dati in modo più puntuale e mirato, includendo informazioni come dati demografici, preferenze, interazioni passate e storico degli acquisti. Avvalersi di un CRM permette anche di segmentare meglio il pubblico, suddividendolo tra le persone che sono realmente interessate ai servizi dell’azienda e coloro che invece desiderano soltanto informarsi, acquistando, forse, in seguito. Con il CRM è possibile inoltre: personalizzare la comunicazione, basandosi sui dati dei contatti; monitorare le interazioni, come le risposte ai messaggi o l’engagement sui social; fidelizzare i clienti o potenziali tali, identificandone più facilmente bisogni e desideri. L'utilizzo del CRM nel processo di PR Marketing online, consente di migliorare la segmentazione del pubblico, la personalizzazione delle comunicazioni, il monitoraggio delle interazioni e la fidelizzazione dei clienti. L'implementazione efficace di un sistema CRM può contribuire a creare relazioni solide con il pubblico, migliorare la reputazione online e aumentare l'efficacia complessiva delle attività di PR. Conclusioni Tutte le aziende dovrebbero fare bene PR marketing, in quanto, come già accennato all’inizio di questo articolo, svolge un ruolo fondamentale nella creazione della brand awareness e quindi nella raccolta di nuovi lead. Un ruolo altrettanto fondamentale in questo panorama è quello del CRM. Avvalersi di un progetto CRM contribuisce a rendere più semplice l’attività di PR marketing. Per iniziare ti consigliamo il nostro ebook gratuito che parla dei 10 motivi per cui è utile dotarsi di un software CRM. Image by kroshka__nastya on Freepik
La comunicazione è fondamentale in un’azienda, sia interna e quindi tra gli stessi dipendenti, sia esterna e cioè verso i clienti e i lead. Quando si parla di CRM collaborativo si fa proprio riferimento a tutti quegli strumenti di comunicazione tra i dipendenti e verso i clienti per creare con loro legami solidi e duraturi, destinati a durare a lungo nel tempo a beneficio di una solida fidelizzazione. In questo discorso non possiamo ignorare due strumenti che sono centrali nella vita delle aziende, ma in generale nella quotidianità: i dispositivi mobile, in particolare gli smartphone, e i social network. Questi due strumenti sono alla base della rivoluzione digitale che ha ormai invaso tutti i settori, stravolgendo il rapporto tra clienti e aziende. I clienti sanno che, tramite gli smartphone, possono accedere in qualunque posto e ogni volta che lo desiderano per reperire i dati e le informazioni di loro interesse. I social, a loro volta, hanno notevolmente ridotto le distanze tra aziende e consumatori, che hanno a disposizione un canale diretto per comunicare con i loro brand di riferimento. Le aziende invece possono raccogliere informazioni e dati preziosi sui clienti così da poterli profilare e offrire loro un servizio sempre più personalizzato. In un progetto CRM le aziende devono partire da questi due strumenti, social network e smartphone, e da una comunicazione fluida e continua tra i vari reparti aziendali per lavorare in sinergia ed essere in possesso rapidamente di informazioni utili per la piena e totale soddisfazione del cliente. A tal proposito si parla di sistemi definiti social CRM, capaci di catturare ed elaborare le migliaia di dati che ogni giorno le aziende recepiscono e incamerano. Le tipologie oltre al CRM collaborativo Esistono tre tipologie di CRM, un concetto che merita un maggiore approfondimento. Negli ultimi anni il mercato è profondamente cambiato e al centro della politica aziendale non c’è più il prodotto, ma il cliente. Il prodotto deve essere realizzato a uso e consumo del cliente, che deve vivere un’esperienza d’acquisto cucita su misura per lui. Il CRM, acronimo di Customer Relationship Management, è per l’appunto una strategia finalizzata a consolidare i rapporti con i clienti. Le aziende, tramite il CRM, possono gestire i profili di centinaia di clienti e di lead, per poi adottare strategie specifiche finalizzate a fidelizzarli o a cercarne di nuovi, tenendo conto delle diverse esigenze e aspettative. Il CRM nasce proprio per rispondere ai bisogni dei clienti, sempre più esigenti, e differenziarsi in un mercato estremamente saturo e competitivo, dove emergere risulta piuttosto complicato senza gli strumenti adeguati. Il CRM non è un semplice software, ma è approccio che comprende strategie, marketing, comunicazione e integrazione dei processi. A questo punto diamo una definizione delle 3 tipologie di CRM: CRM operativo: si occupa dei processi destinati ad automatizzare e ottimizzare i contatti diretti tra azienda e cliente. Viene applicato principalmente nel marketing, nelle vendite e nell’assistenza post vendita: CRM analitico: analizza i dati forniti dal CRM operativo e li trasforma in informazioni preziose per avere una conoscenza a 360° dei clienti, delle loro abitudini e delle loro preferenze; CRM collaborativo: aiuta a costruire rapporti personalizzati con i clienti sfruttando i diversi canali di comunicazione a disposizione, che possono essere pagine web, social, telefono, email ecc. Le funzioni del CRM collaborativo Un CRM collaborativo, come può essere Hubspot, opera principalmente su due canali: gestione delle interazioni e gestione dei canali. Nel primo caso ti consente di monitorare e tenere traccia di tutte le interazioni con i clienti, così da poter adottare eventualmente le strategie necessarie per garantire loro la massima soddisfazione. Nel secondo caso invece aiuta a verificare l’efficacia dei canali di comunicazione per ogni cliente, ognuno dei quali ha le sue esigenze e preferenze. In base ai dati è possibile modificare la tipologia di comunicazione per conseguire risultati ancora migliori e ottimizzare l’interazione con i clienti. Analizziamo adesso i punti chiave del CRM collaborativo: Chat integrata: grazie ad una chat integrata i vari team possono comunicare rapidamente tra di loro e scambiarsi in tempo reale utili informazioni. La comunicazione risulta più fluida e più diretta; Taggin: usando i tag si possono allineare i vari team nelle note, documenti e record di contatto. Tutto ciò aiuta i team a rimanere sempre informati su quello che fanno gli altri membri; Rapporti in tempo reale: i vari team possono scambiarsi rapporti, come ricavi, previsioni di vendita o attività in sospeso, scambiandosi così informazioni in tempo reale sulle preferenze dei clienti e personalizzando le varie campagne di marketing per conseguire gli obiettivi prefissati; Calendario: il CRM collaborativo ti aiuta a distribuire le differenti attività ad ogni dipendente e archiviare i documenti in una posizione centralizzata, che a sua volta favorisce una conservazione più ordinata e strutturata dei dati. Perché la tua azienda dovrebbe usare un CRM collaborativo? Il CRM collaborativo è un partner strategico per i vari team aziendali che, collaborando tra di loro e scambiandosi continuamente dati e informazioni aggiornate, hanno una conoscenza approfondita dei vari clienti. Senza questo strumento la tua azienda non sarà in grado di fornire un’esperienza personalizzata ai clienti e i vari processi risulteranno rallentati e poco produttivi. Ecco di seguito i motivi per i quali la tua azienda non può fare a meno di un CRM collaborativo, che migliora il lavoro dei dipendenti e contemporaneamente ottimizza i rapporti con i clienti ponendo fine alla disorganizzazione aziendale: Riduzione dei costi di servizio. La parola d’ordine al giorno d’oggi è risparmio e soprattutto taglio dei costi inutili. Ebbene con l’automatizzazione delle attività ripetitive e la riduzione del lavoro manuale si ottiene un risparmio importante in termini economici e di gestione della forza lavoro. Gli stessi dipendenti possono concentrarsi maggiormente sul core business dell’azienda, lavorando con maggiore entusiasmo e motivazione a beneficio della produttività aziendale; Aumento dei ricavi. Ragionando sempre in termini economici, i dipendenti essendo a conoscenza delle informazioni sui clienti possono proporre strategie mirate, come l’up-selling e il cross-selling, che aumentano i ricavi e le entrate; Rafforzamento dei rapporti con i clienti. Partendo dalla condivisione delle informazioni, i vari team hanno la possibilità di proporre promozioni e offerte costruite su misura per i clienti, consolidando sempre di più i rapporti con loro; Lavoro di squadra strutturato. In un’azienda, grande o piccola che sia, il lavoro di squadra è fondamentale e l’archiviazione centralizzata dei dati dà una grande mano ad ogni dipendente che può reperire informazioni sui singoli clienti. Non servono call, chiamate o fiumi di email per raccogliere informazioni da colleghi o altri team, poiché sono facilmente a portata di clic in un archivio centralizzato; Interazioni multicanale. Poiché oggi ci sono diversi canali di comunicazione, può risultare dispersivo raccogliere i vari dati. Il CRM collaborativo racchiude tutti i dati provenienti dai più diversificati canali, creando una vera interazione multicanale al servizio dei dipendenti. Come scegliere il miglior CRM collaborativo per la tua attività? Un buon CRM collaborativo deve essere capace di unire in modo strutturato tutti gli strumenti di comunicazione interni di un’azienda, per poi collegarli con quelli esterni. L’obiettivo principale è stilare un identikit dei vari clienti, così da offrire ad ognuno di loro un’esperienza personalizzata che risulti piacevole e godibile. Il CRM scelto deve inoltre essere in grado di interagire senza problemi con i social network, una vetrina fondamentale e imprescindibile per ogni azienda. Per facilitare la tua scelta ecco una serie di caratteristiche che il tuo CRM deve avere: Facilità di utilizzo; Elevato livello di sicurezza e di protezione dei dati; Possibilità per ogni dipendente di monitorare e controllare le attività effettuate da ogni cliente; Realizzazione delle statistiche sulle vendite; Compatibilità con altri software già in dotazione. Oggi esistono tanti CRM aziendali che snelliscono i vari processi e rendono più fluide le attività dei diversi team, ma se proprio ne dobbiamo identificare uno merita sicuramente una menzione la piattaforma di HubSpot marketing, uno strumento all-in-one che fornisce una moltitudine di strumenti utilissimi per la SEO, il blogging, la gestione dei social network e delle email, la marketing automation, la web analytics e tanto altro ancora. Il suo utilizzo è indicato soprattutto per chi vuole fare inbound marketing, la strategia più gettonata e adottata da tutte le aziende per attrarre i clienti in modo naturale, convertire lead e guadagnare clienti. Conclusioni In un mondo sempre più tecnologico e automatizzato, risulta decisamente obsoleto per un’azienda fare a meno di un buon CRM. Rapidità di esecuzione delle varie attività e massima soddisfazione del cliente sono concetti che camminano di pari passo con la qualità del prodotto o del servizio offerto, poiché il tempo è denaro e i consumatori sono sempre più esigenti. Come già anticipato HubSpot Marketing può essere il tuo partner più fidato per rafforzare i rapporti con i clienti e migliorare e personalizzare il servizio di assistenza o di vendita. Vuoi saperne di più? Allora scarica l’ebook gratuito che troverai alla fine dell’articolo che ti spiega perché dovresti adottare una piattaforma CRM nella tua azienda, indicandone i vantaggi della scelta. Image by Freepik
Cosa succede quando un'azienda si affida ad un affiliato esterno per la promozione di un proprio prodotto? Funziona? Che vantaggi ci sono? Si chiama affiliate marketing, e negli ultimi anni è una delle strategie di marketing che si stanno più diffondendo. Tale modello, infatti, offre una serie di vantaggi considerevolmente validi e infinite opportunità di guadagno, sia per l'affiliante che per l'affiliato. Permette all'inserzionista di ridurre i costi e i rischi, e di creare anche un'entrata passiva profittevole per chi pubblicizza i servizi di altri alla propria audience. Peschiamo quindi dal cestino delle strategie di marketing questa tecnica e svisceriamola per comprenderla appieno. Farà al caso tuo? Scoprilo! Cos'è l'affiliate marketing Un’azienda che vende tagliaerba contatta un venditore di arredamento da giardino, che diventa l’affiliato. Questo ha il compito di promuovere il tagliaerba sul suo sito web. Ad ogni tagliaerba venduto con l’aiuto dell’affiliato, questi riceverà un compenso. Più seguaci dell’affiliato comprano, più l’affiliato guadagna. In parole semplici, questo è l’affiliate marketing. Si tratta proprio di una strategia di marketing che si basa un po' sulla popolarità di cui dispone l’affiliato, che molte volte è un influencer che promuove i prodotti sui suoi social, e un po' sulla capacità dell'affiliato di promuovere il servizio. Più persone si convincono ad acquistare, più l’azienda guadagna, e più compensi riceve l’affiliato. Quindi è proprio una strategia che avvantaggia entrambe le parti, consentendo di tenere un'entrata passiva (che deve essere sembra monitorata per garantire che frutti per bene). Molti scelgono di iniziare il proprio business proprio con l'affiliate marketing, e c'è chi raggiunge livelli stratosferici, dedicandoci l'intera giornata lavorativa e arrivando anche a 25 mila euro al mese di profitto. C'è chi poi lo fa per hobby, hobby tra l'altro molto redditizio, perché si può arrivare anche ad un entrata passiva di 2000 euro. Tanti progetti ecommerce e aziende già avviate e con una solida posizione sul mercato possono iniziare a sfruttare l'affiliate marketing, promuovendo i propri prodotti o servizi ed arrivando, se gestito bene, ad un numero più alto di clienti e di vendite. I soggetti nell'affiliate marketing Nell'affiliate marketing possiamo individuare 4 soggetti: affiliante o inserzionista, l'azienda che produce determinati prodotti o servizi e che decide di affidarne la pubblicità anche a degli affiliati esterni che ricevono un compenso per ogni vendita effettuata con il link d'affiliazione. L'azienda non spende tanto in pubblicità poiché il compenso lo paga solo ad un'azione o vendita effettuata con il link dell'affiliato. affiliato, colui con capacità di marketing e di vendita che promuove i prodotti delle aziende affilianti e riceve un compenso per ogni azione o vendita effettuata. Il suo guadagno si basa quindi su quanto riesce a vendere: più persone usano il link di affiliazione, più il profitto sarà alto. piattaforma di affiliazione, che mette in contatto gli inserzionisti con i potenziali affiliati, e che facilita la comunicazione tra le parti e la gestione e il monitoraggio delle pubblicità. Il suo uso è opzionale, ma molto valido, e di piattaforme del genere ne esistono svariati tipi. cliente, che acquista i prodotti o i servizi dell'affiliante e permettendo all'affiliato di trarne un compenso. Più clienti vengono convinti e decidono di comprare, più guadagnano l'azienda e l'affiliato. Come funziona l'affiliate marketing Il funzionamento dell'affiliate marketing è in realtà molto semplice ed intuitivo, e a tutti noi sarà capitato almeno una volta nella vita di imbatterci in qualche affiliato che cercava di venderci dei prodotti di un'altra azienda, sostenendo che comprare un prodotto con il suo codice o il suo link significava supportare la persona o l'azienda. Perché nei fatti è effettivamente così: l'inserzionista dà un link d'affiliazione all'affiliato, il quale ha il dovere di promuovere i prodotti ed essere il più convincente possibile in modo che l'audience sia spinta ad acquistarlo tramite il link. Come si ottengono gli affiliati? Qui il discorso è abbastanza complesso. Per acquisire nuovi affiliati possono essere usati strumenti che di solito si utilizzano anche nell'inbound marketing come blog e newsletter. Possono quindi essere inserite delle CTA rivolte ad una landing page dove l'utente può compilare il form per ricevere il link di affiliazione. Per chi ha anche un ecommerce il discorso può essere applicato lo stesso ma per gli utenti Shopify possono essere usate anche applicazioni all'interno dello store. Per ulteriori info ti consigliamo di leggere il nostro articolo sui programmi di affiliazione all'interno dell'ecommerce. Ma si basa solo sulle vendite? Assolutamente no, ci sono svariati modi che permettono all'affiliato di guadagnare. CPA (Cost Per Action): la commissione viene recapitata ogni volta che un cliente compie un'azione tramite il link d'affiliazione. L'azione non deve essere solo l'acquisto, può essere anche l'iscrizione ad una newsletter, ad una prova gratuita, lo scaricamento di un'app o di un contenuto e così via. CPC (Cost Per Click): l'affiliante rilascia il compenso tutte le volte che un utente clicca sul link. Questo è uno dei più profittevoli per l'affiliato, perché guadagna anche solo grazie alla curiosità. CPM (Cost Per Mille): il compenso è rilasciato ad ogni 1000 visualizzazioni o letture della pubblicità. CPL (Cost Per Lead): percentuale per ogni lead (contatto utile, utente che può potenzialmente diventare un cliente) ottenuto. Altre possibilità di compenso possono essere pensate e concordate con delle apposite clausole del contratto, adattando così la strategia a seconda delle esigenze di entrambe le parti. Affiliate marketing: Vantaggi e svantaggi Questa interessante forma di marketing presenta diversi vantaggi e svantaggi. PRO L'affiliate marketing rappresenta un'opportunità di business pratica e conveniente per gli affiliati che desiderano guadagnare denaro extra. Infatti, non richiede un grande impegno e le entrate possono essere molto profittevoli se si è bravi a vendere e promuovere i prodotti. Inoltre, l'affiliato può scegliere di promuovere solo prodotti a lui cari e interessanti, in modo da consigliare utili servizi alla propria audience e costruire una relazione di fiducia con i propri seguaci. Per l'azienda, invece, l'affiliate marketing rappresenta un'ottima opportunità per testare la domanda e capire quali prodotti vanno di più in un certo settore, a bassi costi. Inoltre, i costi per la pubblicità sono ridotti, poiché il compenso viene rilasciato solo in base alla performance e alle vendite o azioni effettuate. Inoltre, affidarsi ad un affiliato con un'audience di un certo tipo, che rispecchia certi interessi e certe preferenze, permette di pubblicizzare uno o l'altro prodotto a seconda di cosa potrebbe essere più adatto a quel pubblico. In questo modo, il ROI incrementa e i rischi di pubblicità diminuiscono, poiché la promozione viene veicolata ad un pubblico già interessato e coinvolto. In definitiva, l'affiliate marketing rappresenta una soluzione vincente per tutte le parti coinvolte, che possono beneficiare di una maggiore visibilità, vendite e profitti. CONTRO Per quanto riguarda gli ostacoli, è impegnativo per l'affiliato monitorare e cercare di sorpassare la concorrenza, quindi gli altri affiliati con lo stesso inserzionista che promuovono lo stesso prodotto. Devono escogitare nuove strategie per sembrare più convincenti degli altri per fare lead generation. Inoltre, è importante ragionare e selezionare con cura i prodotti da promuovere, perché si potrebbe rischiare una perdita di credibilità se si pubblicizza qualcosa non in linea con le tematiche tipiche della persona (le stesse che la rendono conosciuta e famosa). Anche da parte dell'azienda ci sono degli ostacoli a cui far fronte: deve essere prestata una particolare attenzione alla scelta dell'appropriato affiliato tramite il quale promuovere i propri prodotti. Optare per settore non inerente o per un'azienda che non ha niente a che fare con i propri prodotti o servizi, conseguentemente mostrando il prodotto a degli utenti che non sono potenzialmente interessati e convertibili, potrebbe rivelarsi un grande buco nell'acqua e una grossa perdita di tempo e di opportunità. Infine, non bisogna dare per scontato che l'affiliato scelto sia un venditore professionista e che faccia tutto il lavoro per noi senza alcun bisogno di monitoraggio: è consigliato seguire l'attività promozionale del nostro affiliato per assicurarsi che veicoli una promozione efficacie e adatta alla sua audience e all'incremento delle vendite. Conclusioni L'affiliate marketing si rivela una grandissima opportunità per tutti: chiunque può raggiungere un buon profitto avvalendosi di questa strategia, dal dilettante che sta approcciando il mondo del business online e vuole fare dell'affiliate marketing il suo lavoro; all'influencer che cerca una tecnica in più per generare entrate; al chi preferisce cimentarsi in un hobby diverso dall'ordinario che offre anche opportunità di guadagno; all'azienda che cerca un nuovo modello di marketing per ridurre i costi e i rischi e rivolgersi ad un pubblico più ampio e mirato. Per approfondimenti su come fare inbound marketing nella tua azienda ti consigliamo il nostro ebook gratuito su esempi di aziende che ce l'hanno fatta nelle loro strategie inbound. Image by rawpixel.com on Freepik
In un mondo ipercompetitivo le aziende devono adottare nuove soluzioni efficienti per avere un vantaggio competitivo sul mercato. In questo senso si sono susseguite nel corso del tempo nuove tipologie di marketing, vicine all'inbound marketing. In particolar modo in questo articolo si parlerà di data-driven marketing. Cos'è il data-driven marketing? Il marketing data-driven, o marketing basato sui dati, è un approccio strategico che parte dall’utilizzo delle informazioni e dei dati disponibili. Con il Data Driven marketing è possibile costruire strategie efficaci, in quanto si parte da informazioni statistiche. L'obiettivo principale del marketing data-driven è quello di migliorare le prestazioni delle attività di marketing, attraverso l'ottimizzazione delle strategie, l'aumento del coinvolgimento dei clienti e il raggiungimento di risultati misurabili. Tutte le aziende che desiderano ottimizzare le loro strategie di marketing, devono basarsi su questa tipologia di approccio. In questo modo è più facile individuare i desideri e le aspettative dei possibili clienti. Comprendere e conoscere da vicino le persone alle quali ci si rivolge quando si lancia un prodotto o servizio, è fondamentale per limitare al massimo gli errori. I dati analizzabili possono provenire da diverse fonti, come per esempio: dati demografici; interazioni sui social media; feedback dei clienti; Dati integrati relativi a comportamenti di acquisto dall'ecommerce; altri dati. Questi dati vengono poi analizzati, così da ottenere informazioni significative che permettono alle aziende di costruire strategie di marketing orientate al risultato. Scegliere però un approccio data driven è soltanto la prima fase per raggiungere il successo, in quanto è altrettanto necessario investire nelle tecnologie giuste per la raccolta, l’elaborazione e l’analisi dei dati. Approfondiamo nei prossimi paragrafi i vantaggi del data driven marketing e quali sono le principali differenze con il marketing tradizionale. Data Driven Marketing e Marketing tradizionale: differenze Per comprendere la differenza, bisogna pensare al modo di fare marketing di qualche anno fa, quando l’analisi dei dati non era ancora considerata come fattore imprescindibile di una strategia di marketing. Un’azienda con il marketing tradizionale doveva allungare e di molto il processo strategico, andando incontro a errori e problemi con il cliente. Non si conosceva così bene il cliente, a differenza di oggi. Si pensi per esempio ai famosi focus group, ovvero un gruppo di persone che venivano chiamate dall’azienda per provare ed esprime pareri e giudizi su un nuovo prodotto o servizio. Solo occuparsi di raggruppare tutte persone della stessa età, località geografica, identificandole per interesse e problemi da risolvere, richiedeva un lavoro enorme. Oggi tutto questo è possibile farlo in modo automatizzato, senza investire troppo tempo e risorse. Il data driven marketing parte dalla consapevolezza che anche grazie ai social è possibile ottenere tantissime informazioni interessanti e con il minimo sforzo. L’importante è saperle interpretare! Con il marketing data driven, ci si approccia a una personalizzazione dell'offerta finale che va a rispondere proprio all’esigenza del target. Il marketing di questa tipologia permette di ideare strategie che poi diventano scalabili e ripetibili e che consentono di fidelizzare sempre nuovi clienti. Ma quali sono i dati importanti da analizzare? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. Quali sono i dati importanti da analizzare Se pensi che tutti i dati presi in analisi siano importanti, ti sbagli. Bisogna fare una distinzione tra i dati rilevanti per la creazione di una strategia di marketing e i dati che invece sono concepiti come variabili e che quindi vanno tenuti in considerazione solo in determinati casi. I dati fondamentali da conoscere per entrare in contatto con il cliente in modo personalizzato sono: email, obbligatoria per avere un contatto all'interno di CRM come Hubspot; Tutte le altre informazioni che consentono di avere un CRM ben pulito e strutturato, come: nome; cognome; numero di telefono; nome dell’azienda; stato del cliente (nubile, celibe); Gli altri dati che sono considerati mutevoli nel tempo e che possono essere presi in esame per analizzare approfonditamente per considerarli nella costruzione di una strategia di marketing sono: attività dell’indirizzo mail; comportamento d’acquisto del cliente; interessi; comportamento di navigazione sul tuo sito web. Ciò che è importante tenere in considerazione è che se si desidera personalizzare la comunicazione, oltre che l’offerta, ci si deve basare sui dati che si hanno a disposizione, ma non solo. La vita delle persone è in continua evoluzione ed è bene mantenersi sempre al passo con i cambiamenti del potenziale cliente, raccogliendo sempre nuovi dati che lo riguardano. Il marketing data driven è - da come puoi comprendere - importante per tutte quelle aziende che desiderano conoscere bene i loro clienti, al fine di ideare un funnel marketing orientato al successo. Una volta chiara la panoramica dei dati da analizzare e a cui porre attenzione, è possibile costruire una strategia di marketing. Come si costruisce una strategia di marketing efficace partendo dai dati? Costruire una strategia di marketing data driven Per costruire una strategia di marketing efficace, bisogna sì partire dai dati, ma è anche fondamentale saperli analizzare, interpretare, trasformandoli quindi in azione. In questo panorama, una grande mano sicuramente la può dare il CRM per la costruzione del funnel marketing, automatizzando le azioni di marketing e rendendole poi scalabili nel tempo. Hubspot in questo può essere valutato come uno dei migliori strumenti per analizzare e sfruttare al meglio i dati. Hubspot marketing permette di costruire una strategia efficace partendo dalle basi. Pensiamo ad esempio alle attività di blogging, con Hubspot è possibile avere una panoramica completa di chi ha visitato il blog, letto per intero un articolo e cliccato su specifiche CTA. In base a questa informazione è possibile poi capire se sono necessarie altre azioni, come ad esempio la creazione di una landing page o di un pacchetto di mail nurturing. Un CRM quindi ti permette di orientare il tuo marketing verso un approccio data driven. Il marketing data driven è la risposta alle incertezze dei marketer quando devono ideare una strategia, sebbene non sia una garanzia di successo. Con i dati è più facile ideare una strategia di marketing personalizzata, ma il suo funzionamento o meno dipende soprattutto dalla conoscenza che si ha del target. Conclusioni Un approccio data driven è ciò occorre a tutte le aziende che desiderano massimizzare i loro sforzi, ottimizzando così tutte le azioni di marketing. Partire con un progetto CRM è sicuramente una delle prime cose da fare per raccogliere dati da ogni touchpoint in cui è presente l'impresa, in modo da avere un grande quantitativo di dati da sfruttare per segmentare la clientela e migliorare i risultati del marketing. Se vuoi ulteriori approfondimenti sul CRM ti consigliamo di scaricare il nostro ebook gratuito che può esserti d'aiuto per scoprire i grandi vantaggi di queste piattaforme. Image by pressfoto on Freepik
Negli ultimi anni, con la massiccia digitalizzazione dei servizi, sono profondamente cambiati i comportamenti e le modalità d’acquisto dei clienti e le aziende devono adeguarsi per fornire un’esperienza costruita su misura per loro. I clienti oggi sono molto più esigenti e hanno la possibilità di raccogliere informazioni utili prima di concludere un acquisto. Questo significa che le aziende non devono limitarsi a vendere un prodotto, ma devono dare tutte le informazioni utili ai consumatori e supportarli durante il processo di vendita per risolvere i loro problemi o per fornire assistenza quando viene chiesta. Tutto questo può essere risolto con il Sales Enablement, un insieme di contenuti e strumenti che supportano i team di vendita. Nel Sales Enablement rientrano servizi vari come l’inbound sales, un metodo finalizzato a creare un processo di vendita sincronizzato e tarato secondo le esigenze delle persone o delle aziende che acquistano un prodotto o un servizio. Come funziona il Sales Enablement? Come mettere in campo una strategia vincente? Quali sono i benefici? Rispondiamo a tutte queste domande nei successivi paragrafi. Sales Enablement: il significato e l’importanza per le vendite Il Sales Enablement è una strategia innovativa che migliora l’intero processo di vendita di un’azienda tramite tecnologie e metodi che puntano a migliorare il profitto e restare al passo coi tempi. Qui rientrano tutte le attività finalizzate a creare e generare lead e a gestirli correttamente, supportando allo stesso tempo il team di vendita. Per capire l’importanza del Sales Enablement dobbiamo fare un salto indietro a qualche anno fa, quando la digitalizzazione dei servizi non era così avanzata e sviluppata. Le aziende, soprattutto nel B2B, avevano una gestione pressoché totale delle vendite e il rapporto era quasi unilaterale tra venditore e compratore. Oggi invece i venditori non hanno più il controllo totale di tutte le fasi della vendita, proprio perché gli acquirenti hanno più dati a disposizione per scegliere il brand più conveniente al quale affidarsi. Se i venditori non sono preparati ad affrontare ogni evenienza o a fornire risposte pertinenti ai clienti, rischiano di subire ingenti perdite. Per essere reattivi e superare con brillantezza ogni ostacolo o criticità che può palesarsi durante l’acquisto i team di vendita devono avvalersi di un efficace sistema di messaggistica, di contenuti mirati e pertinenti e di un buon CRM per gestire alla perfezione i lead qualificati per la vendita. Gli elementi del Sales Enablement Il Sales Enablement come obiettivo principale ha quello di allineare i team di vendita e di marketing, argomento che approfondiamo maggiormente nel successivo paragrafo. Il fine ultimo è la velocizzazione delle trattative di vendita, eliminando tutti quegli ostacoli che possono rallentare il processo di acquisto. Una corretta strategia di Sales Enablement prevede tre aree: Sales Enablement Content. Marketing significa innanzitutto comunicazione e quindi bisogna comunicare in maniera chiara e trasparente con i clienti fornendo contenuti di valore e accessibili per tutti. I contenuti devono dare le informazioni giuste al momento più opportuno, sciogliendo i dubbi dei clienti e rispondendo in modo chiaro alle loro domande. I contenuti devono quindi andare dritti al punto, essere aggiornabili per stare sempre al passo con le moderne innovazioni ed essere mobile-friendly, quindi fruibili da qualsiasi dispositivo. Aggiorna quindi i contenuti “stantii” e definisci una pianificazione per i tuoi contenuti futuri che possono intercettare nuovi trend. Infine assicurati di creare contenuti personalizzati e professionali per aumentare la tua autorevolezza e porti come punto di riferimento nel tuo settore; Strategia di inbound sales. Come già anticipato il rapporto di vendita oggi è profondamente cambiato e le regole non le detta più solo il venditore. Devi quindi fare uno step mentale e ragionare non in chiave di venditore, ma di acquirente. Come vorresti che fosse il prodotto? Quali bisogni deve assolvere? Che tipo di assistenza vorresti avere? Ponendoti queste domande riesci davvero a fornire un servizio o un prodotto cucito su misura per il cliente. Gli step da seguire per mettere in atto questa strategia sono 4: identifica il lead, contattalo con il canale più indicato, comprendi i suoi bisogni e le sue necessità, consiglia una o più soluzioni; Tecnologia a supporto del Sales Enablement. Per mettere in atto una strategia efficace di Sales Enablement devi partire da un progetto CRM ben strutturato. Il CRM è una sorta di cervello centrale della tua attività che contiene tutto ciò di cui hai bisogno: comportamenti e preferenze dei clienti, dati e informazioni utili, obiettivi, compiti da assegnare ecc. Il CRM è un vero factotum per la tua azienda e puoi usarlo anche per automatizzare le email e sfruttare al massimo il loro potenziale. Con un buon CRM riesci ad essere sempre disponibile e raggiungibile per i clienti, avvalendoti di strumenti altamente avanzati da un punto di vista tecnologico come i chatbot, e rivedere e ottimizzare il processo finale di vendita basandoti su dati concreti e tangibili. L'implementazione del Sales Enablement Nel corso dell’articolo abbiamo sottolineato l’importanza di allineare marketing e sales, definito anche s-marketing, che devono remare nella stessa direzione come un sol uomo. Nelle aziende la comunicazione tra i team di vendita e marketing talvolta è scarsa o addirittura del tutto assente, quindi lavorano su due binari diversi che non si incontrano mai. Questo si traduce in una notevole perdita di energie e risorse economiche, a scapito dell’azienda che fa fatica a raggiungere gli obiettivi che si è prefissata e che vede erodere il suo budget aziendale. Sfruttando gli strumenti di Sales Enablement invece marketing e sales hanno a disposizione gli stessi dati e informazioni su cui lavorare, si interfacciano e comunicano di continuo e possono così sviluppare e seguire strategie scelte e condivise. I due team, ad esempio, possono lanciare campagne pubblicitarie di marketing scelte sinergicamente e creare contenuti pertinenti. In questo modo anche la comunicazione risulta più lineare e fluida, dando al cliente una visione chiara del messaggio che vuole trasmettere. Sales Enablement Content: i benefici di una strategia di contenuto sales oriented Vale la pena soffermarci nuovamente sui benefici offerti dal Sales Enablement Content, un processo che per l’appunto allinea i team sales e marketing per velocizzare le vendite, favorisce le conversioni e fornisce ai clienti e ai lead tutte le risposte di cui hanno bisogno. Possiamo così riassumere i principali vantaggi derivanti da un’efficace strategia di Sales Enablement Content: La comunicazione risulta più fluida e accessibile per tutti, condizione che aumenta la solidità, la coerenza e la brand awareness dell’azienda; I team di sales e di marketing sono perfettamente allineati, lavorano in sinergia spalla a spalla e possono raggiungere più facilmente gli obiettivi prefissati; Entrambi i team possono mappare i touch point dei clienti e tracciare così un identikit delle buyer personas per offrire proposte, prodotti e servizi sempre più personalizzati; Ottimizzazione dei flussi dei lead anche quando sono molto numerosi; Approccio customer-centric, cioè basato e costruito sui bisogni e sulle preferenze dei clienti. La misurazione dei risultati e ottimizzazione continua nel Sales Enablement Una volta che hai lanciato una strategia di Sales Enablement devi monitorarla continuamente per capire se sta dando i risultati sperati o se, al contrario, deve essere ottimizzata e ricalibrata. Chi può dare indicazioni concrete? Ovviamente i dati e la reportistica relativi alle vendite, ma anche alle interazioni con i clienti. In particolare per le vendite dovrebbe essere sempre disponibile un report dove vengono indicati i principali KPI del team come ad esempio: Prezzo di vendita medio; Tasso di vendita; Contratti chiusi o persi; Attività intraprese dai rappresentanti; Lunghezza del ciclo di vita. I team di marketing invece dovrebbero avere a disposizione report e parametri che accendono i riflettori sulle condivisioni, sul tempio medio di visualizzazione e in genere su come hanno influito i contenuti di marketing sull’acquisizione e sulla conversione di nuovi clienti. Gli strumenti e le tecnologie più importanti di Sales Enablement Come abbiamo avuto modo di vedere la tecnologia ricopre un ruolo di primo piano non solo nel processo di Sales Enablement, ma in generale per tutte le attività delle aziende. Per la tua strategia devi quindi avvalerti dei seguenti strumenti; Automazione della forza vendite; Sales Intelligence; Marketing Automation; Content Management; CRM. A proposito di CRM, tra i migliori sul mercato possiamo indicare HubSpot, che su un’unica piattaforma integra tutte le funzioni e le attività digitali favorendo la condivisione delle informazioni tra i team di vendita, marketing e assistenza clienti. Conclusioni Se adotti un’efficace strategia di Sales Enablement ci guadagnano tutti: i vari reparti della tua azienda e i tuoi clienti, che poi sono il cuore pulsante della tua attività. In questo modo riesci ad attrarre naturalmente i tuoi clienti, operazione che risulta molto più facile e meno dispendiosa che acquisirne di nuovi. Il tuo ecosistema di vendita non deve basarsi esclusivamente sulla vendita finale ma, come abbiamo visto, deve coinvolgere tutti i reparti e tutti i settori. Pianificazione, creazione di contenuti e utilizzo corretto delle tecnologie sono solo alcuni step necessari per ottimizzare le tue vendite, migliorare i profitti e aumentare i clienti. E tutto passa per il CRM perciò, se vuoi approfondire maggiormente il discorso su questo argomento, ti consigliamo vivamente di scaricare il contenuto gratuito alla fine dell’articolo per saperne di più e padroneggiare perfettamente questo strumento prezioso e vitale per tutte le aziende. Image by Freepik
Riuscire a prevedere l'andamento del mercato ed essere innovatori può essere utile alle imprese per riuscire a superare i propri competitor ed essere il punto di riferimento per i consumatori. Fare un'analisi predittiva pertanto è molto importante e in questo articolo ci focalizzeremo sulla sua importanza. Cos'è l'analisi predittiva? Cos’è l’analisi predittiva e perché è così importante per un business? L’analisi predittiva è un processo che utilizza i dati - precedentemente raccolti - per prevedere i risultati futuri. L’insieme degli altri strumenti utili per l’analisi predittiva sono: analisi dei dati; machine learning; intelligenza artificiale; modelli statistici. L’analisi predittiva, in sostanza, permette di prevedere ciò che accadrà in futuro e di porvi rimedio nel caso sia necessario. Un esempio sono le organizzazioni che utilizzano dati storici e attuali per prevedere tendenze e comportamenti. Con l’analisi predittiva è possibile conoscere il palesarsi di un evento in termini di secondi, giorni o anni nel futuro. In quest’ottica, quali sono i diversi ambiti di applicazione utili in cui ha senso applicare l’analisi predittiva? marketing e vendite; gestione della supply chain; ambito sanitario; rilevamento delle frodi. Approfondiamo nel prossimo paragrafo come funziona l’analisi predittiva. Come funziona l’analisi predittiva? Coloro che operano in questo settore sono i data scientist, i quali utilizzano modelli predittivi per identificare la correlazione che sussiste tra gli elementi e i dati presi in analisi. In base a questo processo viene creato un modello statistico, da utilizzare per generare previsioni accurate. Ci sono 5 passaggi da reputarsi fondamentali, affinché l’analisi predittiva possa essere svolta al meglio: definire il problema - fase in cui si identificano i problemi, così da indirizzare meglio tipologia e tecnica di analisi predittiva; predisporre una struttura per la data integration: integrare i dati da più piattaforme deve essere una delle prime cose da fare. Più dati si hanno a disposizione, e da più fonti, più accurate possono essere le analisi sulle previsioni. acquisire e organizzare i dati - i dati che sono stati precedentemente raccolti vengono analizzati e rielaborati per definire meglio la natura del problema, identificando le soluzioni che si potrebbero adottare; fase di pre-elaborazione dei dati - fase in cui viene fatta la pulizia dei dati non necessari all’analisi predittiva; sviluppare modelli predittivi - in questa fase i data scientist hanno a disposizione strumenti e tecniche per sviluppare modelli predittivi, a seconda del tipo di problemi e della natura dei dati; convalida dei dati - controllo dei modelli predittivi applicati in base ai dati raccolti. Ma perché l’analisi predittiva è utile? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. Perché l’analisi predittiva è così utile? Le aziende si trovano continuamente nella situazione di dover affrontare rischi e difficoltà nel loro business. Non si conosce mai con esattezza la strada giusta per affrontare un problema o la strategia più adatta per raggiungere degli obiettivi. Per questo motivo l’analisi predittiva può essere di grande aiuto, in quanto permette di prevedere le situazioni di rischio e proporre un modello predittivo per affrontarle. L’analisi predittiva permette di passare rapidamente dalla fase di conoscenza, all’azione, riducendo così al minimo le possibilità di fallimento. L’analisi predittiva permette di mettere a confronto dati diversi e algoritmi personalizzati, segnalando anomalie e scostamenti da quelli che sono i modelli precedenti. Nel marketing, ambito di analisi che ci interessa più da vicino, l’analisi predittiva permette di anticipare i bisogni dei lead, semplicemente basandosi sull’analisi dei dati precedentemente fatta. In questo ambito, ad esempio, prendere delle decisioni basandosi sui dati, aiuta a realizzare offerte più personalizzate nei confronti dei clienti potenziali ed esistenti. Il CRM rappresenta un ulteriore prezioso strumento che può essere molto utile nella fase di raccolta dei dati, in quanto permette di averli sempre tutti a disposizione, oltre che consultabili facilmente. CRM e analisi predittiva: come può aiutare Il CRM è uno strumento molto importante per l’analisi predittiva, in quanto permette di avere a disposizione tutti i dati più importanti in un unico luogo. Pensiamo ad esempio a quando viene costruita una strategia di marketing e vengono quindi creati contenuti come blog post, mail di nurturing, landing page etc. L’obiettivo di questi contenuti è quello di comunicare con il potenziale target, informandolo e contemporaneamente vendendo dei servizi o dei prodotti, utili alla risoluzione di un ipotetico problema. Questi contenuti poi sono utili per due motivi principali: Permettono di vedere la reazione degli utenti ad un determinato argomento; Permettono la raccolta dati nel CRM dei lead acquisiti con la strategia di content marketing; Il CRM permette quindi di raccogliere tutti i dati e di analizzarli con calma. Con Hubspot ad esempio è possibile visualizzare tutti i dati in un unico pannello, semplicemente filtrando in base all’informazione che si desidera conoscere, in un determinato periodo di tempo (settimane, mesi). Con il CRM è possibile capire quante persone sono arrivate su di una landing page da una sponsorizzata o da un articolo di blog. Si può inoltre capire in quanti hanno letto interamente un contenuto e in quanti invece sono passati direttamente a chiedere informazioni. Sulla base dei dati che mostrano il comportamento dei lead è possibile capire che genere di azione può avere più successo nel futuro. Inoltre, il CRM ha delle funzionalità di reportistica e analisi che permettono di filtrare i dati dei clienti da osservare, segmentandoli per diversi cluster. A seconda dei gruppi di clienti analizzati, è possibile quindi costruire strategie ad hoc. Questa analisi permette quindi di ottimizzare le azioni di marketing, migliorando servizi e comunicazione con i potenziali clienti. Ma non soltanto. L’analisi predittiva crea, come abbiamo visto, dei modelli predittivi scalabili e riutilizzabili in futuro. In questo modo nel marketing, è possibile prevedere quello che accadrà in futuro e i risultati che si otterranno. In questo panorama, l’AI può aiutare a svolgere meglio e in modo più efficace l’analisi predittiva? Scopriamo come nel prossimo paragrafo. Come l’intelligenza artificiale aiuta a prevedere il futuro L’AI può aiutare nella raccolta dei dati, contribuendo quindi al lavoro dei data scientist, i quali si devono occupare di valutare le informazioni che hanno a loro disposizione per porre in essere l’analisi predittiva. Se pensiamo ad esempio ad alcuni software di intelligenza artificiale, integrabili con i CRM ad esempio, possiamo immediatamente comprendere come quest’ultima possa aiutare il processo attivamente. Un esempio di come intelligenza artificiale e CRM possono contribuire al miglioramento dell’analisi predittiva è Chatspot - lo strumento AI di Hubspot, ideato appositamente per velocizzare e rendere più smart anche le operazioni interne del CRM. Chatspot permette infatti di ridurre gli errori umani e di velocizzare alcune operazioni legati ai dati, tendenzialmente manuali. Non solo perché Chatspot contribuisce al miglioramento delle analisi, riuscendo a dare, in base ai dati raccolti, previsioni in tempo reale sull'argomento desiderato. Conclusioni Farsi guidare da un’agenzia Hubspot per il proprio progetto CRM diviene fondamentale se vuoi iniziare a fare un’analisi predittiva del tuo business e partire con un progetto inbound, che aiuti l'azienda a prendere decisioni basate sui dati e non per intuito. L'analisi predittiva è fondamentale per tutte le imprese per capire non solo l'andamento del mercato, ma anche eventuali problemi che possono sorgere in capo all'impresa. Ti lasciamo pertanto il nostro ebook gratuito che spiega cos'è Hubspot, la piattaforma perfetta per fare inbound marketing e prendere decisioni data driven. Image by DCStudio on Freepik
La storia dell'intelligenza artificiale L'idea di macchine o automi che imitano l'intelligenza umana esiste da millenni. Tuttavia, l'IA come la conosciamo oggi ha avuto origine molto più recentemente, nel 20° secolo. Nel 1950, il matematico britannico Alan Turing propose quello che è ora conosciuto come il Test di Turing - un esperimento progettato per vedere se una macchina poteva convincere un essere umano di essere un altro essere umano. Questo concetto ha gettato le basi per gran parte della ricerca sull'IA che sarebbe seguita. Nel 1956, la conferenza di Dartmouth ha segnato la nascita ufficiale dell'intelligenza artificiale come campo di ricerca. Fu lì che il termine intelligenza artificiale fu coniato da John McCarthy. Negli anni '60 e '70, l'IA godette di un periodo di grande entusiasmo e finanziamenti, soprattutto nel settore della comprensione del linguaggio naturale e della risoluzione di problemi. Tuttavia, le difficoltà incontrate nel trasformare la teoria in pratica hanno portato a un periodo noto come l'inverno dell'IA, in cui il finanziamento e l'interesse si sono raffreddati. Negli anni '80, con l'avvento dei sistemi esperti, l'IA ha conosciuto un breve periodo di rinascita. Questi sistemi erano programmi che simulavano le competenze di un esperto umano in un particolare campo. Ma è stato con l'avvento di Internet e il boom dei big data negli anni 2000 che l'IA ha iniziato a fiorire veramente. L'apprendimento automatico, una sottodisciplina dell'IA, ha sfruttato l'enorme quantità di dati disponibili per migliorare la precisione e l'efficacia delle macchine nell'apprendimento. Infine, nel decennio 2010, il deep learning, una tecnica che utilizza reti neurali artificiali con molteplici livelli, ha portato a importanti progressi nel riconoscimento vocale, nella visione artificiale e in altre aree. Oggi, l'IA è parte integrante delle nostre vite, anche se potrebbe non sembrare evidente. È nei nostri telefoni, nelle nostre auto, e ci aiuta a navigare nel mondo online. Ciò che il futuro riserva per l'IA è aperto alla discussione, ma una cosa è certa: l'IA continuerà a giocare un ruolo importante nel plasmare il nostro futuro. Cos'è l'IA e i suoi fondamenti Prima di tutto, cos'è l'Intelligenza Artificiale, o IA? In termini semplici, l'IA si riferisce alla simulazione di processi cognitivi umani da parte di macchine, in particolare sistemi informatici. Questi processi includono l'apprendimento, il ragionamento, l'autocorrezione, la percezione visiva e il riconoscimento del linguaggio naturale. Un componente chiave dell'IA è l'apprendimento automatico. Questa è una sottocategoria di IA che consente alle macchine di migliorare le loro prestazioni senza essere esplicitamente programmate. Invece, le macchine apprendono e si adattano attraverso l'esperienza, proprio come gli esseri umani. Gli algoritmi di apprendimento automatico utilizzano i dati per creare modelli che possono fare previsioni o prendere decisioni senza essere esplicitamente programmati per svolgere il compito. Il deep learning è un sottoinsieme dell'apprendimento automatico. Il deep learning utilizza reti neurali artificiali con molti strati - da qui il termine deep. Questi modelli sono ispirati al funzionamento del cervello umano e cercano di replicare la sua capacità di apprendere dai dati grezzi. Questo approccio ha portato a progressi significativi in aree come il riconoscimento vocale e di immagini. Gli algoritmi sono alla base di tutto questo. Un algoritmo non è altro che un insieme di regole o istruzioni che una macchina segue per risolvere un problema o completare un compito. Gli algoritmi di apprendimento automatico, ad esempio, potrebbero includere istruzioni per pesare l'importanza di diversi input, oppure regole su come modificare questi pesi alla luce di nuovi dati. Le tecniche di apprendimento automatico e deep learning si basano su una varietà di algoritmi. Ad esempio, la regressione lineare e logistica, gli alberi decisionali, il clustering k-means, le macchine a vettori di supporto e le reti neurali sono solo alcuni dei tipi di algoritmi che possono essere utilizzati. In conclusione, l'apprendimento automatico, il deep learning e gli algoritmi sono fondamentali per l'intelligenza artificiale. Questi strumenti permettono alle macchine di apprendere dall'esperienza, di adattarsi e di migliorare le proprie prestazioni, e di eseguire compiti che un tempo erano riservati esclusivamente agli esseri umani. Non vedo l'ora di vedere cosa ci riserva il futuro di questo campo emozionante. L'apprendimento automatico nell'IA: come funziona ed alcuni esempi L'apprendimento automatico, o machine learning, è una branca dell'intelligenza artificiale che si concentra sulla creazione e sull'utilizzo di modelli che possono imparare dai dati. L'obiettivo è permettere ai computer di imparare automaticamente senza essere esplicitamente programmati. Il modo in cui funziona l'apprendimento automatico può variare a seconda del tipo specifico di apprendimento automatico utilizzato. In generale, tuttavia, il processo coinvolge la fornitura di un insieme di dati a un algoritmo di apprendimento automatico. Questo algoritmo è poi utilizzato per creare un modello che può fare previsioni o prendere decisioni. Per esempio, supponiamo di avere un insieme di dati su un gruppo di case, inclusi attributi come la dimensione della casa, il numero di stanze, l'anno di costruzione, e il prezzo di vendita. Potremmo utilizzare un algoritmo di apprendimento automatico per creare un modello che può prevedere il prezzo di vendita di una casa in base alle sue caratteristiche. Questo modello può poi essere utilizzato per prevedere il prezzo di vendita di case che non sono nell'insieme di dati originale. Un altro esempio potrebbe essere l'utilizzo di un algoritmo di apprendimento automatico per analizzare il testo delle recensioni dei prodotti e classificarle come positive o negative. In questo caso, l'obiettivo dell'algoritmo è di imparare quali parole o frasi sono indicative di una recensione positiva o negativa. Gli algoritmi di apprendimento automatico sono ampiamente utilizzati in una varietà di applicazioni, tra cui il riconoscimento dell'immagine, il riconoscimento vocale, le raccomandazioni dei prodotti, e molti altri. L'obiettivo è sempre quello di permettere ai computer di imparare dai dati in modo da poter fare previsioni o prendere decisioni in modo più efficace. Tipi di apprendimento automatico Nello scorso paragrafo abbiamo parlato di apprendimento automatico. Non è un concetto unico ma ne esistono di più tipi: Apprendimento Supervisionato: Questo è il tipo più comune di apprendimento automatico. Nell'apprendimento supervisionato, forniamo all'algoritmo un insieme di dati di addestramento che include le risposte corrette, o etichette. Ad esempio, se stiamo addestrando un algoritmo per riconoscere le immagini di gatti, gli daremo un insieme di immagini che sono state etichettate come gatto o non gatto. L'algoritmo quindi impara da questi dati di addestramento, cercando di generalizzare da questi esempi in modo da poter fare previsioni accurate su nuovi dati che non ha mai visto prima. Apprendimento Non Supervisionato: A differenza dell'apprendimento supervisionato, nell'apprendimento non supervisionato non forniamo all'algoritmo le risposte corrette o etichette. Invece, l'obiettivo è per l'algoritmo di trovare strutture o pattern nei dati. Un esempio comune di apprendimento non supervisionato è l'analisi di cluster, in cui l'obiettivo è raggruppare i dati in cluster di elementi simili. Ad esempio, potremmo avere un insieme di articoli di notizie e vogliamo raggrupparli in categorie basate sui loro contenuti, ma non abbiamo un insieme di categorie predefinite. Apprendimento per Rinforzo: Questo tipo di apprendimento automatico è un po' diverso dagli altri due. Nell'apprendimento per rinforzo, abbiamo un agente (l'algoritmo) che interagisce con un ambiente e l'obiettivo è per l'agente di imparare come compiere determinate azioni che massimizzano una ricompensa. L'agente fa ciò attraverso un processo di prova ed errore: esegue un'azione, vede quale effetto ha (ad esempio, se aumenta o diminuisce la ricompensa), e usa queste informazioni per aggiornare la sua strategia. Un esempio comune di apprendimento per rinforzo è un algoritmo che impara a giocare a un gioco come gli scacchi o il Go. Ognuno di questi tipi di apprendimento automatico ha i suoi punti di forza e di debolezza, e la scelta del tipo da utilizzare dipenderà molto dal problema specifico che si sta cercando di risolvere. Deep Learning: cos'è, come funziona, ed esempi Il deep learning è una sottocategoria di apprendimento automatico, che a sua volta è una sottocategoria di intelligenza artificiale. Il deep learning si basa su reti neurali artificiali con diverse (deep) layer, da cui prende il nome. Queste reti neurali cercano di simulare il funzionamento del cervello umano—apprendendo da grandi quantità di dati. Mentre una rete neurale con una singola layer può ancora fare un buon lavoro a risolvere problemi semplici, le reti neurali deep sono molto più potenti per risolvere problemi complessi. Il modo in cui funziona il deep learning è che ogni nodo di una layer prende in ingresso valori dai nodi nella layer precedente, li moltiplica per dei pesi, applica una funzione (chiamata funzione di attivazione) e poi passa il risultato ai nodi nella layer successiva. Inizialmente, i pesi sono impostati in modo casuale, ma vengono poi aggiustati via via che la rete impara dai dati. Prendiamo un esempio concreto. Supponiamo di avere una grande quantità di immagini di gatti e cani, e vogliamo costruire un modello di deep learning che può distinguere tra gatti e cani. Inizieremo con un insieme di immagini etichettate (ad esempio, alcune immagini sono etichettate come gatto e altre come cane). Queste immagini sarebbero l'input per la nostra rete neurale. Durante il processo di apprendimento, la rete neurale cercherebbe di adattare i pesi in modo tale che l'output della rete sia corretto il più possibile (ad esempio, quando un'immagine di un gatto viene data in input, la rete dovrebbe produrre l'output gatto). Questo processo di aggiustamento dei pesi viene fatto attraverso un processo chiamato backpropagation e utilizzando un algoritmo di ottimizzazione come la discesa del gradiente. Dopo un sufficiente addestramento, la rete neurale dovrebbe essere in grado di distinguere correttamente tra gatti e cani, anche per immagini che non ha mai visto prima. Questo è un esempio di come funziona il deep learning. Il deep learning è ampiamente utilizzato in una varietà di applicazioni, tra cui il riconoscimento vocale (come nei dispositivi Alexa di Amazon), la traduzione automatica (come nel traduttore di Google), il riconoscimento facciale (come nelle funzioni di sblocco del viso sui telefoni cellulari) e molte altre. Le reti neurali: cosa sono e come alimentano il deep learning Le reti neurali sono un modello computazionale ispirato al modo in cui il cervello umano funziona. Sono costituite da unità di calcolo chiamate neuroni o nodi, che sono organizzati in layer. Ogni neurone riceve input da altri neuroni, esegue un calcolo semplice su questi input e invia l'output ad altri neuroni. Ogni connessione tra neuroni ha un peso associato, che determina l'importanza di quel particolare input. Durante l'apprendimento, questi pesi vengono regolati in modo da migliorare la performance del modello. Le reti neurali possono avere diversi layer di neuroni, che si dividono in: Layer di input: Questi neuroni ricevono l'input dall'esterno (ad esempio, i pixel di un'immagine). Layer nascosti: Questi neuroni ricevono input da altri neuroni e inviano output ad altri neuroni. Una rete può avere molti layer nascosti, e quando lo fa, la chiamiamo una rete neurale profonda o deep neural network. Layer di output: Questi neuroni producono l'output finale del modello (ad esempio, la classificazione dell'immagine). Per comprendere come le reti neurali alimentano il deep learning, possiamo considerare un esempio di riconoscimento delle immagini. Supponiamo di avere una rete neurale progettata per riconoscere immagini di gatti. Gli input sarebbero i pixel delle immagini. Questi sarebbero inseriti nel layer di input della rete neurale. Questi input vengono quindi passati attraverso i layer nascosti della rete. Ogni layer potrebbe essere progettato per rilevare caratteristiche specifiche. Ad esempio, i primi layer potrebbero rilevare linee o colori, mentre i layer successivi potrebbero rilevare forme o strutture più complesse, come gli occhi o le orecchie di un gatto. Infine, il layer di output prende tutte le caratteristiche rilevate dai layer nascosti e decide se l'immagine rappresenta un gatto o no. Quando la rete viene addestrata, viene presentata con molte immagini di gatti e non gatti. Utilizza questi esempi per regolare i pesi delle sue connessioni, in modo da diventare sempre migliore nel riconoscere i gatti. Questo è un esempio di come le reti neurali alimentano il deep learning. Per illustrare una rete neurale, potremmo disegnare una serie di cerchi (i neuroni) organizzati in colonne (i layer). Le frecce tra i cerchi rappresentano le connessioni tra i neuroni, con i pesi associati. Ogni freccia entra in un cerchio da un lato e esce dall'altro, indicando il flusso di informazioni dalla rete di input, attraverso i layer nascosti, alla rete di output. Algoritmi: cosa sono, come sono utilizzati nell'IA, apprendimento automatico e deep learning ed alcuni esempi Un algoritmo, nel contesto più generale, è un insieme di istruzioni step-by-step per risolvere un problema o per raggiungere un obiettivo specifico. Nell'ambito dell'informatica e della programmazione, un algoritmo può essere visto come una sequenza di operazioni che può essere implementata in un programma per ottenere un risultato particolare. In termini di intelligenza artificiale, apprendimento automatico e deep learning, gli algoritmi giocano un ruolo fondamentale. Gli algoritmi in questi campi sono spesso responsabili per l'apprendimento da dati, per fare previsioni, o per prendere decisioni basate su input. Nell'apprendimento automatico, ad esempio, un algoritmo molto comune è la regressione lineare. Questo algoritmo cerca di trovare una linea (o in dimensioni superiori, un iperpiano) che meglio si adatta ai dati. Questa linea può quindi essere utilizzata per fare previsioni su nuovi dati. Un altro algoritmo di apprendimento automatico popolare è l'albero decisionale, che costruisce una sorta di flusso di decisioni basato su domande sui dati di input. Nel deep learning, uno degli algoritmi più comuni è la backpropagation. Questo algoritmo è utilizzato per addestrare le reti neurali, regolando i pesi delle connessioni tra i neuroni in modo che la rete diventi sempre migliore nel fare previsioni corrette. Per fare un esempio pratico, supponiamo di voler costruire un sistema di riconoscimento delle immagini. Potremmo utilizzare un algoritmo di deep learning chiamato rete neurale convoluzionale (o CNN). Questo algoritmo utilizza un tipo speciale di layer neurale chiamato layer convoluzionale, che è particolarmente buono nel rilevare pattern locali all'interno delle immagini. La rete neurale apprenderebbe quindi a riconoscere le immagini attraverso un processo iterativo di addestramento e regolazione dei pesi della rete, utilizzando l'algoritmo di backpropagation. In generale, gli algoritmi sono gli operai della IA, dell'apprendimento automatico e del deep learning, eseguendo le operazioni chiave che permettono a questi sistemi di apprendere dai dati e di fare previsioni o decisioni intelligenti. Le tendenze emergenti nell'IA e le possibili implicazioni future Già dal settembre 2021, diverse tendenze emergenti si stavano plasmando il campo dell'IA, dell'apprendimento automatico e del deep learning. Ecco alcune delle più importanti: Elaborazione del linguaggio naturale (NLP): La capacità delle macchine di comprendere, rispondere e generare linguaggio umano sta migliorando in modo significativo. Gli algoritmi di apprendimento automatico come GPT-3 di OpenAI possono generare testi di qualità sorprendente e stanno trovando applicazioni in traduzione, scrittura assistita, assistenti virtuali e molto altro. Intelligenza artificiale federata: Questa è un'approccio all'apprendimento automatico dove il modello viene addestrato su diversi dispositivi distribuiti o server, consentendo di imparare dai dati senza mai inviarli a un server centrale. Ciò risolve alcune questioni relative alla privacy e alla sicurezza dei dati. AI spiegabile: Mentre le tecniche di IA diventano sempre più sofisticate, diventa anche più difficile capire come stanno effettivamente facendo le previsioni. L'AI spiegabile si concentra sulla creazione di sistemi che possono fornire spiegazioni comprensibili e trasparenti per le loro decisioni. Apprendimento per rinforzo: Questa tecnica di apprendimento automatico, che coinvolge agenti che imparano da premi e punizioni, sta diventando sempre più potente. È stata usata per addestrare sistemi che hanno superato gli esseri umani in una serie di giochi complessi, come Go e poker. AI e salute: Ci sono molte applicazioni promettenti dell'AI nel campo della salute, dalla previsione delle malattie alla personalizzazione delle cure. Ad esempio, gli algoritmi di apprendimento automatico possono essere utilizzati per analizzare le immagini mediche e rilevare anomalie. Auto autonomi: L'IA è al centro dello sviluppo di veicoli autonomi. Utilizzando tecniche di deep learning, le auto possono vedere e interpretare l'ambiente circostante, permettendo loro di navigare in modo sicuro. Nel futuro, possiamo aspettarci che queste tendenze continuino a evolversi e che emergano nuove. La ricerca nell'IA, nell'apprendimento automatico e nel deep learning è molto attiva, con nuovi sviluppi e scoperte che emergono regolarmente, tanto che Hubspot recentemente ha annunciato l'arrivo di Chatspot, IA che consente di aumentare la qualità dei dati all'interno del CRM. L'IA ha il potenziale di trasformare molti aspetti della nostra società, dall'assistenza sanitaria all'educazione, al commercio, all'arte e oltre. Le applicazioni dell'apprendimento automatico e deep learning nei settori del commercio elettronico, logistica e pagamenti online L'IA, l'apprendimento automatico e il deep learning hanno una vasta gamma di applicazioni nei progetti ecommerce, della logistica e dei pagamenti online. Ecco alcuni esempi: Raccomandazioni personalizzate: Una delle applicazioni più comuni dell'apprendimento automatico nel commercio elettronico è nei sistemi di raccomandazione. Questi sistemi analizzano il comportamento passato dell'utente, come gli acquisti o gli articoli visualizzati, per suggerire prodotti che potrebbero essere di interesse. Questi sistemi possono utilizzare una varietà di tecniche, tra cui il filtraggio collaborativo, il clustering e il deep learning. Descrizioni e testi: Una delle applicazioni dell'intelligenza artificiale ci è data da Shopify, che grazie a Shopify Magic è in grado di generare descrizione dei prodotti venduti online in base a degli input forniti dall'utente. Questo rappresenta sicuramente un aiuto per le persone poco creative che possono prendere così spunto dalla descrizione generata in automatico o mantenere direttamente la descrizione generata dall'IA. Gestione delle scorte: L'apprendimento automatico può aiutare a prevedere la domanda di prodotti, permettendo ai rivenditori di gestire in modo più efficace le loro scorte. Ad esempio, potrebbe analizzare le tendenze storiche, gli eventi stagionali e altri fattori per prevedere la quantità di un particolare articolo che sarà venduta in un determinato periodo. Prevenzione delle frodi: Nel contesto dei pagamenti online, l'apprendimento automatico può essere utilizzato per rilevare transazioni sospette o anomale. Analizzando i modelli di comportamento passati, un algoritmo di apprendimento automatico può identificare transazioni che si discostano da questi modelli e segnalarle come potenziali frodi. Chatbot e assistenti virtuali: Molti siti di e-commerce utilizzano chatbot basati su IA per rispondere alle domande dei clienti, fornire suggerimenti di prodotti e aiutare con il processo di checkout. Questi bot utilizzano tecniche di elaborazione del linguaggio naturale (NLP) per comprendere le domande degli utenti e generare risposte utili. Ottimizzazione della logistica: L'IA può essere utilizzata per migliorare l'efficienza dei processi logistici, come la pianificazione delle rotte per la consegna. Ad esempio, potrebbe considerare fattori come il traffico, le condizioni meteorologiche e la disponibilità dei conducenti per determinare il percorso più rapido o più economico. Analisi delle recensioni dei clienti: Gli algoritmi di apprendimento automatico possono analizzare le recensioni dei clienti per identificare tendenze o problemi comuni. Ad esempio, potrebbe identificare parole chiave o frasi che vengono utilizzate frequentemente nelle recensioni negative, permettendo al rivenditore di indirizzare questi problemi. Questi sono solo alcuni esempi di come l'IA, l'apprendimento automatico e il deep learning vengono applicati nel settore del commercio online, della logistica e dei pagamenti. L'evoluzione continua di queste tecnologie offre molte opportunità per migliorare ulteriormente l'efficienza e la personalizzazione in questi settori. Esempi di come l'IA viene utilizzata tutti i giorni Forse l'esempio più noto di IA nelle nostre vite quotidiane è l'assistente virtuale. Se avete mai chiesto a Siri di fare una ricerca su internet, o chiesto ad Alexa di riprodurre la vostra canzone preferita, allora avete interagito con l'IA. Questi assistenti utilizzano una combinazione di riconoscimento vocale, comprensione del linguaggio naturale e sintesi vocale per comprendere e rispondere alle vostre domande. Ma l'IA non si limita a Siri e Alexa. Se avete mai ricevuto raccomandazioni personalizzate su Netflix o Amazon, allora avete sperimentato l'IA. Questi servizi utilizzano algoritmi di apprendimento automatico per analizzare i vostri comportamenti di acquisto o di visione e prevedere cosa potrebbe piacervi in futuro. L'IA è anche al lavoro quando usate i social media. Quando Facebook riconosce i vostri amici nelle foto che caricate e vi suggerisce di taggarli, o quando Instagram vi suggerisce persone da seguire basandosi su chi già seguite e su quali post vi piacciono, è grazie all'IA. Inoltre, l'IA sta trasformando il settore dei trasporti. Se avete mai usato un'app di navigazione come Google Maps per trovare il percorso più veloce, avete beneficiato dell'IA. E le auto a guida autonoma, che stanno diventando sempre più comuni, si basano pesantemente sull'IA per interpretare l'ambiente circostante e prendere decisioni di guida sicure. L'IA è anche utilizzata in settori come: sanità, per aiutare a diagnosticare malattie e suggerire trattamenti; finanza, per rilevare le frodi con le carte di credito; energia, per ottimizzare la produzione e il consumo di energia. Conclusioni In conclusione, l'IA è ormai parte integrante della nostra vita quotidiana, rendendo i servizi più comodi, efficienti e personalizzati. E con l'avanzare della tecnologia, possiamo aspettarci che l'IA diventi ancora più presente nelle nostre vite. Durante il nostro articolo abbiamo parlato anche di Hubspot e Chatspot. Pertanto per concludere ti consigliamo questo nostro ebook gratuito su Hubspot. Cover designed by Freepik
Le aziende sono sedute su una miniera d’oro, ma non sempre se ne accorgono. Qual è questa miniera d’oro? I dati che vengono raccolti ogni giorno. Questi dati possono indicare l’andamento delle vendite, del traffico sul proprio e-commerce o le abitudini e le preferenze dei clienti. Ebbene questi dati, se utilizzati e sfruttati in modo corretto, si trasformano in preziosissime informazioni che consentono di tracciare le strategie future più adeguate per migliorare il proprio business, ottimizzando il lavoro in sinergia dei vari team e offrendo ai clienti una customer experience sempre più personalizzata e cucita su misura per loro. Partendo da questo presupposto Hubspot, una piattaforma in continua evoluzione per adattarsi e assecondare le nuove tendenze del mercato, ha lanciato un nuovo hub dedicato a chi ha conoscenze profonde di linguaggi di programmazione: Operations Hub. Questo nuovo hub va ad affiancarsi ad altri strumenti molto efficaci come Hubspot Service, Marketing, Sales e CMS, con l’obiettivo di creare una strategia operativa che tenga conto di tutti i dati raccolti. Nei seguenti paragrafi analizziamo meglio come funziona Hubspot Operations Hub e quali sono le sue peculiari funzionalità. Cos’è Hubspot Operations Hub? Hubspot Operations Hub è un pacchetto di Hubspot finalizzato a gestire in modo armonico e lineare tutte le operazioni usando un’unica piattaforma fruibile principalmente dal team developer. Questo consente la messa a disposizione di un ecosistema di dati connessi e collegati tra di loro, riducendo in modo notevole lo sforzo delle risorse umane e rendendo i processi più efficienti e scalabili. Nell’hub sono disponibili integrazioni delle app ottimizzate, strumenti che consentono di sincronizzare e formattare i dati e i processi in tempi rapidi e rendere ogni operazione molto più flessibile. Le aziende, grazie a questo strumento che si integra perfettamente con gli altri hub presenti nella piattaforma, hanno una visione “a volo d’uccello” sul loro business, vista la possibilità di monitorare tutte le interazioni dei clienti e avere a disposizione una serie di dati puliti, all'interno di Hubspot CRM, e perfettamente connessi tra di loro per garantire agli utenti un’esperienza d’acquisto efficace e soddisfacente. I dati sconnessi o gli errori manuali diventano quindi un vecchio ricordo e i vari team, potendo svolgere rapidamente le operazioni più lunghe e noiose, hanno la possibilità di dedicarsi maggiormente al vero core business dell’azienda e si sentono anche più motivati e gratificati. I vantaggi di Hubspot Operation Hub Sempre più aziende usano Hubspot per il marketing e proprio per questo motivo il nuovo hub è pensato, nonostante sia usabile principalmente da chi ha una conoscenza avanzata di linguaggi di programmazione, per soddisfare le esigenze dei vari reparti aziendali: dal marketing alle vendite al servizio clienti ecc... L’integrazione dei dati snellisce tutte le operazioni e le rende molto più fluide, evitando perdite di tempo che rallentano la crescita aziendale o la trasmissione di informazioni e aumentano la frustrazione dei dipendenti, costretti a svolgere azioni noiose, ripetitive e poco motivanti. Hubspot Operation Hub propone una serie di vantaggi per più reparti aziendali, analizziamo quelli più tangibili: canale di comunicazione diretto e “privilegiato” per i clienti che possono comunicare e interfacciarsi con una persona in grado di risolvere in breve tempo la loro problematica o rispondere in modo pertinente alle loro domande. Viene notevolmente migliorata la customer experience del cliente e di conseguenza la fidelizzazione risulta un processo quasi naturale; massima sinergia tra i team di lavoro, che possono aggiornarsi costantemente su un’unica piattaforma sui dati di cui hanno bisogno senza invii di email o comunicazioni dirette agli altri reparti che si trasformano in uno spreco inutile di risorse e di energie; l’azienda ha una visione completa dell’andamento del business, senza dover ricorrere a report continui che, pur essendo importanti, non possono essere svolti quotidianamente. Con questo strumento i vertici aziendali possono tenere traccia di tutte le chat e le conversazioni che i dipendenti hanno con i clienti, avendo sott’occhio le informazioni necessarie che possono rivelarsi preziosissime per impostare le strategie sul breve, medio e lungo periodo. Le funzionalità di Hubspot Operations Hub Hubspot Operations Hub, come abbiamo accennato, consente di monitorare il sito creato per capire subito come e dove intervenire per migliorare le prestazioni. Diamo quindi uno sguardo alle nuove funzionalità dell’hub che, in sinergia con quelle già presenti, consentono alle aziende di creare un progetto vincente e di tastare continuamente il polso della tua azienda: Data Sync. É uno degli strumenti più interessanti, pensato e progettato per sincronizzare i dati e capace di collegare Hubspot, in modo unidirezionale o bidirezionale, con qualsiasi altro software o app già in uso nell’azienda. Tutte le informazioni e i dati, indipendentemente dal canale da dove provengono, convergono nella piattaforma CRM in modo automatico e senza la necessità di intervento umano; Data Quality Automation. Questo strumento consente di correggere in modo automatizzato le informazioni provenienti da altre fonti, dando la certezza di avere a disposizione un database pulito, completo e continuamente aggiornato; Programmable Automation. L’automazione è resa ancor più personalizzabile secondo le esigenze delle aziende grazie ad Operation Hub. Il tutto è possibile grazie a Node.js che consente di andare a creare delle automazioni direttamente a codice, con la possibilità di creare ad esempio un webhook, andando quindi oltre a quanto già previsto in Hubspot tramite l'inserimento di javascript personalizzati. Automazione dei processi con Hubspot Operations Hub L’automazione dei processi, da quelli più semplici a quelli più complessi, è resa possibile da Hubspot Operations Hub che all’occorrenza mette a disposizione flussi di lavoro o sequenze o l'estrema personalizzazione degli stessi. Tale automatizzazione rende il lavoro molto più snello e veloce a tutti i team: da quello del marketing a quello delle vendite fino a quello che si occupa dell’assistenza clienti. Analizziamo nei seguenti paragrafi come i vari reparti possono sfruttare gli strumenti messi a disposizione da questo hub. Ottimizzazione delle operazioni di marketing, vendite e assistenza clienti I team di marketing possono sfruttare le funzionalità di Hubspot Operations Hub, ad esempio, per automatizzare le e-mail, e per aumentarne l'efficacia. Infatti prima di iniziare una campagna di email marketing si possono utilizzare i workflow con delle applicazioni integrate, ad esempio per controllare la correttezza delle email della lista, riuscendo quindi a diminuirne il bounce rate. Anche in fase di segmentazione Hubspot Operation Hub porta vantaggi anche a chi fa marketing perché permette di avere un grande quantitativo di dati per poter segmentare e fare previsioni in base ai dati acquisiti, con una loro pulizia tramite intelligenza artificiale. Lo stesso discorso si può fare per il team di vendita, che deve mantenere viva la relazione con i clienti. Con questo hub è possibile inserire i contatti nelle sequenze, così da capire come e quando inviare email in modo pertinente e al momento giusto senza il rischio che finiscano nello spam. Così facendo è anche più facile intercettare i lead quando sono maggiormente “caldi” e rendere più facile la loro conversione in clienti. I vantaggi sono piuttosto evidenti anche per il team di assistenza clienti, che ha a disposizione in ogni momento i dati relativi ai clienti. Il team di customer service, anche tramite workflow personalizzati, può rispondere in modo immediato alle richieste dei clienti e, potendo accedere rapidamente ai loro dati, comprendono subito quale può essere la loro problematica o semplicemente quali sono le loro abitudini e preferenze d’acquisto per fornire un servizio su misura. Miglioramento dell'efficienza e dell'esperienza utente I vantaggi sono evidenti per l’azienda e più nello specifico per tutti i team coinvolti nei vari processi, ma ne traggono grande beneficio anche i clienti. Migliorare l’esperienza cliente del resto è uno degli obiettivi delle aziende, poiché questa metrica ha assunto un ruolo fondamentale in ogni mercato che può determinare il successo o l’insuccesso delle varie attività. Concentriamoci quindi proprio sui flussi di lavoro e sulla loro automazione per garantire una customer experience di grande valore. Creazione di flussi di lavoro automatizzati per una customer experience superiore Hubspot Operations Hub usa i workflow per creare flussi di lavoro automatizzati, basandosi sui comportamenti e sulle abitudini dei clienti. L’automazione dei processi da un lato snellisce il lavoro di tutti i team, in particolare quelli dedicati alla customer experience, e dall’altro lato migliora l’esperienza dei clienti sempre più esigenti. La piattaforma infatti incamera e registra le interazioni degli utenti e, in automatico, intraprende le azioni più pertinenti tenendo conto dei dati raccolti. Il team può quindi offrire risposte personalizzate ma anche automatizzare i processi di vendita “nutrendo” i lead e aumentando la possibilità che possano concludere un acquisto. Conclusioni Hubspot è ormai un prezioso alleato al quale le aziende non riescono più a fare a meno anche grazie alla sua versatilità. Si può infatti usare Hubspot per la data integration dei dati di un e-commerce o per l'automazione dei processi interni dell’azienda. Inoltre è una piattaforma in costante evoluzione che propone soluzioni e strumenti innovativi per fornire risposte concrete alle esigenze delle attività che mutano e cambiano sempre più velocemente in un mercato così tecnologico. Hubspot è uno strumento imprescindibile per tutte le aziende che puntano ad essere sofisticate e tecnologiche e, per saperne di più sulle sue caratteristiche e funzionalità, ti invitiamo a leggere il contenuto a fine articolo che puoi scaricare gratuitamente. Image by DCStudio on Freepik
Ne hai sentito parlare spesso, ma non sai cos’è il prospect marketing nel B2B o chi sia il prospect client? La terminologia digital a volte può confondere le idee, ma in realtà il concetto è molto più semplice di quanto si pensi. Il prospect marketing riguarda tutte quelle attività di marketing il cui scopo è quello di trasformare i prospect client - cliente in target - in lead, ovvero contatti profilati. Il concetto alla base di queste definizioni è che esiste un funnel in cui i clienti entrano quando conoscono l’azienda. Vi sono infatti 3 fasi che determinano il loro coinvolgimento nel processo di acquisto: awareness - consideration - decision. Nella prima fase si crea consapevolezza nel cliente rispetto a servizi e prodotti dell’azienda. Possiamo infatti parlare di prospect client - clienti che potenzialmente potrebbero essere interessati. Nella seconda fase possiamo già parlare di lead, quindi un contatto che ha avuto modo di conoscere l’azienda, i suoi servizi e prodotti. È appunto una fase di considerazione e valutazione in cui il lead decide se diventare cliente, quindi di procedere all’acquisto. Questo terzo step è appunto quello di decision. Questo è il percorso attraverso cui passa il prospect, prima di diventare cliente. Volendo però fare un passo indietro, è importante definire la differenza c’è tra pospect b2b e lead? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. Che differenza c’è tra un prospect B2B e un lead B2B Nell’incipit di questo articolo abbiamo spiegato come il prospect diventa lead. È importante conoscere la differenza tra queste due figure in un processo di trasformazione da lead a cliente, specialmente se si opera nel settore del B2B. È sulla base di questa distinzione che devono infatti essere costruite le strategie di marketing nel business to business. Il prospect B2B è una persona in target con l’azienda, ma con cui non è ancora stata creata una connessione diretta. Infatti, il prospect marketing si basa proprio sul concetto di intercettare il target giusto per i prodotti e servizi dell’azienda. Il lead è un cliente potenziale, non più generico, che conosce l’azienda e i suoi prodotti e servizi. L’interesse che il lead nutre per l’azienda, infatti, è ciò che lo ha spinto a lasciare i suoi dati di contatto, magari a seguito di alcune azioni come: scaricare un ebook; scaricare un whitepaper; lasciare la propria mail per ottenere uno sconto. A queste si possono aggiungere tante altre azioni che portano i lead a entrare consapevolmente in contatto con un’azienda e che possono contribuire a trasformarlo in un cliente B2B. A questo proposito, in base ai dati che vengono raccolti dal CRM, è possibile personalizzare l’offerta per il reparto sales, che deve saper rispondere a delle domande specifiche. Approfondiamo nel prossimo paragrafo. Come fare prospecting nel B2B Il reparto sales è rappresentato dai commerciali, definiti come inbound sales quando seguono i principi dell'inbound marketing, quindi coloro che intrattengono rapporti con il cliente potenziale per proporgli soluzioni aziendali specifiche. Il reparto sales sa bene che per fare prospecting nel B2B, quindi andare alla ricerca di aziende potenzialmente interessate a ciò che propone, è necessario seguire un piano che può essere composto da una alcune strategie fondamentali: fare ricerca in merito alle esigenze del prospect B2B. Di cosa ha bisogno, perché potrebbe rivolgersi a te? Cosa gli offri? L'obiettivo di chi fa prospect marketing è offrire un prodotto o servizio di cui il B2B ha bisogno; avere la pazienza di organizzare chiamate a freddo ben strutturate. Sebbene le chiamate a freddo siano considerate, probabilmente, il metodo più frustrante che ci sia per interagire con il cliente, in realtà funzionano ancora e anche molto bene. Bisogna avere la pazienza di farle, ovviamente personalizzando la comunicazione; essere presente sui social di riferimento, come ad esempio Linkedin, per un'azienda, oggi è fondamentale per conoscere il target. Ma è importante però finalizzare bene la propria presenza sul social, per esempio partecipando a gruppi di discussioni e forum verticali sul business aziendale; imparare a conoscere e capire il profilo del tuo target ideale. Qual è l'archetipo dell'azienda ideale a cui vuoi riferirti? Quali sono i suoi bisogni, i suoi interessi, il suo budget e la sua posizione di mercato? Queste informazioni sono fondamentali per fare prospect marketing; conoscere la buyer personas. Una volta compreso il cliente ideale che vuoi raggiungere, quindi l'azienda che potrebbe andare bene per te, è necessario fare ricerche approfondite sulle buyer persona, quindi sulla persona - appartenente all'azienda - con cui entrerai in contatto (attenzione, questa figura non sempre corrisponde a chi prende le decisioni); imparare a personalizzare l'approccio con azienda e contatto, ergo nelle comunicazioni è sempre importantissimo non utilizzare uno stile informale e freddo. Devi sapere se la persona a cui scrivi è una donna o un uomo e utilizza tutti i dati che hai in tuo possesso per rendere il messaggio unico; rendere utili i contenuti che condividi con il tuo prospect B2B. Per esempio se invii delle mail al direttore creativo di un'azienda riguardo un tool che potrebbe essere utile al suo lavoro operativo, includi nel messaggio approfondimenti - blog post per esempio - in merito al funzionamento o ai vantaggi del tool. Impara a sfruttare tutto ciò che puoi usare a tuo vantaggio. Come valutare un prospect b2b Il reparto sales ha il compito di conoscere bene il suo prospect b2b, prima ancora di presentargli un’eventuale offerta. Ci sono 5 domande a cui il reparto sales deve avere risposte, prima di interagire con il cliente, ovvero: chi ha il ruolo decisionale in azienda in merito a investimenti in nuovi strumenti, prodotti o servizi utili per aumentare la produttività; qual è la scala di priorità dell’azienda in merito a nuovi investimenti in prodotti o servizi; qual è il budget prefissato per le nuove azioni di marketing; qual è l’investimento che l’azienda si aspetta di fare per nuovi prodotti e/o servizi; in quanto tempo l’azienda si aspetta di raggiungere un risultato, in base alle previsioni del business plan. Il reparto sales deve avere piena consapevolezza del prospect, conoscerne punti di debolezza e forza, dubbi e titubanze. A volte per esempio può capitare che la linea di azione dell’azienda non collimi con le esigenze di business. In quel caso è poco opportuno investire del tempo a creare strategie di follow up. In questo panorama, iniziare un progetto CRM può aiutare molto nella gestione dei contatti, delle aziende e nella costruzione di una strategia di marketing. Vediamo nel prossimo paragrafo come Hubspot può aiutare nella gestione del prospect b2b. Come Hubspot può aiutare la gestione del prospect b2b Un progetto CRM può darti una grande mano nella gestione del prospect, in special modo nella fase di raccolta dati. Un CRM come Hubspot per esempio, ti aiuta a profilare i lead, in modo che tu possa costruire una strategia di marketing ad hoc per loro. Per fare prospect marketing b2b, è opportuno seguire un processo in cui tramite il CRM: identifichi il cliente ideale - (Attenzione che il cliente ideale non è quello desiderato o quello che ci piace, ma colui che meglio risponde alle aspettative in merito al prodotto o servizio che abbiamo creato); raccogli quanti più dati possibili per creare profili adatti alle attività di prospect marketing; utilizzi i dati raccolti per guidare le attività di prospezione. Una volta raccolti i dati più importanti è possibile costruire un’attività di prospezione, quindi rivolta all’acquisizione del lead. Come? Utilizzando l’inbound marketing portando quindi il cliente dall’azienda per richiedere informazioni, come per esempio: content marketing - creazione di contenuti per blog, social e campagne di advertising; social media marketing - utilizzo dei social media per il prospect marketing; mail nurturing e follow up - attività di mailing e follow up per nutrire i propri lead. A queste attività bisogna poi aggiungere l’abilità di richiedere referenze in merito al prodotto o servizio, aumentandone così la possibilità di conversione per i nuovi prospect. Conclusioni Un’agenzia Hubspot può aiutarti a gestire il tuo progetto CRM per aumentare le conversioni, ma è sempre importante tenere presente che è solo tramite una fase di sperimentazione che si generano nuove idee e quindi possibili nuovi contatti. In alternativa puoi sempre considerare di scaricare le nostre risorse gratuite. In particolar modo quella in basso mira a dare un'introduzione generale su come fare inbound marketing nel mercato B2B, fondamentale per attirare e chiudere nuovi clienti in quella tipologia di mercato. Image by benzoix on Freepik
Hubspot è senz'ombra di dubbio una delle piattaforme all-in-one migliori per chi ha un'azienda, o sta per aprirne una, e vuole migliorare le sue performance. Esso infatti comprende sia una parte dedicata al marketing, sia una dedicata al sales, sia una dedicata al service. Nel corso di questo articolo andremo ad esaminare i prezzi dei pacchetti che rendono Hubspot la piattaforma perfetta per fare inbound marketing e non solo. Come valutare i costi di Hubspot Il costo di Hubspot è una delle tante cose che vengono sottovalutate dalle aziende quando pianificano il budget da destinare alle piattaforme di marketing. Il prezzo di Hubspot infatti non va considerato come una parte a sé stante ma va valutato tenendo conto di ciò che può dare ad un'impresa la piattaforma. Abbiamo visto moltissime funzionalità che, se usate con una logica alle spalle, possono fare la differenza all'interno delle aziende. Pertanto quando si decide di investire in un asset aziendale come Hubspot ciò che consigliamo è quello di non guardare solamente il prezzo ma di valutare il ROI e i vantaggi non monetari che queste piattaforme portano con loro. Hubspot, come pricing, divide i suoi prodotti in: un pacchetto gratuito, singoli pacchetti con 3 livelli di pricing, un pacchetto di strumenti unico con 3 livelli di pricing, pacchetti personalizzabili a seconda delle esigenze delle imprese (bundle). Inoltre ci sono altre due elementi da considerare: il pricing varia a seconda si decida di pagare in un'unica soluzione il costo annuale o dilazionare il pagamento; Spesso Hubspot inserisce promozioni per nuove aziende che adottano la piattaforma; il pricing di Hubspot è varia spesso quindi la cosa migliore quando si valuta il prezzo della piattaforma è controllare sempre la sezione pricing direttamente sul sito di Hubspot. Quanto costa Hubspot con il pacchetto CRM Suite? Il CRM suite è il pacchetto completo di Hubspot che comprende sia funzionalità del marketing, sales, CMS, service e operation in base al piano scelto. Piano gratuito: 0 €/mese; Piano Starter all inclusive: da 45 €/mese; Piano Professional all inclusive: da 1.580 €/mese; Piano Enterprise all inclusive: da 4.967 €/mese; Il pacchetto gratuito Iniziamo a trattare in maniera vera e propria pacchetto per pacchetto. Hubspot offre per prima di cosa un pacchetto che molte piattaforme non danno ai propri clienti, che è quello con delle funzionalità gratuite. Hubspot lo fa per due ragioni: far provare le funzionalità base della piattaforma a chi ha poca dimestichezza, far capire all'azienda se Hubspot può essere effettivamente utile per le strategie aziendali ed evitare acquisti sbagliato; In quanto gratuito non ci si deve attendere grandi cose, funzionamento ottimale e grandi possibilità di manovra. Però questo pacchetto include tra le funzionalità più importanti: Strumenti di marketing: form, email marketing, ad management, Landing pages; Strumenti per i commerciali: live chat, email di gruppo, preventivi personalizzabili; Strumenti per la parte service: ticketing, live chat, inbox e schedulazione di email; Per la parte CMS: editor drag-and-drop, ottimizzazione per dispositivi mobili, blog, website pages; Nel caso fossi interessato a capire il suo funzionamento ti lasciamo la nostra risorsa gratuita sulle funzionalità gratuite della piattaforma. Dopo aver analizzato il prezzo di Hubspot, prima nella sua versione gratuita e poi nella sua versione completa, andiamo ora ad analizzare i costi dei singoli pacchetti. Prezzo Hubspot Marketing Hub Il marketing Hub di Hubspot è il pacchetto più famoso ed è dedicato a tutte le aziende che hanno bisogno esclusivamente della parte marketing, ad esempio per fare lead generation, email marketing o altre strategie di questo genere. Tutto questo da un'unica piattaforma, con la quale puoi integrare più touchpoint e metterli insieme per offrire un'offerta ancor più personalizzata. Con il marketing Hub inoltre puoi misurare tutto quello che crei, avendo così tutto ciò che è necessario per generare lead e cercare di convertirli in clienti finali. Quanto costa il Marketing Hub di Hubspot? Piano gratuito: 0 €/mese; Piano Starter: a partire da 45 €/mese* con 1.000 contatti marketing; Piano Professional: a partire da 792 €/mese* con 2.000 contatti marketing; Piano Enterprise: a partire da 3.392 €/mese* con 10.000 contatti marketing; *NB: il prezzo può variare a seconda dei contatti marketing desiderati all'interno del piano. Contatti marketing = contatti della piattaforma che posso utilizzare con gli strumenti di Hubspot come email, annunci ecc... Differiscono dai contatti di non marketing che sono contatti presenti in Hubspot con i quali però non si prevede di fare azioni di marketing e che non influenzano in alcun modo il costo dell'abbonamento alla piattaforma. Quali sono le funzionalità comprese nel prezzo del Marketing Hub? Piano gratuito: 1 Blog (funzionalità limitate con brand Hubspot presente); Email (funzionalità limitate); Form con 1 mail automatizzata e brand Hubspot presente nell'interfaccia del form; Landing page (con funzionalità limitate); 10 custom properties; 5 liste attive e 1000 liste statiche; Piano Starter: piano gratuito potenziato, email marketing, landing page, live chat, form; Piano Professional: piano Starter potenziato, marketing automation, report custom, reportistica per le campagne, teams, gestione dei canali social; Piano Enterprise: piano Professional potenziato, modelli di attribuzione per touchpoint, eventi comportamentali custom, custom object; Il prezzo di Hubspot Sales Hub Sales Hub è un pacchetto di Hubspot destinato ai commerciali delle aziende per riuscire meglio a tenere traccia di tutte le interazioni avvenute con il cliente o potenziale cliente, riuscendo a capire inoltre quali siano le sue reali necessità e offrire al giusto cliente il prodotto giusto, al tempo giusto: vera sfida dell'inbound marketing. Infatti il commerciale inbound viene anche definito come inbound sales. Per questo motivo tutta la parte Sales si integra perfettamente anche con il Marketing Hub e che come prezzo, Hubspot rende più conveniente l'acquisto, nel caso del piano Starter, del pacchetto CRM Suite piuttosto che un singolo pacchetto. Quanto costa il Sales Hub di Hubspot? Piano gratuito: 0 €/mese; Piano Starter: a partire da 45 €/mese* con 2 paid user; Piano Professional: a partire da 441 €/mese* con 5 paid user; Piano Enterprise: a partire da 1.180 €/mese* con 10 paid user; *NB: il prezzo può variare a seconda dei paid user desiderati all'interno del piano. Quali sono le funzionalità comprese nel prezzo del Sales Hub? Piano gratuito: 5 document; 5 template di email; 1 meeting link brandizzato Hubspot; 1 pipeline di vendita; possibilità di schedulare email; 200 notifiche mensili via email; Piano Starter: piano gratuito potenziato, Organizzazione delle conversazioni all'interno del team; Automazioni semplici; Task ripetitive e code di task; Chiamate SDK; Piano Professional: piano Starter potenziato, Strumenti ABM e automazioni, Playbook; Firma elettronica; Previsioni; Libreria prodotti; Sequenze; Piano Enterprise: piano Professional potenziato, Previsioni basate sul lead scoring, Intelligenza artificiale a servizio di strumenti conversazionali, custom object; Permessi avanzati; Il prezzo di Hubspot Service Hub Service Hub è un pacchetto di Hubspot dedicato all'assistenza clienti. Con queste funzionalità puoi gestire tutti i ticket di assistenza aperti dai clienti, avendo inoltre lo storico delle iterazioni anche grazie alla perfetta integrazione con il CRM. Inoltre puoi sempre misurare il grado di soddisfazione dei tuoi clienti grazie a feedback e recensioni in tempo reale che portano alla tua azienda indicazioni utili su come migliorare la customer experience. L'equazione nella logica Hubspot infatti deve essere: cliente insoddisfatto = feedback = miglioramento soddisfazione = cliente fidelizzato Quanto costa il Service hub di Hubspot? Piano gratuito: 0 €/mese; Piano Starter: a partire da 45 €/mese* con 2 paid user; Piano Professional: a partire da 441 €/mese* con 5 paid user; Piano Enterprise: a partire da 1.180 €/mese* con 10 paid user; *NB: il prezzo può variare a seconda dei paid user desiderati all'interno del piano. Quali sono le funzionalità comprese nel prezzo del Service Hub? Piano gratuito: Live chat brandizzata Hubspot; Inbox condivisa; Conversazioni automatiche con limitazioni; 5 documents; Schedulazione dei meeting brandizzati Hubspot; 5 template email; 1 pipeline per i ticket; Email one-to-one brandizzate Hubspot; Segmentazioni attraverso 5 liste attive e 1000 statiche; Piano Starter: piano gratuito potenziato, Organizzazione delle conversazioni all'interno del team; Automazioni semplici riguardanti i ticket; Live chat (senza brand Hubspot); Schedulazione dei meeting (senza brand Hubspot); Piano Professional piano Starter potenziato, Strumenti per i feedback dei clienti, Playbook; Portale clienti; Analisi del servizio; Piano Enterprise: piano Professional potenziato, Accessi singoli; Intelligenza artificiale applicata alla messaggistica; Oggetti custom; Gestione delle notifiche amministratori; Il prezzo di Hubspot CMS Hubspot CMS è un pacchetto pensato per la realizzazione di siti web, landing page e di tutta la parte contenutistica necessaria per le strategie di inbound marketing. Hubspot CMS si contraddistingue per la sua semplicità nell'uso, che consente di accedere facilmente alle funzionalità per la creazione di contenuti anche a chi non è in possesso di conoscenze di linguaggi di programmazione. Oltretutto, essendo una piattaforma all-in-one, Hubspot consente la perfetta integrazione tra CRM e CMS, con il grande vantaggio di poter usare gli smart content per riuscire a mostrare ad ogni utente un contenuto in linea con i suoi interessi. Ma quanto costa il CMS di Hubspot? Piano gratuito: 0 €/mese; Piano Starter: a partire da 23 €/mese; Piano Professional: a partire da 360 €/mese; Piano Enterprise: a partire da 1.180 €/mese; Quali sono le funzionalità comprese nel prezzo del CMS? Piano gratuito: 25 website page (brandizzate Hubspot e con la favicon non customizzabile); Menu avanzato solamente per le website page e i post del blog; 1 sottodominio, 1 ccTLD e 1 dominio root; 1 blog brandizzato Hubspot; Editor drag and drop; 2.000 email inviabili mensilmente; Live chat brandizzata Hubspot; Website page multilingua fino ad un massimo di 3 lingue supportate da Hubspot (Non applicabili alle landing page); Form e landing page con funzionalità limitate; Certificato SSL standard; Piano Starter: piano gratuito potenziato e rimozione del brand Hubspot; Editor drag-and-drop potenziato; Sviluppo siti internet locali; Premium Hosting; Possibilità di accedere al marketplace e scaricare app e asset; Temi per siti internet scaricabili dal marketplace; Piano Professional piano Starter potenziato; A/B test; Smart content; Personalizzazioni dinamiche; Ottimizzazioni e raccomandazioni SEO; Possibilità di redigere report custom; Piano Enterprise: piano Professional potenziato; Test adattivi; Oggetti custom; Membership; App custom; Domini root aggiuntivi; Il prezzo di Hubspot Operation Hub Hubspot Operation Hub l'ultimo pacchetto realizzato in casa Hubspot e ha tutte le funzionalità necessarie per sincronizzare, pulire ed aumentare la qualità del dato dei clienti. Questo tipo di pacchetto inoltre consente di automatizzare le azioni routinarie basandosi sui dati presenti all'interno della piattaforma. Operation Hub è pensata per tutte le aziende che hanno necessità di data integration tra piattaforme perché consente di avere dati sempre puliti e sincronizzati tra una piattaforma e l'altra, con la possibilità di settare altre proprietà, come ad esempio settare il contatto come Sales Qualified Lead se è sincronizzato da una determinata piattaforma. Inoltre consente di agire a codice sui workflow per renderli totalmente su misura di cliente. Quanto costa Hubspot Operation Hub? Piano gratuito: 0 €/mese; Piano Starter: a partire da 45 €/mese; Piano Professional: a partire da 711 €/mese; Piano Enterprise: a partire da 1.960 €/mese; Quali sono le funzionalità comprese nel prezzo di Hubspot Operation Hub? Piano gratuito: Marketplace con applicazione integrate; Ticketing; Reportistica sulle email; Deals; Task; Sincronizzazione dei dati; Storico sincronizzazione; Piano Starter: piano gratuito potenziato; Sincronizzazione dei dati; Storico delle sincronizzazioni; Report sulla qualità della mail inviate; Campi di default sincronizzati con app di terze parti; Piano Professional piano Starter potenziato; Automazioni programmabili; Centro di comando per la qualità del dato; Intelligenza artificiale per formattazione dei dati e raccomandazioni; Trend basati sul dato; Intelligenza artificiale per eliminare duplicazioni dei dati; Piano Enterprise: piano Professional potenziato; Condivisione dei dati con Snowflake; Permessi avanzati; Oggetti custom; Sandbox; Calcolo dati avanzato; Dataset; La possibilità di bundle di Hubspot Oltre alla suddivisione in pacchetti Hubspot offre la possibilità di personalizzare il proprio abbonamento, sia a livello di limiti riguardanti i marketing contact e i paid user, sia a livello di funzionalità potendo fare piani personalizzati. Ad esempio può essere creato un pacchetto Hubspot comprendente le funzionalità di Marketing col pacchetto Enterprise e le funzionalità Sales con il pacchetto Starter, in modo da costruire un'offerta su misura di ogni impresa. Inoltre una volta creati i singoli bundle possono essere aggiunte funzionalità singole o modificarne i limiti di quelle già comprese. Per capire al 100% i costi della piattaforma anche per quanto riguarda i bundle, puoi visitare la pagina dedicata. Il costo di Hubspot oltre alla piattaforma In fase di pianificazione di un progetto Hubspot inoltre ciò che bisogna considerare è anche il costo eventuale dell'agenzia Hubspot con cui si decide di collaborare. Molte volte capita infatti che non si abbiano le conoscenza sufficienti a portare avanti da soli un progetto Hubspot e si abbia bisogno di un'agenzia specializzata per: Settare il CRM; Formare chi si occupa di mettere mano alla piattaforma; Sviluppare un sito Hubspot completo; Realizzare landing page per campagne pubblicitarie; Occuparsi del progetto di inbound marketing; E molto altro... Tutte queste attività sono quotate a parte e non comprese nel costo della piattaforma. Per questo è consigliabile chiedere un preventivo ad un esperto Hubspot che vi saprà meglio indirizzate in termini di costi. Conclusioni Dopo aver valutato attentamente il prezzo e le funzionalità di Hubspot, puoi certamente iniziare a valutare di partire con un progetto Hubspot e usare tutti gli strumenti messi a disposizione dalla piattaforma per migliorare i risultati della tua impresa. Ricordati sempre di pianificare il budget e valutare il ROI quando fai un investimento e non solamente valutare il mero prezzo proposto. Image by Freepik
Scoprire anticipatamente i bisogni del consumatore per poi offrire loro il prodotto giusto risparmiando tempo e denaro, può essere un esempio di strategie di inbound marketing applicate però al prodotto. Nel corso di questo articolo scopriremo cos'è la customer discovery e quali vantaggi può portare alle aziende. Customer discovery: cos'è e da dove nasce Il primo che ha introdotto il concetto di Customer Discovery è stato l’imprenditore seriale, come viene spesso definito online, Steve Blank. L’imprenditore statunitense è tra i massimi esperti del mondo startup, autore insieme a Bob Dorf del libro The Startup Owner’s Manual e del bestseller The Four Steps to the Epiphany. Egli, studiando le startup, si rese conto che uno dei problemi con i quali si scontravano più spesso queste realtà di business nascenti, era che non conoscevano bene il mercato in cui si addentravano, né tanto meno i clienti a quali si approcciavano. Bisognava capire prima il mercato e conoscere i clienti per poter poi creare un prodotto che rispecchiasse pienamente i loro bisogni e risolvesse i loro problemi (leggi l'importanza di personalizzare l'offerta). Da qui quindi nasce il modello Customer Development, di cui la Customer Discovery ne è la principale attività. La customer discovery si può quindi definire come un processo strutturato di analisi, che ti aiuta a capire il mercato e il target. Sulla base dei dati raccolti si seguono poi delle fasi di: ipotesi; problema; ipotesi del prodotto e verifica; applicazione; Una volta che queste fasi sono arrivate a completamento, è possibile costruire il prodotto perfetto che risponde alle aspettative dei clienti. Alla base del customer development, come vedremo anche più avanti in questo articolo, c’è la condizione secondo la quale questo processo di analisi e verifica debba essere ripetuto più volte, per risultare poi scalabile e ripetitivo. Approfondiamo nei seguenti paragrafi come funziona la customer discovery. Come funziona la customer discovery La customer discovery si propone di conoscere il cliente da vicino, cercando di comprendere di cosa ha bisogno e come poter risolvere i suoi problemi e soddisfare, quindi, le sue aspettative. Per far sì che questo processo abbia successo, occorre seguire delle fasi che spieghiamo qui di seguito. Formula l’ipotesi In questa fase bisogna individuare il cuore del problema, identificando quindi la soluzione più adatta. Le ipotesi dovrebbero essere diverse e devono tenere conto del contesto di mercato. È importante inoltre individuare chi potrebbe avere quel problema, ciò comporta quindi uno studio del target. Testa l’ipotesi sui clienti potenziali In questa fase bisogna focalizzarsi sui futuri clienti e capire chi può avere il problema per cui il nostro prodotto potrebbe rappresentare una soluzione. Ciò che bisogna fare è identificare le buyer personas, quindi è necessario ricalcare il ritratto del cliente potenziale. Per farlo è necessario conoscere il cliente potenziale da vicino, quindi allontanarsi da casa o ufficio e trascorrere del tempo tra le persone che idealmente potrebbero aver bisogno del tuo prodotto. Altro aspetto importante in questa parte del processo è quella di proporre al cliente potenziale questionari, sondaggi e attività simili per comprendere cosa li potrebbe portare al tuo prodotto. È importante che le domande da rivolgere al cliente siano pertinenti, non prolisse, cerchino un contatto empatico e definiscano dei parametri oggettivi e misurabili, in linea chiaramente con gli obiettivi. Soprattutto è importante dotarsi di un sistema di raccolta dati, come può essere un CRM, in modo da gestire eventuali reclami, fare reportistiche con i dati raccolti e applicare strategie di marketing sui contatti, in modo da fidelizzarli. Testa l’ipotesi Questa è la fase un po’ clou di tutto il processo, poiché aiuta un’azienda a capire se il prodotto può risolvere il problema. In questa parte del processo si parla di early adopter, ovvero dei primissimi clienti ai quali ci si rivolge per comprendere se il nostro prodotto può funzionare. Qui è dove si inizia a capire il mercato, magari ricevendo anche risultati e feedback negativi che però ti aiuteranno moltissimo a costruire la tua offerta. Verifica dell’ipotesi Ora hai tutte le informazioni di cui hai bisogno e puoi validarle o meno, così da scoprire come migliorare la tua offerta. Come hai potuto comprendere il processo di customer discovery è qualcosa che si perfeziona con il tempo. Non si arriva subito alla soluzione, ci vuole pazienza. Sulla base della customer discovery si sviluppa quindi il modello del Customer Development, ovvero quello che prevede una buona dose di esperienza sul campo. Steve Blank, a questo proposito, ha fatto un’affermazione che deve essere la base del modello, There are no facts inside the building so get the heck outside - Dentro casa o in ufficio non troverai le risposte alle tue domande, per cui esci. Lui chiaramente si riferiva principalmente al mondo delle startup, che per conoscere il mercato devono per forza frequentarlo e appassionarsi ad esso. Chiaramente se il tuo è un business avviato da un po’, il target - potenzialmente - dovresti conoscerlo bene. Ma ciò non toglie che per individuare i loro bisogni, che con il tempo possono cambiare, è sempre consigliabile uscire dalla propria zona di comfort. Nel prossimo paragrafo approfondiamo i vantaggi della customer discovery, che non devono però essere presi in considerazione solo se sei a capo di una startup, ma anche se rappresenti un’azienda che attraversa un momento di discussione e rinnovo. Vantaggi della customer discovery Il beneficio principale della customer discovery, inteso come processo appunto di miglioramento dell’offerta, sta nell’evitare la possibilità di fallimento. Ci spieghiamo meglio: se conosci bene i tuoi potenziali clienti, il loro modo di pensare e che soluzione sceglierebbero per il loro problema, creare un’offerta a misura delle loro aspettative ti permette di non fallire. Cosa ti permette quindi di fare la customer discovery? Esaminare la scalabilità e la replicabilità del modello di business; creare informazione, incuriosendo il target; Immagazzinare dati nel CRM per poi adottare strategie di marketing automation; È importante, inoltre, definire sempre le priorità nello sviluppo del prodotto o servizio finale e non innamorarsi mai della propria idea. Quello che piace a te, spesso non piace al cliente; Quando crei un’azienda o comunque quando in generale vuoi lanciare un prodotto sul mercato, diventa fondamentale conoscere il tuo cliente e capire come la tua soluzione può risolvere il suo problema. Conclusioni La customer discovery diviene fondamentale in un processo di inbound marketing, perché aiuta a definire le attività di funnel marketing. Alla base, come abbiamo già accennato, bisogna avere un progetto CRM valido, che possa aiutare la fase di analisi e verifica. Il CRM Hubspot per esempio aiuta ad avere una panoramica più strutturata dei dati di tutte le attività. Ovviamente le azioni di customer discovery devono ideare un processo replicabile e scalabile, in questo la marketing automation può aiutare. Se credi che l'inbound marketing sia la strada giusta ti lasciamo la risorsa gratuita che parla di 32 esempi di inbound marketing. Image by Freepik
Mettere insieme una landing page da 10 e lode è un’operazione parecchio difficile. Ecco perché partire a vedere alcuni esempi di landing page da urlo da cui iniziare è un modo intelligente di avvicinarsi al tema. Ci sono un sacco di elementi che una buona pagina di atterraggio dovrebbe incorporare e per renderla “migliore” bisogna capire quali sono gli obiettivi che si pone la pagina di destinazione. Prendi per esempio la lunghezza del form. Si tratta di una delle componenti da ottimizzare e solo l’esperienza sul caso specifico ti dirà se performa meglio il form corto o lungo. Dipende se vuoi più lead di qualità inferiore e altamente profilati ma, decisamente, in numero assai minore. Quindi, se vuoi giocare al gioco delle landing page, è meglio vedere come funzionano alcune delle migliori in circolazione. E, fidati, ci sono esempi impressionanti là fuori, sul web, di landing page che sono molto di più di un semplice modulo di iscrizione. Cosa valutare negli esempi di una landing page La landing page è una pagina di atterraggio, che solitamente viene usata per fare lead generation e catturare lead. Viene impiegata sia nelle campagne di advertising sia per quanto riguarda campagne di content marketing per offrire dei lead magnet. È importante pertanto che durante la creazione di una landing page vengano rispettate alcune regole per non far abbandonare la landing all'utente: Il messaggio deve essere chiaro e comprensivo al target; Offrire sempre informazioni per convincere l'utente a compilare il form; Inserire il modulo di contatto o l'azione che si intende fare all'utente; Rimuovere link rivolti all'esterno per evitare che l'utente abbandoni la pagina senza convertire (in casi estremi di link puntati verso pagine esterne ricordarsi sempre di impostare l'apertura della pagina in una nuova scheda); Evitare elementi di distrazione che possono distogliere l'attenzione dal vero obiettivo di una landing page: CONVERTIRE; Per ulteriori informazioni ti consigliamo altri articoli tratti dal nostro blog che possono darti una panoramica completa su come funziona una landing page e crearne una che converta: Cos'è una landing page; La struttura di una landing page; Landing page e inbound marketing; Il copy nelle landing page; 10 esempi di landing page da cui puoi prendere spunto Passiamo ora ai 10 esempi che ti possono aiutare a prendere spunto una volta che decidi di creare una landing page per iniziare strategie che ti consentano di acquisire nuovi lead tramite ADV oppure tramite content marketing. Gli esempi riportanti sono stati cercati tra una moltitudine di casistiche, sia che si tratti di un lead magnet, sia che si tratti di una vendita di un prodotto, sia che si tratti di una richiesta informazioni ecc... 1. Netflix Netflix, piattaforma per la visualizzazione di contenuti multimediali in streaming, presenta una landing page ricca di informazioni, con un messaggio molto chiaro e un form in cui è richiesta la compilazione della sola email. Questa ultima caratteristica solitamente è da ricercare nella volontà del brand di vendere di più ed evitare che la grande mole di informazioni richieste all'utente lo spaventi senza invogliarlo alla conversione. Meglio quindi un form lungo oppure un form corto? La lunghezza del form deve essere equilibrata, con il numero giusto delle informazioni. Troppo poche informazioni rischiano rendere i contatti del CRM incompleti, con contatti inoltre non profilati, mentre troppe informazioni rischiano di far perdere la conversione a causa del costo psicologico in carico all'utente finale. Tornando a questo esempio è importante notare anche la quantità di informazioni presenti, anche racchiuse nella sezione FAQ che allo stesso tempo riesce a garantire essenzialità e completezza di informazioni nella landing. Altra cosa da sottolineare è la mancanza del menu di navigazione, per evitare che l'utente lasci la pagina senza aver compilato il form di contatto. 2. Shopify Shopify è una delle migliori piattaforme per sviluppare ecommerce, sia a livello B2C che ecommerce B2B. In questo esempio di landing page, troviamo molti elementi di similitudine rispetto alla landing page esempio di Netflix. Per prima cosa anche in questo caso non abbiamo un menu di navigazione e anche il form è molto breve, formato da un unico campo: la mail. Anche in questo caso, la maggior parte delle informazioni incluse nella pagina di atterraggio, sono racchiuse nella sezione delle FAQ, posta al termine della pagina. Elemento aggiuntivo rispetto all'esempio della pagina di atterraggio di Netflix sono i loghi delle aziende che già hanno provato il prodotto e una citazione riguardo Shopify lasciata dal CEO di Theory11 Jonathan Bayme. Quest'ultima caratteristica è definita come riprova sociale ed è una tecnica utilizzata per dare authority al proprio messaggio e convincere l'utente a convertire, visto che la piattaforma è usata e apprezzata da brand rinomati. Graficamente Shopify inserisce due elementi di rottura rispetto al design della landing page: sono i due elementi paragonabili a degli sticker, molto simile al design dei trust badge, con scritto vendi di tutto, ovunque e dai primi passi alla quotazione. Questi due elementi quindi sono evidenziati grazie alla rottura dal design standard della landing page. 3. BigCommerce Passiamo ora all'altra piattaforma per la realizzazione di siti ecommerce. BigCommerce in questa landing page vuole acquisire nuovi contatti di utenti interessati a vendere online tramite un ecommerce headless. Anche in questo caso non c'è un menu di navigazione e ed è evidenziato il vantaggio che l'utente avrebbe con il prodotto. Sono inoltre esposti, come nel caso di Shopify, i loghi dei brand che hanno deciso di vendere online con un headless ecommerce. Anche per quanto riguarda la descrizione del prodotto offerto è completa, per dare la possibilità alle aziende che stanno decidendo quale piattaforma adottare di avere tutto ciò che serve a loro per compiere la valutazione. La lunghezza del form è dettata dalla necessità di filtrare le persone realmente interessati dalle persone semplicemente curiose, in modo da avere contatti in entrata che siano nella parte BOFU del funnel secondo la metodologia dell'inbound marketing. 4. Amazon Amazon è una di marketplace più famosi al mondo e per la versione dedicata alle imprese, ha usato una landing page per la sua campagna adv di brand protection. Oltre ad una mancanza del menu di navigazione, si può notare un design molto minimal ed un messaggio molto diretto, invitando l'utente alla creazione dell'account. Per quanto riguarda lo stile grafico, i colori sono ben studiati perché ciò che risalta agli occhi sono le tre Call to Action ben evidenziate rispetto al resto dello stile della landing page (CTA in giallo con il resto dello stile della pagina di atterraggio che usa colori come bianco oppure tinte sul blu). In questo caso manca un vero e proprio form all'interno della landing visto che, una volta cliccato sulla CTA, si viene reindirizzati su una pagina apposita contenente solamente il form con una compilazione in più passaggi. In questo caso la pagina si caratterizza per la possibilità di compiere solamente un'azione al suo interno: cliccare il bottone per creare l'account. 5. Hubspot Hubspot è il perfetto esempio di chi vuol creare una landing page efficace e che converta, e non potremmo aspettarci diversamente da chi ha coniato il termine inbound marketing. In questo caso la landing page è pensata, a differenza dei precedenti esempi dedicati a landing page con un taglio più commerciale, per fare lead generation cercando di offrire all'utente che visita la pagina un lead magnet, in questo caso un ebook gratuito. La descrizione del lead magnet richiama il contenuto presente all'interno dell'ebook e ulteriori informazioni sono contenute all'interno della sezione FAQ. Anche in questo caso la Call To Action è ben evidenziata, anche graficamente dal resto della pagina di atterraggio. Non è presente un form ma cliccando il modulo appare per l'inserimento dei dati e il download della risorsa gratuita. L'elemento in questo caso che più attira l'attenzione dell'utente, oltre alla CTA è proprio la raffigurazione dell'ebook. 6. Zendesk Per quanto riguarda l'esempio di landing page dato da Zendesk, esso punta tutto sulla semplicità. Appena aperto il sito il primo elemento è la possibilità di selezionare il target desiderato. Dopodiché si verrà reindirizzati alla landing vera e propria. Una volta entrati nella landing vera e propria, si può notare che permane la semplicità da un punto di vista grafico e di organizzazione delle informazioni presenti. Il messaggio appare ben chiaro ed è sostenuto dalla citazione posta in evidenza sulla sinistra. La semplicità della landing inoltre è riscontrabile all'interno del form, che richiede solamente l'email, risultando così poco impegnativo da compilare. Per quanto riguarda l'organizzazione delle informazioni è intelligente l'uso del tab in modo da non far diventare la landing troppo prolissa, facendo così rimanere concentrato l'utente all'obiettivo finale: la compilazione del form. A fine landing, oltre a ribadire la CTA collegata al form, vengono usati i trust badge, in modo da offrire garanzie all'utente che visita la pagina della pagina. 7. Fastweb Passiamo ora alla landing di Fastweb. Questo genere di landing page è definita sales page perché ha come obiettivo finale la vendita di un prodotto, e non di una semplice consulenza. In questo caso sono presentate tre offerte e tutte e tre hanno: CTA con colore evidente rispetto al resto della landing page; Elementi significativi evidenziati in violetto; Trust badge nella prima e nella seconda offerta proposta; Anche in questa landing il menu di navigazione non è presente e, una volta cliccata la CTA, l'apertura di un form pop-up evita l'uscita dell'utente della pagina. L'unico caso di uscita della pagina è per chi è già cliente che sono invitati ad accedere alla propria area personale. Per tutti gli utenti che volessero avere maggiori informazioni su una delle offerte, qualora cliccassero su scopri l'offerta verrebbero reindirizzati all'interno di un'altra landing page con uno stile grafico e caratteristiche usate per convertire, molto simili a questa. 8. MDirector MDirector è un'azienda spagnola che si occupa di fornire alle imprese le funzionalità base per fare un minimo di marketing all'interno delle imprese. La landing è molto sintetica con le informazioni base per far capire all'utente dei vantaggi derivanti dalla compilazione del form, composto in maniera molto semplice con solo due campi compilabili: email e password. Ciò che risalta in questa landing è la freccia che indica il form: questo è un ottimo metodo per chi deve creare una landing page e vuole un esempio di come dirigere l'attenzione dell'utente. La pecca di questa landing page? Solitamente quando si scrive una landing page bisogna stare molto attenti alla formattazione, sintassi ed evitare di commettere errori di ortografia e refusi. Errori di questo genere possono costare caro in termini di conversioni a causa della percezione che avrà l'utente (errori di questo genere sono percepiti come una mancanza di cura in un qualcosa destinato all'utente finale, che può essere una percezione facilmente associabile anche al prodotto finale). In questo esempio di landing page c'è un errore per quanto riguarda l'uso della punteggiatura: l'uso dei punti interrogativi ed esclamativi spagnoli infatti possono dare uno scarso senso di cura e familiarità, la traduzione potrebbe essere fatta con un traduttore automatico, che potrebbe tradursi in mancate conversioni e abbandono della pagina di atterraggio. 9. Facile ristrutturare Questo esempio di pagina di atterraggio ci viene dato da Facile Ristrutturare. Questa tipologia di landing è molto semplice ed è usata da molte aziende per le loro campagne pubblicitarie perché sono molto semplici da un punto di vista grafico e non richiedono grandi personalizzazioni. Il form in questo caso è ben evidenziato rispetto al resto della landing page, così come il bottone della CTA è ben evidenziato, anche alla fine della pagina in cui è linkato il form in alto. Sempre per quanto riguarda il form sono indicati campi aggiuntivi per duplice finalità: segmentazione all'interno del CRM nelle comunicazioni di marketing e formulazione corretta del preventivo. Il trust badge in questo caso è rappresentato dal logo della nazionale italiana, partner del brand. Come è possibile migliorare ancor di più questa landing page? Molte aziende che usano questa tipologia di pagina di atterraggio usano uno sticky form, in modo che, allo scorrimento della pagina, il modulo di contatto rimanga sempre visibile a lato della pagina per fare in modo che sia sempre disponibile ad accogliere la compilazione da parte dell'utente. Inoltre un altro consiglio utile per attirare ancor di più l'attenzione sul form è l'uso delle icone insieme con le scritte (esempio dove c'è scritto telefono potrebbe essere una mossa giusta inserire l'icona del telefono). 10. ICT Sviluppo Ultimo esempio sono le landing create da ICT Sviluppo tramite la piattaforma di Hubspot, con un editor drag-and-drop facilmente utilizzabile anche da chi non ha alcuna conoscenza di linguaggi di programmazione. L'esempio scelto riguarda una landing page per la realizzazione di progetti Shopify. Le CTA sono chiare e si distinguono dal resto del design della landing page. Sono inoltre richiamate più volte, a causa della lunghezza del testo e sono linkate al form di contatto in modo che nel caso un utente abbia preso la decisione di lasciare il suo contatto può agevolmente arrivare al form senza scorrere infinitamente, specialmente da mobile. Le informazioni sono presentate in maniera completa e, per dare meno pesantezza alla landing, molte sono contenute all'interno della sezione FAQ. A seguire il trust badge di Shopify Expert dal 2016. Inoltre uno delle caratteristiche di questa landing che la rendono una landing molto utile in termini di conversione, è la sezione con i video delle realizzazioni. Questa sezione consente all'utente di vedere in pratica alcune delle realizzazioni in ambito ecommerce direttamente dalla landing e senza uscire dalla stessa. In questo modo si dà un'informazione preziosa all'utente e allo stesso tempo non lo si lascia uscire dalla landing. Conclusioni Spero che questa carrellata sia stata utile per capire come quelli bravi impostano le loro pagine di atterraggio per cercare di acquisire nuovi contatti da trasformare poi in clienti. Ora sostanzialmente hai due strade: Iniziare a creare la landing page di tua iniziativa; Contattare un esperto HubSpot per l'installazione della piattaforma (anche con la versione gratuita) e realizzare una landing page monitorandone i risultati; In ogni caso puoi scaricare la nostra risorsa gratuita che parla di lead generation, come attirare quindi nuovi contatti che possono col tempo trasformarsi in nuovi clienti. Image by Freepik
Uno dei principi dell'inbound marketing è quello di dare il giusto messaggio al tempo giusto al cliente giusto. Con l'evoluzione tecnologica che avanza questo concetto è sempre più estremo e ha portato le imprese ad adottare soluzione sempre più mirate, anche dal punto di vista della geolocalizzazione. Nel corso di questo articolo andremo a scoprire cosa sono il marketing di prossimità e il local marketing. Proximity marketing Proximity Marketing: marketing di prossimità, ovvero quando si intraprendono delle strategie rivolte a un pubblico in un’area specificamente delimitata. Tutti coloro che sono nei pressi di uno store fisico e che hanno manifestato precedentemente interesse per un prodotto, vengono raggiunti mediante una notifica sui loro smartphone. Pensiamo ad esempio alla possibilità di un e-commerce, con anche un punto di vendita fisico, di raggiungere più facilmente anche i suoi clienti offline. Se si ha conoscenza, grazie all’analisi dei dati, di chi ha visitato più spesso una categoria e si conosce il numero di telefono - previo loro consenso chiaramente -, si possono inviare delle notifiche quando la persona è nei pressi dello store fisico, magari proponendole uno sconto. Questo chiaramente vuol dire che si è in grado di sfruttare la geocalizzazione e che si conosce molto bene il proprio target. Tipologie di proximity marketing Tra le strategie, il marketing di prossimità è forse quella che maggiormente permette alle aziende di entrare a stretto contatto con i propri clienti, proponendogli un’offerta altamente personalizzata e sulla base degli interessi già mostrati in precedenza, semplicemente visitando il sito web. Alla base del proximity marketing c’è ovviamente l’utilizzo del Bluetooth, il wireless fidelity o il near field communication, così come altre tecnologie mobili per inviare sms e contenuti specifici. Pensiamo ad esempio nei centri commerciali come può funzionare il proximity marketing. Un brand di scarpe, che per esempio ha anche un e-commerce e che ha anche un punto vendita in un centro commerciale, può inviare al potenziale cliente uno sconto del 10% sull’acquisto delle scarpe, se si reca al punto vendita nel centro commerciale entro un periodo di tempo limitato. Un metodo ingegnoso che può portare all’aumento delle vendite. Il marketing di prossimità aiuta a indirizzare meglio gli sforzi, individuando realmente quali sono i clienti che realmente possono essere interessati al prodotto. Ci sono comunque vari tipi di proximity marketing, ovvero: push notification - tramite l’installazione di un dispositivo beacon nel negozio, è possibile trasmettere segnali tramite bluetooth, in modo da sapere quando un utente si trova nel tuo raggio d’azione. I beacon non trasmettono nessun dato personale al cliente, ma soltanto le informazioni sulla posizione geografica. Si tratta di una soluzione molto invasiva che funziona solo se, a sua volta, anche il cliente ha installato sullo smartphone l’app; pull - live people analytics - si parte dal presupposto che ogni persona ha con sé un cellulare ed emette un segnale unico al mondo. Individuando il segnale è possibile capire quante persone sono presenti in una determinata area e in un preciso momento. Mediante l’analisi dei dati è possibile sapere per quanto tempo permangono in una determinata area e qual è il tasso di ritorno mensile. Anche questa è una soluzione un po’ complessa da installare, ma che può portare a importanti risultati; QR code - probabilmente uno dei più utilizzati attualmente e che funziona meglio. Quasi tutti possono riconoscere il QR code dal cellulare e decifrarlo per vedere un sito. In questo modo raccogliere i dati e fare proposte personalizzate diviene molto più semplice; la realtà aumentata, che per quanto sia sfruttata poco in Italia, è un ottimo strumento di proximity marketing. Consiste nel tracking di un’immagine o di una forma del mondo reale a cui viene collegato un contenuto digitale. Queste sono alcune delle strategie di proximity marketing più utilizzate e che possono cambiare e di molto le sorti di un punto vendita. I vantaggi del proximity marketing possiamo individuarli nella creazione di una shopping experience più coinvolgente e personalizzata, che parte da una pubblicità personalizzata. Lato aziende probabilmente il vantaggio più importante è l’accesso ai dati, che sono molto più facili da ottenere e anche all’aumento dell’utilizzo delle App. In ottica di business il marketing di prossimità conviene per una molteplicità di motivi. Cosa porta invece in più a un’azienda il local marketing? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. Local Marketing Local Marketing: marketing locale, ovvero quando si cerca di attrarre - mediante le strategie di marketing -, tutti gli abitanti di una zona geografica più ampia presso uno store fisico. In questo caso le strategie per portare le persone al punto vendita devono essere perfettamente equilibrate tra online e offline. In entrambi i casi comunque è imprescindibile la fidelizzazione dei clienti. Un cliente affezionato è uno che più facilmente “subisce” il proximity marketing o il local marketing. Chi può utilizzare queste strategie di marketing? Tutti coloro che hanno sia un negozio fisico che un e-commerce o i temporary store - quest’ultimo ha proprio l’obiettivo di attirare persone al punto vendita in un periodo di tempo specifico. Local marketing: a cosa serve e come si fa Differentemente dal proximity marketing, il local marketing agisce su un’area geografica più vasta, di conseguenza è un po’ più complesso settorializzare le offerte, sebbene non sia impossibile. Allo stesso tempo il local marketing aiuta le aziende a entrare a contatto con i clienti in modo più personale, esattamente come il proximity marketing. Ciò apre un ventaglio di opportunità. L’obiettivo del local marketing è quello di attrarre clienti e di fidelizzarli, mostrando loro un’offerta che realmente colga l’interesse. I vantaggi del local marketing sono i seguenti: migliora il targeting - vengono fornite le informazioni essenziali per determinare i clienti potenziali e quelli che sono già clienti; aiuta a personalizzare l’advertising - in questo modo aumenta il tasso di conversione; life time value - aiuta a definire quali sono i clienti migliori per l’azienda. Per mettere in atto una strategia di local marketing, le azioni principali sono le seguenti: usare la SEO; aggiornare l’elenco My Business; utilizzare il content marketing per produrre contenuti utili. Proximity marketing o local marketing? Cosa serve al tuo busieness Probabilmente dire che bisogna fare una scelta tra le due tipologie di marketing non sarebbe corretto poiché entrambe aiutano a raggiungere più rapidamente gli obiettivi di conversione. In entrambi i casi si tratta di strategie di marketing che funzionano molto bene, in ottica di Inbound marketing. L’ideale sarebbe riuscire a metterle in atto entrambe, sia per coprire le aree più prossime ai punti vendita, sia per coprire l’intera area geografica. Quando si adottano queste strategie poi è sempre bene non lasciarle fine a se stesse. Pertanto quando si pianifica una strategia di local marketing o proximity marketing è sempre bene capire quale sia il vero obiettivo di questa campagna e capire come immagazzinare dati e usarli per migliorare tutto l'assetto del marketing. Affidarsi ad un CRM per immagazzinare i dati dei clienti è una delle prime cose da considerare, in modo da abbinare la personalizzazione della posizione geografica con la personalizzazione del messaggio al cliente. Conclusioni Vuoi mettere in atto il marketing di prossimità o quello locale? Indubbiamente è una scelta saggia che può portarti a diversi obiettivi di conversione. Per valutare se però queste due strategie funzionano è necessario affidarsi a un CRM. Crea il tuo progetto CRM con Hubspot e inizia a vedere i risultati delle tue strategie marketing. Ti lasciamo inoltre una risorsa gratuita che riguarda Hubspot CRM, uno dei CRM migliori presenti sul mercato, in modo che tu possa già prenderci dimestichezza con le sue funzioni. Image by Freepik
Team working: raggiungimento degli obiettivi = collaborazione interfunzionale: aumento della produttività. È esattamente così che bisogna ragionare quando si pensa al concetto di team working e collaborazione interfunzionale, ma facendo però una precisazione. Lavoro di squadra e collaborazione interfunzionale non sono sinonimi l’uno dell’altro, ma possiamo definirle come delle condizioni imprescindibili l’una dall’altra. Si lavora bene in squadra, solo se c’è collaborazione tra i reparti. E se ciò si verifica è più facile che aumenti la produttività e che si raggiungano più rapidamente gli obiettivi di business. Cosa si intende però per collaborazione interfunzionale? In sostanza quando si accenna a questo concetto, si fa riferimento alla collaborazione tra i reparti. Pensiamo a un’agenzia di digital marketing. Se il reparto design lavora bene con il reparto content e a sua volta quest’ultimo lavora altrettanto positivamente con quello SEO e ADV, è più facile che una campagna di inbound marketing raggiunga il successo. È chiaro che descritta in questo modo potrebbe sembrare riduttiva la logica della collaborazione interfunzionale, ma in ottica aziendale bisogna pensare che un goal si ottiene soltanto se tutti i membri del team - dal leader ai responsabili fino a chi è coinvolto operativamente - collaborano e comunicano efficacemente. Approfondiamo nei prossimi paragrafi il concetto di team working e collaborazione interfunzionale, ovvero vantaggi, svantaggi e opportunità. Nell'ultimo paragrafo inoltre andremo a capire come un CRM possa aiutare nel lavoro di squadra le aziende. Team working: come rendere il team più produttivo Il team working, come accennavamo nell’introduzione di questo articolo, è una condizione imprescindibile per una collaborazione interfunzionale. Un team coeso, non è necessariamente uno che va d’accordo su tutto e sempre e in cui non ci sono opinioni divergenti e scontri. Ma anzi, tutto il contrario. È proprio dalle critiche che nascono le idee. Anche se fa male, ricevere una critica porta i membri del team a mettersi in discussione e quindi a ragionare su cosa si possa fare per migliorare. Ma come riuscire a far sì che si lavori bene in squadra? costante brainstorming di gruppo - un esercizio che deve essere continuo in un team, in quanto pone tutti i membri di una squadra nella posizione di ragionare su nuove idee; costruzione di un team diversificato - costruire un team può rivelarsi un’attività molto difficile da compiere, in quanto ognuno in una squadra è unico per le sue capacità. Più un team è composto da una varietà di talenti e livelli di competenze differenti, più la collaborazione tra le parti sarà avvantaggiata. Il desiderio di crescere e migliorarsi è sempre presente nei membri di un team, quindi la presenza di persone con capacità differenti certamente stimola in modo sano la competizione; ottima comunicazione - spesse volte quando si lavora in squadra si pensa che esprimere la propria opinione, in fondo, anche se in azienda viene detto il contrario, non sia apprezzato. In realtà, un buon leader è proprio colui che è in grado di stimolare una comunicazione efficace, non soltanto mediante l’utilizzo di strumenti che la permettano, ma anche e soprattutto facendo in modo che ogni membro del team dica la sua in merito a una possibile soluzione o azione da intraprendere. È proprio nella diversità di opinioni che si trovano soluzioni. Indubbiamente, come in tutti gli aspetti del lavoro e della vita, vi sono PRO e CONTRO del team working. Scopriamolo nei prossimi paragrafi. Pro del team working Il lavoro di team in un’azienda conta e anche molto, in special modo quando si hanno obiettivi da raggiungere nel breve termine. I vantaggi del lavoro di squadra possiamo così classificarli: possibilità di avere più idee e in minor tempo; capacità di prendere decisioni migliori, proprio grazie alle ampie e differenti competenze di un team; migliore gestione dei rischi, grazie soprattutto al fatto che un team grande si compone di persone diverse è possibile preventivare un rischio più facilmente; supporto continuo, in quanto un team coeso è soprattutto uno in cui ci si aiuta a vicenda dinanzi alle difficoltà; condivisione delle responsabilità, in quanto se si fa un buon lavoro di squadra le responsabilità e quindi anche le conseguenze sono condivise. Questo aspetto dal punto di vista psicologico aiuta molto. In questa prospettiva sembra tutto idilliaco, ma in realtà vi sono anche dei contro nel lavoro di team working. Scopriamo nel prossimo paragrafo quali sono. Contro del team working Tra gli svantaggi possibili del team working vi sono: possibilità che i membri del team si sentano deresponsabilizzati, perché sanno di poter sempre contare sul loro collega; difficoltà nel raggiungere un punto in comune dinanzi a una decisione difficile da prendere; possibili scontri di personalità dovuti a difficoltà del team ad andare d’accordo; il lavoro di squadra, per quanto bello, può richiedere più tempo. Mettere d’accordo le persone tra di loro, può essere complesso. Questi aspetti, apparentemente complessi da gestire, sono in realtà arginabili se a guidare la squadra c’è un buon leader, che investe non soltanto in termini di tempo ma anche in termini di risorse economiche per organizzare giornate di team building. Per far sì che un team lavori bene e a stretto contatto, bisogna incrementare la comunicazione. Per fare ciò è importante organizzare delle attività in cui il tempo fuori dal lavoro sia condiviso e sia in grado di rafforzare il legame tra i colleghi. 6 consigli per una collaborazione interfunzionale efficace Indubbiamente per fare un buon lavoro di squadra sono necessari: chiarezza delle comunicazioni; atteggiamento positivo; fiducia nei membri del team; assunzione delle responsabilità; efficienza di riunioni e report; Organizzazione dell'azienda; Le riunioni interminabili non sono sinonimo di produttività, anzi. Stimolano in modo negativo un team, perché la sensazione di avere a disposizione troppo tempo per ragionare su di una soluzione, non pone le persone in stato di “attività”. I risultati migliori spesso derivano dalle idee d’impulso, quelle che apparentemente sono azzardate e difficili da realizzare, ma che in realtà con la giusta razionalizzazione e programmazione diventano delle armi vincenti. Per quanto riguarda l'ultimo punto, avere un'azienda disorganizzata non aiuta certamente il team working e la collaborazione interfunzionale. Nell'ultimo capitolo infatti parleremo di CRM, un software che consente di ottenere una migliore organizzazione ed evitare che ci siano errori da un punto di vista processuale e problemi di comunicazione tra reparti aziendali. Una buona parte del successo di un team inoltre dipende però anche dagli strumenti che ha a disposizione per collaborare in modo interfunzionale. Uno di questi è il CRM. Come può il CRM aiutare il lavoro di un team? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. Come il CRM può aiutare il lavoro di team Il CRM rappresenta un ottimo strumento per migliorare il team working e la collaborazione interfunzionale. Un’azienda che vuole avere sempre sotto controllo tutte le azioni che ha intrapreso con un cliente oppure a livello di collaborazione tra team aziendali, dovrebbe dotarsi di un CRM valido. Quest’ultimo rappresenta uno degli strumenti fondamentali per migliorare il lavoro di squadra. Bisogna rendere accessibile il CRM a tutto il team, così che ognuno possa valutare il suo lavoro e non soltanto. Confrontando i risultati di una campagna ADV con una landing page e con il blog, è possibile capire a cosa potrebbe essere interessato il target e a cosa no. E in seguito, sarà possibile investire ulteriori tempi e risorse. Hubspot CRM rappresenta una delle più valide soluzioni in merito a quanto detto. È un CRM che dà la possibilità a tutto il team - una volta assegnati permessi che possono essere personalizzabili in base all'importanza dei dipendenti - di avere una panoramica completa di tutto il progetto. Inoltre favorisce la comunicazione tra team con la possibilità di avere una traccia di tutte le comunicazioni avvenute con un contatto e la possibilità di assegnare task anche ad altri membri del team Hubspot è una soluzione di anche di marketing automation che aiuta il team a migliorare il lavoro, in quanto rende più smart le azioni ripetitive e più facile consultare i dati più importanti. Hubspot ha da poco integrato anche ChatSpot, come strumento di intelligenza artificiale ideato proprio dalla società, integrandolo con le già ottimali capacità di ChatGpt. Si tratta di un strumento ancora in fase sperimentale, ma in ottica di lavoro di gruppo, rappresenta un’altra di quelle soluzioni che può migliorare il lavoro di un team dal punto di vista pratico. Con Chatspot è possibile l'inserimento immediato di task ad altri dipendenti, la visualizzazione della reportistica e azioni di pulizia del CRM. Conclusioni Un buon lavoro di squadra, come si intuisce da questo articolo dipende dalla collaborazione delle persone che la compongono e dagli strumenti che si utilizzano. In questo senso affidarsi a processi di marketing automation con l’aiuto di un’agenzia Hubspot, può rappresentare una soluzione importante da considerare. In alternativa, nel caso in cui avessi ancora dubbi su come Hubspot può aiutare le aziende nel team working ti lasciamo questa risorsa gratuita che spiega una panoramica delle funzionalità della versione free di Hubspot. Image by senivpetro on Freepik
Dopo aver venduto un servizio o un prodotto a un cliente o averlo convinto ad eseguire l’azione desiderata, come dare l’ok alla ricezione di una newsletter o la sottoscrizione di un abbonamento, non devi assolutamente pensare che il tuo lavoro sia finito lì. Anzi, possiamo dire che quello è solo l’inizio di un percorso che deve portare alla completa e totale fidelizzazione del cliente. E in questo discorso si inseriscono perfettamente le email di follow up, un tipo di comunicazione che avviene tramite posta elettronica dopo un evento per mantenere vivo il rapporto con il cliente e con il lead e valutare di volta in volta il suo livello di soddisfazione. Le email di follow up sono utilissime anche in ambito lead generation perché possono essere utili per ringraziare oppure inviare un messaggio di benvenuto al lead. Cosa sono le mail di follow up? Prima di addentrarci nel discorso delle email di follow up nell’ambito del marketing, è opportuno capire cosa sono e come utilizzarle. Il concetto di follow up nasce fondamentalmente in ambito medico. Per i dottori è infatti prassi seguire un paziente dopo un’operazione per valutare il decorso post-operatorio o per monitorare i risultati ottenuti dopo aver seguito una terapia. Con lo stesso concetto sono nate le email di follow up, che consentono di tastare il polso del livello di soddisfazione delle persone dopo un evento. Si possono ad esempio inviare dopo un meeting o un seminario per capire se l’evento è stato di interesse dei partecipanti. E poi, entrando più nello specifico nel settore del marketing, aiutano a conoscere le valutazioni dei clienti dopo l’utilizzo di un servizio o l’acquisto di un prodotto. L’intera strategia deve essere affiancata da un efficace CRM, così da poter gestire tutti i rapporti e le interazioni che si verificano tra un’azienda e un cliente, che così non si sente abbandonato, ma anzi percepisce la vicinanza e il supporto del brand. Questo è un aspetto molto importante per consolidare i rapporti con i clienti ed aumentare il tasso di fidelizzazione. Come scrivere una mail di follow up? Passiamo adesso all'aspetto più pratico della questione: Come impostare un’email di follow up? Per prima cosa bisogna fare una considerazione: l’email di follow up per l’appunto “segue” ad una prima email oppure ad un avvenimento già compiuto dal lead, quindi dovrebbe esserne una sorta di integrazione e non risultare troppo lunga o pesante. 2 o 3 paragrafi sono più che sufficienti. La comunicazione quindi deve essere leggera e veloce, così da non annoiare il tuo cliente. Proprio per questo motivo anche l’oggetto deve essere breve ma efficace e contenere informazioni veritiere e non fuorvianti. L’oggetto deve essere chiaro e spiegare in maniera coerente cosa troverà l’utente dopo aver aperto il messaggio, senza false promesse o toni troppo sensazionalistici che creano grande attesa e che alla fine rischiano di deludere. Occhio anche a non usare key spam o troppo commerciali, che potrebbero restare intrappolate nella rete dei filtri antispam. Per quanto riguarda le domande e il contenuto, molto dipende dalla tipologia di follow che intendi applicare. Magari potresti voler inviare un’email di follow up per ravvivare l’interesse spento di potenziali acquirenti, per chiedere informazioni e feedback dopo un’assistenza ricevuta, oppure per dare al cliente ciò per cui ha compilato un form (ad esempio nelle strategie di content marketing è frequente dare un ebook gratuito in cambio della compilazione di un form). Scegli con cura il contenuto, poiché le email di follow up fungono anche da volano per l’inbound marketing, cioè una strategia che attira in modo naturale lead e clienti verso l’azienda tramite contenuti di valore ed esperienze su misura. Altro aspetto importante riguarda il timing: quando inviare un’email di follow up? Una tempistica precisa non c’è, dipende dai casi, ma in ogni caso non è consigliabile inviare un’email di follow up pochissimi giorni dopo il primo contatto oppure il prima possibile, nel caso il contatto abbia compilato un form. Prima di insistere, col rischio che la tua email venga cestinata senza neanche essere aperta o peggio ancora finire nello spam, cerca di capire perché il tuo cliente non ha risposto. L’importanza dell’email marketing per gli e-commerce Perché le email di follow up sono così importanti per aziende ed e-commerce? Come già accennato queste email consentono di tenere vivo il rapporto tra azienda e cliente, o lead, e all’occorrenza richiedere feedback dopo l’acquisto di un prodotto, dopo aver usufruito di un servizio o dopo aver ricevuto assistenza. Puoi capire se i servizi offerti sono di gradimento per i tuoi clienti, oppure se ci sono delle criticità sulle quali è necessario intervenire. Inoltre puoi inviare messaggi mirati a lead e clienti, adattandoli in base al punto del funnel in cui si trovano. Questo non significa che devi scrivere email personalizzate per ogni singolo cliente, poiché puoi affidarti a software efficaci come Hubspot che integrano eccellenti programmi di email automation per coltivare il rapporto con i tuoi clienti in modo efficace senza eccessivi stress o dispendio di tempo ed energie. Email follow-up: esempi da cui trarre spunto Sei pronto per iniziare una strategia di follow up, ma non sai come partire? Allora eccoti una serie di esempi da cui trarre ispirazione e che puoi usare di volta in volta a seconda delle circostanze e delle finalità. Acquisto Ipotizziamo che tu sia aspettando la risposta di un cliente sull’acquisto di un prodotto che non ha dato segni di vita dopo un primo contatto. Potresti inviare un promemoria del tipo: “Salve (nome cliente), la contatto nuovamente dopo il primo messaggio relativo all’acquisto di (nome prodotto). Non mi sembra di aver ricevuto risposta da parte sua, forse ha qualche domanda o qualche dubbio sul prodotto? In tal caso sarei felice di aiutarla e fornire le informazioni di cui ha bisogno. Cordiali saluti (nome e cognome e posizione in azienda)”. Usa un oggetto accattivante, qualcosa del tipo “Il tuo (nome prodotto) ti sta ancora aspettando!”. L’esempio va chiaramente adattato al “tone of voice” della tua azienda. Se magari utilizzi generalmente un linguaggio fresco e giovanile, dando del tu, fai la stessa cosa nell’email di follow up. In ogni caso cerca di non essere troppo invasivo e martellante, inviando ad esempio email a cascata, poiché rischi di ottenere l’effetto contrario. Carrello abbandonato Tra le tante criticità per gli e-commerce c’è quello del carrello abbandonato, una problematica che può verificarsi per tanti motivi: dimenticanza, perdita di interesse o prezzo troppo alto. Ecco un buon esempio da usare in questi casi: “Salve, il suo (nome prodotto) è ancora nel carrello di (nome e-commerce), forse si è dimenticato di concludere l’acquisto o non ha avuto tempo? Non si preoccupi il (nome prodotto) è ancora lì! Per non pensarci più offriamo la consegna gratuita per le prossime 48 ore”. Una buona idea per l’oggetto potrebbe essere “Forse ti sei dimenticato di me?”. In tal caso per spingere il cliente a compiere l’azione desiderata puoi giocare sul concetto di urgenza e di scarsità (ma con moderazione), proporre uno sconto sull’acquisto o sulla spedizione, offrire un codice promozionale o aggiungere un’immagine che descriva ancora più dettagliatamente il prodotto. Per questo tipo di email, Shopify mette a disposizione Shopify Email che consente di realizzare email di follow up, carrello abbandonato e molte altre tipologie di email. Sollecito pagamento Le email di follow up possono riguardare anche situazioni poco piacevoli, come ad esempio un cliente o un partner in ritardo con i pagamenti. In tal caso puoi scrivere un’email del genere “Gentile (nome) a quanto pare ci risulta che la fattura (numero fattura) datata (data) non è stata ancora pagata. A meno che non ci sia stato un errore da parte nostra, la preghiamo di procedere al pagamento. Se il pagamento è invece stato inviato prima di questa email, la preghiamo di ignorarla. La ringraziamo per la sua collaborazione. Team di (nome servizio oppure nome e cognome)”. L’oggetto in tal caso non ha bisogno di tanti giri di parole ed è sufficiente un semplice “Sollecito di pagamento”. La cosa migliore è fornire il maggior numero di informazioni possibili, come importo della fattura, eventuali penali, le coordinate bancarie e i sistemi di pagamento. Quali tool usare? Ci sono diversi tool e strumenti che puoi usare per automatizzare l’invio delle tue email di follow up. Ecco un elenco degli strumenti più efficaci disponibili sul mercato: Drip: uno dei più popolari software di email marketing automation focalizzato soprattutto sulle attività di e-commerce; Autopilot: il grande vantaggio di questo strumento è quello di riuscire a automatizzare le email, annotando anche sequenze di automazione con tanto di emoji, adesivi e spiegazioni che rendono il lavoro molto più facile a tutti i team coinvolti; Sendinblue: piattaforma di email marketing che propone strategie multi-channel, combinando la marketing automation con sms, live chat, Facebook ads ecc., che offre diversi piani di pagamento; Mailchimp: piattaforma di marketing all-in-one pensata soprattutto per le piccole aziende che fornisce anche utili consigli per aumentare i tassi di apertura, di clic e di vendite. Hubspot CRM: è sicuramente la piattaforma più completa tra tutti. Si integra benissimo con i vari ecommerce e utilizza la marketing automation per inviare email di follow-up automatiche a chi compila un form. Permette inoltre di trargetizzare le altre tipologie di email in base alle azioni compiute dal contatto. Conclusioni Per un corretto utilizzo delle email follow-up è necessario che ci sia una perfetta coordinazione tra tutte le tue azioni, per non risultare invasivo e procedere all’invio con il giusto timing. Risulta fondamentale sfruttare le funzionalità di un buon CRM, come Hubspot CRM, che ti aiuta a migliorare la gestione dei tuoi clienti. In questo modo puoi verificare se già c’è stato un primo contatto, ricordare se c’è stata risposta e monitorare tutte le eventuali conversazioni ancora aperte. In basso ti diamo la possibilità di scaricare il nostro ebook sulla marketing automation e come riuscire a coltivare i contatti con le email, per riuscire a farli diventare clienti finali. Image by rawpixel.com on Freepik
In questi mesi il ruolo dell’intelligenza artificiale nel mondo del digital marketing, e non soltanto, è divenuto sempre più preponderante. L’AI ha dimostrato la sua abile capacità di riadattare tutti i processi e l’operatività in un’ottica molto smart nel digital marketing, portando importanti innovazioni ed evoluzioni nel modo di lavorare. Perché l’AI sta conquistando il mondo? La risposta è semplice: perché semplifica l’operatività, rendendo più semplici i processi. La raccolta dati e la loro consultazione diventa più facile e immediata nel CRM. Lo strumento che attualmente desta parecchio stupore per il suo funzionamento è ChatSpot. ChatSpot è lo strumento d’intelligenza artificiale di Hubspot, ideato su misura per semplificare ancora di più i processi del CRM. Approfondiamo nel prossimo paragrafo di cosa si tratta nello specifico. Cos’è ChatSpot? Siamo decisamente in tema di avanguardia e innovazione quando parliamo di ChatSpot, in particolare quando pensiamo che questo strumento AI di Hubspot, rende ancora più semplice il completamento di varie attività del CRM, semplicemente con l’utilizzo di una chat. ChatSpot si basa, in sostanza, su tecnologie artificiali avanzate come Chat GPT e DALL-E2, che semplificano processi e operazioni nel CRM. Utilizzando ChatSpot.ai, chiunque del team potrà aggiungere dati al CRM, senza dover navigare nel menu. Non sarà più necessario compiere azioni di ricerca in modo manuale, con la chat AI di Hubspot, si potrà fare tutto e in meno tempo, semplicemente digitando la richiesta sulla Chat. ChatSpot è una rivoluzione anche per i non addetti ai lavori che utilizzano il software per consultare i loro dati. Sono in molti i clienti che ad esempio entrano nel loro Hubspot per visionare in modo autonomo i dati di conversione di un articolo di blog, di una campagna di marketing o di una landing page. Attualmente ChatSpot è disponibile solo per alcuni utenti ad accesso limitato, si può dire che è ancora in una fase di sperimentazione, per cui le sue funzionalità probabilmente aumenteranno. Con ChatSpot tutto questo è ancora più facile e immediato. Ma come può aiutare ChatSpot il marketing e la gestione del CRM? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. Chatspot: come può aiutare marketing e gestione del CRM di Hubspot ChatSpot, lo strumento di intelligenza artificiale di Hubspot, come precisavamo poco fa è in versione Alpha 2, ma le potenzialità dello strumento sono già facilmente intuibili. Vediamo di seguito come questa innovazione può aiutare le attività di marketing e la gestione del CRM. In merito al CRM e alle vendite, utilizzando la Chat AI di Hubspot puoi domandare informazioni in merito al tuo database, relativamente al numero, alla tipologia di contatti presenti nel CRM e puoi anche aggiungere dati nuovi, evitando di farlo manualmente. In merito alle attività di marketing una funzionalità di ChatSpot importante è quella della creazione di un CRM. Il tool ti aiuta nella creazione di report, l’importante è stabilire quali sono i dati fondamentali da visionare e analizzare con il cliente. Una volta creati, i report possono essere esportati e inseriti in Google docs. Un’altra funzionalità importante per il marketing è che con ChatSpot puoi anche incrociare i dati del CRM con quelli esterni, forniti da altri tool, così da avere una panoramica più completa e dettagliata. Con ChatSpot puoi quindi raccogliere tutti i dati fondamentali per orientare meglio la tua strategia di marketing. Tra le altre funzionalità che offre ChatSpot, c’è quella di creare articoli, post sui social media e inserzioni pubblicitarie, sebbene chiaramente sia sempre necessaria la visione finale di un professionista. Tutte le funzioni di marketing con ChatSpot possono essere estinte con la massima resa e il minimo sforzo, sempre ovviamente contando che la verifica finale dell’essere umano sull’operatività, ci sia. Il mondo che viviamo attualmente è in evoluzione e ChatSpot non è altro che il primo strumento che apre la strada dell’avanguardia e della semplificazione. In un processo di Inbound Marketing, ChatSpot di sicuro rappresenta un modo per semplificare le azioni ed essere più veloci operativamente. ChatSpot, inoltre, rappresenta un ottimo modo per automatizzare le azioni di lead generation. A questo proposito riassumiamo cosa può fare ChatSpot per ogni reparto: Marketing Crea contenuti; Analizza le strategie di marketing; Costruisce strategie SEO oriented; Analizza le performance. Vendite È in grado di gestire l’interazione tra CRM e azienda; Segue il processo di vendita del lead; Ottiene informazioni sui potenziali clienti. CRM Automatizza i processi nel CRM; Personalizza le interazioni con i clienti sulla base dei dati; Monitora il database. Attività di report Crea report dettagliati; Monitora le performance; Identifica i trend del mercato e le opportunità. Ora che conosciamo tutte le iniziali potenzialità di ChatSpot, parliamo dei Pro e dei Contro dell’integrazione tra ChatGPT e Hubpsot nel prossimo paragrafo. Pro e Contro dell’integrazione tra ChatGpt e Hubspot I Pro di adottare Chatspot derivano dalle sue funzionalità che abbiamo indicato nel paragrafo precedente e, in particolare, possono essere riassunte in: Automazione di processi routinari; Semplificazione delle attività di CRM tramite l'inserimento rapido di contatti, task e deal con la possibilità di impostare rapidamente azioni di data cleansing; Semplificazione delle attività commerciali e di marketing, specialmente quelle di content marketing grazie alla scrittura automatica di email, landing page e altri contenuti; Facilità di analisi grazie all'incrocio rapido dei dati che ci sono all'interno del CRM; Miglioramenti SEO con l'ottenimento delle keyword adatte, con le previsioni di ricerca ecc...; Siamo ovviamente ancora in una fase iniziale di ChatSpot, visto che il suo sviluppo è attualmente in fase Alpha, quindi possono verificarsi tranquillamente dei problemi e infatti ecco alcuni Contro che è bene conoscere in questa fase iniziale. ChatSpot potrebbe non avere sempre tutte le risposte che si cercano; Gli accessi allo strumento, al momento, sono tanti e quindi non sempre potrebbe essere accessibile; Il tool non è ancora un esperto in tutti i campi, quindi potrebbero esserci ancora delle lacune dal colmare. Uno dei Contro più evidenti, quando si parla della creazione dei contenuti, è la creatività. ChtaSpot è in grado di creare articoli di blog, post social e copy di altro genere, ma ciò che non è in grado di fare quanto un essere umano è di essere creativo. Conclusioni su Hubspot AI L’evoluzione è sempre dietro l’angolo e bisogna essere preparati al cambiamento, così come lo è stato Hubspot CRM, sperimentando questo nuovo tool. Bisogna essere pronti a sperimentare strumenti innovativi che migliorino il lavoro e i processi, tanto nel digital marketing che in altri settori. HubSpot, con queste nuove introduzioni a tema intelligenza artificiale (si parla di Hubspot AI) si conferma una piattaforma sempre al passo con le innovazioni del mercato e, soprattutto, pronta a garantire ai suoi utenti tutto il necessario per migliorare i processi aziendali, il loro marketing e le loro strategie commerciali. Ti consigliamo inoltre di scaricare la risorsa gratuita che ti darà una panoramica di che cos'è Hubspot, delle sue caratteristiche e del perché è utilizzato da molte imprese che vogliono crescere per vendere di più e in maniera migliore.
Cosa si intende per customer loyalty? Volendo dare una definizione, si può dire che è quando si instaura una relazione continua tra il cliente e l’azienda, basato sulla fiducia del primo verso la seconda. Per far sì che il rapporto tra cliente e azienda duri nel tempo, è necessario però fare un investimento e questo può essere il programma fedeltà, che può declinarsi in diversi modi: possibilità di entrare in un club esclusivo solo per coloro che restano fedeli all’azienda; opportunità di vincere dei premi, in seguito per esempio a una raccolta punti; accesso a vantaggi specifici per i possessori di una carta fedeltà. Quando si pensa ai programmi fedeltà, la mente va subito alle raccolte punti dei supermercati o a quelli che si fanno in farmacia. Il principio infatti non è diverso e questo perché si tratta di un modello di marketing che funziona. Ecco perché si ripropone anche per altri tipi di aziende. La capacità di un’azienda di fidelizzare i propri clienti però non si misura soltanto in base a quello che offre al cliente, né tanto meno ai prezzi bassi, ma prevalentemente in base al modo in cui quest’ultima interagisce e si rende disponibile con il cliente. Per aumentare poi la customer loyalty vi sono poi strumenti e strategie specifici che approfondiremo nel corso di questo articolo. Ma prima ancora di questo vogliamo soffermarci sull’utilità del customer loyalty. Continua la lettura per approfondire. Customer loyalty marketing e Loyalty program: a cosa servono? L’obiettivo della customer loyalty è quello di costruire relazioni di qualità e durevoli con i clienti, riuscendo così a conquistare la loro fiducia, aumentando così la customer retention. Sebbene la tendenza sia quella sempre di pensare al target meramente come a un numero, la verità è che sono persone che hanno bisogno di sentirsi coccolate e apprezzate, ma soprattutto hanno necessità di sapere che l’azienda si prende cura delle loro richieste ed è disponibile quando ne hanno bisogno. È questo che fa la differenza nel rapporto tra impresa e clienti. Da qui nasce il concetto di programma fedeltà. Il programma fedeltà si basa principalmente su alcuni punti di forza, ovvero: opportunità di raccogliere dati sui consumatori in modo sia quantitativo che qualitativo; possibilità di creare campagne personalizzate sulla base dei dati raccolti; opportunità di trasformare i clienti stessi in brand ambassador, proprio sulla base della loro fedeltà all’azienda. A questi si aggiunge la capacità di coinvolgere il cliente dal punto di vista emotivo, riuscendo a generare sempre un sentiment positivo. Si pensi per esempio alla soddisfazione del cliente quando vede arrivare nella sua casella mail la comunicazione un’offerta destinata a lui, grazie alla sua partecipazione al programma fedeltà. Indubbiamente questo genera positività nella persona e la predispone bene nei confronti dell’azienda. Questa sarà poi la base dalla quale l’azienda potrà partire per fare attività di upselling e vendere quindi altri prodotti, magari correlati a quelli precedentemente acquistati con facilità. La customer loyalty parte dal presupposto che per riuscire a mantenere saldo il rapporto con il cliente nel tempo, bisogna puntare sulla personalizzazione dell’offerta e quindi garantire sempre un prodotto o un servizio specifico in base alle esigenze del target. Molto importante nel discorso del Customer loyalty marketing è impostare bene anche il follow up post acquisto. Un errore comune è quello di inviare delle offerte al cliente che ha già visto in precedenza, anche dopo l’acquisto. Allo stesso modo, un altro modo sbagliato di fare follow up con il cliente è quello di inviare delle offerte subito dopo che egli ha fatto il primo acquisto sull’e-commerce. Per questo segmentare la propria clientela in base ai gusti, dotandosi quindi di un CRM, è molto importante per fidelizzare il cliente. La sensazione che il cliente ha è che l’azienda lo voglia pressare per fare altri acquisti. Per far sì che questo avvenga, come nelle migliori relazioni, bisogna dare tempo al tempo e far sì che il cliente interagisca con l’azienda tramite i social magari, affezionandosi sempre di più al brand. Come fare quindi per aumentare la customer loyalty? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. Come si aumenta la customer loyalty La customery loyalty non termina quando il cliente è acquisito e apparentemente fidelizzato, anche perché quest’ultimo può restare con l’azienda anche per motivi diversi da quelli legati a come percepisce il brand. Ad esempio, i prezzi bassi non rappresentano un motivo ideale per essere fedeli a un’azienda, così come la varietà di prodotti offerta. La vera differenza la fa il modo in cui l’azienda tratta e interagisce con il cliente. Fondamentali sono anche: customer experience; follow up di valore; recensioni e segnalazioni. Customer experience Offrire un’esperienza di acquisto personalizzata e positiva porta i clienti a ritornare sul tuo ecommerce. Più conosci il cliente, più è facile far sì che il suo percorso di acquisto sia piacevole. Follow up di valore Come accennato anche in precedenza in questo articolo è importante costruire un funnel di mail post acquisto personalizzate, sulla base dell’esperienza di acquisto che il cliente ha già fatto sul negozio online. Recensioni e segnalazioni Trasforma il tuo cliente nel tuo miglior venditore. Un’azienda deve essere capace di chiedere recensioni e segnalazioni a suoi clienti, in quanto queste rappresentano una parte importantissima per il processo di acquisizione di nuovi clienti. Come il CRM può diventare un vantaggio per la customery loyalty? Investire in un progetto CRM in questo panorama riveste un ruolo importantissimo, in quanto permette all’azienda di avere un panorama completo dei dati raccolti tramite gli strumenti e le strategie per fidelizzare il cliente. Il concetto di loyalty parte proprio dalla conoscenza che si ha del target, ma soprattutto del suo comportamento di acquisto. Hubspot ad esempio, permette di consultare in modo dettagliato tutti i dati rispetto a determinate azioni di marketing. Avere a disposizione un CRM ti permette anche di concentrarti sulle future azioni di marketing che intraprenderai per continuare la fidelizzazione dei tuoi clienti, in quanto dai dati puoi capire facilmente cosa ha funzionato di più e cosa di meno. Ma soprattutto sai cosa puoi implementare e cosa invece conviene lasciar perdere. Conclusioni Per gestire bene il rapporto con il cliente è fondamentale imparare a conoscerlo. Un CRM in questo ti può aiutare perché è in grado di fornirti dati dettagliati sul tuo target. Un CRM valido fa la differenza in un’azienda, ecco perché consigliamo HubSpot che ti offre una panoramica completa dei dati raccolti. Affidati a un’agenzia HubSpot per costruire la base del tuo successo. Image by rawpixel.com on Freepik
Un qualsiasi progetto per raggiungere il successo, ha bisogno di pianificazione, organizzazione del lavoro e gestione di tempo e risorse. Il ruolo designato per tutte queste attività è il project manager, ovvero colui che si occupa del project management. Cos'è il project management Il project management è appunto quella attività di programmazione, organizzazione e gestione di risorse e denaro, atte a raggiungere degli obiettivi. Il project manager è colui che gestisce le risorse economiche e si preoccupa di realizzare una strategia efficace, ma che sia compresa nel budget preventivato. Allo stesso modo il project manager si occupa di analizzare i risultati delle attività, individuandone punti di forza e debolezza. Sulla base degli obiettivi raggiunti, il project manager pianifica le nuove attività di marketing. Indubbiamente in questo panorama di pianificazione e organizzazione, vi sono dei problemi che intervengono e che minano le abilità del project manager, il quale deve, a volte, rivedere i piani e creare una nuova strategia, sulla base dei nuovi elementi. Scopriamo nel prossimo paragrafo quali sono i problemi più comuni dell’attività di project management. I 7 problemi più comuni del Project management Solitamente i problemi più comuni di un project manager si palesano quando non si raggiungono gli obiettivi prefissati. Questa condizione si verifica quando vi sono i seguenti problemi: poca chiarezza degli obiettivi iniziali: se gli obiettivi non sono chiari sin dall’inizio, è possibile che lo start del progetto subisca uno slittamento, determinando quindi dei possibili ritardi sulla tabella di marchia dello stesso; rischio di basso rendimento del progetto: questo problema si verifica quando tutte le parti in causa, operanti nel progetto, non collaborano come dovrebbero e modificano i requisti iniziali; superamento del budget previsto: quando il budget inizialmente prestabilito viene superato; problemi di tempo per la realizzazione di attività: quando i tempi del progetto non vengono rispettati, procrastinando attività già prestabilite e determinando così ritardi nelle consegne; quando le risorse sono insufficienti: questa è una condizione che si verifica quando le risorse inizialmente preventivate per svolgere determinate attività non sono sufficienti, magari per via del carico di lavoro eccessivo; cambiamenti imprevisti nel team: quando uno o più membri del team, inizialmente preventivato per il progetto, cambia e inevitabilmente si possono determinare dei ritardi; cattiva comunicazione tra le parti interessate: una condizione che si può verificare quando la comunicazione tra i membri del team e l’azienda non son è chiara e non porta quindi a risultati. Per ovviare a problemi come questi, è necessario creare un project plan efficace, ovvero un programma di lavoro ben delineato e orientato agli obiettivi. Come creare un project plan efficace? Un project plan o anche business plan è un documento formale con il quale sarà possibile gestire, organizzare e ovviamente monitorare tutte le attività atte al raggiungimento di un obiettivo. In linea di massima un project plan è classificabile come la guida che il project manager segue per il suo progetto. Qualora si verifichino dei cambiamenti nel piano, egli ha l’obiettivo di occuparsene, ideando una nuova strategia. I criteri affinché un project plan possa reputarsi efficace sono i seguenti: identificare chiaramente gli obiettivi del progetto; pianificare le attività singolarmente; avere un’idea chiara del team che si occuperà del progetto; gestione del rischio in caso di cambiamenti non previsti; pianificazione degli incontri e quindi delle comunicazioni del progetto. Gli obiettivi di un progetto devono sempre essere molto chiari, altrimenti è molto facile - per qualsiasi persona nel progetto - modificare priorità, consegne e requisiti. In un progetto che nasce non si possono improvvisare le azioni, né tanto meno le risorse fisiche ed economiche, in special modo perché i costi potrebbero cambiare. Bisogna avere sempre un’idea chiara di tutto quello che verrà fatto e soprattutto di come. I tempi sono fondamentali da rispettare, altrimenti si modificano anche quelli degli obiettivi da raggiungere, andando a stravolgere il budget. Avere le idee chiare comporta dei vantaggi in un progetto nascente, ma è necessario avvalersi degli strumenti giusti per crescere, come ad esempio il CRM. Scopri nel prossimo paragrafo come un crm può aiutare il project management. Come gestire l'attività di project management con il CRM? Il CRM rappresenta una soluzione nella gestione di un progetto e di cui un project manager deve imparare ad avvalersi. Come può un CRM aiutare praticamente un project manager? Lo aiuta nella gestione delle task dei vari reparti. Pensiamo ad esempio ad Hubspot e a come sia possibile avere una panoramica sempre aggiornata di tutto quello che accade, in seguito all'avvio di un funnel. Con Hubspot CRM per esempio è possibile capire da dove arrivano i nuovi visitatori di un sito e qual è il loro comportamento d'acquisto; un CRM è un ottimo strumento per analizzare i risultati delle decisioni di marketing prese, quindi soffermarsi su quali di queste hanno generato più conversioni - e quindi risultati; il CRM permette di non perdere mai nessun dato raccolto e di creare un database clienti, distinguendo tra clienti dormienti e clienti attivi. È sulla base di questa distinzione che infatti vengono prese delle decisioni. In aggiunta a questi di punti, importanti soprattutto per chi gestisce un progetto, c'è anche da dire che un CRM è utile anche per i clienti stessi, che possono entrare nel software e visionare l'andamento del loro business. Il CRM rappresenta una metodologia di lavoro, oltre che uno strumento, che migliora il rapporto interno e tra clienti e azienda. Indubbiamente, una piattaforma come Hubspot, rappresenta uno strumento importante per il project management. Vantaggi di una gestione efficace di un progetto I vantaggi di un progetto ben gestito, che quindi rispetti tempi, risorse fisiche ed economiche sono così classificabili: soddisfazione delle aspettative del cliente, che si traduce quindi in fidelizzazione di quest’ultimo; budget rispettato e quindi nessuna spesa in eccesso che comporti preoccupazione al cliente; ridotta possibilità di fallimento. Un progetto ben seguito, con obiettivi chiari, riduce di molto la possibilità di fallire. Un project plan e quindi un’attività di project management rappresentano i punti basi tramite i quali è possibile raggiungere obiettivi soddisfacenti. Conclusioni Per raggiungere degli obiettivi soddisfacenti è sempre importante affidarsi a chi può davvero aiutarti. Bisogna avere ben chiaro cosa e come si vuole fare. Per gestire i tuoi progetti con un CRM ti consigliamo di affidarti ad un'agenzia Hubspot che saprà aiutarti a mettere in piedi un progetto CRM. Nel frattempo puoi sempre scaricare gratuitamente il nostro ebook che parla di cosa sia la piattaforma di Hubspot. Image by tirachardz on Freepik
Le aziende ogni giorno raccolgono un quantitativo straordinario di dati, che contengono informazioni preziose che a loro volta possono fornire utili spunti per adottare le future strategie aziendali. Si ha così a disposizione un database da consultare periodicamente per capire se una campagna pubblicitaria sta funzionando, se ci sono aumenti di vendite o se al contrario ci sono dei cali. Ma di che natura sono questi dati? Come si raccolgono? Proprio perché i dati hanno assunto un’importanza rilevante nell’ambito di ogni strategia aziendale, sono sempre più strutturati. E in tale contesto si inseriscono i First Party Data, detti anche dati di prima parte che sono di proprietà esclusiva di un’azienda. Sono diventati ancora più importanti soprattutto dopo che le normative sulla privacy sono diventate sempre più restrittive, ponendo un limite ai cosiddetti third party cookie, cioè dati derivanti da terze parti. Il discorso è piuttosto articolato e quindi per sapere i first party data cosa sono, come funzionano, perché sono così importanti e in cosa si differenziano dai third party data abbiamo realizzato questa guida apposita. First party data: la definizione Per prima cosa è importante capire il significato di first party data, cioè dati di proprietà di un’azienda. Tra questi rientrano i dati relativi all’andamento di una campagna pubblicitaria o al comportamento specifico degli utenti in fase di acquisto. Benché la raccolta dei dati sia importante, non bisogna considerare che sia l’obiettivo finale. I dati raccolti, se non vengono interpretati correttamente, rischiano di risultare inutili e configurarsi come un dispendio di energie e di risorse. Se ad esempio i dati raccolti su una campagna di marketing non sono soddisfacenti, modificarla non è sufficiente. Bisogna capire quali sono i punti critici che hanno tarpato le ali alla campagna, comprendere come intervenire e come risolvere gli errori, per poi valutare il successivo andamento della campagna. Questo è un esempio virtuoso per sfruttare e soprattutto interpretare i dati, la cui raccolta è il mezzo ma non il fine. First Party Data, Second Party Data e Third Party Data: facciamo chiarezza Ad inizio articolo abbiamo parlato di una struttura molto articolata dei dati, che si suddividono in 3 categorie: first party data, second party data e third party data. Comprendere le differenze è il primo passo per interpretarli nel modo corretto. First Data I First Data sono quelli raccolti sui clienti e in generale su tutti i team interni. L’azienda che li raccoglie tramite software o sistemi interni ne è l’unica proprietaria e anche responsabile. Cronologia degli acquisti, interazioni dei clienti con gli e-commerce o comportamento e abitudini sono alcuni dei dati che possono essere raccolti. Second Data I Second Data sostanzialmente sono simili ai First Data, con la differenza che non provengono direttamente dall’azienda ma da un partner di fiducia. Sono dati importanti poiché non possono essere acquisiti o condivisi da tutti, ma solo dalla tua azienda. Un esempio perfetto è il titolare di un sito web che condivide i suoi dati con un inserzionista che decide di pubblicare un annuncio pubblicitario per conoscere le prestazioni e valutare se sia un investimento proficuo. Third Data E poi ci sono i Third Data, dati di terze parti che non sono interni ad un’azienda ma provengono da una terza parte. Non c’è un rapporto diretto tra l’azienda e il cliente poiché i dati aggregati, e poi venduti alle aziende per uso pubblicitario, provengono da una moltitudine di fonti sul web. Esempi concreti di Third Data Party sono le campagne pubblicitarie di Google Ads o le inserzioni su Facebook. Come cambia l’analisi dei dati con le nuove normative sulla privacy Finora le aziende hanno dato scarsa importanza ai first data party, poiché potevano raccogliere facilmente dati da fonti esterne come Facebook o Google. Oggi però le normative sulla privacy si sono fatte sempre più severe e stringenti, rendendo più difficile per le piattaforme esterne raccogliere dati personali. Si è così assistito ad un graduale abbandono dei third party cookie, che di fatto non potevano essere così precisi nella raccolta dei dati, col rischio di fornire informazioni sbagliate o incomplete. Le aziende hanno quindi dovuto rimboccarsi le maniche e utilizzare strumenti appositi, come i CRM, per raccogliere i vari dati interni, conservarli in un database e leggerli nel modo giusto in base alle strategie aziendali. La raccolta dei dati interni deve quindi essere finalizzata a due attività specifiche: misurare le prestazioni delle campagne di marketing e analizzare il comportamento dei clienti per fornire loro servizi sempre più personalizzati. Strumenti come Hubspot, possono essere perfetti per questo tipo di analisi. La raccolta dei dati deve essere estremamente minuziosa e dettagliata, ma allo stesso tempo è necessario capire come interpretarli. Così facendo è possibile intercettare i comportamenti positivi, quindi sapere ad esempio quando un cliente è pronto all’acquisto, e quelli negativi, cioè capire quali clienti si perderanno. Sarà così possibile adottare le contromisure necessarie per contenere i danni o per aumentare i propri profitti con azioni mirate. Perché i First Party Data sono così importanti? Le impostazioni sempre più stringenti imposte dal Garante della Privacy, che di fatto ha reso obsoleti i third data party, paradossalmente sono state un vantaggio per le aziende alle quali hanno fornito un assist importante. Costruirsi i dati “in casa” è molto più vantaggioso poiché consente di raccogliere informazioni più dettagliate, così da poter conoscere meglio i propri clienti e offrire prodotti e servizi sempre più personalizzati. In un mercato così competitivo la personalizzazione dei servizi è la chiave per differenziarsi e fidelizzare la clientela. Va sottolineato che la fidelizzazione dei clienti ha un costo minore in termini di risorse economiche e di energie mentali rispetto all’acquisizione di nuovi clienti. Ecco perché una delle prime regole del mercato impone di fidelizzare i propri clienti, prima ancora di andare alla ricerca di nuovi. Inoltre, con l’abbandono dei third data party, le aziende sono state costrette a modernizzarsi e a dotarsi delle tecnologie necessarie per raccogliere nel modo corretto i first data party. I first data party sono economici, facili da raccogliere e affidabili poiché provengono da fonti interne. I third data party invece non sempre sanno spiegare qual è stato il percorso di acquisto del cliente e non sono unici, dal momento che sono disponibili per tutti, competitor compresi. Attenzione però: non bisogna ignorare totalmente i third data party, poiché i first data party da soli potrebbero fornire una panoramica non completa al 100%. Cosa fare quindi? La soluzione migliore sarebbe integrare i dati di prima, seconda e terza parte così da avere un quadro complessivo del proprio business e adottare le contromisure strategiche più adeguate. Quali sono le fonti principali? Ora che hai una panoramica più ampia sui first data party, non resta altro che comprendere quali sono gli strumenti più adeguati da adottare che possiamo così elencare: CRM; email ed sms; sito e app. CRM Il CRM è forse la risorsa più importante che le aziende hanno a loro disposizione per identificare e conoscere i propri clienti tipici, le cosiddette buyer personas, e monitorare il loro comportamento. Basandosi sulla cronologia degli acquisti, ma anche sulle preferenze e sulle abitudini, l’azienda può fornire servizi personalizzati e su misura per il cliente tenendo presente come, dove e quando acquista. Email ed sms Alla luce delle nuove tecnologie sempre più avanzate le email e gli sms potrebbero sembrare strumenti obsoleti, ma non è assolutamente così. In una campagna di email marketing puoi raccogliere dati importanti relativi ai tassi di apertura, di clic e di rimbalzo, misurabili con strumenti come Hubspot CRM. Analizzandoli e interpretandoli correttamente puoi capire se la tua email promozionale funziona o presenta qualche criticità, riuscendo a comprendere dove e come intervenire in modo mirato per rendere più performante la tua campagna e naturalmente ottimizzare i tuoi investimenti. Lo stesso discorso si può fare con gli sms, una forma di comunicazione ancora più “intima” che rivela il desiderio del cliente di interagire in modo approfondito e con un elevato grado di interesse. Sito e app Il sito è il cuore pulsante della tua attività, è qui che i clienti vengono a fare shopping online e i loro comportamenti possono dirti tanto sull’efficienza della tua piattaforma. Puoi raccogliere dati molto accurati sui clienti, dai loro nomi alla loro residenza fino alla loro professione, così da stilare un identikit completo sulle tue buyer personas. Se i clienti decidono di scaricare la tua app, vuol dire che sono realmente interessati a quello che offri. I clienti che “frequentano” le app sono probabilmente fidelizzati, un aspetto di cui sicuramente tenere conto nel momento in cui svisceri, snoccioli e analizzati i dati. Avere un sito in HubSpot ti consente di raccogliere una grande quantità di dati per le tue campagne di marketing perché, tramite l'utilizzo della piattaforma di HubSpot CMS, hai compreso molte delle funzionalità del CRM di HubSpot. Conclusioni I dati raccolti ogni giorno rappresentano una miniera d’oro sulla quale è seduta la tua azienda, devi solo trovare la chiave per aprire lo scrigno e accedere ad una serie di informazioni preziosissime. Il primo passo è dotarti di un valido CRM, che ti consente di raccogliere i dati dei clienti, monitorarli e confrontarli così da creare strategie personalizzate per ogni tipologia di utente. A proposito di CRM, ti suggeriamo di scaricare la guida gratuita al termine dell’articolo che ti indica almeno 4 buoni motivi per sfruttare questo strumento, migliorando le interazioni con i tuoi contatti e facendo crescere rapidamente la tua attività. Image by rawpixel.com on Freepik
Uno dei principi basilari dell’inbound marketing è quello di non infastidire la gente. Perché quindi molti siti sono pieni di elementi che i visitatori hanno dimostrato da molto tempo di non apprezzare? Forse l’emozione e l’estasi (o il terrore) che mettete dentro alla progettazione del vostro sito web vi fa dimenticare tutte le nefandezze che criticate sui siti degli altri? Attenzione: l’esperienza utente povera porterà ad alti tassi di abbandono e questo abbattere i vostri tassi di conversione: tradotto, in parole semplici, se sbagliate a progettare il sito non troverete nuovi contatti da web. Le caratteristiche che un sito web aziendale non deve avere Di seguito elenchiamo una serie di caratteristiche, alcune anche tecniche, che un sito web non deve avere per garantire un alto livello di user experience dei suoi utenti ed evitare che questi abbandonino prematuramente il sito. Realizzare un sito in HubSpot, generalmente, evita questo tipo di problematiche, che molto spesso vengono a galla quanto invece il sito è realizzato con Wordpress. Se dovessimo rispondere alla domanda Quali sono le caratteristiche di un sito web che favoriscono l'abbandono del cliente? risponderemmo con i seguenti punti: Ci mette un'eternità a caricarsi; Non è ottimizzato per mobile; Offre una navigazione povera; Usa troppi pop-up; Presenta contenuti multimediali che si eseguono in automatico; Vanta animazioni che disorientano l'utente; Ci sono immagini generiche o di bassa qualità; C’è un modulo di contatto ma non ci sono ulteriori informazioni; C’è un’incomprensibile pagina chi siamo; Non è chiaramente spiegato quello che fa la tua azienda; È pieno di parole chiave; Si è perso i pulsanti di condivisione social nei contenuti; Non c’è il blog; Utilizza titoli e frasi incongruenti con i contenuti; Mostra delle call-to-action che non sono in linea con l’offerta; Contiene link interni che non sono user-friendly; Utilizza slider che si prendono il loro tempo a caricarsi; Andiamo ora ad analizzarne uno ad uno. 1. Ci mette un’eternità a caricarsi I nostri tempi di attenzione sono corti e si abbassano costantemente quando facciamo cose ripetitive o siamo in attesa che succeda qualcosa. Prendiamo in mano il nostro telefono centinaia di volte al giorno e se poi ci troviamo di fronte ad un sito per il quale dobbiamo attendere il caricamento, non ci gira tanto bene. Secondo un rapporto di KISSmetrics il 47% dei visitatori si aspetta una pagina che si carica in meno di due secondo. il 40% abbandona un sito che ci impiega più di 3 secondi. Anche 1 secondo di ritardo influisce sul 16% di possibili clienti. Il tempo di caricamento lento frustra i visitatori e colpisce il tasso di conversione e la percezione del brand, in particolare dagli utenti mobile, che nelle loro connessioni continue e segmentate vogliono - si aspettano - la reattività. Se un sito è lento a caricarsi per il visitatore, secondo uno studio di Ericsson, la colpa non è del provider ma del proprietario del sito. Se vuoi che la gente resti sul tuo sito web, devo ottimizzare le sue prestazioni per ogni pagina. Il tempo di criticamente può essere influenzata dalla dimensione dell’immagine, dal codice e da molti altri fattori. 2. Non è ottimizzato per il mobile Durante la navigazione su internet con telefono cellulare, sei mai stato costretto a scorrere da lato a lato per leggere una pagina del sito? Ingrandire e ridurre le dimensioni del sito per vederlo da lontano e da vicino e capire cosa c’è sulla pagina? Spostare la vista per poter fare click? Questi sono esempi di dolorosi esperienze con l’interfaccia di navigazione quando i sito non sono ottimizzati per il mobile. Google nel 2015 ha fatto un importante aggiornamento per penalizzare nelle ricerche i siti che non sono ottimizzati per i dispositivi mobile. Questo perché Google vuole fornire la migliore esperienza utente a chi clicca i primi risultati sulle ricerche. Ma, al di là di Google, prova a pensare all’esperienza tri il brand e l’utente che visita il sito non ottimizzato. Puoi davvero permetterti tutto questo? Utilizzare HubSpot CMS per la realizzazione del proprio sito web ovvia questa problematica perché la piattaforma mette a disposizione, oltre ad un editor drag and drop, anche la possibilità di creare un sito responsive, che si adatta cioè ai dispositivi con cui viene visualizzato. 3. Offre una navigazione povera Quando qualcuno arriva sul tuo sito non sa cosa fare? Non sa dove andare? Non sa quale dovrebbe essere il prossimo passo? No, non è un gioco o una presa in giro. Una ricerca di Small Business Trends suggerisce che l’80% dei siti aziendali di B2B non hanno inviti all'azione (una ricerca del 2013, per intenderci). Si perdono clienti perché non si dice al cliente dove andare e cosa fare. Spesso non c’è neppure una frase che parla del valore di quello che si fa e qualcosa che spinga a scoprire di più, come una demo, una sottoscrizione, un’analisi gratuita… Anche sulla barra di navigazione spesso si sono voci che non chiariscono dove si deve andare (“prodotti-servizi-catalogo” per il visitatore potrebbero essere la stessa cosa e non capisce perché tu l’abbia splittato in 3 voci, per esempio). La funzionalità principale di un sito web deve essere legata alla possibilità, oltre di informare il cliente, anche quella di applicare strategie per fare lead generation. Se il sito è caratterizzato da scarsi contenuti, questa possibilità inevitabilmente viene meno. 4. Usa troppi pop-up Troppi poppo interrompono l’esperienza di lettura e possono essere seriamente fastidiosi. Il modo giusto per usare i popup è questo Usali con moderazione; Rendili intelligenti (che mostrano differenti informazioni a seconda del tipo di utente abbiamo davanti); Monitora l’efficacia; Se uno non funziona rimuovili; Usa un linguaggio educato e cerca di deliziare con i testi che presenti; HubSpot, piattaforma pensata per affiancare alla realizzazione del sito aziendale anche la possibilità di utilizzare il CRM, concede ai suoi utenti la possibilità di utilizzare i pop-up in base alle interazioni degli utenti: caratteristica fondamentale per non infastidirli e farli abbandonare il sito. 5. Presenta contenuti multimediali che si eseguono in automatico Shhhhh! non posso navigare su questo sito mentre lavoro! Se qualcuno sta godendo di una navigazione silenziosa e viene bombardato con una canzone o qualcuno inizia a parlare senza premere play e con grosse difficoltà a trovare il pulsante stop…cos pensi farà il tuo visitatore? Alcuni potrebbero essere così veloci nel premere il pulsante “mute” del computer da far loro tirare un sospiro di sollievo. A patto che sappiano individuarlo così velocemente. Per dire, anche Facebook può far partire in automatico un video, ma va sempre in mute e saremo noi a decidere se attivare il volume o meno. Estendi la stesa cortesia che vorresti tu quando navighi altri siti anche sul tuo. Fai scegliere al visitatore se giocare, ascoltare ed interagire. 6. Vanta animazioni che disorientano l'utente Lo sai che sei un beta tester, vero? Un utente deve orientarsi in tre secondi sulla pagina, sennò clicca sul tasto per tornare indietro. Animazioni, video che vanno in automatico, pubblicità ad intermittenza e altri “cazzilli” possono sembrare cool a prima vista, ma se sono troppo invadenti o disorientanti, possono sminuire l’attenzione del visitatore sui vostri contenuti veri. Tenete le animazioni semplici ed evitate di usare pratiche di interruption marketing. 7. Ci sono immagini generiche o di bassa qualità L’utilizzo delle immagini è importante per l’inbound marketing, specialmente se la maggior parte di questa strategia riguarda in particolar modo il content marketing. Così quando si tratta di aggiungere immagini al tuo sito troviamo, nella pagina del chi siamo o del tema, gioielli come questa: Mah…La gente deve pensare che queste persone lavorino nella tua azienda? E che sono sempre felici al lavoro? Questo è un brutto esempio di utilizzo di immagini da banca immagini. Nella migliori delle ipotesi sono immagini generiche. Nel peggiore dei casi sono inutili e non chiariscono nulla al visitatore, non aggiungendo nulla al vostro business. Meglio mostrare immagini reali di clienti, dipendenti, uffici, produzione… E se non ce le hai, seleziona dalle banche dati immagini che abbiano a che fare, in qualche modo, con te e con la tua attività. 8. C’è un modulo di contatto ma non ci sono ulteriori informazioni Il form “contattaci” può sembrare un modo semplice per generare una lista di contatti, ma è davvero meno preziosa di lead generation per i visitatori di un sito. Innanzitutto è terribilmente generica e non indica se il contatto vuole ricevere altre informazioni da voi. Viene compilata solo se loro vogliono un preventivo o delle informazioni su cosa vendete. Ma poi, una volta affrontata la richiesta, il contatto è perso. Soprattutto se non diventi immediatamente un cliente. Non c’è nulla di male ad avere il form “contattaci” sul vostro sito, solo che non dovrebbe essere l’unico canale di comunicazione con i visitatori. È molto probabile infatti che il tuo visitatore non abbia subito bisogno di un aiuto, che non debba chiederti oggi un preventivo. Dai modo alle persone di entrare in contatto con la tua azienda in molteplici modi: il sito web, i social media, Skype, i commenti… più occasioni di contatti generi più probabile sarà attirare l’attenzione, intercettando varie motivazioni. Anche qui ciò che è utile abbinare al proprio sito web è un progetto CRM che ti consenta di avere sempre sottomano le interazioni del contatto con i vari canali di comunicazione aziendale, integrandoli in un'unica piattaforma. Ciò è utile per personalizzare i contenuti del proprio sito, in modo che siano allineati con le esigenze dei clienti. 9. C’è un’incomprensibile pagina chi siamo Hai una pagina che spiega la tua azienda infarcita di luoghi comuni e frasi usati da molte altre aziende o hai inserito un incredibile balbettio sugli affari? Ahi. Pensiamo al chi siamo di HubSpot. “HubSpot aiuta le organizzazioni di diversi paesi a ridurre il tasso di abbandono del sito e ad aumentare quello di conversione per generare ricavi da clienti ad alto valore. Utilizziamo un software per integrare in maniera innovativa tutti i canali di marketing per dare una visione sinergica e strategica dei dati, che determina la priorità delle attività ad alto valore di marketing” Ah?!? Cosa? Il chi siamo vero invece fa così: “Le persone hanno trasformato il modo in cui consumano informazioni, prodotti e servizi, prendere decisioni di acquisto e di condividere le loro opinioni ed esperienze. Il cliente oggi ha il controllo come non mai e bisogna sincronizzare il vecchio modo di vendere con i messaggi di marketing che il cliente incontra. Eppure le aziende si basano ancora sui vecchi metodi di marketing digitali che hanno usato per oltre 10 anni (anzi, a volte proprio niente NdR). La mancanza corrispondenza tra i comportamenti dei clienti e le tattiche delle aziende, è quello che ha portato Brian Halligan e Dharmesh Shah ad iniziare lo sviluppo di HubSpot nel 2006 ed inventare la visione dell’inbound marketing” Va meglio così? E perché va meglio? Perché è scritto come si parla generalmente con le persone. 10. Non è chiaramente spiegato quello che fa la tua azienda Allo stesso modo di una brutta pagina chi siamo, è davvero frustrante arrivare sul sito di una società e non capire rapidamente di cosa si occupano. Ok, diciamocelo: se sei la Coca-Cola magari non ne hai bisogno. Ma tu non sei la Coca-Cola (e se sei la Coca-Cola, chiamami, ho delle idee bellissime per te :) NdR ). La maggior parte delle aziende ha bisogno di rispondere alla domanda del visitatore: “ma sono nel posto giusto per trovare quello che cercavo?” Se i visitatori non identificano quello che fa l’azienda in 15 secondi se ne andranno dal sito. 11. È pieno di parole chiave Ricordate i primi anni 2000 quando andavi in un sito e trovavi paragrafi e paragrafi di testo che ti travolgevano, densi di keyword che venivano ripetuti all’ossessione? Che valore ti davano? Cosa ti dicevano che già tu non sapessi? Quanto ti stancavi prima di trovare l’informazione che cercavi? Beh, molto erano fatti con dei bot automatici che combinavano testi incrociandoli. A volte si ha l’impressione che non sia cambiato molto. I testi riempiti di keyword per tentare di scalare le posizioni della SEO - non funzionano - restituiscono un’esperienza utente pessima. Pensate ai motori di ricerca, ma mettete in primo piano le persone: state parlando con loro. 12. Si è perso i pulsanti di condivisione social nei contenuti Se scrivi davvero per gli esseri umani, è probabile che alcuni dei tuoi contenuti siano davvero interessanti per il visitatore che ci arriva. E se sono davvero ben fatti e utili, è probabile che questo visitatore senta la voglia di condividerli con la sua rete social. E se una persona ha voglia di farlo, nulla di più fastidioso che non trovare i pulsanti di condivisione. Soprattutto in mobile, dove il copia e incolla dell’indirizzo e il cambiare pagina per poi condividerlo, potrebbe non essere l’operazione più comoda. I pulsanti di condivisione social, permettono ai tuoi lettori di condividere i contenuti sui social network, senza copiare l’URL, aprire una nuova finestra per collegarsi con - per esempio - Facebook, incollare e condividere. La facilità della condivisione si tramuta spesso in maggiore visibilità, più traffico al sito, aumento dell'engagement del tuo sito, migliore posizionamento del sito web e più opportunità di lead generation. 13. Non c’è il blog Se non hai un blog, stai perdendo l’opportunità di fornire ai visitatori una tonnellata di informazioni preziose (e hai meno possibilità di posizionarti sulle pagine delle ricerche di Google). I visitatori cercano su Google informazioni sulle questioni che li interessano prima ancora di decidere cosa comprare. Se trovano il tuo blog che spiega loro qualcosa, li aiuta dando un valore, è molto più facile legare questo futuro cliente al tuo brand. Hai mai sentito parlare di inbound marketing? Per approfondimenti ti consigliamo il nostro articolo sull'uso del blog nell'inbound marketing oppure scarica la nostra risorsa gratuita. 14. Utilizza titoli e frasi incongruenti con i contenuti Se sei un appassionato creatore di contenuti, sai bene quanto improntate sia un titolo ben fatto. I grandi titoli sono quelli che inducono le persone a scegliere di leggere quello che hai scritto. Ma se il titolo fa promesse che non contenuto non mantiene, sarà una delusione per il visitatore. Abbandonerà il sito e si farà una pessima idea su di te. Questo è il motivo per cui il click-bait (la pratica molto diffusa sui social di farmi venir voglia di cliccare su un link scrivendo cose al limite dell’incredibile per stimolare la curiosità, salvo poi trovare nel sito un contenuto povero o completamente differente dalle aspettative create) non è il modo giusto di attirare la gente al tuo sito. Se vuoi utilizzare questa tattica, dovresti poi per lo meno produrre post altrettanto incredibili e stupefacenti come le aspettative che hai generato con il titolo. La lezione è: mentre è importante catturare l’attenzione con il titolo, bisogna assicurarsi che non sia fuorviante e non disilluda le attese. 15. Mostra delle call-to-action che non sono in linea con l’offerta Sulla stessa linea dei titoli, potremmo dire la stessa cosa per le Call To action: dovrebbero essere allineate con quello che il visitatore riceve quando ci clicca sopra. Non c’è nulla di più frustrante della promessa di un 50% di sconto nella call to action per poi trovare l’avviso “Se spendi 1000 € 50% di sconto”. Se la condizione è “devi spendere 1.000 €” devi dirmelo già nella call-to-action. Non è solo una presa per i fondelli ai tuoi visitatori ma anche un male per la tua reputazione e non potrà che abbassare i tassi di conversione. 16. Contiene link interni che non sono user-friendly Se fatti correttamente i link interni sono utili per i lettori e per il sito web allo stesso modo. Mostrano ai lettori altre informazioni pertinenti per approfondire i temi sviluppati nella pagina e aiutano a migliorare il posizionamento organico delle pagine importanti del tuo sito. Ma alcuni siti combinano frasi forzate - per i motori di ricerca - con pagine che poco c’entrano con il contesto della pagina da cui partono. Il contenuto diventa difficilmente leggibile con queste forzature, così come risultano inutili gli approfondimenti se si fa click su queste frasi volutamente forzate per attirare l’attenzione dei motori di ricerca. Si dovrebbero includere link interni solo alle pagine del sito che potranno migliorare l’esperienza utente del tuo lettore, per permettergli di comprendere meglio quello di cui si sta parlando. I testi di ancoraggio dei link dovrebbero essere del tutto naturali all’interno. 17. Utilizza slider che si prendono il loro tempo a caricarsi Slider di immagini, conosciuti anche come caroselli, sono un modo per mostrare più immagini nello stesso spazio. Bisogna stare attenti a questi slider, perché, come tutte le cose, c’è un modo corretto e un modo sbagliato di utilizzarli. Modo corretto: il caricamento delle immagini è rapido e non si ricavi tutto ogni volta che si cambia pagina o c’è un click. Le immagini sono pertinenti con quello che il visitatore si aspetta nella pagina e permettono di approfondire il tema trattano in pagine di destinazione a cui ogni immagine è linkata. Modo sbagliato: ogni volta che si fa click sulla freccia per andare all’immagine successiva si carica una pagina completamente nuova. Le immagini sono molto pesanti e ci vuole tempo per caricarle. I contenuti a cui rimandano non sono interessanti per il visitatore della pagina nella quale sono inseriti. Ricorda: più tempo ci impiega una pagina ad essere caricata, più saranno le persone che lo abbandoneranno. Assicurati che le tue pagine si carichino velocemente e che non ci siano degli slider che carichino le immagini insieme alle pagine. I visitatori ci mettono un attimo a decidere di andarsene. Conclusioni Realizzare un sito web con determinate caratteristiche può essere utile non solo a far conoscere la propria azienda e i propri prodotti ma anche di vendere di più e fare lead generation. I siti in Hubspot solitamente hanno un ritorno sull'investimento maggiore perché la piattaforma consente, oltre alla creazione del sito, anche l'abbinamento al CRM per impostare strategie di marketing basate sul comportamento degli utenti per aiutare a far vendere di più. Quello che resta da fare a chi vuol realizzare il proprio sito con caratteristiche che aiutino a vendere i propri prodotti, essere trovati facilmente nella SERP di Google e dare ai propri utenti un livello di user experience elevato è quello di affidarsi ad un'agenzia Hubspot per farsi sviluppare il proprio sito. Image by DCStudio on Freepik
Per processo di vendita, noto anche come ciclo di vendita, si intendono tutte le azioni che un’azienda svolge per proporre i suoi prodotti ai potenziali clienti. Un processo di vendita include una serie di step che devono essere seguiti con attenzione, tutti finalizzati a generare conversione. Per far sì che ci sia però un passaggio da lead a cliente, è necessario che tutte le azioni siano ben ottimizzate. Nulla deve sfuggire al controllo e monitoraggio, ergo tutti i dati delle persone, che potenzialmente interagiscono con l’azienda, devono essere salvati correttamente in un CRM, facilmente consultabile e analizzabile in ogni momento e da tutti i reparti. I processi di vendita possono essere aiutati nelle automazioni anche nei progetti ecommerce. In questo caso lo strumento ideale è l'ecommerce CRM. È fondamentale questo aspetto, perché soltanto attraverso un’analisi dei dati dettagliata, si possono individuare i successivi step da compiere. Ma come riuscire a fare tutto questo? Sicuramente l’automazione può rappresentare un valido aiuto. Approfondiamo ora quali sono le fasi del processo di vendita. Quali sono le fasi del processo di vendita? Ogni azienda, come specificato anche prima, deve seguire delle fasi per la vendita. Essa non può più essere diretta come avveniva in passato, poiché deve seguire il processo di consapevolezza del cliente rispetto a brand e prodotto. Allo stesso modo, quindi, un’azienda, per riuscire a riconoscere i prospect (i clienti potenziali), ha bisogno di tempo, ma soprattutto di dati da analizzare. È un processo di conoscenza reciproca, dove l’azienda conosce meglio il suo target, valuta il suo potenziale e la sua frequenza di acquisto sul sito e, in base a questa, costruisce una o più offerte. Le fasi quindi più importanti di un processo di vendita sono le seguenti: analisi dei clienti potenziali - quali servizi potrebbero interessargli, quali sono i suoi dubbi o problemi; primo incontro con i clienti potenziali - stabilire le modalità del primo incontro (via social o blog) è fondamentale per creare connessione, conoscere meglio il target e capire come costruire l’offerta migliore per lui; creare una strategia di lead nurturing - i prospect diventano potenziali lead con il tempo e se vengono nutriti con mail interessanti, condivisione di offerte personalizzate è più facile fidelizzarli. Questa fase è di accompagnamento nel percorso di decisione di acquisto; condivisione di un’offerta personalizzata - l’offerta deve essere sempre personalizzata sulle esigenze del cliente; gestione del sentiment del cliente - il cliente è sempre mosso da dubbi, incertezze e talvolta sensi di colpa. Bisogna imparare a gestire questa fase, rassicurandolo; vendita - se le fasi precedenti sono state seguite bene, la vendita si farà da sola e senza ulteriori strategie. Come puoi leggere, per vendere un prodotto o servizio a un cliente, bisogna aver costruito una strategia che tenga conto di tutti i punti appena descritti. Come fare però per migliorare il processo di vendita? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. Come migliorare il processo di vendita In un’azienda che genera un fatturato importante potrebbe essere necessario gestire il processo di vendita usufruendo dell’automazione. O almeno questo è il consiglio che diamo a tutte le aziende che desiderano crescere e generare più fatturato. Le piattaforme di marketing automation ti permettono di ridurre i tempi di lavoro, gli errori umani e puoi avere un miglior monitoraggio di tutte le attività svolte in un determinato periodo di tempo. In un processo di vendita ben strutturato, lo studio dei dati e l’analisi delle attività diviene fondamentale per comprendere come muoversi in futuro. Certamente, questa fase diviene più facile se gestita con l’utilizzo di un CRM, in grado di dare una panoramica sempre aggiornata di quello che accade sul sito, sulle piattaforme social e post lancio di una campagna di advertising. Le caratteristiche che un software CRM deve avere sono la capacità di: tracciare le attività dei lead nei diversi canali; gestire il lead score, in linea con i diversi canali; mantenere sempre aggiornati i dati; tracciare le attività commerciali dirette; avere un sistema integrato che permetta di avere una panoramica aggiornata di tutti i dati. Usare questi dati per offrire comunicazioni e offerte personalizzate, in linea con le esigenze dei lead. Hubspot segue questa linea di processo, essendo essa una piattaforma all in one. Utilizzando un CRM come Hubspot, sicuramente il processo di vendita può essere implementato e migliorato. Un progetto CRM ti permette di far crescere la tua azienda, aiutandoti a generare conversioni sulla base di una personalizzazione delle offerte. Questa è possibile soprattutto se hai a tua disposizione tutte le informazioni che ti occorrono per gestire al meglio il tuo lead. Quanto aiuta oggi l’automazione nelle aziende? Automazione Vs processo di vendita L’obiettivo di ogni azienda è generare nuovi lead, ma indubbiamente anche di fidelizzare i contatti già acquisiti. Due attività che devono andare in parallelo e a cui l’azienda deve porre sempre la medesima attenzione. Come riuscire quindi a svolgere queste due operazione in modo ottimale? L’automazione è indubbiamente la risposta. L’automazione ha cambiato e di molto il panorama del marketing e in particolare CRM come Hubspot, hanno saputo introdurre l’Inbound marketing nelle aziende, portando a quest’ultime enormi vantaggi in termini di organizzazione e fatturato. (Riguardo al rapporto tra inbound marketing e vendite ti consigliamo di leggere il nostro articolo sull'inbound sales) Con Hubspot è possibile creare dei funnel mirati, prevedendo reazioni e risposte del target, allo scopo di creare offerte sempre più personalizzate. Conclusioni L’automazione è il prossimo passo verso una crescita importante che puoi far fare alla tua azienda. Un progetto ecommerce CRM potrebbe essere la soluzione a cui affidare il successo del tuo business. Affidarsi a partner Hubspot per iniziare un percorso mirato alla marketing automation è una soluzione. Image by Freepik
Per gestione dei lead o anche lead management si intendono tutti quei processi e quelle attività che hanno l’obiettivo di aumentare il numero di clienti. Ma non soltanto, perché uno degli aspetti poi più importanti della gestione lead è quello di riuscire a mantenere i contatti acquisiti. Per farlo sono necessarie strategie di lead nurturing e converstional marketing di cui parleremo in questo articolo. In questo panorama, nei processi di lead management hanno un ruolo specifico i lead manager. Cosa fa il lead manager? È colui che aiuta l’azienda a capire quale strategia sta ottenendo migliori risultati e come è possibile ottimizzare tutte le attività di marketing, al fine di ottenere risultati efficaci ed efficienti. Il segreto, se così si vuole definire, per non perdere i contatti acquisiti è in realtà poi sempre e solo uno: farli sentire coccolati, dedicargli attenzioni continue e avere sempre pronta una risposta alle loro domande o dubbi. Come fare per gestire i lead senza dedicarsi manualmente a ciascuno di essi? Indubbiamente il CRM può dare un grande aiuto. A questo proposito infatti si parla di processo di automazione, molto importante da introdurre in un’azienda che non ha il tempo di seguire ogni risorsa singolarmente. Approfondiamo nei prossimi paragrafi perché è così importante il lead management. Lead Management: perché è così importante Ogni azienda deve avere consapevolezza dei suoi processi e quindi dei suoi risultati, in modo da essere capace di intervenire, implementando nuove strategie che generino risultati efficaci. La gestione dei lead diviene quindi fondamentale per monitorare il percorso dell’utente, andando a correggere quelle attività di marketing che non generano risultati . Questa attività parte dal presupposto che si deve conoscere bene il lead e assegnargli un punteggio, ovvero una classificazione numerica del valore del lead, nota anche come attività di lead scoring. Cosa si intende per lead scoring? In pratica è uno strumento di marketing che assegna un punteggio a ciascun contatto del database, basandosi su criteri prestabiliti, in modo da poter valutare meglio la sua propensione all’acquisto. Avere una buona conoscenza del lead permette di sapere realmente quali strategie di marketing stanno funzionando e possono portare alla conversione, rispetto a una determinata categoria di persone che interagiscono con l’azienda. Ecco quindi spiegato il perché imparare a gestire i propri lead, diviene importantissimo per un qualsiasi business. Per saperne di più ti consigliamo di leggere il nostro articolo sull'inbound marketing. Ma come riuscire a gestire i lead in modo efficace? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. Gestione dei lead efficace, consigli Una gestione dei lead efficace presuppone, innanzitutto l’adozione di un processo di automazione, che permetta così di rendere ogni attività di marketing - come ad esempio il lead nurturing, la programmazione delle pubblicazioni di blog e social - monitorata. In secondo luogo le attività di lead management sono importantissime per gestire l’avanzamento del ciclo di vendita e quindi il passaggio da lead a clienti potenziali. Ma come fare per gestire i lead efficacemente? Avviare un progetto CRM che permetta di avere sempre sotto controllo il database; allineare reparto vendite e marketing - acquisire un lead è solo la prima fase del processo, chiaramente bisognerà essere capaci di vendergli il servizio o prodotto; affidarsi a un CRM per mantenere puliti i dati. Uno strumento che li mantenga sempre aggiornati è fondamentale per evitare errori che potrebbero decretare la perdita di quel contatto faticosamente acquisito; affidarsi a un CRM per lavorare sui lead in modo efficace. Il lead scoring, in questo panorama, può aiutare molto; affidarsi sempre a un CRM per monitorare le attività di lead generation. Conoscere i canali di marketing dai quali provengono, aiuta a capire più velocemente quali sono più efficaci per l’azienda. Ora che ti abbiamo guidato in questo contenuto verso una maggiore consapevolezza della gestione dei lead, concentriamoci su quali strumenti adottare per aiutarti con il lead management. Strumenti per la gestione dei lead. Non perderti dati importanti Indubbiamente per gestire efficacemente i lead è fondamentale affidarsi a uno strumento che ti permetta di avere sempre tutto sotto controllo, Hubspot CRM rappresenta una valida opzione da prendere in considerazione. Hubspot, come probabilmente avrai letto sul nostro blog ma non solo, è un software di marketing automation all in one, che permette alle aziende di creare, gestire e monitorare le loro strategie di automazione. In un’unica piattaforma si integrano perfettamente le strategie di marketing e vendita. Con Hubspot puoi gestire efficacemente più attività in contemporanea, dal blogging all’advertising e tutto avendo sempre sotto controllo ogni dato. Conclusioni È molto importante non perdersi mai dati preziosi per il successo di una strategia di marketing. Con Hubspot questo pericolo è scongiurato e tutti i tuoi dati sono sempre al sicuro! Affidarti a un’agenzia Hubspot può sicuramente aiutarti a sfruttare tutte le potenzialità di questo incredibile strumento di automazione. Image by ijeab on Freepik
I primi giorni in cui parti con la tua azienda, incontrerai una serie vertiginosa di acronimi: ROI, ARPU, CAC, LTV…solo per citarne alcuni. Un acronimo, tra tutti quelli che incontrerai, è particolarmente importante: CRM. In parole povere, un CRM - Customer Relationship Management, è uno strumento che permette di gestire le relazioni con i clienti . Si riferisce ad un software che tiene traccia delle interazioni con i prospect e i clienti acquisiti. Tutti i CRM memorizzano le informazioni di contatto dei potenziali clienti. Nome, email, numero di telefono, così come ogni altra informazione identificativa che una società sceglie di tracciare. I CRM possono raggruppare più contatti di un’organizzazione in un unico account, che è il record dell’azienda, funzione molto utile ai venditori. Oltre alle informazioni di contatto, i CRM registrano i punti di contatto dei venditori o dei responsabili interni della tua azienda, con i loro prospect o clienti, tenendo traccia delle email, delle chiamate telefoniche, dei messaggi vocali, riunioni o attività svolte. I buoni CRM tengono traccia anche delle offerte e seguono l’avanzamento delle opportunità nei vari stadi, collegandosi a tutte le attività fatte dai venditori per portare a casa il contatto. -> Puoi approfondire nei post del blog: lI CRM strumento di crescita della tua azienda Come sa chiunque abbia mai avuto problemi con la gestione dei contatti, un sistema CRM è uno strumento prezioso per la aziende che vogliono crescere e scalare (leggi: praticamente ogni attività commerciale). Ma d’altra parte è anche un nuovo software, con le sue funzioni e i suoi metodi che bisogna, in qualche modo, far digerire ai dipendenti. Questo, nella maggior parte delle aziende, diventa un ostacolo e un problema: smuovere le abitudini delle persone che per anni - o decenni - hanno sedimentato il loro modo di lavorare in determinate maniere, con determinate prassi e procedure, non è facile e le resistenze, nella prima fase, sono all'ordine del giorno. Ma ne vale davvero la pena? Assolutamente sì. Soprattutto se puoi iniziare con un CRM che ti permette di avere uno dei software più cool e funzionali sul mercato completamente gratis (concentrandoti, quindi, sull'introduzione della tecnologia in azienda senza una dispersione di costi e di tempi che al giorno d'oggi non hanno senso). La nostra scelta è HubSpot CRM. -> Puoi approfondire nei post del blog: 5 ragioni per cui HubSpot CRM è il miglior CRM per la tua azienda; Attivazione di HubSpot CRM, la migliore software selection; 11 motivi per cui hai bisogno di un CRM. 1) Il CRM è un posto centralizzato per memorizzare tutti i dati Nelle vendite, la velocità e la facilità sono fondamentali. Sprecare tempo prezioso a cercare nella posta in arrivo o nella cronologia delle chiamate, per ottenere il numero o le informazioni su un potenziale cliente, stile “quando ci hai parlato l’ultima volta”, è un enorme spreco di tempo per il venditore. Il sistema, senza CRM, diventa anche inaffidabile: se ti dimentichi di aver segnato da qualche parte un punto di contatto con il potenziale cliente, rischi di inviare più volte la stessa email o di fare più volte la medesima telefonata. Un CRM fornisce una registrazione completa e accurata di tutta la cronologia delle interazioni con un potenziale cliente, accessibile grazie ad un solo click. I venditori non dovranno mai ricostruire una linea temporale dei punti di contatto, perché la trovano all'interno della scheda del cliente o del potenziale cliente. I venditori possono anche utilizzare il CRM per visualizzare la propria timeline delle vendite e le opportunità aperte, in coda, avendo la possibilità di sapere sempre se stanno raggiungendo la quota e gli obiettivi di vendita prefissati. Con il CRM il commerciale può filtrare in una vista tutte le opportunità aperte, sapendo in che stadio si trovano, e decidere su quali concentrarsi. La timeline delle interazioni con un contatto in HubSpot CRM 2) Il CRM migliora la comunicazione all’interno di un’organizzazione Oltre a semplificare la vita ai singoli venditori, i sistemi di CRM migliorano anche la comunicazione a livello organizzativo: cosa succede se un venditore sta parlando con un contatto con il quale si era confrontato in modo disastroso un suo collega due anni fa? Cosa succede se si prendono le redini di una zona con un foglio di calcolo di Excel che era comprensibile solo al tuo predecessore? Con un Customer Relationship Management, i venditori possono valutare immediatamente quello che è stato fatto con un prospect e quali sono le prossime attività programmate da altri nei suoi confronti. I tuoi commerciali non dovranno più contattare ogni volta i loro colleghi per sapere se qualcuno ha già parlato con Tizio, fatto un preventivo a Caio o per sapere se Sempronio aveva comprato in precedenza. 3) I CRM semplificano la vita dei manager Un altro vantaggio a livello di organizzazione: i CRM standardizzano il modo in cui la rete di vendita tiene traccia delle attività e delle interazioni con i potenziali clienti, il che semplifica la lettura da parte del manager di quello che accade. Senza un CRM, differenti addetti alle vendite possono seguire le attività e tenerne traccia in modo differente: questo rende molto difficile per il manager formare un quadro coerente sul quale riflettere e fare analisi. I CRM rendono uniforme l’immissione dei dati, che tradotto significa che i manager possono facilmente combinare e analizzare i dati per comprendere “la salute” generale del team vendite. Mantenere costante la registrazione delle attività di vendita all’interno del CRM riduce anche l’attrito quando un contatto passa da un venditore all'altro, si cambia di territorio o si riassegna un’opportunità. Non solo si riescono a prendere decisioni con considerazioni pertinenti, ma saranno agevolazioni anche per la forza vendita. Puoi approfondire nei post del blog: 4 funzioni immancabili di un CRM che ti semplificano la vita 4) È uno strumento scalabile per una crescita sostenibile Potresti chiedete: posso fare tutto quello che faccio con un CRM con un foglio di calcolo Excel che tengo aperto tutto il giorno? Con quattro o cinque clienti è possibile tracciare manualmente ogni interazione. Ma prova a proiettarti in avanti di 3-4-5 anni da adesso: presumibilmente desideri triplicare o quadruplicare le entrate e il tempo che dovranno passare i tuoi venditori a registrare le informazioni sui prospect finirà per riempire le loro giornate. Inoltre, cosa succede se vuoi analizzare l’attività dei venditori per capire quali strategie e punti di contatto funzionano meglio? O se vuoi capire quanto efficace è il lavoro della forza vendita? Recuperare dati da più fonti per portarli in un unico framework è un'attività lunga, dispendiosa e non priva di forti possibilità di errori. In definitiva c'è una domanda molto semplice che dovresti porti se stai considerando di adottare un Customer Relationship Management o se sei arrivato fino a questo punto del mio post senza aver ancora deciso: vuoi far crescere la tua attività? La tua capacità di riuscirci dipende dal contattare i tuoi potenziali clienti negli intervalli giusti di tempo, fornendo loro informazioni pertinenti nel giusto momento e conoscendo chi hai dall'altra parte durante una trattativa: per scalare queste capacità e farle diventare patrimonio aziendale hai bisogno di un CRM. 5) Un CRM fornisce una visione in avanti della tua attività Nel contesto dell’utilizzo dei dati, abituato dalla gestione del tuo ERP o dei tuoi programmi gestionali, potresti considerare il CRM come una prospettiva futura (nel tuo flusso di entrate) anziché in una visione storica delle entrate. Il CRM è anche una visione futura delle tendenze e degli eventi che guideranno gli indicatori delle tue entrate e delle tue metriche di profitto. L'amministratore delegato e il direttore finanziario possono utilizzare i cruscotti CRM per monitorare questi indicatori principali. Possono cercare di capire come si procede alla lead generation, alla creazione di opportunità o il valore della pipeline con tutte le opportunità, per individuare i primi indicatori di possibili problemi o tendenze di crescita verso il futuro. Ciò consente un approccio proattivo alla gestione del business. Il direttore commerciale ha accesso allo strumento di reporting delle vendite. Qui vedono le attività di singoli venditori o del team e tracciare problemi che potrebbero influire sulle entrate, come la copertura del territorio, le attività di chiamate ai clienti, i tassi di conversione anticipata e i tassi di chiusura delle opportunità. Il direttore commerciale e la rete vendita sono quelli interessati alle funzioni di Sales del CRM, quelle che aiutano, con strumenti specifici, l’attività commerciale. Il responsabile marketing deve tracciare le attività e le campagne di marketing, e con un progetto CRM attivo può adeguare il piano di marketing in base al successo o al fallimento di queste attività. Utilizzando lo stesso strumento per misurare l’andamento dell’azienda, gli obiettivi del marketing saranno completamente allineati a quello delle vendite. Solo che gli strumenti prediletti saranno quelli del marketing. Un responsabile del servizio clienti può vedere quale delle persone del team è più efficiente nel chiudere i casi dei ticket aperti dai clienti, essere avvisato quando dei problemi superano il tempo previsto per la chiusura e monitorare l’evoluzione delle problematiche aperte. Associando queste funzioni a sondaggi dopo la chiusura, bot per l’assistenza automatica sul sito e altri strumenti dedicati al service, a quelle base del CRM, la copertura sull’intero processo di gestione del prospect-lead-cliente, viene centralizzato in un unico software e permette di costruire una scheda cliente ricca d’informazioni. 6) Il CRM fornisce una maggiore capacità di crescita della tua attività La prospezione del mercato non è solo un'attività commerciale: è un insieme di attività manuali e automatizzate su più canali, che si traducono in un vantaggio o un'opportunità di vendita. Puoi utilizzare CRM per acquisire lead dal tuo sito web, dalle campagne email, portarli da seminari, webinar, conferenze o fiere e inviare i lead direttamente ai tuoi venditori, utilizzando anche delle regole automatiche, basate sull’anagrafica o sui comportamenti/interazioni con social/sito/newsletter o compilazione dei form presenti all'interno delle landing page. È possibile utilizzare il CRM per indirizzare i venditori alle attività di cross-selling o up-selling. È possibile utilizzare il CRM per identificare nuovi prodotti o opportunità di mercato. È possibile utilizzare CRM per migliorare semplicemente l'efficienza delle telefonate ai prospect. in modo che già con le telefonate si possano aumentare la creazione di opportunità. Sempre più spesso, le aziende di successo rivolgono all’inbound marketing, che è l'uso del sito Web per alimentare le liste di clienti potenziali e qualificarli. 7) Replicazione delle migliori pratiche Avrai indubbiamente qualche idea su come vuoi coinvolgere i tuoi clienti per le azioni di marketing o di vendita. E, probabilmente, coinvolgendoli, vorrai assicurarti di offrire loro un'esperienza cliente coerente e di alta qualità. I sistemi CRM possono essere utilizzati per incorporare i migliori processi di vendita o di assistenza, che guideranno le persone attraverso l'interazione con i clienti. I modelli possono essere creati e utilizzati per guidare le persone attraverso processi anche complessi, garantendoti l’aderenza con i modelli relazionali che vuoi predisporre per la tua azienda. L'automazione del flusso di lavoro può essere utilizzata per automatizzare le attività e garantire che vengano seguite le best practice, riducendo al contempo il carico amministrativo della gestione del CRM. Le procedure, dettate dal software, sono il cuore di un Customer Relationship Management che viene implementato con successo all’interno di un’azienda. 8) Fare di più con meno (risorse, problemi, personale) Una delle ragioni principali per acquistare un CRM, per molte aziende, è che si vorrebbe seguire meglio tutti i clienti e poter utilizzare le informazioni per ampliare il raggio d’azione “fuori dal giro”. Ad esempio, può capitare che l'80% del business di un’azienda provenga dal 20% dei clienti che si conosce molto bene. Tuttavia, non si ha spesso idea di cosa stia facendo l'altro 80% dei loro clienti e si pensa che ci possa essere un’opportunità di crescita riuscendo a coinvolgerli maggiormente. Molte organizzazioni vorrebbero trovare modi efficienti per accedere al business nella coda lunga dei loro mercati, sia andando a massimizzare le possibilità di vendita sul parco clienti attuale, sia esplorando nuovi segmenti di mercato. Attraverso la marketing automation e il CRM è possibile rendere profittevole la lunga coda, che altrimenti sarebbe troppo costosa / inefficiente da seguire per le risorse della propria organizzazione. La capacità del tuo team vendita di destreggiarsi tra un numero sempre crescente di compiti, opportunità, casi, comunicazioni e informazioni è in pericolo senza gli strumenti giusti. Il CRM è fondamentale per aiutarli a gestire il loro mondo complesso, senza far cadere la palla. 9) Il CRM semplifica la gestione del rischio con i dipendenti Un cliente raccontava la storia di un rappresentante che se n’era andato e, dopo che il nuovo rappresentante ne prese il posto, l’azienda scoprì che c’erano numerosi potenziali clienti, molti più di quelli individuati in precedenza, che non erano mai più stati contattati. Perché? Ovviamente perché il nuovo venditore non poteva sapere cosa aveva fatto quello prima di lui. Quando abbiamo un venditore o un punto di contatto per il servizio ai clienti, ci vogliono letteralmente pochi secondi per riassegnare clienti, prospect, opportunità e compiti a diversi agenti addetti alla vendita o al supporto. Questo ci consente di fornire un trasferimento continuo di responsabilità senza far cadere la palla. Quanti casi ci sono di aziende in tribunale perché un dipendente, prima di andarsene dall’azienda, ha scaricato la lista dei clienti e l'ha portato con sé? Il CRM può aiutare a tenere traccia di tali eventi e fornire una pista di controllo per facilitare la protezione delle informazioni sensibili. È una delle funzioni che, quando utilizzi HubSpot CRM, impari per prima, essendo correlata alla creazione di un utente del CRM: la richiesta che viene fatta è sul tipo di permessi sull’accesso alle varie sezioni del programma. 10) Intimità con il cliente Creare “intimità” con il cliente significa personalizzare i tuoi prodotti, servizi e anche i tuoi processi di coinvolgimento, per adattarli all'attività o al settore industriale di un cliente. Per molte aziende, in particolare per le piccole e medie imprese, questo è un modo efficace per competere in un panorama molto difficile, sempre molto affollato. Il CRM può acquisire informazioni dettagliate sui clienti e i loro comportamenti e consentire attività di marketing, sviluppo del prodotto e vendite mirate. Può consentirti di creare l'illusione del tocco personale in ogni interazione con il cliente, per farlo sentire speciale e coccolato. Guardala in questo modo: pensi davvero che il tuo dentista ricordi il tuo compleanno, o pensi che abbia un software che glielo dica? Pensi che sia una coincidenza che gli annunci di Google ti mostrino cose correlate al tuo interesse o pensi che abbiano dei software che lo fanno? Il CRM può dare ai clienti l'impressione di comprendere le loro esigenze e preferenze - in modo scalabile per consentirti di ricordare queste cose per migliaia di clienti in qualsiasi momento. E gestire le comunicazioni in automatico. 11) Ideale anche per chi ha un ecommerce Per i nostri ecommerce manager, affiancare al loro progetto ecommerce un sistema CRM può essere fondamentale per aumentare il fatturato del loro sito. Per questo infatti si parla di ecommerce CRM per riferirsi ad un CRM integrato con le piattaforme per la creazione di negozi online. Facendo l'esempio di Hubspot, esso possiede una integrazione nativa con piattaforme come Shopify mentre per altre, come BigCommerce, è possibile la data integration tramite lo sviluppo di connettori. Ciò significa che i prodotti saranno direttamente sincronizzati con il sistema CRM e gli ordini sono visualizzabili all'interno della pipeline. Tutto ciò può essere usato per creare azioni mirate di marketing a chi ha acquistato un determinato prodotto e possono essere usate per targetizzare in modo migliore i lead. Per ulteriori informazioni ti consigliamo di leggere il nostro articolo sull'ecommerce CRM. L’errore da evitare per non scegliere il CRM sbagliato Convinto che un sistema CRM possa giovare enormemente alla tua azienda, viene il momento di scegliere quale, tra i molti software in commercio sia il più adatto alla tua azienda. Purtroppo, il 60% delle implementazioni di un CRM falliscono. In primis, perché la scelta del CRM aziendale non avviene sulla base delle necessità dei loro portatori di interessi, ovvero chi li utilizza per diverse attività: i responsabili commerciali, gli addetti marketing e i venditori. Fornire a tutti gli interessati i tool di cui hanno bisogno, è uno degli aspetti più critici di qualsiasi CRM. Gli utilizzatori finali sono i commerciali. Tuttavia, è assai frequente che le priorità dei manager abbia la precedenza sui venditori. Il punto più importante per una corretta valutazione è ricordarsi che la complessità ha effetti diversi su gruppi differenti. Ogni utente ha una tolleranza diversa alle complessità dei sistemi software. I commerciali, che hanno bisogno di un veloce accesso alle informazioni sui clienti e che occasionalmente si trovano ad operare in circostanze non ottimali, hanno una bassa tolleranza ai sistemi complessi. La produttività del team vendite dipende dalla capacità di eliminare la complessità e le attività non pertinenti. Questa necessità di semplicità deve essere rispecchiata nel sistema CRM. I commerciali spendono così tanto tempo ogni giorno su questo sistema che ogni piccola complicazione ha effetti sulla produttività complessiva. Al contrario i manager, gli addetti al marketing e altri coordinatori hanno una maggiore tolleranza ai sistemi complessi perché sono abituati a lavorare su dati dettagliati e report aggregati. Essi hanno necessità di essere particolarmente attenti all’impiego di tempo dei propri venditori e di scavare a fondo nei dati disponibili sul CRM. Poiché devono estrapolare informazioni dai dati e non devono operare in tempo reali con i clienti, il passo del loro lavoro può essere più lento. I responsabili vendite sono a metà strada. Sono sufficientemente in contatto con i clienti finali e i loro agenti da aver necessità di accedere a dati in tempo reale. Allo stesso tempo devono poter elaborare report ed effettuare analisi. Hanno bisogno di funzioni di reporting facili da usare e personalizzabili e che possono essere aggiornate in continuazione. Per non scegliere un CRM sbagliato affronta le necessità degli utenti più vulnerabili per primi, quelli più intolleranti alle complessità. Ne trarrai giovamento in termini di produttività e velocità di adozione, ciò che serve alla tua azienda per vendere di più. Alcune aziende mettono a disposizione dei periodi di prova dei software, oppure forniscono dei CRM gratuiti. Può essere un pratico modo per valutare meglio la complessità o meno di utilizzo e la presenza di funzioni adatte alla tua azienda.
Quando si parla di produttività aziendale, la maggior parte delle volte, ci si riferisce alla gestione degli spazi in azienda e al conseguente stato di benessere mentale dei dipendenti, senza però concentrarsi su di un aspetto altrettanto importante, ovvero come massimizzare la produttività del team. Indubbiamente la realizzazione di un luogo di lavoro positivo, caratterizzato dalla presenza di molta luce e con spazi d’ufficio ben organizzati, contribuisce al miglioramento della produttività, ma ciò che fa la differenza è come viene organizzato il lavoro. Il ruolo del CRM, in questo panorama, diviene quindi molto importante. Il CRM - Customer Relationship Management - assume un ruolo centrale in un’azienda che vuole diventare competitiva sul mercato, in quanto permette, attraverso il monitoraggio dei dati, di capire cosa debba essere migliorato nel processo di lavoro. Questa consapevolezza, per nulla scontata, che dovrebbero avere i dipendenti di un’azienda, consente una reale massimizzazione della produttività, perché le azioni possono essere automatizzate e, di conseguenza, c’è più tempo per pensare alla strategia. Aumentare la produttività aziendale: come farlo Come abbiamo specificato nel precedente paragrafo, il CRM, contribuisce a migliorare i ritmi di lavoro, aumentando la produttività del team. Ma quali sono le funzioni principali del CRM che implementano le attività aziendali? Gestione avanzata dei contatti; gestione avanzata delle vendite; previsioni di vendita accurate; creazione di report affidabili; miglioramento del customer care. Avere attivo un progetto CRM permette di avere una panoramica dettagliata di tutte le azioni interne ed esterne all’azienda. Risorse e tempi di lavoro vengono ottimizzati e diviene quindi possibile concentrarsi di più sulle attività strategiche e su cosa bisogna fare per ottimizzare il passaggio da lead a contatto. Il principio di base è che se si studiano e analizzano i dati del CRM, è più semplice capire cosa vuole il cliente dall’azienda e, di conseguenza, anche le azioni di marketing da compiere e i relativi funnel da costruire, diventano più semplici da strutturare. Inoltre, se tutti i membri del team sanno esattamente cosa fare, è più semplice collaborare per un obiettivo comune e lavorare in modo produttivo e allineato. Un efficace CRM: migliora la relazione tra azienda e cliente; aiuta a strutturare una comunicazione chiara; permette di raccogliere in modo più efficiente i feedback. Ogni azienda dovrebbe adottare il CRM per le sue attività, incentivando i dipendenti con la formazione sullo strumento e incoraggiandoli a usarlo per una migliore collaborazione tra reparti. Una funzione del CRM molto importante è quella che aiuta a migliorare il customer care. Scopriamo di più in proposito nel prossimo paragrafo. Migliorare la produttività aziendale migliorando il customer care Il customer care è, di solito, un aspetto poco curato dalle aziende, sebbene siano consapevoli che si tratta di una grave disattenzione. Chiaramente, in un panorama aziendale dove è necessario interagire con centinaia di clienti al giorno, l’utilizzo dei bot - per esempio - diventa necessario. Ma quando l’obiettivo diventa la fidelizzazione del cliente bisogna fare attenzione ad altro. In un CRM è possibile tracciare tutto il percorso fatto dall'utente che richiede assistenza, tutto questo all'interno di un pannello dove sono riportati: quante volte un cliente ha visitato il nostro sito; cosa ha fatto sul nostro sito e per quanto si è trattenuto; quale sezione visita più spesso in un mese; se interagisce con i nostri contenuti (blog, mail, post social etc.); Prodotti acquistati; Note inserite dagli altri membri del team; Mail ricevute; Molto altro... Ogni reparto ha così chiaro cosa bisogna fare per entrare in contatto con quel cliente, come bisogna parlargli e su cosa bisogna puntare per farlo ritornare sul sito. Risparmiando tempo nella gestione del customer care può essere impiegato per altre attività, migliorando produttività ed effiecenza. Produttività personale e produttività in azienda Come spiegavamo anche all’inizio di questo articolo, indubbiamente la produttività personale di un dipendente è legata all’ambiente in cui lavora e al clima che respira in azienda, ma riguarda anche gli strumenti che gli vengono messi a disposizione per svolgere il suo lavoro in modo preciso e puntuale. Il CRM limita e di molto gli errori umani, quindi attività che prima era manuali, come ad esempio la raccolta dati, oggi diviene automatizzata con questo strumento. Chiaramente, le persone che lavorano con il CRM devono sentirsi incentivati a utilizzarlo e devono concepirlo come un alleato per rispondere più adeguatamente alle esigenze evolutive dell’azienda. Un’azienda che vuole restare al passo con il mercato deve sfruttare tutte le potenzialità che può offrire il CRM per migliorare il lavoro di tutti. Inoltre, i CRM oggi come Hubspot, permettono l’integrazione con altri software che vanno ancora di più a migliorare le potenzialità di questo strumento. Una piattaforma all-in-one, una quindi che comprenda già di suo tutte le funzioni necessarie per fare Inbound Marketing, è però consigliabile come soluzione per gestire efficacemente il lavoro di ogni reparto. Possiamo dire che i vantaggi dell’adozione di un progetto CRM per un’azienda sono i seguenti: favorisce la crescita dell’azienda e dei suoi dipendenti; raccoglie informazioni precise in merito a ogni cliente; consente di comprendere su quali clienti focalizzarsi; permette di costruire offerte personalizzate; migliore il follow up delle trattative di vendita; aiuta a reagire prontamente ai cambiamenti del mercato; automatizza processi e azioni. Produttività aziendale: conclusioni Un’azienda che oggi voglia ritenersi davvero competitiva sul mercato, dovrebbe adottare il CRM per migliorare processi e attività in azienda. Vuoi conoscere più da vicino tutte le potenzialità di Hubspot? Affidati a un’agenzia Hubspot e inserisci il CRM nei tuoi processi. Image by standret on Freepik
Come ogni realtà sociale, anche il marketing è cambiato, sta cambiando e cambierà. Perché? Perché le persone cambiano. Variano i loro interessi e le loro priorità, e dunque la modalità di esecuzione dei loro rapporti interpersonali. E i rapporti tra venditore e acquirente sono cambiati enormemente negli ultimi decenni: con l'avvento di Internet il paradigma unidirezionale che vedeva il venditore come unica parte attiva del processo si è completamente disgregato in molteplici sottosistemi relazionali, che possono variare da situazioni di equità, dove ad un primo passo del compratore segue una risposta del commerciante, a circostanze in cui tutto ruota attorno all'iniziativa del cliente, come nel caso degli e-commerce. Una cosa è certa: l'azione del cliente ha assunto maggior rilievo, essendo in grado di informarsi da solo. E chi pratica il marketing tradizionale, senza considerare questo fatto rivoluzionario, è destinato poco alla volta a venir raggiunto e sorpassato da quei venditori illuminati che hanno abbracciato il web come loro terreno di caccia principale, sfruttando a loro vantaggio questo radicale cambiamento di ottica. Vediamo perché il marketing tradizionale, conosciuto anche come outbound marketing, è diventato obsoleto. E già che ci siamo osserviamo anche come si comporta l'inbound marketing, strategia innovativa e per molti versi opposta ad esso, nelle stesse situazioni. Cos'è il marketing outbound? Con outbound marketing ci si riferisce a tutte quelle pratiche di tipo tradizionale che sono usate per conseguire obiettivi di marketing mettendo al centro i prodotti e i servizi su cui basare la comunicazione, senza tenere in particolare considerazione quello che realmente vuole il cliente (orientamento customer-centrico). L'outbound marketing, spesso assimilato all'interruption marketing, si contrappone alle pratiche dell'inbound marketing e, anche se non ne è una pratica consigliata da chi vuol fare marketing con poche risorse, è spesso usata in maniera complementare. Il marketing outbound è quindi la tipologia di marketing che più è presente nell'immaginario collettivo. Esso infatti viene usato tramite mezzi come: televisione, giornali, radio, ecc... Anche nel web è frequente l'uso di pratiche di marketing outbound grazie ad esempio all'invio di email massive, a campagne pubblicitarie tramite social o Google. Per sintetizzare il significato delle pratiche di outbound marketing è: sperare di attirare l'attenzione di un utente tramite un messaggio lanciato. Questa speranza possiamo definirla tale perché questo tipo di pratiche solitamente non hanno tassi di conversione così elevati. Le caratteristiche dell'outbound marketing (svantaggi) Avendo fatto una breve introduzione sul significato di outbound marketing, andiamo ora ad analizzare le caratteristiche che sono proprie di questa categoria di marketing. L'outbound marketing infastidisce le persone L'outbound marketing si contraddistingue da una linea d'azione definita push, ovvero una strategia di marketing iperaggressiva, volta a non guardare in faccia nessuno e con l'unico obiettivo di vendere il proprio prodotto: un esempio sono le classiche telefonate a freddo, che puntualmente ci interrompono nei momenti meno opportuni. Ecco, ditemi che non vi verrebbe da mettere giù il telefono a prescindere, non appena sentite partire un operatore che recita a macchinetta la sua battuta d'attacco, proponendovi di acquistare un qualche improbabile prodotto o di usufruire di servizi dei quali non avete bisogno. Questo è quello che fa generalmente l'outbound marketing: cattura a tradimento la vostra attenzione, e spera che tu abbia un minimo interesse in quello che ti viene proposto, contando di recuperare una percentuale minima di successi su un numero altissimo di tentativi. Il marketing outbound ha costi elevati Un dettaglio molto punitivo del marketing tradizionale sono gli elevati costi di partenza per una qualsiasi campagna pubblicitaria: essa significa manifesti, spot, fiere e altre soluzioni che sottintendono discreti investimenti, senza ovviamente la minima di garanzia di un ritorno di qualche genere. Se la campagna per cui hai speso un bel gruzzolo non dà i suoi frutti, ti ritrovi con un bilancio in perdita e niente di utile tra le mani: se nessuno compra il tuo prodotto, hai irrimediabilmente fallito. L'outbound marketing non mette il cliente al primo posto Il fulcro dell'analisi iniziale, come abbiamo visto, è stato sulla sempre più accentuata libertà d'azione del cliente, in particolare sulla sua capacità di informarsi in modo autonomo. L'outbound marketer non ha recepito questa informazione, e continua imperterrito a pretendere di essere il direttore dei giochi: in realtà, non avendo più il monopolio della conversazione con l'interlocutore, spesso succede che quest'ultimo non si dia neanche la pena di far finire la proposta al venditore per troncare il discorso senza troppe cerimonie. Questo succede per una motivazione già accennata in precedenza: mettendo in risalto il prodotto e non il cliente, si incorre nel rischio (elevatissimo) di non generare nessun tipo di interesse. Puoi anche presentarmi il prodotto più sbalorditivo del mondo, ma se al momento non ne ho bisogno non lo comprerò. Il marketing outbound ha una durata limitata Un altro limite del marketing tradizionale è il fatto che miri sempre e solo alla vendita, che è da concludersi il più velocemente possibile: questo significa che una volta chiuso un affare, il relativo cliente è stato esaurito, tranne in pochi casi in cui di offre un servizio rinnovabile. In ogni caso, un unico cliente non può fornire più di una certa percentuale di guadagno. In una mia bizzarra metafora, questo tipo di compratore è un terreno coltivabile sfruttato in modo intensivo, che ha dato tutto ciò che poteva ed ora non può generare altro utile. Al limite, potete sempre metterlo a maggese. L'outbound marketing ha una portata relativamente ridotta Anche se negli ultimi anni il web sta venendo riconosciuto universalmente come campo fertile per il marketing, l'outbound rimane ancorato alle soluzioni ormai poco efficaci e costose citate in precedenza: fiere e manifesti. Queste idee possono tornare utili in determinate situazioni e particolari momenti, ma con alle spalle un'attenta pianificazione e un sostegno mediatico di un certo peso: al giorno d'oggi, sicuramente non possono essere l'unico mezzo per una campagna di marketing efficace, per via dei costi elevati e della loro dipendenza dalla presenza fisica delle persone. Per non parlare della longevità dei contenuti: una fiera ha una durata ben precisa e i manifesti vengono rimossi (o chissà quale altra brutta fine fanno), mentre contenuti dell'inbound maketing come un articolo su un blog o un ebook scaricabile resteranno disponibili per un tempo indefinito. Si può usare l'outbound marketing o meglio usare l'inbound? Nonostante ci siano molti svantaggi nel suo uso, molte imprese usano strategie di outbound marketing. Allora questa tipologia di marketing ha qualche vantaggio per cui può essere usata? La risposta è Si, ma vanno valutate alcune cose. In primis andrebbe valutato l'obiettivo della strategia di marketing: se l'obiettivo è fidelizzare la clientela, si è totalmente fuori strada perché l'outbound è totalmente un'altra cosa. Se gli obiettivi invece sono legati alla lead generation oppure all'aumento della brand awareness pratiche di questo tipo possono avere un senso e portare vantaggi, soprattutto se la tua impresa è occupata nel lancio di nuovi prodotti oppure è appena entrata nel mercato. Una nuova impresa infatti può riscontrare delle utilità in questa tipologia di marketing, perché permette di arrivare ad un alto numero di utenti in breve tempo, sebbene con costi elevati. Le imprese più consolidate spesso non usano affatto l'outbound marketing e preferiscono affidarsi piuttosto alla metodologia inbound. Quelle appena entrate sul mercato invece, dovrebbero combinare strategie di marketing outbound con una struttura inbound per far sì che gli sforzi economici impiegati possano portare risultati anche nel lungo periodo e usufruire del marketing di Hubspot, vero inventore dell'inbound. Per approfondimenti è ti consigliamo di leggere il nostro articolo sulle differenze tra inbound marketing e outbound marketing. Conclusione Dunque, eccoci. L'outbound marketing è sicuramente un modo di fare marketing che porta con sé molte problematiche. Ma occorre fare una precisazione: nonostante la sostanziale inferiorità rispetto all'inbound marketing, alcune soluzioni non sono incompatibili. Certo, gli approcci dell'uno e dell'altro non posso coesistere, ma nulla vieta di lanciare una campagna inbound appoggiata da una fiera, o messa in luce da manifesti nel caro vecchio mondo reale. Certo, queste soluzioni alzano parecchio il costo dell'operazione, ma non sono assolutamente fondamentali: era solo per dire che nulla vieta a qualcuno pieno di soldi (che intenda massimizzare le sue potenzialità di guadagnare visibilità) di fondere le due strategie. Detto ciò, chiariamo che l'inbound più puro si affida solamente al web, e sfrutta strategie SEO e una buona conoscenza del proprio Buyer Persona per attrarre più visite possibile (tutte interessate in partenza dall'argomento) sul proprio sito e verso i suoi contenuti. Vuoi vedere come fa? Image by master1305 on Freepik
Che cos'è una campagna di inbound marketing? Una campagna di Inbound Marketing è una strategia alla portata di tutti in grado di migliorare i risultati del marketing fatto su web. Si propone come un quadro di riferimento per gestire le attività volte alla generazione dei contatti via web in modo coeso. Per utilizzare tutti i canali e sfruttarne tutte le potenzialità. Prima di entrare nei dettagli, però, è d'obbligo qualche breve accenno storico, per rendersi conto dell'età e dell'evoluzione nel tempo di questa tecnica di business. La storia delle campagne inbound La metodologia inbound è stata ideata nel non così lontano 2009 da Brian Halligan, co-fondatore e CEO di HubSpot, l'azienda con sede a Cambridge (Massachusetts) che ha assemblato l'omonimo software proprio per gestire al meglio una campagna di questo tipo. Sempre del 2009 è Inbound Marketing: Get Found Using Google, Social Media and Blogs , la prima apparizione editoriale del termine, scritta dallo stesso Halligan con la collaborazione di Dharmesh Shah, suo socio e co-fondatore di HubSpot, e David Meerman Scott, grande esperto di tecniche di marketing che ha molto contribuito alla successiva pubblicizzazione della metodologia. Oggi HubSpot si è evoluta fino a diventare uno dei punti di riferimento a livello mondiale dell'innovazione nel campo delle campagne di marketing, grazie agli strepitosi risultati dell'inbound, che è inoltre apprezzato tanto dai commerciali - poiché vedono il loro lavoro di molto semplificato - quanto dai clienti, che possono godersi un'esperienza d'acquisto eccezionale. Che cosa caratterizza una campagna di inbound marketing? Partiamo prima dall'inbound marketing: come si può, dunque, semplificare il lavoro al commerciale, rendere soddisfatto il cliente e allo stesso tempo ottenere un incremento di fatturato? Il tutto nasce da un radicale cambio di prospettiva: anziché mettere in primo piano il prodotto e investire tempo e risorse per pubblicizzarlo ad un pubblico il più esteso possibile, la strategia inbound parte dal cliente e dai suoi interessi principali, mirando a contattare solamente il target di potenziali clienti scelto per la campagna. Pertanto possiamo concludere che, a differenza di quello che viene definito outbound marketing (o marketing tradizionale), una campagna di Inbound Marketing, innanzitutto, parte dal cliente. Così come l’Inbound Marketing è fatto per attirare clienti e non disturbarli, la campagna inbound tiene conto di ogni stadio del funnel di vendita per generare contatti nuovi, quindi fare lead generation, ed interessati e trasformarli in clienti soddisfatti offrendo contenuto rilevante e coinvolgente. Tutto questo attraverso la creazione di contenuti e offerte in linea con i desideri del cliente. Una campagna inbound fa inoltre utilizzo di strumenti integrati, come sono i customer relationship management, o CRM, per creare un’esperienza armoniosa e personalizzata per il cliente nei vari canali, con conseguenti risultati migliori sia per il marketing che per le vendite. Qualsiasi campagna può essere una campagna inbound. Un evento, una fiera, un lancio di prodotto o un webinar… il quadro di riferimento è sempre valido. Per comprendere meglio questo procedimento, è necessario comprendere gli strumenti dell'inbound marketing. Il Buyer Persona Il primo studio necessario per una campagna è la redazione di un Buyer Persona, ovvero lo schema riassuntivo che ritrae la personalità del tuo cliente ideale, con tanto di nome e cognome, interessi, bisogni, dati demografici e sfide personali. Questo concetto sorpassa quello più classico di target (leggi per approfondimenti il nostro articolo sul rapporto tra target e buyer persona), decisamente sterile e generico, permettendo all'esperto di marketing di comprendere le reali pulsioni del prospect. Per entrare nella mente di un potenziale cliente - perché è proprio di questo che si tratta - occorrerà conoscere molto bene il business di riferimento per anticipare i suoi bisogni, al fine di creare un'offerta che agli occhi del potenziale cliente sembrerà esser stata creata apposta per lui. Il Buyer's Journey Una volta studiato il Buyer Persona, sarà il momento di creare un percorso di marketing che rispetti le sue aspettative, che si tratti di fornirgli semplici informazioni o di proporgli un'offerta d'acquisto: questo viaggio dell'acquirente è appunto definito Buyer's Journey, ed è rappresentato idealmente da un imbuto suddiviso in fasce. Queste fasce rappresentano l'intensità dell'interesse del visitatore: Nella parte più alta e vasta dell'imbuto (top of the funnel) l'interesse è sopito, e per lo più si daranno informazioni volte a stimolare la curiosità del visitatore: articoli del blog, ebook e link a notizie interessanti sono tra i contenuti più utilizzati in questa fase; Nella zona intermedia dell'imbuto (middle of the funnel) il prospect - ormai lead consapevole di ciò che sta cercando - cercherà conferme a quella che pensa sia la soluzione ideale per lui: entrano in gioco confronti tra diverse opzioni, schede di valutazione e FAQ (Frequently Asked Questions); Infine, la sezione finale dell'imbuto, nonché la più ristretta (bottom of the funnel), è quella in cui arrivano solamente coloro che hanno già compiuto la loro decisione e devono solo scegliere a chi rivolgersi: per accaparrartelo, la soluzione migliore è sfruttare consulenze gratuite e case history; Come si struttura una campagna di web marketing con l'inbound La metodologia inbound si basa su alcuni elementi fondamentali dell'inbound marketing: il buyer persona, il buyer’s journey e il processo di conversione, riassunti nello schema sottostante. La campagna quindi tiene conto di tutti e tre questi elementi e li suddivide in una serie di compiti da realizzare per portare avanti in modo coeso le varie attività dalla progettazione alla misurazione dei risultati. Step 1: prepara la campagna inbound e scegli un team completo Una campagna di inbound marketing non è questione di investimenti importanti o pubblicizzazioni imponenti: l'esito sarà dipendente dalla qualità dei contenuti - e dalla loro coerenza con i bisogni del Buyer Persona. (per approfondimenti ti consigliamo il nostro articolo sul content marketing) Per questo motivo, è fondamentale avere al proprio fianco un team composito e creativo, che comprenda conoscitori dei social, grafici, esperti SEO e specialisti del marketing: il brainstorming è una pratica molto comune per gettare le basi di una campagna di questo tipo, accogliendo le idee più diverse per poi analizzarle e setacciarle secondo precisi criteri. Una campagna di inbound marketing non è quindi un lavoro di una sola persona: per prendersi carico di ogni aspetto, sarà necessario radunare una squadra che comprenda almeno queste figure: un marketing specialist, che possa studiare un piano di marketing e scegliere i contenuti da sponsorizzare sui motori di ricerca, nonché gestire la campagna sui social e sui motori di ricerca un content creator, in grado di redigere i diversi contenuti mantenendo uno standard alto e rispettando le tempistiche un grafico, per creare tutte le vesti grafiche necessarie ai contenuti sponsorizzati e alle landing page un esperto SEO, che sappia raccogliere prendere i testi e fare dell'ottimizzazione per i motori di ricerca, nell'ottica di massimizzare le visite e i click sul web; Step 2: Disegna il Buyer Persona della tua campagna Una volta scelto il team che si occuperò della tua campagna inbound, studia a fondo il tuo business di riferimento e il prodotto/servizio che intendi proporre, per poi pensare a chi possa risultare utile: fai leva sul suo interesse e sui suoi bisogni, e sviluppa l'intera campagna attorno ad essi. Il Buyer Persona rappresenta il tuo cliente ideale, dipinto secondo le caratteristiche che lo rendono unico: questo non include solamente le qualità - e i difetti - che lo caratterizzano per i tuoi fini commerciali, ma anche le particolarità personali che lo rendono ciò che è. Anche qui, il fatto che più persone - con diverse esperienze, punti di vista ed interessi - collaborino per la creazione di un profilo di questo tipo garantisce un valore aggiunto al risultato finale: più sarà definito il Buyer Persona, più sarà facile scoprire di che cosa ha bisogno. Per approfondimento ti consigliamo di leggere il nostro articolo su cos'è il buyer persona. Step 3: Organizza un Buyer's Journey Per massimizzare la riuscita di una buona campagna inbound la scelta degli obiettivi è un punto focale, e l'acronimo SMART ci ricorda le caratteristiche che questi traguardi devono avere: specifici: essere precisi nella scelta degli obiettivi è il primo passo per renderli smart. Durante una campagna si possono aggiustare o variare alcuni dettagli, ma il traguardo finale deve essere un punto fermo e indicare sempre la direzione da seguire; misurabili: per capire se le cose stanno funzionando, è necessario poterle misurare. Questo è utile anche nel caso qualcosa non vada secondo i piani: un buon metodo di acquisizione dei dati ti consente di localizzare i punti deboli della tua strategia e sistemarli; arrivabili: piccola licenza linguistica per far sì che l'acronimo abbia senso, indica la necessità di stabilire una meta concreta e raggiungibile. Può sembrare una cosa scontata, ma in realtà non tutti sanno essere realistici nella definizione di una linea di arrivo; rilevanti: scegliere un obiettivo subottimale è una perdita di tempo. Scegliere un obiettivo concreto non significa optare per qualcosa di banale: un po' d'ambizione non guasta mai, basta rimanere con i piedi per terra e trovare un equilibrio; temporizzati: è vero che una campagna inbound mostra i suoi risultati dopo un certo periodo, ma ciò non significa che questo lasso di tempo debba estendersi troppo. Dai una scadenza sia al traguardo finale sia agli obiettivi minori che stabilisci per ogni team, e affrontali consequenzialmente. Step 4: Crea un'offerta Unendo il tuo prodotto/servizio allo studio del tuo Buyer Persona potrai creare un'offerta che sappia rapire il tuo pubblico, poiché deve apparire ai suoi occhi come fatta su misura per lui. La tua campagna inbound marketing deve quindi prendere in esame non i tuoi obiettivi di marketing o sales, ma i desideri del tuo Buyer Persona: è fondamentale che l'offerta sia intrigante, coerente e, soprattutto, rivolta alle giuste persone nel momento ideale ma anche distribuita sui canali che sono soliti frequentare di più. Quest'ultimo punto è particolarmente importante, tanto che si utilizza uno schema visivo per separare i tre principali momenti del lead: il Buyer Journey. Step 6: disegna il percorso di conversione Scegliere i giusti ponti di contatto per le diverse fasi del Buyer Journey non è semplice. L'inbound marketing usa diversi metodi per avvicinarsi al lead e iniziare - o continuare - la conversione: CTA: Call to Action, ovvero invito all'azione. Si tratta, essenzialmente, di bottoni che, se premuti, indirizzano l'utente a determinati contenuti selezionati da te. Possono assumere la forma di un'immagine o di una frase. Landing Page: principale strumento di conversione dell'inbound marketing, le landing page sono il cuore del processo di trasformazione del lead in cliente. L'utente può arrivarci dopo aver cliccato su una CTA o su un link diretto. ThankYou Page: la landing page serve a sedurre il cliente, ma è sulla thank you page che egli troverà il tanto agognato contenuto. In essa inoltre, come suggerisce il nome, si ringrazierà l'utente per aver cliccato sui nostri inviti. Email di ritorno: il metodo più efficace per effettuare un follow up e riproporre alcuni contenuti al lead. Step 7: preparazione al lancio e promozione Quando tutto è stato deciso, non resta che decidere le tempistiche e progettare la pubblicizzazione della campagna: scegli i canali che ritieni il tuo Buyer Persona frequenti di più, social media inclusi. Questi ultimi sono uno strumento importantissimo per far guadagnare visibilità ad un contenuto: devi solo scegliere il più adatto, ovvero quello più frequentato dal tuo Buyer Persona. Per la promozione si possono utilizzare: Post sul blog che trattano di argomenti collegati all’offerta e offrono ulteriori contenuti interessanti per il buyer persona individuato. Il blog è il modo migliore per attirare traffico organico al sito di un’azienda. Email a contatti già presenti nel nostro database e che possono essere interessati al contenuto proposto. Social network: condivisione della landing page e degli articoli del blog collegati alla campagna per intercettare possibili contatti interessati anche su questi canali e per favorire la condivisione ad altri individui. Pertanto sempre meglio essere presenti nei social come Facebook, Instagram, Twitter ecc... Parole chiave: sia gli articoli del blog che la landing page devono tener conto delle parole chiave, in particolare quelle a coda lunga, collegate all’offerta. Sono le frasi che il tuo buyer persona potrebbe digitare sui motori di ricerca e ti fanno trovare anche su ricerca organica. Campagne a pagamento, sia di promozione di post sui social, con Facebook ADS, che su determinate parole chiave per Google AdWords. Step 8: prevedi un percorso di automazioni Pianifica tutte le azioni di marketing automation della tua campagna per alimentare i contatti anche dopo la prima conversione e portarli lungo il funnel. Email workflow che inviano messaggi di posta in modo automatico sulla base di una scaletta temporale di attività, oppure sulla base di altri comportamenti del contatto sul nostro sito (pagine visitate, altre offerte scaricate, ecc.). Impostazione, ove possibile, di Smart Content per la generazione automatica di contenuti diversi in base al visitatore del sito (geolocalizzazione, dispositivo, se visitatore anonimo o contatto registrato, ecc…). Tutte azioni per offrire il contenuto giusto, alla persona giusta nel momento più adatto. Ciò che potrebbe essere utile è dotarsi di un software come HubSpot CRM che permetta di usare tutto ciò e di tenere monitorate le prestazioni della campagna inbound. Questa piattaforma dà ai suoi utilizzatori la possibilità di creare campagne aggiungendo tutti gli asset utilizzati (workflow, form, landing page ecc...), misurando così le performance complessive. Step 9: Monitora costantemente i risultati Per tutta la durata della tua campagna, non dimenticarti mai di monitorare periodicamente i dati che raccoglie, e usali per ottimizzare le sue performance cambiando gli elementi con rendimenti inferiori. Qui vale la pena riconsiderare i software di cui abbiamo parlato nel precedente paragrafo. Questo vale anche una volta che la campagna si è conclusa: i dati ottenuti saranno utili per tirare le somme, e capire cosa ha prodotto risultati e cosa invece no. Conclusione Mettere in piedi una campagna di inbound marketing non è cosa da poco, poiché è necessario coordinare lavori molto diversi tra loro e armonizzare le competenze di tutti i membri, : è praticamente impossibile gestire il tutto senza uno strumento ideato appositamente per l'ottimizzazione di questo processo. Meno male che questo strumento esiste, e performa pure bene: ricordate quando all'inizio dell'articolo vi parlavo di HubSpot? Bene, se è tua intenzione buttarti a capofitto nell'inbound marketing, ti consiglio vivamente di affidarti al software sviluppato dagli inventori stessi dell'inbound marketing: del resto, chi meglio di loro sa che cosa è necessario per farlo funzionare come si deve?
Cosa si intende oggi per business agility? Un argomento alquanto complesso, ma che interessa, oggi, una moltitudine di aziende. Ogni giorno di più diviene necessario coniugare cultura dell’organizzazione, processi di gestione e tecnologia. Non è più possibile trascurare questi aspetti del mercato in cui viviamo, sempre più proteso a ottenere il massimo del risultato e nel minor tempo possibile. Ciò che nello specifico caratterizza la cosiddetta cultura agile, è proprio una maggiore e più efficiente collaborazione tra i diversi reparti o dipartimenti, nonché la decentralizzazione delle decisioni e una maggiore attenzione alle esigenze dei clienti. Diviene sempre più fondamentale adottare degli strumenti che aiutino a gestire e monitorare processi e obiettivi, cercando di ottimizzare al massimo ogni investimento e quindi ogni azione di marketing. In questo panorama, il ruolo fondamentale è svolto proprio dalla tecnologia e dai suoi mezzi, la quale, sempre più, implementa nuove soluzioni. Una di queste, indubbiamente, è il CRM, ovvero un sistema per avere sempre una panoramica aggiornata del percorso di vita del target. Oggi nessuna azienda può venire meno alla diffusione della business agility, in quanto essa rappresenta il presupposto fondamentale per raggiungere importanti goal. Ma andiamo ad approfondire di cosa si tratta quando si parla di lavoro e cultura agile e, soprattutto, di quanto questa nuova prospettiva lavorativa abbia modificato il modo di fare business. L'agilità dell'azienda Tutti parlano della ricerca dell’equilibrio tra vita privata e vita lavorativa, ma in pochi in realtà sanno veramente di cosa si tratti. Il lavoro agile o anche noto oggi come smart working, permette di unire le sfere del personale e del professionale, migliorando la gestione soprattutto della vita lavorativa. I vantaggi per le aziende sono certamente molteplici, vediamone alcuni: Migliora la produttività dei dipendenti, che avendo più indipendenza nello gestire il proprio lavoro, sono più orientati ai risultati e quindi più portati a migliorare le proprie capacità; Riduce i costi, ovvero non è più necessario investire parte del proprio fatturato nel mantenimento di una struttura, perché ognuno lavora dal luogo che preferisce; Migliora l’offerta di customer experience, la quale diviene più personalizzata e quindi più in grado di soddisfare il cliente; Aumenta la possibilità di avere in staff persone giovani, che possono quindi portare un reale contributo all’azienda, proprio per la possibilità di lavorare in modo agile. In quest’ottica, affidarsi quindi a un unico sistema di gestione, accessibile da chiunque faccia parte del team, che permetta di avere sempre una panoramica aziendale aggiornata e completa, diviene necessario. L'azienda agile e reattiva: come può aiutare un CRM Implementare un progetto CRM in azienda indubbiamente rappresenta un vantaggio per qualunque azienda desideri crescere e restare competitiva sul mercato. I vantaggi dell’adozione di un CRM sono: riduzione degli errori umani con l’automatizzazione dei processi una più efficiente gestione delle informazioni del cliente una migliore organizzazione aziendale. Nello specifico però, cosa può fare il CRM per un’azienda? Aiuta a gestire i contatti dell’azienda; permette la condivisione delle informazioni con tutti i membri del team; aiuta a settare nuovi obiettivi di interazione tra clienti e azienda; migliora la collaborazione interna nel team; monitora la fidelizzazione dei clienti, aiutandoti a capire cosa bisogna migliorare; Aiuta a risparmiare tempi e costi tramite la marketing automation; Il punto nodale dell’adozione di un CRM nei processi aziendali, è proprio la sua capacità di rendere il lavoro di tutti più semplice, appunto agile, ma soprattutto di favorire la produttività complessiva dell’organizzazione. A questo proposito può essere molto utile comprendere quanti tipi di CRM esistono, al fine di scegliere così quello che più risponde alle proprie esigenze. Tipologie di CRM e funzionalità per rendere un’azienda agile? Ora che ci siamo concentrati su quanto un CRM possa risultare utile per un’azienda agile e reattiva, soffermiamoci su quanti tipi di CRM ci sono e, in base ai loro obiettivi, come possono aiutare l’azienda. Vi sono CRM: analitici operativi strategici collaborativi CRM Analitici Come dice stesso anche la definizione, il CRM analitico si focalizza sull’interpretazione dei dati, riuscendo a fornire uno storico delle vendite, individuando i comportamenti d’acquisto e aiutando a fare nuove previsioni in merito alle future conversioni. CRM Operativi Anche in questo caso la definizione del CRM ci aiuta a capire di cosa si tratta, Questa tipologia di CRM migliora l’operatività, le fasi dei processi di vendita, automatizza la gestione dei contatti e degli eventuali ordini. Ma non soltanto, perché il crm operativo costituisce un reale supporto alle vendite e alla gestione dei clienti. CRM Strategici Il CRM strategico mette in relazione tutti i dipartimenti di un’azienda, allo scopo di definire strategie che hanno l’obiettivo di conquistare e fidelizzare i nuovi clienti. CRM Collaborativi Il CRM collaborativo consente di migliorare il rapporto tra azienda e cliente, in quanto permette di integrare diversi canali di interazione, come e-mail e social media. Questa tipologia di CRM rende la comunicazione tra azienda e clienti più efficiente. Il concetto di business agility in un’azienda, oggi, si vede anche e soprattutto nella sua capacità di stare al passo con i tempi. Non si tratta più soltanto di quanto il concetto proprio di lavoro si sia evoluto, ma di come questo cambiamento abbia comportato il rafforzamento dell’idea che i processi di lavoro, le attività e le risorse debbano essere impiegate più nel ragionamento che nell’operatività. Oggi diviene necessario “pensare veloce” e per farlo c’è bisogno del sostegno di un progetto CRM, come può essere ad esempio Hubspot. Conclusioni Il business corre veloce nelle sue evoluzioni e rivoluzioni, non è più possibile mantenere le stesse modalità di lavoro. Da qui l’esigenza di adottare nuovi strumenti, come un CRM. Affidarsi a degli esperti Hubspot, può rappresentare il primo passo avanti da fare per diventare un’azienda agile e reattiva. Image by fanjianhua on Freepik
Avere una piattaforma che ti consenta di unire marketing e altre funzionalità in una sola piattaforma, è una delle cose più utili per le imprese. Questo permette considerevoli risparmi in termini di costo e di tempistiche. Ma andiamo ora nel dettaglio delle piattaforme all-in-one. Cos’è una piattaforma all-in-one? Le piattaforme all-in-one sono software in cui sono comprese tutte le azioni di marketing per la gestione di una strategia aziendale: quindi attività come: raccolta dati, lead nurturing, content e tanto altro. Perché una piattaforma di questo tipo può rappresentare la soluzione giusta per il tuo business? La logica con la quale devi pensare, in merito a questa opzione, è che con una piattaforma all-in-one tutte le attività di marketing che decidi di mettere in atto per il tuo business possono essere automatizzate e monitorate con più facilità con la possibilità di integrare dati da diversi touchpoint. Inoltre in un software all-in-one sono hai a disposizione tutti gli strumenti di cui hai bisogno in un unico pacchetto e questo, a sua volta, ti permette di seguire il marketing in modo molto più mirato e facile. Non devi fare accesso a 10 diverse piattaforme per sapere come procedono le visite al sito, quante persone stanno passando da lead a contatto, chi interagisce di più sui social e su quale in particolare. O ancora come vanno le campagne di marketing e le relative landing page. O per esempio non devi entrare in un altro di software per fare email marketing. Puoi avere tutti questi dati a portata di mano, in modo semplice, ma soprattutto puoi usare tutti gli strumenti che ti occorrono, semplicemente accedendo a una piattaforma. Indubbiamente di soluzioni all-in-one ce ne possono essere tante a disposizione, per cui la scelta da fare è ardua. Quello che sicuramente devi considerare sono i costi e l'accessibilità alla piattaforma di tutto il team. Valuta questi aspetti e poi scegli quella che meglio risponde alle tue necessità. I vantaggi delle piattaforme marketing all-in-one Cosa ti permette di fare una piattaforma all-in-one? Sono molteplici le attività che possono aiutare il tuo business a crescere, gestibili e monitorabili con una piattaforma che comprende tutti gli strumenti, ovvero: Blogging: Pubblicazione di contenuti sul blog in modo continuativo, seguendo tutte le regole della SEO copywriting; Landing page: Creazione di landing page, ovvero pagine pubblicitarie, mobile friendly, ottimizzate. Possibilità di eseguire A/B test e vedere le percentuali maggiori di open rate; E-mail: Creazione di un flusso di mail e di Newsletter programmabili, con possibilità di eseguire A/B test e vedere le percentuali maggiori di open rate; Markering Automation: Automazione di tutte le altre attività di marketing, al fine di risparmiare tempi e risorse impiegate. Lead Management: Gestione delle informazioni di ogni contatto, al fine di personalizzare campagne e contenuti. Analytics: Analisi dei dati per valutare tutte le azioni del funnel, quali attività stanno funzionando e quali no. CMS: Possibilità di curare il design del sito (e del tuo sito in Hubspot) in modo semplice con la funzione drag&drop. Social Media: Integrando anche i social aziendali, è possibile monitorare ogni azione e valutare l’efficacia dei post e poi ottimizzare le interazioni. Advertising: Monitorare e creare campagne di advertising. CTA: Call to action. Creare CTA, al fine di portare le persone a compiere un’azione specifica. Tutte queste attività sono più facili da monitorare e soprattutto è possibile averne una panoramica sempre aggiornata in ogni momento grazie alla loro gestione piattaforme all-in-one come Hubspot. Perché una soluzione all-in-one è la scelta migliore? Una scelta del genere, ovvero quella di poter utilizzare tutti gli strumenti di marketing senza fare accesso a più piattaforme diverse, ti permette di: ridurre i costi del personale - il tuo staff si dovrà specializzare solo nell'utilizzo di una piattaforma; ridurre i costi delle piattaforme - scegliendone soltanto una che però comprende a sua volta più strumenti, non dovrai sottoscrivere tanti abbonamenti e quindi impiegare del tempo a controllare anche i dati di ciascuna per poi compararli; avere sempre a disposizione un servizio di report aggiornato in tempo reale; controllare meglio la tua reputazione online - una piattaforma all-in-one ti permette di avere un migliore controllo di quello che succede nella tua azienda e di rispondere più efficacemente ai feedback dei clienti. Di solito sono facili da utilizzare, non è necessario conoscere troppo bene la tecnologia o i codici, come quello HTML; Con una piattaforma all-in-one puoi migliorare la user experience e aumentare le tue vendite; La possibilità di non perdere mai nessun dato e di custodirlo in sicurezza. Ma quali sono i vantaggi di una piattaforma di questo tipo? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. La migliore piattaforma all in one Hubspot Hubspot rappresenta una delle migliori piattaforma all-in-one sul mercato, in quanto ti fornisce la possibilità di avere un completo controllo di quello che sta accadendo sul tuo sito e quindi nel tuo business. Con Hubspot marketing puoi personalizzare le azioni di marketing, riuscendo a trasformare i lead in clienti più facilmente. Se la tua domanda ora è perché dovresti scegliere Hubspot e non un’altra piattaforma all-in-one, ecco le risposte: Perché è indubbiamente una delle aziende con il maggior tasso di crescita, pronta sempre a lanciarsi in nuove sfide; La qualità interna dei contenuti, grazie a un team di marketer che condividono sempre informazioni utili con il lettore, è molto alta; Hubspot offre un’Academy che permette di formarsi costantemente e di essere sempre al passo con le novità del software; Una cultura aziendale fondata sulla collaborazione e sull’organizzazione. Il motivo però principale del perché bisognerebbe scegliere Hubspot, è per iniziare a fare bene inbound marketing, gestendo tutti gli aspetti di una strategia in modo ottimale, monitorando costantemente i dati, analizzando i comportamenti dei lead e scegliendo, di conseguenza, le future azioni di marketing da impostare. Hubspot inoltre è usata da tutte le aziende che hanno l’obiettivo di crescere e che hanno capito che l’Inbound Marketing è la soluzione per ottenere risultati. Hubspot è la piattaforma all in one giusta per misurare il ROI - ritorno dell’investimento. Questa piattaforma all-in-one mette a disposizione anche un CRM, che permette di amministrare informazioni e automatizzare processi in modo immediato e semplice. Ma soprattutto permette di risparmiare tempo e risorse in attività di marketing. Conclusioni Per le aziende che vogliono essere competitive sul mercato è necessario dotarsi di piattaforme all-in-one che permettano una facile gestione di tutto ciò che ruota attorno al dato in azienda. Avere a disposizione un grande ecosistema di dati derivanti da sito, social, ecommerce, email marketing e molto altro permette a tutte le imprese di migliorare per aumentare vendite e fatturato. Ti lasciamo inoltre questa risorsa gratuita su Hubspot, di cui abbiamo parlato durante l'articolo.
Nel marketing, specialmente nell'inbound, ha sempre più rilevanza il concetto di buyer persona, esso è importante per targetizzare le strategie di marketing e comunicazione dell'impresa, per evitare che vengano sprecate risorse e tempo con prospect che non avranno la minima possibilità di diventare lead, e di clienti. Che cosa sono i buyer personas? Il Buyer Persona è definito come la rappresentazione di un cliente ideale di una impresa, attorno al quale ruotano tutte le azioni di inbound marketing. La sua rappresentazione non è generica ma anzi, particolareggiata e puntuale. Tradotto invece alla lettera, Buyer Persona significa “personaggio acquirente”, e anche se Buyer Persona suona decisamente meglio, la parola personaggio ci permette di comprendere meglio di cosa si tratta. Come uno scrittore identifica i personaggi del suo romanzo per dar vita ad azioni e pensieri credibili, così il tuo ufficio marketing e i tuoi commerciali devono definire accuratamente e verosimilmente i personaggi a cui rivolgersi per costruire offerte di contenuti che catturino la loro attenzione e il loro interesse. Quindi definire bene quali possono essere i Buyer Personas della tua azienda ti permette di capire quali sono i tuoi attuali clienti e soprattutto quali potrebbero essere i potenziali nuovi clienti. E come spesso capita ai personaggi che troviamo nei romanzi, per capire chi sono i nostri Buyer Personas dobbiamo ascoltare, conoscerne interessi, sapere quali sono i bisogni e i comportamenti. Bisogna cioè partire da parole reali di acquirenti reali. Lo scopo del Buyer Persona è di dirci cosa stanno pensando e cosa stanno facendo i tuoi acquirenti, delineando anche come questi si avvicinano alle informazioni sui prodotti e servizi che vende la tua azienda. Ma, capisci, non è semplicemente la descrizione di un acquirente. Un Buyer Personas è il tuo acquirente. Ed è ben più della sua rappresentazione iconografica. Devi trattarlo come un personaggio reale. Devi mettere una foto che lo rappresenti, scrivere delle frasi che lui direbbe, descrivere la sua giornata tipo, parlare della sua demografia e di come vive, dei suoi gusti e dei suoi canali prediletti. Il Buyer Persona vive. Esattamente come vive il personaggio dell’ultimo romanzo che hai letto. Solo che anziché vivere mirabolanti avventure ai confini della realtà, il Buyer persona si muove attorno a te per cercare informazioni sui prodotti o soluzioni che hanno a che fare con il tuo settore. Se si dovesse esprimere quindi con una parola il concetto che sta alla base del Buyer Persona è “archetipo”. Esattamente: i Buyer Persona sono archetipi e rappresentano modelli di comportamento. Limitarsi a dire che sono personaggi inventati non rende giustizia alla figura del Buyer Persona. Come fa un Buyer Persona a rappresentare i tuoi acquirenti? Beh, partiamo con il dire che la tua azienda non ha solo un Buyer Persona ma ne ha molti. Un Buyer Persona per ogni differente profilo di cliente a cui ti rivolgi. Quindi devi concentrarti su un singolo Buyer Persona alla volta. Che non è poi così poco o così facile. Ok, ma come è possibile che un buyer personas rappresenti davvero il cliente tipo? Qui gioca molto la tua esperienza e la tua intuizione. Tua inteso come la somma degli addetti al marketing e alle vendite della tua azienda. Non può che essere un lavoro congiunto a più mani e a più teste. Immagina di essere uno scrittore e dover inventarti la storia del personaggio del tuo libro. Molto probabilmente preparerai una scheda raccontando tutti i particolari della sua vita, molti dei quali, magari, non finiranno mai nelle pagine del tuo libro. Come creare un Buyer Persona Il fondamento principale per creare il Buyer Personas è la ricerca dei suoi comportamenti di acquisto. Non è una profilazione ma una ricerca sull’etnografia, l’antropologia del business e digitale. Lo si deve ricercare il Buyer Personas perché non nasce per magia. Si tratta di uno sforzo d’astrazione e di grande intuizione basato sulla realtà. Dove la realtà non è data dai singoli clienti, ma dai dati che li rappresentano. Lo scopo della ricerca e della moderazione di questi personaggi è quello di aiutarci ad acquisire una comprensione più profonda dei nostri acquirenti e sui loro comportamenti di acquisto o di acquisizione di conoscenza sul settore in cui operiamo. Comprendere i Buyer Personas significa guidare le decisioni strategiche dell’azienda, non solo il commerciale o il marketing. Non stiamo parlando del marketing a freddo o di profilazione di un target (ti consigliamo il nostro articolo sulle differenze tra target e buyer persona). Questa è la storia di un acquirente. È il cliente immaginario con il quale interloquire quando pensi ad un prodotto, a una offerta o a un contenuto che potrebbe essere interessante per lui. O per lei, ovviamente. E per costruire una storia, le domande sono semplici: Chi; Cosa; Dove; Quando; Come; Perché; Cosa dobbiamo cercare nel Buyer Personas? Ci si deve focalizzare nell’identificazione e nella comunicazione degli archetipi delle persone che rappresentano i tuoi attuali target di clienti. Il modo di procedere può essere differente a seconda dei settori e dei mercati. L’essenziale è modellare degli archetipi di ciò che i tuoi acquirenti stanno cercando di realizzare attraverso le loro responsabilità, aree di interesse, iniziative e strategie. E quello che i Buyer Personas dovrebbero rappresentare, alla fine, è uno spaccato di comportamenti orientati all'acquisto dei nostri prodotti o servizi. Gli obiettivi personali e gli obiettivi di business, nel mondo digitale si fondono spesso. Ed è per questo che bisogna stare molto attenti, perché gli obiettivi non sono sempre chiari come possono sembrare. Riusciamo nel nostro intento di individuare un modello collettivo di atteggiamenti, credenze, percezioni e motivazioni, se riusciamo ad andare oltre - con i dati che riusciamo a raccogliere e con la nostra intuizione - a quelli che possono essere i comportamenti e le ragioni palesi, quindi capire perché i buyer personas sono interessati a qualcosa, perché acquistano quel qualcosa. I consumatori oggi hanno acquisito meccanismi di difesa molto forti ai messaggi pubblicitari e diventa spesso difficile comprendere nel profondo il cuore delle loro motivazioni. Ma il contenuto, come sappiamo, ha bisogno di un contesto, per funzionare: il cliente potenziale potrebbe non essere in questo momento propenso all’acquisto. Capire in che momento si trova il buyer persona con il quale comunichiamo è importante tanto quanto comunicare i contenuti corretti. Come disegnare un Buyer Personas? O i tuoi Buyer Personas... perché un'azienda ne può avere più di uno. Ne può avere tanti quanti sono le tipologie di clienti a cui vuole rivolgersi. Attenzione però che poi bisogna concentrarsi su uno alla volta per farne un identikit convincente. Iniziamo. Intanto tieni ben presente qual è il prodotto che vendi o il servizio che proponi, e prova a ragionare su quali sono le figure a cui vuoi comunicare, a cui rivolgi questa campagna. Immagina a chi vorresti venderlo e chi potrebbe essere interessato ad averlo. Sarebbe bene procedere per punti, magari usando uno schema da compilare, cercando di mettere su carta le caratteristiche che andrai ad individuare. Nel procedere in questo lavoro, ti sarà sicuramente utile l'esperienza dei tuoi commerciali e dei tuoi uomini di marketing (se entrambi i team sanno ascoltare i clienti), così come dare un'occhiata al tuo CRM. Potresti trovare spunti interessanti sulla tipologia di clienti attuali e anche su quelli che potrebbero essere interessati ma ancora non sono tuoi clienti effettivi. Dati anagrafici del Buyer Persona Proviamo ora a compilare i dati che andranno a identificare il Buyer Persona a cui vuoi rivolgerti. Queste domande ti aiuteranno a raffigurarti in concreto il tuo Persona e costituiscono altrettanti punti dello schema da compilare: quali sono le caratteristiche demografiche? (quanti anni ha? Vive in centro? in periferia? È sposato o single? Ha figli? Di che età? ecc. e se ti può aiutare... scegli anche una foto che lo rappresenti e dagli un nome). Che lavoro fa e dove lavora? (è dipendente? Libero professionista? Qual è il suo stipendio? Il suo ruolo professionale? La dimensione dell'azienda: Quanti dipendenti ha la sua azienda? Fatturato annuo? In che settore opera? ecc.) qual è la sua giornata tipo? Prova ad immaginartela. Che obiettivi professionali ha? Come cerca di raggiungerli e quali sono i problemi che deve risolvere? Qual è il suo approccio ai servizi o fornitori del tuo settore? Quali sono le richieste? Le aspettative? E quali sono le motivazioni per preferire te o gli altri? Come tu, il tuo prodotto, la tua azienda può soddisfare o risolvere le sue necessità, problematiche, desideri, difficoltà? Ma anche quali obiezioni potrebbe fare al tuo prodotto? Comportamento digitale del Buyer Persona Oltre a ciò, poiché tu cercherai di intercettarlo sul web, sarà importante capire qual è il suo comportamento digitale: come cerca le informazioni su web? Da notebook o smartphone? Quali parole potrebbe usare per fare ricerca? Quali Social usa e come li usa (per lavoro o per divertimento)? Acquista online (per lavoro o extra-lavoro) oppure si fida solo del venditore in carne ed ossa ? Non sottovalutare poi gli interessi che ha: sia professionali che extra professionali. Possono rivelarsi utili per un approccio soft/amicale anche su Linkedin per esempio. Considera anche che a seconda del Buyer persona che hai individuato e a seconda del prodotto che vuoi vendere... avrai altre domande a cui rispondere per dettagliare il Persona. Provo a fare un esempio: tu sei un'azienda che produce mobili d'ufficio, sarà ben diverso vendere ad un mobilificio piuttosto che al responsabile acquisti di un'azienda che deve rifare gli uffici?! Magari al primo interessa che i mobili siano ben rifiniti ed eleganti; al secondo può interessare che siano funzionali. Quindi due Buyer Persona che saranno attratti da caratteristiche dei mobili diverse perché hanno esigenze diverse; e tu azienda questo lo devi aver chiaro. Per riassumere: per individuare in modo corretto il tuo Buyer Persona, dovresti creare una scheda e, con ordine e metodo, rispondere alle domande per riempire con le corrette informazioni. Quale sono le sue informazioni demografiche? Che tipo di lavoro fa e che posizione occupa nella sua azienda? Come si svolge un giorno tipo della sua giornata lavorativa? Quali sono i suoi obiettivi e come prova a conseguirli? Quali problemi potrebbe incontrare? Come potresti risolverli tu? Dove va in cerca delle informazioni per raggiungere i suoi obiettivi e per risolvere i suoi problemi? Come si approccia, generalmente, ai tuoi servizi e ai fornitori del tuo settore? Cosa chiede a loro? Quali sono i motivi che gli fa preferire gli uni agli altri? Quali sono le obiezioni più comuni che potrebbe presentare alla tua offerta di prodotti o servizi? A cosa servono i buyer personas? Nel sito di Hubspot, che con la metodologia dell’inbound marketing ha contribuito in modo determinante alla diffusione dell’utilizzo dei Buyer Persona, viene definito così: “Un Buyer persona è la rappresentazione semi-immaginaria del vostro cliente ideale, basata sulle ricerche di mercato e sui dati reali che avete sui clienti esistenti. Quando si crea un buyer Persona si devono prendere in considerazione la demografia dei clienti, i modelli di comportamento, le motivazioni che hanno e i loro obiettivi di business. Più dettagliata è questa descrizione, meglio è. I Buyer persona forniscono un grande aiuto per la comprensione della vostra azienda. Il Buyer Persona vi aiuterà a focalizzarvi per non perdere tempo con offerte e contenuti che non sono per lui interessanti. Il risultato sarà invece quello che riuscirà ad attrarre visitatori più importanti, che possono diventare lead e clienti per la vostra attività”. I Buyer Personas quindi ci servono per costruire le nostre offerte, non solo di prodotti (il prodotto giusto per quella tipologia di persone) ma anche di contenuti (i contenuti interessanti per quella tipologia di persone), per fare in modo che siano loro a venire da noi. Hanno quindi molta utilità anche per quello che viene definito content marketing. Se noi non segmentiamo la nostra offerta sui Buyer Persona, non c’è inbound marketing. O hai chiaro a chi ti rivolgi quando offri un qualche tipo di valore oppure puoi lasciare perdere. Quindi, per attivare una strategia di comunicazione digitale nel segno dell’inbound marketing devi creare dei Buyer Personas. Ovviamente, a seconda del settore in cui operi e dei prodotti e dei servizi che presenti, ti interesseranno maggiormente alcuni aspetti rispetto ad altri. Ma non per questo “gli altri” si devono tralasciare. Come dicevo prima, a chi fa inbound marketing interessa particolarmente capire dove il Buyer Persona trova le notizie sul suo settore; dove va a scoprire nuovi prodotti o fornitori; cosa ricerca su Google; a quali argomenti è più attento quando naviga su Facebook; che giornali legge. Insomma, non ci può essere inbound marketing senza il Buyer Persona. Dopo essere stati identificati, i buyer persona saranno anche segmentati secondo lo stadio in cui si trovano del loro Buyer’s Journey, cioè del percorso di acquisto (considerato secondo il loro punto di vista). Buyer Personas e inbound marketing Come abbiamo detto, la finalità principale dei buyer persona è essere utili alla segmentazione e per questo si deve considerare anche il Buyer’s Journey. Quest'ultimo inizia con la fase della consapevolezza da parte del buyer persona, in cui manifesta un problema o un bisogno. Successivamente passa attraverso la fase della considerazione delle possibilità che ha di soddisfare quella necessità o di risolvere quella problematica. Infine arriva alla fase della decisione in cui, avendo individuato quali sono le soluzioni per lui ottimali, decide quale sarà la sua prescelta e diventerà, si spera, cliente dell'azienda. Si comprende che uno stesso buyer persona sarà interessato ad un certo contenuto, informativo, didattico… se si trova nella fase di consapevolezza, mentre sarà interessato ad un contenuto completamente diverso se si trova nella fase di decisione. 1. La consapevolezza Il Buyer Persona che si trova in questa fase iniziale del suo percorso di acquisto sente di avere una necessità, un problema o un desiderio che non ha ancora bene identificato. • Questo status viene esplicitato sul web con ricerche di tipo generico. Spesso il Buyer Persona inserisce parole di ricerca abbastanza sommarie perché sta tentando di informarsi per identificare meglio ciò che va cercando e le opzioni che può trovare per soddisfare questa ricerca. Non vuole pareri di parte ma informazioni che lo aiutino a direzionarsi. • Quindi per te marketer, che devi creare dei contenuti per questa fase, del Buyer’s Journey sappi che dovrai fornire notizie utili, educative, opinioni da esperto… tutto ciò che serve perché il tuo Buyer possa acquisire maggiori nozioni riguardo o al problema o necessità o desiderio che ha insito. Non devi proporgli il tuo prodotto; devi renderlo consapevole che il tuo mondo può soddisfare la sua ricerca online, devi coinvolgerlo! E se decide di approfondire la conoscenza con il tuo mondo… allora inizia il vostro rapporto. E potrai condurlo verso la fase finale del Buyer’s Journey. 2. La considerazione In questa fase il Buyer Persona ha già ben identificato la sua necessità, ha chiaro il problema o identificato il desiderio. • Ora lo vuole raggiungere e si informa su quale sia o siano le soluzione che vanno bene a lui, vaglia le opportunità che gli interessano maggiormente, quelle più soddisfacenti. È la fase della valutazione di come meglio può raggiungere ciò che desidera. Generalmente qui ha già ristretto il suo campo di ricerca a una lista piuttosto ristretta di aziende che possono soddisfarlo e normalmente torna altre volte sul tuo sito per approfondire. • Per il marketer è il momento di creare contenuti che siano di approfondimento, che insegnino perché quell’opzione può meglio confacersi alle esigenze del possibile cliente, come risolve il suo problema ecc. Quindi offrigli contenuti che dimostrino cosa tu puoi fare per lui e come lo puoi fare, nel modo migliore che riesci. 3. La decisione Il Buyer Persona ha capito qual è la soluzione giusta per lui e in questa fase cerca di capire meglio quale prodotto/soluzione risponde meglio alle sue esigenze specifiche (per esempio rapporto prestazioni-budget, qualità-budget, eventuali implementazioni, utilità avanzate…). • É la fase in cui le ricerche online del nostro Persona sono mirate e specifiche… diciamo che è diventato quasi “esperto”. Si sta già orientando su pochissime aziende/prodotti e si informa nel dettaglio quindi ritorna sul sito ad approfondire. • Il marketer qui deve assolutamente consentire al lead di avere riscontri sull’effettivo valore del prodotto/azienda. Quindi metti a disposizione test di confronto con competitor, case history di chi ha provato quella soluzione, le opinioni dei tuoi clienti, fornisci dati e risultati rilevanti. E lascia decidere a lui se sei tu l’azienda che lo può soddisfare. Il lead è arrivato alla fase conclusiva del suo percorso di acquisto… Il contatto diretto con lui potrà avvenire con la sua azione spontanea di acquisto online, oppure ti chiederà un contatto oppure il tuo commerciale può sentirlo direttamente proprio in questo momento in cui è nello status giusto per acquistare, magari. Come si fa a sapere in che fase del Buyer’s Journey si trova quel Persona? Monitorando le interazioni che ha con i contenuti che l’azienda ha pensato per lui. Fin da subito i contenuti creati sono “etichettati” secondo la fase TOFU (consapevolezza), MOFU (considerazione) o BOFU (decisione). Seguendo le interazioni del buyer persona con i contenuti si riesce a capire in che fase del Buyer's Journey si trova e possiamo così andare a proporgli ulteriori contenuti in linea con le necessità che ha, per poi cercare di fargli fare uno step ulteriore nel viaggio di acquisto. Come è possibile gestire tutto ciò? Monitorare le interazioni, segmentare i buyer personas secondo la fase del Buyer’s Journey, alimentarli con contenuti rispondenti ai loro interessi… e condurli alla fine fino ad essere clienti? Serve necessariamente uno strumento che riesca a decifrare più dati contemporaneamente e sappia gestirli secondo l’obiettivo dell’azienda. Qui si usa HubSpot, una piattaforma nata appositamente per gestire sia il marketing che il sales di una strategia inbound, oltre che dà la possibilità ai suoi utenti di iniziare un progetto CRM gratuito e altri tools a disposizione per la lead generation, la marketing automation, smart content e molto altro. Con Hubspot inoltre puoi gestire direttamente dalla piattaforma i buyer persona e utilizzarli, ad esempio, all'interno dei workflow per segmentare e inviare azioni automatizzate solamente alle persone desiderate. Un esempio di buyer persona Di seguito riportiamo un esempio di buyer persona, che può essere utile nella pianificazione di una strategia di inbound marketing. Partiamo ad esempio dalla volontà dell'impresa di vendere prodotti per la casa, costruiamo in base alle analisi del pubblico un buyer personas, per poi pianificare tutta la strategia di marketing. Anagrafica e famiglia Nome: Anna Massaia; Età: 50-80 anni; Residenza: Italia; Professione: casalinga / pensionata; Reddito medio: 15k - 30k annui; Nucleo Famigliare: vive col marito e con un figlio, l'altro si è sposato e vive da solo; Carattere È solare, ama stare in pubblico e conoscere persone nuove. In caso di problematiche cerca da sola una soluzione e se non la trova cerca l'aiuto di altre persone. Allo stesso tempo però è competitiva nei confronti delle altre persone. Abitudini Nel tempo libero: Passeggia con le amiche - Viaggia con il marito; A casa: si occupa della pulizia della casa - Maniaca dell'ordine; Ama andare ad eventi culturali, teatri e cinema; Influenze Spesso nella decisione di acquisto viene influenzata dalle amiche e dagli spot televisivi. Comportamenti nel digital Social: Facebook usato frequentemente tramite l'iscrizione in gruppi locali; navigazione sul web: utilizzata solamente su siti dedicati all'informazione quotidiana; Comportamento di acquisto Acquista prevalentemente offline; Frequenta negozi in cui ha la possibilità di parlare con i commessi; Per gli acquisti online usano i marketplace principali (Amazon ed eBay) mentre non si fidano di acquistare da siti ecommerce; Principali Pain Point Riuscire ad agevolare la sua vita per avere più tempo libero; Le dà fastidio essere giudicata dalle altre persone; Cosa ricerca in un prodotto Sicurezza; Nuove possibilità di apprendimento; Facilità d'uso; Queste indicazioni esempio relative al buyer persona, servono a chi si occupa di marketing di pianificare successivamente una strategia che tenga tutto ciò in considerazione, in modo che la giusta comunicazione sia effettuata alla persona giusta al tempo giusto: vero obiettivo dell'inbound marketing. Tutti questi punti, inoltre, nelle presentazioni di marketing possono essere riassunti con uno schema grafico. Per questo al termine dell'articolo hai la possibilità di scaricare gratuitamente un template per iniziare a creare il buyer persona. Conclusioni Tutte le strategie di marketing dovrebbero passare per la creazione di un buyer persona, per evitare di perdere tempo a usare strategie, magari anche valide, di marketing massivo, a persone che non diventeranno mai un lead e non acquisteranno mai dalla tua impresa. L'obiettivo è utilizzare i Buyer Persona per dialogare con loro, identificando poi in quale stadio del Buyer's Journey si trovano (nella fase della Consapevolezza, della Considerazione o della Decisione). Migliore sarà il lavoro svolto con i Buyer Persona, meglio sapremmo orientare la nostra azione di web marketing, per una strategia inbound di successo. Image by Freepik
Oggi la sfida di ogni impresa passa dal web. Sapersi muovere, ma soprattutto promuovere, su internet fa la differenza nella competizione con la concorrenza e nell'acquisizione di nuovi clienti. Ma acquisire clienti non è facile, con la moltitudine delle offerte concorrenti che possiamo incontrare. Diventa allora fondamentale catturare l'attenzione e l'interesse del possibile cliente offrendo dei contenuti digitali di qualità in grado di attrarre il visitatore, educarlo sul prodotto, fornire approfondimenti, spiegazioni pertinenti, magari intrattenerlo anche in modo divertente. In breve, il content marketing si occupa proprio di questo tipo di contenuti. Sposare la logica dell'inbound marketing per attirare visitatori al proprio sito è una scelta assennata e che punta ad un marketing differente rispetto alle logiche tradizionali, che fa uso di tutti gli strumenti che mette a disposizione il digital marketing: SEO, social media, sito web e... contenuti. Perché tutto parte dai contenuti. Senza contenuti è difficile avere qualcosa da dire, da condividere ed attirare utenti verso il proprio sito Ma andiamo con ordine. Cos'è il content marketing? Per content marketing, per dirlo in italiano marketing dei contenuti, si intende la creazione di contenuti capaci di attirare nuovi lead, catturando l'attenzione di chi è interessato ad essi. I contenuti nel content marketing, infatti, devono differenziarsi da quelli già presenti sugli altri siti web, cercando quindi di provare ad emergere tramite l'espressione delle caratteristiche di un servizio, di un prodotto o di un contesto. Tutto ciò deve essere fatto in maniera diretta, originale ed in grado di mantenere alta l'attenzione del lettore, invogliandolo a voler saperne di più sull'azienda che presenta quel contenuto o prodotto. Le regole base del content marketing Per iniziare a fare del content marketing bisogna considerare prima alcune regole fondamentali, per non creare un contenuto che sia esclusivamente una pubblicità commerciale (ricorda sempre che si sta facendo inbound e non outbound). Con il content marketing il contenuto deve essere di valore Il contenuto di una campagna di content marketing deve essere di qualità, che possa dare un valore per il navigatore. Può essere utile puntare, quando si crea un contenuto, ad obiettivi quali: l'educazione del lettore ad un argomento; la spiegazione di un determinato argomento; dare del divertimento; dare informazioni ai lettori; Questo significa che con il marketing dei contenuti si può facilitare l'aumento dei contatti, facendo quindi lead generation, e vendite, perché una volta attirato il potenziale cliente, poi lo si può anche guidare nel suo Buyer's Journey, per farlo giungere all'acquisto di ciò che viene proposto dal sito, sia che si tratti di un servizio, sia che si tratti di un prodotto. Grazie all'utilizzo sapiente del content marketing per il proprio sito, legandolo alla distribuzione dei contenuti prodotti sui social network ed ottimizzando la sua presenza sui motori di ricerca con la SEO, è possibile rendere il lettore un vero e proprio testimonial dell'azienda, portandolo a condividere i contenuti prodotti. Questo effetto moltiplicatore, aumenta la visibilità e le possibilità di contatto. Quali sono i contenuti che possono funzionare per una campagna di content marketing? La risposta è qualsiasi contenuto e qualsiasi cosa di digitale che rappresenti un valore per il navigatore: non sono solo testi, ma anche immagini, filmati, podcast, applicazioni, configuratori... Il marketing dei contenuti deve andare oltre all'offerta dell'azienda I contenuti, per avere un valore, devono diventare qualcosa di più della semplice descrizione della merce offerta e di un invito a comprarla. Per fare content marketing un contenuto deve piuttosto essere un suggerimento per la soluzione di problematiche della vita quotidiana, un testo informativo su un luogo o un'informazione che può riguardare aspetti della vita delle persone. Il tutto ovviamente deve essere legato al settore in cui si opera, ai prodotti o ai servizi che, alla fine, si vogliono commercializzare. Il contenuto deve essere qualcosa di utile, da cui il navigatore può ottenere informazioni e notizie per rispondere alle sue esigenze. Solo così il content marketing può diventare uno strumento per attirare e fidelizzare i clienti. E non serve solo chi ha avviato un progetto e-commerce, anzi. È uno strumento perfetto per un sito che mira a raccogliere lead da web. Il marketing dei contenuti è una strategia preferenziale per le aziende che fanno B2B. Se si vuole attirare l'attenzione delle imprese, si possono scrivere contenuti che propongono informazioni su procedure e soluzioni, certamente legate ai prodotti e servizi offerti, ma che possano migliorare la vita di chi lavora all'interno dell'impresa di chi li cerca su web. (Puoi anche scaricare l'ebook gratuito Introduzione al Content Marketing) Esempi di content marketing (storici) La storia di questa tecnica non è recente, ma soprattutto non nasce nel web. Infatti i primi esempi di content marketing dimostrabili hanno più di 120 anni. Ci sono ottimi esempi che risalgono all'inizio del Novecento, come Michelin. L'impresa francese di pneumatici aveva realizzato una guida con percorsi e consigli utili per viaggiare in Francia, per visitare il paese. Nella guida erano presenti tutti i consigli utili per la manutenzione dell'automobile, anche durante i viaggi. Un modo per dare alle persone qualcosa di utile, avvicinandoli ad un prodotto. Tra gli esempi che si possono fare, si può anche citare Procter & Gamble, che per promuovere il proprio sapone, fece mandare in onda una serie radiofonica sponsorizzata. Oltre a promuovere il prodotto, era il 1930, fece nascere un nuovo genere, le Soap Opera. La Nike, negli anni '60, aveva diffuso un libro per promuovere il jogging come attività fisica nuova, da diffondere. Coinvolse un cardiologo per includere suggerimenti medici e dati scientifici sui benefici. Mentre promuoveva una nuova disciplina, Nike ha fatto conoscere i propri prodotti, presentandoli come abbigliamento adatto al jogging. Sono molte le aziende che con il tempo hanno utilizzato il content marketing, che con il web ha fatto passi in avanti, permettendo anche di ridurre i costi e diventare alla portata di tutti. Negli ultimi anni il marketing dei contenuti ha preso piede sul web, diventando una vera e propria regola da seguire per avere successo. Al punto che la maggior parte degli addetti al marketing oggi è convinta che senza contenuti non si possa avere un web marketing. Dal 1895 sono state riviste, guide e libri a nascere per raccontare storie alla gente ed avvicinarle così ai prodotti. Negli ultimi cinque o sei anni, il content marketing ha dato avvio a nuove strategie online, sempre basate sullo storytelling, ovvero sul raccontare alla gente qualcosa di utile, interessante ed attrattivo, con l'obiettivo di promuovere un prodotto senza che le persone pensino di avere in mano o davanti agli occhi una pubblicità. In realtà il content marketing è sempre esistito... per il commerciale Se con la storia dell'advertising moderno possiamo risalire ad esempi documentati di content marketing anche nell'epoca pre-internet, è impossibile pensare ad aziende - soprattutto B2B - che riescano a vendere senza entrare con consigli, suggerimenti, ottimizzazioni, all'interno dei processi produttivi dei clienti. Il content marketing è già una strategia di vendita efficace per centinaia di migliaia di commerciali che, per promuovere il loro prodotto, si occupano della risoluzione o del miglioramento dei processi produttivi delle aziende. Il miglior commerciale, definito come inbound sales, non è spesso quello che ti abbassa di un centesimo il costo del prodotto, ma quello che, con la sua consulenza, ti permette di migliorare l'efficenza e la redditività grazie all'uso del prodotto che vende. Chi può usare il content marketing? Riguardo al chi, va detto subito che tutte le imprese possono utilizzare il content marketing, perché tutte hanno una storia da raccontare, la propria. E tutte hanno dei prodotti da spiegare: i loro. E se un'azienda non ha argomenti da utilizzare per aiutare i proprio clienti, ha un grosso problema, che non è solo quello di non poter sviluppare una strategia di marketing dei contenuti. Perché usare il content marketing? Il marketing dei contenuti riguarda la progettazione e la creazione di contenuti digitali che offrano un valore aggiunto a chi ne fruisce. Grazie alla SEO, ovvero all'ottimizzazione continua dei contenuti per i motori di ricerca, il sito dell'azienda può trovare spazio sul web, acquisendo autorevolezza su determinati argomenti ed aumentando il traffico in entrata. La creazione di contenuti è un investimento continuo che ha l'obiettivo di aumentare la brand awareness dell'azienda e aiutarla a trovare nuovi lead. Se inserito all'interno della giusta metodologia di inbound marketing, aiuta l'azienda anche a trasformali in clienti. Dove usare i contenuti per fare marketing? Questa domanda è basilare, perché una volta creato il contenuto, dobbiamo diffonderlo. Il sito internet dell'impresa è solo un canale e non l'unico veicolo. Bisogna lavorare per la distribuzione dei contenuti, magari partendo dai social network, come Facebook, Twitter, LinkedIn, Youtube, Instagram ed altri. Perché i social network, se il contenuto è di valore ed interessante, permettono di avere un effetto moltiplicatore grazie a ricondivisioni e invio ad altre persone. Quando fare contenuti per il marketing? Bisogna anche sapere quando pubblicare. Garantire una cadenza costante (1 contenuto alla settimana o 2, 1 al giorno o più, a seconda della strategia scelta dall'azienda) permette di migliorare il flusso di contenuti nei confronti del sito, dei social dove il contenuto viene condiviso, della newsletter. A differenza di qualche anno fa, dove la quantità degli aggiornamenti del sito incideva pesantemente sul rendimento, oggi si tende a prediligere la qualità: sia per differenziare il contenuto offerto da altri centinaia di bassa qualità presenti su web, sia perché, una volta condiviso sui social, non sempre è facile trovare la giusta visibilità (e quindi si tende a sponsorizzare ogni aggiornamento importante). Cosa si pubblica nel content marketing? Il cosa è un argomento interessante, perché è possibile creare una moltitudine di contenuti, anche combinando temi, obiettivi e metodi. Bisogna però decidere la strategia. Si deve avere qualcosa da raccontare e poi saperlo raccontare, con elementi originali, che possano attrarre l'attenzione e convincere il lettore. Si possono produrre: post testuali; gallerie di immagini; infografiche; presentazioni; filmati; audio; programmi con funzioni specifiche; tutto quello che può aiutare il vostro visitatore e lo possa avvicinare alla vostra azienda e ai vostri prodotti. Attenzione al budget e tagliate sempre i contenuti sul Buyer Persona a cui vi rivolgete (per personalizzare al massimo i contenuti offerti). Come fare marketing con i contenuti? Come si deve fare? Nel miglior modo possibile, all'interno della metodologia dell'inbound marketing. L'obiettivo non deve essere quello dell'aumento delle visite indiscriminate al sito ma quello della conversione. I passaggi da seguire per la creazione di un contenuto sono: pensare al proprio Buyer Persona; capire in che fase del Buyer Journey si trova; produrre esattamente quel contenuto; Mentre per la pubblicazione i consigli sono sempre: partire da un piano editoriale, fosse anche un foglio elettronico in Excel o Google Drive; Scadenzare settimana per settimana gli argomenti da trattare, qual è il target di ogni argomento, qual è l'obiettivo; programmare anche la successiva distribuzione sui social. L'organizzazione è tutto per chi si occupa di content marketing, perché il rischio è quello di vivere con l'ansia costante dell'ispirazione e dell'argomento da trattare. Nei prossimi paragrafi inoltre andremo molto più in dettaglio riguardo a questi punti. Content marketing e inbound marketing: come iniziare una campagna Il primo passo per costruire una campagna di content marketing è decidere un modello di compratore ideale: si crea una scheda contenente tutte le informazioni sulla vita del nostro Buyer Persona (questo è il termine tecnico per il target dell'inbound marketing). In questa scheda vanno quindi presentate informazioni riguardanti sia vita lavorativa che privata, si elencano i suoi obiettivi e i suoi problemi, delineando così la sua personalità. Questo primo passaggio permette di mettersi nei panni di chi può essere interessato al nostro prodotto: a questo punto, si idea il Buyer Journey (tradotto in italiano, viaggio dell'acquirente), ovvero le tappe tramite le quali ci si avvicinerà man mano al nostro sconosciuto potenziale compratore, trasformandolo prima in lead (contatto che ha deciso di fornirci i suoi dati) e in seguito in costumer, ovvero un cliente. Il passaggio da sconosciuto a cliente avviene quindi gradualmente, attraverso tre stadi di interesse che analizziamo in seguito: Il content funnel Questo progredire di qualità nelle informazioni date ai nostri visitatori-lead-clienti si traduce nel cosiddetto content funnel, ovvero un imbuto che, mano a mano che si stringe, fornisce contenuti via via migliori: i diversi livelli di profondità corrispondono ai tre stadi di consapevolezza del futuro cliente, che si sovrappongono alle tre fasi del suo Journey: Attrazione - Consapevolezza Il visitatore, quando entra in contatto con una possibile soluzione ai suoi problemi, passa dallo stato di inconsapevole a quello di consapevole: quei problemi forse neanche sapeva di averli, prima di intravedere la soluzione, o forse stava vagando in cerca di ausilio, ed è approdato sulla tua pagina web, sapientemente guidato dalla tua metodologia inbound. Dal punto di vista visivo, è la parte più estesa e superficiale del nostro funnel dedicato al content marketing, ed è per questo chiamata top of the funnel, cioè sommità dell'imbuto. In questa zona si propongono contenuti che non si riferiscono all'acquisto di uno specifico prodotto o servizio, ma danno informazioni interessanti sulle sue generalità, con l'intento di far conoscere la sua utilità ai visitatori. In modo generale, quindi, si parla di come risolvere un problema o soddisfare un bisogno, incuriosendo gli sconosciuti tramite articoli e l'uso sapiente di determinate keywords. Quali contenuti possono essere utili in questa fase? Esempi possono essere: Blog attivo con post aggiornati; Ebook informativi; Presenza sui social media con post frequenti; Infografiche; Newsletter informative; Interviste; Video e Podcast; Conversione - Valutazione Una volta che i curiosi saranno atterrati sulle nostre pagine, gli si propongono informazioni e news interessanti riguardo l'oggetto del loro interesse, garantendo loro che ne troveranno di più dopo la compilazione libera di form. In altre parole, si propone uno scambio di informazioni, ovvero i loro dati personali per altro materiale (ebook, altri articoli, pagine di approfondimento) più mirato. In questo è molto utile, ad esempio, l'inserimento delle call to action all'interno dei post dei blog, con un link ad una landing page con al suo interno un form da compilare per avere di più. Questo è il momento in cui avviene il primo guadagno reciproco, e il visitatore anonimo diventa lead. Una volta che ha compilato il form ed è diventato un lead è il momento di fornirgli tutte le informazioni su ciò che possono aiutarlo a risolverlo con materiali di approfondimento quali ebook, presentazioni, link utili: essi saranno determinanti nella fase finale della decisione. Per far conoscere questo tipo di contenuti sono utili i workflow, l'email marketing ecc... Quindi i contenuti per questa fase possono essere: Webinar; Risorse educative; Ebook Comparativi; Podcast; Articoli del blog sul come fare; Questa zona è definita come il middle of the funnel, ovvero metà dell'imbuto: contenuti qui presenti servono a portarlo alla convinzione che quel prodotto a lui serve, ed è per questo che si scende più nello specifico con le informazioni, nell'attesa del giusto momento per una proposta diretta. Potremmo inviare al lead contenuti mirati in base alle sue preferenze solamente monitorando le sue attività, il tutto è reso possibile da appositi strumenti dell'inbound marketing, primo tra tutti il CRM. Inoltre ci sono piattaforme come HubSpot che consentono una gestione perfetta della strategia di content marketing dell'impresa, immagazzinando dati da tutti i touchpoint che vengono toccati, quindi social, sito web, landing page ecc... Conclusione - Decisione In questa fase il nostro lead resterà tale oppure si trasformerà in un vero e proprio cliente tramite l'acquisto del prodotto finale, proposto dopo aver fornito tutte le informazioni necessarie nei primi due livelli del funnel ed aver riconosciuto il giusto momento per avanzare l'offerta. Siamo ora nel bottom of the funnel, il fondo dell'imbuto, cioè la zona più ristretta: i contenuti offerti in questa fase servono come colpo di grazia per persuadere il cliente ad acquistare il nostro servizio: saranno dunque proposte molto localizzate, create ad personam per il nostro cliente, al fine di convincerlo che non potrà trovare nessun altro così premuroso e interessato a lui sul mercato. I contenuti in questo caso possono essere: Recensioni di altri clienti; Webinar; Testimonianze; Demo; Prove Gratuite; Si può anche ricorrere all'anticipazione di alcuni contenuti propri della delizia, la fase extra del Buyer Journey nella quale si vizia il cliente appena acquisito con contenuti mirati e personalizzati. Il content funnel è ciò rende l'inbound marketing, e in questo caso il content marketing, una metodologia dinamica: queste due parole non sono scelte a caso, poiché la prima indica un procedimento preciso e rigoroso, che per definizione segue regole prefissate, mentre la seconda rimanda alla diversità tra una campagna di content marketing e l'altra, sempre varie per argomenti e personalità che si incontrano. L'ideologia alla base del content funnel Lo strumento del content funnel è, a tutti gli effetti, un tool utilizzato per una strategia di marketing dei contenuti, quindi con finalità di lucro: ma, come ti sarai sicuramente reso conto durante la lettura dei precedenti paragrafi, ha la sua vera forza nel cercare di soddisfare il cliente, nel cercare di capire i suoi reali bisogni e soddisfarli, il tutto senza pressarlo per l'acquisto di un prodotto, anzi accompagnandolo per mano ed essendo sempre a sua disposizione. Si pensi alla fase della delizia, espressione massima di questa simbiosi tra venditore e cliente: il primo si preoccupa di tenerlo aggiornato su ciò che lo interessa e gli serve, e l'altro si procura quei beni da lui, ricompensandolo per il suo lavoro. Si capisce che, oltre alla soddisfazione professionale del riuscire a chiudere un affare, questo tipo di rapporto che si instaura con un cliente porta anche ad una soddisfazione più personale, derivante dall'aver aiutato davvero una persona o un'azienda: si differenzia dunque dalle altre tipologie di marketing, ormai obsolete come l'outbound marketing, che puntano a vendere tramite telefonate a freddo o inviando email a spam, nella speranza di trovare, totalmente a caso, qualche possibile cliente. Neanche a dirlo, questi approcci infastidiscono tutti i non interessati, quindi la stragrande maggioranza delle persone. Al contrario la metodologia inbound applicata al content marketing porta vantaggi materiali (e non solo) ad entrambe le parti. Le campagne invasive generano solo nervosismo e malumori sia tra gli operatori che tra i destinatari. Conclusione L'avete capito vero? Il vostro futuro cliente non cerca su web delle pubblicità, ma informazioni e notizie utili, vuole raccogliere qualcosa di concreto, non leggere slogan. Egli è interessato a qualcosa che possa migliorare la sua condizione. Informazioni. I tuoi futuri clienti non vogliono interruzioni pubblicitarie, ma qualcosa che li gratifichi e soddisfi. Le dimensioni dell'azienda che si impegna in una strategia di content marketing sono relative, tutti, con un'adeguata metodologia, possono aspirare a raccogliere lead dal sito web offrendo qualcosa che non sia solo la loro pubblicità. Un'agenzia HubSpot certificata può consigliarti sulla migliore strategia di content marketing e inbound marketing per la tua realtà. Inoltre ciò che ti consigliamo, oltre alla programmazione di una strategia di content marketing, è di pensare ad affiancare il tutto con un progetto CRM, che può essere sicuramente utile per capire ciò di cui i lead hanno bisogno. Image by rawpixel.com on Freepik
Ne avrai sicuramente sentito parlare, i meme usati nel marketing sono un modello comunicativo immediato, diretto e dinamico che le aziende utilizzano per comunicare con il proprio target. Ma partiamo dall'inizio. Cos'è un meme? Per spiegare brevemente il significato di meme: il meme è un’immagine che riprende la scena famosa di un film o di un cartone animato, con una scritta che sintetizza il concetto di quello che si vuole comunicare, molto spesso usata nell'ambito dei social network con una finalità ironica. Questa categoria di meme sono gli Image macro. Poi ci sono i Dank meme, ovvero quelli che hanno solo frasi - senza quindi immagini - e che all’apparenza non hanno senso, ma che invece sono comprensibili da uno specifico target. In ottica strategica il meme marketing funziona molto bene, in quanto le immagini possono diventare virali e portare molta notorietà al brand. Un punto di forza importante del meme marketing è la sua capacità di integrarsi all’interno di altri contenuti, come ad esempio un articolo, in modo naturale e nativo. Imparare a capire come sfruttare il meme marketing nella propria strategia di marketing vuol dire raggiungere più facilmente importanti risultati comunicativi. Approfondiamo nei prossimi paragrafi come e perché funziona il meme marketing. Perché funziona il meme marketing? I meme nel marketing funzionano particolarmente bene in quanto utilizzano l’umorismo per esprimere un concetto. Riuscire a far ridere il target e allo stesso tempo a passargli un concetto è un obiettivo arduo da raggiungere, ma con il meme marketing ci si riesce benissimo. Suscitare un’emozione positiva nel target, facendolo ridere, vuol dire migliorare il suo rapporto con l’azienda, ma soprattutto significa che le persone si ricorderanno di quest’ultima in modo ancora più immediato. Tutti amano ridere e se, allo stesso tempo, riusciamo anche a favorire la comprensione di un messaggio, allora abbiamo fatto centro. Se nel content marketing la strategia di meme marketing funziona, nell’advertising può creare ancora più vantaggi, sebbene bisogni porre molta attenzione a quello che si fa e a come si comunica. Non sempre il meme marketing è la strategia migliore da adottare. Esempi di marketing con i meme che hanno funzionato Riportiamo qualche esempio di alcune aziende che hanno utilizzato i meme marketing e hanno aumentato l'engagement sui propri social network grazie a ciò. Taffo e la sua ironia Taffo è sicuramente l'esempio italiano più significativo. Taffo è un brand di un'agenzia che si occupa di funerali e ha costruito una forte brand awareness in tutta Italia, tanto da aprire successivamente molte sedi in tutta la penisola. La loro politica di marketing sfrutta molto l'instant marketing ed ironizza su temi come la morte. Nella foto presentano un meme che ironizza sul modo di vestire dell'ex presidente Americano Donald Trump e la sua moglie all'incontro con il papa, paragonando la foto ad un funerale. Gucci e la campagna TFWGucci Gucci, famoso brand di oggetti e abiti di lusso, con la campagna TFWGucci ha pubblicato una serie di meme in collaborazione con artisti famosi, diventati subito meme di successo. ClioMakeup ClioMakeup, famoso brand per la vendita di prodotti per la bellezza, nei loro canali social pubblicano spesso meme invitando i propri utenti ad accedere allo shop online. Di seguito presentiamo un esempio di meme marketing relativo al loro brand, nei commenti molte persone si ritrovano nella situazione scatenando la loro ilarità e reagiscono commentando. Durex e la sensibilizzazione Prendiamo l’esempio di Durex, con i meme marketing è riuscita a trasmettere molti messaggi importanti al pubblico più giovane in modo diretto ma, soprattutto utile. Nell'esempio il post dedicato alla sensibilizzazione all'indossare la mascherina durante la pandemia di Coronavirus del 2020. Questi appena elencati sono dei meme realizzati da altre aziende, integrati in una strategia di content marketing. Sono comprensibili a prima vista, senza troppo sforzo. Allo stesso tempo sono virali, ciò vuol dire che sono in grado di girare sul web in modo veloce ed efficace. Vantaggi di fare meme per il marketing I vantaggi dell’utilizzare la strategia di meme marketing sono i seguenti: Maggiore coinvolgimento degli utenti: i meme solitamente riescono ad aumentare l'engagement degli utenti che spesso reagiscono con like e commenti, magari taggando un loro amico; Maggiore viralità dei contenuti: spesso i post divertenti vengono condivisi tra gli amici che a loro volta li ricondivideranno con i loro amici. Se il post fa parte di una politica di marketing di un brand, questo verrà conosciuto ancor più in larga scala. Questo è particolarmente utile in caso l'obiettivo di marketing sia l'aumento della brand awareness; Pubblicità gratuita: fare meme non comporta costi, se non quelli relativo al tempo di realizzazione. Spesso quindi rappresentano una pubblicità gratuita efficace; Migliora la comunicazione tra target e azienda: questo è molto legato al primo vantaggio. È molto più semplice comunicare ad un target coinvolto perché si riesce molto più facilmente a capire i loro bisogni, manifestati più chiaramente; Aiutano a fare lead generation: chi si occupa di marketing e deve trovare un contenuto per aumentare il numero di lead all'interno del proprio CRM, i meme, se studiati appositamente, possono essere usati come arma per convertire le persone e farsi lasciare il contatto; Consigli su come fare marketing con i meme Porre attenzione al linguaggio utilizzato; Puntare sempre a un target specifico; Ricordare di mantenere sempre il TOV aziendale; Fare molta attenzione al messaggio che si distribuisce; Realizza sempre contenuti in trend; Porre attenzione al linguaggio utilizzato Contrariamente a ciò che si crede è importante utilizzare un linguaggio pulito nei meme, quindi evitare parolacce o espressioni poco coerenti con la personalità del brand. Diversamente il pubblico, da sempre abituato a una certa comunicazione, potrebbe indisporsi. Ricordare di mantenere sempre lo stesso Tone Of Voice Punto che va a braccetto con il primo che abbiamo analizzato. Cambiare tono di voce può essere un’opzione del brand a seconda del social che utilizza ad esempio, ma non deve mai distanziarsi troppo da quello utilizzato sul web in generale per il marchio, in quanto questo non lo renderebbe riconoscibile. Fare molta attenzione al messaggio che si distribuisce Il meme sul web, soprattutto se ben fatto, va alla velocità della luce in quanto a condivisioni e apprezzamenti, per cui non c’è posto per una virgola sbagliata, un refuso o una parola fuori posto. Non ci vuole nulla a rovinare la reputazione di un marchio online. Realizzare sempre contenuti in trend Un brand deve sempre ricordarsi che, per quanto i meme marketing sono contenuti prettamente ludici di base, è sempre fondamentale che il tipo di immagine o nonsense utilizzato sia in trend. Aspettarsi di rendere virale un contenuto con un’immagine che non rispecchia il trend concept del momento, può significare un fiasco a livello comunicativo. Pertanto è sempre da tenere in considerazione il real time marketing. Conclusioni sul fare meme marketing Il meme marketing è una strategia che funziona a livello comunicativo, sebbene sia molto importante avere chiara la propria strategia di inbound marketing, in modo tale da integrarlo efficacemente nella strategia. Indubbiamente la strategia del meme marketing, così come comporta innumerevoli vantaggi comunicativi, allo stesso tempo - se non si fa attenzione al messaggio -, può creare problemi al brand. La regola aurea sicuramente è sempre di pensare al meme marketing come a un qualsiasi altro tipo di contenuto, ragionando quindi bene sull’obiettivo e sul target. Vuoi generare meme anche tu per il tuo marketing? Ecco alcuni tool che puoi usare: Meme Generator Livememe Imgur In alternativa puoi sempre scaricare la nostra risorsa gratuita. Image by wayhomestudio on Freepik
Il CRM, acronimo di Customer Relationship Management, è un insieme di tecnologie che mirano a migliorare il rapporto tra aziende e clienti e a conoscerne gusti, abitudini e preferenze così da offrire loro un’esperienza estremamente personalizzata e cucita su misura. Non bisogna però dimenticare che il CRM, pur nascendo per ottimizzare le relazioni e i rapporti con i clienti con l’obiettivo di renderli più saldi e duraturi, è un efficace strumento anche per la comunicazione interna tra i vari team. Per avere una comunicazione chiara ed efficiente verso l’esterno, è necessario costruirla prima all’interno. E in questo articolo ci concentriamo proprio sulle dinamiche e sulle meccaniche dei CRM da sfruttare per migliorare la comunicazione interna di un’azienda, in modo da snellire e velocizzare il lavoro dei diversi team che possono lavorare su un progetto condiviso da tutti. Comunicazione aziendale interna: come un CRM gestisce i flussi lavorativi Il CRM mira a gestire e migliorare le relazioni con clienti, lead e prospect con l’obiettivo di fidelizzarli e fornire un’esperienza personalizzata. Il principale punto di forza di un CRM è quello di sapersi adattare ai contesti circostanti e alle differenti esigenze e richieste degli utenti, diventando parte integrante dell’azienda stessa. Altro obiettivo di un CRM è proprio favorire lo scambio di informazioni tra i diversi team aziendali, a sostegno di un flusso comunicativo continuo e benefico che alleggerisce il lavoro di tutti. Vengono migliorati tutti i flussi lavorativi poiché gli strumenti digitali di un CRM: Tengono traccia dei movimenti dei clienti, delle loro abitudini, delle loro preferenze e della loro cronologia degli ordini, per creare uno storico personalizzato per ognuno di loro e disponibile ad ogni team; Identificare nuove opportunità di business, nuove fette di mercato da esplorare e nuovi potenziali clienti che devono essere attratti e poi conquistati grazie alla possibilità di inserire dati al suo interno da parte di ogni membro del team; Ridurre le attività manuali e ripetitive per consentire ai vari team di concentrarsi unicamente sul core business aziendale, ottimizzare tempo e risorse e velocizzare il processo di vendita. Tutto questo tramite strumenti di automazione; Fornire un servizio clienti ulteriormente migliorato e personalizzato per un’esperienza sempre più efficiente. Con un CRM le aziende, a volo d’uccello, si possono visionare dall’alto tutti i flussi lavorativi così da individuare subito criticità o punti di forza e intervenire nel modo ritenuto più opportuno per apportare ulteriori miglioramenti. La comunicazione in azienda: migliorarla con un CRM Concentrandosi sulle principali funzionalità di un software CRM, che devono poi essere messe al servizio delle aziende, se ne possono individuare 3: Azioni di marketing. Servono per analizzare i dati e le informazioni derivanti da studi di mercati per implementare la marketing automation; Gestione delle vendite. Ogni vendita ha le sue dinamiche differenti, ma può essere automatizzata tramite strumenti moderni che snelliscono i flussi operativi dei team di vendita; Gestione del post vendita. Se la vendita è importante, il post vendita lo è ancora di più. Tramite un efficace call center il CRM consente di rispondere velocemente e proattivamente alle richieste e alle domande dei clienti. Queste sono le 3 principali categorie di funzionalità di un CRM, ad ognuna delle quali sono riconducibili specifiche attività che migliorano sia la comunicazione interna che quella esterna con i clienti. Una di queste è il funnel di vendita, poiché il CRM dà l’opportunità di seguire tutti gli sviluppi e gli step delle vendite e definire le varie fasi commerciali dell’azienda. È poi possibile monitorare le varie attività di contatto, tracciando in ordine cronologico le telefonate, le email e le note per stilare uno storico completo di ogni singolo cliente. Tutti i team hanno accesso a questo storico, così da poter condividere informazioni in tempo reale senza confrontarsi continuamente a beneficio dei flussi lavorativi che risultano decisamente più snelli e veloci. Sempre riguardo alla comunicazione interna dei team, HubSpot CRM consente ai propri utenti di assegnare task agli altri membri dei vari team, inviando loro anche notifiche via mail. Il CRM integra nativamente la posta elettronica di Google e Microsoft, così tutto è perfettamente connesso e i vari team possono consultare i file di contatto senza uscire dalla loro casella di posta. Eventualmente è possibile introdurre nuove funzionalità personalizzate come ad esempio il monitoraggio del tasso di apertura e di clic delle email stesse, funzione utilissima per monitorare l’andamento delle campagne di marketing e non solo. Inoltre un CRM, come HubSpot, può integrarsi anche con gli ecommerce per avere sotto mano tutti i dati dell'ordine in caso di gestione del reclamo. Hubspot CRM si integra nativamente con ecommerce come Shopify, mentre per l'integrazione con BigCommerce l'integrazione è possibile previo sviluppo di un connettore. E ancora un CRM ottimizza la gestione dei contatti, poiché consente di memorizzare dati, informazioni e follow-up così da intraprendere le azioni necessarie come l’invio di un’email, una telefonata o fissare un appuntamento. I vantaggi di un CRM per far comunicare i singoli team aziendali Il CRM offre diverse funzionalità, ognuna delle quali si mette al servizio dei vari team aziendali per migliorarne le prestazioni e ottimizzarne la produttività. I team aziendali che possono trarre grande beneficio dai servizi del CRM sono: Team di vendita; Servizio clienti; Team di marketing; Supply chain; Analizziamo i vantaggi e i benefici per ogni singolo team. Team di vendita I responsabili delle vendite possono accedere ad informazioni relative ai singoli venditori, alle loro prestazioni e ai risultati che stanno ottenendo le varie campagne di marketing (questo fenomeno viene definito s-marketing). Risulta più facile capire a che punto sono gli obiettivi di vendita e quali azioni adottare eventualmente per incrementare le vendite, tenendo presenti i dati oggettivi a disposizione. In questo modo gli inbound sales possono ridurre significativamente le attività amministrative e le noiose gestioni manuali dei dati, situazione che si traduce in una maggiore produttività e più tempo da dedicare ai clienti per conoscerli più a fondo e venire incontro alle loro esigenze. Servizio clienti Tutti i team all’interno di un’azienda hanno la stessa importanza, ma il servizio clienti merita forse un’attenzione in più perché è quello a più stretto contatto con i consumatori, che sono linfa vitale e benzina del serbatoio delle attività e delle imprese. Le aziende oggi devono essere omnicanale, poiché un cliente potrebbe iniziare il suo “viaggio”, ponendo una domanda ad esempio su un social, per poi concluderlo risolvendo la questione privatamente tramite email o telefono. Un buon CRM ti consente di tenere traccia di tutte le informazioni, indipendentemente dal canale utilizzato, le comunica al team di competenza che poi potrà risolvere il problema o fornire al cliente la risposta che attendeva. Essere privi di una piattaforma del genere, significa inevitabilmente restare al palo mentre i competitor corrono veloci. Team di marketing I team di marketing non hanno la palla magica per leggere il futuro ma, grazie alle funzioni del CRM, possono avere una visione più chiara delle opportunità da sfruttare o tracciare meglio il percorso di vendita del cliente, dall’inizio fino alla fine. In questo modo riescono a comprendere meglio se e dove ci sono criticità e quindi intervenire di conseguenza. Tra l’altro con un valido CRM i team di marketing possono anche includere le migliaia di dati e informazioni provenienti dai social, come i contenuti che piacciono o che non piacciono oppure i feedback rilasciati dai consumatori per tracciare le strategie future con cognizione di causa. Internamente, il team di marketing può valutare anche le informazioni derivanti dal team sales, in modo da verificare la correttezza del target delle campagne: se un contatto non è in target comunicarlo al team marketing può essere utile per evitare di sprecare tempo cercando di vendere qualcosa ad un cliente che non comprerà mai. Supply chain L’intera supply chain può essere migliorata grazie alla creazione di report da confrontare per comprendere meglio l’efficienza dei fornitori e dei partner. La reportistica inoltre può mettere insieme le indicazioni dei vari team aziendali. Inoltre sfruttando le funzioni del CRM è anche possibile registrare le chiamate, le call e le riunioni, aggiungere note e pianificare i successivi follow-up per creare flussi di lavoro proattivi e sempre aggiornati. Le piccole aziende hanno bisogno di un CRM per migliorare la comunicazione interna? Quando si parla di CRM generalmente si pensa che possa essere adottato solo dalle multinazionali o comunque da aziende di grandi dimensioni che devono gestire un pacchetto clienti molto ampio e variegato e di conseguenza un enorme flusso di dati e di informazioni. Ma è proprio così? Il CRM per piccole aziende è inutile? Teoricamente si potrebbe rispondere che le piccole aziende possono anche fare a meno di un CRM, ma in tal caso dovrebbero compilare a mano fogli di calcolo, condividere dati tramite email, attendere l’arrivo di queste email, correggendone eventuali gli errori, comunicare con altri membri del team nei modi più disparati. E allora viene da chiedersi: perché complicarsi la vita quando c’è uno strumento efficace come il CRM, adattabile ad aziende di qualsiasi dimensione? Operare senza un software CRM significa partire da una posizione di grande svantaggio rispetto ai competitor, senza considerare tutti i costi da affrontare in termini di tempo, soldi e risorse umane. Un buon CRM invece risolve diversi grattacapi, migliora la gestione dei clienti, ottimizza la comunicazione interna e aumenta anche le vendite. Ecco perché, anche le piccole aziende, devono dotarsi quanto prima di un valido CRM per crescere e per essere competitive nel loro mercato di riferimento. Conclusioni Un software CRM per piccole aziende, per PMI o per grandi aziendale è vitale per la crescita e lo sviluppo interno. I vari dipartimenti hanno la possibilità di lavorare congiuntamente su un progetto comune, grazie ad una comunicazione interna veloce e immediata che migliora le prestazioni di tutti i vari team e consente di personalizzare l’esperienza cliente in ogni tipologia di business. Per approfondire il discorso ti consigliamo di scaricare la risorsa gratuita disponibile alla fine dell’articolo, che ti spiega perché vale la pena iniziare un progetto CRM per migliorare le interazioni con i contatti e i clienti e far crescere la tua attività. Image by rawpixel.com on Freepik
Social Selling è oggi un metodo determinante per il successo del team commerciale per comunicare con i propri prospect. E le aziende non possono più ignorarla. Ecco cos'è la Social Selling e come funziona. Una definizione di Social Selling Social Selling è quando un commerciale utilizza i social media per interagire direttamente con i propri prospect. Il commerciale fornirà un valore rispondendo a questioni poste dal prospect e offrendo loro consigli utili, finché questo non sarà pronto a comperare. L’utilizzo dei social media nelle vendite permette al commerciale di deliziare i suoi prospect invece che interromperli durante la giornata lavorativa con chiamate o email a freddo. Possiamo così riassumere le attività principali dei social seller: Interagire direttamente con i prospect in modo professionale; Fornire risposte pertinenti alle loro domande così da offrire un valore aggiunto reale; Pubblicare contenuti di qualità e di interesse per il prospect, che così può venire convertito più facilmente in cliente. Il social selling prevede una serie di attività concatenate tra di loro che, se fatte bene, portano naturalmente alla conversione del cliente. Il primo passo è quindi creare un brand affidabile per poi individuare le opportunità di vendita, monitorare i potenziali clienti e creare con loro relazioni di valore, ad esempio ottenendo i loro dati ed i loro contatti. Il rapporto con i prospect diventa quindi fondamentale e va costruito giorno dopo giorno con azioni mirate e studiate a tavolino. Il social selling non si improvvisa e soprattutto richiede una notevole pazienza. Social Selling: il significato non è Social Marketing Social Selling non va confuso con il social marketing, sono due cose molto differenti e ci sono due differenze fondamentali. La prima è che il Social Selling è focalizzato sui professionisti delle vendite, piuttosto che sui professionisti del marketing. La seconda è che la Social Selling mira alla costruzione di relazioni uno a uno, piuttosto che fermarsi ai messaggi mandati uno a molti. Tra le cose da non fare quindi sicuramente è non approcciare con una vendita push sui social, cioè proponendo in maniera quasi maniacale un prodotto o un servizio ad un cliente sperando di prenderlo per sfinimento! Questa tecnica è molto simile alle “cold call”, cioè “telefonate fredde” che un commerciante fa ad un potenziale cliente con cui non ha avuto alcun contatto e di cui non conosce nulla. Altra cosa da non fare è avere un approccio troppo informale, come ad esempio cercare clienti sui social aggiungendoli tra i propri contatti del profilo personale. Queste tecniche sono sbagliate, antiquate e anacronistiche e contrarie a quelli che sono i principi dell'inbound marketing: non portano pertanto a nessun risultato e anzi possono trasformarsi in un boomerang. Presupposti della Social Selling Ormai è innegabile, il marketing è diventato qualcosa di sempre più informale. Siamo passati dall'epoca del venditore in giacca e cravatta, che manteneva un rigido e professionale distacco con il cliente per far la migliore impressione possibile, alla possibilità di acquistare qualcosa semplicemente scrivendo un messaggio, magari condito da emoticon e smile. Come mai il rapporto tra venditore e cliente è cambiato così profondamente? La risposta risiede in un'unica parola: il web. Grazie ad esso, tutto è raggiungibile in qualsiasi momento, store inclusi: il fatto che questi ultimi si mettessero al passo con l'evoluzione della rete era solo questione di tempo. Un pubblico vastissimo, migliaia di possibilità ogni giorno, un sacco di strumenti per guadagnare visibilità: Internet incarna tutto ciò che serve ad un commerciante per fare fortuna, a patto che egli sappia come muoversi. Ed è a questo proposito che molte realtà online sono mutate, adattandosi a quello che è diventato il web marketing: Facebook, Twitter e LinkedIn, AdWords, ecommerce, hanno tutti sviluppato funzionalità extra per implementare pubblicità e informazioni di vendita, avvicinandosi sempre di più al potenziale cliente facendo in modo di essere sempre raggiungibili e disponibili. Ma, soprattutto, tutti si stanno rendendo conto che il discorso diretto, ovvero la forma di comunicazione più basica e primordiale, è ciò che più desidera l'utente: la possibilità di chiedere, chiarire e discutere è ciò che vuole il cliente, e di conseguenza anche ciò che vuole il venditore. Perché le aziende dovrebbero fare social selling? Le aziende devono imparare ad allinearsi con le nuove abitudini dei clienti, che sono profondamente cambiate in un contesto di digital transformation. Ecco perché le aziende dovrebbero fare social selling. I canali social non vanno intesi solo come piattaforme dove concludere unicamente le vendite, ma finalizzate ad ascoltare le esigenze del proprio target, individuare i prospect, monitorare le attività dei competitor e analizzare in generale i nuovi trend e opportunità di mercato. Uno dei principali obiettivi è entrare in contatto con persone realmente interessate alla tua offerta, proponendo soluzioni efficaci che risolvono in modo concreto un loro problema o che soddisfano uno specifico bisogno. Così facendo è possibile incrementare il numero di contratti commerciali sia nel B2B che nel B2C. L’approccio ai potenziali clienti deve essere quanto più personalizzato possibile, proprio perché gli utenti cercano soluzioni specifiche per i loro problemi. Il legame di fiducia è fondamentale e bisogna costruirlo prima così il processo di acquisto risulta molto più naturale e fluido. Un utente che è stato seguito con grande attenzione dai primi contatti con un’azienda sarà più invogliato ad acquistare. La fidelizzazione del cliente determina una reazione a catena favorendo altre iniziative virtuose come l’up-selling, il cross-selling ed il passaparola. Non sei solo tu ad analizzare i potenziali clienti, ma anche loro fanno ricerche mirate su Internet per capire quali sono i brand che possono fare al caso loro. Ecco perché è importante individuare i buyer personas per il proprio business e fornire un servizio personalizzato e su misura. Altrettanto importante è porsi come punto di riferimento per quello specifico mercato, perciò è necessario lavorare molto sul concetto di brand di valore. I clienti vanno comunque seguiti anche dopo l’acquisto, altrimenti il rapporto di fiducia cade e si perde quanto di buono fatto fino a quel momento. 5 motivi per fare social selling 1. Con il social selling generi empatia e stima su di te e sul tuo brand Professionisti di successo condividono problematiche e soluzioni sui canali social e interagiscono con altri imprenditori. Condividere problemi suscita empatia, proporre soluzioni riconosciute e supportate da altri utenti ti fa guadagnare fiducia. Ed è un modo naturale di far ricordare, ai potenziali clienti, il nome della tua azienda, del tuo prodotto: sarai uno dei primi contatti a cui si rivolgerà quando sarà pronto a comprare. Chi compra ha a disposizione molte notizie per decidere, ma a volte ciò che manca è una semplificazione. E a chi porre una domanda che risolva i dubbi se non alla persona presente e disponibile sui social e ai quali anche altri si sono rivolti con soddisfazione? 2. Con il social selling non infastidisci le persone ma crei conversazioni I bravi venditori, spesso ti raccontano che il segreto del loro successo è la capacità di conversare con i clienti o potenziali clienti che stanno incontrando. Che spendono tempo a parlare del più e del meno, non solo del motivo lavorativo dell’incontro. Il processo di compravendita diventa più facile se non si cerca di vendere direttamente ma se si fornisce una soluzione all’interno di una conversazione interessante. Ti aiuta inoltre a mantenere i contatti anche con i clienti acquisiti, quando non ci sono scadenze contrattuali o altre attività di business. Non ti servirà fare la classica telefonata di aggiornamento ma sarai sempre in qualche modo in contatto con loro. Ricorda però che fare social selling non significa bombardare sconosciuti di messaggi privati non richiesti. Questo è spam, della forma meno tollerata dagli utenti. 3. Il social selling è (quasi) gratuito e lo puoi fare ovunque Per aprire account social non serve pagare. Alcune piattaforme offrono utilità avanzate gratuite, altre a pagamento, come LinkedIn Sales Navigator. Il “costo”, o meglio l’investimento, più grande è quello di tempo che dedichi a curare i tuoi contenuti, la condivisione di post e news interessanti, di commento e contatto con altre persone nella rete. Un aiuto lo può offrire il reparto marketing dell’azienda, con la generazione di documenti e altri materiali da condividere on line. E non hai bisogno di essere in ufficio: puoi essere produttivo in qualunque luogo. 4. Il social selling ti fa scoprire a cosa sono interessate le persone Utilizzare i social per monitorare le conversazioni di importanza per il tuo settore ti permette di identificare quei contatti che hanno dimostrato interesse per la tua azienda, per il tuo ambito di attività, per i tuoi competitor, in modo da entrare lentamente in contatto con loro e fornire informazioni utili quando il momento è più adatto. Ti aiuta inoltre ad identificare a quali questioni sono interessati e in che termini. 5. Chi compra lo fa normalmente O meglio, fa l’inverso del social selling, il social buying. Gli acquirenti utilizzano normalmente i social per trovare possibili venditori, trovare informazioni e farsi un’opinione in merito a chi propone la soluzione migliore per il loro problema. Statistiche aggiornate, riportano che il 57% della decisione di acquisto viene preso prima ancora di contattare un responsabile vendite. Se non fai social selling attivamente, non comparirai tra i risultati delle loro ricerche e perderai occasioni molto interessanti. Le componenti della Social Selling a. Social prospect: comporta il monitoraggio e/o la ricerca sui social network di segnali di clienti interessanti, intenzioni di acquisto o prospect qualificati, basando l’analisi sul settore, il ruolo, la posizione geografica o altro. Per esempio, per un venditore di servizi finanziari potrebbe essere interessante monitorare i cambiamenti importanti nella vita di una persona (la nascita di un figlio, un cambiamento nello status lavorativo, la morte di un parente…) per correlarlo al bisogno di un investimento. In modo simile nel B2B i commerciali possono individuare i potenziali acquirenti dal profilo di LinkedIn. b. Personal Branding: è l’utilizzo dei social media per rafforzare la reputazione o la credibilità di un individuo. In genere questo viene fatto attraverso la creazione di profili personali interessanti che mettono in risalto le competenze, la credibilità e l’integrità di un commerciale. Nel personal brand ci sta anche la condivisione di informazioni personali per trovare un terreno comune di interesse con i potenziali acquirenti e partner. c. Employee advocacy: è quando il commerciale, o altro personale, utilizza i propri profili social per condividere alla sua rete di contatti notizie positive - storie, risultati, novità… - dell’azienda per la quale lavora. Significa condivisione di contenuti, risposta alle domande, collegamento e relazione con i leader del settore e utilizzo degli hashtag relativi all’azienda o agli argomenti della categoria. Alcune aziende lasciano libertà di condivisione ai dipendenti, altre stabiliscono delle linee guida o, in alcuni casi, contenuti specifici. d. Social Relationship Management: la gestione delle relazioni sociali è l’utilizzo delle reti digital come canali per coltivare relazioni con i clienti. Il Social Relationship Management - a volte indicato come Social CRM - è un’estensione delle relazioni tradizionali che si concentra sulla comunicazione e sui feedback dei clienti. Esempi di Social Relationship management sono la risposta sui social di domande o problemi dei clienti con i prodotti/servizi dell’azienda o la condivisione dei contenuti degli utenti che interessano l’azienda. Il Social Relationship Management enfatizza i collegamenti autentici e genuini delle persone con l’azienda. Social seller: 7 consigli utili per vendere sui social network Esistono diversi step che i commerciali possono intraprendere per iniziare a fare social selling. Se sei un commerciale che vuol diventare un social seller ecco per te alcuni pratici consigli: 1) Ottimizza i profili social media Devi innanzitutto assicurarti di ottimizzare i profili prima di fare qualsiasi altra cosa. Se vuoi partire con iniziative di social selling con un profilo datato o non aggiornato i tuoi sforzi potrebbero essere inutili. Non buttare via il tempo così, sii preparato. 2) Entra a far parte dei gruppi di LinkedIn o di altri forum pertinenti Controlla i profili dei tuoi clienti e prospect. A quali gruppi appartengono e in quali partecipano attivamente? Scoprilo e seguili! È una buona idea entrare a far parte di gruppi di un grande settore così potrai restare aggiornato sulle sfide che i tuoi compratori stanno affrontando. Se hai informazioni di valore con cui contribuire su una discussione, fallo. N.B: Ricordati di non utilizzare i gruppi come un’opportunità per spingere i tuoi prodotti e servizi. I commenti a scopi commerciali sono indesiderati e infastidiranno i membri del gruppo così come infastidisce una chiamata o una email a freddo. ► Intavola una conversazione nel modo appropriato, o rimani in silenzio e osserva solo. 3) Imposta notifiche di social listening Usa google alert o uno strumento di social listening (i clienti HubSpot possono utilizzare Social Inbox) per impostare notifiche per quando i prospect o i clienti faranno determinate azioni. Per esempio, se un prospect menziona un problema che sta avendo e tu commerciale hai informazioni pertinenti e utili che potrebbero aiutarlo, aver impostato un alert ti permetterà di intervenire velocemente nella conversazione. Utile vero? 4) Iscriviti ai blog Come potresti sapere di cosa parlare con i tuoi prospect sui social media? Leggendo! Controlla che contenuti stanno condividendo e iscriviti alla loro newsletter o utilizzando l'RSS. ► Poi puoi condividere gli articoli che potrebbero essere particolarmente interessanti per i tuoi buyer su LinkedIn o twittarli. 5) Cerca referenze Una volta che avrai identificato gli stakeholder specifici ai quali vorresti presentarti, fermati un attimo sui loro profili LinkedIn e vedi se hai qualche connessione in comune. ► Chiedi a un vostro collegamento in comune di essere presentato. Scalda il contatto bloccato. 6) Abbonati a LinkedIn Sales Navigator - opzionale LinkedIn sales Navigator è un servizio premium a pagamento. Lo strumento Sales Navigator di LinkedIn può aiutare gli inbound sales ad identificare nuovi lead in base alla location, al settore, alla dimensione dell’azienda e altri attributi al fini di costruire una lista di prospect. 7) Blog - opzionale I commerciali non hanno bisogno di un blog per utilizzare i contenuti in maniera efficace nella social selling. Tuttavia i commerciali che vogliono creare contenuti originali per attrarre i loro prospect dovrebbero farlo. Ecco alcuni consigli per creare un post che attirerà l’attenzione dei tuoi prospect: Scegli un tema che interesserà loro Scrivi un titolo accattivante Non fare del tuo post solo un modo con cui vendere Includi la tua prospettiva e opinione Assicurati di pubblicizzare i tuoi post su Twitter e LinkedIn, includendo tutti gli hashtag più pertinenti per assicurare che siano facilmente trovabili. Tecniche per fare social selling Ora che hai una conoscenza delle basi per poter fare del social selling, possiamo entrare nel cuore della questione. Gli step fondamentali che un social seller deve fare per vendere online sono i seguenti: Dai valore al tuo brand; Informati e fai ricerche; Sii attivo sui social; Avvia interconnessioni con i clienti; Usa gli strumenti più adeguati alle tue necessità. Creare un brand di valore Quando un prospect atterra sulla tua pagina o comunque interagisce con la tua azienda, deve subito capire quali sono i vantaggi che offri e l’ambito in cui operi. In tale ottica LinkedIn è un ottimo strumento per dare valore al tuo brand, inserendo le informazioni personali, le tue esperienze, le competenze e in generale tutti quegli elementi che conferiscono credibilità e aumentano la reputazione del tuo brand in quel settore. Fare ricerche specifiche Se da un lato l’obiettivo è cercare potenziali clienti, d’altro lato il social selling ti aiuta anche a migliorare le conoscenze nel tuo mercato, perché c’è sempre da imparare in un mondo digitale in cui tutto scorre e tutto si evolve. Fai quindi continue ricerche specifiche per capire su quale terreno ti stai muovendo per ottimizzare le interazioni con i potenziali clienti. Partecipare alle discussioni sulle piattaforme online Iscriviti ai gruppi, alle newsletter ed alle piattaforme che interessano il tuo brand e partecipa attivamente alle discussioni online. Puoi fornire informazioni utili che aiutano a risolvere i problemi degli utenti e allo stesso tempo individuare nuove interessanti opportunità. Stringere relazioni con i clienti Stringere relazioni con i clienti non significa provare in ogni modo e a tutti i costi a vendere qualcosa, ma piuttosto a costruire un rapporto di valore e creare un terreno favorevole per la vendita, che diventa quindi una naturale conseguenza del tuo lavoro se svolto correttamente. Usare gli strumenti adatti Per migliorare la tua attività di social selling impara ad usare gli strumenti giusti, come HubSpot che ti invia delle notifiche quando i prospect o i clienti fanno determinate azioni. In questo modo sai perfettamente come e quando agire in modo mirato, ottimizzando le tue azioni e il tempo a disposizione. Hubspot però non è solamente questo ma c'è dietro di esso un mondo di funzionalità studiate appositamente per chi vuol vendere i propri prodotti. Come interagire con i prospect sui Social Network Veniamo al dunque, la Social Selling riguarda l'interagire, ma tieni bene a mente il fatto che non ha nulla a che fare con lo spam. Le tue interazione devono essere ragionate, pertinenti, di valore e personalizzate. L'interazione social avviene principalmente in quattro forme: la condivisione di contenuti, il mettere mi piace, il commentare e il connettersi. Condivisione di contenuti Posta contenuti interessanti per i tuoi potenziali clienti e fallo spesso. Ma non linkare solamente ai contenuti della tua azienda, condividi contenuti di terze parti. Mettere mi piace Quando noi hai tempo per commentare o non hai nulla da aggiungere agli altri commenti, un consiglia di LinkedIn o un mi piace di Twitter funziona bene lo stesso. I like funzionano come un grazie quando altri condividono o retwittano i tuoi contenuti. Facile, veloce e immediato...non essere avaro! Commentare Un commento non dovrebbe essere solo una spinta commerciale verso la tua azienda o un link al suo sito internet. Dovrebbe essere una risposta ragionata e che possa incentivare altri commenti a un articolo. Connettersi Su twitter puoi seguire tutti i prospect che desideri dal profondo del tuo cuore. Ma su LinkedIn dovresti essere molto più prudente. Una buona norma è quella di non richiedere il contatto a qualcuno finché non si hanno avuto interazioni significative in persona o online. Solo dopo ti consigliamo di inviare un invito personalizzato spiegando perché ti piacerebbe entrare nel suo network. Potresti magari far riferimento a un post che la persona ha scritto o a un articolo che ha recentemente condiviso per mostrare che hai fatto le tue ricerche. HubSpot e la sua chat (integrabile con qualsiasi sito) Chiariamo una cosa: nonostante social e app di messaggistica siano ottimi strumenti per guadagnare visibilità, fare social selling e trattare a tu per tu con i clienti, questi strumenti restano dei surplus applicati ad un business. La base per impostare una strategia di marketing online deve essere uno strumento personale dell'azienda, in grado di ospitare il tuo sito, gestire i dati dei tuoi lead e dei tuoi clienti e produrre contenuti da posizionare sul web. Molti di voi saranno d'accordo quando affermo che la soluzione migliore per fare tutto ciò è partire con un progetto CRM. Uno dei suoi punti di forza è appunto una chat versatile e scalabile, in grado di utilizzare bot per le risposte automatiche e assegnare determinati membri del team alle conversazioni: questo permette una presenza costante e ben selezionata del personale sulla chat, garantendo un supporto tempestivo e qualificato. Per una gestione più semplice delle pubblicazioni sui social e sul blog aziendale e per poter creare contenuti armonici tra i diversi canali, quindi consigliamo di valutare l'implementazione di una software per il marketing, come HubSpot marketing, o di un CRM. Nel frattempo ti lasciamo una risorsa gratuita che ti sarà utile per capire come costruire una strategia omnicanale. Image by Freepik
Il web marketing è una strategia promozionale che mira a ottenere visibilità attraverso la pubblicazione di articoli e banner per la vendita di un prodotto o di un servizio. L’Inbound marketing è una metodologia che non assale l’utente, ma pone al centro dell’attenzione i suoi desideri e le sue necessità. Per questo pratiche come l'interruption marketing oppure ogni tipo di marketing invasivo è da considerarsi superato perché il principio base è che l'utente non vuole essere infastidito! Cos'è l'interruption marketing? Una corretta definizione di interruption marketing può essere: l'insieme di tutte quelle pratiche invasive, che colpiscono una persona mentre sta svolgendo le proprie attività routinarie, finalizzata alla promozione di prodotti o servizi. Queste pratiche possono consistere nell'invio di messaggi, telefonate o altre comunicazioni, contro la volontà dell'utente e senza che esso abbia mostrato dell'effettivo interesse. Le pratiche di interruption marketing erano molto diffuse negli anni 80/90 quando l'obiettivo delle aziende era vendere a tutti i costi. Con il customer centrismo però le aziende hanno sempre più messo il cliente e le sue necessità al centro dei loro business model, avendo in cambio fedeltà dei cliente e l'ottimizzazione delle risorse all'interno del loro ciclo produttivo. Questa tipologia di marketing, che rientra tra le pratiche di marketing outbound, non si riferisce quindi ad un target specifico ma cerca di sparare nel mucchio nella speranza che qualcuno diventi un lead. Esempi di interruption marketing Andiamo ora analizzare alcuni esempi di interruption marketing, quelli più diffusi tra chi prevede questo tipo di marketing. Il primo esempio è legato alle pubblicità televisive, o quelle che si trovano all'interno dei video nel web. In questo caso l'utente viene interrotto dall'inserzione e, anche se ultimamente sono sempre più targetizzate nel mondo dell'online grazie all'utilizzo dei cookies, difficilmente l'utente sarà interessato. L'esempio più classico di questa tipologia di marketing invasivo è rappresentato dalle telefonate dei call center. Questa è il mezzo considerato più fastidioso perché molte persone la considerano come una violazione della propria sfera privata e, molto spesso, vengono eseguite chiamate di marketing senza avere le giuste autorizzazioni. Questo tipo di marketing può essere limitato inserendo il proprio numero di telefono all'interno del registro delle opposizioni. Altro esempio che andiamo a trattare è quello delle email di marketing (le cosiddette DEM - Direct Email Marketing). Partiamo dal presupposto che secondo la GDPR non si possono inviare comunicazioni di marketing senza il consenso da parte del contatto (software come HubSpot rappresentano una manna dal cielo per chi vuol fare email marketing in sicurezza da questo punto di vista). Ricevere una mail a cui non si è interessati può avere due conseguenze: la disiscrizione dell'utente alla newsletter oppure l'eliminazione della mail e la conseguente segnalazione come spam. L’inutilità del marketing invasivo Approfondiamo ora l'esempio fatto in precedenza sull'email marketing per trarne le conclusioni sull'efficacia di questa tipologia di marketing. Il ragionamento che segue può quindi essere applicato ad ogni tipologia di esempio fatto in precedenza. La comunicazione tramite pratiche di interruption marketing che colpisce l’utente attraverso dei piani di e-mail marketing, nel tentativo di vendere e di proporre un servizio, finisce quindi con ogni probabilità nella casella dello spam, senza nemmeno essere letta. Se un’e-mail riesce ad aggirare i filtri e a inserirsi in una casella di entrata, aumenta le possibilità di essere letta: ma se contiene una pubblicità inopportuna, oppure recapitata in un momento sbagliato, finisce cestinata. Stessa cosa può essere applicata alla pubblicità tramite video, in cui si aumenta la probabilità che l'utente non guardi nemmeno il video ed esca dal sito e, nel caso delle telefonate dei call center, riattacchi la cornetta. L’utente medio è quindi ormai assuefatto da questo tipo di promozione: poteva forse essere più efficace negli anni passati, ma ai giorni nostri, dove il grado di attenzione è mediamente calato a pochi secondi, questo tipo di marketing risulta spesso controproducente. Il marketing è sempre invasivo? Chiaramente, se il tentativo di raggiungere un contatto finisce nel cestino, anche il lavoro per tentare di presentare un prodotto, o un servizio, risulta vano. E nessuna azienda può permettersi di lavorare a vuoto. Il marketing è invasivo quando è utilizzato come strumento di contatto forzato e non richiesto, quando è un’azione a senso unico e offre un servizio solo a se stesso, mirato alla vendita diretta. Questo però non è l’unico modo di promuovere qualcosa e, probabilmente, nemmeno il migliore. Il principio del “do ut des”, frase latina che viene tradotta con “io do affinché tu dia”, esce dai canoni della forzatura e punta a creare dei contenuti veramente validi, che possano risolvere un problema. La fine dell'interruption marketing: perché attrarre è diverso da imporre Se il marketing tradizionale sul modello dell'interruption impone un punto di vista al potenziale cliente, l’Inbound marketing attrae le persone offrendo i contenuti che queste desiderano trovare, creando delle relazioni. Quando un utente web è soddisfatto, perché ha risolto un suo problema, sarà interessato a leggere altri articoli che possono aiutarlo a superare altri fastidi. L’attrazione costa però un investimento in termini di lavoro, a differenza dell'interruption marketing che costa in termini monetari. Per semplificare il concetto, basti pensare al periodo estivo: come si affronta la classica prova costume? Come si costruisce un corpo tonico, con una bassa percentuale di cellulite, con una pelle elastica e seducente? Solo grazie al lavoro in palestra, alla costanza e all’impegno, a un obiettivo preciso ben chiaro in mente. A quel punto, quando il corpo sprigiona un buon livello di fascino, quando soddisfa le esigenze estetiche personali, diventa motivo di attrazione anche per le altre persone: saranno loro a inseguirci, perché conquistati da quello che stanno cercando. Interruption marketing e pratiche invasive: le strategie per superarlo L’intuizione sull’importanza della creazioni dei contenuti è arrivata per la prima volta da Bill Gates, nel 1996, oltre vent’anni fa, con la sua frase “Content is the King”. Un’epoca che sembra lontanissima, in termini web, eppure che già aveva tracciato un percorso futuro: internet è un immenso calderone, letteralmente una rete di collegamenti infinita, rinnovata quotidianamente. Ciò che oggi è nuovo, sarà vecchio e superato domani. Un utente naviga in rete per divertirsi e informarsi, alla ricerca di soluzioni: l’abbinamento informazione e divertimento, complicato da ottenere, è un aspetto fondamentale per creare una relazione. Conquisti l’attenzione di una persona quando sai essere utile, ma anche divertente, costruendo un’immagine autorevole senza essere troppo serioso. Il contenuto è premiato anche dai motori di ricerca, che privilegiano i link posizionandoli nelle prime posizioni della pagina: la SERP. Ciò significa che le pratiche di marketing invasivo, come l'interruption marketing, sono certamente superate dai contenuti e dalle strategie di quello che viene definito inbound marketing, che riescono ad attirare l'attenzione molto di più che pubblicità fastidiose ed indesiderate. La chiave non è solo nelle parole L’Inbound marketing funziona al meglio quando le parole di ricerca (keywords) veicolano gli utenti ai contenuti. Questi ultimi hanno come casa di appartenenza i blog: in un post è possibile spiegare, in modo esauriente, la funzionalità e l’utilità di un servizio o di un prodotto. È basilare scrivere titoli con le keywords, da ripetere anche all’interno degli stessi articoli. Ciò permette di essere trovati con maggiore facilità dagli utenti senza infastidirli, ma non è sufficiente: un internauta soddisfatto, emozionato, da quanto ha trovato avrà un incentivo maggiore a condividere il post sui profili dei social media personali. Grazie all’autorevolezza conquistata e al gradimento raccolto tra gli utenti, si creano nuovi collegamenti e si diventa virali: le persone inizieranno a consumare i contenuti proposti e ne vorranno di nuovi. L’utente consapevole di trovare le risposte che desidera, tornerà alla ricerca di nuove soluzioni. Avrà l’impulso di iscriversi al blog, per rimanere aggiornato sui nuovi post a cui prevede di essere interessato e per farlo fornirà, attraverso apposito modulo, il proprio nome e l’indirizzo e-mail. Un altro metodo, per ottenere il recapito di posta elettronica, è offerto dalle call to action, dalle landing page e da form specifici che hanno la possibilità di veicolare l’internauta anche sui nostri obiettivi di vendita. Ottenere l’indirizzo e-mail di un utente è una delle opportunità migliori per mantenere il contatto con lui. I dati raccolti, grazie all'uso dei CRM, permettono di conoscere le preferenze di una persona e di targetizzarla con contenuti sempre più mirati. Nome e indirizzo e-mail sono soltanto i primi passi: seguendo la logica “do ut des” dobbiamo imparare a comprendere il nostro lettore. L’offerta di un contenuto utile, da consumare liberamente, deve procedere di pari passo con l’acquisizione di altre informazioni: età, luogo geografico di appartenenza, hobby, stato sociale ecc. Identificare, in modo preciso, il proprio target di riferimento consente di ideare le giuste leve per approfondire il rapporto e renderlo proficuo, da ambo le parti. Tiriamo le somme sull'interruption marketing e sull'inbound L'interruption marketing e tutte le pratiche di marketing invasive sono quindi superate perché si rischia di infastidire troppo l'utente. Per questo viene in aiuto a chi si occupa delle strategie di marketing delle imprese il concetto di inbound. Un piano di Inbound marketing è in costante evoluzione, perché ogni azione richiede la verifica della sua efficacia o meno. I social media, i servizi di e-mail marketing e l'implementazione di un CRM mettono a disposizione degli strumenti di analisi che consentono di capire, rapidamente, cosa funziona e cosa non funziona nel progetto di marketing. L’Inbound marketing è una forma di promozione che funziona nel tempo, che costruisce relazioni, autorevolezza e affidabilità: è l’amico in grado di risolvere le esigenze di un utente attraverso contenuti specifici e utili. Con la giusta agenzia Hubspot, specializzata in inbound marketing, al tuo fianco nulla potrà impedire alla tua azienda di decollare. Image by master1305 on Freepik
Se provi a chiedere a 10 persone che escono da un cinema la loro opinione sul film appena visto, riceverai 10 risposte diverse. C’è chi si commuove, chi si diverte, chi piange e chi riflette dinanzi a determinate scene. Questo perché ogni persona vive una sua esperienza personale e interpreta le cose a modo suo. Questo esempio ci aiuta per introdurre il discorso sulla customer experience dei clienti, che è cambiata tantissimo negli ultimi anni grazie all’avvento di nuove tecnologie e nuove strumentazioni. Il mercato è in costante evoluzione e i consumatori non solo sono più preparati, ma anche più esigenti. Le aziende, per dare un valore aggiunto ai loro servizi, non devono limitarsi a fornire un’esperienza discreta o buona, ma deve essere impeccabile. Qui entra in gioco il concetto di agile CX proprio perché l’esperienza cliente deve essere agile, nel senso che deve sapersi adattare alle diverse esigenze di mercato in modo rapido e scattante, cambiando direzione, accelerando o rallentando a seconda del contesto. Le aziende possono così imparare dalle precedenti esperienze, adattandosi ai mutamenti sul breve, medio e lungo periodo. Nei seguenti paragrafi analizziamo meglio cos’è l’agile CX, come ottimizzarla, cosa fa alla customer experience e quali sono le strategie che le aziende possono mettere in atto. Gestione delle relazioni con i clienti (CX): i 3 punti chiave Se è vero che ogni azienda deve offrire esperienze personalizzate e diversificate in base al contesto, al mercato in cui opera e ai suoi singoli clienti, è anche vero che esistono 3 punti cardine, sui quali si basa la customer experience agile, validi per ogni settore. Analizzando questi 3 concetti, validi universalmente per multinazionali, start-up, PMI e piccole aziende locali le aziende possono concentrare meglio tempo e risorse, così da offrire un’esperienza realmente valida e cucita su misura secondo le esigenze dei clienti. I 3 punti chiave sono i seguenti: Approccio proattivo. Per una CX agile le aziende devono essere proattive e quindi anticipare le possibili obiezioni, le lamentele o le domande dei clienti. Prendiamo come esempio la customer journey, dove il viaggio del consumatore durante l’acquisto si snoda in diverse fasi. Se tanti utenti bloccano il processo di acquisto al momento della transazione finale, è evidente che c’è qualche problema. Potrebbe dipendere da una politica di reso poco chiara, oppure dall’assenza di determinati sistemi di pagamento. Prova ad analizzare le domande più frequenti dei clienti, poiché possono fornirti utili indicazioni sui problemi e sulle criticità riscontrate. Questa fase può essere considerata esplorativa, poiché ti consente di capire dove e come intervenire per snellire i flussi e i processi aziendali. Se ad esempio molte persone si lamentano della poca trasparenza della politica dei resi, prova allora a renderla più chiara e intuitiva. Se invece il problema è la mancanza di determinati sistemi di pagamento, aggiungine di nuovi così da soddisfare una platea quanto più ampia possibile; Revisione delle problematiche e ottimizzazione dei processi. Dopo questo primo processo, puoi passare al secondo step di natura “interventista”. In questa fase infatti devi revisionare e risolvere da un punto di vista pratico le problematiche, intervenendo in modo mirato. Considera che i vari team aziendali che lavorano sull’ottimizzazione dei processi devono operare in sinergia tra di loro ed essere ben focalizzati sulle problematiche effettive. Devono quindi coordinarsi tra di loro e ricevere continuamente i feedback, le recensioni e le opinioni dei clienti affinché possano toccare con mano le problematiche riscontrate e agire di conseguenza; Esperienze personalizzate. La CX agile trova la sua massima espressione con la differenziazione delle offerte per garantire la massima soddisfazione del cliente. Adattare nuovi approcci in base alle diverse esigenze consente anche di capire quale strategia funziona e quale no. Naturalmente, così come ricordato all’inizio con l’esempio del cinema, bisogna sempre tenere presente che ogni cliente è un “mondo a sé” e quindi ha le sue preferenze, le sue abitudini e le sue attitudini. Sperimentando si possono trovare varie tipologie di soluzioni, alcune delle quali fondono l’online e l’offline, per creare esperienze tarate su misura per ogni cliente che possono realmente essere considerate agili. Come si misura la Customer Experience? I 6 KPI fondamentali Precedentemente abbiamo accennato al fatto che i team aziendali e gli sviluppatori devono avere in mano dati oggettivi sui quali lavorare per rendere l’esperienza quanto più agile possibile. Questi dati li forniscono i KPI (Key Performance Indicators), cioè metriche che sono: operative: consentono di ottimizzare tempi e risorse per migliorare la produttività con un occhio rivolto al budget; qualitative: si misurano la qualità e la sicurezza del servizio proposto dal team, apprendendo ed evitando di ripetere gli errori del passato e instaurando un ponte diretto tra cliente e azienda; di valore: il lavoro dei team è finalizzato a creare un servizio in grado di soddisfare lo scopo e conseguire i risultati desiderati. Si migliora così la collaborazione tra i team e l’assistenza al cliente risulta immediata ed efficace. Esaminiamo più nello specifico i 6 KPI principali che i team di sviluppo e progettazione devono considerare: CSAT (Customer Satisfaction Score). Si tratta di una sorta di misuratore della soddisfazione del cliente e può essere sfruttato per valutare la soddisfazione complessiva o la soddisfazione di un’interazione specifica; NPS (Net Promoter Score). Questo KPI quantifica quanto un cliente è disposto a consigliare il prodotto ad un amico o un parente su una scala da 1 a 10; Customer Retention Rate. Misura la capacità di un’azienda di trattenere e fidelizzare i propri clienti, evitando quindi che possano rivolgersi alla concorrenza; Tasso di abbandono. Al contrario della customer retention rate, il tasso di abbandono misura invece la perdita dei clienti in un determinato lasso di tempo e bisogna studiarne il perché; Tasso di risposta della campagne di marketing. Un indicatore che monitora e valuta la comunicazione di un’azienda con i clienti, che sia automatizzata, digitalizzata o umanizzata, soprattutto durante le campagne di marketing; Acquisti ripetuti. Un KPI che misura la fidelizzazione di un cliente e che ti mostra quali sono i motivi per i quali un cliente acquista ripetutamente da te. Le 4 strategie fondamentali per un’efficace strategia agile CX Alla parte teorica deve naturalmente seguire la parte pratica che si concretizza nelle strategie che le aziende devono poi mettere in atto. Di strategie possibili ne esistono almeno 4: Creare relazioni solide e durature. Intessere interazioni e connessioni sui social o su altri canali con i clienti sicuramente è importante, ma non è sufficiente per ottenere delle conversioni. Quelle interazioni devono trasformarsi in relazioni stabili e durature e i clienti devono percepire il tuo brand come un punto di riferimento affidabile al quale rivolgersi per trovare soluzioni alle loro problematiche. Per questo esistono strumenti come i CRM, in grado di aiutare le aziende a gestire i loro contatti e i loro clienti, in modo da avere una conoscenza completa. Avviare un progetto CRM può essere estremamente utile; Ottimizzazione dell’engagement. Talvolta le aziende si concentrano esclusivamente sul profitto, cioè sulla vendita del prodotto. Per quanto essenziale, la vendita non deve essere però l’unico obiettivo delle aziende. Bisogna infatti sottolineare l’importanza dell’engagement, cioè la capacità di creare una community attiva e fidelizzata che risulta ancora più valida di una vendita una tantum. Una clientela fedele e ben disposta a tornare sul tuo sito per altri eventuali acquisti inoltre ti fornisce più dati e materiali sui quali lavorare per costruire una CX agile ancora più efficiente e personalizzata; Porre il cliente al centro del progetto. Alcune persone commettono l’errore di focalizzarsi esclusivamente sui risultati e quindi di concentrarsi unicamente su loro stesse, perdendo di vista le esigenze del cliente, che invece deve essere al centro del progetto. Bisogna invece creare un rapporto “win-win”, dove i benefici e i vantaggi siano tangibili tanto per il cliente quanto per l’azienda; Massima flessibilità. Essere agili significa essere flessibili, cioè modificare le strategie in corso a seconda delle dinamiche. Ipotizziamo che un cliente chieda il rimborso di un prodotto al di fuori della garanzia: Come comportarsi in questi casi? Qual è la mossa giusta? La politica dell’azienda vieterebbe il rimborso ma, a seconda dei casi, potrebbe essere più conveniente concederlo al cliente. Tale situazione potrebbe determinare una piccola perdita economica, ma innalzerebbe notevolmente la tua reputazione. Il cliente magari non è rimasto soddisfatto dell’esperienza ma, se ti comporti in modo comprensivo e accogli la sua richiesta di rimborso, sicuramente apprezzerà e probabilmente tornerà ad acquistare sul tuo e-commerce dandoti una seconda chance. Conclusioni Adottare da subito pratiche e strategie di agile CX ti consente di instaurare un rapporto più empatico e diretto con i tuoi clienti, ma anche di aumentare la produttività e migliorare i processi interni. In un mondo così frenetico, dove tutto è in costante evoluzione, le aziende devono essere dinamiche e pronte ad adattarsi ai cambiamenti del mercato e alle richieste sempre più disparate e diversificate dei clienti. L’agilità diventa così una caratteristica fondamentale per ogni azienda moderna con la capacità di cambiare pelle a seconda delle circostanze. Per la costruzione di una customer experience agile, che deve portare ad un consolidamento dei rapporti con i clienti, è necessario dotarsi di strumenti efficaci come HubSpot, uno dei migliori CRM del mercato che consente di raccogliere velocemente dati e informazioni sulla clientela per poi studiare le strategie future. Per saperne di più di questo strumento ti basta scaricare l’ebook disponibile gratuitamente a fine articolo. Image by Freepik
CRM è l’acronimo di Customer Realtionship Marketing ed è un sistema per migliorare la gestione del rapporto tra clienti e azienda, ma anche per migliorare i processi interni. Il CRM permette di monitorare i KPI di un’azienda. Per KPI si intendono gli indicatori di performance dei processi aziendali rispetto agli obiettivi prefissati. I KPI devono essere obiettivi realistici, che un’azienda può raggiungere, ma soprattutto misurabili. Vuoi misurare il successo del tuo CRM e quindi quello dell’azienda? I KPI che hai fissato devono essere: Specifici Misurabili Accessibili Rilevanti Tempestivi In un e-commerce, per esempio, i KPI da monitorare saranno quelli di vendita, il tasso di upsell, la pipeline di vendita, la durata di un ciclo di vendita, i nuovi clienti, il tasso di fidelizzazione dei vecchi clienti, il tasso di abbandono di un carrello e la frequenza di rimbalzo da una pagina. Questi appena citati sono tra i più importanti, poi ce ne sono anche degli altri, ma non li approfondiremo in questa sede. Fatta questa doverosa premessa, soffermiamoci nuovamente sul CRM e sulle sue funzionalità, importantissime per un’azienda. Monitorare le performance del tuo team con un CRM L’obiettivo di un CRM deve essere quello di semplificare i processi, quindi il lavoro e aumentare la redditività di un’azienda. Chi utilizza internamente il CRM deve essere facilitato nella gestione del suo lavoro. Un progetto CRM per questo motivo deve essere studiato e integrato alla perfezione con il proprio business. Cosa fa un CRM? Raccoglie i dati del target; Può raccogliere anche altre informazioni correlate sull’attività di un cliente; Organizza le informazioni per far sì che siano facilmente consultabili da tutti. In generale un CRM ti offre l’opportunità di avere una panoramica completa di tutto quello che fa il target nel momento in cui entra in contatto con il tuo sito web. Perché il CRM è importante? Si può dire tranquillamente che il CRM aiuta un’azienda a fare meglio il suo lavoro, rispettivamente ai singoli reparti. Il reparto vendite, ad esempio, può accedere alle informazioni sui progressi dei singoli membri del team rispetto alle prestazioni di vendita dei prodotti o dei servizi. Il team marketing, invece, può usare il CRM per avere una visione chiara e totalizzante delle opportunità rispetto alla strategia messa in atto per il business. Ma non solo, perché può avere una visione chiara della pipeline di vendita e valutare le azioni di marketing future. Il servizio clienti può monitorare meglio reclami, lamentele etc. Il team gestione supply chain può monitorare riunioni con i fornitori, i partner, registrare le richieste effettuate, insomma pianificare meglio il lavoro. Inoltre con il CRM è più facile anche creare report completi, di facile consultazione. Ora che abbiamo chiarito a cosa può servire un CRM, soffermiamoci sulle metriche importanti da tenere presenti per un’azienda. Performance team: metriche del CRM da tenere sempre presenti Quanto può essere utile il CRM per un team? La risposta è semplice e immediata: molto. Scopriamo il perché di questa affermazione. Fino ad ora abbiamo parlato di CRM prettamente in relazione all’acquisizione di nuovi clienti, ma la verità è che un software di gestione come Hubspot - per esempio -, è un ottimo strumento per monitorare e gestire la relazione con i clienti già acquisiti. In questo senso la fidelizzazione rappresenta un discorso molto importante e che in molti sottovalutano, ma in realtà, il 50% delle volte, continuare a investire sui clienti già acquisiti conviene e anche molto. Vediamo quali sono le metriche del CRM da tenere sempre presenti per la misurazione delle performance del team. Net Promoter Score (NPS) - questo parametro misura il livello di soddisfazione dei clienti nei confronti dell’azienda. Il punteggio delinea 3 tipologie di consumatori, ovvero: 0-6 Detrattori 7-8 Passivi 9-10 Promotori Il punteggio migliore ovviamente è l’ultimo. Tasso di abbandono - quanti clienti si perdono in un determinato lasso di tempo (mensile, trimestrale, semestrale, annuale). Questa metrica ti permette di capire il perché un consumatore abbandona il tuo sito web. Tempo medio di risoluzione - il tempo medio entro quando un ticket viene risolto, rispettivamente al servizio clienti; Follow-up per ticket - attività svolte dai rappresentanti delle vendite per chiudere un ticket. A questi parametri importanti da tenere sotto controllo ci sono anche quelli sulle conversioni delle vendite (percentuale di lead divenuti clienti), il rapporto sulle prestazioni di vendita e quello sulle occasioni perse. Queste elencate sono metriche fondamentali da avere sotto controllo per il successo del tuo team. L’obiettivo della tua azienda è vendere e questo lo sappiamo, ma quali sono gli specifici KPI da monitorare? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. KPI delle vendite da monitorare per raggiungere il successo Vuoi raggiungere il successo? Domanda retorica ovviamente, perché qualsiasi business ha questo obiettivo, ma non tutti sanno quali KPI bisognerebbe misurare con attenzione. I KPI delle vendite che dovresti monitorare sempre sono i seguenti: Crescita delle vendite in un determinato periodo di tempo; Comunicazioni con il venditore (mail, appuntamenti e opportunità); Tasso di conversione dei lead; Tempo medio di conversione; Tempo di chiusura dei ticket aperti; Costo per cliente acquisito; Vendite per area geografica; Margini di vendita. Se anche soltanto uno di questi KPI manca nella tua analisi, può diventare un problema perché non hai una panoramica completa di tutto il processo e non puoi sapere da cosa dipende il calo del fatturato in un determinato periodo. I dati che raccogli sono delle opportunità per il tuo business, di migliorarti, di implementare il tuo servizio, ecco perché non può sfuggirti nulla. Cosa fare quando prima di monitorare le performance con un CRM Ora che abbiamo chiarito punto per punto che cos’è un CRM e come può aiutarti a misurare le performance del tuo team, scopriamo come possiamo implementarlo. Ecco cosa puoi fare con il CRM per aumentare le possibilità di successo: Stabilisci obiettivi chiari misurabili e realistici; Definisci step e fasi del processo; Usa la data integration per integrare dati da altre piattaforme. Per far sì che un CRM generi risultati, devono essere tutti d’accordo ad adottarlo e ci deve essere una figura di riferimento alla quale demandare la principale responsabilità del funzionamento del software. Inizia da qui la scalata verso il successo. Conclusioni Tutti i business online dovrebbero avvalersi di un CRM che li aiuti a migliorare il loro rapporto con il cliente, oltre che a implementare i loro processi, al fine di aumentare la redditività. Il dubbio può essere magari in merito a quale CRM scegliere, noi in quanto azienda partner dell’agenzia hupspot possiamo aiutarti a conoscere meglio questo software di gestione. Image by rawpixel.com on Freepik
La gestione dei clienti esigenti per un’azienda non è mai cosa semplice, vuoi che si parli di un business online o di uno offline. In entrambi i casi oggi il cliente è cambiato, non è più rappresentato da persone che si accontentano di pagare poco un prodotto o servizio: vogliono di più, perché sono più consapevoli. L’era di Internet e di Google ha cambiato ogni cosa per la gestione dei clienti e questo dipende molto dalle politiche di business online, che sono diventate totalmente trasparenti in merito a qualità, origini di un prodotto, prezzo, reso e rimborso. Aggiungiamo: finalmente! Il cliente oggi sa cosa può avere e lo vuole. Ma tutto questo da cosa dipende? Sostanzialmente dall’aumento della competitività tra le aziende, le quali si fanno guerra tra di loro per diventare più efficienti, per soddisfare meglio i desideri del loro target. I clienti esigenti sono diventati un po’ il punto debole di molti business online che non sanno più come differenziarsi tra di loro. Quando ci si reca presso un negozio fisico è più facile, poiché il 50% del successo di una vendita dipende dalla figura della commessa. Ma quando si è online la commessa non c’è e allora bisogna colmare la lacuna in altro modo e imparare a gestire il cliente con i mezzi che si hanno a disposizione, ma soprattutto bisogna essere bravi a farlo tornare sul nostro e-commerce. Da qui l’esigenza di strutturare una strategia di marketing adeguata, di costruire un funnel di marketing, ma più di tutto di avvalersi di un CRM valido, che rappresenti un reale supporto per l’azienda. I clienti esigenti bisogna imparare a gestirli, ma da cosa iniziare per farlo bene? Strategie per soddisfare i bisogni dei clienti Come spesso accade nella vita, anche nel business le parole chiave per il successo sono: ascolto attivo e proattivo. Come bisogna porsi nei confronti dei clienti? In un negozio fisico si direbbe che un commesso deve accogliere sempre con il sorriso il cliente, guidarlo senza essere invadente e capire al volo le sue esigenze. Su di un ecommerce la questione si complica, ma non è così impossibile gestire un cliente esigente. I consigli che ci sentiamo di condividere sono i seguenti: Imparare ad ascoltare i clienti; Non rispondere mai male e non perdere mai la pazienza; Imparare a comunicare con i clienti, con calma e dimostrando empatia; Offrire sempre soluzioni ai problemi; Avere sempre pronte alternative valide; Non limitarsi alla comunicazione con il cliente solo in caso di problemi; Mostrare disponibilità; Premiare sempre i migliori clienti. La regola d’ora per gestire i clienti esigenti è da sempre: coccolarli. Spesso i clienti che arrivano sul nostro sito hanno già fatto ricerche sul prodotto, hanno domande da fare non banali e in realtà sanno già dove è meglio comprare, ma comprano solo sull’ecommerce che li ha rassicurati durante il loro acquisto e dopo (in questo caso la gestione dei clienti viene affidata agli ecommerce CRM, i CRM integrati con gli ecommerce). L’ascolto attivo e proattivo di un cliente è l’aspetto più importante da tenere presente, bisogna dimostrargli di aver capito e di avere sempre la soluzione a portata di mano. Il cliente esigente è soltanto una persona che vuole sentirsi sicura dell’acquisto, desiderosa di attenzioni ed è un pizzico pretenziosa in merito al servizio per il quale ha pagato. Un cliente soddisfatto è un cliente che genera profitto. Come? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. Come far aumentare i profitti gestendo clienti bisognosi I profitti di un’azienda possono aumentare molto se i clienti soddisfatti iniziano a parlare bene dell’azienda. È una regola vecchia come il mondo: è sufficiente una recensione positiva per portarne delle altre. E viceversa, basta una recensione negativa per insinuare il dubbio in futuro cliente. In alcuni casi il dubbio è più forte di un errore che l’azienda può commettere, perché diviene la conferma della fallibilità di un’azienda. La verità in questo senso è proprio quella che il cliente sceglie sempre l’azienda che lo ha reso felice, ma anche un solo errore è sufficiente per far cadere la sua stima. Come si può immaginare, un’azienda può sentirsi molto messa sotto pressione. Ed ecco che diviene necessario avere strumenti che aiutino a gestire i reclami eventuali e le richieste dei clienti. Hubspot in questo può rappresentare un validissimo supporto di marketing per un business online, aiutando un business e distinguere tra i diversi profili dei clienti. Esempio. Grazie al CRM, o agli ecommerce CRM, siamo a conoscenza dei dati del nostro cliente, sappiamo cosa gli piace e cosa no. Abbiamo un identikit del suo profilo e le future azioni che intraprenderemo per portarlo a tornare sul nostro negozio online, saranno più personalizzate. Personalizzazione, un’altra parola chiave per soddisfare i clienti esigenti. La causa dei clienti bisognosi: l'ipercompetitività del mercato L’ipercompetitività del mercato ha in realtà contribuito a creare il profilo del cliente esigente e questo dipende da un aumento dell’offerta, divenuta sempre più personalizzata. Oggi non c’è business che non sia presente online con il suo negozio, che abbia imparato a vendere i suoi prodotti o servizi e che non conosca i suoi competitor meglio anche del suo business plan (ovviamente è un’esagerazione). In più la politica di trasparenza dei prodotti rende impossibile omettere i punti deboli che si vorrebbero nascondere. Il risultato è un cliente che sa bene cosa vuole e dove prenderlo al miglior rapporto qualità - prezzo. E questo spiega l’atteggiamento sicuro del cliente per il quale nessuna leva di marketing funziona più tanto bene, se non l’esclusività di un prodotto o servizio. In questo panorama, il CRM come può aiutare la gestione dei clienti esigenti? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. CRM e clienti esigenti, come può aiutare Un CRM come Hubspot può rappresentare un validissimo aiuto nella gestione dei clienti esigenti, perché permette di creare una serie di azioni che portano il cliente sempre più avanti nel processo di consapevolezza rispetto al prodotto o servizio e di conseguenza rispetto all’azienda. Ciò che infatti differenzia un’azienda da un’altra è la conoscenza che essa ha del proprio cliente. E non stiamo parlando soltanto dei dati standard, come età, sesso, provenienza geografica, ma proprio del profilo del cliente, ovvero da quanto conosce l’azienda, come la valuta e perché interagisce con essa. Queste sono informazioni che se gestite adeguatamente con l’aiuto di un CRM possono rappresentare la base del successo di un business. Il CRM consente di migliorare la relazione tra cliente e azienda, gestendola al meglio. Se l’azienda sa esattamente dove sbaglia sarà più facile rimediare e offrire un servizio ancora migliore. Ma non soltanto, perché un CRM è anche un valido aiuto per le risorse interne che vedono ridurre e di molto le loro mansioni, andando quindi a ottimizzarle. Nel caso particolare degli ecommerce esiste quello che viene definito ecommerce CRM che sostanzialmente è un CRM integrato con le piattaforme ecommerce. Nel caso particolare di Hubspot, esso possiede un'integrazione dativa con Shopify, mentre con piattaforme come BigCommerce è necessario lo sviluppo di un connettore per la data integration. Gestire i clienti bisognosi con un CRM: quali funzionalità hai a disposizione Facendo l'esempio di Hubspot CRM possiamo spulciare tra le funzionalità utili che ti consentono di avere una gestione delle problematiche del cliente efficace. Hubspot quindi mette a disposizione: Anagrafica cliente con timeline di tutte le interazioni: questo è il cuore di ogni CRM per aiutare i business ad avere una conoscenza completa del cliente, in modo da essere costantemente aggiornato sulle sue esigenze; Sistema di ticketing: grazie ai sistemi di ticketing puoi offrire un servizio di assistenza ottimale ai clienti esigenti e risolvere prontamente i loro problemi; Reportistica avanzata: come capire i bisogni dei propri clienti se non hai una reportistica? Hubspot mette a disposizione tutta la parte di reportistica per l'analisi dei bisogni dei propri clienti; Segmentazioni con le liste: Con il CRM di Hubspot c'è la possibilità di creare delle liste attive o statiche in base alle caratteristiche dei propri clienti (che nel caso degli ecommerce possono essere anche i prodotti acquistati), in modo da personalizzare l'offerta per fidelizzare il cliente; Nel caso questo non ti bastasse o volessi approfondire ti invitiamo a scaricare il nostro ebook gratuito sulle funzioni gratuite di Hubspot CRM. Conclusioni I clienti esigenti esistono e sono sempre più numerosi, ecco perché bisogna imparare a gestirli, riuscendo prima di tutto a conoscerli bene. Un progetto CRM in questo può essere molto utile, perché può arrivare dove l’azienda da sola non arriverà mai. Image by pch.vector on Freepik
Quando si parla di gestione dei reclami, nella maggior parte dei casi, le aziende tendono sempre ad andare un po’ in difficoltà. Non tutte sono in grado di fronteggiare il malcontento dei clienti e spesso quindi commettono errori. Si pensa sempre che nel momento in cui si riceve un reclamo si debba subito evitare che questo raggiunga la community e che possibili nuovi clienti lo possano leggere. Quello che invece si dovrebbe tenere presente è che il reclamo è una vera opportunità per capire cosa non va nell’azienda e come migliorarlo. Certo, tutti vorremmo sempre feedback positivi, ma al di là di quello che si pensa non sono questi a farci crescere, ma bensì le critiche e appunto i reclami. Come fare però per gestire al meglio i reclami? Il CRM può essere d’aiuto e può ridurre il carico delle risorse dedite al customer care e allo stesso tempo può migliorare i processi interni dell’azienda. Come può ridurre il carico delle risorse dedite al customer care? Per spiegarlo meglio facciamo un esempio. Il cliente riceve il pacco rotto o in ritardo. Procede alla compilazione di un form per la creazione di un ticket di assistenza all'interno del tuo sito HubSpot oppure un sito con un form gestito da HubSpot. Attraverso i workflow saranno avvisate e incaricate le giuste persone che si dovranno occupare della gestione del reclamo e che avranno a disposizione tutto lo storico degli ordini effettuati dal cliente, comprese anche tutte le interazioni avvenute con esso. Oltre a queste saranno registrate anche tutte le informazioni che riguardano le interazioni future. Il nostro compito sarà quello di programmare l’assistente virtuale in modo tale che riesca a cogliere le sfumature del reclamo. Se non ci si riesce comunque, tramite assistente virtuale probabilmente il cliente entrerà in contatto personalmente con la persona incaricata. Grazie al CRM ci sarà la possibilità di prendere note, loggare email e call direttamente sulla scheda del reclamo aperto, in modo tale da consentire a chiunque di avere una conoscenza completa della situazione perché riesca a mettere mano a lavori in corso per risolvere la questione. Con un progetto CRM si può sapere dove si sta sbagliando e analizzare la propria strategia di gestione dei reclami, si possono correggere le azioni e ottenere un risultato diverso la prossima volta. Procedura gestione reclami, le fasi più importanti La risoluzione dei problemi dei clienti deve essere un obiettivo per un’azienda e un’opportunità per migliorarsi, ecco perché imparare a gestire i reclami diventa fondamentale. È importante non sottovalutare la fase in cui un cliente cerca di entrare in contatto con noi, bisogna rendergli semplice il processo per effettuare il reclamo, non deve perdere tempo a cercare sul sito dell’azienda come entrarvi in contatto. Non c’è niente che indispettisca ancora di più un cliente, allo stesso modo di quando lo teniamo diversi minuti in attesa al telefono per avere una semplice risposta. Una semplice richiesta, se il nostro reparto customer care è molto occupato, possiamo iniziarla a gestire con un chatbot. Prima tra tutte le considerazioni in merito alla procedura, è che la gestione dei reclami non può essere improvvisata e le persone che vi si dedicano devono svolgere solo quello come compito, non possono fare anche altro. Gestire i reclami può essere molto stressante, per questo motivo lo staff deve essere preparato. In particolar modo quando si parla di gestione dei reclami online, bisogna essere preparati alla sensazione di “leoni da tastiera” che hanno i clienti, pronti il più delle volte a sfogare la loro frustrazione sulla persona che li assiste. La prima cosa da fare in questi casi è ascoltare/leggere, attentamente il reclamo e fare domande. Soltanto dopo aver fatto questo si dovrebbe cercare di calmare il cliente, non subito appena ci contatta perché rischiamo di farlo innervosire ancora di più. Quali sono quindi le fasi per gestire efficacemente i reclami? Incoraggiare il reclamo; Ascoltare con attenzione; Essere reattivi rispetto al reclamo, in questo senso i CRM come Hubspot danno una grossa mano; Imparare a prendersi la colpa; Mostrarsi pronti a risolvere il problema; In sostanza, quello che è davvero importante è aiutare il cliente a risolvere il problema. Un cliente soddisfatto, soprattutto post gestione di un reclamo è il cliente migliore, quello che saprà fare meglio pubblicità all’azienda. L’AI può aiutare l’azienda a gestire meglio i reclami? Certo che sì, ma bisogna saperla utilizzare. AI e gestione reclami, vantaggi In una grande azienda ogni reparto deve occuparsi di una mansione, ma a volte accade che il reparto customer care sia subissato di richieste e telefonate. L’intelligenza artificiale può dare un grandissima mano in questo con i chatbot. Quante volte ad esempio ti è capitato di comprare un prodotto su di un ecommerce e di avere dei problemi con la tracciabilità del pacco o con il prodotto stesso? Probabilmente una o due volte ti è successo e cosa avresti voluto in quel momento? Avere qualcuno che ti dia tutte le informazioni che cerchi. Quante volte questo è stato possibile senza dover attendere diversi minuti al telefono e ricevere risposte poco soddisfacenti. L’assistente virtuale elimina questa insoddisfazione e aiuta il customer care a occuparsi del cliente. Quello che chiaramente bisogna fare è programmare adeguatamente i Chatbot e insegnare loro a cogliere le sfumature grazie ad alcune parole che il cliente può rivolgerci. I chatbot il 50% delle volte risolvono il problema senza nemmeno che una risorsa umana intervenga, ma quando non è così quanto meno la aiutano ad avere una base dalla quale partire per discutere il disagio del cliente. Come può aiutare quindi l’AI nella gestione del reclamo? Può guidare l’utente alla ricerca della risposta che cerca, magari indirizzandolo su pagine specifiche; Può suggerire prodotti alternativi e servizi utili a risolvere il problema; Può aiutare a semplificare il processo di acquisto; Risponde alle domande secondo uno script prestabilito; Può sincronizzare tutti i dati raccolti all'interno del CRM. La soddisfazione del cliente deve sempre essere al primo posto. Ma come fare per soddisfare le richieste dei clienti? Gestione delle richieste dei clienti, strategie per soddisfarle I clienti possono essere peggio dei bambini a volte e questo può comportare molta frustrazione in chi gestisce i reclami. Imparare rendere felici i clienti (riuscendo quindi a fidelizzare il cliente) non è una cosa che si improvvisa, ma bisogna ideare delle strategie e metterle in atto per evitare ulteriori reclami. Vediamo quali sono le principali: Ascoltare e promuovere la trasparenza delle politiche dei negozi è fondamentale per far capire ai clienti quanto il team del customer care si dedichi realmente al suo lavoro; Dimostrare empatia con i clienti. Questo non vuol dire prenderli in giro con frasi di circostanza, ma far capire che si comprende la loro frustrazione; Dimostrare apprezzamento per la sincerità dei clienti e ringraziarli, ammettendo che c’è sempre modo e tempo per migliorarsi; Riconoscere il problema, cercando di far capire che magari quel servizio è migliorabile; Fare tante domande per capire realmente qual è il problema, molte volte non lo sa nemmeno il cliente; Ringraziare sempre del feedback. Conclusioni Imparare a gestire i reclami, come avrai potuto capire, è fondamentale se non importantissimo. Il CRM può aiutarti a migliorare il processo, arrivando più facilmente alla soluzione. Per questo ti invitiamo a scaricare la nostra risorsa gratuita su Hubspot CRM, uno dei migliori software per la gestione dei contatti. Image by master1305 on Freepik
Esiste un chatbot di intelligenza artificiale capace di sostituire l’uomo in tutto e per tutto nell’ambito conversazionale? Sembra proprio di sì e si chiama Chat GPT, acronimo di Generative Pre-trained Transformer. Oggi se ne parla tantissimo in ambito tecnologico e chat GPT è uno strumento di elaborazione e comprensione del linguaggio naturale che, sfruttando determinati algoritmi di apprendimento avanzato, riesce a fornire risposte simili a quelle che darebbe un essere umano durante una conversazione o un discorso. Quali sono le potenzialità e le funzionalità di questo innovativo strumento per le aziende? E quali sono i rischi? Chiariamo ogni dubbio nei successivi paragrafi. Cos’è chat GPT Chat GPT è stata realizzata da OpenAI, organizzazione no profit che studia l’intelligenza artificiale, con l’obiettivo di migliorare e velocizzare il rapporto e l’interazione tra l’uomo e le macchine a livello comunicativo nei più svariati ambiti lavorativi e non solo. Qualcuno potrebbe obiettare che in realtà già ci sono macchine capaci di conversare con persone e rielaborare domande e risposte secondo i dati e le informazioni precedentemente accumulate, cioè i chatbot. Vero, i chatbot imparano il nostro linguaggio, simulano conversazioni umane e rispondono alle nostre domande, ma vanno in difficoltà dinanzi a domande troppo complesse. Chat GPT supera questi limiti poiché va oltre la semplice interazione con risposte standard a domande predefinite. Una chat GPT può comprendere slang e dialetti, correggere codici di programmazione, creare videogiochi, comporre articoli e canzoni e addirittura diagnosticare malattie partendo da sintomi specifici. Questo cosa significa? Che in ottica di un'azienda con un progetto CRM, tutto quello che riguarda l'interazione con il cliente può essere automatizzata mantenendo la naturalezza della relazione. Come funziona chat GPT: a cosa serve Per comprendere come usare e come funziona Chat GPT è opportuno soffermarsi un attimo sul Natural Language Processing (NLP), una branca dell’intelligenza artificiale che si basa sull’automazione del linguaggio naturale. In pratica vengono programmati computer e macchine capaci di comprendere il linguaggio umano, per fornire risposte coerenti e pertinenti in base al contesto. Per fare ciò si utilizzano algoritmi di machine learning, che vengono continuamente “allenati”. Può capitare, ad esempio, che una macchina non sappia rispondere ad una domanda. In tal caso incamera la risposta, la rielabora e impara da quella conversazione. Quando un domani gli verrà fatta quella stessa domanda, avrà tutte le risorse per rispondere correttamente così da offrire un’esperienza sempre più personalizzata. Ma da un punto di vista pratico come può essere sfruttata Chat GPT? Già molte aziende la stanno sperimentando per il servizio clienti con l’obiettivo di migliorare la customer experience. L’assistenza clienti è uno dei servizi più delicati per un’azienda. Per conquistare e fidelizzare un cliente non è sufficiente vendergli un prodotto di qualità, ma regalargli un’esperienza d’acquisto gratificante e altamente soddisfacente. Talvolta però arrivano sempre le stesse domande o vengono sottoposte al team di assistenza problematiche di poco conto che possono essere risolte facilmente. Queste situazioni però rallentano il lavoro degli addetti all’assistenza, che si trovano a gestire una quantità di richieste difficili da smaltire in poco tempo. Chat GPT fornisce risposte chiare e pertinenti, migliorando l’esperienza del cliente e riducendo il carico di lavoro per gli operatori. E ancora può essere usata come traduttore in tempo reale, favorendo la comunicazione tra due persone che parlano lingue dirette, o supportare scrittori e blogger nella scrittura creativa. In generale Chat GPT ha una vasta gamma di applicazioni, dall’invio di informazioni alla pianificazione fino alla creazione di sondaggi, così da analizzare il sentiment degli utenti scandagliando le tendenze sui social e gli umori dell’opinione pubblica. Sviluppatori e ricercatori possono registrare un account gratuitamente sul sito web di OpenAI, compilare un modulo per accedere al programma e utilizzare la tecnologia gratuitamente. Chat GPT è affidabile? Bisogna fidarsi al 100% della chat GPT? Nonostante gli straordinari miglioramenti apportati nel Natural Language Processing, la risposta è no. Stiamo pur sempre parlando di una macchina che potrebbe avere difficoltà a comprendere il reale significato di una conversazione, o le sfumature di un discorso. Una macchina farebbe ad esempio fatica a distinguere il sarcasmo o l’umorismo, generando quindi risposte irrilevanti o poco precise. Chat GPT potrebbe non avere la “sensibilità” giusta per trattare argomenti molto delicati, come la politica, la religione, la razza, il genere ecc. Tra l’altro queste conversazioni potrebbero contenere informazioni sensibili, cosa che fa emergere problemi legati alla privacy. In generale Chat GPT è sicuramente più pronta e preparata a fornire risposte precise basate su fatti, piuttosto che risposte aperte su concetti astratti. Non sempre le risposte sono giuste o sbagliate, ma possono essere soggettive come quando si parla dell’auto più bella al mondo o della città più romantica al mondo. Ognuno può avere la sua idea e non esiste una risposta univoca, quindi in questi casi l’aiuto che può dare Chat GPT è relativo. Perché le aziende usano Chat GPT? Ma in che modo Chat GPT può essere utile alle aziende? Benché la tecnologia sia ancora in uno stato embrionale, sono già tante le attività che se ne stanno interessando e che la stanno sperimentando. Ormai il mondo sta andando in quella direzione e quindi, non seguirla, significa restare fermi al palo e farsi scavalcare e superare dai competitor. Sono tanti gli ambiti dove può essere utilizzata Chat GPT che consente alle aziende di migliorare le loro prestazioni e offrire servizi cuciti su misura per i loro clienti. Di seguito alcuni modi in cui può essere utilizzata questa tecnologia per le aziende: Social media marketing. Le aziende possono chiedere supporto a questa AI per creare post pubblicitari da condividere sui social. Si possono realizzare nuovi contenuti, creare piani editoriali, scrivere testi per campagne pubblicitarie o email per un’efficace strategia di newsletter e analizzare le principali tendenze sui social. Quindi anche il marketing su HubSpot può beneficiarne di tutto ciò; Ricerche statistiche. Per le aziende le statistiche rappresentano fonti preziose che contengono dati e informazioni utilissime per stilare le strategie future. Allo stesso modo Chat GPT è utile per condurre ricerche di mercato e di marketing; Customer service. Come già anticipato Chat GPT può essere integrata nei chatbot per l’assistenza clienti, per fornire risposte precise e decongestionare il lavoro per il team di assistenza. Una funzione utilissima per fornire informazioni di tipo generico e che non necessitano di un’assistenza specifica; Traduzione. In un mondo sempre più globalizzato capita spesso di dover tradurre testi, documenti ed email e Chat GPT è in grado di fornire una traduzione accurata. Una funzione utilissima per professionisti autonomi, imprese che lavorano nel digitale o aziende di traduzione; Copywriting. Tutte le aziende hanno un loro blog, spesso affiancato al sito HubSpot o all’e-commerce. Ebbene Chat GPT può generare articoli completi ed è un valido alleato per chi deve produrre una gran quantità di contenuti. All’occorrenza può essere usata anche per realizzare video e podcast da condividere poi sui social. Lo sapevi? Per tutte queste azioni di marketing Hubspot ha previsto un'integrazione con Chat GPT in uno strumento chiamato Chatspot. Tutte le funzionalità e vantaggi li trovi nel nostro articolo dedicato a ChatSpot. La conversazione artificiale quali professionisti potrebbe sostituire? Chat GPT legittimamente suscita qualche timore tra alcuni professionisti che vedono minacciato il loro lavoro. Questa tecnologia può sostituire del tutto determinate figure professionali? Teoricamente a rischio sarebbero gli operatori del servizio di assistenza clienti, i traduttori o i copywriter. Tuttavia non è il caso di creare allarmismi poiché, nonostante tutti i miglioramenti e i perfezionamenti che saranno apportati, ogni contenuto realizzato dalla chat GPT dovrà comunque passare sotto la supervisione di un essere umano. Il rischio è di avere tra le mani un contenuto monco, impreciso, poco dettagliato o addirittura sbagliato. In un articolo da pubblicare su un blog potrebbero esserci incoerenze o concetti del tutto mancanti, quindi è necessaria la revisione umana. Stesso discorso per le traduzioni, dove una stessa parola potrebbe assumere significati diversi a seconda del contesto. In un testo medico, scientifico o che tratta di istruzioni tecniche non sono ammessi margini di errore e anche in questo caso la revisione umana è d’obbligo. E ancora Chat GPT non può mai sostituire in tutto e per tutto le persone nell’assistenza clienti, poiché potrebbe non essere in grado di risolvere un problema o rispondere ad una domanda specifica o tecnica. In tale ottica Chat GPT non va vista come sostituzione di determinate professioni, quanto piuttosto come un supporto e un’integrazione a specifiche attività lavorative. Chat GPT e l'ecommerce con Shopify L'avvento di questa tipologia di intelligenza artificiale inoltre ha iniziato a rivoluzionare anche il mondo dell'ecommerce. Shopify infatti, nella Summer Edition 2023 ha annunciato l'integrazione via API con strumenti come Chat GPT e OpenAI, in modo da utilizzare l'intelligenza artificiale per migliorare e semplificare la vita agli ecommerce manager. Gli strumenti sono sostanzialmente due: Shopify Sidekick e Shopify Magic, resi disponibili per chiunque venda i propri prodotti su Shopify, anche se alcune funzionalità possono differire da un piano all'altro. Shopify Magic Shopify Magic è il tool di Shopify per generare nuovi contenuti, descrizioni prodotto, domande frequenti basate sulle comuni problematiche dei clienti (quindi consente di avere la sezione FAQ più utile e di avere minori ticket di assistenza aperti) ecc... Come funzionamento è molto simile per quanto riguarda Chat GPT. Ad esempio, per quanto riguarda la creazione di descrizioni prodotti SEO friendly, l'utilizzo è abbastanza semplice e immediato: una volta inserite le keyword e alcune caratteristiche che si vogliono mettere in evidenza, il contenuto sarà generato in pochi istanti, conforme a quanto desiderato. Shopify Sidekick Sidekick invece, è un vero e proprio ecommerce manager virtuale, che consente ai merchant di gestire tutto tramite chat. Puoi dare degli ordini all'IA per mettere in sconto determinati prodotti, per avere sottomano un report in tempo reale e dettagliato, per creare velocemente codici sconto, per avere nuove idee per articoli del blog o addirittura di personalizzare il fontend semplicemente digitando e inviando le tue volontà. Chiaramente, con questo tipo di funzione, si risparmia tempo di lavoro e si evitano dilungamenti dovuti alla mancanza di personale qualificato per svolgere determinati compiti Per ulteriori info, ti invitiamo a visitare la pagina dedicata di Shopify su Magic e Sidekick, oppure leggere il nostro articolo su Chat GPT per ecommerce. In conclusione: quali sono i rischi e le opportunità Le aziende sono pronte per questo passaggio epocale? Chat GPT offre sicuramente tante opportunità, ma bisogna prendere in considerazione anche i rischi. Uno dei temi più caldi è la cybersicurezza, poiché gli hacker hanno iniziato a simulare chat per le operazioni di phishing destinate a carpire dati sensibili dei clienti. Altri rischi sono legati ai diritti d’autore, poiché Chat GPT potrebbe riprendere frasi coperte appunto dal diritto d’autore. Come specificato Chat GPT, in ambiti particolarmente sensibili o spinosi, potrebbe fornire contenuti con errori e imprecisioni, per non parlare delle fake news dalle quali la tecnologia potrebbe attingere. Guardando l’altra faccia della medaglia Chat GPT consente di alleggerire notevolmente il lavoro, velocizzando le attività operative all’interno delle aziende e liberando da compiti gravosi i dipendenti che hanno più tempo a disposizione per concentrarsi sul core business aziendale. Rischi e opportunità vanno pesati correttamente per un utilizzo virtuoso di questa tecnologia, che rappresenta comunque la nuova frontiera dell’intelligenza artificiale che farà parte della futura vita aziendale e non solo. Chat GPT può essere utilizzata per strategie di content marketing su Hubspot. Per tutto ciò ti consigliamo di scaricare la nostra risorsa gratuita riguardo alla piattaforma dedicata al marketing e alle vendite con metodologia inbound.
La vera sfida per un’azienda o un e-commerce non è tanto conquistare un cliente, quanto piuttosto fidelizzarlo e soprattutto mantenerlo. Oggi i clienti sono poco “fedeli” ad un brand, poiché le offerte e le proposte fioccano da ogni dove e quindi prediligono le aziende più competitive e che presentano le condizioni e i prezzi più vantaggiosi. Questo discorso ha ancora più senso se lo si proietta verso il web, dove gli utenti ormai fanno di tutto: prenotano viaggi e biglietti, si informano su un brand, sui prodotti e sui servizi che offre ed effettuano gli acquisti. Ecco quindi che bisogna soddisfare i clienti sotto ogni punto di vista: prezzo, qualità, velocità, assistenza ecc. In caso contrario il feedback negativo è dietro l’angolo e può fare danni devastanti, soprattutto per quanto riguarda la brand reputation. Come conquistare e tenersi stretti i clienti quindi? Con un efficace servizio di customer care che passa inevitabilmente attraverso l'adozione di un CRM. Nei seguenti paragrafi accendiamo i riflettori proprio sulle soluzioni del customer care più indicate per capire cosa fa, quali sono i suoi vantaggi e quali sono gli strumenti più idonei da utilizzare in base alla propria azienda e al proprio business. Customer service e Customer care: le differenze Prima di capire quali sono le migliori soluzioni del customer care, è opportuno fare una distinzione con il customer service. Customer care e customer service vengono utilizzati spesso come sinonimi, tuttavia ci sono delle sfumature e delle differenze di significato sottili ma sostanziali. Quello che cambia tra i due concetti è fondamentalmente l’approccio: reattivo nel customer service e proattivo nel customer care. Il customer service è un servizio reattivo poiché si mette in moto solo nel momento in cui il cliente fa una domanda o pone un problema. Questo servizio è fondamentalmente passivo, mentre il cliente ha un ruolo attivo proprio perché svolge l’azione. Con il customer care la situazione si ribalta, poiché l’azienda ha un approccio proattivo e mette in campo tutte le sue risorse per eseguire quelle azioni per soddisfare il cliente e fornirgli in anticipo tutte le risposte di cui ha bisogno e prevenire un problema anziché risolverlo. In tal caso l’azienda ha quindi una posizione attiva, mentre il cliente non deve perdere tempo per reperire informazioni o chiedere supporto. Il customer care entra in gioco soprattutto durante il processo di acquisto e ha assunto un ruolo cruciale nelle strategie aziendali da quando il focus si è spostato dal prodotto al cliente, sempre più esigente e informato. Il successo di un’azienda è dato quindi dal rapporto che riesce ad instaurare con il cliente sul medio-lungo periodo e che non si esaurisce con l'acquisto, che resta comunque uno step fondamentale. Customer care può essere tradotto con assistenza clienti, ma bisogna concentrarsi soprattutto sul concetto di “care”, inteso come cura e attenzione nei confronti del cliente fin nei minimi dettagli. La customer care comprende altri concetti come la customer satisfaction, che misura la soddisfazione del cliente e che a sua volta racchiude i concetti di customer support e customer service. La customer support cosa fa? Con questo termine si indica tutti quei servizi tecnici messi a disposizione di un cliente che ha acquistato un servizio o un prodotto e può essere tradotto con “supporto tecnico”. Con customer service, termine che si può tradurre con “servizio clienti”, si fa invece riferimento a quei servizi di assistenza offerti per risolvere un problema specifico. Perché la Customer Care è la tua chiave del tuo successo? Chiarita la differenza con il customer service, approfondiamo meglio il discorso sulla customer care. Per conoscerla bene possiamo paragonare il rapporto che c’è tra un’azienda e un cliente a quello che c’è tra due amici. Affinché il rapporto resti solido e duraturo, bisogna coltivarlo nel corso del tempo. Un rapporto che non viene nutrito e coltivato col tempo tende a deperire e questo vale per qualsiasi ambito, dall’amicizia fino alle relazioni sentimentali fino a quelle di marketing. Prendersi cura del proprio cliente, anche quando non acquista, è fondamentale. Del resto anche con un amico può capitare di non sentirsi spesso, ma è importante comunque tenere vivo quel rapporto. Per fare un altro esempio, restando nell’ambito del business, possiamo citare le pizzerie. Alcune fanno una pizza ottima, ma hanno pochi clienti poiché il personale è scortese. Puoi offrire pizze di ottima qualità, un locale pulito e trovarti in una posizione ottimale, ma se il tuo personale è scortese e non offri un servizio adeguato, rischi di perdere buona parte della tua clientela. Ecco quanto è importante la customer care! Considera che l’utente medio è molto esigente e non permette errori. Devi quindi adoperarti per fornire un servizio di customer care attivo 24h in grado di rispondere in modo pertinente e in tempi brevi alle richieste dei clienti. Customer Care aziendale: gli strumenti “phygital” da sfruttare Quali sono le migliori soluzioni di customer care? E i migliori strumenti da usare? Come già specificato la prima mossa da fare è dotarsi di un valido CRM come HubSpot, che risulta tra i migliori prodotti per piccole e grandi aziende, PMI e start-up. Bisogna poi considerare che il tuo pubblico, indipendentemente dal settore in cui operi, può essere molto vasto ed eterogeneo. Alcuni preferiscono interfacciarsi con strumenti più tradizionali, come il telefono o l’email, altri con strumenti più moderni come le chat e i social media. Poiché il tuo obiettivo è soddisfare tutto il tuo pubblico, senza escludere nessuno, devi utilizzare strumenti cosiddetti “phygital” che creano un ponte tra mondo fisico e digitale. Combinando i vantaggi dei servizi fisici e digitali puoi garantire ai tuoi clienti un’assistenza a tutto tondo capace di soddisfare ogni esigenza. Di seguito ecco gli strumenti da utilizzare per interfacciarti con i tuoi clienti: Telefono: benché sia uno strumento tradizionale, continua ad essere uno dei canali più utilizzati poiché consente di avere un rapporto diretto con l’azienda; E-mail: anche questo strumento rientra tra quelli classici, ma risulta altrettanto efficace e apprezzato soprattutto dai clienti più tradizionalisti; FAQ: sono le domande che vengono poste maggiormente dai clienti e quindi è utile stilare una lista dando una risposta alle problematiche più frequenti. I clienti moderni oggi non vogliono perdere tempo, quindi preferiscono soluzione “self service” come le FAQ che consentono di risolvere il problema in autonomia; chat: altro strumento apprezzato poiché consente di avere risposte piuttosto immediate ad un problema; social media: questo è probabilmente uno degli strumenti più importanti, ma anche più delicati. I social sono una vetrina fondamentale per i brand, dove gli utenti fanno domande, inviano commenti e rilasciano recensioni su un servizio o un prodotto. Ogni commento, che sia positivo o negativo, ha una fortissima influenza sulla brand reputation. Sono tutti strumenti validi, ognuno con i suoi pro e i suoi contro. Impara a maneggiarli con cautela per sfruttare appieno tutte le potenzialità. È importantissimo in questo caso iniziare con un progetto CRM, in modo da integrare tutti i canali e che i dati del rapporto canale-cliente siano tutti inseriti all'interno di una piattaforma e che siano facilmente reperibili e utilizzabili in ogni momento. Consigli e best practices per avere un buon customer care Il servizio di customer care, pur essendo un concetto semplice, può presentare delle difficoltà nell’applicazione dalla teoria alla pratica. Ecco quindi alcuni consigli efficaci per offrire un servizio di customer care quanto più efficace e proattivo possibile. Gentilezza ed educazione al primo posto Può sembrare una banalità ma nei rapporti coi clienti devi sempre utilizzare gentilezza ed educazione, merce rara in questo mondo sempre più frenetico e quindi ancora più apprezzata. Ringrazia il cliente per la segnalazione di un problema, per la pazienza e per averti scelto. Ricorda: un grazie fa sempre piacere e soprattutto non costa nulla Garantisci al cliente la risoluzione del problema Quando un cliente chiama per ravvisare una criticità probabilmente è nervoso e spazientito, quindi rassicuralo sul fatto che risolverai il problema. Magari non hai subito la soluzione a portata di mano, ma tranquillizzalo sul fatto che ti metterai subito in moto per trovarla. Questo atteggiamento proattivo calma il cliente, poiché si sente preso in considerazione e ha avuto tutte le rassicurazioni che il suo problema verrà risolto quanto prima. Adotta un approccio proattivo Non limitarti ad ascoltare passivamente le problematiche del cliente, ma adotta un atteggiamento proattivo. Poni domande e raccogli tutte le informazioni necessarie per risolvere il problema e fornire i giusti consigli. Tieni sempre tu in mano le redini della conservazione, ma asseconda le richieste del cliente così da rendere molto più veloce la risoluzione del problema. In questo senso iniziare con un progetto CRM può essere l'arma migliore per l'impresa, visto che permette una conoscenza completa di tutte le interazioni, ed eventuali problematiche sorte in passato, del cliente. Avere l'informazione completa può assicurare un servizio molto più efficiente e che si eviti perdite di tempo e di risorse per trovare soluzioni a problemi inesistenti. Verifica che il problema venga risolto Tutti i consigli elencati finora naturalmente non hanno senso se il problema non viene risolto. Assicurati quindi che la procedura sia andata a buon fine e contatta il cliente per avere conferma che tutto sia a posto. Il cliente sarà felice che il problema è stato risolto, ma anche che tu te ne sia accertato. Sono piccole cose ma spesso sono proprio i dettagli a fare la differenza. Conclusioni Le soluzioni di customer care sono tante, ma devi scegliere quelle più adeguate in base al tuo pubblico e al tuo business per fornire un servizio personalizzato e cucito su misura per i tuoi clienti. Uno strumento preziosissimo per quest’obiettivo è HubSpot CRM e, per conoscere meglio le funzionalità e i vantaggi che offre, puoi scaricare la risorsa gratuita disponibile alla fine dell’articolo. Image by drobotdean on Freepik
Vuoi entrare in contatto con i tuoi clienti a un livello più personale, creando relazioni che durino nel tempo? Se è così, allora devi conoscere il marketing conversazionale. Questo insieme di tecniche di marketing e tool è in ascesa anche in Italia e ti permette di creare vere e proprie conversazioni con i clienti (o potenziali tali) in maniera automatica e veloce. Può essere un potente strumento per favorire le interazioni e aumentare la fiducia dei tuoi utenti nel tuo brand. Vuoi saperne di più? Continua a leggere per scoprire tutto quello che c'è da sapere sul marketing conversazionale. Cos'è il marketing conversazionale e perché è importante? Il marketing conversazionale è uno stile di inbound marketing che sta rapidamente diventando uno degli strumenti più potenti a disposizione delle aziende per raggiungere e coinvolgere i propri clienti. Combinando canali e strumenti digitali come chatbot, app di messaggistica, intelligenza artificiale (AI) e live chat, il marketing conversazionale consente alle aziende di creare un dialogo tra clienti e brand in tempo reale. I vantaggi del marketing conversazionale sono numerosi: permette ai brand di costruire relazioni con i propri clienti; aiuta le aziende a rispondere rapidamente a richieste e reclami; consente di raccogliere preziose informazioni sui clienti; Aiuta le aziende a fornire esperienze personalizzate che soddisfino le loro esigenze; In definitiva, il marketing conversazionale aiuta a rafforzare la fedeltà dei clienti creando un forte legame tra loro e il prodotto o il servizio che intendono acquistare. Le aziende che scelgono il marketing conversazionale sono sicure di raccogliere presto i frutti dei loro investimenti: un maggiore coinvolgimento del pubblico e, di conseguenza, l’aumento delle vendite. L’applicazione di queste tecniche di marketing e comunicazione, è anche un modo efficace per fornire ai clienti un'assistenza personalizzata e tempestiva. Permette di trasformare il servizio clienti in uno strumento in grado di generare conversazioni che creano fiducia e fanno sentire i tuoi potenziali acquirenti più coinvolti e ascoltati. Impegnandosi direttamente con gli acquirenti e creando un dialogo, i business possono offrire un customer care impeccabile e garantire esperienze d’acquisto personalizzate e indimenticabili. Come puoi utilizzare il marketing conversazionale per raggiungere più clienti e aumentare le tue vendite? Avrai capito che il marketing conversazionale è un modo eccellente per avviare conversazioni e costruire relazioni con i potenziali clienti. Ma in che modo queste possono trasformarsi in vendite? Queste tecniche di marketing utilizzano messaggi personalizzati e comunicazioni dirette su canali digitali per creare un'esperienza interattiva con i potenziali clienti. Attraverso le conversazioni, le aziende possono ottenere informazioni preziose sulle esigenze e i desideri dei consumatori e sviluppare campagne mirate per raggiungerli in modo più efficace. Tutte le interazioni poi possono essere archiviate all'interno dei CRM per averle sempre accessibili da parte di tutti i team all'interno dell'azienda. Utilizzando questi metodi per coinvolgere i clienti, le aziende possono aumentare le vendite fornendo informazioni utili, perché riguardano direttamente agli interessi degli individui o portano i consumatori a scegliere in maniera consapevole la loro soluzione piuttosto che quella dei concorrenti. Perché usare isendu per il marketing conversazione di un e-commerce? L'implementazione di una strategia di marketing conversazionale di successo presenta una serie di sfide per i proprietari di e-commerce, tra esse garantire che le conversazioni rimangano rilevanti per il pubblico di riferimento, fornire risposte rapide e affidabili alle richieste dei clienti e creare conversazioni che non sembrino commerciali. Le aziende possono affrontare questi problemi costruendo un profilo accurato del proprio pubblico di riferimento, sviluppando piani di content marketing che si adattino alle esigenze dei clienti e utilizzando sistemi di messaggistica automatizzati per rispondere rapidamente. Inoltre, possono sfruttare i social media per coinvolgere gli utenti a un livello più personale, creare processi di onboarding approfonditi per i nuovi membri del team che parteciperanno alle conversazioni e valutare costantemente l'efficacia delle campagne di marketing conversazionale monitorando le metriche chiave come il sentiment e i tempi di risposta. isendu è lo strumento perfetto per aiutare chi gestisce un e-commerce non solo a creare, ma anche a migliorare le proprie strategie di marketing di conversazione. Consente di sviluppare messaggi mirati e automatizzati che migliorano l'esperienza e la soddisfazione dei clienti. Questa piattaforma intuitiva offre una funzionalità drag and drop che consente ai commercianti di creare facilmente sofisticati customer journey in pochi minuti. Inoltre, isendu fornisce report e analisi in tempo reale per dare agli imprenditori una chiara panoramica delle attività dei clienti e monitorare quali strategie funzionano meglio per loro. Utilizzando isendu per il marketing di conversazione del proprio e-commerce, le aziende possono ottimizzare i risultati senza sacrificare tempo e risorse. Se stai cercando un modo per raggiungere più clienti e aumentare le vendite, il marketing conversazionale può essere la risposta. Ti permette di entrare in contatto con il tuo pubblico in modo più personale e coinvolgente, il che può portare a migliori relazioni e a un migliore servizio clienti. L'implementazione di una strategia di marketing conversazionale di successo richiede tempo e impegno, ma ne vale la pena. Per iniziare a sviluppare la tua strategia di marketing conversazionale, parti dall’audit del tuo e-commerce. Questo strumento ti aiuterà a identificare le aree in cui puoi migliorare le interazioni con i clienti. Image by Drazen Zigic on Freepik
É ovvio che un’azienda per funzionare bene deve assumere persone qualificate e adottare gli strumenti giusti per adattarsi alle nuove esigenze di mercato. É meno ovvio capire perché, nonostante le implementazioni e i miglioramenti all’interno di un’azienda, i risultati continuino ad essere scadenti. Magari nel tuo staff ci sono professionisti qualificati e stai adottando tutte le “best practices” previste per ottimizzare la tua attività e rafforzare i rapporti con i clienti, eppure i risultati non arrivano. Una delle cause potrebbe essere la disorganizzazione aziendale, dove magari ci sono in superficie problemi e criticità non immediatamente visibili ma che si fanno sentire quando si parla di efficienza e di produttività. Forse non hai adottato la giusta implementazione del CRM per semplificare le relazioni e le connessioni con i clienti, o magari i ruoli non sono ben delineati o ancora i dipendenti non vengono stimolati nel modo adeguato. Nei seguenti paragrafi analizziamo prima quali possono essere le principali criticità striscianti e non immediatamente tangibili e poi quali sono gli strumenti che possono aiutare l’azienda a lavorare e performare meglio. Disorganizzazione aziendale: quali sono le cause principali La nostra analisi parte inevitabilmente dalla struttura aziendale, che deve funzionare perfettamente in ogni suo singolo componente. Un’azienda è un po' come il corpo umano: un semplice mal di schiena, se non curato correttamente, può provocare emicranie e mal di testa che incidono negativamente sulla qualità del sonno e quindi tocca anche l’aspetto psicofisico. In un’azienda è la medesima cosa: se un reparto non funziona bene, prima o poi ne risentiranno tutti gli altri team. I membri del marketing possono fare un ottimo lavoro, ma si rivela inutile se i membri dell’area vendita non si interfacciano nel modo giusto con i clienti. Esaminiamo più due dei principali problemi aziendali che possono emergere e come risolverli per ristabilire l’ordine e l’armonia interna. Errori nella suddivisione del lavoro: quando tutti fanno tutto L’errata e squilibrata suddivisione del lavoro è una delle cause principali della disorganizzazione aziendale. Magari molti lavori vengono affidati a poche persone, perché sono più esperte o semplicemente più disponibili. Tuttavia c’è il rischio di caricare eccessivamente alcuni dipendenti che, sotto un peso eccessivo di mansioni e commissioni da svolgere, lavorano male. O magari può succedere che determinati compiti vengono affidati ad alcune persone, pur non avendo le competenze giuste. Quando tutti fanno tutto, non è possibile svolgere un determinato lavoro garantendo la stessa qualità. Così come può succedere che altri dipendenti lavorano molto meno, condizione che suscita malessere aziendale, gelosie, ripicche e malcontento. Viene meno lo spirito di gruppo, che invece è un elemento basilare per un’azienda competitiva ed efficace, e diventa più complicato raggiungere gli obiettivi prefissati. Perché è importante definire i ruoli in azienda Il problema appena analizzato ci porta all’analisi di un’altra criticità: la scarsa o assente definizione dei ruoli all’interno dell’azienda. Questa situazione porta a gravi squilibri a livello organizzativo, poiché i dipendenti non hanno ben chiaro a chi rivolgersi per risolvere una questione. Allo stesso modo sarebbe complicato attribuire la responsabilità di un errore, così come c’è il rischio di duplicare i lavori e i compiti proprio perché i confini non sono ben definiti. Questa situazione porta ad un rallentamento della produzione, poiché i dipendenti non sanno bene cosa fare o con chi interfacciarsi. Inoltre possono nascere tensioni e malumori tra i lavoratori che, invece di supportarsi e remare nella stessa direzione, si scontrano continuamente. Azienda gestita male? Risolvi i problemi con un buon CRM Lavorare in un’azienda disorganizzata ha gravi ripercussioni sulla produttività dei dipendenti, ma anche sul rapporto con i clienti che invece sono il fulcro di ogni attività. Un’azienda che non comunica bene o non comunica affatto al suo interno, come può pensare di costruire relazioni solide e durature all’esterno? Tutti i problemi appena elencati possono essere risolti brillantemente con un ottimo CRM che, a differenza di quanto si possa pensare, non aiuta solo a conoscere meglio i propri clienti, fidelizzarli e costruire rapporti solidi e granitici che durano nel tempo, ma anche a organizzare meglio i vari reparti aziendali. Una migliore gestione dei flussi di lavoro interni si traduce in un miglioramento di tutti i servizi offerti ai clienti, dando l’immagine di un’azienda solida e affidabile pronta a risolvere qualsiasi problema e a fornire sempre il suo supporto. Analizziamo di seguito tutti i vantaggi derivanti dall’utilizzo di un buon CRM. Miglior dialogo tra i reparti L’analisi dei vantaggi di un CRM parte proprio da un miglioramento interno delle relazioni tra i vari reparti. Tutti i vari team hanno accessi riservati per collaborare simultaneamente sullo stesso progetto, così da controllare chi può operare e chi può intervenire. Oliando la comunicazione tra i reparti migliori notevolmente anche la collaborazione dalla quale ne trarrà grande profitto l’azienda. I reparti tecnici, commerciali e di marketing possono quindi operare in perfetta sinergia tra di loro velocizzando i flussi lavorativi e ottimizzando i lavori da portare a termine. Maggiore efficienza nella gestione dei contatti I contatti sono elementi preziosissimi per le aziende, ma spesso vengono racchiusi in decine di file Excel o peggio ancora in una rubrica dello smartphone. Una situazione del genere è caotica e poco performante per i vari team, che fanno fatica a gestire un cliente e le sue richieste in questo modo. Con un CRM invece è possibile custodire e conservare tutti i contatti in un unico archivio centralizzato, dove possono accedere più facilmente i membri dei vari team velocizzando e snellendo tutti i processi. Conoscenza totale dei clienti, delle loro abitudini e delle loro esigenze Per servire e supportare al meglio un cliente, bisogna conoscerlo perfettamente. Può capitare che una richiesta di supporto venga gestita da uno o più membri dell’assistenza clienti che, senza un CRM, si troverebbero ad analizzare ogni volta la questione ex novo. Con un CRM invece è possibile accedere rapidamente ai dati anagrafici, alle attività in corso, allo storico delle attività fatte, alle precedenti email, agli acquisti fatti e alle abitudini di un determinato cliente. In questo modo ogni membro, che fornisca il suo supporto da telefono, chat o email, ha a disposizione tutti i dati necessari per conoscere perfettamente la situazione del cliente e trovare la soluzione più adeguata alle sue necessità. Automatizzazione delle operazioni Senza un buon CRM i vari team sarebbero costretti a fare a mano diverse operazioni, spesso noiose e ripetitive, che portano via tempo prezioso e assorbono molte energie che possono sicuramente essere impiegate meglio. Tutte queste operazioni possono essere tranquillamente automatizzate da un buon CRM che, oltre a migliorare la produttività, riduce significativamente i rischi di errori. Miglioramento dei servizi di vendita e di post vendita L’engagement e la fidelizzazione sono fondamentali, ma comunque indirizzati a spingere il cliente a compiere l’azione finale desiderata, vale a dire l’acquisto. Ebbene con un valido CRM puoi monitorare dalla A alla Z lo sviluppo di qualsiasi trattativa, fase dopo fase. La tua rete vendita avrà una visione completa di tutto, dalla preventivazione fino alla chiusura di un acquisto, monitorando eventuali criticità o al contrario le azioni virtuose che hanno favorito la conclusione positiva di una contrattazione. Come ben sai il rapporto con un cliente non si conclude affatto con la vendita, anzi, prosegue anche dopo e una delle fasi più delicate è quella del post vendita. Se non viene gestita correttamente, c’è il serio rischio di perdere un cliente fidelizzato e sarebbe un peccato. Un CRM ti permette di gestire ordinatamente le lamentele, le segnalazioni di problemi, le richieste di supporto o le domande più frequenti che possono porre i clienti dopo aver completato un acquisto. Monitorando tutto puoi aumentare significativamente l’efficienza interna, la produttività e naturalmente la soddisfazione dei clienti. Monitoraggio delle performance Il CRM infine ti fornisce una valutazione generale delle performance e, più nello specifico, dati che contengono informazioni preziosissime come il numero di carrelli abbandonati, di vendite concluse o di trattative ancora in piedi. Raccogliere tutti questi diventa facilissimo per un CRM e soprattutto ti permette di ottenere informazioni preziose per calibrare e scegliere le tue future strategie. Conclusioni Riassumendo per risolvere la disorganizzazione aziendale devi prima analizzare la situazione interna, cristallizzando i ruoli e le responsabilità e creare un ambiente positivo e stimolante dove ogni membro può esprimere al meglio le sue potenzialità. Fatto ciò devi scegliere un buon CRM per una gestione ottimale dei team interni e per una comunicazione chiara e trasparente con i clienti. Uno dei migliori CRM, adatto per piccole, medie e grandi realtà, è HubSpot. Ma come il CRM aiuta le aziende oltre ad organizzare in modo migliore l'azienda? Abbiamo scritto un ebook a riguardo che puoi scaricare gratuitamente.
Cos'è la lead generation? È una strategia di marketing finalizzata ad acquisire contatti commercialmente interessati ai prodotti, servizi o attività dell’azienda. Questi contatti, nel medio o lungo termine, possono trasformarsi in clienti, che in ottica aziendale significa aumentare il fatturato. Ecco quindi che una strategia di lead generation ti permette non solo di trovare questi contatti ma di condurli lungo il loro percorso di acquisto fino alla fase finale. Vista in questo modo, una strategia di lead generation si lega strettamente con l’approccio inbound al digital marketing, considerando che i processi di acquisto sono molto cambiati col web. La lead generation Già in queste poche righe abbiamo introdotto alcuni concetti che entrano in gioco e si intersecano in una strategia di lead generation: lead, percorso di acquisto ed inbound marketing. Vediamoli tutti partendo dall’ultimo: L’inbound marketing e lead generation Di definizioni su che cos’è l’inbound marketing se ne trovano in quantità online e tutte più o meno imperniate sul fatto che sia una metodologia per attrarre visitatori interessati sul tuo sito web. L’inbound però è molto più che una serie di nozioni su come fare web marketing oggi per avere successo. L’inbound marketing è una metodologia di approccio al cliente, è uno status mentale e quindi comportamentale che tutta la tua azienda dovrebbe maturare. A me piace pensare che sia una evoluzione culturale del fare marketing sul web. Un’evoluzione culturale perché se dobbiamo attrarre qualcuno, dobbiamo metterci nella lunghezza d’onda mentale e fattiva del cliente per risolvere i suoi obiettivi, desideri, volontà e necessità; e farlo in modo sincero e reale. Cosa sono i lead nel marketing Il termine lead indica un visitatore del tuo sito interessato a ciò che proponi e che ha lasciato almeno i dati basilari di contatto perché si possa poi eventualmente ricontattarlo, quindi indirizzo email e nome. Il lead quindi è normalmente un contatto nella sua fase iniziale. Attraverso varie fasi del processo di Lead generation potrai qualificarlo maggiormente da un punto di vista commerciale fino a farlo diventare a tutti gli effetti un cliente. Il percorso che “spingerà” il lead verso una maggiore qualificazione commerciale è collegata con il percorso di acquisto che il lead dovrebbe compiere. Il percorso di acquisto (Buyer's Journey) Passiamo ora al concetto di buyer's journey e come influisce all'interno delle strategie di lead generation. Agli occhi del team marketing e sales, viene visualizzato nel funnel (imbuto) di destra, qui sotto. Attraverso i passaggi visualizzati il lead può arrivare al bottom of the funnel (BOFU) dove diventa cliente; a sinistra lo stesso percorso, visto però attraverso gli occhi del visitatore in un processo che porta all’acquisto del prodotto/servizio. Questi due visioni del percorso di acquisto del lead sono fondamentali per capire i contenuti che si dovranno produrre a seconda dello stadio in cui si trova il lead. Lo scopo? Cercare di condurlo a compiere il percorso completo. In termini aziendali… farlo diventare un nuovo cliente, quindi aumentare il fatturato. La strategia di lead generation perciò prevede una comprensione profonda di chi vogliamo attrarre (vedi come si identificano i Buyer Persona secondo la metodologia inbound di Hubspot), perché sapendo chi sono i nostri possibili clienti e in quale stadio del loro percorso di acquisto si trovano possiamo articolare contenuti ad hoc, cioè proprio quei contenuti che stanno cercando. E questa è la parte “contenutistica”, diciamo. Come fare lead generation: alcuni strumenti e tecniche Oltre a quanto scritto nei precedenti paragrafi abbiamo bisogno anche di strumenti che permettano il processo di lead generation perché dopo aver attratto un visitatore sul sito aziendale attraverso la pubblicazione e lo sharing del contenuto idonea, come ti lascia i suoi dati? Attraverso quel meccanismo di Call-To-Action > Landing page > Thank You Page e naturalmente un contenuto o offerta di maggior valore che giustifichi le informazioni di contatto che il visitatore lascia sul form. Le offerte di maggior valore ricadono in quella fase della lead generation che tratta il nurturing, cioè quelle azioni che servono a coltivare, appunto nutrire, per qualificare il lead in modo regolare e secondo le sue esigenze in modo da trasformarlo in cliente effettivo. Ciò che differenzia la fase iniziale della lead generation e la lead nurturing sono, non tanto gli strumenti, quanto gli obiettivi che hanno. Le campagne di lead generation hanno l’obiettivo di generare un lead, cioè trasformare un visitatore in lead; la lead nurturing ha l’obiettivo di qualificare il lead e portarlo alla fase finale del percorso di acquisto. Forse non serve ma ricordiamo che questi strumenti devono essere “costruiti” secondo una struttura, regole visive e di design, nonché di buonsenso che facilitino la conversione in modo naturale. Beh diamo per scontato che il sito web e ogni singola pagina sia ad alto gradimento per User Experience, mettici pure che sia esteticamente accattivante. Checché se ne dica… anche l'occhio vuole la sua parte. Di seguito andiamo ad analizzare alcuni consigli utili per chi vuol iniziare a generare lead per il tuo business. Generare i lead con contenuti di valore Uno dei punti per la fare lead generation è quello di attuare strategie di content marketing per riuscire ad attirare utenti in linea con i buyer persona. Per questo è necessario iniziare a pensare contenuti utili a livello di blog, ebook, post su sui social network ecc... La logica sottesa a tutto ciò è che se non hai nulla da offrire nessuno sarà disposto a lasciare il suo contatto, e diventare quindi un lead. Al contrario, un ebook interessante è perfetto per invogliare l'utente a lasciare il proprio indirizzo email per averlo. Anche per il blog discorso analogo: un blog ricco di contenuti di valore riesce sicuramente ad essere utile all'utente invogliandolo ad iscriversi alla newsletter oppure a scoprire i servizi offerti. Lavorare di SEO è un ottimo lead generator Questo punto è correlato con il precedente. Un lavoro di SEO per quanto riguarda i contenuti digitali, è essenziale per essere trovati dall'utente. Può essere inoltre che l'utente cerchi su internet qualcosa per cui sa già che deve lasciare il proprio indirizzo email per averlo, come ad esempio nel caso di informazioni su prodotti o preventivi. Pertanto non avere una strategia SEO che consenta di apparire tra i primi posti sul motore di ricerca è un fattore altamente penalizzante per una lead generation efficace. Sfrutta campagne PPC per acquisire nuovi lead Le campagne PPC, conosciute anche come advertising, consentono a molte imprese di raggiungere gli utenti che sono in linea con il buyer persona ricercato grazie alla possibilità di selezionare il pubblico che visualizzerà l'inserzione. Solitamente gli annunci pubblicitari vengono agganciati ad una landing page per effettuare la conversione, trasformando così il semplice visitatore in un lead che entrerà a far parte del CRM aziendale. Fai un mix tra online e offline con contest ed eventi I lead non sono da ricercare solamente online ma possono essere anche provenienti dal mondo offline. Per questo eventi organizzati dalle aziende possono essere l'arma giusta per generare lead da coltivare fino a farli diventare clienti. Come? L'iscrizione all'evento è già un'ottimo modo per farsi lasciare l'indirizzo email ma anche un codice QR posto nello stand di una fiera collegato ad una landing page finalizzata alla richiesta di informazioni aggiuntive può essere utile. Anche i contest a premi possono essere utili perché, coinvolgendo l'utente e dandogli la possibilità di vincere premi, c'è una maggiore possibilità che lasci il proprio contatto. Quindi è sì importante avere una buona strategia per ottenere lead dal mondo online ma è importantissimo anche considerare tutti i canali offline e saper mixare le due strategie. Usa i social media per generare lead Quello che si può tenere in considerazione per attuare strategie di lead generation sono anche i canali social. Adottare una strategia di content marketing anche sui social network contribuisce ad aumentare l'engagement complessivo attorno all'azienda e, di conseguenza, avere più probabilità che un semplice visitatore lasci il proprio indirizzo email. Pubblicare un post che possa diventare virale, coinvolgere gli utenti in iniziative proposte dall'azienda sono solo alcuni dei metodi utili ad attirare nuovi lead. Lead generation con Hubspot Altro tassello fondamentale per creare una lista di contatti è avere un software che sia in grado di segmentare i lead secondo gli interessi espressi e che tracci tutte le interazioni che hanno avuto sia con il sito aziendale sia con le azioni di marketing. Parliamo in questo caso delle pagine che ogni lead vede, i contenuti da cui è maggiormente attratto, se clicca su certi link piuttosto che su certe CTA oppure se apre le email... e tanto altro. Un software così fatto consente di segmentare con maggiore precisione i nostri contatti e qualificarli commercialmente secondo i vari stadi del percorso di acquisto che stanno compiendo. Un software che sia capace di fare tutte queste azioni e soprattutto sia in grado si fornire dati e informazioni interconnessi e confrontabili è Hubspot: la piattaforma creata appositamente per fare inbound marketing, sales, marketing automation, con un CRM potente e versatile (e gratuito). Se poi invece volete fare un’assemblaggio di software diversi, che forniscono informazioni discordanti e avete tempo e impegno per codificarli, combinarli, scremarli… e alla fine trarre delle ipotesi più o meno suffragate… nessuno ve lo vieta. Ma rischiate di avere pesanti ripercussioni che cadranno sul vostro business. Quindi pensiamoci bene prima di scegliere, perché in palio c'è la buona riuscita del vostro progetto di lead generation...e anche qualcosa di più. Ma quali strumenti mette a disposizione HubSpot per fare lead generation? Blog Con il blog di Hubspot è possibile pianificare una strategia di content marketing che sia utile per la lead generation. Attraverso la creazione di articoli del blog è possibile intercettare tutte le persone interessate ad un determinato argomento sia da organico sia dai vari social network (nel caso in cui l'articolo sia stato condiviso su Facebook, Twitter ecc..). Alla fine del blog può essere inserita una CTA che rimanda ad una landing page con un form. Possono inoltre essere anche inseriti form pop-up all'interno degli articoli. CTA Le CTA, o call to action, sono parti fondamentali per fare lead generation perché invitano i visitatori a compiere delle azioni finalizzate alla conversione tramite il rilascio dei dati. All'interno di Hubspot è possibile la loro creazione e la loro gestione, valutandone le performance. Per approfondimenti leggi il nostro articolo sulle call to action. Form Per fare lead generation HubSpot mette a disposizione ai suoi utenti anche i form di contatto da inserire all'interno delle landing page, degli articoli dei blog ecc... Per aumentare le possibilità che un visitatore compili il form lasciandoci i propri dati c'è la possibilità di gestire i form pop-up, con la possibilità di farli apparire solamente in determinate pagine, in modo che chi guardi il form sia profilato. Landing page Hubspot per fare lead generation inoltre mette a disposizione anche lo strumento delle landing page, ossia le pagine di atterraggio, perfette per le conversioni. Il loro uso è estremamente facile grazie all'editor drag & drop. Questo tipo di pagine sono fondamentali in caso di un loro collegamento con le CTA e come pagine di atterraggio di campagne PPC. Per ulteriori approfondimenti ti lasciamo qualche nostro articolo riguardo il tema delle landing page: Cos'è una landing page; Come creare una landing page; Landing page inbound marketing; Come aumentare le conversioni in una landing page; Strumenti per la gestione dei social Hubspot, oltre a questi strumenti ha dalla sua anche la possibilità di gestire le pubblicazioni sui social network dei post, con annesso anche il monitoraggio delle prestazioni. I post possono essere la condivisione degli articoli del blog ma possono essere creati nuovi post totalmente nuovi e condivisi contemporaneamente sui social network collegati all'account. Perché fare lead generation in azienda ↑ lead = ↑ clienti = ↑ fatturato La semplice equazione che dà l'inizio a questo paragrafo è la base di tutto il ragionamento che sta dietro all'importanza della lead generation: essa ha lo scopo di procurare al database di un'azienda il maggior numero di dati possibile, tramite l'utilizzo di form, questionari e call to action. Più alto è il numero di lead generati, più alta è la probabilità che tra essi vi siano futuri clienti e, quindi, maggiori entrate per l'azienda. Questo sillogismo presenta però uno svantaggio: o meglio, più che uno svantaggio, una condizione di base che prevede un'investimento iniziale. Perché la lead generation non nasce dall'amichevole consiglio di un amico o dall'improvvisa ispirazione di un dirigente: essa è un'azione di web marketing che va preparata e studiata da esperti del settore, e darà i primi risultati rilevanti un certo periodo dopo il suo lancio. Lead nurturing per aumentare la chance di chiusura e ritorno Tutti i passaggi sopraelencati vanno a formare una strategia inbound completa: anch'essa è lead generation, in quanto porta nomi (e dunque potenziali clienti) nel database aziendale. È anche un esempio di lead nurturing, ovvero di nutrimento dei propri lead: la creazione di contenuti mirati per un determinato Buyer Persona fa sì che ad arrivare nel BOFU siano solamente i lead più interessanti e promettenti, quelli con la più alta probabilità d'acquisto. Sempre lead nurturing sono tutte le comunicazioni intrattenute con i lead tra una fase e l'altra del Buyer Journey, che permettono di instaurare un clima di complicità e fiducia, così che al momento di chiudere egli sarà fortemente condizionato a scegliere noi. Anche questo è fare lead generation, anche se forse, in questo caso, sarebbe più corretto parlare di lead maintenance, ovvero mantenimento dei lead. E non è finita qui: il cliente va nutrito anche una volta che la prima vendita viene conclusa, tenendolo aggiornato sugli argomenti che lo interessano e sulle offerte che circolano. Così, quando dovrà comprare ancora, saprà da chi andare e dove sarà il benvenuto. Conclusioni La lead generation è quindi fondamentale nel marketing di ogni impresa per riuscire ad avere dei contatti caldi da trasformare successivamente in clienti attraverso la lead nurturing. Una strategia di lead generation consente inoltre alle aziende di crescere, di aumentare il proprio fatturato e di investire così in innovazione e futuro. Per ulteriori approfondimenti ti invitiamo a scaricare la nostra risorsa gratuita che parla di tutto ciò che è necessario per creare una strategia di lead generation.
Oggi le aziende hanno più che mai la necessità di automatizzare i processi di vendita. Le aziende hanno bisogno di affidarsi a dei software per gestire e amministrare meglio attività e lead. Optare per l’automazione implica un notevole risparmio di tempo e quindi l’ottimizzazione degli investimenti. Si stima, infatti, che in realtà le aziende impieghino più della metà del loro tempo a raccogliere, gestire e amministrare dati che a vendere. Ecco perché la sales automation è divenuta fondamentale per quest’ultime, in quanto il loro obiettivo deve essere quello di concentrarsi sulle vendite. Ma cosa si intende effettivamente per sales automation? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. Che cosa significa Sales Automation? Quando si parla di sales automation, si tende spesso a fare confusione con la marketing automation. Benché sempre di automazione dei processi si tratti, i concetti sono differenti. Per sales automation si intende l’automazione dei seguenti processi: raccolta e inserimento dati; invio di contenuti da utilizzare per la vendita; definizione delle azioni da compiere per implementare il processo di vendita Come si fa però a gestire il processo di sales automation? Con l’aiuto di un CRM che semplifica, automatizza e analizza i dati. La sales automation ti permette di mantenere impegnate le risorse in attività più redditizie. Ma non solo, perché grazie all’automazione dei processi di vendita, sarà possibile concentrarsi maggiormente sulle attività creative e personalizzabili, al fine di trasformare il lead in cliente. Praticamente però, in cosa consiste la sales automation? Gestione di un CRM. Vi sono dei software specifici per la sales automation, quello che noi utilizziamo è Hubspot. Questo software ti permette di avere sotto controllo tutte le operazioni di vendita, monitorando i lead e il loro comportamento attraverso le fasi della pipeline; Monitoraggio delle decisioni di marketing che hanno avuto più successo in passato, dei social utilizzati, dei canali scelti come sito web, e-commerce e di tutto ciò che sul target ha prodotto risultati; Supporto di attività di lead generation, aiutando i prospect ad orientarsi sulle azioni da compiere; Attività di nurturing ed email automation - azioni mirate a mantenere costante la comunicazione con il proprio target, mediante mail specifiche che riportano l’attenzione di quest’ultimo su dei contenuti informativi, in merito a un servizio o a un prodotto. Le azioni di nurturing rientrano nei processi di automazione. Infatti, di solito, quando viene costruito un funnel di marketing, le mail vengono suddivise in base alla consapevolezza o meno del target in merito al prodotto o servizio e inviate automaticamente se il lead compie o meno una scelta; Analisi del ROI, ovvero studiare il ritorno dell’investimento in merito alle azioni compiute. Questa fase della sales automation è importante in quanto serve a valutare cosa ha reso di più in termini di decisioni di marketing e cosa invece non è indispensabile portare avanti. Hubspot CRM ti permette di avere sotto controllo tutte queste azioni grazie al suo pannello, che offre una panoramica completa e dettagliata del comportamento del lead. È da questa fase che si delineano le azioni future. La chiave della sales automation è la pianificazione, è solo grazie a quest’ultima che si possono monitorare i risultati e decidere le azioni future. Per far sì che la sales automation funzioni è necessario seguire una strategia. Vediamo in cosa consiste nel prossimo paragrafo. Qual è la strategia della sales automation? Se si vogliono ottenere dei risultati non è però sufficiente pianificare, bisogna anche ragionare di strategia e cercare di capire cosa può funzionare e cosa no. La prima fase della strategia è identificare bene il target, quindi costruire un profilo dettagliato della buyer personas e creare delle liste dinamiche in base alle quali orientarsi per le successive azioni di marketing. Una volta identificato il profilo è possibile assegnare al contatto un punteggio ovvero lead scoring, che aiuterà a capire quali contatti rendono di più e quali di meno in ottica di marketing. Chiarite quali sono i contatti sui quali è meglio lavorare, si stabiliscono le azioni da compiere, come per esempio l’email marketing. In una strategia di sales automation altrettanto fondamentale è la fase di lead nurturing, ovvero di “nutrizione” dei contatti mediante mail o condivisione delle informazioni. In base alla risposta che si otterrà in questa fase, si può definire un processo di fidelizzazione del target. Si dice infatti che il lead, una volta acquisito vada coccolato affinché resti un contatto attivo. Quali sono gli strumenti per migliorare la strategia di sales automation Tra gli strumenti migliori per ideare e mettere in atto una strategia di sales automation, di sicuro Hubspot è quello che maggiormente risponde a tutte le esigenze d'ideazione, analisi e monitoraggio. Hubspot permette di analizzare nel dettaglio tutte le attività di sales e marketing prestabilite, come ad esempio: Landing page - quali hanno portato maggiori conversioni; Articoli di blog - quali articoli hanno performato meglio, quali hanno avuto più visualizzazioni e su quali topic; Quali mail hanno avuto il maggior open rate, quali sono state effettivamente lette e quali sono state solo aperte; Campagne di advertising - quali hanno performato meglio portando il lead sulla landing page; Quali CTA hanno performato meglio portando il lead alla conversione; Quali contenuti di approfondimento sono stati maggiormente scaricati; Quante visite ha raggiunto il sito e per quale pagina o categoria nello specifico. Hubspot dà la possibilità di unire tutti questi dati e di valutare poi cosa è meglio fare in futuro. Come funziona la marketing automation? Sebbene sia sempre di automazione che parliamo, marketing automation e sales automation non sono la stessa cosa. Si parla di marketing automation quando avviene l’automatizzazione di azioni ripetitive in funzione del comportamento dell'utente. Un esempio di marketing automation è la programmazione del funnel di email marketing che una volta ideato, è possibile programmare mediante dei software di automazione. Ad esempio con Hubspot è possibile impostare un workflow per il lancio di un webinar che comprenda 4 o 5 mail. Le mail possono essere le seguenti: mail di ringraziamento per iscrizione al webinar; mail di reminder di ora, data e piattaforma del webinar; mail di ringraziamento per aver seguito il webinar e condivisione di un link per scaricare la registrazione e rivederlo; mail per prenotare un appuntamento con un consulente. In alcuni casi nei flussi di mail può essere anche incluso un ciclo in cui vengono ripresi gli argomenti del webinar, consigliando di scaricare dei contenuti di approfondimento. In questo modo si può mantenere sempre connesso e fidelizzato il pubblico che ha seguito il webinar e magari portarlo a prenotarsi per il futuri corsi o webinar. Con l’automazione si evitano tutti quegli errori umani a cui è possibile andare incontro, come ad esempio delle possibili dimenticanze relative all’inserimento di un contatto nel database. L’automazione permette di schedulare tutte le azioni di marketing che si è deciso di far partire in un funnel di sales automation e queste possono riguardare: email marketing mail di follow up campagne di advertising In generale la marketing automation abbraccia tutte quelle componenti tecniche e di processo che consentono ai marketer di avere un panorama complessivo di tutte le attività, massimizzandone l’efficacia e semplificando i processi. Sales automation Vs Marketing automation: come supportano il business Indubbiamente sales automation e marketing automation supportano il business di un’azienda, in quanto massimizzano e rendono più efficaci le azioni di marketing, grazie anche all’attento monitoraggio che poi viene fatto in fase di analisi. La marketing automation fa risparmiare tempo e risorse che normalmente verrebbero impiegate in attività operative. Si pensi ad esempio al momento in cui viene ideata una strategia di marketing e si decidono le operazioni da mettere in atto. Con i software di automazione si possono schedulare tutte le azioni in una sola volta, facendo partire ad esempio un funnel. Grazie alla marketing automation, in base alle risposte del target, è possibile impostare una o più azioni che portano il lead a diventare cliente o a ritornare nella lista dei lead “persi”. La marketing automation permette inoltre d'integrare i dati importanti da valutare nella strategia di sales automation. In questo senso diventa fondamentale dotarsi di un CRM per le attività di sales automation, in quanto permette di avere una panoramica più completa di ciò che può funzionare e di ciò che invece va tagliato come attività. L’analisi del ROI infatti diviene molto più efficace, in quanto si ha a disposizione una visione completa del comportamento del cliente. Avere a disposizione una panoramica dettagliata dei dati, ad esempio il numero di lead acquisiti e convertiti, permette di capire qual è la strategia che ha funzionato meglio, quali landing page hanno convertito di più, quali social hanno generato più contatti all’azienda etc. Hubspot per queste esigenze dimostra di essere uno dei CRM dove i dati sono meglio integrati e permette quindi anche di realizzare un report più preciso. In base a queste valutazioni è possibile poi prendere decisioni di marketing specifiche e customizzate che la volta successiva, al lancio di un prodotto o servizio ad esempio, velocizzino le azioni da compiere e arrivino più in fretta al risultato. Conclusioni Sales automation e marketing automation rappresentano due aspetti imprescindibili delle attività di Inbound marketing per un’azienda e dotarsi di un CRM che permette di avere sempre una panoramica delle attività aggiornato, di sicuro diventa un punto a favore della strategia.
Realizzare il sito in HubSpot significa costruire il sito all'interno della popolare piattaforma di marketing. Significa che il sito è proprio costruito dentro ad HubSpot. Le aziende che utilizzano, o hanno deciso di attivare, HubSpot Marketing per le loro attività di inbound marketing, possono scegliere se utilizzare il servizio di hosting offerto dalla piattaforma americana oppure lasciare il sito fuori HubSpot. HubSpot include sempre la possibilità di pubblicare delle landing page o uno o più blog: decidere o meno se utilizzare l'hosting e il content management di HubSpot anche per il sito web spetta, invece, all'utente. Si può scegliere se copiare l'attuale sito in HubSpot (e se il sito originale è in WordPress, questo servizio di importazione può essere anche gratuito), oppure approfittare del passaggio alla nuova piattaforma per un restyling del sito e magari una nuova progettazione in ottica growth driven design. 8 motivi per realizzare il sito in HubSpot Approfondiamo 8 validi motivi per scegliere di realizzare il sito in HubSpot a supporto dell'attività di inbound marketing & sales. 1. Davvero tutto in uno: CMS + CRM La piattaforma HubSpot mette efficacemente in relazione il CMS (Content Management System), ovvero ciò che gestisce i contenuti del tuo sito, con il CRM, l'area che ospita le informazioni sui tuoi contatti, prospect o clienti. Grazie a questo collegamento è possibile utilizzare i contenuti smart e diversi strumenti di personalizzazione per adattare i contenuti agli utenti. Ma non solo. Avere un sito in HubSpot direttamente collegato con il CRM permette di sfruttare il tracciamento dei cookie per creare esperienze di marketing personalizzate in base alla pagina visitata dall'utente. Grazie alle funzionalità di HubSpot CRM integrate con il CMS è possibile visualizzare tutti i dati relativi al sito, comprensivi di traffico web, performance delle singole pagine, query di ricerca da organico ecc... il tutto comodamente con una piattaforma. Inoltre grazie a landing page e blog possono essere pianificate strategie di content marketing per acquisire lead e usare strumenti del CRM come la marketing automation per cercare di accompagnare il semplice contatto a diventare un cliente fidelizzato. 2. Un sito web responsive Quando un sito viene importato in HubSpot, diventa automaticamente responsive alle dimensioni schermo più popolari, anche se originariamente non lo era. Si valuta che la percentuale di navigazione globale da dispositivi mobile quest'anno sarà di circa il 59%. Sempre più persone utilizzano smartphone e tablet per navigare su internet; avere un sito ben visualizzabile su schermi più piccoli diventa un requisito necessario per un sito web. Senza fare un vero e proprio restyling del sito, optare per l'importazione in HubSpot può essere un primo passo per assicurare una buona visualizzazione agli utenti. Grazie ad HubSpot inoltre è possibile avere l'anteprima di come un sito verrà visualizzato all'interno dei vari dispositivi come desktop, tablet e smartphone, questa funzionalità è disponibile anche per le landing page. Nel caso in cui la visualizzazione non fosse perfetta, sono possibili modifiche, a seconda del tema utilizzato, a livello di singolo dispositivo, in modo da avere un controllo totale del design anche per gli altri dispositivi. Se oltre con il sito si vuol anche sviluppare il blog, c'è la possibilità di abilitare la visualizzazione AMP (Accelerated Mobile Pages) che offrono a chi naviga la pagina da mobile, una velocità di caricamento della stessa quasi istantanea. Il fatto di avere un sito web responsive offre i suoi vantaggi anche lato SEO, visto che Google ha sottolineato più volte un maggiore apprezzamento verso quei nuovi siti che offrono ottimizzazioni anche dal punto di vista mobile, garantendo anche a questi utenti una user experience di alto livello. 3. Certificato SSL gratuito incluso La sicurezza e la protezione dei dati è un fattore molto importante nel mondo digitale. Furti di dati sono all'ordine del giorno e con il GDPR che richiede elevati standard di sicurezza dei dati delle persone, non si può tralasciare la questione della sicurezza del proprio sito web. Il certificato SSL (Secure Sockets Layer) stabilisce un collegamento cifrato tra il server web e il browser e assicura che il trasferimento di tutti i dati avvenga in modo privato. Il certificato SSL, riconoscibile, se attivo, dal simbolo del lucchetto chiuso e dalla dicitura sicuro nella barra di navigazione, è uno standard del settore ed è molto importante per le aziende sul web. HubSpot offre un certificato SSL gratuito, rinnovabile automaticamente ogni 30 giorni, con la possibilità inoltre di acquistare componenti aggiuntivi nel caso si voglia avere un certificato SSL personalizzato. Non è possibile importare un certificato di sicurezza già acquistato perché altrimenti non sarebbe garantita la sicurezza del certificato stesso. Google, al fine di posizionare i vari siti, ha dichiarato che il suo algoritmo è studiato per penalizzare siti web privi di protocolli di sicurezza e, di conseguenza, premierà quelli dotati. Questo per garantire all'utente che naviga all'interno di siti proposti dal motore di ricerca, una user experience di alto livello. Ma non si tratta di una sola questione di SEO. Un sito non protetto è reso immediatamente noto all'utente grazie ad una molto vistosa dicitura di non sicuro nella barra di navigazione ed avviso all'utente di non inviare dati sensibili. Questo avviso genera un senso di allarme e sfiducia nei confronti del proprietario della pagina e compromette le azioni di lead generation in atto. 4. Template e sviluppo temi Gli utilizzatori di HubSpot hanno a disposizione un Template Marketplace nel quale acquistare temi e moduli che variano dal semplice ed elegante al complesso e multifunzionale. Questi possono essere sia gratuiti che a pagamento, a seconda delle funzionalità incluse. In alternativa, le agenzie partner HubSpot come ICT Sviluppo, possono realizzare nuovi siti basati su progetti grafici personalizzati, per sfruttare al meglio le funzionalità delle pagine web di HubSpot con il design più adatto al brand del committente. C'è una grande libertà creativa utilizzando Hubspot CMS, perché permette i creare moduli gruppi di elementi grafici che si possono richiamare e trascinare con il drag & drop quando si costruiscono altri modelli. 5. Sicurezza e velocità del servizio di hosting Il tuo sito web sarà ospitato nei server di HubSpot che garantiscono elevate prestazioni in tema di sicurezza e velocità. Senza entrare troppo nei dettagli tecnici, i volumi massimi di traffico che può essere supportato è di circa 1000 visualizzazioni di pagine al secondo per sito web, o se preferite 86.000.000 di pagine all'ora. Data la quantità di siti ospitati e l'importanza del servizio, HubSpot prende numerose precauzioni per garantire la sicurezza dei suoi server, a partire dal basilare Web Application Firewall (WAF) alla prevenzione DDoS. Chi vuol creare il proprio sito web in Hubspot inoltre può beneficiare di una CDN gratuita all'interno del piano con cui migliorare l'esperienza di caricamento dei contenuti della pagina indipendentemente da dove essa venga caricata. Inoltre, la manutenzione e l'aggiornamento del sistema è fatta in automatico da HubSpot: non dovrai perdere tempo all'aggiornamento di plug in vari o ai problemi di compatibilità che talvolta questi aggiornamenti causano. Questo è il grande vantaggio delle piattaforme SaaS. Per aspetti tecnici ti invitiamo a visitare la pagina per sviluppatori di Hubspot dove viene fatta una panoramica di tutti questi aspetti. 6. Gli smart content e il contextual marketing Poter mostrare a chiunque il contenuto giusto, a seconda di quello che interessa alla persona, a seconda del momento che sta vivendo nel percorso di acquisto (Approfondisci nel post Cos'è il Buyer's Journey), a seconda della sua segmentazione in liste... Lo strumento corretto sono gli smart content! I contenuti smart, intelligenti, completano il percorso che fa HubSpot e che puoi manualmente tarare con HubSpot CRM, permettendo di mostrare i contenuti più affini al navigatore. Se il visitatore del sito è anonimo vedrà dei contenuti standard, gli stessi indicizzati da Google. Ma se sei riuscito a far compilare un form al visitatore, avrai iniziato a profilarlo a seconda del comportamento sul sito: in questo caso immagini e testi si possono tarare sul suo profilo. Parliamo del marketing contestuale the right content to the right person at the right time. 7. Analisi ed informazioni complete Portare il sito all'interno di HubSpot significa anche una grande esperienza utente nella gestione delle pagine e nella verifica dei dati e delle performance. Si può accedere ad un ricco database di informazioni direttamente dalla pagina. Le informazioni generali: Le analisi sulle performance marketing: Le analisi sulla conversione e il rendimento della pagina: Le informazione dettagliate sulla pagina: I consigli di ottimizzazione SEO: La vista sui link in entrata: Il rendimento delle Call-to-Action: I link interni: E se la pagina contiene un form, si può vedere con un solo click l'elenco delle persone che l'hanno compilato ed esplorare la scheda utente con solo un altro click. 8. Strategia di Contenuti e ottimizzazione SEO Come le landing page, anche le pagine web possono essere ottimizzate per la seo grazie alla possibilità di personalizzare URL e page title, inserire meta description e, per i più esperti, inserire dati strutturati e altri elementi di programmazione nel codice delle pagine. Avere un sito sviluppato in Hubspot inoltre offre l'opportunità di accedere a strumenti per l'analisi di eventuali errori o avvertimenti riguardanti ciò che è stato fatto fino a quel momento a livello SEO (ad esempio se nelle pagine sono inseriti più di un H1, manca la meta description ecc...). Inoltre, la possibilità di gestire tutto il sito all'interno di HubSpot, permette di considerare davvero ogni pagina come un importante tassello della propria strategia di inbound marketing e trasformarle nei veri e propri pilastri principali della strategia dei contenuti. Costruire il sito aziendale in Hubspot: perché non andare da tuo cugino Mettiamo in chiaro una cosa fin da subito: fare il sito web dell'azienda con HubSpot che generi risultati, sia in termini di traffico che di acquisizione di nuovi clienti, non è un lavoro semplice per semplici appassionati del web o programmatori amatoriali improvvisati. E nemmeno economico. Certo, anche il cugino smanettone di pc o il nipote mago dei social network possono mettere in piedi un sito web in poco tempo e con poche risorse. D'altronde oggi, grazie a piattaforme di successo come Wordpress, guide gratuite e video tutorial su YouTube, anche una persona qualunque che non sa nulla di linguaggio di programmazione può essere in grado mandare online un sito perfettamente funzionante, almeno nelle sue funzioni base. Ma allora, per quale motivo bisognerebbe scegliere dei professionisti della realizzazione di siti web piuttosto che prendere al volo l’occasione di risparmiare affidandosi al parente o amico di turno che, oltre a conoscerlo, chiederà sicuramente un compenso inferiore a qualsiasi agenzia HubSpot specializzata? Di seguito riporto i motivi che sono più importanti: Professionalità e competenza. Un sito web, anche se di piccole dimensioni, è una struttura estremamente complessa e che richiede competenze diverse e specifiche non solo per essere realizzata, ma anche perché funzioni nel tempo: web designer, sviluppatore, copywriter, esperto SEO e d’indicizzazione e specialista del web marketing sono, come minimo, le figure professionali coinvolte nello sviluppo di un qualsiasi progetto web che punti ad avere successo. Il “cugino della situazione” raccoglie tutte queste diverse conoscenze? Sì, davvero? Ma allora perché continua a fare siti web per hobby e non per lavoro? Flessibilità e adattabilità. Un’agenzia web è composta da un team di esperti in vari settori e abituati a gestire progetti web di varie dimensioni e con diverse finalità, con una suddivisione dei ruoli in base alle varie fasi di realizzazione del sito Hubspot. Ciò vuol dire che è perfettamente in grado di fare un’analisi specifica e completa sulle esigenze del cliente e in base ad esse trovare la soluzione migliore sia dal punto di vista tecnico, sia da quello economico. Puoi dire la stessa cosa di tuo cugino? Visione a medio/lungo termine. Ok, l’amico del fratello del tuo dipendente bravo con i computer ha finalmente ultimato il nuovo sito in HubSpot della tua azienda e l’ha messo online. E adesso? Aspettiamo che i visitatori capitino magicamente dentro al sito? Il lavoro di un’agenzia che realizza siti web non si esaurisce nel momento della messa online del sito. Anzi, è proprio adesso che viene il bello: bisogna sviluppare tutta la parte del brand, che va dalla creazione della sua identità fino al posizionamento sui motori di ricerca, sui Social e nelle varie piattaforme online. E poi tutto ciò che ruota attorno al web marketing per far conoscere il sito e la tua attività: dalla semplice pubblicità dei tuoi prodotti/servizi tramite gli annunci di Google fino alla pianificazione e sviluppo di contenuti per attirare i clienti sul sito tipiche dell’inbound marketing. Conclusione Mentre l'importazione del sito è pressoché gratuita (previa analisi e fino ad un massimo di 60 pagine), HubSpot CMS invece può avere vari pricing, a seconda delle esigenze: 23$ al mese per il piano Starter, 360$ al mese per il piano Professional e 1200$ al mese per il piano Enterprise. Ogni piano però include anche alcune funzionalità di marketing e di CRM per aiutare chi ha un sito Hubspot a sfruttare a pieno le potenzialità della piattaforma. A ciò inoltre vanno aggiunti i costi dello sviluppo del sito richiesti dall'agenzia. I vantaggi tecnici e di utilizzo del servizio di hosting di HubSpot quindi possono più che giustificarne il costo.
Come realizzare una landing page? Nel vasto e dinamico mondo del digital marketing esistono alcuni concetti che stanno alla base della struttura pubblicitaria comune a tutte le iniziative sul web, e la landing page è uno di questi: non ci possono dunque permettere errori nella sua creazione, pena una fallimentare campagna di marketing. In questo articolo vedremo perché è così importante per chi vuole farsi trovare online e, soprattutto, come crearne una davvero efficace, capace di trasformare in potenziali clienti i visitatori online. Cose da sapere prima di realizzare una landing page Cos'è una landing page? Ecco, essa è quella pagina web, di un sito oppure di un negozio online, dove vogliamo far atterrare i nostri potenziali clienti durante una campagna di web marketing - da qui il nome, pagina di atterraggio: il suo ruolo è quello di convertire in lead i visitatori, ottenendone i dati grazie alla compilazione di un form. [Approfondimenti li trovi sull'articolo del nostro blog dedicato alle landing page] Ovviamente, l'intera pagina sarà creata per convincere l'utente che ci è approdato a inserire le sue generalità nel nostro form: i colori, i testi, le immagini, i bottoni, tutto concorrerà ad invogliare questa operazione. Si può intuire, dunque, l'importanza dello studio preliminare di una pagina di questo genere. Nulla va lasciato al caso, e per questo vanno seguite alcune regole per massimizzare questa possibilità. Caratteristiche per la realizzazione di una landing page efficace Ci sono alcune caratteristiche che distinguono una landing page accettabile da una davvero efficace, da tenere in considerazione già dalla fase di pianificazione prima ancora di quella della creazione: si tratta di alcuni accorgimenti utili per massimizzare il conversion rate, catalizzando l'attenzione del lettore in particolari punti e dandogli esattamente ciò che vuole. Sinteticità Prima di tutto, non devi annoiare il tuo lettore con un interminabile trattato sulla bellezza e unicità del tuo prodotto / servizio: troverà queste informazioni utili sin dalle primissime battute, potrai dire addio al tuo potenziale lead. Cerca di sintetizzare in poche righe l'essenza di quello che vuoi offrire ai tuoi lettori: sfrutta il più possibile occhiello, titolo e sottotitolo, e mantieni ridotta anche la spiegazione. Stessa cosa per quanto riguarda la realizzazione in termini di design: inutile inserire troppe distrazioni e sovrabbondare di testo, fai in modo che la pagina di atterraggio sia piacevole all'occhio. Coerenza Essere sintetici non servirà a nulla se non scriverai cose sensate: per quanto possa suonare ovvio, non va sottovalutata la scelta delle parole da inserire nei tuoi testi. Scrivi solamente ciò che può essere utile al lettore, poiché è per lui che la pagina deve essere scritta; ragiona come se fossi il tuo Buyer Persona, ed evita tutto quello che non è finalizzato all'attrazione della sua attenzione. Linearità La landing page è lo strumento che ha il compito di convertire un prospect in lead, e per fare questo deve portarlo al form, convincendolo a lasciarti i suoi dati. Quindi, evita qualsiasi collegamento con l'esterno, così da non rischiare che l'utente esca dalla landing page, con il rischio più che concreto che perda interesse o memoria del nostro contenuto. Condivisibilità La tua landing page non apparirà magicamente ai tuoi potenziali clienti: andrà sponsorizzata sui giusti canali (social e Google in primis) e dunque deve poter essere condivisa. La scelta di questi canali non è casuale: in base allo studio del tuo Buyer Persona dovrai ricavare le informazioni su quelli più utilizzati, e fare dei test per verificare se la tua scelta è corretta. La creazione di una landing page senza sito è possibile? Si, è possibile creare una landing page efficacie senza sito, basta avere una piattaforma CMS che ti consenta di farlo. Durante questo articolo analizzeremo come farle con HubSpot, piattaforma che grazie anche al suo piano gratuito, consente la creazione delle pagine di atterraggio senza collegare il proprio dominio. Aprendo il portale verrà direttamente assegnato un dominio di default con cui pubblicare le landing page da utilizzare ad esempio nelle campagne pubblicitarie. Pertanto se hai già deciso di realizzare le tue pagine di atterraggio, rivolgiti a degli esperti HubSpot per farti aiutare. Come creare una landing page: tutti i passaggi Per creare una landing page ci sono alcune considerazioni da fare. Non si tratta solamente di costruire una pagina fatta bene e metterla online, ma va seguita una procedura specifica per evitare errori che possono riversarsi in termini di conversioni, sia essa collegata con un dominio esistente oppure no. 1. Definisci l'obiettivo della landing page Primo passaggio fondamentale per la creazione di una landing page è la definizione dell'obiettivo, importantissimo per mantenere stile e contenuti coerenti lungo tutta la pagina. Bisogna pertanto iniziare a rispondere alla domanda Cosa ti interessa e perché la pagina di atterraggio viene creata? Alcuni obiettivi possono essere legati a: Offerte specifiche o campagne di marketing in corso; Approfondimenti legati ad un argomento specifico; obiettivi di campagne pubblicitarie Pay Per Click; Lead generation; 2. Definisci il tuo buyer persona Uno dei momenti fondamentali nella realizzazione di una landing page nell'inbound marketing è la definizione di un buyer persona su cui andare a pianificare l'obiettivo. Per farlo è necessaria un'analisi preliminare del mercato e dell'azienda, in modo da aver chiaro quali sono gli elementi su cui puntare in fase di creazione della landing page. 3. Dotati di un CMS (anche senza avere il sito) Sembra un passaggio scontato ma per creare una landing serve una piattaforma che ti permetta di realizzarla. Ciò che ti consigliamo noi è Hubspot CMS, software che permette di creare landing page ottimizzate anche per i dispositivi mobili grazie all'editor drag and drop, che semplifica le cose a chi non è dotato di conoscenza di linguaggi come HTML e CSS. Oltre a questo HubSpot è una piattaforma che, oltre ai vari piani a pagamento, prevede un piano gratuito con funzionalità limitate ma perfetto per chi vuole iniziare. Oltretutto HubSpot è uno strumento per creare landing page anche senza sito internet, basterà in fase di creazione della landing inserire il nome e la piattaforma userà il dominio predefinito legato all'account, ti lasciamo un esempio nell'immagine sotto. Fonte immagine: kwnowledge base Hubspot Altri programmi per realizzare landing page li abbiamo descritti in altri nostri articoli del blog. 4. Scegli il template Una volta effettuato l'accesso solitamente i CMS prevedono la possibilità di partire da dei temi predefiniti per poi personalizzarlo a seconda delle proprie esigenze. Nel caso particolare di Hubspot puoi decidere se andare a realizzare la tua landing page tramite temi gratuiti oppure scaricare temi a pagamento, che offrono maggiori possibilità di scelta, per poi andare a personalizzarli con l'editor drag-and-drop. 5. Definisci gli elementi della landing page Una landing page, per convertire, deve prima di tutto apparire invitante al target di riferimento dell'azienda che la sta pubblicizzando: per esempio, una landing page che sponsorizza gioielli di lusso utilizzerà un tone of voice e una gamma di colori profondamente diversi da una che pubblicizzerà una fioreria. Ma, nonostante questo, ci sono alcuni elementi testuali che devono essere presenti su una pagina di atterraggio, a prescindere dal prodotto o dal servizio. È pertanto necessario andare a delineare, quando si crea una landing page, tutta una serie di elementi quali: L'occhiello Specifica il prodotto o il servizio che offri, così l'utente che approderà sulla tua pagina avrà una conferma di che cosa puoi offrirgli: anche se non verrà letto per primo, l'occhiello è il primo elemento della pagina e porta con sé informazioni importanti, che serviranno a mantenere il lettore sulla landing page. Il titolo Il testo principale della landing, ed anche il primo che dovrà essere letto dal visitatore: per questo, la sua importanza va esplicitata soprattutto attraverso il font, che deve essere più vistoso degli altri; questa frase deve inoltre essere semplice e concisa, per massimizzare l'impatto sull'attenzione del potenziale cliente. Il sottotitolo Questo testo riprende il tema del titolo, ed è il secondo per priorità di lettura: può specificare informazioni aggiuntive o rispondere ad una domanda posta in precedenza, e ha il ruolo di completare ed arricchire il titolo. La spiegazione La parte di testo più lunga della pagina, ma anche quella meno importante, poiché si limita a rispondere ad esigenze secondarie: ciò nonostante può essere determinante per qualche dettaglio che convincerà i più indecisi, portandoli alla compilazione del form. Ricorda in questa fase di tenere sempre a mente il punto 1 sulla definizione dell'obiettivo e fai in modo che la spiegazione sia coerente con quanto detto e ricorda che per avere una compilazione si deve offrire qualcosa in cambio. Ecco alcuni esempi: Report; White paper (approfondimenti tecnici settoriali, particolarmente utili nel B2B); Ebook gratuiti; Consulenza; Contatto con l'azienda; Formazione via email o corso digitale; Video di formazione; Consultazione di aree riservate; Indipendentemente dall'offerta che proponete, siate inoltre sicuri che: Ci sia un beneficio immediato percepito dal cliente. Ricevano qualcosa in più - come valore - rispetto a quello che si aspettano. Fate in modo che poi vogliano saperne di più. Ulteriori elementi riguardanti l'aspetto contenutistico sono ben spiegati nel prossimo paragrafo. La Call to Action L'occhio deve poi cadere sulla chiamata all'azione, che riprende le parole chiave del titolo e dirige le persone al form: se la landing page è estremamente compatta la CTA può essere compresa nel form - sotto forma di semplice titolo all'interno dello stesso. Assicurati che la tua chiamata all'azione sia: - Chiara e concisa: se il cliente non la capisce non compie l'azione. - Evidenzi l'urgenza e la scarsità: spiega che l'offerta durerà pochi giorni o che ci sono pochi posti o copie disponibili. - Evidenziata con una freccia rossa: in alcuni casi basta questa per migliorare le conversioni del 27%. Non usare parole come invia o clicca qui. Molto meglio che il pulsante evidenzi l'offerta (come ottieni lo sconto del 10% ora). [per maggiori informazioni consulta il nostro articolo sulle CTA nelle landing page] Il form In questa sezione si richiedono i dati essenziali al cliente e ciò è lo strumento di conversione per eccellenza e quello che permette alla landing page di fare il suo lavoro: è la parte meno creativa e più tecnica della pagina, ma va comunque studiata sulla base del cliente che si vuole ottenere. Può essere estremamente basilare - nome, cognome, email - oppure più complesso, nel caso sia finalizzato ad attrarre aziende o particolari figure professionali. Chiedere solo l'email migliora la conversione del 16%. Quindi attenzione a quanti campi in più volete chiedere. La regola generale è che più informazioni chiedete, più abbassate le probabilità di compilazione del form. [Per approfondimenti ti consigliamo il nostro articolo dove parliamo della struttura della landing page] 6. Ottimizza la landing page Queste pagine di destinazione possono essere ottimizzare per essere più idonee possibili per essere trovare tra i risultati organici nei motori di ricerca o per migliorare la rilevanza per le campagne a pagamento. Significa, innanzitutto, applicare quelle regole di ottimizzazione base che dovrebbero essere applicate a tutte le pagine di un sito, come, per esempio: creare meta informazioni uniche; includere importanti keyword nel contenuto in modo naturale, in modo che non suonino artificiose o forzate; formattare i titoli in maniera SEO-friendly; accelerare i tempi di caricamento delle pagine; includere le informazioni di schema.org, se necessario, per aiutare Google ad orientarsi sui contenuti della pagina; ottimizzare le immagini, tra cui il tag ALT. Per approfondire il tema abbiamo scritto un articolo sull'ottimizzazione SEO delle landing page. Ulteriori ottimizzazioni necessarie sono quelle dal punto di vista mobile. Il mobile first sta cambiando tutto ciò che riguarda la creazione non solo delle landing page ma anche dei siti internet in generale. Hubspot, grazie al suo editor, permette di avere un'anteprima del comportamento della pagina di atterraggio nella versione mobile con la possibilità di apportare correzioni qualora venga visualizzata male. 7. Collega la pagina di atterraggio creata con un CRM (opzionale ma conveniente) Avere un nuovo contatto è abbastanza inutile se non puoi lavorarci. Per questo ciò che consigliamo è quella di assicurarsi che ogni nuovo contatto venga inserito all'interno del CRM aziendale. In questo modo possono essere applicate strategie di marketing per accompagnare il visitatore in un percorso che lo porti a diventare un cliente. Nel caso tu decida di creare le tue landing page con HubSpot possiamo darti una buona notizia. Questa piattaforma, già dalla versione gratuita offre la possibilità di avere i benefici di HubSpot CRM già collegati con le landing page. 8. Pubblica tutto monitorando costantemente le performance Le landing page hanno il proprio unico set d’indicatori di performance. Da momento che il loro scopo è principalmente quello di guidare una persona a compiere un’azione sulla pagina, le conversioni sono il metro di misura definitivo - qualunque sia l’azione. L’obiettivo della conversione può essere un’azione semplice come un download o l’acquisto di un prodotto; indipendentemente dal tipo di azione, le conversioni devono avere un valore di business al fine di un impatto sulle entrate (in un ambiente B2B si mira alle richieste di informazioni da trasformare successivamente in lead commerciali con tutti gli iter di vendita propri di ogni azienda). Quando la gente parla di ottimizzazione della landing page, spesso intendono il miglioramento del tasso di conversione su quella stessa pagina. Un modo comune di farlo è attraverso il “test A/B” (o split test), dove abbiamo due versioni della landing page fatte apposta per spartirsi il traffico 50/50. Si mantiene quella che funziona meglio, con la possibilità di modificare e migliorare di volta in volta quella che funziona peggio, finché questa non dà performance migliori e via dicendo, fintantoché non si arriva a degli indici di conversione soddisfacenti. Si può anche fare un testo con varianti multiple, oppure testare differenti elementi sulla pagina per vedere quali funzionano meglio sul tasso di conversione. Generalmente i test di eseguono su questi elementi della landing page: Testata; Contenuto del testo; Segnali di fiducia, come testimonial premi, numeri dai social… Immagini e link; Elementi della call to action; Il posizionamento degli elementi sulla pagina; Landing page per tipologia di device utilizzato per la navigazione; La creazione della landing page: quali contenuti inserire Di seguito vi riportiamo alcuni esempi di contenuti che possono essere inseriti all'interno delle landing page per riuscire ad avere maggiori aspetti informativi che possono portare il visitatore alla compilazione del form. - Dai al lettore una proposta di vendita unica Tutto il tuo marketing dovrebbe ruotare attorno alla proposta di vendita unica. Questa è quella che dice alle persone cosa vendete e perché dovrebbero scegliere voi, quello che vi contraddistingue dagli altri prodotti e servizi venduti dai vostri concorrenti. La vostra proposta di vendita unica dovrebbe essere qualcosa che lasci il segno, qualcosa che non si può rifiutare. Dovrebbe far voglia di iscriversi alla newsletter o chiedere maggiori informazioni. Un buon esempio lo troviamo su Dominio's Pizza: You get fresh, hot pizza delivered to your door in 30 minutes or less – or it’s free.” Oppure se promuovete servizi SEO: in prima pagina o rimborsati (No dai...non si fa...). Alcune idee per costruire la vostra proposta unica di vendita: Inversione del rischio: 100%, 110% o 200% come garanzia di rimborso. Così facendo liberate dal rischio i vostri futuri clienti, aumentando le probabilità che comprino. Gratis, parola forte che dovrebbe trovarsi nella vostra landing page, in qualche modo. E' possibile offrire qualcosa gratuitamente (un periodo di prova, un test, un servizio introduttivo...). Risolvere la loro più grande preoccupazione, esplicitandola: le persone sono motivate da quello che le preoccupa più da quello che provoca loro allevio. Per esempio: Stanco di pagare l'abbonamento per guardare i tuoi programmi televisivi preferiti? . - Fornisci al visitatore i benefici legati a ciò che proponi Inserisci i benefici sotto forma di elenco puntato o numerato. E' possibile introdurli con un paragrafo, ma i benefici vanno esplicitati con un punto elenco. I benefici risolvono una questione aperta nella mente del possibile cliente: che cosa può fare questo prodotto per me?. Per migliorare l'efficacia dei punti elenco è possibile fare leva su: Mistero: usare parole come segreto o rivelare implica che ci sia qualcosa di misterioso e poco conosciuto del tuo prodotto o servizio, che potrebbe risolvere i loro problemi più grandi. Elementi di sofferenza: i problemi che stanno affrontando - e che il tuo prodotto potrebbe risolvere - è un forte driver. Per esempio Ferma le cimici che si cibano del tuo bambino mentre dorme . Parole visuali: trasformare le parole in qualcosa di tangibile e concreto può aumentare la conversione di 2 o 3 volte. Per esempio, anziché dire aumentare il traffico sul tuo sito web si può andare con uno tsunami di visitatori sul tuo sito web. I benefici non sono da confondere con il concetto di valore del contenuto, che abbiamo richiamato più volte in altri articoli. - Fornisci immagini o video per dare più informazioni È possibile inserire immagini o video che mostrano cosa realmente può fare il vostro prodotto/servizio per migliorare la vita dei vostri clienti. Si potrebbe anche prendere in considerazione l'inserimento di una tabella che confronta la vostra offerta con quella dei vostri concorrenti. Ecco un esempio riuscito, da questo punto di vista: È anche interessante utilizzare i video in questa parte, che danno un ottimo ritorno nelle conversioni. Per esempio su questa pagina è stato fatto un ottimo lavoro: - Contesto e social proof Quando si parla del contesto si può inserire all'interno della pagina di atterraggio: Video dei vostri prodotti o servizi quando vengono utilizzati (assicuratevi di mostrare la soddisfazione dei clienti); La lista dei clienti: inserire i loghi dei migliori clienti per i quali lavorate. Le testimonianze: ricordatevi di includere una foto e il nome dei vostri testimonial per dare credibilità alla testimonianza. Sotto l'esempio di un'ottimo utilizzo della recensione: - Fornisci un piano B Nessuna pagina di atterraggio realizza una conversione del 100%. Se non prendono al volo la vostra offerta dategli qualche altra azione che potrebbe legarli a voi in qualche modo. Questa potrebbe essere: Una condivisione social per mostrarla alla loro rete di relazioni. L'aggiunta ai preferiti di quella pagina per consultarla in seguito (un classico che non passa mai di moda). Inviare l'informazione ad un amico (un altro classico che funziona). Un'altra offerta di valore più basso che potrebbe interessare loro. Ulteriori approfondimenti li trovi nei nostri articoli su: Esempi di landing page; Aumentare le conversioni delle landing page; Conclusione C'è una grande differenza, quindi, tra creare una landing page concettualmente corretta e una in grado di convertire bene: si tratta comunque di una pratica che sicuramente è costruita su alcune basi teoriche, ma che si perfeziona con l'esperienza e limando i dati già ottenuti grazie al monitoraggio delle performance delle campagne. Rispetta i punti elencati in quest'articolo, studia bene quali parole chiave utilizzare nei tuoi testi, lavora un po' di fantasia...e avrai una vera landing page, capace di convertire buona parte dei tuoi visitatori in lead. Per tutto il resto puoi contattare un'agenzia HubSpot che possa aiutarti nell'apertura del portale e farti formazione per tutto quello che riguarda le landing page e la loro connessione con i CRM. Image by Freepik
Con il termine User Generated Content si fa riferimento a tutti quei contenuti che sono stati creati direttamente dagli utenti e poi postati online. In che modo possono essere utili alle aziende questi contenuti? Per rispondere a questa domanda è opportuno fare un piccolo salto indietro, precisamente nel 2005, anno in cui nacquero i primi User Generated Content, chiamati anche UGC. Con la “democratizzazione” della tecnologia anche semplici utenti senza particolari conoscenze e competenze informatiche potevano produrre e creare diverse tipologie di contenuti per poi postarli sul web. La qualità magari non era estremamente professionale, ma ciò che maggiormente interessava era l'autenticità e la veridicità dei contenuti. L’UGC catturò presto l’attenzione delle aziende che, oltre ad apprezzare la facilità di diffusione e condivisione dei contenuti, iniziarono ad interessarsi anche alla loro fluidità comunicativa. L’UGC nel marketing ha fatto rapidamente breccia e oggi qualsiasi azienda che voglia imporsi non può ignorarlo. Le strategie aziendali stanno andando verso la direzione dell’inbound marketing, che attrae in maniera del tutto naturale gli utenti con contenuti di qualità, coinvolgenti e pertinenti ai loro interessi. E cosa c’è di più naturale di un contenuto generato autonomamente da un semplice consumatore? Conosciamo meglio cosa sono gli User Generated Content e come sfruttarli al meglio per la tua strategia aziendale. Il significato di User Generated Content Come specificato gli UGC sono contenuti creati direttamente dagli utenti e possono essere: foto, video, podcast, testi, articoli, meme ecc. da pubblicare online per renderli fruibili a tutti. Si possono pubblicare gli User Generated Content su Instagram, Facebook, Twitter, TikTok e su qualsiasi altro social. Proprio i social network hanno dato una spinta straordinaria agli UGC, stimolando gli utenti a produrre e creare sempre più contenuti. Oggi chiunque può produrre un contenuto personalizzato, come un video, una diretta live o un articolo, per esprimere un parere o per raccontare l’esperienza avuta con un prodotto, un servizio o un brand. E questa è sicuramente la parte più interessante per le aziende, che possono così implementare la loro strategia di content marketing con una serie di contenuti “esterni” che danno un impulso positivo al brand e generano un passaparola fruttuoso. Le caratteristiche principali degli user generated content La creatività e l’originalità sono le caratteristiche principali degli UGC, anche se gli utenti per creare i loro contenuti partono da idee e temi già conosciuti, per poi aggiungere qualcosa di loro. Il doppiaggio di una scena famosa di un film è solo uno dei tanti esempi che si possono fare di UGC. Da evidenziare che gli stessi utenti si stanno specializzando sempre di più, sia nell’uso di tecniche sopraffine che di strumenti innovativi all’avanguardia, creando così contenuti di ottima fattura e qualità pur senza aver percorsi di studi specifici alle spalle. Sono comunque 3 i tratti distintivi di un UGC: Pubblico: ogni contenuto creato deve essere fruibile gratuitamente per qualsiasi utente e deve essere veicolato tramite una piattaforma accessibile a tutti; Unico: benché un contenuto può trattare lo stesso argomento di un altro, deve comunque essere originale al 100% e non una scopiazzatura di uno che è già stato prodotto; Non finalizzato alla monetizzazione: i contenuti non devono essere creati da professionisti che intendono monetizzare, ma da semplici utenti o consumatori che lo fanno principalmente per diletto, hobby o passione. Perché gli utenti creano contenuti? Ma perché gli utenti sono diventati prosumer, cioè produttori e consumatori nello stesso tempo? I motivi possono essere tanti ma, come specificato, un ruolo importante lo hanno giocato i nuovi strumenti digitali facili da utilizzare e accessibili per tutti. Questo pluralismo della comunicazione ha anche cambiato il rapporto tra clienti e aziende, che finora a poco tempo era nettamente a favore delle seconde. Gli utenti capiscono che possono far parte del gran carrozzone mediatico e, in una certa misura, influire addirittura sul processo produttivo dei brand. Milioni di utenti impiegano il loro tempo libero per creare contenuti per avere non tanto un ritorno economico, ma piuttosto di affiliazione, di appartenenza e anche di popolarità. In altri casi gli UGC sono contenuti realizzati gratuitamente da creativi e professionisti in cerca di visibilità, nella speranza di ottenere un contratto o di avviare una collaborazione con qualche brand. E poi gli UGC possono essere impiegati anche all’interno di strategia aziendali che prevedono la retribuzione del creativo. In questi casi è utile avere un buon CRM, per conoscere meglio il proprio pubblico di riferimento e catalogarlo per poi offrire contenuti realmente utili in base alle proprie buyer personas. User Generated Content: esempi concreti Per avere una panoramica più ampia analizziamo nello specifico alcuni esempi concreti di UGC. I primi esempi di contenuti creati dagli utenti in realtà risalgono ad oltre un secolo fa ed esulano dall’ambiente digitale. Negli anni ‘70 dell’Ottocento fu realizzato l’Oxford English Dictionary, cioè il dizionario inglese, con il contributo di madrelingua inglesi che inviavano sommari e voci compilate alla direzione del dizionario. Più o meno con lo stesso concetto è nato Wikipedia, dove chiunque può dare il suo contributo tramite il principio democratico della partecipazione e della collaborazione soprattutto a scopo informativo ed educativo. Una sorta di generosità digitale che in fondo contraddistingue tutti gli UGC. Altri utenti si dilettano invece a scrivere guide Tripadvisor, condividendo con altri viaggiatori le loro esperienze di viaggio e fornendo utili consigli sugli hotel e sui ristoranti più convenienti o sulle mete più belle da visitare. Un’ampia fetta di pubblico si diverte invece a creare meme, fondamentalmente per scopo ludico e di intrattenimento, da far girare in maniera virale sul web. Il solo fatto che quel meme sia diventato virale è una soddisfazione per chi ha generato quel contenuto. Come sfruttare gli UGC per la propria strategia di marketing Ma in che modo le aziende possono sfruttare gli UGC nelle strategie di content marketing? Prima di rispondere è opportuno capire perché gli UGC sono così importanti per i brand. Un utente che parla positivamente di un marchio risulta sicuramente molto più affidabile e attendibile rispetto ad un brand. Questo è ovvio: un’azienda naturalmente propone contenuti autoreferenziali, quindi è normale che parli bene dei suoi servizi e dei suoi prodotti. Se questa cosa viene fatta da un utente chiaramente diventa tutto molto più credibile. Bisogna poi considerare che per un brand stendere un piano editoriale con contenuti coerenti e ben fatti è tanto importante quanto dispendioso in termini economici e di energie. Per questo motivo sempre più aziende stanno integrando gli UGC nelle loro strategie di marketing, sfruttando principalmente i social come canale di comunicazione. Come avviare una strategia di UGC? Si può chiedere ad esempio ai propri clienti di scattarsi foto e selfie con i prodotti di un’azienda, da condividere poi sui social per avviare un passaparola virale preferibilmente con un hashtag. Oppure si può chiedere ai propri clienti di raccontare l’esperienza avuta con un prodotto o un servizio, magari con un semplice scatto, un articolo o un video. In questo modo si passa dallo storytelling, cioè il racconto di una storia, allo storydoing, cioè la creazione di una storia. Questa strategia, considerando le abitudini d’acquisto dei Millennials e della Generazione X che amano essere resi partecipi, contribuisce a fidelizzare il cliente che si affeziona sempre di più a quel brand creando così engagement che è la chiave del successo per ogni azienda. Cresce anche la community di riferimento, a tutto vantaggio della visibilità del brand. Non mancano chiaramente i dubbi e le domande. Il contenuto generato è realmente in linea con la filosofia aziendale? Il contenuto realizzato è davvero originale? Cosa fare se un domani i creatori del contenuto rivendicano diritti d’autore? Tutti problemi che possono essere risolti con una strategia ben studiata, magari con l’ausilio di HubSpot CRM per conoscere meglio le aspettative e le preferenze del proprio pubblico. Gli user generated content e i contest per coinvolgere gli utenti Le aziende devono quindi stimolare gli utenti a produrre contenuti propri e, in tale ottica, i contest rappresentano un’ottima soluzione. In tal caso si parla di Contest User Generated Content, vale a dire un qualsiasi tipo di contest che spinge gli utenti a pubblicare contenuti, video o foto con l’hashtag ufficiale del brand. Bisogna poi mettere in palio un premio, che può essere un regalo o un buono sconto, per stimolare gli utenti non solo a partecipare ma anche a coinvolgere amici, parenti, colleghi e familiari. Le aziende ottengono così maggiore visibilità e, contemporaneamente, grazie ai contenuti gratuiti aumentano notevolmente la loro brand awareness. Gli stessi utenti vengono coinvolti in un’attività dell’azienda in modo divertente e hanno anche la possibilità di vincere un simpatico gadget o un premio interessante. Una soluzione win-win che convince e che fa contenti tutti: aziende e clienti. Conclusioni La User Generated Content riveste ancora più importanza se vista nell’ottica della lead generation, una strategia che “nutre” gli utenti con contenuti di valore e pertinenti con l’obiettivo di ottenere contatti di qualità. Questo approccio, se integrato con intelligenza nella strategia aziendale, dimezza le spese per il content marketing e aumenta il numero di contatti e di potenziali utenti senza sforzi eccessivi. Proprio perché la lead generation riveste una grande importanza per ogni strategia aziendale, compresa la User Generated Content, puoi approfondire il discorso scaricando gratuitamente e leggendo l’ebook disponibile a fondo pagina. Image by DCStudio on Freepik
Negli ultimi anni il tema della sostenibilità è divenuto il focus e l’obiettivo di moltissime aziende che volevano fare differenza sul mercato. Non tutte però sono state davvero in grado di adottare le logiche del green marketing al 100%, difatti in molte hanno subito importanti multe per aver diffuso il falso da questo punto di vista. Ma cosa si intende per green marketing? La promozione di prodotti, servizi e attività - anche interne all’azienda - volte a sostenere l’ambiente, riducendo l’energia per la produzione di materiali inquinanti come la plastica e propendendo una produzione che allunghi il ciclo di vita di un prodotto, in modo da riutilizzarlo. L’obiettivo, quindi, è di rendere l’ambiente meno nocivo per l’uomo e per farlo di modi ce ne sono diversi. Saperli comunicare per un’azienda è molto importante. Purtroppo però in molte sono le aziende che hanno fatto solo finta di scegliere questa strada e infatti sono rientrate nella definizione di greenwashing. Il greenwashing è quando un’azienda mostra soltanto un'ecologia e una sostenibilità di facciata. Ma come fare per non rientrare in questa categoria ed essere poi classificata come un’azienda che segue davvero un’ottica di green marketing? Sicuramente parlare o mostrare troppo di essere un’azienda che opera in ottica di green marketing non conviene. Se non è al 100% così la multa è dietro l’angolo. Evitare gli eccessi comunicativi, di base, è un ottimo punto di partenza. Per sapere però come comunicare ai clienti le proprie attività di green marketing e non cadere nel greenwashing, approfondiamone gli aspetti più importanti. Strategia di green marketing efficace, da dove partire Essere un’azienda green significa soltanto fare delle promozioni su prodotti green, ma prendere delle scelte che siano realmente sostenibili dalla A alla Z, quindi promuovere ad esempio una o più linee produttive sostenibili. Allo stesso tempo è importante rinnovare i processi produttivi e fare in modo che sfruttino meno energie, così come bisognerebbe promuovere uno smaltimento dei rifiuti più responsabile internamente. A queste scelte dovrebbero seguire altre decisioni come la promozione di un archivio digitale, a favore della riduzione della carta e una migliore formazione interna, partendo quindi dai dipendenti, sull’importanza di fare scelte green. Il greenmarketing inizia dall’interno dell’azienda e i dipendenti stessi devono pubblicizzare le loro azioni quotidiane sostenibili, sfruttando ad esempio il potere dei social media. I clienti o potenziali tali, in questo modo vedrebbero realmente l’impegno dell’azienda nel favorire la sostenibilità ambientale e quest’ultima diventerebbe, quindi, maggiormente credibile. Le 5 I del green marketing Le 5 I del green marketing sono i cinque principi dai quali partire per far sì che un’azienda venga realmente definita come sostenibile. Innovativo - fare scelte innovative dal punto di vista dei processi produttivi, così come dei prodotti che vengono scelti; Informativo - ogni nuova abitudine aziendale in ottica green deve essere comunicata ai clienti, in modo da favorirne la filosofia; Invitante - fare in modo che le persone accolgano la nuova ottica di green marketing in modo positivo e non come un obbligo. Intuitivo - rendere semplici le procedure sostenibili da applicare, in modo che siano immediatamente comprensibili; Integrativo - se la filosofia green viene diffusa al meglio stesso tra i dipendenti, sarà più facile diffonderla. In un processo di Inbound marketing, il concetto di green marketing diventa molto importante affinché nuovi clienti si avvicinino al brand e lo reputino affidabile e innovativo. Da qui rispondiamo alla prossima domanda, ovvero perché è così importante il green marketing per un business? Perché il green marketing oggi è fondamentale per un business La risposta è immediata da dare per un qualsiasi business che abbia come obiettivo quello di crescere: migliorare la reputazione dell’azienda e quindi renderla più affidabile per il cliente finale. Oltre questa motivazione c’è anche da considerare che il tema dell’ecosostenibilità è molto sentito tra le persone e quindi tra i clienti. Vedere il proprio brand preferito adottare quest’ottica, rappresenta un decisivo punto in più a favore dell’azienda. C’è anche da dire che un prodotto ecosostenibile attira moltissimo le persone e quindi, al di là di tutto, è una scelta che incrementa il fatturato. Pensiamo ad esempio agli ecommerce nascenti che desiderano posizionarsi sul mercato, una scelta di core business orientata all’ecosostenibilità diventa vincente. Allo stesso modo le aziende che per esempio prediligono servizi di riparazione e vendita di un prodotto già utilizzato, ne allungano il ciclo di vita, contribuendo a un minor inquinamento con l’utilizzo di nuovi materiali e al risparmio energetico per la produzione di altri articoli. Oltre queste motivazioni strategiche ed economiche, per un’azienda è anche un piacere contribuire alla salute del pianeta, optando per prodotti e processi produttivi ecologici. Questa, sebbene sia una motivazione apparentemente banale, è probabilmente l’aspetto che in ottica comunicativa attira di più le persone e quindi nuovi clienti. In ottica di green marketing, quanto è importante il green advertising? Come sviluppare una strategia di Green advertising Se hai un ecommerce e dai dati che hai raccolto con il CRM, su Hubspot CRM, ti sei reso conto che l’interesse dei consumatori va verso i prodotti ecosostenibili, un motivo c’è ed è che essi sono interessati a migliorare il mondo, scegliendo prodotti che abbiamo un minore impatto ambientale. Ma come fare quindi a pubblicizzare i prodotti ecosostenibili senza cadere nel “già visto”, “già detto” e in un rimprovero latente ai consumatori che non seguono questa filosofia? La strategia migliore è quella di adottare un marketing che parli di emozioni positive, di speranza e di miglioramento. Ecco quindi la chiave del green advertising, ovvero la creazione di messaggi pubblicitari che abbiano l’obiettivo di diffondere una comunicazione che generi desiderio e voglia di conoscere i prodotti dell’azienda, nonché essa stessa. In molti casi mostrare ai clienti il processo che ha portato a una produzione ecosostenibile, magari con un video esemplificativo, li avvicina al concetto e rende tutto il principio di ecosostenibilità più tangibile, anche per chi lo osserva dall’esterno, ma vuole saperne di più di come vengono fatte le cose. In altri casi un annuncio che mostra le potenzialità ecosostenibili di un’azienda, portando per esempio il target su una landing page dimostrativa di come vengano seguite regole o di come i dipendenti stessi prediligano procedure green in ufficio, potrebbe avvicinare i clienti all’azienda. Come affermavamo all’inizio di questo articolo, la sostenibilità è un concetto molto sentito e condiviso dalle persone, per cui orientarsi in quest’ottica di business, raccontando la verità su ciò che fa l’azienda è sicuramente una prospettiva positiva. Conclusioni In un progetto ecommerce, ma non solo, il green marketing oggi deve essere alla base di una strategia di inbound marketing ben costruita. In quest’ottica di sicuro la migliore piattaforma per realizzarla è Hubspot. Image by Freepik
HubSpot è un’azienda che ha sede a Cambrige (hubspot.com), nel Massachusetts, e che ha sviluppato la piattaforma software che ha definito il concetto di inbound marketing, l’ha fatto crescere e conoscere nel mondo, presentando una metodologia che oggi viene studiata anche nei corsi di marketing nelle università. HubSpot presenta 3 soluzioni, integrate in un’unica piattaforma, per fare inbound: HubSpot Marketing Hub, Hubspot Sales Hub e HubSpot Service Hub. Che cos'è HubSpot HubSpot è un software che fa un sacco di cose. Ma fondamentalmente può essere utilizzato per la gestione completa del web marketing aziendale, dell'attività sales del commerciale, del service e gestione cliente. Fornisce tutti gli strumenti necessari per gestire la presenza online di un’azienda e i rapporti con prospect e clienti. La logica con cui funziona HubSpot è quella di permettere il tracciamento delle persone che arrivano sul sito web aziendale e che entrano in contatto con l'impresa tramite i suoi touchpoint (come l'email, social, ecommerce ecc...). Nel primo caso, se è il sito è sviluppato in Hubspot allora il tracciamento avviene automaticamente altrimenti si può procedere all'inserimento del codice di tracciamento. Il fine è poter costruire delle liste che profilano l’utente in base ai suoi reali interessi, in base alla tipologia di cliente o di stadio nel processo di acquisto in cui si trova. E non solo. A queste liste di contatti profilati, si possono inviare email e mostrare contenuti diversi sulle nostre pagine web. Si possono inoltre assegnare compiti ai membri del team commerciale in maniera automatica, basandosi quindi sulle relazioni tra i lead e i contenuti del sito/email/social. Oltre alla parte dedicata alla gestione del web marketing, che l'ha reso famoso, c’è una seconda parte chiamata HubSpot Sales Hub, dedicata al team commerciale e alla gestione dei deal, delle pipeline, delle chat e dei preventivi, in modo da unire in un'unica piattaforma Sales e Marketing tramite il CRM. HubSpot inoltre è dotato di una parte di ticketing per gestire tutte le problematiche riscontrate dai lead. Anche qui la forza della piattaforma è unire i tool dedicati alla gestione dei ticket con la parte CRM, in un sistema perfetto per chi si occupa di marketing, per il commerciale ma anche e soprattutto per i clienti finali. Per approfondire altri aspetti legati alla piattaforma: I vantaggi di HubSpot Alternative ad HubSpot La metodologia inbound marketing A chi serve Hubspot? Se ti chiedessero ma a chi è utile Hubspot? La risposta sarebbe A chiunque voglia vendere i propri prodotti, migliorare i loro processi commerciali, fare marketing, tenere monitorate le interazioni con clienti e contatti, migliorare le relazioni con i clienti finali (o con il potenziale cliente) e la loro customer experience. Tenendo in considerazione questi punti possiamo dire inoltre che questa tipologia di software è utile ad ogni tipo di azienda, dalla PMI ad aziende Enterprise, sia esse che operino in mercati B2B che in mercati B2C. Hubspot inoltre può essere utile anche per chi ha un progetto ecommerce da migliorare e cercare di integrare la vendita online con le funzionalità di CRM, sales e marketing. L'adattabilità di Hubspot non si esaurisce in base alla tipologia di business, ma dire che HubSpot è una piattaforma completa significa sottolineare che è utile non solo a chi fa marketing, non solo a chi si occupa della parte commerciale, ma anche a chi deve migliorare i processi aziendali e migliorare l'assistenza tramite il ticketing. HubSpot per fare inbound marketing HubSpot viene utilizzato dalle aziende che vogliono – finalmente – cambiare il loro modo di interpretare internet, e di considerarlo – alla stregua di una fiera o di un evento – un generatore di lead, con il grande vantaggio che gli utenti raccolti ed inseriti all’interno di un database qui “vivono”, vengono alimentati, compresi, studiati e profilati. La finalità? Trasformare i lead in clienti finali. Inbound marketing e Hubspot sono due termini che vanno infatti di pari passo. Il termine inbound marketing è stato coniato nel 2009 da Brian Halligan, insieme a Dharmesh Shah e David Meerman Scott, co-fondatori di Hubspot. Vien da sé che l'utilizzo e le funzionalità della piattaforma siano totalmente a servizio di questa metodologia di marketing e improntato su quello che viene definito s-marketing, ossia l'allineamento tra marketing e sales. Tutto ciò con un unico fine: aumentare la customer experience delle persone che si interfacciano con le aziende. Andiamo a vedere alcune di queste funzioni… Il sito web con Hubspot CMS Potete costruire il sito web della vostra azienda all’interno di Hubspot tramite Hubspot CMS. Questo porta notevoli vantaggi: in termini di velocità, sicurezza, performance, SEO… e marketing. Nulla a che vedere con altri CMS come Wordpress che presentano numerose lacune su ogni tipo di caratteristica. Per questo ti consiglio di approfondire il tema con l'articolo sul perché Wordpress sia una delle scelte peggiori da fare per lo sviluppo del proprio sito aziendale. Che si parli di una pagina del sito web, una landing page, un post del blog o un’email Hubspot offre una potente piattaforma grafica che permette una facile gestione di grafiche complesse, per dare la massima libertà ai designer e massimizzare il rendimento delle conversioni dei visitatori. In questi casi c'è la possibilità di scaricare un template già pronto dallo store oppure procedere con uno sviluppo custom. Oltre a questo realizzare un sito in Hubspot consente di avere incluso il tracciamento dei comportamenti sintetizzati nella reportistica senza la necessità di inserire script e imbattersi in codice che può essere ostico a più di qualcuno. Il blog di HubSpot è semplice e performante Già nel pacchetto gratuito di HubSpot è possibile utilizzare uno o più blog per lavorare sui contenuti che possono attrarre i visitatori al sito, gestendo all’interno delle comode e funzionali call-to-action. Tutto questo per pianificare strategie di content marketing, in modo da aiutare a pensare contenuti per fare lead generation. Tutto parte del blog, per quello è da considerarsi come una scelta obbligatoria anche quando si opta per tenere il sito all'esterno e il blog in un subdominio (stile lab.nomedominio.est, academy.momedominio.est, blog.nomedominio.est) Si possono ottimizzare i contenti dal punto di vista SEO, tramite alcuni suggerimenti da parte della piattaforma che mette a disposizione un comodo indicatore delle performance integrato. C'è inoltre la possibilità di verificare con preview la vista su differenti tipi di schermi. Perché non utilizzare un blog esterno con Wordpress? Perché la quantità di informazioni che si possono gestire in modo integrato direttamente all'interno di HubSpot sono così tante che il gioco - di abbandonare Wordpress - può valere la candela. Per approfondimenti: Articolo sul Blog di Hubspot; Come usare il Blog nell’Inbound Marketing: consigli per iniziare; Ottimizzazione SEO del blog: il pannello SEO di Hubspot; Landing page, strumento perfetto per la lead generation La landing page o pagina di atterraggio è quella pagina in cui avvengono le conversioni dei visitatori anonimi in contatti. Le landing page sono il cuore del processo di conversione e sono uno degli elementi di più difficile realizzazione. Con HubSpot si possono creare landing page in pochi click (anche grazie al sistema drag-and-drop), predisporre degli A/B test per testare l'efficienza di soluzioni differenti e analizzare il rendimento. L'analisi delle performance avviene in modo semplice e intuitivo: semplicemente viene mostrata da che fonte e da che campagna di marketing arrivano i contatti e, focalizzando le metriche di analisi su chi di questi contatti (arrivati da ogni singola pagina) è diventato poi cliente, ci permette di calcolare il ritorno dell'Investimento di ogni azione di marketing. Nella foto un esempio della costruzione di una landing page in Hubspot con l'editor drag and drop HubSpot gestisce i social media Potete utilizzare HubSpot per condividere i vostri messaggi su più canali social in tempo reale (sia aziendali che personali), monitorare tutti i canali e comprendere le perfomance della vostra attività social con una serie di statistiche orientate al risultato: il post con più interazioni, quello che ha ricevuto più click... e su tutto, sullo sfondo, la conversione. Potete programmare i post singolarmente sia in modo massivo, con un comodo strumento, invidiabile per un'azienda che ha un'attività social di qualche genere. Hubspot dalla sua ha un'ampia possibilità di integrazione con i principali social network come Facebook, Twitter, Instagram, Youtube e Linkedin. Oltretutto alcune informazioni social, come il numero di follower o quello dei click, possono essere usate per segmentare il database di lead e creare così campagne di comunicazione targetizzate. Le newsletter e l'email marketing con HubSpot Avete presente Mailchimp? Mailup? Ecco, scordatevele. Non perché non siano dei buoni tool, ma perché le stesse funzionalità le possiamo trovare all'interno di un'unica piattaforma. Il vantaggio nell'utilizzare il motore delle email automatiche e delle newsletter di HubSpot è presto detto: tutte le informazioni sull'apertura di una email, sul rimbalzo, sul click e sul dove si è cliccato vanno all'interno delle informazioni del contatto, andando ad arricchire il profilo, aggiungendosi alle informazioni sulle pagine visitate, i click dai sui social e molto altro ancora. A queste si aggiungono le marketing email, con la possibilità di crearle tramite un editor drag-and-drop, molto simile per funzionalità a quello usato per la creazione del sito e per le landing page. Tutto questo rende Hubspot una piattaforma molto intuitiva e semplice per quanto riguarda queste funzionalità. Anche per le email c'è la possibilità di inserire al loro interno gli smart content, in modo da offrire un'esperienza personalizzata a chiunque visualizzi la mail. Il CRM, tra il Marketing e il Sales Il cuore pulsante di Hubspot è il CRM, acronimo di Customer Relationship Management, che fa sostanzialmente da collante tra gli strumenti di marketing, gli strumenti legati alla parte sales e tutta la parte di service. È sostanzialmente il nucleo centrale che prende i dati da ogni touchpoint e li rende disponibili, ma soprattutto utili, a tutti gli altri dipartimenti. Il risultato finale è una piattaforma che riesce a migliorare i processi interni mettendo in condivisione e rendendo accessibili i dati a tutti i team che operano. Oltre ad un miglioramento dei processi interni si registra anche un miglioramento della customer experience, vista la possibilità di veicolare all'utente finale il giusto messaggio, al tempo giusto. Di seguito riportiamo alcune funzionalità di Hubspot CRM. La gestione dei contatti in HubSpot Una delle cose che mi piacciono di Hubspot è andare all’interno della scheda del lead. Qui troviamo due visualizzazioni: un riepilogo generale e una timeline in cui sono comprese: Tutte le attività dal contatto con il nostro sito comprensive di: pagine visualizzate, form compilati, le landing viste, call to action cliccate, l'origine del contatto (campagna PPC, traffico organico, social ecc...). Tutte le attività commerciali eseguite con la possibilità di loggare call, email e note commerciali e assegnare task agli altri membri del team; Tutti i preventivi inviati al contatto, lo stadio in cui si trova all'interno della pipeline e, nel caso di integrazione con l'ecommerce, i prodotti acquistati; Log automatico di email e conversazioni (anche SMS e Whatsapp) e ticket avvenute con il contatto; Attività derivanti da applicazioni integrate con il CRM (ad esempio integrazioni con Zoom oppure Eventbrite si possono visualizzare le partecipazioni a webinar oppure ad eventi fisici come uno spettacolo); Non solo perché per quanto riguarda mail oppure per i documenti è attivo un sistema di tracciamento che consente di visualizzate se e quando un documento è stato visualizzato, e i link che possono essere stati cliccati. Il tutto è utilizzabile per arrivare inoltre al punto successivo, quello della segmentazione dei contatti. Hubspot inoltre funziona per proprietà e ogni qualvolta viene compilato un form i dati e le proprietà di contatto si aggiornano automaticamente. C'è inoltre la possibilità di modifica manuale dei dati, in modo da avere un CRM pulito e una scheda di contatto che possa essere utile alla segmentazione. All'inizio dell'articolo abbiamo inoltre sentenziato che il software è certamente perfetto per ogni tipo di azienda, menzionando inoltre anche il caso del B2B. A tal proposito Hubspot suddivide i contatti in contatti veri e propri ed aziende. Il funzionamento di quest'ultima è analogo a quello dei contatti: con le interazioni eseguite da ogni contatto, riassunte all'interno della scheda dell'azienda. Nella foto un esempio del contatto in HubSpot con ogni attività svolta Le liste (= segmentazione) Parlare di liste significa parlare di segmentazione dei contatti. Un discorso che ci porta, intimamente, all'essenza di cos'è l'inbound marketing: lead generation, segmentazione e qualificazione commerciale dei contatti, per poter chiudere prima e meglio. Quando qualcuno compila un form di Hubspot questo contatto diventa un lead del database, con la possibilità inoltre di classificarlo nelle varie fasi del funnel di vendita e tracciandone i comportamenti tramite un cookie. All'atto pratico poi, con le liste puoi costruire dei cluster di tutti quelli che hanno visto enne volte la pagina tale, mescolando le informazioni con i click dati sui social, i form compilati, le Call-to-Action cliccate e le email aperte con quelle anagrafiche (età, fatturato, provincia...), e tutte le informazioni di cui abbiamo parlato nel punto precedente. Avendo un'unica incredibile pipeline che raccoglie tutte le informazioni sul contatto, viene facile poter utilizzare queste informazioni per segmentare i lead e per comprendere meglio a cosa sono interessati, aiutando, quindi, il venditore nel primo contatto commerciale perché la personalizzazione dell'offerta, nel marketing, è importante. Le liste sono utili anche per chi si occupa di marketing all'interno dell'impresa per migliorare i propri risultati. Pensare a strategie di marketing mirate ad un determinato target aiuta a non sprecare tempo e risorse in azioni massive comprendendo anche contatti che non sono minimamente interessati all'offerta. Per fare tutto ciò si possono combinare le proprietà del CRM per la creazione di un numero pressoché illimitato di liste che possono rispondere alle più disparate necessità. I workflow di HubSpot, ovvero la marketing automation HubSpot è però anche una piattaforma di marketing automation, forse la più famosa e versatile nel mercato, che permette di alimentare i contatti a seconda delle interazioni che questi hanno con i contenuti del sito o di distribuire compiti al team commerciale interno, quando il contatto viene qualificato per la vendita. HubSpot gestisce questa funzione con i workflow, rendendo, anche in questo caso, un'applicazione potente e complessa, veramente facile da utilizzare. A chi sono utili? Anche in questo caso la risposta è a chiunque. Facciamo alcuni esempi di workflow che possono essere impostati a seconda dell'utilità dei team. Facciamo alcuni esempi: Per il team marketing sono utili i workflow per la lead nurturing, l'invio di email o sms automatici, l'inserimento o la rimozione dalle liste di segmentazione e dai pubblici per le campagne pubblicitarie; Per il team sales è utile per segnalare le opportunità commerciali, per assegnare task automatiche, per impostare note o l'invio di sms o mail interne al verificarsi di determinate condizioni, per ricevere avvisi sui deal aperti; Per il team di assistenza sono utili per la gestione del ticketing in base a determinate condizioni, ad esempio il ticket può essere assegnato ad utenti diversi in base alla località del contatto; Possono essere usati anche per azioni routinarie e di pulizia del CRM stesso tramite la creazione o l'eliminazione di contatti e la modifica delle loro proprietà; Per approfondire il tema della marketing automation puoi visitare la pagina di approfondimento La marketing automation. Nella foto un esempio di workflow in HubSpot con a destra alcune possibilità di azioni disponibili Strumenti per la conversation Hubspot mette a disposizione dei suoi utenti anche tutti gli strumenti necessari per essere costantemente attivi e rapidi nella risposta al cliente, consentendoci di avere una inbox dove possono essere gestite tutte le conversazioni in entrata tramite social, email, chat e form. Oltre a questo la piattaforma prevede la funzionalità dei flussi di chat automatici da inserire o nel social come Facebook oppure all'interno della chat del sito internet, in modo da avere una duplice funzione: qualificazione e conversione del visitatore e miglioramento della sua customer experience. Ulteriori funzioni sono la creazione di template predefiniti di email e snippet di testo che semplificano il lavoro di chi è incaricato a gestire le conversazioni. Reportistica avanzata Non può ovviamente mancare la parte di reportistica. Hubspot ha tutto ciò che è necessario per monitorare i dati e le prestazioni di tutti gli elementi creati con la piattaforma, dalle prestazioni del sito, a quelle dei blog, a tutta la reportistica riguardante la chiusura delle trattative e l'assistenza clienti. Con Hubspot inoltre è possibile la creazione di report custom che rispondano a specifiche esigenze del business. Questo è possibile tramite la combinazione delle proprietà dei contatti, aziende, deal e ticket, senza contare la possibilità di combinare dati quantitativi e dati del comportamento degli utenti. Per tirare le somme possiamo affermare che la reportistica in Hubspot è veramente completa. Hubspot Sales: cosa fa Hubspot, oltre alla parte dedicata al marketing, al CRM e al CMS ha anche una parte dedicata agli inbound sales e dà loro tutti gli strumenti necessari per chiudere le trattative in modo migliore, snellire le operazioni routinarie e offrire un servizio impeccabile. Di seguito presentiamo alcuni strumenti usati dal team sales. I deal I deal sono letteralmente gli affari dell'impresa in corso, vinti o persi e che sono associati ai contatti oppure alle aziende. La loro gestione è molto similare per quanto riguarda i contatti e le aziende perché comprendono comprendono: Scheda completa del deal con una overview e la timeline con tutte le interazioni avute che riguardano il deal; Possibilità di loggare call, note, task, email o tutto quello che riguarda la gestione del deal; Possibilità di impostare proprietà custom in base alle esigenze; Possibilità di usare i deal, in base al valore delle proprietà, per segmentare la clientela per poi, ad esempio, applicare strategie di marketing personalizzate per chiudere la trattativa. Nel caso degli ecommerce i deal sono generati automaticamente al checkout. Le pipeline di vendita Non c'è deal senza pipeline di vendita, ossia tutto il percorso necessario affinché una trattativa possa essere chiusa, in modo positivo o negativo. Impostare una pipeline di vendita è fondamentale per mantenere sotto osservazione lo stato delle trattative, per capire dove ci sono problemi con la chiusura e avere chiara la situazione delle trattative aperte, in stato di chiusura e chiuse. La pipeline è personalizzabile e possono essere impostate più pipeline nel caso di diversi canali commerciali. Nel caso specifico degli ecommerce, i deal generati dagli ecommerce sono automaticamente inseriti all'interno della pipeline e sono aggiornati costantemente. Nella foto un esempio delle pipeline di vendita in HubSpot con i deal nei vari stadi I preventivi e documenti in Hubspot È possibile creare i preventivi all'interno di Hubspot e collegarli al deal, al contatto e all'azienda di riferimento con la possibilità di realizzarli anche a livello grafico, di scaricarli e stamparli. Questo rappresenta una delle utilità maggiori per tutto il reparto commerciale. Oltre a questo con Hubspot, attualmente disponibile solo per il mercato USA ma che probabilmente immaginiamo verrà esteso, si può aggiungere al preventivo i metodi di pagamento desiderati con la possibilità di accelerare i processi di pagamento. Per quanto riguarda i documenti commerciali, è possibile la loro creazione all'interno di Hubspot e, una volta creati, è possibile avere il tracciamento dei click e tutti i dati relativi alla loro visualizzazione. Hubspot Service Hub per l'ultima fase del funnel Per la fase l'ultima fase del funnel di marketing, dedicata alla fase del post acquisto, Hubspot mette a disposizione una serie di strumenti per gestire e tenere monitorate le problematiche e i feedback da parte degli utenti e del propri clienti, essenziali per chi vuol fidelizzare la propria clientela. In particolar modo permette la gestione dei ticket, essenziali per risolvere problematiche all'azienda. Anche in questo caso la loro gestione è analoga a quella di contatti, aziende e deal e prevede la possibilità di: Creazione automatica del ticket tramite workflow; Scheda riepilogo del ticket con annessa timeline dedicata; Inserimento di note, task, email ecc... all'interno del ticket; Possibilità di utilizzare le proprietà dei ticket per segmentare i clienti; Oltre a questo Hubspot mette a disposizione anche una sezione per tenere monitorati i feedback dei clienti e un portale clienti. Le possibilità di integrazione di Hubspot Hubspot non è una piattaforma a sé stante ma può essere integrata anche ad altri software, in modo da costruire un ecosistema integrato di dati, perfetto per segmentare e chiudere trattative commerciali. Ciò che può essere integrato con il software possono essere: Piattaforme ecommerce; Applicazioni; Altre piattaforme per la gestione dei dati; L'integrazione con gli ecommerce La prima integrazione che andiamo ad analizzare è quella relativa agli ecommerce, come possono essere Shopify oppure BigCommerce. Hubspot infatti si integra con le piattaforme ecommerce, in modo da offrire ai propri utenti la possibilità di avere tutte le funzionalità che abbiamo visto nei punti precedenti anche a servizio dell'ecommerce, per questo è definibile anche come un ecommerce crm. Hubspot possiede un'integrazione nativa con Shopify, ciò significa che in pochi click si può arrivare a sincronizzare i dati del negozio online e utilizzarli, insieme agli altri derivanti dagli altri touchpoint, per segmentare i contatti e offrire loro un'esperienza in linea con le loro esigenze. Per ulteriori info ti consigliamo il nostro articolo sull'integrazione tra Hubspot e Shopify. Sempre per quanto riguarda gli ecommerce, è possibile integrare anche BigCommerce con Hubspot, questa volta però è necessario richiedere ad un'agenzia lo sviluppo di un connettore per la data integration. Le applicazioni Hubspot dispone di un ecosistema di applicazioni che possono essere utile a chiunque si interfacci con la piattaforma. Facciamo alcuni esempi: Applicazioni per il marketing: comprende una vasta gamma di applicazioni che variano dai social network, alle app per la gestione delle campagne ADV, ad altre applicazione per la gestione di webinar (come Zoom), eventi (come Eventbrite) ecc...; Applicazione per una migliore gestione del back office: comprende applicazioni per l'integrazione a varie app di messaggistica e di caselle postali, app per la gestione di video conferenze, sincronizzazione dei dati da altri CRM ecc...; Applicazioni per la gestione del customer service; Applicazioni per una migliore gestione della produttività, con applicazione per le automazioni, per la gestione dei progetti di gruppo ecc...; Applicazioni per la gestione della parte finanziaria con la creazione di preventivi e integrazione con applicazioni per la loro gestione; Altre Piattaforme Hubspot può integrarsi anche con altre piattaforme per migliorare ulteriormente l'usabilità della piattaforma e per una gestione del dato quanto più completa possibile. L'integrazione può avvenire tramite lo sviluppo di un connettore tra Hubspot e l'altra piattaforma. Le piattaforme con cui Hubspot può essere integrato sono: PIM (Product Asset Management), ERP, DAM (Digital Asset Management) e qualsiasi altro software aziendale. HubSpot: quanto costa? Eccoci ora ad una parte che molti ritengono fondamentale: il costo della piattaforma. Per valutare il costo effettivo quello che consigliamo è di valutare il ROI una volta che si investe in questo asset aziendale e non di vedere il costo solamente come una cifra numerica e basta. Hubspot può suddividersi in vari pricing: Piano gratuito; Piano Starter; Piano Professional; Piano Enterprise; A loro volta questi piani si suddividono in vari pacchetti e troviamo: Pacchetto CRM Suite (l'all inclusive di Hubspot); Pacchetto Marketing Hub; Pacchetto Sales Hub; Pacchetto CMS; Pacchetto Operation Hub; Pacchetto Service Hub; Hubspot dà anche la possibilità di creare dei bundle personalizzati a seconda delle esigenze. Per approfondire con il dettaglio dei prezzi di consigliamo il nostro articolo in cui parliamo dei costi di Hubspot. Considerazioni finali Abbiamo visto i dettagli di questa tipologia di software, compreso per chi e come può essere utile. Hubspot quindi non è solo CRM, non è solo marketing, non è solo sales e non è solo assistenza cliente ma è un insieme di questi punti a servizio delle aziende. La crescita aziendale è sicuramente uno degli obiettivi che Hubspot si pone e per farlo cerca di mettere a disposizione alle aziende tutto ciò che è necessario per aumentare il livello di customer experience e organizzazione aziendale. Per approfondire ulteriormente il tema puoi sempre scaricare gratuitamente il nostro ebook oppure contattare un'agenzia Hubspot per farti fare una consulenza o richiedere una demo gratuita.
Nel marketing una delle cose più importanti per la conversione dei visitatori dei siti web, sono le landing page che possono essere utili sia per chi si occupa di SEO, per chi si occupa di content marketing e per chi si occupa di advertising. Cos'è e cosa significa landing page Alla domanda cos'è una landing page? Possiamo rispondere con la sua traduzione e il suo significato in italiano: “pagina di atterraggio”. Nel marketing, in particolare, si usa come una pagina in cui vogliamo far atterrare il visitatore del sito, praticamente un punto di ingresso da cui i visitatori possono entrare in contatto con noi. È tra i punti cardine delle strategie di inbound marketing, perché è il punto dove avviene la conversione del visitatore in lead. In generale, comunque, una landing page è quella pagina del sito web dove il visitatore viene trasformato in un contatto; per dirla in altra parole, viene convertito in lead e inserito all'interno del tuo database, o CRM. Le pagine di atterraggio sono diventate il cavallo di battaglia di molte aziende, che le creano appositamente nelle loro strategie di marketing per cercare una conversione, che può essere di vari tipi: richiesta di informazioni, l’acquisto di un prodotto, l'offerta di contenuti gratuiti. Questa tipologia di pagine diventando il più delle volte le pagine di destinazione dell'intera strategia dei contenuti del sito. La landing page inoltre è studiata appositamente per un particolare target, così come tutta la campagna di marketing che porta ad essa. Per questo motivo, utilizza un linguaggio e una scrittura della landing page con un tono molto specifico, mirato ad essere efficace esclusivamente per chi ci atterra sopra. C'è di più: essendo rivolta ad un particolare pubblico, è accessibile solamente (nei limiti del possibile) ad un visitatore profilato, grazie alle impostazioni scelte nel momento dell'avvio delle sponsorizzate. La sua forza è proprio la caratterizzazione: immaginate di effettuare una ricerca su Google e, dopo aver cliccato su un risultato che promette bene, di trovarvi di fronte una pagina che sembra scritta apposta per voi, dandovi tutte le informazioni che cercavate e la possibilità di effettuare immediatamente un acquisto, un'iscrizione o qualunque cosa stavate cercando. Ecco perché non c'è da stupirsi se il tasso di conversione è decisamente elevato nelle landing page rispetto alle pagine di un sito web. I differenti modi in cui le landing page possono essere utilizzate dal marketing sono: Offerte specifiche; Proposta di una prova gratuita; Campagne di marketing; Approfondimento di un particolare argomento; Landing finalizzate ad intercettare vari segmenti di pubblico; Campagne di content marketing (es. offerta di un ebook); Campagne pubblicitarie, le famose pagine di atterraggio Pay Per Click; Campagne di lead generation; Perché sono importanti le landing page? Riducendola ai minimi termini: perché una landing page è importante? La risposta breve è perché aiutano ad aumentare i tassi di conversione. Il motivo principale è che, con una promozione mirata, le pagine di destinazione specifiche che si concentrano presentando un prodotto o un servizio da vendere si concentrano su un unico obiettivo: l'obiettivo corrisponde allo scopo dell'annuncio o della Call-to-Action sul quale i tuoi visitatori hanno fatto click, per raggiungere la landing page. Analizziamo però 4 motivi per cui le landing page sono importanti nelle strategie di marketing. 1. Le pagine di atterraggio possono generare lead Una buona pagina di destinazione non attira solo visitatori. Ti consente anche di stabilire un contatto con loro, gestire l'inizio di una relazione di qualche genere tra la tua azienda e il visitatore, e valutare se sono interessati ai servizi o ai prodotti che proponi. Puoi farlo impostando un modulo che chieda ai lettori le loro informazioni di contatto in cambio di uno sconto o di contenuti, come whitepaper e informazioni utili esclusive. I potenziali clienti compileranno il modulo, dandoti informazioni che il tuo team di vendita potrà in seguito utilizzare per mettersi in contatto e per fare strategie di lead nurturing. Attenzione: non basta mettere il form in una pagina del sito web per trasformarla in una landing page. Ad esempio, la pagina contatti anche se contiene un form, non viene fatta con il preciso scopo di far arrivare in quella pagina il visitatore per convertirlo, ma, più in generale, ha lo scopo di garantire una certa facilità di connessione tra il visitatore e i dipendenti dell'azienda o informare dove questa sia ubicata. Naturalmente lo scopo successivo è quello di lavorare per farlo diventare un nostro cliente, in perfetta aderenza con la metodologia inbound, senza essere invadenti, ma riuscendo a cogliere il momento giusto per proporgli qualcosa di interessante. Per sintetizzare questo punto: La landing page è la carta moschicida che trasforma prospect in contatti. 2. Possono semplificare le decisioni per il tuo pubblico Quando stai progettando un sito web, è allettante cercare di pensare a quello che succederà quando ci saranno dei visitatori sulle sue pagine. Lo progetti bene per essere sicuro che i potenziali clienti possano trovare ciò che stanno cercando, quindi potresti aver bisogno di inserire nel sito più informazioni possibili. Anche se questo non è necessariamente dannoso per il tuo sito web nel suo insieme, può essere fatale per la tua pagina di destinazione. Le landing page hanno lo scopo di indirizzare il pubblico a fare in una determinata cosa. Se le presenti con troppe scelte e opzioni, i visitatori potrebbero distrarsi e non riuscire a portare a termine l'azione per la quale l'hai pensata. Le pagine di destinazione sono importanti perché limitano il numero di opzioni che vengono presentate ad un visitatore, consentendoti di guidare le persone verso il risultato che desideri. 3. Le pagine di atterraggio sono essenziali per l'inbound marketing e la segmentazione dei contatti Ecco perché la landing page è il fulcro delle nostre attività di comunicazione digital, in particolare di quelle in ottica inbound marketing finalizzate alla lead generation; argomenti che consiglio di approfondire perché sono tutti correlati. Puoi leggere: Cos'è l'inbound marketing Differenze inbound & outbound marketing Quanto costa fare inbound markerting Generare lead però non è l'unico motivo per cui le landing page sono importanti. Possono anche aiutarti a massimizzare l'efficienza del tuo sito web e saperne di più sul tuo pubblico. Tutto ciò è possibile strategie di marketing con HubSpot. La metodologia inbound, attraverso la creazione di URL e cookie di tracciamento sul tuo sito web o nei post sui social media che utilizzi per condividere i tuoi contenuti, permettono di tracciare il comportamento dei visitatori. Quando i visitatori arrivano sul tuo sito devi riuscire a far compilare loro un form, in modo da riuscire poi a tracciarli: puoi utilizzare Hubspot CRM per determinare da dove arrivano (email, social media, motore di ricerca, ecc.) e che pagine vedono, per segmentarli in base agli interessi ed alimentarli con la marketing automation. La condizione per poter far questo è, per l'appunto, la conversione: di qui l'importanza di pagine di destinazione dedicate ad offerte di valore per i prospect con le quali si creano i lead all'interno del sistema. 4. Aiutano la tua campagna pubblicitaria ad essere un successo Se stai pagando per un alto posizionamento sui motori di ricerca (attività SEO) o per una campagna AdWords con Google, devi assicurarti di ottenere il miglior rendimento dalla tua spesa. Di conseguenza, devi convertire i visitatori in lead in modo rapido ed efficiente per poter aumentare le vendite e dimostrare con i numeri che quello che fai sta funzionando. Quando paghi per gli annunci hai un metro di misura: il costo di un click e la possibilità che questo diventi una conversione di successo. Qui viene in aiuto la grande specificità delle landing page e la loro caratteristica di non distrarre il visitatore, accompagnandolo alla conversione. Landing page: l'anatomia Per farti un’idea di come appaiono e vengono realizzate, puoi vederne alcune nell'articolo che abbiamo scritto sugli esempi di landing page. E per approfondire il ruolo delle landing page nella metodologia inbound puoi leggere l'articolo: Il ruolo delle landing page nella metodologia inbound marketing. Torniamo quindi alle landing page. Caratteristiche di una landing page Prendiamo in esame ora alcune delle caratteristiche che differenziano le landing page dalle altre pagine web, che per chi volesse crearne una deve tenere in considerazione. Assenza di link e del menu di navigazione: La landing page non deve avere il menù di navigazione che invece c’è nelle altre pagine del sito. Questo per eliminare le distrazioni del visitatore; per evitare che prenda altre direzioni e quindi per farlo andare dritto alla compilazione del form, perché è la sola azione che potrà fare. Ogni link della tua landing page che non è il tuo obiettivo di conversione del contatto è una distrazione che diluirà il tuo messaggio e ridurrà il tuo tasso di conversione. La landing page deve essere molto specifica ed evitare ogni distrazione. Tutto questo perché il cervello umano prende una decisione in pochissimi secondi, quindi meno distrazioni offriamo e più probabilità ci sono perché il visitatore esegua proprio l’azione che vogliamo. Chiarezza e brevità: Mai scrivere un trattato sulla landing page! Il visitatore che arriva su una LP ha già capito nello step precedente cosa sta facendo e cosa otterrà. Qui serve essere concisi nelle frasi e chiari nelle azioni da far compiere al visitatore e non confonderlo. Considerate che la maggior parte dei visitatori è molto impaziente e lascerà il tuo sito entro pochi secondi dall'arrivo se non rafforzi la missione della landing page con un titolo che, in modo rapido e chiaro, faccia capire al visitatore che si trova nella pagina giusta, nella quale trova quello che cercava. Anche il form di contatto non deve chiedere più dei dati necessari; form troppo lunghi o puntigliosi rischiano di far abbandonare il processo di conversione senza che il visitatore abbia lasciato i propri dati perché a tutti infastidisce quando ti chiedono vita morte e miracoli della tua vita, gusto? La chiarezza va considerata anche nel design della landing page: se visivamente la pagina risulta poco comprensibile e poco piacevole nella navigazione oltre che nell’estetica (perché anche la piacevolezza ha valore...) può inficiare l’efficacia della proposta. Coerenza e rilevanza: Offri un contenuto che sia in linea con le ricerche e gli interessi che il tuo visitatore ha espresso. In altre parole “mantieni la promessa che hai fatto”! Se ha cercato una vernice per pavimenti esterni… offrigli per esempio un vademecum su come ottenere il migliore risultato con quella tua vernice, oppure mostragli un video con le fasi di stesura per ottenere un pavimento perfetto. Non offrirgli un e-book su come preparare il cemento! A lui non interessa quello e non ti lascerà i suoi dati per una cosa che non vuole o che è lontana da quello che gli hai promesso. Alta capacità di conversione: Questa caratteristica è da tenere in considerazione quando si imposta la pagina di atterraggio da un punto di vista grafico. Fai cioè in modo che visivamente la landing page sia strutturata per condurre l’attenzione del visitatore verso il form di contatto in modo naturale, senza rischiare di perdere conversioni. Permetti la condivisione sui social: Inserisci le icone dei Social per consentire al tuo visitatore di condividere la landing page, e in fondo il contenuto offerto, ai suoi “amici” su Facebook, piuttosto che la sua rete su LinkedIn. In questo modo puoi aumentare il numero di possibili lead/contatti in quanto si presume che il tuo visitatore farà conoscere la tua offerta a chi lui presume possa essere interessato. Questi sono solo alcuni consigli affinché la tua landing page sia una pagina che converte, ma se vuoi approfondire, prova a leggere Landing Page: il cuore dell'Inbound Marketing. Se vuoi approfondire ulteriormente, puoi sempre leggere il libro di Luca Orlandini Landing page efficaci o leggere alcuni suoi consigli nell'intervista che ci ha rilasciato. Non è detto poi che una landing page funzioni al primo colpo; magari fosse cosi e la prima versione della landing page fosse quella buona! Quindi non aver paura a fare delle piccole modifiche per sperimentare la strada che converte meglio: a volte basta cambiare il colore, l’immagine, a volte solo la grandezza del testo… Insomma prova e verifica come funziona. Migliorare è sempre possibile. Per analizzare i rendimenti di differenti versioni della stessa landing page, di solito si utilizzano gli A/B test, che altro non sono che 2 versioni della stessa pagina che vengono monitorate per stabilire quale funziona meglio. Per gestire al meglio questo percorso consigliamo di utilizzare un software che permette, per l'appunto, di gestire e verificare direttamente queste performance. Con l'A/B test inoltre possono essere evitati alcuni errori presenti nella maggior parte delle landing page che non fanno convertire come sperato. Gli obiettivi di una landing page Le landing page hanno 2 obiettivi essenzialmente: ottenere i dati del possibile cliente (convincendolo a compilare un form di contatto in qualche modo) oppure farlo acquistare direttamente (nel caso di un e-commerce, per esempio). Naturalmente a seconda dell’obiettivo, la landing page sarà strutturata in maniera diversa, quindi ogni singola landing page persegue un obiettivo unico e specifico. Risulta più difficile che una stessa landing page possa avere come obiettivo sia quello di acquisire dati del possibile lead promettendogli un valore di qualche genere (ad esempio uno sconto del 5% per l'iscrizione alla newsletter) e anche quello di farlo acquistare. Si deve far concentrare il visitatore su un'unica offerta! Come ottenere i dati da uno sconosciuto con una landing page? Intanto precisiamo che il processo attraverso il quale un visitatore sconosciuto lascia i suoi dati su un form di contatto viene definito conversione. Un processo di conversione, inizia sempre con una giusta Call-To-Action, cioè con una chiamata all’azione, normalmente molto esplicita che invita il visitatore a compiere un’azione, per esempio “scarica l’e-book”, “visualizza la demo” ecc. Prima delle pagine di atterraggio: la CTA Il visitatore cliccando sulla CTA sarà dirottato su una landing page che contiene un form di contatto in cui andrà ad inserire i dati richiesti dall’azienda. Una volta compilato il form e dopo aver lasciato i propri dati sarà convogliato in una Thank You Page (testualmente “pagina di ringraziamento”) dove potrà scaricare gratuitamente un certo contenuto. Ma quale contenuto varrà i dati che il visitatore ti lascia? Cioè… per avere quale contenuto è disposto a darti i suoi dati anagrafici ecc.? in questa scelta si gioca molto sull’efficacia della landing page. Il contenuto che tu azienda dovrai offrire al visitatore dovrà essere in linea con i suoi interessi, con le sue ricerche, con le sue curiosità... e con la fase del Buyer’s Journey in cui si trova quello specifico Buyer Persona. Anche qui ritroviamo una delle caratteristiche dell’inbound marketing: alla base di ogni tua azione di marketing c'è il pensare a ciò che attrae e interessa il tuo cliente. Conclusioni Ed ecco spiegato cos'è una landing page e come funziona. Queste informazioni però restano molto generiche, e servono a dare solamente una linea introduttiva per capire uno dei passaggi chiave per chi vuol fare lead generation. Se vuoi ulteriori approfondimenti, puoi scaricare la nostra guida gratuita. Se invece vuoi già iniziare, abbiamo scritto un articolo riguardo a come creare una landing page che ti consiglio di visitare.
HubSpot è una piattaforma per la gestione del tuo marketing online integrata con un potente CRM. E' in grado di approvvigionarsi in modo automatico, grazie alle azioni del commerciale interno all'azienda (email al cliente, telefonate, appuntamenti), sia grazie alle interazioni dei lead con i nostri contenuti - in senso lato - come le pagine del sito, il blog, le landing page, la Call-to-Action, le email... (si può far riferimento a Cos'è HubSpot per saperne di più). Il vantaggio di HubSpot? Quello di riuscire ad integrare in modo armonico, all'interno di un unico grande framework, la gestione del dato. Cosa significa questo? Cerchiamo di scoprirlo. L'importanza del dato nella società dell'informazione Avere le informazioni è sempre stato, nel corso della storia, un grande vantaggio sui tuoi avversari. In qualunque ambito dell'ingegno umano, l'informazione ha determinato la differenza tra vincitori e vinti: parliamo delle informazioni sullo stato di salute del mercato per vendere le azioni prima di un crollo, di sapere realmente cosa sta facendo il nemico e dove ha dispiegato le sue forze per capire dove attaccarlo, di conoscere i gusti degli adolescenti per proporre loro un nuovo prodotto rivoluzionario... L'importanza dell''informazione, mescolata alla capacità di usarla per trarne dei vantaggi, è una costante nella storia. Oggi, che viviamo nell'epoca massima della diffusione delle informazioni, chi le detiene, chi le possiede, è il padrone del mondo. Parliamo di qualcosa che ci è familiare: Facebook. Il popolare social network prende soldi grazie alle informazioni generate dalle interazione dei suoi utenti con gli elementi che compongono la piattaforma. Ci sono gli account, le pagine, i gruppi e gli eventi. E per ognuno la possibilità di connessione, gli status, i commenti, i like, le condivisioni. Le mie interazioni con questi oggetti (mescolate probabilmente ad un potente motore semantico che ne capisce tono e definisce meglio gli ambiti) permettono a Facebook di inquadrarmi all'interno di cluster, che poi vengono proposti agli inserzionisti. Fai vedere il mio post a tutti quelli a cui piace l'amatriciana, vivono a Vicenza e hanno dai 20 ai 30 anni. Ah, escludimi quelli che fanno i dentisti. Risulta abbastanza chiaro che il fine di Facebook è fare soldi usando le informazioni, e tutte le migliorie e i nuovi servizi che offre, puntano a far aumentare le nostre interazioni e profilarci sempre in modo migliore. E' altrettanto chiaro che se domani cambiasse il suo modello di business e puntasse alla vendita di prodotti e servizi, sarebbe un player molto temibile perché, conoscendo i gusti, lo status e quello che sta facendo chiunque, potrebbe vendere quello che vuole con maggiore facilità rispetto a chi vende quel bene o quel servizio da una vita, pur conoscendo molto meno delle persone con le quali si relaziona. Il grande vantaggio di HubSpot (sopra gli altri vantaggi) Cosa permette di fare HubSpot in questo senso? Incamerare il dato. Esattamente come Facebook si porta a casa le informazioni sulle persone grazie alle interazioni spontanee all'interno della piattaforma, con HubSpot la tua azienda si porta a casa le informazioni grazie alle interazioni con gli elementi del digital marketing. Con Hubspot hai la possibilità di sapere: Quali pagine del sito quali post del blog, quali landing page ha visto un tuo lead, quando e quante volte lo ha fatto; Quali Call-to-Action ha visto e quali ha cliccato; Quali forma ha visto e quali ha compilato; Quali documenti ha scaricato e quanto li ha letti; Quanto tempo ha passato in ogni pagina e quando; Quanti click ha dato su Facebook, su LinkedIn o su Twitter all'account della tua azienda. Quando è entrato per la prima volta al sito e se è stata una campagna a pagamento, sai esattamente chi è arrivato da quella campagna; Quali email apre e quali non apre, quali clicca e cosa non clicca. E sicuramente altre cose che ora, mentre scrivo, posso saltare. Ma il quadro risulta chiaro: HubSpot ti permette di incamerare conoscenza. E come puoi usare commercialmente queste informazioni? Per segmentarlo, per dividerlo in cluster. Con le liste di HubSpot puoi usare tutte queste informazioni per decidere come segmentarlo. Ad esempio posso fare una lista con tutti i lead che hanno visto più di 3 post del blog con la parola HubSpot e la pagina inbound marketing almeno 2 volte, che hanno fatto più di un click su un social network e lavorano in un'azienda con più di 20 milioni di euro di fatturato, nella provincia di Verona. Questa segmentazione ha due obiettivi: da un lato capire a che argomento può essere interessata una persona, dall'altro utilizzare il tipo di interazione e il tipo di contenuti con cui interagisce, per capire in che fase del Buyer's Journey si trova. Sono informazioni che poi il dipartimento commerciale utilizzerà per il primo contatto via telefono o via email. Sono informazioni che oggi possono costituire la differenza tra un team vendite che funziona e uno che sta perdendo terreno. Il grande vantaggio competitivo di questo sistema, in un paese arretrato tecnologicamente come l'Italia , è che i primi che arriveranno potranno utilizzare questo gap di informazioni per trasformare il modo in cui fanno commerciale. Vantaggi di Hubspot (dal punto di vista funzionale) La gestione armonica e continua del dato è il primo e il più importante valore che HubSpot porta dentro alla tua azienda. Ma non è il solo. E' un indubbio vantaggio e un grosso risparmio di tempo avere una gestione all in one dei tuo strumenti di marketing e commerciali. I vantaggi della piattaforma Prima di analizzare i vantaggi dal punto di vista del marketing e del sales, analizziamo i vantaggi della piattaforma. Ampia possibilità di integrazioni Hubspot è una piattaforma che si integra con altre piattaforme per avere una gestione del dato completa e con qualità elevata. Hubspot infatti può integrarsi con gli ecommerce, ERP, altri CRM, PIM (Product Information Management) e qualsiasi altra infrastruttura aziendale. Possono esserci integrazioni native oppure integrazioni che necessitano lo sviluppo di connettori per la data integration. Per quanto riguarda il caso specifico degli ecommerce, Hubspot possiede l'integrazione nativa con Shopify mentre per quanto riguarda altre piattaforme, come BigCommerce, è integrabile via API con lo sviluppo di un connettore apposito. Ecosistema di applicazioni adatte a tutti i reparti Hubspot mette a disposizione dei suoi utenti uno store completo di applicazioni per le più disparate necessità, dalle applicazioni di marketing, a quelle per i commerciali, passando anche per le applicazioni dedicate alla gestione finanziaria e dedicate alle integrazioni con altre piattaforme. Utilità per il marketing e il sales Hubspot è una piattaforma che consente di allineare tutti i reparti, in modo che il team sales abbia indicazioni utile alla chiusura della trattativa e il team marketing abbia importanti indicazione dal team sales riguardo alla qualità dei lead in entrata. Tutto ciò consente sia di tarare le azioni commerciali sia le strategie di marketing verso un miglioramento continuo. Costi della piattaforma Per quanto riguarda i costi della piattaforma, Hubspot si caratterizza dal fatto di richiedere costi relativamente bassi, con la possibilità di scalare man mano che il business si ingrandisce. Chi valuta i costi di Hubspot come eccessivi solitamente non valuta le potenzialità di crescita della piattaforma e le sue funzionalità. Per quanto riguarda il pricing Hubspot offre un piano gratuito, disponibile a chiunque volesse iniziare a prendere confidenza con le funzionalità della piattaforma e avere un'operatività minima. Ci sono poi i pacchetti avanzati con funzionalità via via complete e che sono adattabili a qualsiasi tipo di esigenza. Per quanto riguarda il pacchetto CRM Suite (il pacchetto che comprende tutte le funzionalità di marketing, sales, service, CMS e operation) prevede tre tipologie di prezzo: Piano Starter: prezzo a partire da 41 € mensili; Piano Professional: prezzo a partire da 1.474 € mensili; Piano Enterprise: prezzo a partire da 4.593 € mensili; C'è la possibilità di creare pacchetti personalizzati in base alle esigenze scegliendo anche i singoli pacchetti (quindi marketing, sales, service, CMS e operation) e i singoli piani per ogni pacchetto. Per approfondimenti ti lasciamo la pagina dedicata al pricing sul sito di Hubspot. I vantaggi per chi fa marketing Gestione delle pagine web ottimizzate per far lead generation Partiamo dal marketing: gestire le pagine del sito, il blog e le landing page all'interno di un'unica piattaforma che ti permette di creare pagine in modo facile utilizzando i template e un sistema drag-and-drop, ti aiuta nell'ottimizzazione SEO e mobile e si aggiorna per seguire i miglioramenti dell'algoritmo di Google è una bella comodità. E, anche qui, accedere alle informazioni su ogni pagina, post e landing sulle conversioni, le visite, il posizionamento sulla SERP di Google per le keyword che ti interessano. Hubspot inoltre mette a disposizione tutto il necessario per pianificare strategie di content marketing per cercare di attirare sempre più lead. In particolare è possibile: Gestione delle campagne pubblicitarie; Gestione dei social network; Gestione delle conversazioni in entrata dai vari canali; Creazione di landing page dedicate e delle website page; Blog per il content marketing; CTA per convertire; Form per acquisizione dei dati; Esperienze cliente personalizzate Possiamo metterci sopra gli smart content, per mostrare contenuti differenti sulle nostra pagine (testi ed immagini) agli appartenenti alla differenti liste segmentate, per dare a tutti il giusto contenuto - con l'obiettivo di aumentare la conversione - e per me non c'è dubbio quale diventa la miglior piattaforma dove mettere il mio sito web. Gli smart content sono inoltre utilizzabili anche per quanto riguarda l'email marketing, così da offrire una maggiore personalizzazione della comunicazione per il lead, in modo da dare sempre il messaggio giusto all'utente giusto al tempo giusto. Per approfondire leggi il nostro articolo sull'importanza della personalizzazione nel marketing. Approccio omnicanale Hubspot per il marketing ha dalla sua il grande vantaggio di integrarsi con molteplici touchpoint lungo il customer journey. Ciò si traduce in un livello elevato per quanto riguarda la qualità del dato, avendo la possibilità di conoscere i propri contatti in maniera completa e di pianificare strategie mirate per loro. Risparmio di tempo e denaro La possibilità di condividere direttamente sui social e gestire le newsletter, all'interno di una stessa piattaforma, diventa anche comodità, curva di apprendimento semplificata e più persone che lavorano all'interno di una stessa piattaforma, anziché disperdere chi si occupa di comunicazione e marketing sugli strumenti più disparati. Marketing automation per creare esperienze uniche E che dire della marketing automation? Un motore potente per la distribuzione di email o qualsiasi altra azione di marketing finalizzata a far diventare cliente un semplice contatto. Tramite i workflow inoltre c'è la possibilità di visualizzare cosa sta funzionando in modo migliore nella strategia di marketing e cosa non sta funzionando, con la possibilità di correggerlo. Fidatevi: spaziale. I vantaggi per i commerciali Avere importanti indicazioni dal team di marketing Per la prima volta il CRM non è più un peso che ti obbliga a fare cose in più, ma è pensato per dare più informazioni ai commerciali e dar loro strumenti per conoscere meglio con chi stanno interagendo. Alimentare la scheda contatto dalle interazioni con email, pagine del sito e contenuti è la prima grande possibilità di conoscere a cosa sono interessati i prospect e inviare loro un'offerta commerciale che sia in linea con le sue aspettative. Hubspot CRM consente di fare tutto ciò Migliore rapporto cliente-impresa Anche mandare già delle email firmate dai commerciali quando i prospect fanno determinate azioni, diventa un vantaggio (in termini di tempo e tempismo...). Poi alcune chicche come dare la possibilità di fissare gli appuntamenti direttamente sulle disponibilità della nostra agenda è un altro colpo di tacco che chi ha pensato a questa piattaforma, ha buttato direttamente in rete. Inoltre da tenere in considerazione è anche la possibilità di gestire tutte le conversazioni direttamente dalla piattaforma, senza switchare da una casella di posta all'altra oppure da una casella di posta ad altre applicazioni. Allineamento e maggiore organizzazione con gli altri membri dell'azienda Altro vantaggio di Hubspot riguarda i processi commerciali perché oltre a inserire note all'interno del contatto visibili anche dagli altri membri del commerciale, c'è la possibilità di assegnare task agli altri membri del team e di inviare loro mail automatiche di promemoria, il tutto tenendo traccia dei passaggi. Niente più dimenticanze di contattare un lead e niente più post-it sparsi in giro sul posto di lavoro. Tutto ciò consente inoltre un considerevole risparmio di tempo di contatto. Strumenti perfetti per gestire le trattative Hubspot mette a disposizione dei commerciali tutti gli strumenti necessari per tenere sotto controllo le trattative commerciali. In particolare offre: Possibilità di creazione dei deal; Gestione delle trattative tramite pipeline di vendita; Sincronizzazione automatica in caso di integrazione con l'ecommerce; Possibilità di creazione di documenti commerciali e preventivi da inviare ai contatti; Conclusioni Insomma, risulta chiaro: i vantaggi di HubSpot dal punto di vista delle funzioni e delle procedure marketing e commerciali sono immensi. Ma il valore assoluto è dato da quello che è il risultato: un database fo##utamente più ricco di informazioni di qualsiasi vostro competitor, con queste informazioni continuamente alimentate dai lead, quando tornano sul sito o rispondono alle vostre email o newsletter. Benvenuti nell'inbound marketing e nell'inbound sales, che applicano queste metodologie per una comunicazione che non interrompe e non infastidisce e un commerciale che si fa amare, perché ti propone the right content, to the right person, at the right time.
Il periodo che va dal 2020 al 2022 è stato molto complesso per le aziende, soprattutto per quelle che lavorano nell'ambito della tecnologia. Questo biennio ha rappresentato un vero spartiacque per la digital transformation che, se da un lato ha dovuto affrontare le nuove sfide imposte dalle restrizioni del Covid, d’altra parte ha visto aumentare il livello di digitalizzazione dei servizi trasformando così in opportunità una grave crisi sanitaria, con conseguenti difficoltà anche dal punto di vista economico. Le basi di una crescita costante Tra le aziende che meglio hanno saputo affrontare questa situazione imprevista, mostrando grande capacità di adattamento e di resilienza, c’è ICT Sviluppo, realtà che sviluppa progetti e-commerce e sistemi di valorizzazione del dato a supporto dei processi di marketing e di vendita. La crescita di ICT Sviluppo è testimoniata dalle numerose partnership con i principali brand sul mercato che offrono soluzioni nell’ambito della digital transformation e dell’ecommerce. L’azienda nel 2016 ha stretto partnership con HubSpot, divenendone Diamond Partner, e con Shopify, divenendone Shopify Expert. Nel 2021 inoltre, per soddisfare le esigenze delle aziende che vendono in mercati B2B, ha aggiunto tra i suoi partner anche BigCommerce, piattaforma leader per questa tipologia di ecommerce. Grazie alle soluzioni enterprise offerte da HubSpot, Shopify Plus e BigCommerce, ICT Sviluppo ha conquistato clienti importanti e brand noti nel settore del design, del fashion e dell’elettronica. Presente localmente con sedi ad Arzignano, Verona, Milano e Torino, l’azienda ha ormai acquisito un profilo nazionale e vanta clienti in ogni regione d’Italia. I numeri che danno ragione ad ICT Sviluppo A dare ulteriore conferma della crescita esponenziale di ICT Sviluppo, ci sono i numeri. Rispetto al 2021 l’azienda ha fatto registrare una crescita del 20% del fatturato, che nel 2022 si è attestato su un milione e 100.000 euro. ICT Sviluppo conta ad oggi 22 persone tra dipendenti e collaboratori, specializzati nella realizzazione di progetti di digital transformation legati a processi di vendita B2C, principalmente nel settore dell’ecommerce, e B2B avvalendosi delle soluzioni fornite da HubSpot per il CRM e da BigCommerce per lo sviluppo di ecommerce B2B. E ancora, l’azienda si occupa di integrazioni tra sistemi con strumenti avanzati e all’avanguardia come Total Data Hub per cercare di aiutare le imprese a costruire un sistema di dati che permetta loro di migliorare i loro processi aziendali e di crescere nel tempo. Volendo fare un breve riepilogo ecco i numeri del 2022 fatti registrare da ICT Sviluppo messi a confronto con il 2021: +35% di fatturato generato da clienti fidelizzati, una percentuale che attesta il livello di soddisfazione delle persone che hanno utilizzato i servizi messi a disposizione dell’azienda. Il rapporto infatti non si è concluso dopo la consegna del progetto, ma è continuato anche dopo; +30% di fatturato generato dalle collaborazioni con agenzie e professionisti che si sono rivolti a ICT Sviluppo per l’ecommerce in SaaS con Shopify, BigCommerce e l’implementazione di progetti CRM e marketing & Sales con HubSpot. Numeri di cui l’azienda può andare fiera, poiché proprio a cavallo tra il 2020 e il 2022 molte aziende big del digital sono state costrette a ridurre il personale, a volte anche in maniera drastica, per contenere i costi elevati emersi nei periodi di lockdown. Il commento di Diego Dal Lago, CEO di ICT Sviluppo Diego Dal Lago, CEO di ICT Sviluppo, ha commentato con entusiasmo questi numeri che testimoniano la bontà del lavoro fatto dall’azienda: “I servizi e la professionalità che offriamo rappresentano quanto abbiamo seminato negli anni. Alle spalle c’è il lavoro di persone e professionisti che mettono a disposizione dei clienti la loro capacità di fare, le loro abilità, la loro passione e le loro competenze”. Continua Dal Lago: “Veniamo pagati per il know how costruito e maturato negli anni e la capacità di realizzare cose concrete, e non per presentare progetti astratti. Solo un anno fa abbiamo cambiato il nostro payoff aziendale: “Born to Build Digital”. Proprio in quel Build si racchiude tutta l’essenza della nostra azienda, quello che siamo e che vogliamo continuare ad essere. Non siamo mai paghi di quello che conosciamo, anzi, siamo sempre pronti a nuove sfide con una grande voglia di crescere e migliorare di continuo”. ICT Sviluppo è un’azienda nata con una visione costantemente orientata verso il futuro, restando comunque ben concentrata sul presente per offrire soluzioni efficaci ed efficienti da utilizzare nell’immediato e risolvere problematiche attuali e concrete. Sono tanti gli ingredienti della ricetta del successo di ICT Sviluppo: grande capacità di pianificazione e realizzazione dei progetti concreti, know how, capacità di problem solving, visione e supporto continuo a brand, aziende e agenzie di comunicazione che hanno bisogno di implementazioni e sviluppi creati su misura per i loro clienti. Diego Dal Lago annuncia nuovi e ambiziosi progetti di crescita in vista del 2023: “Anche quest’anno saremo al Netcomm a maggio e al Web Marketing Festival a giugno e Giovanni Fracasso, COO dell’azienda, parteciperà come esperto a vari eventi”.
Sono sempre di più le aziende che, vedendo il successo di strumenti come i Reel di Instagram e piattaforme come TikTok, si chiedono come si faccia marketing con i video e fanno bene poiché questi contenuti sono l’anima del marketing per chi opera online. Ma, domanda ancora più importante, dovrebbero anche chiedersi come fare video marketing. E invece molte aziende snobbano i contenuti video poiché ritengono che siano troppo onerosi e che richiedano troppe risorse ed energie. Questo forse poteva essere vero fino a qualche tempo fa ma oggi, grazie alle nuove strumentazioni e ai programmi sempre più intuitivi e facili da usare, realizzare un video per le campagne di marketing è decisamente un’operazione abbastanza snella, pratica e per certi versi anche divertente. Ma ciò che bisogna sottolineare è la grande forza d’impatto che i video hanno sugli utenti. Se una foto vale più di mille parole, quanto può valere allora un video? In particolare è importante che il video sappia toccare le giuste corde emotive, racchiudendo i valori dell’azienda per ridurre il confine che separa i brand dai consumatori. Secondo una ricerca di HubSpot, gli utenti hanno indicato proprio nei video i contenuti preferiti per interagire con un brand, seguiti dalle email, dalle immagini e dagli articoli. Adottare una buona strategia di video marketing consente di intercettare le esigenze dei consumatori, suscitare in loro emozioni positive per indurli a compiere l’azione desiderata e dare visibilità al brand. Scopriamo nel dettaglio come fare. Che cos’è il marketing video? I video, in particolar modo nel marketing, devono assolvere a due funzioni principali: far leva sulle emozioni degli utenti e inviare un messaggio chiaro, diretto e con una grande forza d’impatto visivo. Se un video piace alle persone, è più probabile che venga condiviso in maniera virale fino a trasformarsi in una straordinaria vetrina pubblicitaria che conferisce pregio e prestigio al brand, aumentandone la web reputation, e che attira potenziali nuovi clienti. Un altro aspetto che merita di essere sottolineato è la straordinaria versatilità dei video nel marketing, è che possono essere usati per fare storytelling, per presentare un prodotto o un servizio, per creare tutorial, webinar o corsi di formazione. In questo modo si possono educare, intrattenere, ispirare e attirare nuovi e vecchi clienti, costruendo nel tempo un rapporto di fiducia che si rafforza sempre di più. I video hanno infatti il potere di consolidare la posizione di un brand che, diffondendo contenuti di qualità, creativi e accattivanti, si pongono come un punto di riferimento autorevole nel loro settore. Contenuti video per il marketing A questo punto sorge una domanda: come fare content marketing con i video? Per rispondere a questa domanda bisogna tenere in considerazione i principi della strategia di inbound marketing, cercando di non sprecare risorse in video creati solamente per il gusto di crearli. In pratica un video carino, ben fatto e coinvolgente è del tutto inutile se non risponde alle domande del pubblico e se non soddisfa le sue esigenze. Gli step da seguire sono principalmente 4: Analisi del contesto di mercato; Creazione di un buyer persona da colpire; Analisi della sua customer journey; Definizione delle metriche di misurazione e budget; Creazione del video pensando ad una strategia che possa sposarsi con il funnel dell'inbound marketing, quindi: Attract; Convert; Close; Delight; Attract La prima fase è quella dell’attrazione, quando trasformi un estraneo in un visitatore. Devi capire quali sono le tue buyer personas e quali sono le loro esigenze, così da proporre una soluzione valida ai loro problemi. I video per il marketing, nella fase di creazione, devono entrare in empatia con i loro problemi e i prodotti o i servizi che proponi devono essere la soluzione perfetta. Oltre a fornire informazioni utili per dimostrare di essere una fonte autorevole in quel determinato settore, devi creare video finalizzati all’intrattenimento e capaci di suscitare emozioni. In questa fase del funnel puoi creare: Video brand che parlano della tua azienda; Video “how to” e tutorial che spiegano come risolvere praticamente un problema; Video storytelling che introducono la vision e la mission della tua azienda. Man mano che attiri un nuovo pubblico cerca di non concentrarti unicamente sul prodotto, ma poni al centro dell’attenzione i valori e la personalità del tuo marchio. I marketing video che crei possono andare su una varietà di canali, quindi sviluppa una strategia mirata a seconda della piattaforma utilizzata. Convert Una volta che hai attirato spettatori e visitatori, devi convertirli in lead. In questa fase dovresti aver già raccolto informazioni di contatto su di loro con un modulo, quindi hai più dati a disposizione per impostare le tue strategie. Nella fase della conversione il marketing video ha il compito di entusiasmare ed educare il visitatore. I video più indicati per convertire sono: Webinar utili e interessanti; Demo di prodotti inviate via e-mail; Video promozionali della pagina di destinazione; Case study; Video dimostrativi. Mentre nella fase di attrazione i video potrebbero fornire suggerimenti rapidi per una vendita, nella fase di conversione potresti usare video esplicativi che scompongono la metodologia di vendita in più step, fornendo dettagli ancora più particolareggiati. Close La terza fase del funnel è indicata come chiusura poiché, dopo aver attratto visitatori e convertiti in lead, devi chiudere il ciclo trasformandoli in clienti. Questa è una fase estremamente delicata, poiché per il visitatore è arrivato il momento di scegliere e quindi, detto in modo estremamente pratico, decidere se acquistare o meno. I video soprattutto nello step della chiusura devono spiegare dettagliatamente come funziona un prodotto, ma aggiungendo un tocco emotivo per evocare le giuste emozioni. Esempi perfetti di video per la chiusura sono: Testimonianze credibili di clienti nelle quali i visitatori possono identificarsi; Demo approfondite del prodotto; Video aziendali che illustrano la qualità del servizio offerto; Video dimostrativi che spiegano in che modo il prodotto o il servizio possa essere utile in casi di vita reale. Delight Hai portato il visitatore dalla tua parte trasformandolo in cliente? Ottimo, ma il tuo lavoro non finisce qui poiché puoi fare ancora di più. Come? Trasformando il cliente in un ambasciatore del brand, che tramite il passaparola diventa egli stesso un veicolo promozionale che parla bene del tuo marchio online e offline. La quarta fase è quella in cui devi deliziare il cliente acquisito continuando ad offrire contenuti dall’effetto wow in grado di stimolare le emozioni di clienti già acquisiti per aggiungere ulteriore valore alla loro esperienza. Un’ottima idea, quando si pensa ad una strategia di marketing, è quella di inviare un video di ringraziamento ad un cliente che ha fatto il primo acquisto, dandogli così il benvenuto nella community e facendolo sentire parte integrante di un progetto. Altri esempi di video che puoi prendere in considerazione sono i corsi educativi e i video di formazione sui prodotti per soddisfare le esigenze dei clienti che preferiscono risolvere in autonomia i loro problemi o che semplicemente vogliono approfondire le loro conoscenze e competenze su un determinato argomento. Marketing con video: quali benefici per le aziende? I marketing video hanno un potere d’impatto molto elevato, tant’è che molti utenti hanno affermato che le loro decisioni al momento dell’acquisto sono fortemente influenzate proprio dai video. Come già accennato alcuni marketer sono spaventati all’idea di stilare un piano di video marketing, ritenendoli contenuti esosi da un punto di vista economico e troppo dispendiosi da un punto di vista organizzativo. In realtà bisogna completamente ribaltare questo punto di vista: più un video è semplice e naturale e più diretto arriva il messaggio. Questo significa che un video può essere breve e non ha bisogno necessariamente di filtri ed effetti speciali, l’importante è che diffonda il giusto messaggio e tocchi le corde emotive degli spettatori. Uno dei vantaggi principali è che grazie al video marketing si possono pianificare strategie di lead generation e, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, costruire una strategia completa che porti il lead a diventare cliente finale. Per completare questo tipo di strategie di inbound marketing molte aziende usano piattaforme come Hubspot CRM, in modo da avere analisi dettagliate sul comportamento dei propri utenti, in modo da poter offrire contenuti sempre più mirati. Con strumenti come i CRM, inoltre si possono monitorare tutti i touchpoint con cui la persona si interfaccia con l'impresa, con la possibilità quindi di avere una conoscenza completa dei contatti acquisiti grazie al marketing con i video. C’è poi un altro vantaggio per gli utenti e, di conseguenza, anche per le aziende: i video sono molto più semplici da seguire. Su qualsiasi dispositivo, che sia smartphone, tablet o notebook, il video è un contenuto facilmente fruibile che non richiede un grande sforzo mentale. La digital transformation ha fortemente impigrito gli utenti, che preferiscono di gran lunga vedere un video piuttosto che leggere un contenuto durante i loro spostamenti. I contenuti video riescono a tenere alta l’attenzione stimolando di volta in volta la curiosità, l’empatia ed emozioni sempre diverse. Benché il content marketing sia importante e non vada ignorato, talvolta risulta complicato mettere per iscritto un passaggio o fornire una spiegazione. La narrazione di un video invece è molto più diretta e intuitiva, alleggerendo così anche il servizio clienti di un’azienda che altrimenti si troverebbe costretta a fornire continuamente spiegazioni o a rispondere sempre alle stesse domande. I video avvicinano molto di più le persone alle aziende, soprattutto se utilizzi un linguaggio fresco che è proprio del tuo target di pubblico. Infine, ma non per questo meno importante, i video piacciono anche ai motori di ricerca e, proprio perché attirano di più, Google usa i suoi algoritmi per cercare video freschi e accattivanti da indicizzare e posizionare nella Serp. Per questi motivi fare marketing con i video potrebbe essere la soluzione ideale per la tua impresa. Conclusioni Un’azienda che non imposta strategie efficaci di video marketing ha vita breve. Per prima cosa devi quindi pianificare e progettare una buona strategia di video marketing che deve essere tarata e plasmata secondo le preferenze, le abitudini, le necessità e il linguaggio del tuo target di pubblico. Poiché conoscere i tuoi potenziali clienti è di fondamentale importanza, può sicuramente tornarti utile il contenuto gratuito disponibile alla fine dell’articolo che ti spiega come costruire una scheda di una buyer persona per identificare le caratteristiche dei tuoi clienti ideali. Image by master1305 on Freepik
L’obiettivo di ogni azienda è promuovere i propri prodotti, i propri servizi e il proprio brand. Questo è ovvio, ma non è altrettanto ovvio trovare la soluzione più adatta per conseguire questo obiettivo poiché bisogna fare i conti con una serie di elementi esterni. Conoscere la propria azienda e il pubblico di riferimento è sicuramente un punto di inizio, ma non è sufficiente per trovare la strategia di marketing più adeguata secondo le proprie esigenze e i propri obiettivi. Bisogna infatti fare i conti con le condizioni del mercato di riferimento che, soprattutto nell’epoca digitale, si modificano e cambiano ad un ritmo vorticoso, ma anche con il budget aziendale, altro aspetto cruciale in un periodo in cui austerity è la parola d’ordine. Ed è proprio in questa fase che entra in gioco la marketing intelligence, che consente di analizzare, studiare e leggere i dati a disposizione che racchiudono una serie di informazioni preziosissime. Scopriamo meglio cos’è la marketing intelligence e come sfruttare alla perfezione tutte le sue potenzialità. Marketing intelligence: la definizione La marketing intelligence, nota anche come business intelligence, è un approccio che si basa sulla lettura dei dati. Non si tratta però di una lettura “fredda” e casuale, ma strutturata e ben organizzata. Cosa farne di questi dati? E soprattutto come leggerli? Ogni giorno le aziende ricevono e incamerano migliaia e migliaia di dati provenienti da email, chat, telefonate, social ecc. Un patrimonio enorme di dati, spesso inseriti anche all'interno dei CRM, che vanno scorporati, vivisezionati e analizzati con appositi strumenti. La marketing intelligence integra e gestisce questa enorme mole di dati e informazioni, per poi ottimizzarli e distribuirli ai team aziendali. In questo modo ogni team ha a disposizione esclusivamente i dati di suo interesse, così da potersi focalizzarsi su quelli più pertinenti relativamente alla sua attività. Dall’analisi dei dati emerge una visione più chiara e completa dell’andamento del business della propria azienda, del comportamento dei clienti e anche degli altri competitor. Alla fine di questa analisi risulta più facile comprendere quali sono le strategie da adottare e quali invece vanno scartate. Tutti questi dati sono uno scrigno prezioso di informazioni per analisti, manager e responsabili dell’area marketing che, grazie ad una base solida su cui ragionare, possono adottare le decisioni più performanti secondo gli obiettivi da perseguire. Le 3 fasi principali La marketing intelligence si snoda secondo 3 fasi principali: Integrazione e gestione dei dati. I dati incamerati ogni giorno da un’azienda sono un’infinità e sarebbe difficile raggrupparli e riunirli tutti insieme, se non con la data integration. Si stima che per armonizzare tutti i dati ci voglia più di una settimana ogni mese, tempo, forze e risorse preziose che vanno perse. La marketing intelligence invece consente di visualizzare tutti i dati raccolti in un’unica posizione, indipendentemente che provengano da social network, ricerche online, email, CRM ecc. A tal proposito può esserti molto utile HubSpot CRM, che già fa una preziosa selezione dei dati dei clienti per conoscerli meglio e rafforzare da subito il rapporto con loro; Analisi e ottimizzazione dei dati. La seconda fase è quella di analisi e di ottimizzazione da svolgere in parallelo per migliorare l’engagement dei clienti. Si ottengono così report generati direttamente da dati unificati, così da adottare le strategie di marketing più efficaci e stabilire le spese per raggiungere in modo mirato il proprio target di pubblico; Allineamento e collaborazione. Una volta analizzati tutti i dati bisogna allinearli e metterli a disposizione di tutti i team e i reparti aziendali, affinché possano avere una visione chiara di tutte le informazioni. Bastano pochi clic per ottenere dei report completi relativamente ad un nicchia di mercato, una specifica area geografica, un segmento della propria produzione ecc. In questo modo risulta più facile prendere le migliori decisioni strategiche e migliorare l’esperienza del cliente. Come la marketing intelligence può migliorare l’esperienza del cliente? Tutto questo lavoro è sicuramente finalizzato a snellire e velocizzare i processi interni di un’azienda, ma è rivolto anche e soprattutto al cliente finale che poi rappresenta il centro attorno al quale si muove ogni attività, per questo si parla di customer centricity. Ebbene oggi non basta offrire un’esperienza sufficiente al cliente, ma bisogna andare ben oltre le sue aspettative per conseguire il tanto desiderato “effetto wow”. Le aziende devono essere proattive, quindi anticipare le possibili domande dei clienti e proporre soluzioni vincenti ancor prima che un problema possa presentarsi. Oggi i clienti sono veri ambasciatori di un’azienda, nel bene o nel male, poiché condividono online le loro esperienze sia positive che negative. Naturalmente un feedback positivo aumenta il prestigio di un brand, mentre un feedback negativo rischia di allontanare i potenziali clienti. Un aspetto ancora più importante nell’epoca della digital transformation poiché i consumatori ritengono che le aziende, tramite la tecnologia, possano e debbano offrire servizi sempre più performanti. Con gli strumenti messi a disposizione dai CRM, dalla data science e dalla marketing intelligence diventa più semplice intercettare le aspettative e le esigenze dei clienti e sfruttare i dati a disposizione per prevedere il loro comportamento secondo quello che hanno fatto in passato. Così facendo si aumenta l’engagement del cliente che può fruire di servizi costruiti su misura per lui per migliorare la sua esperienza con l’azienda. Da considerare che molti dei clienti, dopo un’esperienza negativa, difficilmente si rivolgono a quell’azienda e cercano altrove. Sarebbe un peccato regalare così un cliente alla concorrenza, perciò non bisogna sbagliare al primo colpo ma anzi è necessario fornire un’esperienza piacevole sin dal primo approccio. Non è importante concludere la vendita o spingere l’utente a compiere l’azione desiderata, quanto piuttosto instaurare un rapporto di fiducia e stima che può portare anche successivamente alla conversione. I vantaggi per aziende Una volta compresi i vantaggi per il cliente, focalizziamoci adesso sui benefici per le aziende. Con la marketing intelligence si evita per prima cosa l’indigestione di dati, quindi aziende ed e-commerce possono gestire al meglio quell’enorme flusso di informazioni che arriva ogni giorno. Le attività possono quindi capire e comprendere in anticipo i futuri cambiamenti del mercato, così da modificare le loro strategie e fornire al pubblico ciò di cui ha bisogno anticipando e bruciando sul tempo i competitor. Nuove normative o nuove tecnologie ad esempio impongono dei cambiamenti repentini per assecondare immediatamente le nuove richieste ed esigenze della clientela ed è necessario un approccio proattivo e reattivo. Vengono monitorati tutti i dati di vendita, quindi le aziende possono capire quali sono i trend del momento e quali prodotti “tirano” di più in un determinato periodo. In questo modo è possibile ottimizzare la produzione per evitare ammanchi o giacenze ed esaudire nel minor tempo possibile le richieste dei clienti. Non avrebbe senso implementare la produzione di un articolo che, in un determinato periodo, ha poco mercato. Al contrario andrebbe rafforzata la produzione di un articolo che invece è molto richiesto in un determinato periodo. Con tutti i dati ben ordinati le aziende riescono a capire quali sono i canali giusti per intercettare i nuovi potenziali clienti e come prevedere da subito le loro esigenze. Inoltre, analizzando le offerte dei concorrenti e grazie ad una profonda conoscenza dei propri clienti, risulta più facile offrire il prodotto nel modo giusto per aumentare la percentuale di vendite e di conversioni. E ancora riduci il rischio di errore e sfrutti al meglio il tuo budget, senza investimenti troppo onerosi che rischiano di essere inutili e raggiungendo il minimo risultato con il minimo sforzo. Come usare la marketing intelligence? Casi pratici Per comprendere meglio i vantaggi che la marketing intelligence offre alle aziende, ecco un elenco di casi pratici da applicare al proprio business: Analizzando le ricerche che i clienti fanno su Google puoi scoprire cosa cercano e quali sono i principali trend di mese in mese; Si possono migliorare i risultati di strumenti per la marketing automation snellendo così anche i processi aziendali; Con il social listening puoi capire cosa pensano i clienti della tua azienda, dei tuoi prodotti e dei tuoi servizi. In base ai dati raccolti puoi adottare le strategie che ritieni più opportune per migliorare la web reputation che oggi riveste una grandissima importanza nell’ottica del marketing online; La web intelligence ti consente di tracciare i movimenti e i comportamenti dei tuoi clienti, di conteggiare le visite dei tuoi competitor e di capire da dove provengono; Sfruttando appositi strumenti, come Amazon Data, riesci a capire il numero di vendite online dei tuoi competitor; Puoi capire su quali Ads pubblicitari stanno maggiormente investendo i tuoi competitor e su quali pagine stanno veicolando i potenziali clienti, così da comprendere anche la percentuale di conversione. Possono essere applicate anche tecniche di growth hacking marketing; Conclusioni Ormai le aziende hanno compreso l’importanza dei reporting, che rappresentano il futuro ma anche il presente delle nuove strategie di marketing. L’analisi dei dati ha un’importanza straordinaria e per impostare le tue strategie future hai bisogno di strumenti efficaci, come HubSpot, un efficace CRM che ti permette di conoscere in maniera approfondita i tuoi clienti e adottare le strategie più adeguate. Se vuoi approfondire ulteriormente il discorso su HubSpot e conoscere le sue funzionalità ti basta cliccare sulla risorsa gratuita disponibile a fine articolo. Image by Freepik
Capire se un investimento è redditivo o meno è di fondamentale importanza per le aziende in fase di pianificazione di budget. Ancor più importante è cercare di aumentarne il rendimento e, per questo, partire con un progetto CRM è una delle carte a disposizione nelle mani delle imprese. Prima di soffermarci però su come aumentare il ROI con il CRM, proviamo a dare una breve definizione di entrambi. Il ROI è il ritorno dell’investimento e indica il profitto di un investimento, derivante dal capitale posto a disposizione inizialmente. Il CRM (Customer Relationship Management) è un sistema informatico di gestione delle relazioni con il clienti. Aiuta le aziende a capire su quali clienti investire e su quali no quando si crea la strategia di marketing. Probabilmente questi acronimi erano già noti, in special modo se si lavora nel mondo del marketing, ma una piccola premessa andava fatta. Come si fa quindi ad aumentare il ROI con l’uso di un CRM? Si può? La risposta è sì, andiamo a scoprire come. Come si aumenta il ROI? Gli esempi sono da sempre i migliori amici dei concetti, per cui noi oggi proviamo a spiegare come aumentare il ROI della tua azienda, riportandoti dei casi che potrebbero essere reali. Poniamo il caso che tu abbia un e-commerce e dai dati analizzati noti che il fatturato, nel primo trimestre dell’anno, non sia stato positivo. Poche vendite dei prodotti, altrettante poche visite al negozio online. La prima domanda da porsi è: cos’è che non ho fatto che avrei dovuto fare per migliorare il fatturato? E allora si iniziano ad analizzare le azioni di marketing, la gestione interna delle risorse e degli ordini, la scelta dei prodotti e ovviamente la costruzione delle offerte. Posti questi esempi che andranno analizzati nel dettaglio, quali sono le prime 5 cose da fare per aumentare il ROI della tua azienda? Se non hai un CRM a cui affidarti per la gestione dei tuoi clienti e hai tanti dati da analizzare, Hubspot CRM è quello che fa per te; Hai promosso adeguatamente il tuo sito o il tuo e-commerce con le giuste strategie di advertising? Se non lo hai fatto, comincia. Se lo hai fatto, avrai sbagliato qualcosa, capisci bene cosa; Ti affidi a soluzioni automatizzate per la gestione dei tuoi ordini? Se no, inizia subito. Se sì, evidentemente non ti stai affidando alle piattaforme o ai sistemi giusti; Analizza il tuo processo di vendita. Ci sono punti di debolezza da rivedere? Se sì, analizzali con il team e trasformali in punti di forza; Il tuo team è sempre lo stesso, ma qualcosa ti sembra che non funzioni? A volte anche solo semplicemente rivedere i ruoli, promuovendo una sfida sana tra colleghi, oltre che una fase di formazione interna, può far aumentare la produttività e quindi anche le idee per fare qualcosa di nuovo. Se ti sembrano consigli scontati, beh sappi che non è così. Il mancato rispetto di questi punti basilari, compreso l'uso di un CRM sbagliato, è una delle cause di un ROI basso, o addirittura negativo. Ma quali sono gli strumenti del CRM che ti possono aiutare ad aumentare il ROI e risolvere le problematiche indicate sopra? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. Quali sono gli strumenti del CRM che aumentano il ROI Il CRM da noi più utilizzato è Hubspot, di conseguenza sappiamo indicarti bene quali sono gli strumenti che possono aiutare di più ad aumentare il ROI. Hubspot CRM ti permette di lavorare con tutto il tuo team sui dati dei clienti, andando a capire cosa migliorare della tua strategia. Ecco cosa puoi fare con gli strumenti del CRM: Scheda per ogni contatto e per ogni impresa comprensiva di tutte le interazioni svolte. Avere sempre sottomano tutte le interazioni avvenute con una persona aiuta tutta l'organizzazione ad essere più efficace in un rapporto con un lead; Avere una previsione delle vendite accurata tramite pipeline; Migliorare il coordinamento tra i vari team aziendali con task e log delle attività; Capire quali contenuti producono più risultati in termine di conversione e quali invece sono da scartare. Hubspot inoltre offre la possibilità di creare: articoli del blog, landing page, email di marketing e i post sui vari social network aziendali; Avere sotto controllo le azioni di vendita con report e dashboard; Avere sotto mano tutti i dati relativi ad annunci di advertising; Miglioramenti in fase di assistenza clienti con la possibilità di gestire i ticket; Tutto quel che è necessario per costruire una strategia di marketing automation tramite i workflow; In tutti questi punti possiamo trovare il CRM perfetto per aiutare le aziende a migliorare il processo di vendita e di conseguenza ad aumentare il ROI. Migliorare il ROI con l’Inbound marketing La personalizzazione nel marketing è spesso la strada migliore per ottenere dei risultati migliori, in quanto se il cliente si sente coccolato e pensato, se ha la percezione di essere unico, aumenta anche l’affidabilità che egli ha verso l’azienda e quindi la fidelizzazione. Personalizzare le azioni di marketing può fare aumentare di molto il ROI. La marketing automation di Hubspot può aiutare a costruire una strategia diversa per ogni contatto. Poniamo un esempio. Sia nel caso di siti web, in particolar modo di un sito Hubspot, sia nel caso di ecommerce, con la conoscenza profonda di chi e in che modo interagisce con quel touchpoint, c'è la possibilità di inviargli una mail con un contenuto personalizzato in base alle azioni svolte. Nel caso specifico degli ecommerce, è molto frequente l'uso degli ecommerce crm, ossia crm perfettamente integrati con gli ecommerce. Grazie a questo tipo di strumenti è possibile capire i prodotti che interessano, e che vengono visualizzati, da un determinato contatto. Anche in questo scenario c'è la possibilità poi di inviare comunicazioni personalizzate, risultando così ai suoi occhi interessante, senza perdere tempo con tecniche di marketing outbound che spesso portano risultati peggiori rispetto alla metodologia inbound. Per questo abbiamo scritto un articolo di approfondimento sulla differenza tra marketing inbound e outbound. Con CRM come Hubspot inoltre è possibile costruire un funnel di marketing per capire in che fase del suo customer journey sia il contatto, pensando così ad azioni specifiche per farlo rimanere sempre attivo facendolo diventare nel tempo un cliente fidelizzato. Personalizzare il marketing, aiutandosi con i dati raccolti da CRM e strutturando un processo di vendita automatizzato, si possono ottenere molti risultati. Ma quali sono i vantaggi per il ROI di una soluzione CRM? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. Vantaggi per il ROI di una soluzione CRM Da ciò che abbiamo spiegato sino a ora, i vantaggi dell’adozione di un CRM sono immediatamente riconducibili a: Identificazione degli investimenti che ha senso fare e quelli che invece è meglio mettere in pausa, ottimizzando non solo i costi ma anche il tempo impiegato; Aiuta a capire quali sono i clienti dormienti, che però possono essere riattivati da quelli che non saranno mai più interessati all’azienda. O ancora l’analisi dei dati permette di capire chi sono i clienti più attivi e come si può ottenere il massimo da loro; Permette di capire come impostare un funnel marketing, definendo le priorità nei flussi di lavoro. L’adozione di un CRM ti permette di avere una panoramica completa sul tuo progetto, andando a individuare punti di forza e di debolezza. Conclusioni Come hai potuto dedurre da questa lettura, adottare un CRM oggi è divenuto assolutamente fondamentale per un qualsiasi business online, perché ti permette di capire ancora più a fondo cosa non funziona e cosa invece sì. Nel momento in cui sai su quali aspetti del tuo marketing per il business puntare, hai la strada spianta verso il successo. Vuoi saperne di più su Hubspot CRM? Leggi la nostra guida.
Sfruttare i trend e le notizie più calde del momento è un’ottima strategia per le aziende che vogliono instaurare una comunicazione fresca, immediata e coinvolgente con il proprio target di pubblico. In questo momento storico, in cui le notizie si diffondono alla velocità della luce, ha assunto un ruolo ancora più importante l’instant marketing che, pur essendo considerata una modalità di promozione e di comunicazione tradizionale, oggi si è fortemente modernizzata grazie ai nuovi strumenti tecnologici e digitali di informazione. Questa strategia diventa ancora più performante se applicata con l’aiuto dei social media, dove è possibile realizzare contenuti divertenti e accattivanti capaci di cavalcare l’onda di una notizia o di un trend nel più breve tempo possibile. Naturalmente devi metterci del tuo, attingendo a tutta la tua creatività per creare contenuti freschi e che siano in grado di catturare l’attenzione della tua clientela. Cosa si intende per instant marketing? L’instant marketing, noto anche come real time marketing, comprende una serie di azioni finalizzate a intercettare le news e i temi più caldi del momento, per cavalcarli e reinterpretarli così da attivare delle efficaci strategie di comunicazione in base al proprio target di pubblico. Magari si può cavalcare l’onda di un successo sportivo, o di un evento mediatico clamoroso come ad esempio il famoso schiaffo dato da Will Smith a Chris Rock in occasione degli ultimi Oscar, da riprendere per una campagna pubblicitaria in tono ironico, scherzoso e sarcastico. Questo tipo di comunicazione piace molto, soprattutto ai giovani, che poi sono quelli che spendono maggiormente online e quindi sono uno dei target a cui dare particolare importanza. Il marketing in tempo reale ha un impatto elevato nelle persone poiché sfrutta una notizia fresca nell’immediato e consente di creare contenuti innovativi e coinvolgenti da diffondere subito sui social. Questo non era possibile fino a 10-20 anni fa, quando la notizia veniva data dai telegiornali o dai giornali e quindi a distanza di qualche ora dall’evento. Oggi, con i social, le notizie rimbalzano nel web alla velocità della luce e quindi anche la comunicazione è stata rivoluzionata, con la possibilità di sfruttare una notizia in qualsiasi parte del mondo si sia verificata. L'utilità di questa tipologia di marketing è molteplice e si prestano bene a: campagne di brand awareness grazie alla viralità dei post; campagne di lead generation: se pensate bene, questo tipo di campagne possono essere uno strumento molto utile per acquisire nuovi contatti da inserire all'interno di un CRM e accompagnarli successivamente alla vendita. Le 5 chiavi vincenti dell’instant marketing L’instant marketing si sposa perfettamente con l’inbound marketing, una strategia che attrae naturalmente e senza forzature gli utenti veicolandoli sul proprio sito o e-commerce con news e contenuti. Anche per questo motivo è una strategia che sta ottenendo un grande successo ma, una volta capito cos’è, come mettere in pratica una strategia efficace di instant marketing? Ognuno deve personalizzarla in base alle proprie esigenze e necessità, ma secondo dettami ben precisi per creare contenuti istantanei e di grande impatto visivo ed emotivo. Ecco gli elementi guida che bisogna sempre tenere a mente: Tempismo: questo è un elemento imprescindibile per cavalcare l’onda di una notizia clamorosa, strana o estemporanea. Tutti gli altri tuoi competitor si lanceranno come dei falchi sulla news per sfruttarla, quindi devi essere sempre sul pezzo e creare nel minor tempo possibile un contenuto divertente e accattivante quando l’attenzione del pubblico è ancora molto alta; Creatività: come già anticipato anche questo elemento è fondamentale per catturare l’attenzione del tuo pubblico e distinguerti dalla concorrenza con una buona dose di ironia e irriverenza, affinché gli utenti siano spinti a condividere i contenuti sulle proprie bacheche; Rilevanza e mediaticità dell’evento: non devi creare contenuti per ogni notizia che esce, ma devi saper discernere tra i vari eventi. Deve trattarsi di qualcosa di davvero incredibile o clamoroso, che abbia una portata nazionale se non addirittura mondiale. Con un po’ di pratica e di allenamento sarai in grado di capire quali sono gli argomenti, i trend e le news che maggiormente stuzzicano la curiosità degli utenti; Capacità di aumentare l’engagement: una notizia da sola, per quanto clamorosa, potrebbe non essere sufficiente ad attirare il tuo pubblico. Saranno tanti i brand, competitor o no, che cavalcheranno quella notizia e quindi devi essere bravo a creare un contenuto che possa realmente diventare virale e fare il giro del web e che possa aumentare l'engagement attorno al tuo brand. In caso contrario sarai solo una goccia nell’oceano e tutto il tuo lavoro sarà inutile, col rischio di perdere tempo, risorse ed energie; Flessibilità: i tuoi contenuti devono sapersi modificare ed evolversi in base alla tipologia di notizia. Un format potrebbe avere successo per un determinato settore, ma non per altri. Una tipologia di contenuto magari può andare bene per il settore sportivo, ma non per quello del cinema o della musica. Impara ad essere proattivo e flessibile anche in base alla reazione dei tuoi utenti. Instant advertising: comunicare con la Gen Z L’instant advertising può essere considerata una costola dell’instant marketing, poiché consiste nel creare una pubblicità che cavalca un accadimento rilevante per il proprio target di pubblico. Se ben sfruttato, l’instant advertising è in grado di creare un contenuto che possa diventare virale sul web e che quindi possa dare grande visibilità al brand stesso. L'annuncio pubblicitario, nel caso in cui si voglia far lead generation, deve essere anche accompagnato da una landing page, in modo da misurare il successo di una campagna in termini di conversioni, con al suo interno un form di registrazione. Passaggio successivo sarà quello di prevedere una strategia di lead nurturing, in modo da accompagnare i contatti acquisiti alla vendita. Tutto ciò è possibile nel caso in cui si abbia pianificato un progetto CRM. Questa strategia risulta particolarmente efficace con la Generazione Z, cioè i nati tra il 1997 e il 2012, giovanissimi che mangiano “pane e social” e che possono rendere virale un contenuto tramite like e condivisioni. I ragazzi tengono in grande considerazione i brand che hanno sempre i riflettori accesi sui principali trend del momento, poiché vogliono essere costantemente aggiornati per condividere contenuti freschi e simpatici con gli amici. Questa tipologia di comunicazione accorcia le distanze tra l’azienda e i giovanissimi, che amano un linguaggio fresco e informale, magari condito da slang e frasi del momento. In sostanza si interfacciano con un marchio come se stessero parlando con un loro amico, indentificandosi ancora di più in quel brand. Se ti stai chiedendo perché il tuo prodotto vende poco pur essendo di ottima qualità, probabilmente stai adottando una comunicazione vecchia e antiquata che non stuzzica più di tanto la fantasia dei ragazzi che hanno bisogno di stimoli continui. Se invece adotti una comunicazione giovanile e di grande impatto, affiancato da prodotti di ottima qualità e in grado di soddisfare le esigenze della tua clientela, vedrai che otterrai ottime risposte in termini di vendite. Real time marketing: i casi di successo Per avere le idee più chiare e magari trarre qualche spunto per la tua strategia di instant marketing, ecco alcuni esempi di successo. Ceres, famoso brand di birra danese, si è sempre contraddistinto per i suoi spot irriverenti, sarcastici e in alcuni casi sopra le righe, che hanno cavalcato le principali tendenze del momento. Ebbene un po’ di tempo fa si diffuse a macchia d’olio la teoria secondo la quale la Terra fosse piatta. La Ceres, sfruttando questo trend, creò un post diventato virale dove le bottiglie di birra diventavano piatte e bidimensionali. Questo è un ottimo esempio di instant marketing per sfruttare una tematica molto popolare che, proprio per il suo carattere inverosimile e illogico, è diventata di dominio pubblico. Un altro esempio di epic win è quello del Monopoly, il popolare gioco da tavolo che nel 2018 cavalcò l’onda del reddito di cittadinanza, una tematica ancora oggi attuale e popolare. Monopoly condivise un post in cui citava: “Da noi il reddito di cittadinanza è garantito fin dal 1935! Ecco quanto spetta ad ogni giocatore per iniziare la sua partita. Buon Divertimento!”. Altro esempio intelligente e creativo che ha rilanciato un gioco che, fino a quel momento, già godeva di una grande credibilità. Ironica e per certi versi irriverente fu la campagna promozionale promossa da Pringles Italia in occasione della festa di San Valentino nel 2018. In quel giorno particolare, dove è lecito immaginare che gli innamorati si scambino baci, coccole ed effusioni, l’azienda suggeriva ai propri followers di evitare le patatine al gusto sour cream e cipolla. Come è noto baciare una persona con l’alito di cipolla non è proprio il massimo e con questa campagna simpatica e sarcastica Pringles ha aumentato ulteriormente il suo appeal. L’instant marketing, se però utilizzato in modo sbagliato, può rivelarsi un’arma a doppio taglio. Va bene sfruttare gli eventi più mediatici del momento con ironia e sarcasmo, ma ci sono pur sempre dei limiti. Alcune aziende ad esempio hanno cavalcando l’onda di eventi negativi e addirittura tragici, come ad esempio alluvioni, terremoti, inondazioni o morti di personaggi famosi. Come è facile immaginare una campagna di marketing che sfrutta eventi funesti può trasformarsi facilmente in un boomerang. In casi come questi la viralità di un post o di una pubblicità, invece di aumentare la brand awareness del brand, rischia di affossarlo definitivamente creando un danno irreparabile per la sua reputazione. Conclusioni Ora hai tutti gli strumenti per realizzare contenuti ironici e divertenti in grado di sfruttare i trend del momento. Tieni presente che, per essere efficaci nelle proprie strategie di marketing è bene considerare i principi dell'inbound marketing. Solamente in questo modo è possibile instaurare un rapporto che vada oltre alla semplice vendita con un consumatore finale facendolo diventare un'importante fonte di dati per la tua impresa. Ti lasciamo perciò questo ebook gratuito che ti darà importanti indicazioni su come iniziare una campagna di inbound marketing. Image by kroshka__nastya on Freepik
La Voice of The Customer cos’è? È un processo grazie al quale possiamo conoscere i desideri e le aspettative dei clienti. In pratica lo possiamo definire come un feedback che otteniamo da parte del cliente, in merito alla sua esperienza con la nostra azienda. Questo processo aiuta le aziende a capire dove, come e quando migliorare in merito a ciò che sì offre al target. La VoC consente inoltre, capendo i punti deboli o di forza, di aumentare il livello di customer experience di chi vuol vendere, o tramite un ecommerce oppure tramite punti vendita fisici. Conseguentemente, la Voice of the Customer aiuta le aziende a personalizzare la loro offerta, sia da un punto di vista dei prodotti sia da un punto di vista dei servizi, avendo così un grande vantaggio sui competitor, che magari usano ancora tecniche di marketing push anni '90, senza considerare la possibilità di passare all'inbound marketing. Andiamo ora a capire, nei prossimi paragrafi, come funziona la VoC e perché è importante. Voice of the Customer (VoC): come funziona La VoC è parte integrante della Customer Experience e aiuta a definire la strategia di marketing. Se sappiamo cosa non funziona, abbiamo la risposta in merito a quello che dobbiamo fare per invertire la rotta. Ma come si raccoglie la voce del cliente? Esistono vari metodi, in passato si facevano i focus group, quindi si riunivano delle persone differenti per età, sesso e interessi e gli si poneva delle domande. Ma oggi tutto questo è inutilmente dispendioso in termini di tempo e risorse. Non ce n’é più bisogno. Oggi si può avere un rapporto one to one con un cliente e fargli domande precise tramite social, email, sms e via web. In particolar modo grazie ai social è possibile raccogliere le testimonianze delle persone e farne veramente tesoro, oltre che gestire la relazione con il cliente in modo tempestivo e ottimale. Ma qual è il programma di VoC da seguire? Identificare i touchpoint dei clienti; Raccogliere i feedback dei clienti; Analizzare le informazioni raccolte dei clienti; Una volta seguite tutte e tre queste fasi, magari facendosi aiutare con strumenti come i CRM, è bene procedere con la propria strategia, al fine di migliorare l’esperienza lato utente. Apparentemente sembra superfluo tutto questo, invece è molto importante e scopriamo nel prossimo paragrafo il perché di questa considerazione. Perché il VoC è importante Se devi lanciare per esempio un nuovo prodotto sul mercato, il VoC diventa fondamentale per la tua strategia, perché ti aiuta a comprendere il sentiment del mercato, i desideri e le esigenze dei clienti, cosa che servirà anche ad evitare il passaparola negativo riguardo al brand. Prima di lanciare un prodotto sul mercato devono essere molto chiari i suoi punti di forza e debolezza. Identificare attentamente ciò che desiderano i clienti, ti permette di contenere anche le possibilità di fallimento. Pensiamo ad esempio agli e-commerce che si occupano della vendita di abbigliamento o biancheria per la casa. Quanti competitor ci sono sul mercato? Di sicuro molti e per questo è fondamentale capire in cosa si è più bravi, andando a coprire quegli aspetti in cui magari gli altri sono latenti, come per esempio il servizio. Pensiamo a un negozio online che vende biancheria per la casa appunto, quanto potrebbe essere importante offrire ai consumatori la possibilità di vedere in anteprima live un prodotto, prima di acquistarlo? Un servizio così per il cliente sarebbe sicuramente molto apprezzato e questa esigenza si potrebbe coprire con il live social commerce, altrimenti noto come shopstreaming. Se invece il problema è legato alla comunicazione e al rapporto con il cliente, ci sono strumenti come Hubspot CRM che aiutano a migliorare l'esperienza complessiva del cliente con il brand. Un altro motivo per cui è importante il VoC è che dall’estrazione dei dati che si può fare, è possibile eseguire quella che viene definita analisi SWOT, valutando così punti di forza, debolezza, opportunità e minacce. Grazie a questi dati possiamo comprendere facilmente il posizionamento all'interno del mercato intervenendo istantaneamente per rimediare ad eventuali difficoltà. Ora che abbiamo compreso perché è importante, scopriamo come implementare la tua strategia grazie al VoC. Come implementare la tua strategia grazie al Voice of the Customer La voce del cliente ti permette d'implementare la tua strategia per tutta una serie di motivi, alcuni dei quali abbiamo già parlato in questo articolo, ma che ora approfondiamo ancora meglio. Conoscere a fondo il tuo cliente ti permette di capire i suoi punti di forza e debolezza, apprendendo come aggirare i dubbi e le insicurezze e costruendo così una strategia davvero efficace Ad esempio 100 clienti visitano il tuo e-commerce e si trattengono qualche minuto su una determinata categoria del sito e-commerce, ma poi non comprano. Questo dato cosa ti permette di capire? In sostanza che probabilmente dovrai ritornare su quella pagina e magari cambiare qualcosa del modo in cui è presentata l’offerta. Ma se su quella stessa categoria si soffermano 500 persone che invece acquistano, questo cosa vuol dire per te? Che probabilmente quei 100 che non acquistano non sono soddisfatti di qualcosa o trovano il prezzo troppo alto. Da ciò deriva la considerazione che alcuni aspetti di come è presentata l’offerta vadano migliorati. Questi sono dati importantissimi per la tua azienda, che possono aiutarti a capire cosa implementare per migliorare la customer experience. Ritornando all’esempio. In entrambi i casi ciò che potresti fare per rendere più efficace la tua offerta, è interagire con il tuo target e porre precise domande che ti aiutino a capire cosa non ha funzionato e cosa invece sì. Le domande che potresti porre sono le seguenti: Come ci hai conosciuti? Com’è stata la tua esperienza di acquisto? - se c’è stata Cosa non ti ha convinto del nostro negozio online? In cosa non siamo stati bravi per farti procedere con l’acquisto? Cosa ti piace del nostro e-commerce? Come hai trovato il prodotto, una volta arrivato a casa da te? Lasceresti una recensione per noi sul sito - se è attivo il servizio di recensioni. Questi chiaramente sono solo degli esempi relativi a specifiche situazioni, ma le domande possono cambiare in base alle esigenze aziendali. L’importante è sapere con esattezza cosa pensa di te il target e come puoi farlo felice. Conclusioni La Voce del Cliente è sempre molto importante da ascoltare, in quanto ci dà la possibilità di capire cosa possiamo migliorare e implementare della nostra strategia per costruire meglio la nostra offerta. Una strategia di marketing in questo senso, per essere efficace, deve comprendere una molteplicità di canali e azioni, ecco perché reputiamo che ti possa essere utile leggere la nostra guida sull'omnicanalità per i brand. Image by katemangostar on Freepik
Non tutte le ciambelle riescono col buco e, soprattutto in un ambito complesso e variegato come il marketing online, potrebbe risultare necessario fare dei test e degli esperimenti per capire quale contenuto, tecnica o campagna pubblicitaria sia maggiormente efficace. In tale contesto sono nati gli A/B test che, a seconda dei risultati raccolti, ci suggeriscono se sia meglio una cosa piuttosto che un’altra. L’A/B testing è uno degli strumenti più apprezzati e utilizzati nell’ambito del marketing e ha come obiettivo principale aumentare il tasso di conversione delle campagne di marketing, trasformando quanti più visitatori possibili in clienti, ma non solo. Bisogna però utilizzarlo nel modo giusto per sfruttarne al massimo tutte le potenzialità, perciò nei seguenti paragrafi analizziamo cos’è l’A/B test e come metterlo in pratica. A/B test nel marketing: cos’è? Possono essere diversi i processi che richiedono un attento monitoraggio: la messa di un sito online, il lancio di una campagna di marketing o l’invio di email promozionali. L’A/B testing è finalizzato a mettere a confronto due differenti versioni dello stesso contenuto o strategia, con piccole ma significative modifiche. Un dettaglio all'apparenza insignificante, come una CTA, una foto o una frase, possono radicalmente migliorare le prestazioni di un contenuto. Il test A/B serve proprio per comprendere come reagisce il pubblico dinanzi a queste modifiche e se recepisce meglio o peggio un messaggio a seconda delle modifiche apportate. In genere si usano due versioni di un contenuto, chiamate appunto versione A e versione B, o anche originale e variante. I risultati dei test vanno salvati e memorizzati, e poi analizzati con estrema attenzione per comprendere quale modello risulta più performante. Questo test aiuta anche a conoscere meglio il proprio target di pubblico, le sue aspettative e le sue preferenze. Come fare un A/B test? Prima di iniziare un A/B test devi chiederti qual è l’obiettivo che intendi raggiungere. Vuoi aumentare il livello di engagement col tuo pubblico sui social? Vuoi aumentare il traffico sul tuo e-commerce e di conseguenza incrementare le vendite? O magari desideri aumentare il numero di iscritti alla newsletter? Una volta scelto l’obiettivo da perseguire devi individuare le cosiddetti KPI (Key Performance Indicators), cioè le metriche da misurare che vanno analizzate prima, durante e al termine del test. In questo modo hai una panoramica completa della situazione e questi stessi indicatori ti forniscono preziosi dati e informazioni per comprendere se e in che misura sono stati raggiunti gli obiettivi prefissati. Devi poi valutare, a seconda delle modifiche apportate tra un test e l’altro, che tipo di risultati hai raccolto. Per ottimizzare le prestazioni dei test devi conoscere approfonditamente le caratteristiche e le abitudini di navigazione dei tuoi utenti, in questo senso possono esserti utili i CRM, che ti consentono anche di andare a vedere le pagine web visitate. Oltre alla qualità del pubblico devi prendere in considerazione anche la quantità, cioè la dimensione del campione di utenti che parteciperanno al test. Puoi anche decidere se far partecipare tutto il pubblico ai test o soltanto quella parte che ritieni più rilevante. Perché è importante e quali vantaggi dà l'A/B test? Per ogni azienda, e-commerce o attività di qualunque genere è importante ottimizzare i costi e il tempo. Prendiamo come esempio una campagna di marketing che ha come obiettivo ottimizzare il tasso di conversione e quindi generare maggiori profitti. Ormai è noto che l’acquisizione di nuovi clienti ha costi molto maggiori della fidelizzazione di clienti già acquisiti e richiede anche molto più tempo. Più costi e più tempo sono nemici della produttività aziendale, poiché come impone un vecchio motto le aziende devono raggiungere il massimo risultato con il minimo sforzo. Invece di andare alla ricerca di nuovi utenti, è importante sfruttare tutto il potenziale garantito dal traffico già presente sul sito. La cosa interessante degli A/B test è che possono essere applicati a qualsiasi componente di un sito web: una landing page, una CTA o gli stessi colori. Riassumiamo di seguito tutti i vantaggi di un test A/B che può essere fatto con piattaforme come Hubspot: É facile, automatico con la possibilità di impostare l'inizio e la fine del test; Ti fornisce importanti indicazioni per migliorare il ROI e aumentare le conversioni; Aumenta il livello di engagement con i clienti e i prospect, poiché consente di capire quali sono le tipologie di interazioni e di comunicazione che piacciono di più; Consente di capire quali tecniche o strategie eliminare poiché non offrono i risultati sperati, e quali invece vanno alimentate e implementate; Migliora l’esperienza dei marketer che possono così sviluppare un approccio analitico, pragmatico e soprattutto basato su dati concreti e tangibili. A/B test nell’email marketing I test A/B hanno trovato un’ampia applicazione nell’ambito dell’email marketing, dove un dettaglio può davvero fare la differenza per catturare l’attenzione dell’utente. Generalmente, in occasione dell’invio di newsletter, l’azienda prepara un template che poi userà per tutta la strategia di email marketing. Nel corso del tempo cambiano soltanto i contenuti, come le promozioni, le offerte, gli sconti ecc. Tuttavia quando si crea un template, che non viene mai modificato, alcuni elementi potrebbero risultare poco efficaci e quindi le prestazioni ottenute non sono sufficienti. I test A/B consentono invece di apportare alcune piccole modifiche, come immagini, test, CTA o struttura, che potrebbero invece rendere molto più appetibile e accattivante quell’email. Come applicare il test A/B nell’email marketing? In pratica si stilano due differenti versioni dello stesso messaggio che vengono inviate ad un determinato numero di persone, dopodiché si analizzano le diverse reazioni tenendo presente le metriche prefissate all’inizio. In sostanza l’A/B test consente di valutare l’efficacia di una strategia non tanto con le impressioni e le sensazioni personali, quanto piuttosto con dati certi e tangibili che attestano se una versione è efficiente e performante oppure no. L'A/B test nell'email marketing con Hubspot CRM Con un A/B test puoi modificare tutti gli elementi presenti in un’email, per avere un quadro chiaro delle prestazioni delle tue campagne. Diamo uno sguardo agli elementi principali che possono essere modificati con gli A/B test di Hubspot CRM: L’oggetto. Questo è uno degli elementi più importanti di un’email, poiché proprio in base all’oggetto l’utente decide se aprire il messaggio di posta elettronica oppure cestinarlo senza neanche dargli uno sguardo. Puoi testare l’oggetto in due versioni differenti, ma assicurati che sia accattivante e che sappia catturare l’attenzione dei tuoi utenti; Layout. Altrettanto importante è il layout, che deve essere pulito graficamente ma allo stesso modo accattivante per il tuo tipo di target. Il tuo pubblico potrebbe preferire una singola colonna, due colonne o un’altra struttura completamente diversa; Personalizzazione. Il modo col quale ti rivolgi ai tuoi utenti può fare la differenza e questo dipende dalla comunicazione. Hai adottato un linguaggio fresco e informale? Allora puoi rivolgerti al cliente chiamandolo direttamente per nome, abbattendo subito qualsiasi barriera. Il tone of voice che hai adottato dall’inizio è invece professionale e formale? Allora meglio chiamare il tuo cliente “signor” oppure “signora” più il cognome; L’offerta. I tuoi clienti apprezzano di più uno sconto del 20%, un buono omaggio sul prossimo acquisto oppure un’offerta di spedizione gratuita? Fai molti test per capire a quale delle offerte la tua clientela è maggiormente sensibile; CTA/Immagini. Delle immagini oppure una CTA accattivante e coinvolgente è la chiave per spingere il cliente a compiere l’azione desiderata. Testa, sperimenta e prova fino a trovare la CTA o le immagini che maggiormente toccano le corde emotive del tuo pubblico. Indirizzo del mittente. Molte volte inviare un'email a nome di un dipendente può aumentare il tasso di conversione rispetto alla stessa email con mittente l'indirizzo di posta elettronica di un dipartimento generico (es. commerciale@nomeazienda.it). E ancora puoi sbizzarrirti con test A/B su header, immagini, video ecc. Naturalmente non devi modificare questi elementi tutti insieme, ma uno alla volta. Solo in questo modo riuscirai a capire se e quanto incide un elemento modificato sull’efficacia dell’email. Nella realizzazione di un test A/B può esserti utilissimo HubSpot CRM, che consente di creare versioni differenti dei test per le campagne di email marketing. Una volta impostato il test A/B puoi memorizzare e analizzare tutti i risultati e interromperlo ogni volta che lo desideri. Conclusioni Gli A/B test sono strumenti utilissimi tanto per le grandi aziende quanto per le piccole realtà, poiché forniscono risultati immediati e tangibili che danno utilissimi consigli sulle strategie più efficaci da adottare in volta in volta per conseguire i propri obiettivi. Come accennato nel corso dell’articolo uno strumento utilissimo per impostare i tuoi test A/B è HubSpot. Se vuoi approfondire il discorso su HubSpot non devi fare altro che scaricare l’ebook gratuito disponibile alla fine dell’articolo, dove abbiamo fatto una panoramica della piattaforma che non è solamente CRM ma è molto altro di più. Image by 8photo on Freepik
Stai producendo contenuti da un bel po’ e sei riuscito a raccoglie informazioni sui visitatori del tuo sito web. Hai costruito una bella lista di lead che ti giri e rigiri, senza sapere cosa sia e come fare per aumentare l’engagement con queste persone che ti hanno dato l’email e una serie di informazioni in cambio di qualcosa di valore che hanno trovato nel tuo sito. Potresti essere stato anche così previdente da aver integrato HubSpot nella tua strategia digitale di inbound marketing, in modo da segmentare i loro interessi e continuare ad alimentarli in modo automatico per farli tornare al tuo sito, riuscendo a capire sempre di più da loro. Ora, come utilizzato questi dati per integrarli in una strategia di alto livello? Qual è il significato di engagement e perché è così importante Per prima cosa è importante capire qual è il significato di engagement, una delle parole più usate dai digital marketer, divenuto concetto famoso soprattutto grazie ai social media. L’engagement nella pratica misura il livello di coinvolgimento di vostri utenti che possono dimostrarsi attivi partecipando a conversazioni, lasciando commenti o scrivendo feedback e recensioni della loro esperienza avuta con l’azienda. Tutte queste azioni contribuiscono a creare un legame solido tra cliente e aziende e contemporaneamente favoriscono la nascita di una community attiva. Un buon engagement significa che state producendo contenuti di grande appeal per i vostri utenti che apprezzano quanto viene loro proposto. Alcune aziende ritengono, erroneamente, che un maggior numero di fan e followers sui social equivalga automaticamente ad un maggior engagement. Sbagliato! Non è il numero di utenti che crea un buon engagement, ma il loro livello di coinvolgimento. Quindi pratiche come l'acquisto dei followers, risultano inefficaci perché non aumentano assolutamente l’engagement visto che i contatti non sono realmente interessati a quello che viene proposto. Possono anche iscriversi al canale o alla pagina se vengono pagati, ma non saranno attivi. Non avrebbe senso di conseguenza avere una pagina con 2.000 iscritti, se solo poche decine sono attive e partecipative. Anzi, in tal caso l’engagement diminuirà e la pagina risulterà poco attrattiva. Meglio una base più piccola, ma realmente attiva. Anzi alcuni social, come Instagram con i nuovi algoritmi, tendono addirittura a penalizzare le pagine con poco engagement poiché i contenuti vengono ritenuti poco rilevanti per il pubblico che vi segue, quindi anche l’acquisizione di followers appare poco trasparente e di fatto fittizia. Cos’è l’engagement rate e come si calcola C’è un modo per calcolare effettivamente l’engagement? Sì e si chiama engagement rate, che può variare a seconda della piattaforma sulla quale viene calcolato. Su una pagina Facebook oppure su un profilo Instagram l’engagement rate si basa sul numero delle interazioni registrate dalla fanbase in un preciso momento. Per calcolare l'engagement rate medio totale bisogna dividere la somma delle interazioni di tutti i contenuti (quindi reazioni, commenti e condivisioni) per il numero stesso di contenuti e successivamente per il numero di fan, il tutto è poi moltiplicato per 100. Il dato ottenuto può poi essere confrontato con le pagine dei propri competitor. In alternativa è possibile analizzare il numero dei reach, quindi il numero delle persone che hanno visualizzato i post, sulla pagina Facebook o sul profilo Instagram in sostituzione del numero di fan. In questo caso però bisogna tener conto dell'unità di misura del denominatore (una il numero di follower mentre l'altra le visualizzazioni del post). Per calcolare l’engagement rate di un singolo contenuto invece bisogna dividere la somma di tutte le interazioni ottenute da un post per il numero di persone che lo hanno effettivamente visto, moltiplicando il risultato per 100. Calcolare l’engagement rate è importante per capire quanto effettivamente il pubblico sia interessato e coinvolto dai vostri post e dai vostri contenuti. I risultati vanno misurati e analizzati sul medio periodo, riuscendo così a capire se state adottando la strategia giusta o se dovete cambiare qualcosa. 5 Modi per aumentare l'engagement dei contatti: 1. Crea gruppi esclusivi sui canali social I tuoi contatti più impegnati, quelli che tornano a vedere il sito, magari che commentano il tuo blog e condividono degli status, meritano un riconoscimento maggiore. Sono quelli che dimostrano la passione maggiore. Immaginate un canale diretto con voi e tra di loro per scambiarsi informazioni sui servizi che erogate e sulle metodologie utilizzate. Condivisione di documenti, opinioni, pratiche. E vedrete cosa pensano e cosa fanno. In modo per affrontare questa sfida è un gruppo esclusiva sui canali social, dedicato al vostro settore. Un gruppo su Facebook, uno su LinkedIn e un Hashtag su Twitter. Tenete questi gruppi ristretti, in moda da giocare sull’esclusività del gruppo e permettere un’interazione più libera. 6 strategie per sviluppare l’engagement sui social L’engagement si crea principalmente sui social ed è proprio qui che si possono sviluppare le proprie strategie per coinvolgere ulteriormente i propri fan. Si parla di social engagement e comprende tutte quelle azioni virtuose e quelle strategie che attirano il pubblico e fanno sentire tutti i fan parte attiva della community. Ecco le strategie più diffuse: Creare un piano di pubblicazione: è consigliabile pianificare una strategia con tanto di orario di pubblicazione dei post e comprensiva degli obiettivi che si intendono raggiungere; Creare Storie che raccontano il “dietro le quinte” dell’azienda, per rendere partecipi i fan di tutto il processo produttivo; Ascoltare i propri fan. Molto spesso proprio il pubblico, con le sue domande e osservazioni, crea i presupposti giusti per scrivere un articolo o sviluppare un contenuto secondo le sue aspettative, che può essere commentato e apprezzato; Interagire con il proprio pubblico. Gli influencer a volte creano un angolo sui social, tipo “Cosa vuoi chiedermi”, in cui gli utenti possono fare ai loro beniamini delle domande dirette. Questa è un’ottima strategia dalla quale prendere ispirazione; Intervistare influencer. Le interviste a influencer o a professionisti del settore sicuramente attirano un buon numero di fan e aumentano la brand reputation dell’azienda; Festeggiare con i fan gli obiettivi conseguiti. Infine, per coinvolgere il proprio pubblico, sarebbe un’idea carina festeggiare con loro un obiettivo raggiunto o un importante evento. 2. Porta un’esperienza personalizzata sul tuo sito Se hai raccolto le informazioni dei membri che sono arrivati sul tuo sito in un CRM, sei in una grande posizione di vantaggio: puoi proporre contenuti differenti a seconda del profilo e degli interessi dei tuoi visitatori. Ai visitatori più frequenti puoi proporre contenuti esclusivi per fidelizzarli sempre di più, con messaggi personali riservati a loro. Per farlo devi poter gestire gli smart content sul tuo sito Hubspot e sul tuo blog. La personalizzazione dell'offerta ha molti aspetti variabili, quindi assicuratevi di curare ogni aspetto del sito e dare i giusti contenuti ad ogni profilo. Sviluppate i vostri messaggi in modo coerente ma convincente. Dovete dedicare quanto più tempo possibile a capire e conoscere il vostro pubblico. 3. Inviare email personalizzate Le email sono il miglior canale per comunicare con il pubblico personalmente 1:1. Particolarmente utile per collegarsi con persone che hanno un alto interesse per la propria organizzazione o per i contenuti proposti: pensateci, questi stanno utilizzando il loro prezioso tempo per vedere cosa scrivere o proponete. Perché non approfittare al massimo di questi punti di contatto per aumentare il valore delle loro interazioni. Se si inviano email ad estranei o a visitatori minimamente impegnati, si stanno sprecando risorse. Ma quando invii email a persone interessate il rendimento è massimo. Personalizza quindi le email che invii, con ringraziamenti speciali per le persone già attente. Ci vorrà un minuto in più e puoi prepararti tutti i modelli di email con campi variabili già pronti (ad esempio con il Hubspot CRM). 4. Trascorrete del tempo assieme alle persone Quando si tratta di coinvolgere dei contatti, nulla sostituisce il valore di un’interazione di personal. Usa la tua strategia online per guidare la creazione di meeting esclusivi in aree geografiche chiave dove ci sono più persone tra quelle che visitano il tuo sito. Crea un database per gestire ospiti e relatori potenziali. Organizza un calendario mensile (il parco o il vostro ufficio, potrebbero essere due idee di location). E’ un programma di marketing che non ha costi aggiuntivi e offre un grande valore alle persone. E anche per te: quando trascorri del tempo assieme a dei potenziali clienti, ti possono arrivare feedback interessanti e sinceri, oltre ad avere nuove idee sui ulteriori iniziative di marketing. 5. Porta dei contenuti di valore sul tuo sito web E poi ci sono i siti web, dove si possono creare strategie altrettanto valide di engagement. Di seguito ecco alcune delle soluzioni più indicate per creare engagement sui siti web: Video. I video sono imperanti nel mondo del web grazie alla loro dirompente forza d’impatto che spesso vale più di 1.000 parole. Si può scegliere tra 5 tipologie di video: tutorial, recensioni, industriali, emozionali e infografiche animate; Foto. Anche le foto hanno un grande impatto visivo e possono raccontare una storia o trasmettere un’emozione. Bisogna scegliere immagini di qualità e capaci di toccare le corde giuste del proprio target di riferimento; Sondaggi. Sui siti sono molto gettonati i sondaggi, soprattutto quelli che riguardano la soddisfazione in relazione al servizio ricevuto. I clienti si sentono così chiamati in causa e possono esprimere le loro lamentele o i loro apprezzamenti sui servizi ricevuti; Landing page e articoli. Questi contenuti sono l’anima di un sito web e devono essere scritti secondo il tone of voice aziendale, ma anche secondo il target di pubblico che deve subito identificarsi con quanto scritto; CTA. Le call to action sono strumenti altrettanto importanti per spingere l’utente a compiere l’azione desiderata. Devono essere coinvolgenti, attrattive, in linea con il linguaggio aziendale e soprattutto pertinenti a quanto viene promesso. Pensieri finali Dati e personalizzazione delle campagne dovrebbero contribuire a legare assieme differenti parti della tua strategia di coinvolgimento di chi si iscrive al sito. Concentratevi per dare la miglior esperienza possibile di interazione con il vostro marketing. Automatizzate il più possibile (la marketing automation di HubSpot è uno strumento eccellente) per concentrarvi sul fattore umano.
La newsletter è un messaggio che un’azienda o un e-commerce invia settimanalmente, mensilmente o con cadenza bimestrale al suo database di contatti. Generalmente il suo obiettivo è quello di comunicare con il cliente e di aggiornarlo in merito a novità, promozioni ed offerte. La DEM è una mail che un’azienda invia non con cadenza settimanale o mensile, ma principalmente in momenti in cui si ha necessità di promuovere uno o più prodotti e/o servizi. Il suo obiettivo è infatti principalmente di comunicare un messaggio commerciale. Una DEM efficace impone un testo ben scritto, una grafica ben fatta e se si tratta di promuovere offerte su prodotti, di belle immagini. L’invio della newsletter non esclude quello della DEM, in quanto come si può dedurre gli scopi sono differenti, così come sono diverse le tipologie di newsletter e DEM che si inviano al proprio database. Approfondiremo nei prossimi paragrafi tipi di newsletter e DEM e obiettivi di ciascuna. Newsletter e DEM: come possono aiutare la tua attività Newsletter e DEM possono certamente aiutare il tuo business, come? La risposta è semplice: mantenendosi in contatto con il potenziale cliente, cercando di nutrire la sua curiosità e stimolandolo a compiere azioni specifiche mediante sconti, promozioni e offerte. La newsletter, a seconda che la sua cadenza sia settimanale, mensile o bimestrale fa sì che l’azienda si mantenga in costante contatto con il proprio database di contatto, mantenendolo informato e aggiornato su prodotti o servizi che l’azienda vende. L’azienda ne ha bisogno se vuole mantenere attivi i suoi clienti, anche perché la newsletter è un ulteriore strumento per valutare quali sono i clienti così definiti “caldi”, quindi quelli attivi e quali quelli “freddi”, ovvero quelli definiti dormienti. In base a questa distinzione è possibile anche programmare le successive operazioni di marketing e tra queste possono rientrare anche le DEM. La DEM ha l’obiettivo specifico di aiutare il potenziale cliente a prendere una decisione su di un offerta o una promozione e utilizza tutti gli escamotage possibili per far sì che questo avvenga. Tipologie di newsletter Esistono diverse tipologie di newsletter, a seconda chiaramente dell’obiettivo della comunicazione e delle risorse a disposizione. Newsletter e-commerce; Newsletter focalizzate sul prodotto; Newsletter specifiche sul brand; Newsletter informative. Newsletter e-commerce. Se hai un e-commerce è importante inviare una newsletter settimanale o mensile sui prodotti che hai in promozione, più apprezzati o indicati in un particolare periodo dell'anno. Ad esempio se hai un e-commerce di biancheria per la casa e nel mese di dicembre vuoi promuovere la vendita di articoli natalizi, come ad esempio tovaglie per la tavola di natale, decorazioni per la casa o biancheria da letto particolare, inviare una newsletter settimanale partendo da metà novembre, potrebbe essere un’ottima strategia per far aumentare gli acquisti sul tuo negozio online. L’importante per questo tipo di newsletter è creare un bel layout con grafiche natalizie, ma ancora più importanti sono le immagini dei prodotti. Il testo in questo caso deve essere breve e d'impatto. La newsletter può essere inviata settimanalmente, promuovendo di volta in volta una categoria specifica di articoli natalizi. In questo modo si manterrà sempre vivo l’interesse delle persone durante le settimane che precedono il Natale. Fondamentale per un e-commerce è la gestione dei dati in merito alle visite degli utenti sul negozio online, agli open rate e CTR di newsletter e DEM per verificare l’efficacia delle azioni di marketing. Un e-commerce CRM come Hubspot può darti una grande mano nella gestione e nel monitoraggio dei dati. Newsletter focalizzate sul prodotto. Anche in questo caso il riferimento potrebbe essere fatto per gli e-commerce. Se ad esempio si vuol vendere un prodotto nello specifico, come ad esempio un orologio da polso, si può pensare di costruire una newsletter che si focalizzi specialmente su di esso, andandone a descrivere caratteristiche, varianti di colori, tipologie di cinturini, di quadranti e così via. Potrebbe essere utile allegare anche un articolo che parli del prodotto, per approfondimento. Ovviamente all’interno dell’articolo è necessario inserire un link che riporti alla scheda prodotto per finalizzare l’acquisto. Come per la newsletter ecommerce, anche qui sono importantissime le immagini e il layout della mail. Newsletter specifiche sul brand. Questa tipologia di newsletter è focalizzata nello specifico su brand dell’azienda, quindi potrebbe essere pensata come una mail bimestrale, dove magari si aggiorna il cliente sulle iniziative aziendali. In questo caso il brand deve essere forte sul mercato e conosciuto dai clienti, così che l’interesse sia maggiore nei confronti dell’azienda. Newsletter informative. Questa tipologia di newsletter prende solitamente spunto da un blog interno dell’azienda, che si concentra per esempio su informazioni relative alle categorie di prodotto o ai prodotti nello specifico, quindi sulle loro caratteristiche e su come poterli utilizzare. Diversamente se il blog è a supporto di un’azienda che fornisce servizi, vi saranno articoli di approfondimento su quest’ultimi o su come essi possano risolvere un problema consapevole o meno del potenziale cliente. In questa tipologia di newsletter il layout deve essere semplice, non deve distogliere l’attenzione dal messaggio. Si consiglia di scrivere un’introduzione differente di mese in mese, in modo che si percepisca sempre il duro lavoro che c’è dietro ogni comunicazione aziendale. La cadenza delle newsletter informative sarebbe consigliabile fosse mensile, così da raccogliere più articoli di blog insieme. Ok, ma come si crea una newsletter efficace? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. Come creare una newsletter efficace Per scrivere una newsletter efficace e cioè che abbia un alto open rate e ottimo CTR, è consigliabile seguire questi punti: Scrivi un oggetto semplice, diretto e breve; Non utilizzare mai nell’oggetto parole come GRATIS, REGALO, CHIAMA, COMPRA ORA; Non usare nell’oggetto punti esclamativi, eccessive emoticon o parole tutte in maiuscolo; Utilizza software di mailing che riprendano sempre il nome del cliente, così si sentirà più coinvolto. In tal caso vi consigliamo Hubspot CRM; Evita di usare come mittente un nome impossibile da ricordare o uno generico, come REDAZIONE, AMMINISTRAZIONE e simili; Scrivi un testo breve, ma utile; Utilizza i grassetti e la formattazione; Usa il tono of voice dell’azienda, non utilizzarne uno differente da quello solito; Inserisci delle CTA chiare che consentano all'utente di effettuare ulteriori azioni; Fai sempre le dovute verifiche prima d'inviare una newsletter, come la lista dei destinatari che deve essere corretta e profilata. Prima d'inviare la tua newsletter valuta sempre se il tuo pubblico di riferimento è attivo e interessato all’azienda. Ora che sappiamo come dovrebbe essere strutturata una newsletter efficace, andiamo ad approfondire le tipologie di DEM e come scriverne di efficaci. Tipologie di DEM Come specificato all’inizio di questo articolo, una DEM è una mail di solito con fini espressamente commerciali che si invia non con una cadenza fissa, di fatti il proposito è quello di vendere uno specifico prodotto o servizio. Una DEM può essere di varie tipologie, ovvero: focalizzata su sconti e offerte speciali; promozioni stagionali (estive, natalizie etc.); con focus su un lancio di eventi se l’azienda si occupa di quello; una mail che periodicamente invita i clienti a fare l’upgrade di un servizio. Ciascuna di questa tipologia di DEM deve ovviamente essere supportata da una grafica personalizzata in base all’offerta che si sta lanciando. Come creare una DEM efficace Una DEM è efficace quando, come accade per le newsletter, è strutturata con: Un oggetto parlante che invogli ad aprire la mail, quindi niente di scontato o che sia seguito da parole come OCCASIONE, SCONTO, OFFERTA; Delle CTA molto ben ideate che portino a far cliccare l’utente e quindi a compiere un’azione; Un layout che conquisti l’occhio di chi apre la mail mettendo in risalto il tema principale, senza però distrarlo troppo; Un’offerta commerciale molto ben costruita, che appaia realmente vantaggiosa. Una DEM è una mail che si invia una volta ogni tanto e di conseguenza l’attenzione a come viene realizzata deve essere quasi maniacale. Se vuoi creare Newsletter e DEM efficaci hai bisogno di un ottimo supporto, una piattaforma come Hubspot può esserti di grande aiuto per impostare adeguatamente la tua comunicazione via mail. Hubspot è un CRM avanzato, in grado di darti una panoramica completa delle tue azioni di marketing nel tempo e della conseguente risposta del pubblico. Come newsletter e DEM possono aiutare la tua attività? Scopriamolo nella prossimo paragrafo. Conclusioni Newsletter e DEM, insieme chiaramente anche ad altre azioni di marketing, contribuiscono all’aumento delle conversioni, ma è anche importante affidarsi a una piattaforma che possa aiutare a monitorare tutte le attività efficacemente. Hubspot CRM può offrirti questo supporto, permettendoti ad esempio di creare un layout per la newsletter o DEM personalizzato, verificando se nel tempo dati come Open rate e CTR. Per sapere di più su come ottimizzare le newsletter, scarica il nostro ebook gratuito Image by creativeart on Freepik
Né Instagram, né TikTok, né Facebook: il social del momento si chiama BeReal. Possiamo definirlo il social anti-influencer, poiché il suo obiettivo non è conquistare follower, né ottenere like ma semplicemente raccontare un momento qualunque della giornata in tempo reale senza filtri e senza trucchi. Il social BeReal nasce quindi in aperta contrapposizione con piattaforme come Instagram o Facebook, dove possono essere ritoccate le foto proprio con l’obiettivo di ottenere più like e di eliminare tutte le imperfezioni che però fanno parte della vita reale. In che modo l’app BeReal può essere utile alle aziende? Per rispondere a questo domanda dobbiamo prima capire come nasce il social e come funziona così da comprendere perfettamente come sfruttarlo a proprio vantaggio. Come nasce il social BeReal? Il social BeReal è online dal 2020 ma, come un diesel, ci ha messo un po’ di tempo prima di carburare. Oggi però è popolarissimo e vanta ben 3 milioni di utenti che quotidianamente ne fanno uso. L’idea è stata partorita in Francia dalla mente di due sviluppatori, Alexis Barreyat e Kevin Perreau. L’intenzione era quella di creare un social network dove le persone apparissero realmente per quello che sono, senza filtri o ritocchi. Molti giovani sono infatti stanchi di social come Instagram, Facebook o Snapchat dove tutti appaiono perfetti e senza difetti, perciò un social come BeReal che offre esperienze nuove e soprattutto reali ha avuto un così grande successo. L’obiettivo degli sviluppatori è creare un luogo online dove le persone possano mostrarsi per quello che sono, vere, trasparenti e senza interventi in post-produzione. Si creano così dei legami reali e autentici. A tal proposito nella descrizione dell’App Store si legge che il social “non ti renderà famoso” e “se vuoi essere un influencer, resta pure Instagram e TikTok”. Sin da subito il social è fedele alle stesse regole che “impone” ai suoi utenti: chiarezza e trasparenza. BeReal app: cos’è e come funziona Come funziona BeReal? Il social ha seguito un percorso diverso rispetto agli altri competitor, probabilmente più tortuoso ma sicuramente più originale. Il funzionamento è semplice: il social invia una notifica sullo smartphone all’utente, che ha tempo fino a due minuti per scattare una foto con entrambe le fotocamere e poi pubblicarla sul social. Perché tutto questo? Perché in questo modo non c’è il tempo per truccarsi, per sistemare i capelli fuori posto o per mettersi qualcosa di carino addosso. Gli utenti appaiono come sono in quel preciso istante, e quindi così come sono realmente. Inoltre si azzera il rischio di foto fake, poiché la doppia foto contestualizza l’ambiente dove è stato effettivamente eseguito lo scatto. Naturalmente l’utente non è obbligato a pubblicare la foto, questa è una sua scelta. Quando arrivano le notifiche? Ogni giorno ma in orari diversi, così l’utente non ha il tempo di prepararsi e non c’è il rischio di scattare foto costruite o preparate. E se qualcuno prova a fare il furbo postando una foto oltre i 2 minuti consentiti? In tal caso l’app oscura il feed dell’utente e gli impedisce anche di visualizzare i post degli altri amici fino a che non si posta la foto. Nel momento in cui si posta la foto in ritardo però gli altri utenti vengono avvisati tramite una notifica. Al massimo è possibile scattare più foto, ma l’app indicherà quanti tentativi sono stati fatti prima di pubblicarla. Non ci sono like veri e propri, poiché dopo aver superato i 50 amici si leggerà un generico +50. Al massimo è possibile reagire con le RealMoji, cioè le emoticon reali del proprio volto. Una strategia per certi versi coraggiosa ma che, per il momento, sta pagando e sta trovando terreno fertile soprattutto tra i giovanissimi della Generazione Z. BeReal app: come possono sfruttarla le aziende? Le aziende moderne sempre attente alle ultime novità, soprattutto quando si tratta di social, hanno naturalmente rivolto le loro attenzioni a BeReal, diventato un fenomeno impossibile da ignorare. Soprattutto in un’ottica di inbound marketing, dove è necessario attirare i potenziali clienti in modo naturale e senza forzature, non c’è niente di meglio di uno strumento trasparente come BeReal. Il discorso però non è così facile come sembra per le aziende, dal momento che sul social non è possibile sponsorizzare alcun contenuto. Anzi tra le clausole previste tra i termini e condizioni d’uso c’è proprio il divieto di usare la piattaforma con finalità commerciali o pubblicitarie. Al bando anche vetrine promozionali, spam o raccolta dei dati degli utenti. E allora come possono autosponsorizzarsi le aziende su BeReal? In realtà quello che sembrerebbe un punto di debolezza potrebbe trasformarsi in un punto di forza. Non si possono creare contenuti autopromozionali? Meglio! Le aziende possono essere ancora più trasparenti e mostrare tutti i processi produttivi che ci sono dietro i prodotti o i servizi finali offerti alla clientela. Il titolare di un ristorante potrebbe mostrare cosa succede in cucina o come fa la spesa, così come un barista potrebbe scattare una foto mentre prepara un cocktail. Non sempre è possibile scattare una foto entro due minuti, per motivi di sicurezza o di privacy, ma questo rende ancora più reale il rapporto che si viene a creare tra le aziende e i suoi clienti. In ogni caso, per ottimizzare le prestazioni di BeReal, si può usare e integrare con altri social così da dare diverse prospettive della propria azienda tramite una strategia di marketing più ampia che assicura una presenza online robusta e continuativa. Quali brand hanno concentrato le loro attenzioni sull’app? Sono tanti i brand di una certa fama che hanno adottato strategie innovative di grande successo per sfruttare al massimo le potenzialità di questo nuovo strumento social. Uno di questi è Chipotle, una catena statunitense di ristoranti di cucina messicana che ha adottato una strategia molto efficace per evidenziare l’autenticità dei contenuti e allo stesso tempo la trasparenza dei servizi offerti. Chipotle ha postato una foto che ritrae un suo dipendente a Times Square, mentre promuove la campagna “Buy the dip. Eat the dip”, cioè “Compra la salsa. Mangia la salsa”. Inoltre il brand da qualche mese ha lanciato sulla piattaforma codici sconto disponibili solo per un minuto e inoltre i primi 100 clienti hanno potuto ricevere un omaggio nei ristoranti del brand. Questo è un sistema intelligente per coinvolgere i propri clienti, essere costantemente visibili e restare “sempre sul pezzo”. Ci sono altri brand che non si sono ancora iscritti a BeReal, ma hanno iniziato a cavalcare la tendenza del “real è bello”. Netflix Canada, Trident Gum e Sour Patch Kids ad esempio hanno aperto le porte ad una collaborazione con BeReal. Teletubbies invece ha pubblicato su altri social delle foto con le stesse modalità previste da BeReal, cioè scattate con entrambe le fotocamere, per trasmettere quella sensazione di autenticità e di realismo che tanto piace agli utenti. BeReal in Italia: quali sono le previsioni future? Come è percepito oggi BeReal in Italia? A dire il vero il social non ha attecchito particolarmente in Italia, anzi, il Belpaese tra i paesi europei è quello che ha fatto registrare uno dei minori numeri di download. Negli Stati Uniti invece il social sta ottenendo un grandissimo successo. Sono dati che non devono sorprendere, poiché l’Italia è sempre stato un paese tradizionalista, conservatore e restio ai cambiamenti, mentre gli Stati Uniti sono da sempre pionieri delle innovazioni e non hanno paura a sperimentare. Ad ogni modo c’è da dire che, almeno per il momento, BeReal ha avuto una risposta piuttosto tiepida dai brand europei. Il boom di BeReal anche in Europa sembra essere però dietro l’angolo e proprio per bruciare i tempi, ottenere un vantaggio tangibile sui competitor e offrire un servizio innovativo ai propri clienti vale la pena iscriversi e sondare questo nuovo social. Non bisogna avere paura di osare, poiché i consumatori moderni si annoiano facilmente e sono continuamente a caccia di novità. In tal senso BeReal rappresenta sicuramente una novità e offre un’esperienza unica, originale e diversa rispetto ai social tradizionali. Sempre per quanto riguarda le previsioni future, bisognerà vedere inoltre se questo social potrà avere integrazioni con sistemi CRM. Instagram, Facebook sono infatti integrati con Hubspot CRM e possono essere usati per campagne di sponsorizzazione e strategie di lead generation. Al momento quindi è più un social per alimentare i contatti tramite lead nurturing piuttosto che fare lead generation. Se questo social avrà anche queste integrazioni, le possibilità delle aziende saranno ancora maggiori e si apriranno molteplici scenari su come conquistare nuovi clienti. Conclusioni BeReal può essere definito ancora in uno stato embrionale, poiché ha solo 2 anni di vita e ha ancora molti margini di miglioramento. Il suo successo è però innegabile così come le sue potenzialità, del resto anche altri colossi come TikTok e Instagram stanno “copiando” BeReal offrendo funzionalità molto simili ai loro utenti. Con una strategia ragionata e intelligente i brand possono sviluppare contenuti finalizzati a migliorare la brand awareness e la brand reputation, cioè la notorietà e la reputazione del brand che oggi sono aspetti fondamentali per essere visibili e risultare affidabili. Come accennato nel corso dell’articolo BeReal si sposa perfettamente con l’inbound marketing, un approccio nuovo al marketing digitale opposto a quello outbound che attrae clienti con contenuti ed esperienze di valore personalizzate. Poiché questo è un concetto importante che merita di essere approfondito per creare un business vincente e di successo, faresti bene a scaricare la risorsa gratuita disponibile alla fine dell’articolo per vedere come le altre aziende hanno fatto inbound marketing per aumentare le loro vendite. Image by lookstudio on Freepik
L’online, e più nello specifico i social, rappresenta vetrine importanti per le aziende che desiderano farsi conoscere e promuovere i propri prodotti e servizi. Tuttavia gli stessi social espongono i brand e i marchi ad una sovraesposizione che, a seconda dei casi, può rivelarsi positiva o controproducente. Nel tritacarne dell’online finisce tutto: commenti, feedback e opinioni che possono apprezzare l’azienda aumentandone la brand reputation o al contrario criticarla aspramente determinando un dannoso ritorno d’immagine. In questo contesto si inserisce la sentiment analysis, che consente di capire il livello di apprezzamento raggiunto da un brand. Le emozioni e i sentimenti degli utenti vengono analizzati da sofisticati algoritmi che forniscono dati e informazioni da esaminare attentamente per pianificare le strategie future di marketing in relazione al proprio target di pubblico. Questa strategia si inserisce nell’ambito dell’inbound marketing, una metodologia di business che attira i clienti fornendo loro contenuti di valore ed esperienze costruite su misura per loro. Sentiment analysis: cos’è, da dove nasce e perché è importante La sentiment analysis è un’attività finalizzata a capire cosa dicono gli utenti in relazione al proprio brand, una sorta di microspia nascosta nel mondo online. L’indagine può concentrarsi anche sull’attività dei competitor, per poi fare un confronto e una valutazione generale di quella che è la reputazione della propria azienda nel settore di riferimento. L’habitat naturale dove è nata e si è sviluppata la sentiment analysis è rappresentato proprio dai social network, dove gli utenti si incontrano virtualmente, si interfacciano e si scambiano opinioni sull’utilizzo di un prodotto o sull’affidabilità di un brand. Un commento positivo può spingere un potenziale cliente all’acquisto, così come un commento negativo rischia di offuscare l’immagine del brand e far crollare le vendite. Le persone che rilasciano opinioni, commenti o feedback sui social sono chiamati “opinion holder” e rappresentano una schiera di soggetti che possono modificare la percezione di un brand. In un certo senso sono influencer che hanno un impatto decisivo sulla web reputation di un marchio. Benché sia difficile da un punto di vista tecnico tradurre le emozioni in dati da analizzare in chiave marketing, la sentiment analysis rappresenta un elemento fondamentale per le aziende. L’analisi infatti può essere eseguita in un determinato lasso di tempo, magari una settimana o un mese, e aiuta a comprendere quali sono le reazioni degli utenti. Le reazioni raccolte sono utili per capire se una determinata strategia di marketing sta funzionando o se un nuovo prodotto lanciato sul mercato possa piacere o meno. In base ai dati raccolti è più facile capire come calibrare meglio una strategia o una determinata forma di comunicazione, soprattutto nell’ambito del marketing emozionale. Come fare l'analisi del sentiment Prima si utilizzavano strumenti come sondaggi telefonici, sondaggi via email ed SMS per tastare la soddisfazione dei clienti. Questi canali oggi sembrano ormai obsoleti e sono stati superati appunto dalla sentiment analysis che consente di raccogliere dati preziosi per capire il grado di apprezzamento di una persona nei confronti del tuo brand. Risulta comunque complesso fare un’analisi dei sentimenti, poiché bisogna considerare tantissimi aspetti a partire dalle piattaforme. I dati raccolti arrivano da social che operano in modo diverso, da TikTok a Facebook fino a Twitter e Instagram. Inoltre i dati possono essere estrapolati da commenti, recensioni, like, dislike, feedback ecc. In soccorso ci vengono i tool per la sentiment analysis, che analizzeremo più approfonditamente in un successivo paragrafo. Quello che maggiormente ci interessa è che il tool sia in grado di esaminare le seguenti caratteristiche: Tone of voice. L’analisi sembrerebbe piuttosto semplice: un tono di voce gioviale e amichevole lascerebbe supporre un feedback positivo, al contrario un tono di voce aggressivo e polemico lascerebbe intendere un feedback negativo. Tuttavia bisogna considerare che gli utenti potrebbero anche scrivere in modo ironico o satirico e il tool in questione deve essere in grado di interpretare il tone of voice adottato; Emotività. Un altro elemento importante che il tool deve valutare è l’emotività, che può essere dettata dalla quantità e dalla tipologia di emoticons usate, dalla punteggiatura o dagli aggettivi. Considera che l’emotività è uno degli aspetti più spinosi e può essere considerata un’arma a doppio taglio. Un utente, se vive un’esperienza positiva, tende subito a riversare la sua gioia e la sua felicità sui social. La stessa cosa però succede se vive un’esperienza negativa, che viene puntualmente raccontata sulle principali piattaforme online; Intensità. Il tool deve prendere in considerazione anche l’intensità di un commento, una frase o un feedback. Un utente potrebbe usare un tono molto acceso e focoso, o al contrario blando e quasi disinteressato. Questo ci dice molto di quanto sia stata impattante la sua esperienza con il brand; Rilevanza. Nell’online ci finisce di tutto, anche commenti completamente fuori luogo e slegati dal contesto o messaggi di troll volutamente provocatori. Un buon tool deve essere in grado di capire anche la rilevanza e quindi la pertinenza di un commento. Sentiment analysis e machine learning: un binomio perfetto Raccogliere, filtrare e interpretare il flusso enorme di commenti e recensioni che provengono dal web sarebbe impossibile per un essere umano, perciò è necessario fare affidamento all’intelligenza artificiale e più nello specifico al machine learning. Il machine learning è una branca dell’intelligenza artificiale che crea sistemi in grado di apprendere e migliorare le prestazioni in base ai dati che raccolgono. Gli algoritmi di machine learning, tenendo presenti le precedenti esperienze, sono in grado di adattarsi nelle successive analisi. Per intenderci all’inizio l’algoritmo del machine learning è come un bambino che impara a identificare i dati e li incamera nel corso del tempo. Di volta in volta adatta il suo comportamento in base al contesto identificando processi e schemi complessi grazie ad una banca dati da cui può attingere, migliorando e perfezionando sempre di più le sue prestazioni. Nel corso dell’analisi l’algoritmo tiene conto del contesto, riuscendo a capire se una frase può essere contrassegnata come positiva o negativa o a rilevare espressioni dialettali o modi di dire. Il testo scritto viene interpretato e rielaborato secondo gli schemi tipici del parlato degli esseri umani dall’algoritmo, che tramite il machine learning ottiene un miglioramento progressivo delle capacità di interpretazione. Uno dei limiti di questi strumenti però lo si trova nell'analisi delle frasi, in quanto questi tool non sono ancora abbastanza avanzati da capire quando una persona scrive con ironia o sarcasmo, questo può quindi risultare un problema in fase di analisi. L’azienda può così stilare una sorta di identikit delle sue buyer persona così da ottimizzare le strategie di fidelizzazione, ottenendo un vantaggio fondamentale rispetto agli altri competitor. I migliori tool di sentiment analysis Posto che aver pianificato un progetto CRM ti aiuta ad immagazzinare tutte le interazioni che un lead ha con la tua impresa, analizziamo adesso quali sono i migliori tool di sentiment analysis attualmente disponibili che possiamo così riassumere: IBM Watson; MonkeyLearn; Lexalytics; MeaningCloud; Repustate; Clarabridge. IBM Watson IBM Watson è una piattaforma multi-cloud che offre diversi strumenti da utilizzare nei più disparati ambiti. Il Watson Tone Analyzer ad esempio analizza i ticket di supporto e i sondaggi di soddisfazione dei clienti e consente di capire se gli operatori del team di assistenza approcciano in modo corretto e se hanno risolto il problema. Il tool è molto apprezzato poiché ha un approccio completo e flessibile all’analisi dei testi, adattandosi a qualsiasi settore commerciale. Monkey Learn MonkeyLearn parte da un modello preimpostato che però può essere personalizzato secondo le proprie necessità. Puoi scegliere l’algoritmo e i parametri da usare per analizzare il testo, ottenendo risultati affidabili e precisi. Lexalytics Lexalytics ha un approccio molto singolare poiché spezzetta le frasi per poi analizzare la semantica e la sintassi. Con questo sistema il tool non solo interpreta i sentimenti dei clienti, ma valuta anche stati d’animo ed emozioni che possono celarsi dietro le parole. MeaningCloud Per chi opera in un contesto globalizzato MeaningCloud è la soluzione ideale, poiché è in grado di eseguire analisi dei sentimenti multilingue. E non è tutto, poiché il tool analizza se i testi sono positivi, negativi o neutrali o se si cela del sarcasmo o dell’ironia dietro le parole utilizzate. Repustate Se operi in un mercato internazionale puoi usare Repustate, che fornisce informazioni in ben 23 lingue diverse e che può anche analizzare il sentimento interpretando gerghi tipici o emoticons. Questo tool è utile per chi si rivolge ad un pubblico abbastanza giovane che usa slang e linguaggi specifici che vanno correttamente interpretati. Clarabridge Clarabridge può essere considerato un tool multi-tasking, poiché analizza lo stato d’animo dei clienti tenendo presenti email, sondaggi e chatbot aziendali. Inoltre il tool esamina anche la Speech Analytics, cioè l’analisi dei sentimenti su dati audio. Può rivelarsi preziosissimo se offri un servizio di assistenza tramite call center per capire l’intonazione di voce del cliente e interpretare le parole usate. Conclusioni Da come hai potuto capire la sentiment analysis è un’attività importantissima per la tua azienda, perciò prima di scegliere il tool più adeguato è consigliabile testarne più di uno in base al tuo settore commerciale. Un’altra carta vincente per instaurare relazioni sempre più durature con i clienti, aumentare il loro livello di soddisfazione e fidelizzarli è il CRM. A tal proposito ti consiglio di scaricare gratis l’ebook presente alla fine dell’articolo che ti spiega come può essere d’aiuto un CRM per la tua azienda. Image by wayhomestudio on Freepik
Si prospetta un grande cambiamento per internet, i servizi e il mercato che nasce e prospera nel web, nei prossimi due anni. L'Unione Europea ci entra a gamba tesa in questo mondo, con una legislazione che mira a ripristinare condizioni favorevoli di mercato per i nuovi player, che in una condizione come quella attuale, rischiano di essere asfissiati dallo strapotere delle grandi piattaforme ed erogatori di servizi online. Proviamo a parlare assieme. E se avete note, spunti, approfondimenti sull'interpretazione dei punti del DMA, potete scrivermi una email, per integrare (con relativa citazione), correggere o altro. Un nuovo spazio online garantito dalla legge La Commissione Europea ha proposto due iniziative legislative per aggiornare le norme che disciplinano i servizi digitali nell'UE: il Digital Services Act (DSA) e il Digital Markets Act (DMA). La Commissione ha presentato le proposte nel dicembre 2020. Parliamo quindi di una legge sui servizi digitali e una legge sui mercati digitali. Il 25 marzo 2022 è stato raggiunto un accordo politico sulla Digital Markets Act (DMA) e il 23 aprile 2022 sul Digital Services Act (DSA). Le due leggi, insieme, sono intese per formare un insieme unico di nuove regole applicabili nell'Unione Europea, per creare uno spazio digitale più sicuro e più aperto per tutti i player economici, e che dovrebbe portare vantaggi tangibili nella vita dei cittadini. Le norme specificate nel DSA riguardano principalmente gli intermediari e le piattaforme online. Ad esempio, mercati online, social network, piattaforme per la condivisione di contenuti, app store e piattaforme di viaggio e alloggio online. Le norme del DMA puntano invece sui gatekeeper, piattaforme digitali con un ruolo sistemico nel mercato europeo, come marketplace, le piattaforme che permettono di erogare i servizi. Questo l'iter del Digital Market Act: 12 dicembre 2020 la proposta è arrivata in commissione 25 marzo 2022 si è avuto l'accordo politico per il DMA 1 novembre 2022 è stato reso operativo 2 maggio 2023 applicazione delle regole contenute nella legge 3 luglio 2023 inizio delle verifiche (data di scadenza massima) 6 settembre 2023 definizione dei gatekeeper che devono adeguare Marzo 2024 obbligo per tutti di rispettare normativa Le motivazioni dell'Unione Europa Perché l'Unione Europea ha ritenuto di intervenire con queste due leggi che avranno un impatto molto forte su tutta l'internet che utilizziamo ogni giorno, sia come fruitori che come player economici? Perché, se da un lato le piattaforme online hanno creato notevoli vantaggi per i consumatori, contribuendo a rendere più efficiente il mercato e hanno facilitato gli scambi transfrontalieri all'interno e all'esterno dell'Unione Europea, sono, dall'altro lato, sorte una serie di criticità. I problemi che sono nati hanno numerose conseguenze per la nostra società e l'economia. La preoccupazione fondamentale dell'Unione europea è il commercio e lo scambio di beni, servizi e contenuti online sia equo e non provochi distorsioni nella crescita e nel continuo miglioramento delle positività che ricovavamo nel precedente capoverso. I servizi online vengono anche abusati da sistemi algoritmici manipolativi per amplificare la diffusione della disinformazione e per altri scopi che sono dannosi - ad avviso della UE - per l'intera collettività. Le sfide della digitalizzazione e il modo in cui le piattaforme le affrontano, hanno un impatto significativo sui diritti fondamentali dei cittadini. Si legge nel sito dell'Unione Europea che L'accelerazione della digitalizzazione della società e dell'economia ha creato una situazione in cui alcune grandi piattaforme controllano importanti ecosistemi nell'economia digitale. Sono emersi come gatekeeper nei mercati digitali, con il potere di agire come governanti privati. Tali norme talvolta comportano condizioni ingiuste per le imprese che utilizzano tali piattaforme e una minore scelta per i consumatori. Ed è proprio per questi sviluppi che l'Europa vara un quadro giuridico che mira a garantire la sicurezza degli utenti online, a stabilire una governance con la tutela dei diritti fondamentali e mantenere un ambiente online equo e aperto per tutti i player. La novità di base sta nel fatto che oggi tutte le violazioni sulla concorrenza o sull'uso dei dati vengono perseguite, in base alle regole dell'antitrust, vengono perseguite dopo che sono avvenute. Con IL DMA e il DSA, si va a mettere per iscritto una normativa che prevede sanzioni per chi non adempie alle regole. Cos'è il Digital Markets Act (DMA) Per comprendere il Digital Marketing Act dobbiamo capire quali sono i soggetti per i quali questo regolamento si rende necessario e quali sono i vantaggi che dovrebbe portare. Quindi parliamo di: I destinatari: i gatekeeper Il Digital Markets Act (DMA) stabilisce una serie di criteri per qualificare una grande piattaforma online e la definisce gatekeeper, una parola con la quale diverremmo tutti molto familiare in futuro. Individuando in maniera precisa i gatekeeper il DMA si concentra a stabilire le regole le grandi piattaforme online sistemiche. Un gatekeeper è un'azienda che soddisfa precisi criteri: L'azienda ha una forte posizione economica, un impatto significativo sul mercato interno ed è attiva in più paesi dell'UE. L'azienda assume una forte posizione di intermediazione, il che significa che collega una vasta base di utenti a un gran numero di altre aziende. L'azienda ha (o sta per avere) una posizione, al riguardo dei primi due punti, radicata e duratura nel mercato, ovvero soddisfa le due condizioni non in maniera temporanea ed occasionale (e per definire questo, ci si basa sugli ultimi 3 bilanci/esercizi fiscali annuali presentati). In soldoni, i gatekeeper sono piattaforme digitali con un ruolo sistemico nel mercato europeo che fungono da strozzature tra imprese e consumatori per importanti servizi digitali. Alcuni di questi servizi sono disciplinati anche dal Digital Service Act, ma per motivi diversi e con diversi tipi di disposizioni. L'UE, nell'elenco dei gatekeeper h tenuto conto anche di altri elementi, analizzando, fondamentalmente, l'impatto che queste aziende esercitano sul mercato: a. Dimensioni: Nella valutazione del gatekeeper si valutano quindi le dimensioni, compresi fatturato e capitalizzazione di mercato, le attività e la posizione di tale impresa. Sulla dimensione il riferimento preciso è per introiti annuali, uguali o superiori a 7,5 miliardi di euro negli ultimi 3 anni o valore totale delle azioni di mercato di almeno 7,5 miliardi nell’ultimo anno b. Numero di utenti: Il numero di utenti commerciali che utilizzano il servizio di piattaforma per raggiungere gli utenti finali e il numero di utenti finali è un parametro essenziale per definire il gatekeeper. L'UE la individua nella registrazione di almeno 10.000 utenti europei attivi durante l’ultimo anno e più di 45 milioni di utenti europei finali attivi al mese. c. Uso del dato Si prendono in esame gli effetti di rete e i vantaggi basati sui dati, sulla capacità dell'azienda di raccogliere dati e analizzarli; d. Portata Viene valutato l'eventuale effetti di scala e in termini di portata di cui usufruisce l'impresa, anche per quanto riguarda i dati, e, ove pertinente, le sue attività al di fuori dell'Unione Europea; e. Forza di attrazione Un altro elemento che costituisce una forza per il gatekeeper, è il lock-in degli utenti commerciali o degli utenti finali, compresi i costi del passaggio ad altri fornitori e i pregiudizi comportamentali che riducono la capacità degli utenti commerciali e degli utenti finali di cambiare fornitore o ricorrere al multihoming; f. Conglomerazione e verticalizzazione una struttura aziendale conglomerata o l'integrazione verticale di tale impresa, che consenta per esempio all'impresa di praticare sovvenzioni incrociate, combinare dati da diverse fonti o sfruttare la propria posizione dominante. Chi sono i Gatekeeper A settembre 2023 la commissione Europea ha individuato i Gatekeeper principali : Alphabet, Amazon, Apple, ByteDance, Meta, Microsoft e Samsung. Parallelamente, la Commissione ha avviato quattro indagini di mercato per valutare le argomentazioni di Microsoft e Apple secondo le quali alcuni dei servizi principali della loro piattaforma non si qualificano come Gatekeeper: Microsoft: Bing, Edge e Microsoft Advertising Apple: iMessage Queste indagini mirano ad accertare se la confutazione di Microsoft ed Apple è sufficientemente motivata e dimostra che i servizi in questione non dovrebbero essere designati. L'indagine dovrebbe essere completata entro gennaio 2024. Aggiornamenti periodici della lista dei gatekeeper La Commissione Europea, al fine di non trovarsi, dopo un po' di tempo, con elenco di gatekeeper obsoleto ha stabilito che procederà all’adeguamento periodico delle soglie quantitative indicate (in base agli sviluppi tecnologici e di mercato) e che andrà a riconsiderare e riesaminare la designazione di “gatekeeper” ciclicamente. Multe per i gatekeeper Per il DMA, se un gatekeeper non adempie agli obblighi, rischia una sanzione fino al 10% del fatturato totale dell'azienda, il 20% in caso di comportamento recidivo. Se non collabora con la commissione Europea per gli accertamenti l'ammenda non può superare - solo per questo - l'1% del fatturato. Sono previste anche sanzioni straordinarie nel caso di violazione sistematica delle norme, I principali obblighi dei gatekeeper Andiamo a spulciare nell'articolo 5,6 e 7 del DMA, che elencano gli obblighi che avranno i gatekeeper da Marzo 2024 e andiamo a vedere i principali obblighi a cui deve sottostare un gatekeeper. QUESTO il testo completo del Digital Market ACT, consultabile sul sito della UE. Profilazione ed utilizzo dei dati personali a) Il gatekeeper non può trattare, ai fini della fornitura di servizi pubblicitari online, i dati personali degli utenti finali che utilizzano servizi di aziende terze, che si stanno avvalendo dei servizi di piattaforma di base del gatekeeper; OVVERO, per come la leggo: prendendo ad esempio Amazon, questo non potrà utilizzare per targetizzare le suepubbljcità, le informazioni personali dei clienti che acquistano i prodotti di un'azienda che sta vendendo tramite Amazon b) il gatekeeper non può combinare dati personali provenienti dal pertinente servizio di piattaforma di base con dati personali provenienti da altri servizi di piattaforma di base o da eventuali ulteriori servizi forniti dal gatekeeper o con dati personali provenienti da servizi di terzi; c) Il gatekeeper non può utilizzare in modo incrociato dati personali provenienti dal pertinente servizio di piattaforma di base in altri servizi forniti separatamente dal gatekeeper, compresi altri servizi di piattaforma di base, e viceversa; OVVERO, sui punti B e C: prendendo ad esempio Amazon, non potrà combinare i dati personali dei clienti dei suoi vari servizi (ovvero i dati personali degli utenti Amazon Prime Video con quegli degli utenti che acquistano i prodotti di Amazon Basic sulla piattaforma o con quelli del cliente del mercante che vende i suoi beni e servizi tramite Amazon. Ma neppure quelli di vendita su Amazon, con quelli dell'abbonamento offerto da Amazon Prime). d) Il gatekeeper deve far accedere con un'unica registrazione gli utenti finali a tutti gli altri servizi che eroga, e dovrà pensare a più registrazioni per non combinare i dati personali (a meno che sia stata presentata all'utente finale la scelta specifica e quest'ultimo abbia dato il proprio consenso a nuove raccolte di dati o combinazione degli stessi). Parificazione delle condizioni di servizio l gatekeeper non può impedire agli utenti commerciali di offrire gli stessi prodotti o servizi agli utenti finali attraverso servizi di intermediazione online di terzi (o attraverso il proprio canale di vendita diretta online) a prezzi o condizioni diversi da quelli offerti attraverso i servizi di intermediazione online del gatekeeper. OVVERO: prendendo ad esempio Shopify, questi - se fosse un gatekeeoer - non potrebbe aggiungere delle commissioni di piattaforma agli operatori ecommerce che, costruendo il sito ecommerce con Shopify, scelgono dei gateway di pagamento terzi rispetto a Shopify Payments. Il dato del cliente, patrimonio del venditore Il gatekeeper deve consentire agli utenti commerciali, a titolo gratuito, di comunicare e promuovere offerte, anche a condizioni diverse, agli utenti finali acquisiti attraverso il proprio servizio di piattaforma di base o attraverso altri canali, e di stipulare contratti con tali utenti finali, a prescindere dal fatto che, a tal fine, essi si avvalgano dei servizi di piattaforma di base del gatekeeper. OVVERO: prendendo di nuovo come esempio Amazon, questi non potrà impedire a chi vende sulla sua piattaforma, di comunicare direttamente con il cliente finale. Oggi Amazon, nasconde l'email del cliente finale a chi utilizza Amazon per vendere i propri prodotti e non permette alle aziende di promuoversi con offerte nel packaging o qualunque tentativo di far diventare quel cliente patrimonio dell'azienda venditore. Con il DMA Amazon dovrà comunicare ai sui venditori i contatti del cliente finale, raccogliendo in fase di registrazione o vendita, il consenso - ai fini della GDPR - per passare le informazioni a terzi per scopi di marketing. Ma, banalmente, se tale norma venisse vista in maniera estesa, anche per gli utenti privati che utilizzano servizi di vendita online, utilizzando piattaforme come Vinted o Ebay, la pratica di scambiarsi i contatti di far promozione ai propri prodotti - per evitare le commissioni di piattaforma legate alla vendita - potrebbe non essere più penalizzata dalle piattaforme. Vedremo come evolverà, i questo senso. Lo stesso servizio, ovunque Il gatekeeper deve consentire agli utenti finali di accedere a contenuti, abbonamenti, componenti o altri elementi e di utilizzarli attraverso i suoi servizi di piattaforma avvalendosi dell'applicazione software di un utente commerciale, anche se tali utenti finali hanno acquistato tali elementi dall'utente commerciale in questione senza utilizzare i servizi di piattaforma di base del gatekeeper. OVVERO: prendendo come esempio la Apple, questa deve permettere di utilizzare l'abbonamento ad un software / app, anche se questo è stato acquistato o viene venduto al di fuori dell'Apple Store. Ovviamente la Apple ha dei vantaggi a vendere attraverso l'Apple store, perchè marginalizza sulla rivendita di questi abbonamenti/servizi/licenze. Ecco, anche Apple non potrà più vincolare gli utenti all'acuqisto di una determinata licenza solo tramite Apple Store. Libertà di contestazione Il gatekeeper non può impedire e no può limitare la possibilità, per le aziende o i clienti finali, di sollevare questioni in materia di inosservanza del pertinente diritto dell'Unione o del diritto nazionale da parte del gatekeeper presso qualsiasi autorità pubblica competente, compresi gli organi giurisdizionali nazionali, per quanto riguarda le pratiche del gatekeeper. Ciò lascia impregiudicato il diritto degli utenti commerciali e dei gatekeeper di fissare nei loro accordi le condizioni d'uso dei meccanismi legittimi di gestione dei reclami. OVVERO: negli accordi contenuti nelle condizione di uso e per la gestione dei resi, che un merchant sottoscrive quando vende - per esempio - all'interno di un marketplace, non ci possono essere limitazione (per i clienti finali o per la aziende che vendono attraverso quel marketplace) per poter procedere con denunce per violazione di diritti comunitari o nazionali. Libertà di scegliere servizi di accesso/pagamento/navigazione Il gatekeeper non può imporre ai suoi utenti finali di utilizzare e non può costringere i commercianti ad utilizzare, offrire e essere interoperabili con il suo/suoi: - servizo di identificazione, - motore di rendering dei browser web, - servizi di pagamento, - servizi tecnici funzionali alla fornitura dei servizi di pagamento (come i sistemi di pagamento per gli acquisti in-app) nel contesto dei servizi forniti dagli utenti commerciali che si avvalgono dei servizi di piattaforma di base di tale gatekeeper. OVVERO: ad esempio la Apple non può impedire che le app presenti nello store utilizzino altri sistemi di pagamento esterni all'Apple Store per gli acquisti in App. Oppure non può impedire che per l'accesso a servizi terzi lo sviluppatore/venditore dell'app utilizzi un suo sistema di riconoscimento. I dati dei venditori non possono essere usati contro di loro Il gatekeeper non può utilizzare, in concorrenza con gli utenti commerciali della piattaforma, dati non accessibili al pubblico generati o forniti da tali utenti commerciali nel quadro del loro utilizzo dei pertinenti servizi di piattaforma di base, dei servizi forniti contestualmente o in ausilio ai pertinenti servizi di piattaforma di base, compresi i dati generati o forniti dai clienti di tali utenti commerciali. I dati non accessibili al pubblico comprendono tutti i dati aggregati e non aggregati generati dagli utenti commerciali che possono essere ricavati o raccolti attraverso le attività di vendita degli utenti commerciali o dei loro clienti. OVVERO: per esempio Amazon, non può utilizzare i dati che raccoglie dalle vendite dei prodotti dei suoi venditori per costruire un sistema di informazioni che serve a far concorrenza agli stessi venditori, per vendere i suoi prodotti direttamente. Libertà di disinstallare le applicazioni di sistema Il gatekeeper deve consentire, anche a livello tecnico, agli utenti finali, di disinstallare con facilità qualsiasi applicazione software presente nel suo sistema operativo, fatta salva la possibilità di limitare tale disinstallazione in relazione alle applicazioni software essenziali per il funzionamento del sistema operativo o del dispositivo e quelle di terzi la cui fornitura come standalone è impossibile a livello tecnico. OVVERO: ad esempio la Apple, dovrà rendere possibile la disinstallazione di tutte le sue Applicazioni non essenziali per far funzionare un iPhone. Libertà di installazione Il gatekeeper deve consentire, anche a livello tecnico, l'installazione e l'uso effettivo di applicazioni software o di negozi di applicazioni software di terzi che utilizzano il suo sistema operativo o che sono interoperabili con esso e consente l'accesso a tali applicazioni software o negozi di applicazioni software con mezzi diversi dai pertinenti servizi di piattaforma di base di tale gatekeeper. Il gatekeeper non può impedire che le applicazioni software scaricate, o i negozi di applicazioni software di terzi, chiedano agli utenti finali di decidere se desiderano impostare come predefiniti tale applicazione software scaricata o tale negozio di applicazioni software. Il gatekeeper consente, a livello tecnico, agli utenti finali che decidono di impostare come predefiniti tale applicazione software scaricata o tale negozio di applicazioni software di effettuare facilmente tale modifica. Il gatekeeper ha facoltà di adottare misure volte a garantire che le applicazioni software o i negozi di applicazioni software di terzi non presentino rischi per l'integrità dell'hardware o del sistema operativo fornito dal gatekeeper, a condizione che tali misure non vadano oltre quanto strettamente necessario e proporzionato e siano debitamente giustificate dal gatekeeper. OVVERO: quindi, ad esempio, la Apple dovrà dare la possibilità di installare qualunque software, anche un altro marketplace (in concorrenza con l'Apple Store) per scaricare ed acquistare applicazioni. E dovrà dare la possibilità agli utenti di poter decidere se questo nuovo store installato è quello di default per scaricare ed acquistare applicazioni. Di più: dovrà permettere facilmente il cambio di preferenze. Le misure che Apple potrà adottare per preservare la sicurezza delle applicazioni e del dispositivo non potranno essere ingiustificabili. Parificazione dei servizi offerti per stimolare la concorrenza Il gatekeeper non deve riservare un trattamento più favorevole, in termini di posizionamento e relativi indicizzazione e crawling, ai servizi e prodotti offerti dal gatekeeper stesso, rispetto a servizi o prodotti analoghi di terzi. Il gatekeeper applica condizioni trasparenti, eque e non discriminatorie a tale posizionamento. OVVERO: per esempio Google, deve riservare ai suoi servizi, la stessa logica di posizionamento sulla SERP che riserva a tutti gli altri. E Le condizioni di questo posizionamento devono essere trasparenti... ora non credo che significa che Google deve divlgare il suo algoritmo (essendo un segreto aziendale che tiene in piedi il suo modello di business) ma qualche impatto ci sarà anche in questo punto. Concorrenza sugli abbonamenti Il gatekeeper non può limitare, a livello tecnico o in altra maniera, la possibilità per gli utenti finali di passare, e di abbonarsi, a servizi e applicazioni software diversi, cui hanno accesso avvalendosi dei servizi di piattaforma di base del gatekeeper. Vabbeh, questa non ha bisogno di tanti esempi o spiegazioni, possiamo passare al gran finale :-) I vantaggi per il mercato Ora, pur senza elencare tutti gli obblighi dei gatekeeper (ma ce ne sono altri sull'interoperatività dei sistemi, sul posizionamento nei motori di ricerca da parte di servizi concorrenti, sull'editoria e i dati accumulati, tra gli altri....) risulta, a mio avviso, molto chiaro l'intendo del legislatore, ribadito in diversi - Molte aziende ed esercizi commerciali che utilizzano o che dipendono dai gatekeeper per offrire i loro servizi online in questo mercato globale, devono poter operare in un ambiente imprenditoriale più equo rispetto a quello che c'è oggi. - Le aziende che portano innovazione e le start-up tecnologiche avranno nuove opportunità per competere e portare cambiamenti nel mondo online, senza dover rispettare termini e condizioni sleali che ne limitano oggi lo sviluppo, per regole unilaterali che i Gatekeeper hanno creato per il loro esclusivo vantaggio, in un mercato senza alcuna regolamentazione. - I consumatori devono avere più e migliori servizi tra cui scegliere, maggiori opportunità di cambiare fornitore se lo desiderano, accesso diretto ai servizi e prezzi più equi. - I gatekeeper manterranno tutte le opportunità per innovare e offrire nuovi servizi. Semplicemente non sarà loro consentito utilizzare pratiche sleali nei confronti degli utenti aziendali e dei clienti che dipendono da loro per ottenere un vantaggio indebito. Esempi attività che le piattaforme gatekeeper dovranno fare: consentire a terzi di interagire con i servizi del gatekeeper; consentire ai propri utenti aziendali di accedere ai dati che generano durante l'utilizzo della piattaforma; fornire alle aziende che fanno pubblicità sulla propria piattaforma gli strumenti e le informazioni necessarie per effettuare la propria verifica indipendente degli annunci ospitati dal gatekeeper; consentire ai propri utenti business di promuovere la propria offerta e concludere venite con i propri clienti (acquisiti all'interno della piattaforma) al di fuori della piattaforma del gatekeeper; trattare servizi e prodotti offerti dal gatekeeper allo stesso di quelli dei loro clienti business; permettere ai consumatori di collegarsi alle aziende inserzioniste al di fuori delle loro piattaforme; asciare la libertà agli utenti di disinstallare qualsiasi software o app preinstallato se lo desiderano .... e non potranno tracciare gli utenti finali al di fuori del servizio della piattaforma principale dei gatekeeper ai fini della pubblicità mirata, senza che sia stato concesso un consenso effettivo. Insomma, a partire dal 2023 avremo un mondo molto diverso online, dove la politica arriva regolamentare un settore che è cresciuto con regole scritte dai fornitori di servizio e decisamente parificare delle condizioni su un mercato che questi fornitori hanno creato e plasmato per aver vantaggi assoluti.
Cos'è il social customer care, cos’è? Un’evoluzione del servizio di assistenza clienti, dove al centro di tutto il discorso c’è il rapporto del cliente con il brand che deve essere curato e costante ai fini della conversione, in special modo se si parla di aziende come e-commerce. In particolare per gli ecommerce, gestire il rapporto con il cliente è fondamentale per aumentare la conversione. Ricordiamo sempre l’esperienza offline di quando andiamo in un negozio per fare un acquisto. Di quella esperienza cos’è che il cliente tende a ricordare di più? La risposta è semplice: come si è sentito quando ha parlato con la commessa, se lei è stata sorridente e disponibile o se si è dimostrata scontrosa e infastidita. Questi sono dettagli importantissimi, perché è in base all’esperienza del cliente che si crea un legame con il brand. Se in un negozio quando si entra ci si sente ben accolti, le commesse sono gentili e ci si dimentica del tempo che passa, sicuramente ci si tornerà per fare altri acquisti. Diversamente, se non è così, la compera magari non verrà nemmeno conclusa e in quel negozio non ci si tornerà più. A risentirne sarà il brand. Lo stesso accade online, motivo per il quale il social customer care è così importante. Perché è diverso dall’assistenza clienti? Anche qui la risposta è semplice, perché non si tratta solo di rispondere a delle lamentele, ma d'instaurare un rapporto con il cliente tramite lo strumento social. Ma come fare per offrire un buon servizio di social customer care? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. Come fare social customer care in modo efficiente Un servizio di social customer care nei vari media efficiente è uno che tiene in considerazione: i tempi di risposta dell’azienda; il tono di comunicazione dell’azienda; il giusto strumento per fare customer care; la creazione di un protocollo in casi di problemi; la scrittura di documenti di approfondimento da inviare al cliente, in caso di domande frequenti. I tempi di risposta È provato che i clienti si aspettano tempi di risposta molto rapidi, anche perché la loro consapevolezza in merito alla presenza di un team che si occupa del customer care è alta. Sanno benissimo che c’è uno staff predisposto ad occuparsi dei clienti, per cui non rispondere al massimo entro un’ora a un messaggio del cliente, non è un buon segno per il brand. Non lo abbiamo inserito tra i punti, ma è scontato che bisogna sempre rispondere al cliente. Mai lasciare un commento senza risposta, di qualsiasi tipo esso sia. Tono di comunicazione dell’azienda Un dettaglio non da poco questo del tone of voice quando si fa social customer care. Non è raro che le aziende utilizzino un tono di comunicazione differente tra quello che per esempio è presente sul sito e quello sui social. È un errore, in quanto i social, sebbene si classifichino come degli strumenti di comunicazione informali, in realtà sono fondamentali per un brand per comunicare con il cliente, a patto che tutto ricordi l’azienda. Dalle grafiche della pagina social al modo di rispondere, avere un tono di comunicazione coerente tra sito e social è ritenuto fondamentale. Software per fare social customer care Ci sono degli strumenti che più di altri possono aiutare nella gestione della comunicazione con il cliente. Hootsuite - una piattaforma molto diffusa, ideale se a occuparsi del social customer care è soltanto una persona; Sparkcentral - uno strumento che permette di comunicare con i clienti su Facebook - Twitter e Instagram in tempo reale. Ma non solo perché è utile anche per parlare tra i membri del team in modo istantaneo; Spinkler - una soluzione dedicata più alle grandi aziende, che aiuta a costruire relazioni con gli utenti, mediante il monitoraggio, l’ascolto e il servizio clienti. Hubspot, forse lo strumento migliore tra questi, che non solo aiuta a gestire l’aspetto social di un brand, ma offre anche un ottimo strumento di monitoraggio e analisi per verificare l’interazione del target con l’azienda. Hubspot offre un CRM che aiuta ad analizzare ed immagazzinare i dati di ogni utente tenendo traccia delle conversazioni avute (anche nei vari social network), pagine web visitate, ticket aperti e molto altro. Perché è uno degli strumenti migliori? Perché offre la possibilità di tenere un rapporto e una conversazione con il cliente avendo a disposizione informazioni complete sulle interazioni avute con l'azienda. Creazione di un protocollo per i clienti Un ottimo modo per offrire un servizio di social customer care efficace è l’invenzione di un protocollo per affrontare eventuali problemi che possono insorgere con il cliente. Pensiamo ad esempio agli e-commerce e alle volte in cui un ordine non arriva in tempo. Avere un protocollo di risposta e di azioni da compiere può essere molto utile per gestire il rapporto con il cliente. Documenti di approfondimento da condividere con il cliente La condivisione con il cliente di documenti PDF per esempio, dove inseriamo le domande più comuni e le risposte più utili, può diventare un modo molto efficiente di gestire il rapporto con le persone, aumentando la loro fiducia verso. In questo modo lo staff del brand dimostra di essere sempre disponibile, preparato e pronto a dare risposte utili. Scopriamo quanto bene può fare a un’azienda un buon servizio di social customer care nei prossimi paragrafi. Quanto influisce un buon servizio di care marketing per un’azienda Indubbiamente curare con attenzione il rapporto con il cliente, vuol dire garantirsi la fidelizzazione di quest’ultimo. Se il cliente si sente coccolato, se percepisce che i suoi commenti sui social sono tutti ascoltati con attenzione, il suo rapporto di fiducia con il brand aumenterà. Se il cliente si approccia per la prima volta a un brand e questo si mostra disponibile nelle risposte e presente tramite i social, è chiaro che la possibilità che il target torni sul sito e interagisca con il brand su Facebook o su Twitter è molto alta. Aumentare la fiducia nel cliente è fondamentale per generare conversione. A questo proposito approfondiamo nel prossimo paragrafo come questo aspetto aiuti ad aumentare gli acquisti su un negozio e-commerce. E-commerce e social customer care: come aiuta la conversione Per comprendere quanto la relazione tra e-commerce e social customer care sia importante, dobbiamo un attimo ritornare all’introduzione di questo articolo e cioè a quando abbiamo parlato del rapporto che c’è tra offline - commessa e negozio fisico - e online - social customer care e negozio online. Il rapporto tra i due mondi ci fa capire subito quanto una buona gestione del social customer care possa aumentare notevolmente la conversione. Pensiamo ad esempio al servizio che offre Amazon, ma anche altri e-commerce in realtà, al cliente quando deve tracciare un pacco. Il servizio di tracciamento del pacco è preciso e informa il cliente in merito a tutti i vari passaggi, aumentando quindi la fiducia del target nel brand. Molti negozi online questo lo hanno compreso e infatti offrono il medesimo servizio. Questo semplice dettaglio contribuisce molto a far tornare il cliente sull’e-commerce. Allo stesso modo sui social, quando si tratta di fare customer care, è fondamentale che il brand dia sempre delle risposte rassicuranti al cliente, offrendogli soluzioni che lo tranquillizzino. Si sa che i clienti online sono sempre densi di preoccupazioni e bisogna diventare bravi ad aggirarle. Ma come può ancora essere utile il social customer care? Un altro modo in cui può essere utilizzato è per aiutare a convertire il lead in cliente. Come? Facciamo un esempio. Poniamo il caso che una persona stia visitando un ecommerce e in particolare si soffermi su di una pagina per qualche minuto. Un chatbot può interagire con il lead, cercando d'instaurare una conversazione iniziale e aiutandolo a scegliere il prodotto che più risponde alle sue esigenze. In un secondo momento si può domandare al cliente d'interagire con la pagina social in quanto lì si potranno trovare consigli utili per gli acquisti futuri o possibili sconti. Facendo così ci si ritaglia l’opportunità di avere un follower in più che commenta i post del brand e magari lascia una recensione. E sappiamo bene quanto può valere una recensione ben fatta per aumentare il valore di un brand. Queste sono piccole strategie fondamentali per generare affidabilità nel brand. Ulteriore menzione in questo caso va fatta per Hubspot che è integrabile nativamente con piattaforme ecommerce come Shopify oppure può integrare i dati tramite connettori con altre piattaforme, come BigCommerce. È per questo che Hubspot può essere definito come un ecommerce crm [ti invitiamo a leggere il nostro approfondimento]. Social customer care efficace: 3 best practise Ora che abbiamo affrontato il tema del social customer care da più punti di vista, ecco alcuni semplici consigli che condividiamo per offrire sempre un servizio efficace ed efficiente. Garantisci la presenza dello staff online, non deve mai trascorrere più di un’ora per dare una risposta; ascolta l’opinione dei clienti anche quando non menzionano il brand; traccia e gestisci sempre tutti i commenti, non mancarne mai nessuno. L’ultimo consiglio, il più importante forse: prenditi cura del cliente. Conclusioni Il social customer care come avrai potuto dedurre dal nostro articolo è fondamentale, ma ovviamente è solo un piccolo tassello dell’enorme macchina che deve girare intorno a un progetto digitale. Hubspot CRM per questo motivo rappresenta una fantastica soluzione per gestire e monitorare efficacemente il rapporto con il cliente, sia tramite i social che mediante il sito. Vuoi saperne di più su Hubspot CRM? Consulta la nostra guida Image by DCStudio on Freepik
Non c’è rosa senza spine e anche il tuo e-commerce o sito web, per quanto ben strutturato e studiato con meticolosità fin nei minimi dettagli, potrebbe presentarne qualcuna. A tal proposito è opportuno approfondire il discorso sui pain point. Ne hai mai sentito parlare? La traduzione letteraria di pain point è “punto dolente” o “punto di sofferenza”, cioè un elemento che incide negativamente sull’esperienza del cliente. Più nello specifico i pain point sono quegli elementi che il consumatore interpreta come limiti o debolezze dei servizi e dei prodotti che l’azienda offre. In pratica sono problemi e ostacoli che incidono negativamente sull’esperienza del consumatore e potrebbe ostacolare la costruzione delle relazioni tra brand e clienti. Tuttavia lavorando bene, magari con l’aiuto di un ottimo CRM che può aiutarti a tenere traccia di questa tipologia di problemi, potresti non solo eliminare i pain point ma addirittura trasformarli in punti di forza per la tua attività. Un vecchio detto recita che dalle crisi nascono opportunità, quindi partendo da questo concetto scopriamo più in dettaglio cosa sono i pain point nel marketing, come identificarli e come trasformarli in punti di forza. Cosa sono i pain point I pain point sono quelle situazioni e quei elementi che un consumatore percepisce come criticità e che incidono negativamente nella loro esperienza d’acquisto. Detto in altre parole, sono limiti e debolezze dei prodotti o dei servizi forniti dalle aziende. I pain point sono molto complessi e diversi tra di loro, poiché complessi e diversi lo sono gli stessi consumatori. Quello che rappresenta un punto di debolezza per un utente potrebbe paradossalmente essere percepito come un punto di forza da un altro. Un esempio perfetto è il prezzo. Un utente che vuole risparmiare percepirà negativamente un prezzo troppo alto; un utente che invece punta ad acquistare un prodotto di pregevole fattura percepirà positivamente un prezzo alto poiché sinonimo di qualità. Come puoi capire il tuo compito non è semplice e per facilitarti i pain point sono stati suddivisi in due grandi categorie: Consapevoli: il potenziale cliente conosce il problema, ne è consapevole e desidera risolverlo; Inconsapevoli: il potenziale cliente non è consapevole del problema che sta vivendo, ma questo lo porta ad avere un’esperienza meno piacevole di quanto potrebbe essere. I pain point inoltre vengono raggruppati in macro-categorie: Finanziari: il cliente sta spendendo troppo e cerca una soluzione più economica; Di produttività: il cliente perde troppo tempo nell’utilizzo di un prodotto o un servizio. Questa perdita di tempo si traduce in un calo della produttività. Devi quindi dimostrare che il tuo prodotto è in grado di risolvere quella problematica. Considera che oggi il tempo è un elemento fondamentale per ogni tipo di attività, perciò è necessario offrire soluzioni veloci ma altrettanto efficienti; Dell’assistenza: il supporto ricevuto dal servizio assistenza non soddisfa il cliente, che vorrebbe essere meglio assistito. Quest’ultimo punto è fondamentale soprattutto in chiave in inbound marketing, che invece si basa proprio sulla massima soddisfazione del cliente. Facendo questa divisione ti risulta più facile individuare i principali punti di debolezza e adottare le strategie più adeguate per risolvere i problemi e trasformarli in punti di forza. Come identificare i pain point e trasformarli in punti di forza Una volta compreso cosa sono i pain point, ti risulta più facile individuarli. Ma come? Tramite una ricerca qualitativa che si rivolga direttamente ai tuoi clienti. Puoi sottoporre ai tuoi consumatori dei questionari ai quali rispondere, raccogliere feedback sui servizi ricevuti, leggere le recensioni dopo l’utilizzo di un prodotto, analizzare il loro percorso sul sito o semplicemente usare conversazioni social per raccogliere dati preziosi. Se oltre all’e-commerce hai anche un negozio fisico ascolta e osserva il cliente e non temere di porre domande dirette circa la sua soddisfazione sul servizio aggiunto. Così facendo raccoglierai un grande quantitativo di dati e informazioni da sfruttare con intelligenza per le tue campagne di marketing o per i tuoi annunci social. I social in particolare, affrontano in modo diretto i pain point di un cliente e risultano molto più persuasivi ai fini delle loro risoluzioni. Questo succede perché gli utenti sui social si sentono in un ambiente meno formale e più sciolto, dove poter esprimere liberamente la loro insoddisfazione e le loro lamentele. Adesso però è arrivato il momento di capire come sfruttare i pain point e trasformarli in punti di forza. Il primo passo è individuare le tue buyer persona e poi profilarle e suddividerle ulteriormente. La tua offerta è chiaramente rivolta ad un target specifico di pubblico, ma anche le tue buyer persona hanno esigenze e necessità diverse. A questo punto però è doveroso fare una precisazione: non puoi pensare di accontentare sempre e comunque tutti i clienti. Le richieste dei tuoi utenti a volte sono fin troppo pretenziose o semplicemente non hai gli strumenti adatti per soddisfarle. Quello che devi fare è invece raccogliere i pain point, esaminare quali hanno una percentuale piuttosto elevata e agire di conseguenza per provare a risolverli. Prendiamo come esempio un cliente che non riesce a pagare con uno specifico metodo di pagamento, un errore comune che rappresenta un ostacolo al processo di conversione. Il pain point può: Essere segnalato direttamente dal cliente che non riesce a portare a termine l’operazione. Si tratta di una problematica chiara ed evidente del sito che richiede un’immediata risoluzione; Essere analizzato da test o da esperti che, analizzando il sito, potrebbero effettivamente notare qualche criticità nel processo di pagamento e intervenire in modo mirato; Essere individuato tramite il comportamento del cliente che non lascia alcuna segnalazione all’azienda, ma semplicemente sospende l’acquisto e abbandona il carrello. Studiando le motivazioni dei carrelli abbandonati puoi individuare e risolvere i pain point. Può trattarsi di problemi tecnici o strutturali, o magari il sistema di pagamento risulta troppo articolato per il cliente. Devi quindi risolvere il problema e capire come sfruttarlo a tua favore, magari inserendo più metodi di pagamento così da accontentare una platea di consumatori ancora più ampia e raggiungere un maggiore target di pubblico. Questo è solo un esempio di come sfruttare i pain point, ovviamente devi adottare le strategie più adeguate secondo il tuo business. Blog copywriting: come sfruttare i pain point nei contenuti e nei testi? Sai che puoi sfruttare un pain point anche nel copywriting? I contenuti sono elementi fondamentali in un e-commerce o in un sito web, benché viviamo nell’epoca dell’apparire, quindi vanno sfruttati con grande intelligenza. Landing page La landing page di un sito rappresenta il suo biglietto da visita, perciò deve essere sfruttata per evidenziare da subito i punti forti e rassicurare i clienti. Tra i primi aspetti da sottolineare ci sono la praticità, la facilità d’uso, l’intuitività e la sicurezza dei tuoi servizi, caratteristiche che rispondono a qualsiasi pain point. Ovviamente le caratteristiche vanno personalizzate in base alle peculiarità dell’attività. Se ad esempio l’unicità o la convenienza sono i tuoi punti di forza, vanno immediatamente sottolineati nella landing page per accogliere nel migliore dei modi gli utenti che atterrano sulla tua pagina. Se c’è qualche elemento che potrebbe rappresentare una criticità per gli utenti potresti pensare che tacere su di loro sia la cosa migliore. In realtà non è così, poiché il problema se c’è prima o poi uscirà fuori. Cosa fare allora? Devi capire come metterlo in evidenza, ma trattandolo come se fosse un vantaggio. Prendiamo come esempio un hotel che però non offre il servizio di ristorazione, una mancanza che teoricamente rappresenta un pain point. Tale problema si può però aggirare parlando della cucina in appartamento, che offre la massima libertà ai clienti di mangiare quando vogliono, o suggerendo i migliori ristoranti della zona dove gustare squisiti piatti locali. Come vedi non nascondi la mancanza, ma la trasformi addirittura in un vantaggio con un abile uso delle parole. SEO copywriting e content marketing Sempre più aziende affiancano agli e-commerce un blog, cosa che ti consiglio caldamente per mantenere un rapporto sempre vivo con i tuoi clienti con contenuti aggiornati periodicamente. Il blog è il luogo dove fornisci utili informazioni, dai esempi pratici o idee simpatiche dalle quali prendere spunto. Come individuare i pain point ai quali dare una risposta? Nelle keyword a coda lunga e nelle domande che gli utenti inseriscono nei motori di ricerca. Puoi individuarle con appositi strumenti, ma anche Google ti dà una grande mano in questa operazione. Nello specifico puoi usare: Le ricerche correlate che compaiono alla fine della SERP; I box “Le persone hanno chiesto anche”, dove sono visibili domande frequenti relative ad un determinato tema; Google Suggest, cioè i suggerimenti che compaiono dopo aver digitato la query. I microcopy Mai sentito parlare di microcopy? Sono testi brevissimi che danno informazioni utili a chi legge e li guida alla scelta di un prodotto o un servizio. Un esempio classico è Booking, il sito di prenotazione delle strutture ricettive che vengono descritte con testi brevissimi ma che danno informazioni utilissime come: colazione inclusa o esclusa, distanza dalle attrattive turistiche principali, modalità di prenotazione e di cancellazione ecc. A volte basta davvero poco per cancellare i dubbi dei clienti ed eliminare così i principali pain point col copywriting. Per ulteriori approfondimenti abbiamo scritto un articolo dedicato al mondo dei microcopy. Conclusioni Ora hai una panoramica più ampia dei pain point, di come individuarli e di come trasformarli in punti di forza. Non porre limiti alla tua creatività, anzi, rompi le regole e guarda le cose da un’altra prospettiva per sfruttare a tuo vantaggio i pain point e rendere ancora più appetibili i tuoi servizi e i tuoi prodotti puntando sull’unicità e sull’esclusività. Come già segnalato nel corso dell’articolo, non puoi fare a meno di iniziare un progetto CRM che ti consente di instaurare relazioni durature con i clienti e fidelizzarli più facilmente. Proprio per questo motivo ti suggerisco di leggere l'ebook gratuito a fine articolo che ti illustra quali altri problemi può risolvere brillantemente un ottimo CRM. Image by wayhomestudio on Freepik
Per traffico di un sito web, cosa si intende? Una domanda che probabilmente in molti si pongono se non sanno quanto è fondamentale fare un’analisi dettagliata del proprio sito internet. Quando parliamo di traffico di un sito web, intendiamo il numero di persone che mensilmente visitano il nostro negozio online per esempio. Monitorare il traffico di un sito web ti permette di migliorarlo e ottimizzarlo in base alle statistiche. In questo articolo di oggi, oltre a spiegare il perché è fondamentale monitorare un sito web, ci soffermeremo anche sugli strumenti che dovresti assolutamente conoscere per analizzare le visite sul tuo ecommerce o sito. Perché monitorare il traffico di un sito Conoscere il numero di persone che visita il nostro sito web orienta meglio il lavoro SEO che abbiamo fatto, quindi i testi SEO oriented che abbiamo scritto, così come tutte le altre ottimizzazioni SEO inerenti. In particolare, analizzare le statistiche di un sito web ci aiuta a: conoscere e prevedere poi il comportamento di chi lo visita; definire meglio alcuni parametri che ci saranno utili per la costruzione della nostra strategia (età, sesso, geolocalizzazione); capire a quale servizio o categoria è interessato. L’obiettivo di un sito web è convertire i visitatori in clienti mediante una duplice operazione come si può capire da questa premessa, ovvero SEO optimization e marketing. È sempre importante lavorare su entrambi i fronti e quindi definire anche una strategia di marketing efficiente, creando un funnel adeguato. Tornando però all’importanza dell’analizzare un sito web, andiamo a conoscere i 3 strumenti principali dei quali proprio non possiamo fare a meno per monitorare l’andamento. 3 principali strumenti per fare l’analisi del tuo sito web L’analisi di un sito web occorre sempre farla in modo professionale, quindi valutare l’utilizzo anche di più strumenti insieme, per confrontare i dati e capire cosa è necessario fare per aggiustare il tiro e trasformare i visitatori in clienti. Gli strumenti per fare l’analisi del tuo sito web che consigliamo sono: Google Analytics Semrush o SEOzoom (dipende da che tool usi per aiutarti con la SEO); Hubspot, con cui puoi sviluppare il tuo sito comprensivo di tutta la parte CRM. Google Analytics è gratuito ed è a disposizione del motore di ricerca, se ovviamente hai un account Google. SEMrush o SEOzoom sono due tool che possono divenire integrativi di Google Analytics, a pagamento, molto utili per confrontare le statistiche di Google. Hubspot CRM è una piattaforma integrativa può aiutare ad avere una panoramica ancora più completa del tuo sito web. Ha una sezione apposita per monitorare il comportamenti dei contatti, molto facile da consultare. Hubspot come SEMrush o SEOzoom sono strumenti a pagamento. A questi si unisce anche un altro importante strumento di analisi, che però potrebbe essere più complesso da comprendere per un neofita, ovvero Screaming Frog. Screaming Frog è uno strumento che può aiutare molto a dare una panoramica SEO del sito, andando a capire su cosa lavorare e cosa migliorare come ad esempio le meta description o le immagini che possono essere troppo pesanti, rallentando così il caricamento della pagina web. Tutti questi sono dettagli assolutamente da valutare, che possono fare seriamente la differenza per il successo di un sito web. Conosciamo ora da vicino ogni singolo strumento di monitoraggio. Google Analytics Come strumento è tra quelli più apprezzati e diffusi, sia perché è gratuito e sia perché ti dà la possibilità di avere una panoramica completa dei dati che contano davvero. In prima battuta è necessario ottenere l’ID di monitoraggio, ovvero un codice alfanumerico da inserire nelle pagine del sito per consentirne l’analisi. È importante sapere che il processo di analisi si può seguire sia da mobile che da desktop. Vediamo come è strutturata la home page di Google Analytics. Ci sono 5 sezioni che bisogna imparare a leggere e cioè: In tempo reale, che restituisce una fotografia del tuo sito in diretta; Pubblico, che ti dà le informazioni in merito al tuo pubblico (età, sesso, provenienza geografica); Acquisizione, che individua i canali dai quali viene il traffico; Comportamento, che ti aiuta a capire quali pagine sono più visitate; Conversioni, che monitora obiettivi settati nell'account (es. l'iscrizione alla newsletter oppure l'acquisto di un prodotto in caso venga Analytics venga integrato con un progetto ecommerce). Ogni sezione è poi articolata in altre sottosezioni, di cui una in particolare - Panoramica - riepiloga i dati salienti di ciascun report. Le sottosezioni che generalmente destano più interesse sono quelle in merito ai dati geografici > località, pubblico, tutto il traffico, sorgente/mezzo. I dati chiaramente devono essere letti in un intervallo di tempo di riferimento. Ok, immaginiamo che ora tu voglia sapere come leggere i dati di Google Analytics. Vediamolo. Iniziamo con il dire che i dati che ti interessano sono i seguenti: Visualizzazioni di Pagina: indica il numero di volte con cui la pagina viene visualizzata. Se il numero è alto è un ottimo segno, vuol dire che molte persone visitano il tuo sito web. Sessioni: Indica il numero di raggruppamenti di tutte le azioni svolte dall'utente in un determinato periodo di tempo. Se un utente lascia il sito per più di 30 minuti e poi accede nuovamente, viene contata una nuova sezione. Frequenza di Rimbalzo: Questa sezione indica il numero di visitatori che lasciano il tuo sito dopo aver visitato una sola pagina. In caso di frequenza di rimbalzo alta, bisogna fare valutazioni sul motivo per cui le persone abbandonano il tuo sito. Sorgenti di traffico e Canali: Questa sessione ti aiuta a capire da quali canali arriva il traffico del tuo sito web. Pagine più visitate: Questa sessione ti mostra le pagine più visitate sul tuo sito web. Flusso di comportamento: In questa sessione puoi vedere il comportamento degli utenti sul tuo sito web. Conversioni: La sessione forse più importante del tuo sito web, in cui viene mostrato se le azioni di SEO e marketing che hai studiato per la tua strategia, funzionano e riescono a raggiungere gli obiettivi prefissati. Fino ad ora abbiamo analizzato lo strumento gratuito di Google che ti permette di venire a conoscenza di molte informazioni utili. Ma se a questo uniamo anche SEMrush e Hubspot, la nostra azione di monitoraggio sarà ancora più dettagliata. Semrush In questa sede analizziamo nello specifico SEMrush, in quanto è il tool a cui per prima noi facciamo riferimento. SEMrush è un ottimo strumento per analizzare la SEM del tuo sito internet, ma anche per valutare le azioni dei siti concorrenti. Come abbiamo specificato, si tratta di un tool a pagamento, che però rappresenta un investimento assolutamente da fare se si decide di lanciarsi nel mondo dell’online. Vediamo come funziona e come ti può essere utile. SEMrush come anche SEOzoom ti presenta una Dashboard - pagina panoramica - suddivisa in sezioni, ovvero: Analisi Dominio - ti dà una panoramica completa sul dominio d'interesse; Analisi Keyword - effettua il monitoraggio delle keyword posizionate in ottica SEO; Progetti - se chiaramente hai inserito qualche progetto sulla piattaforma, ti restituisce l’analisi delle performance del sito; I miei report - ti crea report dettagliati in base ai dati che ti occorre conoscere e che hai filtrato tu. Tutte queste voci possono essere consultate singolarmente o tutte insieme in una sezione denominata Panoramica. SEMrush ti permette di analizzare pagina per pagina ciò che andrebbe migliorato, anche tenendo presente quello che fanno i competitor. Proprio l’analisi del traffico del sito concorrente e delle keyword sulle quali essi lavorano, ti permette di capire come aggiustare il tiro nel tuo caso. Se ti interessa approfondire l’argomento, ti consigliamo la lettura dell’articolo su come funziona SEMrush che ti spiega passo dopo passo come fare per monitorare bene il tuo sito. Hubspot Ultimo ma non meno importante è Hubspot. Hubspot è un software di marketing automation che aiuta le aziende a promuovere il loro business. La parte dell’analisi e del monitoraggio del sito è molto importante e ti offre una panoramica completa dell’andamento del sito. La knowledge base di Hubspot ti dà la possibilità di capire a fondo questo software di analisi, andando così a ottimizzare le tue azioni di marketing. Preliminarmente però c'è da fare una distinzione: in caso di siti sviluppati con piattaforme esterne, c'è la necessità di inserire manualmente il codice tracciamento all'interno delle pagine per avere la reportistica completa. In caso di un sito Hubspot, invece, la reportistica è già inclusa all'interno di tutto il comparto CRM. Con Hubspot puoi filtrare con attenzione i dati che ti interessa monitorare e valutare, in un determinato intervallo di tempo. Non andremo a spiegare le singole funzioni in quanto nella knowledge base trovi sicuramente tutto ciò che ti occorre per impostare il corretto monitoraggio dei tuoi dati. La piattaforma di Hubspot è facile e intuitiva e ti dà la possibilità di venire a conoscenza di tutti i dati che ti interessano in pochi click. È studiata appositamente per chi non ha una grande conoscenza della SEO, ma vuole sapere come funziona il lavoro SEO e marketing impostato all’inizio e se bisogna fare delle correzioni. Conclusioni L’analisi del tuo sito web è fondamentale per far sì che tutte le azioni di marketing e SEO raggiungano l’obiettivo di trasformare i visitatori in clienti. Riuscire a creare una panoramica completa, grazie all’incrocio dei dati di queste piattaforme, ti permette di costruire una strategia davvero efficace, che non lascia spazio all’improvvisazione, ma che si basa esclusivamente sui dati. Hubspot indubbiamente è il software di automazione più completo e intuitivo che puoi utilizzare per la tua analisi del sito web. Scopri come funziona, scarica l’ebook gratuito. Image by ijeab on Freepik
Per alcune aziende vige il profitto a tutti i costi, anche adottando azioni truffaldine o poco trasparenti che danneggiano addirittura i loro stessi clienti. Una pratica bocciata e assolutamente non ammessa dal cosiddetto marketing etico, che per l’appunto richiede una condotta morale ed etica impeccabile a tutti i dipendenti e ai vertici di un’azienda. L’etica nel marketing digitale è un concetto che si sta diffondendo sempre di più in tutti i tipi di business, partendo dall’idea che il profitto non può e non deve essere l’unico obiettivo delle aziende. Il marketing etico può essere considerato una vera filosofia aziendale alla quale ispirarsi per costruire l’immagine di un brand pulito, trasparente e affidabile. Nessun cliente vorrebbe scoprire che il marchio che ama lo ha ingannato o gli ha raccontato bugie da anni, poiché lo abbandonerebbe subito. Il marketing etico si può essere integrato perfettamente anche nelle strategie di inbound marketing, che attrae i clienti in modo del tutto naturale fornendo contenuti chiari e che forniscono informazioni pertinenti e trasparenti. Analizziamo più in dettaglio cos’è il marketing etico e come applicarlo alle proprie strategie aziendali. Una definizione di marketing etico e in cosa si differenzia dal dirty marketing Una definizione di marketing etico è stata introdotta da Emmanuele Macaluso, divulgatore scientifico e studioso, che ha redatto una sorta di manifesto del marketing etico. Questo concetto è definito come l'operare dell'impresa quando rispetta 4 regole d’oro: Rispettare i consumatori; Mantenere un elevato standard di affidabilità e veridicità; Distinguere in modo chiaro i contenuti pubblicitari dall’intrattenimento; Tutelare la privacy dei consumatori. Il marketing etico inoltre si contrappone al dirty marketing, cioè al marketing “sporco” o marketing immorale. Non necessariamente il dirty marketing è illegale, ma le sue iniziative o campagne pubblicitarie sono spesso al limite della legalità e ben oltre i limiti della moralità. Alcune aziende ad esempio sono portate a screditare i competitor piuttosto che valorizzare i propri prodotti e servizi, mentre altre assicurano risultati straordinari e miracolosi cavalcando l’onda emotiva di una promessa ambigua e impossibile da mantenere. Questi comportamenti, a metà strada tra la frode e i comportamenti immorali, fanno parte appunto del dirty marketing e rischiano di avere ripercussioni sull’immagine del brand. Le bugie hanno le gambe corte e prima o poi usciranno fuori, quindi l’azienda potrà ottenere profitti solo nel breve periodo. Oggi i consumatori sono molto più attenti a tematiche calde come inclusività, tolleranza e ambiente e per questo motivo è consigliabile adottare pratiche virtuose e trasparenti non solo per una questione etica e morale, ma proprio di marketing. Per questo, pratiche come il greenwashing, sono sempre più condannate dai consumatori e hanno un impatto fortemente negativo nei confronti delle imprese che decidono di intraprendere queste strategie. Marketing etico e dirty marketing sono due facce della stessa medaglia: sta a te decidere come impostare le tue strategie e quale strade perseguire per raggiungere più facilmente il cuore dei tuoi clienti e toccare le giuste corde emotive. Cos’è il marketing etico tra sociale e ambiente Il marketing etico a sua volta si suddivide in varie branche, tra le quali spiccano il marketing sociale e il marketing ambientale. Per un’azienda è importante coltivare tutti questi aspetti per creare un’immagine solida e credibile agli occhi dei consumatori. Il marketing sociale può essere inteso come quell’insieme di strategie e iniziative finalizzate a sensibilizzare le persone su una determinata tematica o diffondere e far conoscere una causa sociale. In tal caso l’obiettivo non è tanto spingere l’utente a effettuare un acquisto, ma esercitare pressioni su di lui affinché cambi alcuni atteggiamenti e comportamenti poco ortodossi o si interessi maggiormente ad una causa sociale fino a diventare egli stesso un ambasciatore. Ne sono un esempio perfetto le campagne anti-fumo che invitano a dire addio alle “bionde” o le campagne per la sicurezza stradale che suggeriscono caldamente di non usare il cellulare e di non bere quando ci si mette alla guida. Tra le campagne sociali rientrano anche quelle a favore di gruppi specifici di persone, come donne vittime di violenza, minoranze etniche, bambini ecc. Il marketing ambientale è un’altra “costola” del marketing sociale e si rivolge principalmente a tutte quelle azioni finalizzate a salvaguardare l’ambiente circostante. In questo caso l’azienda può evidenziare e spingere sulla vendita di prodotti realizzati secondo logiche ecosostenibili in ogni ambito: dalla produzione al packaging fino alla possibilità di riciclarli. Il marketing ambientale è conosciuto anche come green marketing e rappresenta una vetrina perfetta per un brand che vuole avvicinarsi all’idea di sostenibilità per guadagnare punti agli occhi dei consumatori. Hanno sempre più importanza, in questo senso, gli ecommerce sostenibili che hanno l'obiettivo di vendere i propri prodotti online con un occhio di riguardo alla sostenibilità ambientale, integrando quindi il mondo economico e quello naturale. Come impostare una strategia etica nel marketing digitale? Per l’impostazione della propria strategia etica nel marketing digitale il primo passo da fare è quello di dotarsi di un buon CRM, grazie al quale puoi allineare tutti i processi e consentire ai vari team aziendali di lavorare all’unisono grazie ad una banca dati completa e consultabile per tutti in ogni momento. Resta però il “dilemma” delle aziende: come perseguire il profitto e mantenere un profilo altamente etico e morale? Bisogna essere bravi “equilibristi” e adottare comportamenti etici e virtuosi che garantiscono comunque un buon ritorno economico all’azienda. Gli studiosi dell’etica aziendale ritengono che ci sono 3 step necessari per far coesistere marketing ed etica: Individuare il problema; Identificare uno standard etico di riferimento; Applicare lo standard etico individuato nel processo decisionale. Tuttavia quando si ragiona in ottica di etica bisogna per un attimo sganciarsi dalle dinamiche del marketing poiché, per costruire un contesto morale riconoscibile per tutti, è importante condividere i valori con altre aziende competitor. Questo è importante soprattutto perché nel marketing etico mancano condotte di morali nette e definite, perciò è necessario tracciare dei confini per arrivare ad una percezione della moralità e dell’etica universalmente riconosciuta da tutti. Per costruire una nuova identità di brand etico bisogna seguire questi step: Analizzare la situazione di partenza del mercato in cui si opera; Identificare i principi etici di riferimento per costruire la nuova identità del brand; Costruire una buona brand awareness; Consolidare la propria reputazione. Questo processo ha bisogno di tempo per svilupparsi e consolidarsi e soprattutto deve coinvolgere tutti i team aziendali. Armati dunque di pazienza e non pensare di ottenere risultati immediati. Quali sono i vantaggi per le aziende? Il marketing etico “pulisce” l’immagine di un’azienda e questo va a tutto vantaggio della brand identity e della brand reputation. Per ogni azienda è fondamentale fidelizzare un cliente e conquistare la sua fiducia, cosa che si può fare costruendo un rapporto basato sulla credibilità e sull’attendibilità del marchio stesso. Piuttosto che promettere la luna e prendere in giro il cliente, devi proporre soluzioni realistiche che possono risolvere un problema o soddisfare un desiderio. Il pubblico apprezzerà la tua sincerità, si fiderà realmente della tua azienda e tornerà ad acquistare da te poiché rappresenti un punto di riferimento credibile e affidabile nel tuo settore. Con questo atteggiamento fai capire che il tuo obiettivo non è vendere a tutti i costi, ma prenderti realmente cura degli interessi e delle necessità degli utenti. Mantenere una reputazione etica elevata rappresenta un punto di forza non solo per le multinazionali, ma anche per i piccoli shop online o per i negozietti sotto casa. Marketing etico: esempi di importanti brand Ci sono diverse iniziative che possono essere prese come esempio di marketing etico, arrivato anche nello sport. Diverse squadre di calcio hanno deciso di sponsorizzare sulle loro maglie gratuitamente organizzazioni ed enti di beneficenza. La Fiorentina ad esempio ha sponsorizzato gratuitamente l’associazione “Save the Children” e anche il Barcellona a lungo ha sfoggiato sulle sue maglie il brand dell’Unicef. Altro esempio famoso di campagna di marketing etico è stato l’Ice Bucket Challenge, una sfida social diventata virale dove importanti personaggi dello spettacolo, del cinema, dello sport e della politica si rovesciavano addosso una bacinella di acqua ghiacciata per sensibilizzare le persone sulla SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica). Una campagna che ebbe un successo straordinario alla quale parteciparono personaggi del calibro di Cristiano Ronaldo, Mark Zuckerberg, Bill Gates, Beyoncé e tanti altri vip. In appena due settimane furono raccolti ben 31,5 milioni di dollari per la ricerca. Conclusioni Il marketing etico si pone come obiettivo quello di costruire un’azienda virtuosa, permettendole di consolidarsi come una realtà affidabile e credibile agli occhi del pubblico. I consumatori, una volta convinti della moralità e delle logiche sane seguite da quell’azienda, sono più disposti a fidarsi. Un cliente soddisfatto diventa automaticamente un tuo ambasciatore e, oltre ad acquistare prodotti e servizi da te, sicuramente parlerà bene del tuo brand con amici, parenti e colleghi. Tieni a mente che la reputazione di un brand è parte integrante del tuo successo, quindi abbracciare un marketing etico significa ampliare gli orizzonti del tuo business e conquistare una fetta sempre più ampia di pubblico. C’è poi da fare un’ulteriore valutazione: i tuoi clienti si sentono parte integrante del cambiamento di cui ti fai promotore e percepiscono l’idea che stanno facendo qualcosa di positivo per la società e per il mondo in generale. Nel corso dell’articolo abbiamo sottolineato l’importanza di avviare un buon progetto CRM e per avere una panoramica più ampia e capire quanto sia importante un CRM e quali problemi può risolvere ti consigliamo di scaricare l'ebook gratuito a fondo pagina. Image by Freepik
Nell’inbound marketing, lead generation e lead scoring sono complementari o almeno è così che dovrebbe essere. Quando si struttura una strategia di marketing l’obiettivo finale, come si può immaginare, è sempre la vendita, ma per arrivarci dobbiamo riuscire a creare conversione. Come può essere raggiunto questo primo obiettivo quindi? Il lead scoring, abbinato a delle azioni di marketing ben mirate, è sicuramente un ottimo punto di partenza. Il lead scoring, in pratica, permette di assegnare un punteggio di qualità ai potenziali clienti che interagiscono con l’ecommerce, in base al valore percepito dall’azienda. Scopriamo nel prossimo paragrafo cos’è il lead scoring, come funziona e quali sono le qualificazioni che contano per un lead in un database. Lead scoring marketing: cos’è, come funziona e qualificazioni Il lead scoring è l’attribuzione di un punteggio (score) a ogni potenziale cliente. Lo score è definito in base al valore percepito dall’azienda del target potenziale. Per determinare il punteggio di ogni contatto vi sono dei parametri da considerare, come il profilo demografico, professionale, le interazioni con il brand, il comportamento di navigazione sul sito (richiesta di info, iscrizione alla newsletter etc) e quello di acquisto. Il punteggio di marketing per un cliente si definisce in base ai dati espliciti e impliciti che lo riguardano. I primi sono quelli più facili da dedurre e quindi sesso, età, luogo di provenienza, settore, azienda, ruolo, posizione lavorativa e così via. I dati impliciti sono quelli che concernono le attività del potenziale lead sul sito e quindi coinvolgimento, interazioni, interesse, interferenze etc. Un altro parametro che potrebbe essere soggetto a valutazione per il lead scoring è senz’altro il coinvolgimento che il potenziale cliente ha con le email e i social dell’azienda e quindi, per esempio, il tasso di apertura di una mail e i click sui link contenuti nella stessa. Queste valutazioni di comportamento del lead permettono quindi di assegnare un punteggio di qualità al contatto, andando poi a definire le future azioni di marketing che bisognerà attuare per generare conversione e ovviamente vendita. Definiti i parametri vanno chiaramente identificati i criteri di qualificazione del lead, che ci permettono poi di pianificare le future azioni di marketing. Il target potenziale viene così distinto (distinzione riscontrabile anche nei lifecycle stage dei CRM come Hubspot): contatto - nuovo nominativo che si aggiunge al database; lead - nominativo già presente nel database che ha già interagito con l’azienda; MQL - un lead che ha seguito una specifica azione; SQL - un lead pronto al contatto con il commerciale; Opportunità - lead che ha parlato con il sales ed è interessato all’azienda; Cliente - lead che ha convertito e quindi è entrato in contatto con l’azienda compiendo un’azione specifica. La qualità del lead dipende principalmente se quest’ultimo è o no in target con l’azienda. Il punteggio di qualità è infatti assegnato in base a questa valutazione. Come si potrà immaginare il lead scoring marketing diviene importantissimo per le aziende, scopriamo nel prossimo paragrafo il perché di questa affermazione. Perché il lead scoring marketing è utile alle aziende Una delle difficoltà maggiori delle aziende è relativa alla valutazione dei suoi investimenti. Come fa un’azienda a decidere in quali azioni di marketing investire e in quale no? Il lead scoring è un ottimo modo per determinare la tipologia di strategia di marketing da attuare per generare conversione. Senza questa preventiva valutazione si rischia di coinvolgere a vuoto tutto il proprio database di contatti, non ponendo attenzione quali di questi può diventare un lead e quale invece no. Per un’azienda sarebbe un errore imperdonabile, soprattutto se deve stare molto attenta al suo budget. L’assegnazione di un punteggio ai contatti permette di gestire in modo ottimale il tempo, le risorse e anche l’attenzione che l’azienda deve dedicare a ogni lead. Ergo, il lead scoring diviene fondamentale per il successo di un’attività. Ma come riuscire a raggiungere gli obiettivi prefissatesi, utilizzando il lead scoring marketing? Come ottimizzare il tuo business con il lead scoring marketing Ottimizzare il proprio business in base al lead scoring permette di avere chiaro a un’azienda come muoversi a livello di marketing, su quali aree geografiche investire in sponsorizzazioni per esempio o anche come capire cosa possono avere in comune i contatti che invece sono stati esclusi dal database, dopo una prima valutazione. In particolare quest’ultimo parametro dà un’idea del buyer persona ideale dell’azienda. Un esempio che può aiutare a comprendere questo concetto è quando bisogna scrivere un articolo di blog per supportare la vendita di una categoria di prodotti in un ecommerce. Avendo chiaro a chi bisogna rivolgersi, è facile definire il tono di comunicazione da utilizzare, le informazioni da condividere e i contenuti di approfondimento che potrebbero essere interessanti da inviare al lead in un secondo momento tramite mail. Avere un profilo chiaro e definito del buyer persona è il primo passo per il successo di una strategia di marketing. Ora che però sappiamo cos’è il lead scoring e quanto può essere utile anche nel lead nurturing - nutrimento del lead mediante mail per esempio -, è importante anche capire quando è il momento di attivarlo in una campagna di marketing automation. Quando attivare il lead scoring marketing in una campagna di marketing automation Generalmente le campagne di marketing automation sono realizzate e messe in atto quando si ha già un’idea definita di ciò che potrebbe o meno funzionare per un’azienda. In sostanza si automatizzano le azioni che funzionano. Il lead scoring è una metodologia che bisognerebbe far intervenire nel momento in cui la definizione del database non è troppo ampia e quindi non si è ancora generata confusione. L’ideale per attivare il lead scoring è quando il database non è molto pieno di contatti, perché in quel momento si possono suddividere lead che possono diventare delle buyer persona per l’azienda da quelli che invece non lo saranno mai. Non conviene pensare di fare lead scoring quando il database è full, perché questo vorrebbe dire che un’azienda ha trascorso almeno un anno o due a inviare comunicazioni generiche e non pertinenti a tutti i contatti. Il rischio in questo caso è di perdere dei potenziali lead. In una strategia di marketing che si rispetti, è importante avere una definizione dei contatti puliti e profilati già dopo poco che un’attività è stata lanciata sul mercato, questo per far sì che gli investimenti iniziali non vadano a vuoto. La piattaforma che meglio permette di gestire una strategia di lead scoring è certamente Hubspot CRM. Il CRM di Hubspot permette di ordinare in modo chiaro tutti i lead, in base alle loro singole azioni. L’interfaccia è molto intuitiva e la possibilità d'inserire filtri e campi personalizzati, aiutano a rendere più semplice la ricerca d'informazioni. In una strategia di lead scoring dove l’obiettivo è proprio identificare facilmente che tipologia di customer persona è più conveniente per l’azienda, di sicuro Hubspot CRM può dare un grande aiuto. Conclusioni La gestione dei clienti ti preoccupa? Indubbiamente anche dopo aver individuato quali possono essere le buyer persona migliori per la tua azienda, la gestione dei lead non è semplice. Il lead scoring indubbiamente ti aiuta a definire le linee guida delle tue azioni di marketing, ma hai bisogno di un CRM adeguato per mantenere tutto sotto controllo. Hubspot CRM è sicuramente la scelta migliore per l’azienda. Scopri come Hubspot può essere d’aiuto nella gestione dei tuoi contatti: Image by yanalya on Freepik
Come gestire un cliente arrabbiato o insoddisfatto? Una domanda che negozianti e marketer devono porsi perché un’azienda che non riesce a gestire le lamentele o le rimostranze dei clienti non potrà mai crescere. In questo articolo ti spiego come gestire un cliente insoddisfatto, ma prima facciamo una piccola premessa. Si dice che il cliente ha sempre ragione ma in realtà non è così, soprattutto se si mostra maleducato o se fa delle richieste assurde. Questo però non significa che tu debba voltare le spalle ad un cliente insoddisfatto, anzi, devi sfruttare tutti i mezzi a tua disposizione per risolvere il problema. Come? Sorprendendolo! Il cliente insoddisfatto è già molto nervoso dal disservizio che ha ricevuto, quindi probabilmente è pronto alla guerra. Il tuo obiettivo è “disarmarlo” e per farlo non devi mostrarti annoiato, litigare o insistere sul fatto che non è colpa tua, ma piuttosto ammettere le tue responsabilità, ascoltarlo e assicurando che farai di tutto per risolvere il problema. Il cliente, che magari si attende un atteggiamento bellicoso e poco accomodante da parte tua, sarà sorpreso dalla tua sincerità. Se quindi risolverai il problema trasformerai un cliente insoddisfatto in un cliente felice, che innescherà un passaparola positivo per la tua azienda che a sua volta vedrà crescere la sua reputazione. Non ci resta che capire quali step adottare per gestire un cliente insoddisfatto, quali mezzi sfruttare e quali strumenti utilizzare. Come gestire un cliente insoddisfatto: 4 consigli preziosi Per gestire un cliente insoddisfatto devi seguire 4 step che ti aiuteranno a superare brillantemente la situazione di difficoltà: Ascolta attentamente il cliente. La prima fase è sicuramente la più delicata, poiché il cliente è arrabbiato per un disservizio e una parola sbagliata o fuori posto da parte tua potrebbe mandare a monte il delicato processo diplomatico che stai per avviare. Quindi ascolta le sue motivazioni senza contraddirlo; Ammetti le tue colpe. Nel momento in cui ammetti che c’è un problema e che le colpe sono tue il cliente già inizierà a calmarsi, poiché si sente ascoltato e preso in considerazione. L’indifferenza dell’azienda è ancora peggio del disservizio che si è palesato. Adotta un atteggiamento gentile e sincero, così da creare un rapporto di empatia; Assicurati di risolvere il suo problema. Una volta ascoltata la sfuriata del cliente, assicurati di attivarti per risolvere il problema nel minor tempo possibile. Eventualmente proponi un regalo, come un buono sconto, un gadget in omaggio o un rimborso per calmare ulteriormente il cliente; Ringrazialo. Ringrazia il cliente per aver palesato il problema poiché, grazie alla sua segnalazione, farai in modo che quel disservizio non si verifichi più. Questo è il percorso da seguire, poi ovviamente puoi personalizzare ogni situazione con frasi e messaggi differenti anche a seconda della tua tipologia di attività. Non preoccuparti di perdere un po’ di soldi se opti per il rimborso o per uno sconto, poiché un cliente insoddisfatto è estremamente pericoloso dal momento che parlerà male di te e del tuo brand, facendo crollare la tua reputazione. Per migliorare la qualità delle conversazioni, sono utili strumenti come i CRM che ti consentono di tenere traccia di tutte le conversazione e segnalazioni date dai clienti, in modo da fornire loro le informazioni giuste al momento giusto. Tutto ciò consente inoltre di rispondere in maniera completa alle richieste degli utenti. Come gestire un reclamo: 7 frasi d’oro per rispondere ad un cliente arrabbiato Esistono delle frasi d’oro, vere e proprie parole magiche, che riescono a far calmare i clienti che non devono vedere in te un nemico, ma un alleato che sta dalla loro parte. Eliminare tutti i problemi e i disservizi, nonostante i tuoi sforzi, è quasi impossibile ma puoi lavorare molto per migliorare il tuo servizio di assistenza. Ecco di seguito una lista di frasi da memorizzare che puoi usare per rispondere ai tuoi clienti, tenendo presente anche il canale utilizzato per la comunicazione. Alcune frasi hanno un impatto maggiore se dette per telefono, via chat o tramite social e quindi puoi personalizzarle come ritieni più opportuno. Eccole: Grazie per averci contattato. Qualunque sia lo stato d’animo del cliente, ringrazialo per la sua segnalazione grazie alla quale hai preso coscienza che c’è un problema che va risolto; Anche io sarei deluso. Come già accennato precedentemente è fondamentale creare una situazione di empatia tra te e il cliente per instaurare subito un clima cordiale ed evitare sentieri minati. Mettiti realmente nei suoi panni per capire la frustrazione che sta vivendo, così il tuo atteggiamento empatico sarà autentico; Verifico subito, attenda per favore. Quando un cliente presenta un problema si attende una risposta immediata, ma non sempre hai la soluzione a portata di mano. Per rassicurare il cliente che prenderai in carico la sua richiesta pregalo di attendere per avere il tempo di verificare qual è il problema e da dove nasce; Può darmi qualche informazione in più? Dopo aver svolto le dovute verifiche non sempre è possibile individuare subito il problema, in tal caso puoi chiedere al cliente di darti maggiori informazioni. La cosa potrebbe ulteriormente spazientirlo, ma puoi girare la situazione a tuo favore spiegando che con maggiori dati e informazioni a tua disposizione hai più probabilità di risolvere velocemente il problema; Posso sicuramente aiutarla. Hai finalmente individuato il problema? Allora tranquillizza il cliente, scusati per il disagio arrecato e garantisci che il problema è stato individuato e sarà risolto nel minor tempo possibile; Non possiamo esaudire la sua richiesta, ma in alternativa possiamo… Uno degli scenari più temuti per un venditore è quello di non poter risolvere un problema o soddisfare la richiesta di un cliente. Un “no” categorico non è mai accettato di buon grado dal cliente, quindi affrettati a proporre subito un’alternativa valida o a fornire un regalo, un omaggio o uno sconto per ripagarlo del danno subito. In questo modo dimostri che, anche se non hai i mezzi per risolvere il problema, hai comunque preso a cuore la situazione del cliente; Apprezziamo la sua pazienza e grazie per averci contattato. Nel momento in cui la situazione è stata finalmente risolta non dimenticarti di ringraziare il cliente per la sua pazienza, lasciando intendere che proprio grazie al suo feedback puoi ulteriormente migliorare il tuo servizio. Come rispondere alla domanda di un cliente quando non conosci la risposta? Le tecniche infallibili Cosa fare quando non sai rispondere alla domanda del tuo cliente? Potrebbe essere un lapsus momentaneo o una domanda che ti spiazza totalmente, ma in entrambi i casi non faresti una bella figura se non sai come rispondere. Non farti prendere dal panico e non fornire risposte approssimative. Piuttosto snocciola meglio la richiesta del cliente, che magari è stata posta male, e cerca di raccogliere ulteriori informazioni ponendo domande a tua volta. Può capitare che il cliente ti tartassi di domande, ma non hai la risposta a tutto. Fatti furbo e seleziona quelle domande di cui conosci bene la risposta, prendendo del tempo per capire come uscire fuori da quella situazione. In ogni caso cerca di reindirizzare l’argomento su qualcosa che conosci, senza ovviamente allontanarti troppo dal cuore del problema, altrimenti il tuo atteggiamento si configurerebbe come una fuga palese. In ogni caso non mentire mai ad un cliente, poiché prima o poi se ne accorgerà e quando capiterà la tua credibilità crollerà verticalmente. Meglio prenderti qualche minuto in più per rispondere piuttosto che raccontare una frottola. Customer care, esempi di strumenti utili in Hubspot Nella gestione dei clienti HubSpot CRM è uno dei migliori alleati ai quali affidarti, grazie ai vari tool che mette a tua disposizione per migliorare ulteriormente l’assistenza. Ecco l’elenco di tutte le funzioni di HubSpot Service Hub: Conversations. Gestisci tutte le conversazioni dei clienti in un’unica casella di posta; Ticket. Registra i problemi dei tuoi clienti tramite un ticket tracciabile da tutti i membri del team; Feedback. Utilizza sondaggi per migliorare l’esperienza dei tuoi clienti; Automation & Routing. Automatizza i processi di servizio clienti tramite la creazione di ticket e incarichi; Live chat. Chatta direttamente e in tempo reale con i clienti; Conversational Bots. Sfrutta i chatbot per rispondere alle domande dei clienti 24h; Reporting. Valuta l’impatto del tuo servizio clienti tramite strumenti di report. Conclusioni Sorprendere un cliente insoddisfatto con un atteggiamento accomodante e pacifico è il miglior modo per farlo sentire realmente ascoltato e preso in considerazione. Devi quindi essere bravo a mantenere la lucidità e usare le parole giuste al momento giusto per calmare il cliente e portarlo dalla tua parte, facendogli capire che il suo desiderio di risolvere il problema è pari alla tua volontà di soddisfarlo. In quest’operazione può tornarti utilissimo HubSpot che, grazie alle sue innovative funzioni, ti mette nelle condizioni di conoscere i tuoi clienti e trovare in anticipo le domande alle loro possibili risposte. Per conoscere meglio tutte le funzioni offerte da HubSpot scarica subito l’ebook gratuito sottostante, così imparerai le basi di questo preziosissimo CRM che ti aiuta nella gestione dei clienti e nella costruzione di un rapporto solido e duraturo nel tempo. Image by wayhomestudio on Freepik
In questo articolo ti spiego come fare lead generation su Linkedin, due termini diventati di utilizzo quotidiano nel linguaggio di tutte le aziende moderne che vogliono espandere i loro confini e aumentare il loro pubblico. Che la digitalizzazione sia una strada necessaria per imporsi nel proprio settore, qualunque esso sia, è pacifico. Ma perché puntare sulla lead generation? E perché usare Linkedin? La lead generation, che possiamo tradurre con “generazione di contatti”, è il frutto dei cambiamenti delle abitudini di acquisto dei consumatori e del loro approccio al mercato. Si tratta infatti di un insieme di tecniche di marketing che permettono ad un’azienda di attirare contatti ma in modo assolutamente naturale, quindi senza essere invadenti o insistenti come potevano essere le tradizionali campagne pubblicitarie. Acquisire nuovi clienti tramite la lead generation significa quindi costruire relazioni solide con loro, nutrire il rapporto giorno per giorno e guadagnarsi la loro fiducia. Perché questo processo trova la sua perfetta attuazione su Linkedin? Perché questa piattaforma è nata proprio per il business come strumento per generare contatti e clienti. Le campagne Linkedin permettono di raggiungere contatti potenzialmente interessati ai propri servizi e possono essere ulteriormente potenziate e rafforzate grazie ai dati provenienti dal tuo CRM. Approfondiamo maggiormente il discorso per capire chi sono i lead Linkedin e come attuare una strategia di lead generation vincente. Perché la lead generation su Linkedin è la strada vincente? Prima di capire come applicare la lead generation su Linkedin, facciamo un piccolo ripasso. Acquisire i clienti è l’obiettivo di ogni azienda e la strada per farlo nell’ambito della lead generation prevede 3 step: Awareness: il primo passo è evidenziare ad un potenziale cliente un problema, una necessità o un desiderio di un servizio o un prodotto; Consideration: il potenziale cliente comincia a valutare l’acquisto di un servizio o un prodotto per soddisfare un bisogno o un’esigenza; Decision: spingere il cliente ad acquistare il prodotto o il servizio presentato. Il percorso si svolge in modo del tutto naturale, ma ha bisogno di due cose fondamentali: il tempo e la fiducia reciproca. Ogni lead potrebbe avere tempi diversi: c’è chi viene convinto subito dell’acquisto e chi invece deve prima fidarsi. La lead generation, secondo gli step precedentemente indicati, “nutre” il potenziale cliente con dati e informazioni utili consolidando e costruendo un rapporto di fiducia. Il risultato finale è un lead fidelizzato che con ogni probabilità si trasformerà in cliente. Perché scegliere proprio Linkedin e non qualche altro social? Per rispondere a questa domanda facciamo riferimento ad una statistica pubblicata da HubSpot, secondo la quale il tasso di generazione associabile a Linkedin è più alto di qualsiasi altro social network. Inoltre i marketer che operano nel B2B hanno eletto Linkedin come miglior piattaforma in assoluto per reperire contatti, lead e clienti. L’utente, attirato da un post su Linkedin, entra in un funnel di vendita molto ampio che però, tramite mirate azioni di lead nurturing, si restringe sempre più. Nella parte finale dell’immaginario imbuto arrivano solo lead realmente interessati a quanto proposto, quindi diventa molto più facile e quasi naturale convertirli in clienti fidelizzati. Strategie su Linkedin: come aumentare l’engagement Il tuo obiettivo su Linkedin è generare lead qualificati, cioè realmente interessati a quello che proponi. Per farlo hai a disposizione due strade: L’approccio inbound, che consiste nel farsi trovare dai potenziali clienti e attirarli sulla tua pagina con contenuti di valore; L’approccio outbound, che invece richiede una maggiore proattività in quanto prevede di connettersi con i potenziali clienti tramite Linkedin. In entrambi gli approcci devi dimostrare la tua affidabilità e competenza, affinché tu possa rappresentare un punto di riferimento per i lead e invogliarli a connettersi con te, e sviluppare relazioni consolidate e durature. Preferisci seguire la strada dell’approccio inbound come imposto dai principi dell’inbound marketing? Allora per prima cosa devi ottimizzare il tuo profilo Linkedin. Eccoti alcuni consigli che ti torneranno utili: Scegli un’immagine del profilo professionale e inserisci logo e colori aziendali nella copertina; Scegli un job title che definisca al meglio il tuo ruolo in azienda; Nel riepilogo del profilo inserisci le giuste keyword per farti trovare; Nella sezione “in primo piano” inserisci contenuti di valore, anche esterni, come magari un video di presentazione, una landing page del sito aziendale o un case study di successo; Fai emergere subito le tue competenze che meglio rappresentano la tua professionalità e il focus della tua attività. Se farai tutto nel modo corretto saranno i potenziali clienti a inviarti una richiesta di collegamento. Hai optato per il secondo approccio, quello dell’outsourcing? Allora devi essere ancora più proattivo e metterti alla ricerca di potenziali lead con i quali avviare contatti e relazioni fino ad ottenere un appuntamento. In tal caso devi conquistare prima l’attenzione e poi la fiducia dei tuoi lead. In entrambi i casi devi essere bravo a toccare le corde giuste, dimostrandoti come un punto di riferimento affidabile del tuo settore e puntando su caratteristiche come solidità, professionalità e serietà, il tutto “spolverato” da ottime conoscenze e competenze digitali. Campagne linkedin: 5 consigli per pubblicare nel modo corretto Cosa pubblicare su Linkedin? E quando? La modalità di pubblicazione e naturalmente i contenuti rivestono un ruolo molto importante per la tua strategia, quindi ti forniamo 5 consigli preziosi al momento della scelta. 1- Meglio un articolo o un post? Ecco la differenza Hai due opzioni per postare i tuoi contenuti: un articolo o un post. Se non hai un sito o un blog gli articoli su Linkedin sono un’ottima soluzione per migliorare il tuo personal branding o per rafforzare il tuo status di esperto. Hai a disposizione ben 40.000 caratteri e puoi aggiungere titoli, sottotitoli, link, video e immagini. Gli articoli però non hanno lo stesso livello di engagement dei post, che a loro volta sono meno personalizzabili poiché consentono solo di utilizzare il maiuscolo e gli spazi. Nei post puoi comunque inserire immagini, video, ricerca di personale, un sondaggio o celebrazioni di un evento. Per i post hai a disposizione fino a 3.000 caratteri, quindi devi attingere a piene mani dalla tua capacità di sintesi. Se sei un'azienda in questo senso possono esserti utili strumenti per programmare la pubblicazione dei post, come Hubspot CRM. Questo strumento oltre alla pubblicazione programmata dei post, compresa la ricondivisione dei post dei blog del tuo sito Hubspot, ti consente di avere sottomano la scheda di un determinato lead con tutte le conversazioni avvenute, pagine web che ha visitato precedenti chiamate effettuate ed eventuali note prese e molte altre funzionalità. 2- Hashtag e video: come sfruttarli? Alla fine di un post è sempre una buona mossa inserire degli hashtag, ma devi farlo secondo una strategia ben precisa per rafforzare il tuo brand. É consigliabile usare fino a 5 hashtag, equamente suddivisi tra il tuo brand e quelli che identificano l’oggetto del post. In alternativa al post puoi aggiungere un video, che in questo periodo performano davvero bene. Ricordati di usare video nativi, cioè caricati sulla piattaforma stessa e non esterni. I video devono avere una lunghezza massima di 10 minuti e preferibilmente essere dotati di sottotitoli, permettendone la fruizione anche a chi è in ufficio e quindi non può attivare l’audio. 3- Quando pubblicare su Linkedin? Eccoci ad un’altra domanda importante: quando pubblicare su Linkedin? Teoricamente ogni momento è buono, ma devi conoscere bene le tue buyer personas per capire quali sono le loro abitudini. Potresti pensare che la pausa pranzo o il tragitto casa-lavoro siano i momenti migliori per pubblicare i tuoi contenuti, ma non è sempre così. Linkedin è un social professionale, quindi i tuoi lead potrebbero tranquillamente usarlo anche durante gli orari lavorativi, cioè dalle 8:00 alle 13:00 e dalle 14:30 alle 17:00. Ad ogni modo gli orari migliori di pubblicazione per le attività B2C sono dalle 11:00 alle 14:00, mentre per le attività B2B gli orari migliori sono quelli al di fuori dell’intervallo che va dalle 9:00 alle 17:00. Da evitare invece il sabato e la domenica, poiché Linkedin è poco frequentato da aziende e professionisti nel weekend. 4- Quanto pubblicare su Linkedin? Anche la quantità delle pubblicazioni è importante e in tal caso basta seguire due semplici regole: Non pubblicare troppo; Non pubblicare troppo poco. Pubblica solo quando hai davvero qualcosa di interessante da comunicare al tuo pubblico, altrimenti rischi di essere ridondante. Allo stesso modo cerca di non “sparire” dal social, altrimenti rischi di perdere la visibilità acquisita. Un calendario editoriale ti aiuterà sicuramente ad essere sempre sul pezzo. 5- Chi può vedere i post? Puoi modificare la privacy dei tuoi post, scegliendo così chi può leggerlo. Nella parte alta del post puoi selezionare le seguenti opzioni: anyone, tutti possono accedere al tuo contenuto; condividi direttamente con il profilo Twitter; visibile solo alle persone direttamente in contatto; condivisione all’interno di un gruppo di cui fai parte. Conclusioni La lead generation su Linkedin si basa sui concetti e sui principi-cardine dell’inbound marketing, quindi devi portare avanti le tue strategie con pazienza e abnegazione. Nel corso dell’articolo abbiamo fatto riferimento a HubSpot, che ha un’integrazione specifica con Linkedin per gestire al meglio gli annunci e sfruttare al massimo le potenzialità di entrambe le piattaforme. Per approfondire maggiormente il discorso sulla lead generation scarica l’ebook gratuito sottostante, una guida completa per i neofiti della materia per trasformare i tuoi visitatori in lead per il tuo business. Image by asier_relampagoestudio on Freepik
L’email può ancora essere considerata uno strumento di marketing efficace in grado di convertire in lead i clienti? Una domanda precisa alla quale diamo una risposta altrettanto secca: sì. Si potrebbe pensare che, alla luce dell'esplosione di nuovi servizi e canali digitali, come chatbot, social e quant’altro, sia arrivato il momento di recitare il “de profundis” delle email, ma sarebbe un grave errore. C’è una strategia che valorizza al massimo e che automatizza i messaggi della posta elettronica: l’email marketing automation. Potresti pensare che in un mercato sempre più “customer-centric”, cioè che mette il cliente al centro di tutto, sia un errore affidarsi ad un processo automatizzato e apparentemente “freddo”. In realtà bisogna fare due considerazioni. Innanzitutto l’automazione dei processi è un passaggio praticamente obbligato per le aziende moderne che vogliono restare al passo coi tempi. Secondariamente l’email marketing automation non è affatto un processo “freddo”, anzi aiuta a rafforzare ulteriormente i rapporti con lead e clienti, purché si abbia alla base un software come un CRM. L’email marketing automation nel B2B e nel B2C offre tantissimi vantaggi e opportunità, scopriamo come sfruttarli al massimo. Cos'è l'email marketing automation? Fino a qualche anno fa le email venivano inviate secondo la logica “one-shot”: ogni campagna veniva creata e poi inviata manualmente a tutti i contatti presenti nel database. Una strategia obsoleta che richiedeva tanto tempo e che non consentiva di intercettare le reali esigenze del pubblico. Tutto è cambiato con l’email marketing automation, un insieme di attività con le quali programmare, gestire e inviare le campagne email tramite automatismi ben oliati. In pratica ogni email non viene spedita a caso, ma è mirata per conseguire precisi obiettivi a seconda del cliente tramite le regole preimpostate di un software che suggerisce azioni specifiche quando si verificano determinate condizioni. Cosa fa nello specifico l’email marketing automation? Raccoglie e si nutre di tutti i dati relativi ad ogni singolo cliente e, di volta in volta, invia contenuti personalizzati secondo i comportamenti, le abitudini d’acquisto degli utenti e tanti altri dati significativi come dati anagrafici o rapporto con il brand. Come puoi ben vedere le campagne di email marketing automation non sono affatto fredde e anonime, anzi sono fortemente personalizzate secondo i dati e le abitudini del lead o del cliente. Come applicare l’email marketing automation? L’email marketing automation sposa perfettamente i principi dell’inbound marketing, dove sono i clienti ad interessarsi e avvicinarsi alle aziende in modo naturale e non viceversa. L’inbound marketing si basa proprio su questo concetto: farsi trovare dal cliente nel momento del bisogno. Le email invasive e inviate a chiunque senza un progetto definito non portano ad alcun risultato, anzi, nella maggior parte dei casi finiscono nello spam con un cattivo ritorno d’immagine per il brand che viene percepito come noioso, invasivo e fastidioso. Con l’email marketing automation puoi invece mettere in atto un’attenta e intelligente strategia di lead nurturing nutrendo il cliente di dati e informazioni, inviando messaggi personalizzati ad un pubblico specifico, targetizzandolo nel momento in cui ne hai maggior bisogno. Esempi di applicazione dell’email marketing automation Per avere un’idea più ampia eccoti alcuni esempi per sfruttare i benefici dell’email marketing automation, che puoi tranquillamente applicare anche per la tua attività: Invia un’email di benvenuto ai nuovi iscritti. A tutte le persone fa piacere sentirsi parte di un gruppo o di una community con la quale condividere gli stessi valori e le stesse passioni. Non c’è niente di meglio quindi di una calorosa email di benvenuto per accogliere nel migliore dei modi i nuovi iscritti, facendoli sentire importanti e parte integrante del tuo brand. Affinché il benvenuto non sia eccessivamente formale puoi anche dare consigli su come sfruttare al meglio gli articoli e i servizi che proponi, o anche regalare un piccolo omaggio come un bonus sconto sul primo acquisto; Manda contenuti secondo una sequenza temporale precisa. I contatti a volte hanno bisogno di essere guidati per eseguire le operazioni necessarie per portare a termine un’iscrizione o un acquisto o per partecipare ad un concorso o ad una campagna di marketing. Inviando delle email a cadenza temporale puoi dare il giusto supporto al cliente, senza essere invadente; Contatta gli utenti che hanno abbandonato il carrello. L’abbandono del carrello è uno dei fenomeni più diffusi e più temuti dai marketer. Tuttavia puoi recuperare tutti quei carrelli abbandonati e trasformarli, almeno una parte, in acquisti. Come fare? Devi inviare un’email chiedendo con garbo e discrezione quali sono i motivi che hanno spinto gli utenti ad abbandonare il carrello. Magari non hanno trovato il colore o le misure delle scarpe desiderate, non sono convinti delle politiche di reso o non sono presenti le modalità di pagamento preferite. Una volta capito qual è la criticità che ha bloccato la vendita, puoi proporre soluzioni alternative per aggirare il problema e favorire la conclusione dell’acquisto; Invia un’email personalizzata di auguri nel giorno del compleanno. A tutti piace ricevere gli auguri nel giorno del suo compleanno, perché allora non inviare una bella email di auguri ai tuoi clienti? Per rendere il tuo augurio davvero speciale e dare un valore aggiunto alla tua email sarebbe un’ottima idea aggiungere un buono sconto o qualche simpatico premio. In questo modo ti differenzi dai competitor e regali al tuo cliente un’esperienza davvero unica e speciale. 4 vantaggi dall’email automation L’email marketing automation ha consentito a tantissime aziende di migliorare le loro prestazioni, aumentando le vendite e ampliando di conseguenza il loro pubblico. Di seguito ecco alcuni dei vantaggi più immediatamente tangibili derivanti dall’utilizzo di questa strategia: Aumento della produttività e riduzione dei costi di marketing. Prima dell’automazione i processi dovevano essere svolti manualmente dal personale, costretto a svolgere azioni noiose e ripetitive. Tutto questo determinava un calo evidente della produttività, poiché le risorse interne erano impegnate su processi che non riguardavano strettamente il core business aziendale, senza dimenticare i costi aggiuntivi necessari per ottimizzare le azioni di marketing. Con l’automazione questi problemi vengono cancellati con un colpo di spugna e i vari dipendenti possono concentrarsi sulle operazioni sulle quali sono maggiormente specializzati; Aumento dei lead e delle relative conversioni. L’email marketing automation coccola i clienti ma soprattutto i lead, cioè persone potenzialmente interessate ai tuoi servizi e ai tuoi prodotti. Se “nutri” il lead con informazioni preziose e dettagliate, spiegando cosa fai, cosa proponi e in che modo le tue soluzioni possono rappresentare un valore per lui, le probabilità di convertirlo in cliente salgono vertiginosamente; Con l’email automation puoi intercettare più facilmente prospect grazie ai contenuti automatici. Questo vantaggio va letto sempre nell’ottica dell’inbound marketing, che ti consente di individuare i prospect interessati alla tua azienda e quindi di rivolgerti e concentrare su di loro le tue attenzioni; Maggiore efficienza e risparmio prezioso di tempo. Ridurre i costi, raggiungere il massimo risultato col minimo sforzo e ottimizzare tempi e risorse sono “mantra” che si ripetono nella mente di marketer e gestori di e-commerce. Tutti obiettivi che possono essere conseguiti con una solida e attenta strategia di email marketing automation. Per beneficiare di tutti questi vantaggi puoi abbinare il marketing automation con HubSpot CRM, che ti consente di personalizzare le tue campagne e rivolgerti ad un pubblico specifico e targettizzato. L’importanza dei workflow (...con Hubspot) Per capire come sfruttare al meglio l’email marketing automation è opportuno comprendere il concetto di workflow, che significa flusso di lavoro e viene usato per identificare il modello digitale di un processo tramite la sua applicazione e la suddivisione in differenti attività. I task, se non richiedono un intervento decisionale, possono anche essere automatizzati per snellire i processi. Con i workflow, che possono essere costruiti in Hubspot tenendo conto dei dati presenti di tutta la parte CRM, puoi creare in pochi minuti una campagna automatica profilata, tenendo presente gli interessi, le preferenze e i dati dei destinatari, che si attiva nel momento in cui vengono soddisfatti determinati criteri di partenza. Per comprendere il tutto schematizziamo in questo modo un workflow: Scegli un evento che dà il via al lancio della campagna; Costruisci un flusso di email automatiche e consequenziali; Seleziona delle restrizioni e filtri per gruppi, oppure per data e ora. In questo modo sei sicuro di raggiungere le persone che vuoi e all’orario che desideri; Controlla i risultati della tua campagna in tempo reale o crea un report. Workflow preconfigurati I workflow preconfigurati sono modelli di campagne automatiche già preimpostati, che puoi però personalizzare secondo le tue preferenze. Hubspot offre una grande varietà di workflow adatti a numerose esigenze, sia dal lato marketing, sia lato sales che variano dal rapporto con il cliente al lato operativo. I modelli più diffusi sono: Workflow di benvenuto; Workflow di ringraziamento; Workflow per recuperare carrelli abbandonati; Workflow per creare il flusso di onboarding. Workflow personalizzati I workflow personalizzati danno invece l’opportunità di partire da una condizione di partenza, chiamata trigger. In Hubspot sono numerose gli eventi trigger che si possono inserire per iniziare la campagna di email automatizzata. In particolare menzioniamo: Evento, che si basa su un campo anagrafico comprensivo di una data; Data di iscrizione, basato appunto sulla data di iscrizione del destinatario finale; Condizione campo, che si basa sul verificarsi di una condizione specifica di un campo anagrafico del destinatario; Condizione gruppo, che si basa sul fatto che il destinatario esca oppure entri in un gruppo specifico; Attività destinatario, che si basa sulle differenti azioni e interazioni che il destinatario ha con il programma. Conclusioni L’email marketing automation è una grandissima risorsa per la tua attività, ma devi comunque preparare una strategia completa e dettagliata secondo il tuo target per convertire i tuoi lead senza sforzi eccessivi. In questa sfida può essere un valido alleato HubSpot e per comprendere meglio come sfruttarlo e come funziona ti consiglio di leggere l’ebook gratuito scaricabile a fondo pagina.
Le startup, le nuove aziende e gli e-commerce neonati devono coniugare due esigenze non sempre compatibili tra di loro: la necessità di crescere rapidamente e utilizzare un budget limitato. Come conseguire questo obiettivo? Facendo esperimenti continui per migliorare il prodotto o il servizio e renderlo sempre più fruibile e appetibile per la clientela. Questo processo si chiama growth hacking marketing, o più semplicemente hacking marketing, ed è già molto diffuso negli Stati Uniti e da un po’ di tempo è sbarcato anche in Europa e in Italia. Che cos’è l’hacking marketing? Come facilitare la crescita rapida di un business e metterlo subito in relazione con il marketing digitale? In questo articolo forniamo una risposta a tutte le domande che ti stai ponendo sull’hacking marketing. Come nasce l’hacking marketing? Prima di entrare nel cuore del discorso facciamo un passo indietro per capire come e quando nasce l’hacking marketing. Questo termine è stato coniato per la prima volta nel 2010 da Sean Ellis, un consulente di marketing americano diventato famoso nel suo settore per la capacità di lanciare startup e di farle crescere vertiginosamente in poco tempo, permettendo ad alcune di loro addirittura di quotarsi in Borsa. Una volta che la startup aveva preso il volo, Ellis definiva le linee guida che l’azienda avrebbe dovuto seguire dopo la conclusione della collaborazione. E proprio qui subentravano i problemi poiché la startup, senza l’ausilio di Ellis, non era in grado di autogestirsi e di fornire le stesse prestazioni. Lo stesso Ellis faceva fatica a reperire sul mercato persone che potessero continuare il suo lavoro. Durante la selezione dei curricula notò che, tra i vari professionisti di marketing, spiccavano diverse figure specializzate nella vendita o nella gestione dei clienti, ma mancava una figura specializzata e focalizzata sulla crescita dell’azienda. Da qui nacque l’idea di modificare gli annunci di lavoro inserendo il termine “growth hackers”, per l’appunto persone che si occupassero esclusivamente della crescita di un’azienda. Che cos’è il Growth Hacking marketing? Il growth hacking marketing, in sinergia con un buon CRM che consente di allineare tutte le procedure di marketing, commerciali e di assistenza clienti, può essere definito un processo che si pone come unico obiettivo la crescita aziendale. La crescita diventa fondamentale, o meglio vitale, per startup e aziende appena nate poiché hanno bisogno di produrre subito risultati per sopravvivere in un mercato sempre più competitivo e spietato. Tale processo viene affidato ai growth hackers, che hanno il compito di ottimizzare il prodotto e renderlo subito competitivo sul mercato adottando modalità e strategie creative e fantasiose. Generalmente si tratta di prodotti nuovi, non ancora consolidati nel loro settore commerciale e che devono fare presa sul mercato in breve tempo, quindi bisogna eliminare quanto prima le possibili criticità e i difetti per migliorare la customer experience. Il growth hacker deve anche individuare i canali e gli strumenti di marketing più adeguati per conseguire l’obiettivo di crescita aziendale e di rapida diffusione del prodotto sul suo mercato di riferimento. Possiamo individuare tre tipologie di canali dove testare, sperimentare e lanciare i prodotti o i servizi: Earned Media: pubbliche relazioni, SEO o il tradizionale passaparola; Paid: sponsorizzazioni o pubblicità online e offline; Owned Media: email, pagine social, app e pagine aziendali. Digital marketing e Growth Hacking: quali sono le differenze? Che relazione ha il growth hacking con il marketing digitale? Sono la stessa cosa? In effetti sono due termini che hanno molto in comune, come la sperimentazione, la creatività e le analisi per conseguire gli obiettivi prefissati e finalizzati alla crescita aziendale. Lo fanno però seguendo strade e modalità diverse, anche se orientate sempre all’inbound marketing, cioè una strategia costruita intorno ai clienti per creare contenuti di valore ed esperienze su misura per loro. Per comprendere le differenze dobbiamo capire cosa fanno i growth hackers, che puntano sulla crescita di tutto il business e non di un solo reparto marketing. Inoltre creano strategie innovative e alternative per acquisire e fidelizzare i clienti con un budget ristretto. Al di là del tradizionale marketing quindi il growth hacking marketing comprende anche: Analisi dei dati e sperimentazioni; Marketing creativo; Automazione. Il marketing digitale prevede l’utilizzo di determinate piattaforme online, dai social fino ai siti, per acquisire nuovi lead e rafforzare la relazione tra brand e aziende, operazione che può essere portata magistralmente a termine con il CRM di HubSpot. In sostanza va ad inserirsi nella prima fase del funnel di vendita e si basa sulle seguenti strategie: Content marketing; Ottimizzazione delle strategie SEO; Costruzione di relazioni sui social; Miglioramento della brand awareness; Ricerca a pagamento; Email marketing. Possiamo così riassumere le differenze principali tra growth hacking marketing e digital marketing che, benché accomunati sotto alcuni punti di vista come l’utilizzo di strategie creative per rafforzare l’identità del marchio e l’appetibilità dei prodotti e dei servizi, differiscono per molti aspetti: L’Hacking marketing si riferisce a tutte le fasi del funnel di vendita per favorire la crescita del business; il digital marketing si riferisce principalmente alla commercializzazione dei servizi e dei prodotti tramite piattaforme online; L’Hacking marketing punta alla crescita generalizzata di tutti i reparti dell’azienda; il digital marketing si concentra sull’affermazione del brand, sull’acquisizione di nuovi clienti e sulla loro fidelizzazione; I Growth Hackers hanno competenze e conoscenze tecnologiche che i marketer digitali potrebbero non avere; L’Hacking marketing valuta i risultati e i dati ottenuti tramite test continui; i marketer digitali formulano ipotesi e strategie per ottimizzare i processi di marketing. Una strategia perfetta di Growth Hacking marketing: i 5 step fondamentali Come mettere in atto una strategia vincente di growth hacking marketing? In realtà la risposta non è univoca, poiché le dinamiche potrebbero variare sensibilmente a seconda del mercato di riferimento. Ci sono tuttavia 5 step fondamentali che ogni azienda e startup, indipendentemente dal settore in cui opera, deve seguire. Li elenchiamo di seguito: Identificare le metriche chiave per il proprio business. Proprio perché ogni azienda deve personalizzare la sua strategia di growth hacking marketing, è importante concentrarsi su quelle metriche che hanno un valore effettivo per la propria attività; Giusta scelta dei canali di marketing da testare. Il growth hacking marketing parte dal presupposto che il budget a disposizione è limitato, quindi non è possibile testare tutti i canali di marketing. A monte quindi bisogna fare un processo di selezione, scegliendo quei pochi canali da testare tenendo conto del proprio mercato, del pubblico di riferimento e della tipologia di prodotto e di servizio; Test A/B ed esperimenti. Una volta selezionati i canali che ritieni più produttivi per la tua azienda, devi effettuare esperimenti e test A/B per sondare quale risulta effettivamente più efficace. In questa fase diventano fondamentali i commenti degli utenti, soprattutto quelli negativi, poiché ti consentono di individuare le eventuali criticità; Analisi dei dati. Tutti i dati raccolti durante i test devono essere analizzati per individuare le priorità e ottimizzare il processo di crescita. Per farlo c'è il bisogno di una struttura di data integration che consenta di immagazzinare dati provenienti da più fonti tutti in un'unica piattaforma; Scalabilità. Dopo che hai individuato i processi che contribuiscono concretamente alla crescita della tua azienda, devi essere in grado di replicarli su scala sempre più grande. Growth hackers: chi sono e cosa fanno Li abbiamo nominati per tutto l’articolo, ma chi sono i growth hackers? Possiamo identificarli come figure che nascono a supporto delle aziende, delle startup, delle PMI innovative e dei professionisti per una rapida crescita. Il loro obiettivo è valorizzare al massimo le risorse a disposizione e ottimizzare le potenzialità del marketing e del digital, così da aumentare il numero di lead e clienti e di conseguenza delle vendite. Il growth hacker ragiona al di fuori degli schemi consolidati per raggiungere tramite vie alternative il suo obiettivo e proprio da qui nasce il concetto di hacking, che nel corso del tempo ha assunto diverse sfumature ma che principalmente sottolinea una situazione in cui è necessario affidarsi all’immaginazione e alla creatività. Sono diverse le hard e le soft skills richieste a questa figura, come le competenze multi-tasking in diversi campi che devono essere sapientemente combinate e mixate per favorire il processo di crescita in collaborazione con gli altri professionisti delle aree aziendali. Il growth marketer ha principalmente competenze tecniche e ingegneristiche, ma deve avere confidenza anche con argomenti specifici come l’analisi dei dati, la comunicazione, il content management e le vendite. Pur utilizzando i tradizionali strumenti di marketing, ha sempre un occhio vigile sui metodi innovativi per proiettare verso l’alto un business. Conclusioni É interessante sottolineare che il growth hacking marketing, pur essendo nato principalmente per startup, PMI e aziende giovani, è sempre più apprezzato anche dalle multinazionali e dalle grandi aziende già consolidate. L’hacking marketing rappresenta la nuova frontiera del business moderno, quindi non puoi certo ignorarlo a maggior ragione se hai lanciato da poco la tua attività. Nel corso dell’articolo ti abbiamo invitato ad implementare un CRM per gestire la tua intera attività. Non sai cos’è? Allora faresti bene a scaricare la risorsa gratuita disponibile alla fine dell’articolo e di leggerla subito per capire come un buon CRM può aiutare il tuo reparto marketing e commerciale a gestire alla perfezione le relazioni con i clienti a beneficio della crescita della tua attività. Image by liuzishan on Freepik
Oggi l’ecologia è un valore importante, anzi fondamentale, e i consumatori nella scelta dei prodotti considerano anche l’attenzione all’ambiente. Come fare a riconoscere le realtà davvero green da quelle che sono solo coperte da una pennellata di verde? Un fenomeno sempre più frequente negli ultimi anni è il Greenwashing, un termine che indica le aziende, le istituzioni e le organizzazioni che usano strategie promozionali e di inbound marketing, finalizzate a costruire un'immagine ingannevolmente positiva sotto l’aspetto dell’impatto ambientale. In questo modo, il consumatore ecosostenibile viene attratto da un aspetto non reale e potrebbe essere invogliato ad acquistare prodotti o servizi fidandosi di un racconto “farlocco” di sostenibilità ambientale nei processi produttivi o nei prodotti. Nei casi più gravi quest’atteggiamento delle aziende ha la finalità di nascondere all’opinione pubblica gli effetti negativi per l’ambiente imputati alla propria attività. “Se fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio”, in questo articolo cercheremo di capire come riconoscere le false aziende verdi che adottano politiche di greenwashing. Esempi di Greenwashing tra le aziende che hanno fatto scalpore Come emerge da un articolo del Corriere della Sera che analizza il fenomeno del Greenwashing in Italia, il 42% dei nostri connazionali non si fida delle azioni green delle aziende. La ricerca evidenziata è di The Fool, e afferma che il greenwashing è il primo disincentivo all’acquisto dei prodotti di un marchio per quasi un italiano su due. Molti pensano che la sostenibilità sia diventata una moda e per rispondere alle esigenze dei consumatori cadono nel greenwashing. Ad apparire sostenibili senza esserlo sono stati anche brand importanti che purtroppo hanno visto scendere la loro green reputation a causa di una pubblicità ingannevole. Ecco qualche esempio celebre: Marketing ingannevole della Coca Cola: il noto marchio della bevanda più famosa al mondo nel 2021 è stato citato in giudizio dall’Earth Island Institute, accusato di pubblicizzarsi come sostenibile, mentre è una delle aziende più inquinanti al mondo, la principale produttrice di rifiuti plastici generando 2,9 milioni di tonnellate all’anno. Sotto accusa soprattutto le iniziative “Every Bottle Back” e “World Without Waste” Falsi Claim Green di Eni: nel 2021 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha emesso un provvedimento contro il colosso energetico italiano per greenwashing. In particolare sono stati accusati di usare claim ingannevoli relativi a “ENIdiesel+”, presentato come diesel bio, green e rinnovabile, con addirittura la possibilità di abbattere le emissioni di CO2 fino al 40%; Scarsa chiarezza sulla sostenibilità di H&M: nel 2019, il marchio svedese è stato accusato dalla Norwegian Consumer Authority di pubblicità ingannevole. Ad essere esaminata è stata la collezione Conscious, identificata e pubblicizzata dall’azienda come Green. In realtà H&M non darebbe informazioni precise sull’effettiva sostenibilità di questi prodotti; Illusoria pubblicita di San Benedetto: nel 2010 l’azienda italiana è stata multata per avere presentato nelle promozioni la sua bottiglia di plastica come amica dell’ambiente. Le indagini hanno rilevato che i pregi ambientali riportati erano di gran lunga superiori alla realtà; Uso di legname abbattuto in modo illegale per Ikea: nel 2020, l’azienda che si fa baluardo della sostenibilità, è stata incolpata da Earthsight di aver utilizzato legno abbattuto in maniera non legale. Il legname, proveniente dall'ucraina, era stato abbattuto senza rispettare le norme sulla provenienza, in particolare abbattendo alberi senza le necessarie valutazioni di impatto ambientale e disboscando oltre i confini autorizzati. Alcune aziende investono più capitali in comunicazione per mostrarsi il più green possibile che nelle pratiche stesse. L’ecosostenibilità diventa solo di facciata e si riduce in un modo semplice per guadagnare di più. Le aziende conoscono davvero i rischi del falso green? Un’azienda, attraverso strategie di Greenwashing può ottenere consensi, ma il gioco vale la candela? Nel momento in cui vengono svelate le vere intenzioni e l’ingannevolezza della promozione, l’immagine verrà offuscata. Le pratiche di greenwashing possono, infatti, arrecare gravi danni alla reputazione del marchio e alla sua competitività nel mercato. Crederesti ad un’azienda che ti ha detto di essere sostenibile, invece non lo è affatto? L’affidabilità e la fiducia crollano sia nei confronti del consumatore che degli investitori a causa della poca trasparenza e di comportamenti non responsabili. Per questo, le aziende stanno imparando a stare attente alla propria attività di marketing e se vogliono presentarsi come sostenibili stanno cercando di esserlo per davvero. Greenwashing come riconoscerlo: quando un prodotto non è davvero green Capire se ci si trova di fronte a pratiche di greenwashing non è sempre semplice a causa della poca trasparenza delle aziende. Ma ci sono dei particolari ai quali si può fare attenzione per smascherare i falsi green. Ecco alcune cose che devi considerare prima di scegliere un’azienda per le sue politiche ecosostenibili: Assenza di prove: un’azienda si vanta di essere sostenibile, ma mancano esempi pratici, certificazioni o dati accessibili; Informazioni imprecise: i dettagli sul prodotto in questione sono vaghe o parziali; Non lasciarti fuorviare dallo spot: utilizzare il colore verde o frasi ad effetto nascondono spesso trappole; Usare la rete e App: ci sono sia siti che app che permettono di conoscere all’istante la reale impronta ecologica dell’azienda. Greenwashing o green marketing? Quando si dichiara di essere sostenibili bisogna fare attenzione a non fare false promesse. Nel campo dell’ecommerce oggi si presta molta attenzione alle questioni ambientali e a seguire azioni virtuose per ridurre l’inquinamento ed i materiali non riciclabili. L’ecommerce sostenibile offre notevoli vantaggi: Risparmio energetico; Attrarre più utenti e fidelizzarli; Aumento della rispettabilità del brand; Accedere ad agevolazioni fiscali. Una strategia all’insegna della sostenibilità, quindi, non ha benefici solo sull’ambiente che ci circonda, ma comporta importanti vantaggi per il business stesso in termini di immagine e notorietà del brand, vantaggio competitivo e riduzione dei costi nel lungo periodo. Questi aspetti positivi sono tali se la sostenibilità è effettiva e non fittizia. Se si pratica il greenwashing tutte le azioni avranno l'effetto contrario. Le false aziende verdi, infatti, hanno durata breve e sono penalizzate dai clienti che le abbandonano facendo anche una cattiva pubblicità. Come difendersi dall’ambientalismo di facciata Ma allora quali sono le azioni pratiche per difendersi? Proteggersi dal greenwashing diventa sempre più complesso, anche per un vuoto normativo che la disciplina. Ma la crescente attenzione per il mondo green a causa delle catastrofi ambientali ha portato le istituzioni ad occuparsene, considerando il greenwashing al pari della pubblicità ingannevole. Oltre alle azioni europee, che vedremo in seguito, in Italia il fenomeno è salvaguardato dall’Autorità Garante della Concorrenza e Del Mercato (AGCOM). Questo ente ha iniziato una battaglia contro le aziende che usano strategie di Greenwashing inserendo, anche nomi di brand noti, in una lista nera. Altra novità importante è l’inserimento nel Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale dell’articolo 12, che prevede la verifica di ogni claim a tema green e ne regolamenta la veridicità. La prima sentenza di Greenwashing in Italia è del novembre 2021 da parte del tribunale di Gorizia che ha accolto il ricorso presentato dalla società Alcantara nei confronti dell’azienda Miko. Questa azienda si pubblicizzava come “amica dell’ambiente”, “scelta naturale” e “microfibra ecologica”. Tutti claim riconosciuti come pubblicità ingannevole. Anche il Web rappresenta una valida difesa all'ambientalismo di facciata. La rete permette di raccogliere informazioni e di entrare in siti che denunciano il greenwashing, come il Fatto Alimentare e Green Wikia. Le azioni dell’’Europa contro il Greenwashing La tutela dal Greenwashing, in Europa, è assicurata dalla Tassonomia Ue. Si tratta di un catalogo che classifica e definisce quali sono le attività economiche che possono essere qualificate come sostenibili. Bisogna sottolineare che di recente, l’Ue è stata fortemente criticata per la volontà di inserire nello strumento della Tassonomia il gas naturale e l’energia nucleare come investimenti sostenibili. Questa pratica, inserita nell’ambizioso progetto del Green Deal europeo, ci allontana dalla transizione ecologica e disincentiva gli investimenti verso fonti energetiche alternative e poco impattanti. Nonostante questo la battaglia contro il Greenwashing sembra dare i suoi frutti. Ogni Stato europeo ha emanato normative specifiche per affrontare il problema e si moltiplicano le sentenze. Ecco due tra gli esempi più interessanti: In Spagna nel 2009 è stato emanato il Còdigo de Autorregulaciòn sobre argumentos ambientales en comunicaciones comerciales, che inserisce i principi di veridicità e oggettività nelle promozioni commerciali. In Francia il governo ha recentemente introdotto una sanzione, in forza della quale le imprese accusate di greenwashing e ritenute responsabili di pubblicità ingannevole saranno multate con una sanzione pecuniaria di importo fino all’80% del costo totale della campagna pubblicitaria ingannevole, con l’obbligo di correzione. Conclusioni Ora che sai tutto sul Greenwashing poi capire l'importanza della sostenibilità ambientale per un’azienda. L'impatto ambientale è un valore da non sottovalutare, anzi si tratta di un aspetto che può sancire il successo di un’azienda… soprattutto se è reale. E’ fondamentale essere onesti con i propri clienti e mettere in atto anche poche azioni sostenibili senza rischiare di cadere nel greenwashing. Il nostro consiglio è quindi di evitare investimenti in un marketing furbo perché in un mondo ipercompetitivo, passare dalle stelle alle stalle è questione di un attimo. Investire in software, come possono essere i CRM, e pratiche di inbound marketing serie e non di facciata, rispettando gli ideali dei tuoi clienti, può veramente essere un vantaggio competitivo per la tua impresa. E' molto difficile così cadere in basso perché la relazione con un cliente deve essere come quella tra due persone: vera e deve basarsi sulla fiducia da parte di tutti e due i soggetti. Solo così i clienti saranno fidelizzati e non avrai conseguenze economiche nella tua impresa (l'implementazione di un crm infatti serve a questo). Se vuoi iniziare una campagna di marketing senza commettere errori, scarica il nostro ebook gratuito che ti indicherà come organizzare la tua strategia, scegliere e impostare gli strumenti migliori e monitorare i risultati. Image by rawpixel.com on Freepik
Per un’azienda la prima cosa da fare in chiave marketing è fidelizzare i clienti già acquisiti, poiché rappresentano lo zoccolo duro della tua azienda. Questo però non significa che tu non debba cercare e trovare nuovi clienti, un’operazione che per quanto dispendiosa non va comunque ignorata. Se è vero che acquisire nuovi clienti richiede risorse e sforzi maggiori, è anche vero che esistono tecniche semplici, efficaci e soprattutto economiche che consentono di ampliare il tuo pubblico. Ne sono un esempio perfetto le cold mail, che letteralmente significano “email fredde”. Concettualmente possono essere paragonate alle cold call, cioè le telefonate “a freddo” effettuate verso un pubblico generico, ma risultano molto meno invasive e più efficaci. Benché all’apparenza le cold mail nel marketing appaiano lontane dal concetto di inbound sales, una metodologia per creare un processo di vendita sincronizzato con il modo in cui i clienti comprano il tuo servizio o il tuo prodotto, in realtà sono strumenti che consentono di avvicinarsi alla potenziale clientela in modo discreto e senza essere troppo invasivi come nelle chiamate telefoniche. Cosa sono le cold mail: tre caratteristiche per riconoscerle Le cold mail hanno l’obiettivo di stabilire un primo contatto con una persona e guadagnare un lead, benché precedentemente non ci sia stato alcun contatto. Una cold mail vincente deve presentare almeno tre caratteristiche: Creare subito un collegamento con il destinatario. Non servono tanti giri di parole che rischiano di annoiare l’utente, che già si vede recapitare decine di messaggi promozionali nella sua casella di posta. Vai dritto al punto e comunica il tuo messaggio in modo diretto e senza fronzoli; Evidenziare il valore aggiunto. Devi subito far emergere il valore aggiunto della tua azienda, in poche parole devi spiegare all’utente perché dovrebbe sceglierti e cosa offri di diverso rispetto agli altri competitor. Puoi ad esempio offrire la possibilità di testare il prodotto tramite una demo, un acquisto in promozione o la promessa di assistenza futura; Presentare subito la filosofia e la mission dell’azienda. Le cold mail sono inviate a persone che non ti conoscono e quindi, esattamente come quando ti presenti ad uno sconosciuto, devi spiegare chi sei, cosa fai e che cosa proponi. Usa esempi che attestano la tua credibilità, magari indicando le aziende che hanno già collaborato con te oppure i risultati che hai ottenuto. Come impostare una cold mail Ecco una serie di tratti distintivi delle cold mail che devi tenere a mente: Il pubblico destinatario è selezionato. A differenze delle cold call, le cold mail non vengono inviate indistintamente ad un pubblico generico ma a persone opportunamente selezionate. Se ad esempio operi in ambito B2B, le cold mail possono essere indirizzate a quelle aziende che operano nel tuo stesso settore. All’occorrenza puoi inviare una sola mail alla volta oppure ad un gruppo ristretto di potenziali clienti; L’oggetto deve indicare sin da subito il contenuto dell’email. Come già spiegato le persone si vedono recapitare ogni giorno decine di email, che inevitabilmente finiscono nello spam. Per evitare questo rischio rendi ben noto nell’oggetto di cosa parla la tua email, scrivendo quelle parole chiave in grado di accendere la lampadina della curiosità nella mente dei destinatari. Ad esempio, se intendi promuovere un webinar, rendilo subito noto nell’oggetto; Scrivi un testo chiaro e coerente. Se parli di webinar nell’oggetto, non puoi certo proporre una vendita o uno sconto all’interno del testo. L’utente non troverebbe ciò che gli hai promesso e si sentirebbe addirittura preso in giro. Sii coerente con quanto prometti nell’oggetto, usando parole comprensibili e testi brevi e diretti, concludendo con una call to action altrettanto trasparente e accattivante; Firma dell’email completa. Per dare ulteriore autorevolezza alla tua email dovresti inserire il nome, il cognome e il ruolo che il mittente svolge all’interno dell’azienda con tanto di firma, allegando preferibilmente anche i contatti e l’indirizzo fisico. L’utente avrà così la possibilità di verificare l’esistenza della tua azienda e consultare il sito di riferimento per reperire informazioni utili; Follow up. Devi seguire l’utente e questo non vuol dire mandare una pioggia di email simili, ma inviarne un’altra dopo un periodo di tempo ragionevole per testare le volontà del potenziale lead o come semplice reminder. Come sfruttare le cold mail per acquisire contatti Come impostare una cold mail per acquisire contatti? Per implementare questo progetto può risultare un valido alleato HubSpot CRM, che ti selezionare al meglio i clienti in base ai loro interessi e organizzare ordinatamente tutte le attività collegate al settore marketing e vendite. Devi partire dal presupposto che la cold mail non nasce per vendere, quanto piuttosto per fare la conoscenza di nuove persone e sondare il terreno per capire se possono diventare futuri clienti o meno. In un certo senso possiamo considerare la cold mail come un caffè preso con una persona interessata ai tuoi servizi. La chiacchierata può portare o meno ad un nuovo contatto commerciale, ma principalmente è un modo per conoscere e farsi conoscere. Considera infatti che le cold mail sono rivolte a persone che non conoscono la tua azienda e quindi, anche se in quel momento non sei riuscito a stabilire un contatto, ti sei fatto comunque conoscere. In futuro quindi, se quella persona avrebbe bisogno di un servizio che offri, potrebbe decidere di rivolgersi proprio a te se gli hai fatto una buona impressione. La cold mail quindi ha l’obiettivo principale di creare una connessione ed eventualmente “scaldare” un lead che in quel momento è ancora freddo. Come impostare una campagna di cold mail La tua campagna di cold mail deve raggiungere un elevato livello di “deliverability”, cioè deve essere aperta dal maggior numero di persone senza finire nello spam. Per inviare una cold mail correttamente devi seguire una lista di controllo chiamata VESC, acronimo di: Validate prospect list; Ensure clear CTA; Set follow-ups; Check your email spam score. Analizziamo ognuno di questi punti. Convalidare la lista dei potenziali lead Per prima cosa devi convalidare la lista dei potenziali lead, cioè assicurarti che gli indirizzi di posta elettronica dei prospect siano corretti e autenticati. Questo è un passaggio fondamentale e se non lo fai rischi di inviare l’email alle persone sbagliate, bruciando fondi e tempo prezioso. Rendi chiara e trasparente la tua CTA Precedentemente ti ho indicato che la tua cold mail dovrebbe concludersi con una CTA chiara e ben distinguibile. In pratica l’utente deve avere ben noto quale azione avvierà nel momento in cui decide di cliccare sulla CTA. Ecco perché è preferibile usarne una sola, poiché troppe manderebbero in confusione il tuo lead. Imposta i passi successivi Puoi impostare i passi successivi per decidere come e quando inviare le tue cold mail. Tra le condizioni da impostare ci sono ad esempio: non connesso e nessun messaggio inviato. Se selezioni la prima opzione il tuo messaggio sarà inviato a tutte quelle persone che non hanno ancora avuto alcun contatto con te; se invece attivi la seconda opzione la tua email sarà inviata ad un contatto anche se non hai parlato con lui tramite un messaggio diretto. Impostando i passi successivi puoi personalizzare la tua campagna e renderla più efficace secondo gli obiettivi che ti sei prefissato. Controlla il tuo punteggio spam Che livello di “spammosità” ha la tua cold mail? Ci sono appositi programmi che ti consentono di registrare il rischio che la tua mail finisca nella casella dello spam, uno scenario catastrofico per la tua campagna e assolutamente da evitare. Se la tua email rischia di essere configurata come spam, allora devi cambiarne i “connotati” e renderla molto più fruibile per i tuoi utenti. Per evitare lo spam ci sono delle pratiche da evitare che abbiamo approfondito in un nostro precedente articolo. Cold mail: esempi di scrittura Eccoti alcuni piccoli suggerimenti che possono rendere la tua cold mail ancora più efficace. I clienti non amano molto essere chiamati… clienti. Rivolgiti a loro chiamandoli per nome, così da creare subito un rapporto diretto e quasi amichevole. Questo tocco personale ti farà guadagnare sicuramente punti. Come già specificato non devi girare intorno all’argomento, presentati e introduci subito la tua proposta in modo chiaro e coerente. Congedati con un tono cordiale e rilascia i tuoi contatti. Infine segui il prospect con un attento follow-up, che deve risultare discreto e mai invasivo. Gli svantaggi delle cold mail che portano all'inbound marketing Con sé le cold mail però portano alcuni svantaggi. Sebbene non siano da considerarsi spam, comunque risultano pratiche di marketing molto push e potrebbero recare del fastidio nei confronti dell'utente finale, senza dimenticare che questo tipo di strategia porta in genere a risultati più bassi rispetto ad adottare strategie di inbound marketing. In tutto ciò non va dimenticato tutto il tema della privacy: l'invio della mail, in Europa, è subordinato al consenso che la persona dà all'azienda, senza questo ad un invio di mail senza il consenso il destinatario potrebbe intraprendere azioni legali (...giustamente). Come ovviare a questi problemi? La soluzione è sempre l'adozione di strategie di inbound marketing, che ti permettono di fare lead generation in maniera naturale, senza infastidire l'utente. Con ciò sarà possibile inoltre mirare la comunicazione a persone realmente interessate ai tuoi prodotti o servizi, senza sparare nel mucchio infastidendo l'utente finale. Conclusioni Se segui le indicazioni presenti nell’articolo vedrai che le tue cold mail produrranno risultati rapidamente, dandoti l’opportunità di entrare in contatto con nuovi prospect. Non tutti diventeranno clienti, ma una parte di loro sì e così avrai un pubblico più ampio al quale rivolgerti. Ricordati di dotarti di un buon CRM per gestire al meglio e velocizzare tutte le operazioni. Se invece vuoi implementare la tua strategia di email marketing, ti consiglio di scaricare l’ebook gratuito a fondo pagina per avere esempi dai quali trarre spunto. Image by creativeart on Freepik
Oggi si parla sempre più spesso di NFT, un concetto che sfugge ancora a molti ma che ha avuto una straordinaria crescita in tutti i tipi di mercati digitali. Ne è una dimostrazione il fatto che moltissimi brand di primo piano, da Adidas a Gucci fino a Coca Cola, hanno sperimentato la strategia del marketing NFT che si è diffusa a macchia d’olio nei settori della moda, del food & beverage, dell’hi-tech, del gaming ecc. Anche se ogni brand persegue la sua personale strategia NFT, l’obiettivo per tutte le aziende è sempre lo stesso: migliorare la brand awareness e naturalmente incrementare i profitti. Gli NFT sono nati nel 2018 con CryptoKitty, ma hanno visto la loro fama e la loro reputazione crescere vertiginosamente nel giro di pochi anni e secondo le previsioni continueranno ad essere di tendenza anche in futuro. Quali sono le motivazioni che hanno consentito agli NFT di diffondersi così rapidamente? Ne possiamo individuare principalmente 3: Blockchain, che rappresenta la tecnologia di base e che assicura la massima sicurezza; Adesione immediata agli NFT da parte dei principali marchi del mondo nei più disparati settori; La community creata dagli NFT, che soddisfa la necessità delle persone di far parte di una comunità e condividere con essa modi di essere e di pensare e anche beni fisici e digitali. Conosciamo meglio gli NFT: cosa sono, come funzionano e come sfruttarli al meglio. Cosa sono gli NFT? Quando parliamo di NFT facciamo riferimento ai cosiddetti “Non-Fungible Token”, vale a dire un bene non fungibile e che non può quindi essere né replicato né tanto meno sostituito. Si tratta di un pezzo unico nel suo genere e proprio l’unicità è considerata la sua caratteristica principale. Esempio classico è un oggetto come può essere un tubetto di dentifricio, il cui valore è esattamente identico ad un altro dentifricio. Se chiedessimo inoltre a due persone di scambiare i propri tubetti, probabilmente accetterebbero perché non noterebbero alcuna differenza. Lo stesso discorso, con ragionamento inverso, può essere fatto per un NFT che, come specificato, è un pezzo assolutamente unico e non può essere mai sostituito. L’unicità viene garantita dalla tecnologia blockchain, che gli conferisce tracciabilità e autenticità. Gli NFT sono sostanzialmente contenuti digitali che, grazie alla tecnologia blockchain, sono costantemente tracciati in modo da poter sempre risalire alla loro identità e verificare così la loro autenticità. NFT e marketing: le strategie a disposizione Le opportunità con gli NFT sono tantissime per le aziende che possono adottare strategie differenti a seconda degli obiettivi che vogliono perseguire. C’è la possibilità di creare personalmente gli NFT per poi lanciarli sul mercato con l’obiettivo di rafforzare la propria brand identity, ingaggiare influencer o sfruttare l’email marketing. Analizziamo di seguito le strategie più efficaci soprattutto nell’ambito dell’inbound marketing, capace di creare interesse e valore attorno ad un brand e fare in modo che siano i clienti ad avvicinarsi spontaneamente ad un marchio e non viceversa. Realizzare autonomamente un NFT Chi acquista o possiede un NFT non ne diventa automaticamente il proprietario, dal momento che l’opera è stata comunque creata da terzi. Tuttavia è possibile creare in totale autonomia il proprio NFT, come hanno fatto importanti brand, per poi rivenderli sui marketplace appositi a prezzi anche molto interessanti. Oggi esistono tante piattaforme sicure dove creare i propri NFT, da OpenSea a SuperRare, da Binance NFT a Rarible ecc. La creazione con queste piattaforme, può risultare un’ottima strategia per generare dei profitti, ma anche per veder accrescere la propria brand awareness. Le strategie degli NFT influencer marketing Gli influencer ricoprono un ruolo predominante nell’economia delle strategie aziendali, considerando il grande ascendente che hanno sui consumatori. Potrebbe quindi essere un’ottima idea ingaggiare influencer specializzati negli NFT che sappiano guidare adeguatamente gli utenti in questo mercato nuovo e ancora in fase embrionale. Sempre nell’ottica dell’inbound marketing un bravo influencer sa catalizzare l’attenzione del tuo target di pubblico. Un esempio perfetto è l’NFT targato NBA che ha creato Top Shot, una piattaforma realizzata e gestita da importanti influencer dove è possibile acquistare i momenti topici e più spettacolari del campionato di basket statunitense sotto forma di GIF. Collaborare con influencer per la creazione di nuovi NFT, potrebbe essere una strategia vincente per la tua impresa. NFT social media marketing I social naturalmente rappresentano canali privilegiati da sfruttare per lanciare le proprie campagne basate sugli NFT, tramite le quali comprendere e intercettare desideri e aspettative del pubblico, soprattutto quello che rientra nel proprio target. Alla base dell’NFT marketing c’è la formazione di una community, dove gli utenti possano rispecchiarsi, riconoscersi e creare legami con lo stesso brand. Il possesso di un NFT testimonia l’appartenenza di un utente a quella community e il desiderio di acquistare beni digitali particolarmente rari e preziosi sta diventando un fattore sempre più importante per chi è fidelizzato al brand. NFT e Shopify: un binomio utile alla tua strategia di marketing Uno dei modi per attirare nuovi clienti è certamente quello di personalizzare il prodotto e dare un'esperienza di acquisto unica al cliente. In questo senso con Shopify c'è la possibilità di vendere direttamente sul proprio ecommerce prodotti personalizzati con NFT e NFT stessi. Inoltre una delle novità presentate da poco dalla piattaforma ecommerce, è quella di dare la possibilità ai propri utenti di sviluppare il proprio ecommerce prevedendo un accesso esclusivo, a sezioni apposite del sito Shopify, ai possessori di determinati NFT. Ciò è stato definito da Shopify tokengated commerce. In questa tipologia di ecommerce, è importante sottolineare la possibilità da parte dei merchant di stringere partnership con i creatori di NFT in modo da offrire contenuti in esclusiva, aumentando così il valore percepito dal cliente, vendite e ricavi derivanti dei prodotti. Co-branding e co-marketing, ricordiamo, sono strategie che molto spesso utilizzano le imprese per aumentare il proprio bacino di utenza, cercando logiche che possano avvantaggiare tutte e due le parti nell'acquisizione di nuovi clienti o nuovi lead. Questa sarà la base di partenza su cui costruire la propria strategia di marketing. Per fare ciò può risultare molto utile Hubspot CRM, che consente una facile integrazione con Shopify. Tutto questo permette di avere una conoscenza completa del cliente finale migliorando così i risultati delle tue campagne di marketing. I vantaggi di usare gli NFT nel digital marketing Gli NFT ti consentono di essere competitivi nel mercato digitale, ma dovrai essere bravo a sfruttarli nel modo più opportuno ed efficace. Puoi usarli ad esempio per migliorare la brand experience, rendendola unica per differenziarti dagli altri competitor agli occhi dei tuoi potenziali clienti. Poiché sempre più brand stanno volgendo lo sguardo agli NFT, è importante ingaggiare artisti e content creator di alto livello professionale per conferire unicità all’esperienza e raggiungere il tanto desiderato effetto wow. Queste figure hanno il compito di promuovere il tuo brand nei marketplace offrendo un’esperienza unica che sappia coinvolgere attivamente il tuo pubblico, con il quale comunicare in modo interattivo e originale. Gli utenti moderni preferiscono avere una comunicazione diretta con il brand, con il quale desiderano creare un rapporto sempre più intimo. Proprio per questo motivo devi essere bravo a creare una community coesa e compatta che rispecchi le aspettative e i desideri degli utenti. In questo modo puoi creare una base di clienti fidelizzati, che rappresentano lo zoccolo duro del tuo pubblico sul quale costruire e rafforzare il tuo brand. Soffermandoci su questo concetto è importante capire che gli utenti preferiscono i brand che mostrano il loro volto umano e perciò fornire un’esperienza coinvolgente alla tua community online significa generare in automatico interesse attorno al tuo brand. In questo modo diventa molto più semplice incrementare le conversioni e di conseguenza le vendite. Risulta quindi essenziale iscriversi ai marketplace NFT già avviati, così da accedere a nuove fasce di pubblico interessate a questo particolare tipo di mercato. Collezionisti d’arte, creators digitali, giovani e imprenditori sono solo alcune delle figure che fanno parte della community NFT che cresce sempre di più giorno dopo giorno. Gli utenti interagiscono con i tuoi NFT brandizzati e, contemporaneamente, puoi ampliare il tuo raggio d’azione e raggiungere un pubblico sempre più ampio ed eterogeneo. CryptoKitties e il futuro del marketing con gli NFT Infine per far capire meglio le potenzialità a livello marketing degli NFT analizziamo Cryptokitties, uno dei primi giochi in assoluto basato sulla tecnologia blockchain lanciato nel 2018. Il funzionamento per certi versi è molto simile a quello del vecchio Tamagotchi: i giocatori possono comprare gatti digitali per realizzare la loro colonia felina e poi rivenderli. Fin qui sembra un gioco come tanti, ma la differenza risiede nel fatto che il mercato dei cripto-gattini viene gestito tramite Ethereum e un portafoglio digitale da usare direttamente nel marketplace. Ogni CryptoKitty è unico nel suo genere e quelli più rari possono essere venduti a cifre astronomiche. Un raro esemplare di cripto-gattino è stato venduto ad oltre 100.000 dollari e il mercato ha fruttato qualcosa come oltre 3 milioni di dollari. Il gioco in questione dimostra come in un futuro, strategie di marketing basate sugli NFT possano spaziare in più settori, come quello del gaming. Pensate solamente di inserire il vostro brand all'interno di questa tipologia di gioco e ai risultati che questa strategia può portare nell'ambito del marketing esperienziale. Conclusioni Se è vero che il mercato degli NFT è in uno stato embrionale, è anche vero che la sua crescita in pochi anni è stata esponenziale. Sarebbe un errore quindi non sfruttare al volo quest’opportunità, destinata ad essere uno dei nuovi trend dei prossimi anni, perché dopo sarebbe complicato e dispendioso recuperare il terreno perduto. Durante questo articolo abbiamo parlato anche di Hubspot: per questo ti consigliamo il contenuto scaricabile gratuitamente a fondo pagina che ti spiega in dettaglio cosa sia Hubspot e come ti può aiutare a pianificare e attuare strategie di inbound marketing. Image by starline on Freepik
Le persone che navigano in Internet, su ecommerce, landing page o siti informativi, hanno la necessità di trovare subito quello che cercano, senza perdere tempo. Questo non vuol dire essere svogliati o pigri, ma semplicemente essere abituati alla velocità del mondo virtuale e alle nuove tecnologie che spesso sembrano leggerci nel pensiero. In questo contesto i microcopy hanno un ruolo fondamentale: catturare l’utente, spingerlo a fare delle azioni, migliorare la sua User Experience e implementare le strategie di inbound marketing. I microcopy possono riguardare call to action, bottoni di conferma, messaggi guida e tanto altro. Questi contenuti devono far capire subito cosa fare e rendere la navigazione all'interno del sito agevole per l’utente. Per fare un esempio semplice, se in una pagina trovo il pulsante con scritto “compila il form”, è chiaro che cliccando finirò su una scheda da compilare con dei dati. In questo articolo vedremo nel dettaglio cosa sono i microcopy e come costruirli tenendo presente l’usabilità da un lato e le conversioni dall’altro. Scopri come solo poche parole possono fare la differenza. Cos’è il micro-copywriting e perché lascia il segno? Poche parole indispensabili: così potrebbe essere definito il micro copywriting. Ma questo non l’unico aspetto che caratterizza un copy efficace sul web. Un sito web accattivante esteticamente, può di certo attrarre gli utenti. Ameranno il tuo sito, ma se si perderanno tra le pagine senza trovare quello che cercano lo abbandoneranno immediatamente (anche se si tratta della pagina più bella del web). Attraverso il microcopy una pagina web diventa intuitiva e gli utenti riescono ad orientarsi senza mai perdere la strada. Il microcopy, quindi, si riferisce a frasi pensate per guidare l’utente, semplificare il suo percorso, creare fiducia, convincere a fare qualcosa e raccontare il brand o il prodotto. Se ti chiedi come farlo efficacemente, ecco alcune caratteristiche da tenere in considerazione: Breve e coinciso: deve contenere solo le informazioni fondamentali ed utili per raggiungere l’obiettivo, che nella maggior parte dei casi è un click o ottenere dati; Puntuale e immediato: le parole devono essere posizionate in modo da essere facilmente trovate (deve essere impossibile non vederle); Essere originale: un pulsante “invia” è in grado di stupire, far sorridere o emozionare? Per far funzionare un microcopy bisogna usare creatività e saper osare; Formattato alla perfezione: non devono esserci errori e deve seguire lo stile e la formattazione della pagina; Deve parlare agli utenti: non basta dare delle indicazioni, un microcopy deve rivolgersi all’utente aggiungendo un tocco personale e diretto. Una stringa di parole, usata nel modo giusto, può fare la differenza e portare un potenziale cliente a concludere un acquisto, continuare a leggere, iscriversi ad una newsletter, oppure abbandonare la tua pagina per un tuo concorrente. Il Microcopy è conosciuto anche come UX Writing, che rappresenta il completamento della UX Design: nonostante una grafica perfetta, se le parole non sono giuste le conversioni crolleranno. I microcopy si usano in diversi casi, di seguito abbiamo cercato di riassumere gli utilizzi più frequenti: Messaggi di conferma: un’acquisto andato a buon fine o la conferma di un'iscrizione ad una newsletter; Istruzioni per l’uso: cosa fare e come utilizzare una piattaforma, un'app o altro; Voci del menù: indicare con esattezza cosa trovare e dove; Caricamenti di pagina: messaggio che compare nelle pagine di attesa; Campi di form: indicazioni di riempimento di una scheda da compilare con i dati; Pagine con errori 404: indicare cosa fare se si apre questa pagina; Pulsanti e Call To Action: usare le parole giuste per convertire gli utenti in clienti. In tutti questi casi è di fondamentale importanza usare un testo che sia in grado di spiegare all’utente cosa sta accadendo e cosa deve fare. L’utente non si sentirà mai abbandonato, ma sarà guidato ad interagire con il sito web. Altro aspetto importante, da non sottovalutare, è l'attinenza con la grafica e le immagini. Una foto o un’immagine deve supportare il messaggio che stai comunicando. Per fare un esempio, la pagina di errore del sito di Hubspot è accompagnata da un cuore spezzato. Questa immagine, senza troppe spiegazioni, sostiene il copy, comunicandoci che la pagina non esiste. Tutto questo può sembrare facile, ma in realtà non lo è. Trovare le parole giuste può essere complicato. I microtesti sono piccoli e preziosi poiché spesso sono proprio loro i protagonisti delle decisioni che le persone prendono. Microcopy per migliorare l’usabilità e le conversioni Come abbiamo sottolineato in precedenza i microtesti possono trovarsi ovunque in un sito web. La loro creazione deve essere pensata durante lo studio dell’interfaccia utente per realizzare un prodotto omogeneo e funzionale. Ecco qualche suggerimento per migliorare l'usabilità e aumentare le conversioni con poche parole al posto giusto: Anticipa i bisogni degli utenti e elimina le loro ansie: fai dei test e verifica se nel sito ci sono dei messaggi che confondono i visitatori; Il tuo linguaggio deve essere umano, anche se usi l’intelligenza artificiale: se usi un chatbot le sue risposte devono essere il più possibile umane. Crea empatia e stimola la fiducia verso l’azienda; Crea percorsi semplici e non annoiare gli utenti: se per raggiungere il tuo obiettivo ci sono più step da fare, semplificali il più possibile con microcontenuti che invitano a proseguire; Scegli un Tone of Voice e attieniti a quello: conosci i tuoi utenti e parla il loro linguaggio; Personalizza i messaggi: l’utente che si trova sul tuo sito devi pensare che stai parlando proprio a lui. Fallo sentire unico e speciale; Associa il testo all’immagine giusta: la sinergia con l'immagine può rendere ancora più forte il messaggio. Lo scopo di un buon copy è ovviamente aumentare le conversioni, quindi spingere l’utente ad una determinata azione. Le parole devono aiutarlo a seguire il giusto percorso e a compiere l’azione che vogliamo. Per scrivere il testo giusto e ottenere risultati, occorre fare molta attenzione e conoscere bene gli utenti ai quali ci rivolgiamo. Nel web esistono microcopy che nascondono insidie, celando costi nascosti, proponendo prove gratuite che si trasformano a pagamento oppure spingendo l'utente verso iscrizioni inconsapevoli. Questo porta gli utenti ad essere diffidenti: la sfida dei microcopy è conquistare la fiducia delle persone con pochi caratteri. Esempi di microcopy Se apri per la prima volta Netflix, cosa comunica la pagina a chi non è ancora abbonato? Il messaggio è breve, diretto e conciso: senza limiti, ovunque e puoi disdire quando vuoi. Due semplici frasi che sottolineano la qualità del servizio e l’assenza di brutte sorprese. Questo è un esempio di microcopy che funziona. Uno dei segreti per realizzare microtesti efficaci è immedesimarsi negli utenti: se fossi io a navigare in quel sito cosa vorrei sapere? Cosa mi farebbe sentire sicuro? Un ruolo importante, infatti, è giocato anche dall’empatia: mettersi nei panni degli altri e comprendere i loro bisogni. Questo ci fa capire che le paroline magiche sono fondamentali quando stiamo per concludere un acquisto oppure quando siamo finiti in una pagina che non esiste più. Per misurare la validità, anche nei microcopy, si utilizzano i test A/B, che permettono di testare simultaneamente due versioni (o anche di più) di un testo per determinare quale è più efficace nel raggiungimento dell’obiettivo, anche in riferimento ai dati demografici e all’impatto a breve e lungo termine. Se hai attivo un progetto Hubspot puoi analizzare in qualsiasi momento le conversioni e il rendimento di una pagina, così da apportare le modifiche necessarie, capendo inoltre quale variante del tuo A/B test funziona meglio. Se cerchi qualche esempio di utilizzo di microcopy, di seguito ne indiremo alcuni: Far scaricare un app o vendere qualcosa (senza troppi giri di parole). Satispay va subito al sodo e dice che usare la sua app è una scelta intelligente, anche se non lo scrive fa intuire che non usarla sarebbe da stupidi; Eliminare l’ansia post acquisto, anche con ironia. Privalia, dopo la conclusione di un acquisto invia una mail spiritosa, sottolineando la scelta giusta con applausi; Call To Action semplice e diretta. “PayPal ti semplifica la vita”: questo è il messaggio che l’azienda usa per far compiere l’azione; Iscrizioni senza stress. Trello, invita a registrarsi sottolineando sin da subito che è GRATIS! Questo elimina ogni dubbio. Questi sono solo alcuni esempi, di come aziende importanti sono riuscite a catturare utenti e a rassicurarli creando una User Experience senza problemi. Per conoscere tutti i segreti per realizzare contenuti efficaci scarica l’ebook gratuito che trovi a fondo pagina e inizia a creare la tua strategia. Image by jcomp on Freepik
Uno dei passatempi preferiti degli utenti è scorrere i video Instagram, i cosiddetti Reels, per svagarsi per qualche minuto e magari farsi due risate. I Reels furono lanciati nell’agosto del 2020 e cavalcarono l’onda del successo straordinario raggiunto dai video TikTok. Alla luce della popolarità dei Reels di Instagram, anche le aziende piccole, medie o grandi hanno iniziato a rivolgere le loro attenzioni verso un contenuto nato fondamentalmente per scopi goliardici e per essere condiviso tra amici o tra i propri follower. I video di Instagram piacciono così tanto al pubblico poiché sono spontanei e creativi, al di fuori delle logiche strettamente promozionali che rischiano di essere fredde e poco coinvolgenti. Un aspetto tutt’altro da sottovalutare soprattutto in considerazione del boom dell’inbound marketing, cioè una tipologia di marketing che mira ad attirare i clienti tramite esperienze e contenuti di valore costruiti, realizzati su misura per loro. Tutto questo senza essere invasivi tramite strategie push. Se stai pensando ad un modo per modernizzare la tua azienda secondo gli attuali canoni del marketing, questa guida ai video su Instagram sicuramente saprà fornirti indicazioni e spunti molto interessanti. Cosa sono gli Instagram Reels? I Reels sono brevi video che possono essere combinati con una musica e poi condivisi nelle Stories, nel feed Esplora e nella scheda Reels del profilo utente. La durata dei video Instagram inizialmente era di 15 secondi, poi è stata estesa fino a 90 secondi. Ciò che conta però non è tanto la durata, quanto il contenuto che deve essere fresco, immediato e d’impatto, caratteristiche molto apprezzate dagli utenti moderni. Una volta creato il video puoi personalizzarlo con filtri ed effetti creativi, anche in realtà aumentata, per renderli ancora più originali e accattivanti da un punto di vista visivo. Puoi aggiungere la musica presente nella libreria o da un contenuto originale, con la possibilità di accelerare o rallentare il video per enfatizzare alcuni aspetti di un prodotto, un servizio o semplicemente di un brand. Il social predilige il caricamento di contenuti che si visualizzano a schermo interno, quindi il formato dei video Instagram ideale dovrebbe avere una dimensione di 1080 px per 1920 px con un rapporto di 9:16. Le proporzioni vengono applicate ai video verticali, mentre i video orizzontali possono essere caricati con le medesime dimensioni. Come caricare un video su Instagram Prima di addentrarci nei vantaggi che offrono i video Instagram alle aziende e conoscere le strategie da mettere in atto, analizziamo come caricarli sul social. Per prima cosa devi accedere al formato di Instagram Reels presente nella sezione Stories, toccando l’angolo in alto a sinistra della home page. Per accedere ti basta quindi aprire la telecamera Instagram Stories e trovare l’icona Reels. Per creare il tuo video devi effettuare i seguenti passaggi: Accedi alla sezione Stories dell’applicazione Instagram; Clicca su Reels. Una volta eseguite queste operazioni puoi selezionare le diverse funzioni: Aggiungere audio. Puoi cercare una canzone già presente nella tua libreria Instagram oppure, se preferisci, registrare un Reel con un brano originale a tua scelta. Se il tuo account è pubblico, gli altri utenti possono utilizzare quel brano musicale nel loro Reel; Effetti di Realtà Aumentata. Vuoi dare un tocco estroverso e ancora più accattivante al tuo video? Allora puoi scegliere uno dei tanti effetti presenti nella galleria, che possono essere realizzati da Instagram o dalla community di creatori; Allineamento. A volte un solo Reel non è sufficiente e magari ne devi creare di più per dare continuità al messaggio che intendi inviare. Basta pensare alle fashion blogger che desiderano presentare in serie diversi outfit senza perdere il filo del discorso. In questi casi puoi fare affidamento alla funzionalità Allineamento, che consente di allineare gli oggetti nelle clip precedenti prima di registrare quelle successive. Il passaggio da un video all’altro è molto più fluido e puoi dare continuità alla comunicazione; Velocità. Puoi rallentare o velocizzare i video a seconda degli aspetti che vuoi sottolineare. Per dare un maggior senso di spettacolarità puoi registrare i video in Slow Motion, oppure creare video a ritmo di musica per rendere il contenuto particolarmente dinamico e coinvolgente. Prima di caricare un video dai un’occhiata ai competitor, sia per prendere ispirazione sia per provare a differenziarti. Valuta anche quale canzone utilizzano gli altri brand e quali sono i trend del momento, così da cavalcarne l’onda. Infine puoi anche usare gli strumenti di disegno e di testo forniti da Instagram oppure aggiungere uno Sticker per un ulteriore tocco personale. I benefici dei video Instagram per la crescita dell’azienda Differenziarsi in un mercato sempre più competitivo non è facile ma i Reels rappresentano una soluzione molto efficace per emergere dalla massa ed è uno dei mezzi chiave per strategie di video marketing. Perché? Semplicemente perché i video Instagram sono goliardici e simpatici, quindi consentono di mostrare il volto umano dell’azienda che non vuole necessariamente vendere ma farsi conoscere e intrattenere gli utenti in modo divertente. Gli IG Reels sono strumenti molto utili per conoscere a fondo la tua community e capire eventualmente se e come modificare la tua strategia. Le visualizzazioni dei video Instagram, i commenti e i like sono tutte metriche fondamentali che ti forniscono utili indicazioni sulle loro prestazioni e sulla bontà delle strategie adottate. Considera che se pubblichi differenti tipologie di contenuti nella sezione Esplora aumenta la visibilità della tua pagina, soprattutto se l’algoritmo IG contrassegna il contenuto nella sezione “In primo piano”. L’aumento di visibilità si traduce in una notevole beneficio a livello di brand awareness e inoltre fa crescere la community di followers. I reel sono altresì utili per le aziende anche per fare lead generation. Essendo che un reel in evidenza è visibile ad una larga fetta di pubblico, se studiato bene e senza farlo diventare una mera pubblicità, può essere usato per rimandare l'utente su un sito o su una landing page tramite un link ad esempio nella bio. Sarà poi importante dotarsi di strumenti, come possono essere i CRM, che consentano di fare una lead generation perfetta, susseguita da strategie di nurturing. Come funziona l’algoritmo di Instagram Reels Per sfruttare al meglio i video Instagram devi conoscere il funzionamento dell’algoritmo, che opera esattamente come quello di Tik Tok. Possiamo definirlo un algoritmo “intelligente”, poiché mostra agli utenti i video di persone già seguite e con le quali interagiscono, ma anche in base alla geolocalizzazione. Tuttavia scorrendo gli utenti possono imbattersi anche in Reels di tendenza o che risultano particolarmente popolari in quel momento. Alcuni Reels possono essere contrassegnati da un’etichetta “Featured”, cioè In Primo piano, sopra la didascalia. Se il tuo Reel ottiene l’etichetta Featured riceverai una notifica che sarà poi inserita nel feed Esplora in evidenza. Questa funzione aiuta gli utenti a scoprire i contenuti originali e il tuo obiettivo è proprio ricevere l’etichetta Featured per aumentare la visibilità dei tuoi contenuti. L’algoritmo dà, l’algoritmo toglie: quali sono i contenuti premiati e quelli penalizzati? L’algoritmo è sicuramente influenzato dalle persone seguite dai followers e dai luoghi da dove interagiscono, ma svolge un ruolo ancora più importante in quanto decide chi premiare e chi invece penalizzare per garantire un’esperienza quanto più immersiva e coinvolgente possibile agli utenti. Innanzitutto vengono premiati quei video capaci di catturare l’attenzione di una fetta molto ampia di pubblico, di coinvolgere e di intrattenere. Puoi creare Reels che fanno ridere, che fanno piangere o che fanno riflettere, l’importante è che arrivino dritto al cuore degli utenti. L’algoritmo premia i video innovativi, che creano tendenze nuove e che in generale attirano molti utenti. Un maggiore engagement degli utenti significa maggiore visibilità del brand, una community che cresce e più tempo passato dall’utente sul social. Usa con saggezza i filtri, gli effetti, le musiche, gli audio e in generale tutti quegli strumenti che donano brio, vivacità e originalità ai tuoi contenuti. Il formato video verticale è in assoluto quello più consigliato poiché è facilmente fruibile sugli smartphone, che rappresentano i dispositivi più utilizzati dal popolo del web. Infine l’algoritmo crea una corsia preferenziale per quei video che hanno hashtag e descrizioni coerenti e che quindi offrono un’esperienza di navigazione ottimizzata e personalizzata per i vari utenti. L’algoritmo dà ma l’algoritmo toglie anche, soprattutto se non segui le linee guida per creare un Reel perfetto. I video devono essere nitidi e perfettamente fruibili, quindi vengono penalizzati contenuti con bordi e sfocature derivanti da una risoluzione troppo bassa. Considera che Instagram nasce fondamentalmente come social di foto, per poi evolversi in social anche di video. Non utilizzare quindi troppo testo che rischia di compromettere la visibilità dell’immagine. Alcuni brand, per risparmiare tempo e lavoro, riciclano contenuti da altre app. Una mossa sbagliata poiché viene meno il concetto di originalità, che è invece alla base dei Reels. A tal proposito rispetta le linee guida della community IG se non vuoi vedere penalizzati i tuoi contenuti e quindi la tua pagina. Conclusioni Riassumendo i capisaldi che devi tenere a mente per creare Reels di successo per la tua azienda sono 4: Creatività; Engagement; Originalità; Immediatezza. Se assolvi a questi 4 imperativi mostrerai il volto umano del brand e riuscirai a scardinare più facilmente le resistenze degli utenti che si rispecchiano nella tua azienda. Condividere i momenti ludici e goliardici con video autentici che raccontano cosa succede dietro le quinte del tuo brand è un ottimo modo per avvicinarsi agli utenti e costruire un rapporto di fiducia. Durante questo articolo abbiamo accennato del CRM come strumento che permette alle aziende di immagazzinare dati dei clienti. Menzione in questo campo va fatta per HubSpot CRM, per saperne di più ti basta scaricare il contenuto gratuito presente a fondo pagina che ti spiega quali sono le funzioni a tua disposizione nella versione gratuita del software. Image by senivpetro on Freepik
Le aziende moderne si trovano ad affrontare sfide sempre più complesse tenendo presente che il cliente, il fulcro di ogni strategia, è sempre più iperstimolato e informato e risulta difficile da fidelizzare. Per prima cosa quindi è necessario essere onnipresenti e farsi trovare ovunque dai clienti, indipendentemente dai canali e dai touchpoint utilizzati. Ed è qui che entra in gioco l’omnichannel marketing, vale a dire una gestione sinergica di tutti i canali a propria disposizione. Questo è sufficiente? Naturalmente no. Non basta comparire ogni volta che il cliente lo desidera, ma è necessario offrire una customer experience omnichannel perfettamente integrata e soddisfacente, in grado di regalare un’esperienza d’acquisto piacevole e che resta impressa nella mente. Se il cliente mantiene un buon ricordo di quel brand, indipendentemente che abbia concluso o meno il suo acquisto, hai raggiunto il tuo obiettivo poiché in futuro si rivolgerà a te e con ogni probabilità acquisterà o comunque parlerà bene del tuo brand. Ogni manager omnichannel, prima di impostare la sua strategia, dovrebbe dotarsi di un apposito CRM per immagazzinare dati per avere la conoscenza perfetta della tipologia di pubblico che si interfaccia con il brand. Approfondiamo il discorso per capire meglio cos’è l’omnichannel marketing e come metterlo in pratica. Omnichannel marketing: definizione e significato L’omnichannel marketing, noto anche come omnicanalità, fa riferimento alla gestione di tutti i canali fisici e digitali a disposizione di un’azienda, che possono essere email, telefono, social, siti ecc. In pratica si tratta di tutti i touchpoint usati per entrare in contatto con gli utenti e comunicare con loro per offrire un’ottima esperienza con il brand. Per comprendere meglio questo concetto bisogna partire dal presupposto che per il consumatore non esiste più distinzione tra spazio fisico e spazio online, tant’è che oggi si parla di phygital, cioè un insieme di funzionalità che integrano il mondo fisico e quello digitale. I brand e le aziende utilizzano una molteplicità di canali per comunicare e restare in contatto con i clienti, in ogni momento e in ogni luogo. Adottare una strategia omnichannel significa quindi essere raggiungibili da qualsiasi dispositivo, ma la comunicazione deve essere comunque omogenea qualunque sia il canale usato per dare un’idea di continuità e offrire un’esperienza lineare all’utente. Questo significa che i reparti marketing, vendite e customer service devono interagire tra di loro e lavorare sinergicamente insieme per offrire un’esperienza altamente gratificante. Omnichannel vs multichannel: quali sono le differenze? Per mettere correttamente in pratica questa strategia è necessario fare una distinzione tra omnichannel e multichannel che vengono erroneamente usati come sinonimi, ma che presentano differenze significative che bisogna conoscere. Il marketing omnichannel parte dalla necessità di offrire un’esperienza d’acquisto personalizzata e piacevole per ogni cliente, qualunque sia il canale e il dispositivo utilizzato. La comunicazione deve quindi essere quanto più semplice possibile per il potenziale acquirente che deve potersi muovere liberamente da un canale all’altro senza avvertire alcuna differenza. Anche il marketing multichannel si basa su una serie di canali che possono essere i social, lo smartphone, l’email o anche la sede fisica aziendale. C’è però una differenza sostanziale: ogni canale opera indipendentemente e separatamente dagli altri con la propria strategia e i propri obiettivi, quindi non c’è una sinergia né una comunicazione interna tra di loro. L’approccio multicanale mira a diffondere i messaggi di marketing tramite il maggior numero possibile di canali, quindi è un po’ come sparare nel mucchio nel tentativo di raggiungere una quantità elevata di contatti ma non in maniera mirata. Al contrario l’approccio omnicanale prevede strategie studiate per ogni singolo canale, ma tutte legate da un sottile filo invisibile che conferisce continuità e linearità alla comunicazione. Un’altra caratteristica tipica dell’omnichannel è proprio la coerenza, poiché i clienti ricevono la stessa esperienza e la stessa comunicazione su qualsiasi canale utilizzato. Infine l’approccio multichannel considera i canali come semplici opzioni per comunicare con i clienti, mentre l’approccio omnichannel va ben oltre e sfrutta i dati raccolti per capire come migliorare la customer experience e risolvere le criticità. Per raccogliere ed elaborare la grande mole di dati derivanti dall'approccio omnicanale, è importantissimo anche aver previsto una strategia di implementazione CRM. Come mettere in pratica una strategia omnichannel? Analizziamo adesso alcuni semplici esempi di omnichannel che consentono di mettere in pratica la propria strategia omnicanale. La prima cosa da fare è stabilire degli obiettivi, che devono essere effettivamente raggiungibili e realistici. Se sei un progetto ecommerce nato da un mese non puoi pensare di raggiungere 100.000 vendite mensili o di raccogliere subito 10.000 followers sui social. Nessuno ti vieta di arrivarci, ma puoi farlo solo seguendo la politica dei piccoli passi. Poniti di volta in volta obiettivi raggiungibili per avvicinarti pian piano al risultato prefissato. Può sembrare una banalità, ma affinché la tua strategia omnicanale sia vincente devi conoscere i tuoi clienti. Individua il tuo target, scopri dove è maggiormente attivo e crea una buyer persona per capire chi sono i tuoi clienti e come personalizzare la loro esperienza d’acquisto. Una volta scoperto chi sono i tuoi buyer personas devi tracciare il cosiddetto customer journey, focalizzandoti sul percorso seguito dai clienti prima di procedere all’acquisto, sui canali usati, sugli eventuali carrelli abbandonati e in generale su tutti i dati che possono tornarti utili. Se è vero che devi farti trovare su tutti i canali, è anche vero che per il tuo tipo di business un canale può funzionare meglio di un altro. Devi quindi ottimizzare il canale o i canali maggiormente frequentati dalle tue buyer personas. Idealmente dovresti ottimizzare tutti i canali, per poi fare delle scelte mirate per capire quale implementare maggiormente. Il tuo pubblico è molto giovane? Allora punta su TikTok. Il tuo è un pubblico più adulto? Allora Instagram e Facebook sembrano essere le soluzioni migliori. I video hanno un alto potere d’impatto sui tuoi clienti? In tal caso l’alternativa migliore sembra essere Youtube. Per concludere misura sempre i risultati ottenuti per capire se hai intrapreso la strada giusta, oppure se devi cambiare qualcosa nella tua strategia per restare al passo con il tuo mercato. Vantaggi dell’omnichannel Creare un’esperienza omnichannel richiede tempo, impegno e fatica ma ne vale davvero la pena se si considerano i vantaggi conseguiti. Eccone alcuni: Maggiore soddisfazione dei clienti. I clienti possono vivere l’esperienza come preferiscono, innanzitutto poiché possono scegliere liberamente il canale che vogliono. I più tradizionalisti possono affidarsi al telefono o all’email, mentre i più giovani generalmente amano soluzioni più sbrigative come i social o le chat. La presenza fisica del tuo brand su tutti i canali rappresenta inoltre una rassicurazione per gli utenti, che hanno la percezione di poter contare su un’azienda affidabile e sempre presente. Di conseguenza si sviluppa una maggiore connessione tra cliente e aziende che si trasforma automaticamente in fidelizzazione. Risulta quindi più facile mantenere i clienti già acquisiti, ma anche conquistarne di nuovi che generalmente è un’operazione piuttosto complessa e dispendiosa; Addio alle perdite di tempo. Adottando una strategia omnichannel puoi tagliare quei tempi morti che rischiano di farti perdere clienti e denaro. I consumatori possono infatti reperire le informazioni necessarie in ogni momento e su qualsiasi canale, quindi non c’è il rischio che cerchino altrove ciò che stanno cercando. Un esempio perfetto di strategia omnichannel è il click and collect, che rende soddisfatti i tuoi utenti ed elimina perdite di tempo. Con il click and collect i consumatori possono acquistare online il prodotto che desiderano e poi ritirarlo direttamente presso un punto vendita, eliminando così anche le spese di spedizione. Inoltre se non sono soddisfatti del prodotto possono anche cambiarlo all’istante, bypassando a monte il processo di reso che allunga i tempi e rende l’esperienza poco gratificante; Maggiori conversioni. Grazie alle informazioni reperibili su diversi canali, gli utenti raccolgono molti più dati utili e sono quindi più inclini ad acquistare il prodotto. Visitando i diversi canali, che offrono informazioni omogenee e lineari, i consumatori acquisiscono un maggior senso di sicurezza e quindi vengono convertiti più facilmente in clienti fidelizzati. Consigli finali Prima di salutarci eccoti alcuni consigli che possono tornarti utili nell’applicazione delle strategie omnichannel che intendi mettere in pratica per la tua azienda. La stragrande maggioranza della popolazione italiana oggi usa gli smartphone per navigare, comunicare, cercare informazioni e anche acquistare. Assicurati quindi che ogni canale sia visualizzato correttamente su tutti i dispositivi mobile, soprattutto smartphone. Molte aziende puntano ad essere presenti su tutti i canali ma, come già accennato, è importante farsi trovare soprattutto sui canali dove è maggiormente attivo il tuo target di pubblico. In questo modo potenzi i tuoi punti di forza e ottimizzi le tue risorse. Se hai un punto vendita fisico non trascurarlo, anzi integralo con l’online per offrire ai tuoi clienti un’esperienza gratificante a 360° e aumentare il loro livello di soddisfazione. Qualunque sia la strategia che hai deciso di adottare, può darti una grande mano HubSpot, capace di attrarre visitatori sul tuo sito, convertirli in lead e segmentarli al fine di costruire relazioni prolungate e durature nel tempo ma, soprattutto, anche di integrare numerosi touchpoints del customer journey del cliente. Tutto ciò porta, a chi fa una campagna marketing, la conoscenza del cliente completa con la possibilità di programmare strategie ad hoc in ogni canale in cui è presente il lead. Alla fine dell’articolo troverai un link dove poter scaricare gratuitamente un eBook dedicato all'omnicanalità. Questa risorsa ti darà le linee guida per attuare una strategia di omnicanalità, facendo capire al lettore l'importanza del dato e della sua integrazione tra mondo online e offline. Image by creativeart on Freepik
Pensi che il tempo è relativo? Vallo a dire ad un atleta che per un decimo di secondo ha perso la medaglia d’oro, oppure ad un papà che dopo un mese di lavoro fuori deve aspettare altre 2 ore prima di vedere i suoi figli per un ritardo dell’aereo. Questa premessa serve per introdurre il concetto di micro momento, cioè istanti nel corso della giornata tutt’altro che relativi in cui un utente manifesta un desiderio, un bisogno o uno sfizio che può essere soddisfatto con una consultazione online. Secondo le nuove direttive di Google le aziende devono saper intercettare i micro momenti dei loro potenziali clienti per accrescere il loro business. In pratica i micro momenti, a seconda della loro gestione e analisi, possono determinare il successo o l’insuccesso di un’azienda. I micro momenti Google, che sono tutt’altro relativi, prevedono che i marketer debbano intercettare e presidiare tutti i potenziali punti di contatto durante il processo decisionale dell’utente, il cosiddetto buyer’s journey, in ogni istante della giornata. Un altro aspetto da sottolineare è che i momenti web trovano il loro massimo “sfogo” sugli smartphone, in assoluto tra i device preferiti dalla cosiddetta Generazione C, fascia di pubblico perennemente connessa, sempre pronta all’acquisto e al contatto con un nuovo brand. Perché i web moment sono così importanti nell’ambito del marketing? Oggi viviamo in un mercato sempre più saturo e competitivo, dove è davvero complicato emergere. Ecco quindi che la cura dei dettagli fa la differenza, come ad esempio la corretta gestione dei micro momenti che cambiano completamente le carte in gioco. Fino a poco tempo fa gli utenti, per soddisfare un bisogno o una necessità, puntavano ad occhi chiusi su brand rinomati e conosciuti. Sicuramente oggi la tendenza è quella di fidarsi di marchi già affermati, ma sono sempre di più gli utenti che danno delle chance ad aziende meno rinomate che però hanno ottime recensioni e che si presentano con grande professionalità agli occhi dei consumatori. Proprio quei momenti devono essere “cavalcati” per raggiungere subito gli utenti che, essendo molto volubili a causa delle molteplici offerte disponibili in un mercato così ampio e voluminoso, devono essere immediatamente intercettati e conquistati quando hanno bisogno di qualcosa. Il marketing del micro momento assume quindi un ruolo fondamentale, poiché rappresenta un cambio di prospettiva che impone ai marketer di adottare strategie diversificate di volta in volta a seconda delle necessità e delle richieste del pubblico. Nell’analisi di micro moments è opportuno sapere che gli intervalli dell’attenzione delle persone sono brevi, quindi non solo devi arrivare al target di pubblico giusto ma farlo anche nel momento più opportuno e con un messaggio mirato e di facile comprensione. Questo è il punto principale dell’inbound marketing, cioè un approccio al marketing che mira ad attrarre i clienti fornendo loro del valore, senza adottare strategie push. I contenuti proposti ai potenziali clienti devono per l’appunto generare valore per gli utenti, fornendo loro tutte le informazioni di cui hanno bisogno per indirizzare le loro scelte. I 4 micro momenti indicati da Google Per spiegare meglio questo concetto Google ha creato un video denominato “Micro Moments”, dove viene sottolineata l’importanza degli attimi che possono riguardare episodi nella vita quotidiana oppure eventi speciali come la nascita di un figlio o il goal della propria squadra del cuore in una finale. Prendendo come esempio proprio un micro momento indicato nel video, cosa farà una ragazza se l’asciugacapelli si rompe proprio mentre sta asciugando la sua fluente chioma? Sicuramente si metterà alla ricerca immediata di un asciugacapelli e non rimanderà l’acquisto di un giorno, una settimana o un mese proprio perché ne ha urgentemente bisogno. Ecco, se tu vendi prodotti per la beauty routine come appunto un asciugacapelli devi essere bravo a farti trovare da quella ragazza e offrire esattamente quello che sta cercando. Per chiarire il concetto Google ha individuato 4 tipi di micro momenti: Voglio sapere; Voglio andare; Voglio acquistare; Voglio fare. Voglio sapere L’utente è in una fase esplorativa: non necessariamente vuole acquistare, ma desidera comunque raccogliere ulteriori informazioni su un prodotto o un servizio che potenzialmente potrebbe interessargli. Quando può manifestarsi questo micro momento? In qualsiasi attimo della giornata: la mattina, il pomeriggio o la sera. Basta vedere uno spot pubblicitario o chiacchierare con un amico per innescare in lui il desiderio di approfondire la conoscenza su un argomento e quindi, teoricamente, su un prodotto o un servizio. Quella che nasce come una semplice curiosità potrebbe trasformarsi da lì a poco in un acquisto. In questo senso può essere utile avere un blog su un sito creato con Hubspot CMS, in modo da coniugare contenuto da offrire all'utente e un livello elevato di user experience. Voglio andare Questo micro momento rientra nella cosiddetta ricerca di prossimità e indica un’intenzione più marcata di acquisto dell’utente che magari vuole recarsi in un negozio o magari in un locale per mangiare. Se riesci a intercettare l’utente in questo momento, che è particolarmente predisposto all’acquisto, aumenterai le tue possibilità di essere preso in considerazione. Funzione utile in questo caso è quella di Shopify, con cui hai la possibilità di integrare i tuoi prodotti con l'inventario locale di Google. Questa funzionalità rende visualizzabili, una volta che l'utente ricerca un prodotto o un brand nelle vicinanze, i tuoi prodotti tra i risultati di Google. Importante è da sottolineare anche che un prodotto disponibile nel negozio fisico viene evidenziato incentivando la visita dell'utente nello store. Voglio acquistare Se il “voglio andare” è un desiderio già piuttosto evidente di comprare, il “voglio acquistare” rappresenta una certezza di comprare. In questi casi devi solo assecondare la voglia di acquistare dell’utente facendo la proposta migliore e utilizzando la comunicazione più adeguata. Voglio fare Gli utenti non sempre fanno ricerche per acquistare, ma anche per cercare informazioni utili a risolvere i loro problemi o per imparare come fare, i cosiddetti “how to moments”. Non sai in che fase del funnel si trova il tuo potenziale utente né se ha bisogno di acquistare, ma è comunque importante farti trovare per fornire utili informazioni e dare risposte alle sue domande. L’utente potrebbe trovare interessante il tuo tutorial e iniziare a seguirti, fino ad acquistare sul tuo negozio e diventare un cliente fidelizzato. Le 5 W di Google Puoi commercializzare i micro momenti concentrandoti su quelle che nel giornalismo sono conosciute come le 5 W: Who: capire chi è il tuo target di pubblico; What: le persone cercano le stesse cose, ma magari lo fanno in modo diverso; Where: dove cercano le persone e in quale aree vanno in un sito web durante le loro ricerche; When: quando le persone fanno le loro ricerche, domanda che può comprendere il mese, il giorno della settimana o l’ora del giorno; Why: un utente potrebbe chiedersi perché dovrebbe spendere presso un e-shop o un locale piuttosto che in un altro. Andando più nello specifico delle 5 W, il “chi” può aiutare a reperire i dati demografici del proprio target di pubblico, le loro esigenze e le abitudini d’acquisto; il “cosa” aiuta a capire per l’appunto cos’è che stanno cercando in quel determinato frangente; il “dove” individua il momento in cui si vuole andare da qualche parte specifica; il “quando” indica il momento preciso di un micro momento, che può essere un periodo dell’anno, un momento specifico della giornata, un giorno della settimana ecc. Dalla valutazione di queste 4 W diventa più facile capire il “perché” e quindi creare una campagna capace di indirizzare per mano il potenziale cliente verso il proprio brand, rispondendo a dubbi e domande e fornendo tutte le informazioni necessarie per risolvere un problema. Le strategie per sfruttare i micro momenti Ora sai tutto dei micro momenti, ma come impostare la tua strategia per conquistare i potenziali clienti? Naturalmente devi valutare il tuo target di pubblico e il mercato in cui operi, ma ci sono delle tecniche universalmente valide per tutte le tipologie di business. Tanto per iniziare dovresti capire quali sono i micro momenti che vuoi intercettare. Sarebbe preferibile intercettarli tutti, ma chiaramente non è possibile, quindi devi individuare quelli che contano per te e per la tua azienda e che davvero possono fare la differenza per il tuo business. Se ad esempio hai un ristorante, dovresti concentrarti sul “voglio andare”; se invece hai un’azienda e vendi prodotti i momenti sui quali concentrarti sono il “voglio sapere” e il “voglio fare”. Esserci per gli utenti è importante, ma lo è ancora di più esserci in modo intelligente e consapevole. Più nello specifico devi capire come rispondere efficacemente alle domande che gli utenti si pongono. Le tue risposte devono essere per prima cosa pertinenti, ma non basta. Anche i tuoi competitor infatti proveranno a rispondere in modo pertinente alle domande di quel target di pubblico. Cosa fare allora? Per creare contenuti vincenti affidati alla creatività e all’empatia, creando un rapporto diretto con gli utenti e offrendo soluzioni differenti capaci di esaudire ogni desiderio tramite una user experience piacevole. Infine ricordati di tracciare e monitorare il percorso degli utenti e misurare i risultati ottenuti con le varie strategie di micro moments secondo gli obiettivi che ti sei prefissato. Così facendo puoi trarre utili spunti non solo sull’efficacia delle strategie adottate, ma anche sull’evoluzione dei bisogni dei tuoi momenti. In questo senso è molto utile Hubspot CRM, che ti permette di monitorare i risultati delle tue campagne e di pianificare le fasi successive della tua strategia di marketing. Considerazioni finali Lo slogan ideale delle strategie di micro moments è “carpe diem”, detto latino che significa “cogli l’attimo” e che ancora oggi è più attuale che mai. Tale strategia va inserita nell’ottica dell’inbound marketing che attrae i clienti con contenuti di valore e, se vuoi saperne di più, ti consiglio di scaricare l’ebook gratuito a fondo pagina per padroneggiare alla perfezione questa particolare tecnica. Image by mdjaff on Freepik
I social e la Digital Transformation hanno cambiato il modo di approcciarsi agli utenti, oggi i contenuti sono diventati i protagonisti delle interazioni. I nuovi followers e clienti devono essere catturati attraverso le piattaforme digitali e con contenuti che fanno da calamita. In questo contesto è nata la figura del Digital Content Creator: uno specialista dei canali di comunicazione web. In quest’articolo ti sveleremo nel dettaglio cosa fa il Digital Content Creator e per quale motivo tutte le aziende devono avere questa figura nello staff. Il Content creator si occupa principalmente di sviluppo, creazione e messa a punto di contenuti che si trovano su varie piattaforme: siti web aziendali, blog, social media, e qualsiasi altro progetto web. Quindi il Content Creator è solo la persona che scrive? In realtà non è così. Relegare la figura del Web Content Creator ad un semplice copy del Web è riduttivo. Le sue competenze non riguardano solo creare contenuti originali, scrivere in maniera corretta e ideare frasi accattivanti per una landing page. Il suo lavoro si basa sulla costruzione di una strategia che può pregiudicare il successo dell’intero business. Se vuoi sapere come si costruisce la strategia dei contenuti vincenti, continua a leggere l’articolo, e scoprirai cosa fare e soprattutto cosa non fare. Digital content creator cos’è: Basta entrare nel web per trovare una miriade di corsi, tenuti da professionisti del settore, per chi ambisce a diventare Digital Content Creator. L’importanza dei contenuti è stata sottolineata dai più grandi, come il fondatore di Microsoft, Bill Gates che nel 1996 in un suo saggio usò la frase Content is king. Gates descrive il futuro di Internet come un mercato per i contenuti. In effetti, la centralità del contenuto digitale nella comunicazione e nella costruzione di un rapporto tra azienda e clienti è ormai accertata, poiché è il modo con cui l’impresa comunica con il suo pubblico. Negli ultimi anni, il mondo dell’inbound marketing ha fatto nascere nuove figure professionali, sempre più indispensabili. Il content creator è una di queste ed è fondamentale per la comunicazione dei brand. Per spiegare bene cosa sia il digital content creator bisogna partire da cosa vuol dire “saper scrivere per il web”. Produrre buoni contenuti per il web significa scrivere testi che siano accessibili a tutti e abbiano un linguaggio attraente, chiaro e più efficace possibile. Quali sono le caratteristiche di un buon DIgital Content Creator: Creatività e capacità di sperimentare nuove idee; Capire quando caricare un contenuto piuttosto che un altro; Conoscere il pubblico da colpire; Sviluppare contenuti attuali e saper narrare un contenuto per coinvolgere e attirare l’attenzione; Saper utilizzare le tecniche SEO per essere tra i primi risultati nei motori di ricerca. In definitiva il content creator è la mente creativa che struttura i progetti di comunicazione per il web. Con Digital Content Creator, si comprendono tutte le professionalità che scrivono contenuti online: blog, siti web, pagine linkedin e altri social, ma anche quelle che producono video per YouTube, Twitch e Tik Tok. Quindi tra i Content Creator possiamo annoverare: I content writer, come blogger o copywriter; Chi produce video per YouTube, Twitch, Tik Tok, o video editor; I professionisti di Instagram, Twitter o altri social come Snapchat; Chi cura i contenuti di pagine e gruppi Facebook o LinkedIn, o per siti web; Ipodcaster o audio editor. Il contenuto creato ha l’obiettivo di raggiungere e stabilire delle relazioni con i clienti/utenti durante il loro customer journey. Come sapere se un contenuto ha raggiunto l’obiettivo? Il riscontro positivo è testimoniato dall'ottenimento di lead, dalla fidelizzazione dei clienti e l’aumento di visualizzazioni ai contenuti creati. Come diventare content creator e perché è una figura indispensabile La figura del social media content creator o del Digital Content Creator è diventata fondamentale per le aziende di tutti i settori (anche non digitali). Senza contenuti di qualità un brand non è possibile attuare strategie di inbound marketing, compromettendo anche le strategie di lead generation eventualmente pianificate. Un sito web o una pagina social rappresentano il biglietto da visita di un’azienda e il luogo dove gli utenti cercano informazioni per capire se acquistare o meno il prodotto/servizio. Ovviamente un ruolo così importante richiede una formazione impegnativa che possa fornire delle competenze specifiche. Ecco cosa deve necessariamente conoscere un Digital Content Creator: Conoscere il mondo del marketing e della comunicazione; Utilizzare i principali software e strumenti informatici, tra cui i CRM; Conoscere in maniera approfondita i vari canali e piattaforme social, in modo da scegliere il formato e il tipo di contenuto più adatto in base alla piattaforma utilizzata; Avere competenze SEO, i contenuti accattivanti valgono per gli utenti, ma anche per Google; Doti di scrittura creativa; Propensione alla sperimentazione e curiosità verso diverse tematiche; Sapersi adattare allo stile comunicativo e agli obiettivi posti dall’azienda; Conoscere il target di riferimento e saper approcciarsi ai clienti, anche se in modo virtuale. Essere Content creator non si impara sui libri di scuola, ma occorre tanta pratica e voglia di mettersi in giorno realizzando contenuti. 7 punti per creare la tua strategia di contenuti Nei progetti vincenti nulla è casuale, ma esistono degli step da seguire per realizzare una strategia di successo di creazione di contenuti. In realtà non esiste una regola fissa, perché i prodotti sul mercato sono molto diversi tra loro e di conseguenza è diverso anche il target di riferimento e il modo di comunicare. Un content creator dovrà creare la propria strategia che vale per il suo prodotto e per il suo pubblico. Detto questo, ci sono delle fasi imprescindibili che un Content Creator deve seguire, per costruire il suo progetto digitale. Definire gli obiettivi da raggiungere: Ogni content strategy ha un traguardo e tutte le azioni di marketing devono mirare allo stesso fine, compresi i contenuti. Per fare qualche esempio i contenuti possono riguardare: l’awareness, l’engagement del consumatore, la lead generation, la credibilità o la fidelizzazione. Individuare il proprio pubblico: La costruzione delle buyer persona è il primo passo per individuare il proprio target e conoscere i suoi bisogni. Ideazione dei contenuti da pubblicare per i diversi canali: La comunicazione con il pubblico può avvenire in diversi modi: newsletters, post sui social, infografica, webinar, articoli blog, landing page. Una volta individuate le tematiche e i canali per veicolare i messaggi si passa alla pianificazione attraverso un Piano Editoriale. I risultati derivanti dalla pubblicazione dei contenuti, in termini di lead generation, possono essere raccolti all'interno del tuo progetto Crm, capendo così sia la provenienza dei nuovi contatti sia quali contenuti hanno avuto una performance migliore delle altre. Produzione dei contenuti: Ecco il vero significato del content creator: la creazione dei contenuti. In questa fase occorre tener presente le regole SEO e mettere in pratica tutta la propria creatività. Diffusione e condivisione dei contenuti: Pubblicazione dei contenuti creati per i diversi canali, organizzandoli, se necessario, con i media giusti. Analisi delle performance: Report e controllo dei risultati ottenuti. Questa fase ha l’obiettivo di misurare in che modo i consumatori hanno interagito con i contenuti del brand e se questo ha impattato positivamente sul customer journey. Ottimizzazione o conferma della strategia: Se i risultati non sono stati ottimali, si correggono eventuali azioni. L’ideale è intervenire in tempo reale per essere più efficaci ed efficienti rispetto agli obiettivi aziendali. Social media content creator: cosa pubblicare sui social Qual è la prima cosa che noti sui canali social e che ti spinge a seguire un’azienda? Quello che pubblica sui social! Curare i contenuti delle proprie pagine social è diventato fondamentale: tutto quello che un utente vede online può condizionare il processo d’acquisto. In base a cosa pubblichi, un utente può scegliere di acquistare o abbandonarti per sempre. Che si tratti di un annuncio sponsorizzato su Facebook o di un post sul blog aziendale, i contenuti devono essere in grado di attirare i visitatori e trasformarli in fedeli followers, oltre che in potenziali clienti che acquisteranno i tuoi prodotti e servizi. Attraverso i tuoi canali social gli utenti devono vivere un’esperienza memorabile, per questo, oggi, è sempre più fondamentale la figura del content creator: una persona, o un team, in grado di occuparsi dei contenuti della tua azienda dalla A alla Z. Senza i giusti contenuti la tua strategia comunicativa è destinata a fallire inesorabilmente. Se vuoi sapere come realizzare una strategia di contenuti da urlo, scarica l’ebook gratis e inizia a produrre contenuti efficaci. 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Lo storytelling aziendale è uno degli strumenti principali a disposizione delle aziende, che lo utilizzano per dare lustro e prestigio al proprio brand. Si tratta fondamentalmente di una storia che veicola i giusti messaggi per arrivare dritto al cuore degli utenti. Perché questa tecnica funziona? Perché le storie piacciono sempre alle persone, purché si crei un legame emotivo tra chi la legge o chi la osserva e purché siano vere e autentiche. Nell’ambito di una strategia di impresa dove risulta fondamentale creare rapporti solidi e duraturi tra aziende e clienti, lo storytelling assume anche più importanza durante la fase di lead generation diventando inoltre utile a chi ha attivo un progetto CRM. L’obiettivo è creare una connessione emozionale che tocchi le giuste corde emotive dei clienti e contemporaneamente sveli cosa c’è dietro il processo produttivo, così da mostrare il volto umano dell’azienda. A questo punto possiamo approfondire la nostra analisi sullo storytelling, cos’è e come metterlo in pratica. Cos’è lo storytelling aziendale: il potere della narrazione Lo storytelling aziendale è il racconto di un brand che vuole avvicinarsi a potenziali clienti per fidelizzarli e vendere i propri prodotti o i propri servizi. Detta così può sembrare una fredda tecnica di marketing, ma in realtà lo storytelling punta tutto sull’aspetto emotivo di una storia. Tramite una storia l’azienda racconta un contenuto, ma in modo decisamente diverso e originale rispetto alla tradizionale narrazione che può essere uno spot televisivo o un banner pubblicitario. La storia deve quindi essere veritiera, reale e soprattutto coinvolgere i clienti per farli sentire parte integrante del racconto. Quando vedi un film o una serie tv tendi generalmente a provare empatia nel personaggio, fino a immedesimarti e fare il tifo per lui. Ecco, uno storytelling deve essere la stessa cosa: chi segue la storia deve identificarsi e compenetrarsi perfettamente nel personaggio, poiché evidentemente affronta le sue stesse problematiche. Ovviamente la storia si conclude con l’happy end e chi ha assistito al racconto può raccogliere utili indicazioni per soddisfare i suoi desideri o risolvere i suoi problemi, il tutto spinto da una potente onda emotiva. Prima ancora di approfondire il discorso sulla creazione di una storia, da un punto di vista emotivo e pratico, è opportuno sapere che esistono tre tipi di storytelling: Organizational storytelling. Sono storie prodotte da soggetti interni all’azienda e l’obiettivo è coinvolgere i dipendenti per farli diventare protagonisti della storia e quindi elementi essenziali di un brand; Storytelling management. I racconti interni di un’azienda coincidono con quelli esterni di clienti e prospect. L’obiettivo è gestire tanto la percezione degli utenti verso il brand, quanto la percezione dei dipendenti all’interno dell’azienda in relazione al proprio ruolo; Storytelling marketing. La narrazione di prodotti e servizi è rivolta esclusivamente verso l’esterno e si propone di coinvolgere i clienti e i prospect facendoli immedesimare nei valori e nella storia del brand, con l’intento di fidelizzarli. Perché lo storytelling aziendale è strategico? Lo storytelling aziendale è strategico soprattutto nell’ottica dell’inbound marketing, una metodologia poco invasiva che mira ad attirare i clienti con contenuti di valore ed esperienze su misura per loro. Sin da bambini ci hanno appassionato le storie, che spesso hanno una morale e ci danno lezioni di vita di cui farne tesoro. In base ad alcune storie addirittura capita di prendere decisioni o di modificare comportamenti. Questo succede perché chi racconta la storia, se lo fa nel modo giusto, entra in sintonia con chi ascolta fino a ragionare nello stesso modo. Nelle persone che si immedesimano in una storia viene sbloccato un ricordo, poiché strettamente legato ad un’esperienza personale e quindi vissuto sulla propria pelle. Un brand che riesce a creare un ponte emotivo con i suoi clienti tramite uno storytelling, avrà più possibilità di restare impresso nella loro mente. Magari il cliente si avvicina alla tua azienda per risolvere un problema o per avere qualche informazione e si ritrova in un racconto in cui si compenetra e si immedesima completamente. La storia aiuta a prendere le decisioni migliori, poiché i prospect comprendono quali conseguenze possono avere le azioni intraprese o, al contrario, quelle non intraprese. Oggi i mercati sono saturi e competitivi, perciò devi trovare una strada alternativa che ti consenta di differenziarti dalla massa e catturare l’attenzione dei clienti. Quella strada è per l’appunto lo storytelling, dove i clienti diventano i veri protagonisti. Creazione di uno storytelling aziendale: cosa fare e cosa non fare Occhio a non confondere lo storytelling con il racconto della nascita dell’azienda, il suo sviluppo, gli obiettivi conseguiti ecc. Sicuramente ci può stare un breve accenno alla storia del brand, ma non si tratta di una semplice narrazione dell’azienda dalla sua nascita fino ai giorni nostri, poiché al cliente questo aspetto interessa relativamente. Altre aziende invece puntano tutto sui numeri, cercando di stupire clienti e prospect con analisi e dettagli relativi alle vendite, ai clienti, ai fornitori ecc. Anche in questo caso una rapida occhiata sui dati ci può stare, ma i numeri sono comunque elementi freddi mentre lo storytelling punta tutto sulle emozioni. Come creare allora uno storytelling perfetto? Per prima cosa la narrazione va inserita in un contesto specifico e deve rivolgersi alle buyer personas della tua azienda. Tieni a mente una cosa importantissima: al cliente non interessa tanto come fai una cosa, ma perché la fai. Le principali multinazionali quando raccontano una storia partono sempre dal perché e solo in un secondo momento si spostano prima sul come e poi sul cosa. Questa segmentazione della comunicazione non è affatto casuale, ma segue questo schema: il perché stimola il lato emotivo del cervello, il quale risulta ricettivo dinanzi alla risoluzione di un problema o alla soddisfazione di un bisogno; il come continua ad alimentare la parte emotiva del cervello che ormai è stata stimolata; il cosa infine stuzzica la parte analitica del cervello, cioè quella più razionale che è stata preceduta dalle emozioni. Esempio di storytelling aziendale: lo schema da seguire Analizziamo adesso gli elementi principali che costituiscono una storytelling: Protagonista; Conflitto; Risoluzione. La storia va chiaramente costruita secondo i buyer personas del tuo specifico settore e deve porsi le domande che si porrebbe ognuno dei tuoi ipotetici clienti. Devi metterti nei panni dei tuoi acquirenti e capire, guardando dal loro punto di vista, quali possono essere le problematiche e le criticità da affrontare. Il cliente ha bisogno di sentirsi compreso e valorizzato e il modo migliore per riuscirci è affrontare un suo problema tipico e soprattutto spiegare come risolverlo. Tutto questo processo deve creare empatia per relazionarti perfettamente con il tuo pubblico, ma a questo punto c’è una domanda da porsi: quale persona bisogna usare durante la narrazione? La prima, la seconda o la terza? E ancora singolare o plurale? Tutto dipende da come vuoi raccontare la storia e che tipo di rapporto desideri instaurare con i tuoi clienti. Se vuoi dare un senso di autorità è preferibile la prima persona, purché il narratore abbia un volto e un nome, come l’autore di un ebook o un articolo di blog. Il protagonista della storia è chi ascolta o chi legge? In tal caso è preferibile usare la seconda persona singolare o plurale, ma è importante che tu conosca perfettamente le esigenze, i bisogni e le necessità del tuo pubblico con il quale devi avere quasi un rapporto intimo. Quando si usa invece la terza persona? Solitamente nei case-history o quando vengono interpellati direttamente clienti che raccontano la loro storia e spiegano come hanno risolto un problema. Puoi usare la persona che vuoi, l’importante è che la narrazione sia coerente e rivolta al tuo target di pubblico. Il secondo step è il conflitto, senza il quale lo storytelling sarebbe una semplice presentazione aziendale come quella proposta dai competitor. Il conflitto non necessariamente deve avere una svolta drammatica, ma rappresentare una criticità o una problematica con la quale il protagonista della storia (quindi il tuo buyer personas) deve fare i conti. Ed è qui che il pubblico viene coinvolto e stimolato poiché si sente chiamato in causa in prima persona. L’ultima componente della storytelling è infine la soluzione. I tuoi clienti si sono immedesimati nella storia poiché evidentemente si sono ritrovati in quella situazione, ma vogliono anche sapere come risolverla e come uscirne fuori. Non necessariamente deve esserci l’happy end, ma serve una call to action che stimoli l’utente a rivolgersi alla tua azienda in modo autonomo e non forzato per raccogliere ulteriori informazioni e capire come risolvere la sua problematica. Conclusioni finali Il visual storytelling aziendale comprende immagini, disegni, grafiche, animazioni o video che narrano una storia e rappresenta una delle fonti maggiormente utilizzate poiché ha un elevato impatto emotivo. Tutto però dipende dal contesto, dal pubblico a cui ti rivolgi e dal tuo settore. A seconda dei casi fonti di storytelling possono essere canali social, blog, articoli ecc. Per essere un buon narratore devi conoscere e ascoltare il tuo pubblico, così da poter catturare lead inserendoli poi nel CRM aziendale, andando poi a pianificare strategie per creare relazioni solide e durature con i tuoi clienti. Per apprendere ulteriori informazioni su come trovare contatti per la tua azienda ti basta eseguire il download della risorsa gratuita a fine articolo che ti propone come iniziare a costruire una valida strategia di lead generation. Image by Freepik
Rispetto al passato le relazioni con i clienti si sono evolute: si parla, si acquista e si fanno resi tramite app, chat o sito web. Il Digital ormai è la parola d’ordine per facilitare il rapporto con i clienti, per questo si è affermato il Digital Customer Experience. Partiamo subito con il capire di cosa si tratta. Secondo la definizione di Meyer e Schwager del 2007 in Understanding Customer Experience, quest’ultima è “la reazione interiore e soggettiva del cliente di fronte a qualsiasi contatto diretto o indiretto con un’impresa”. Con Customer Experience si intende il modo in cui l'azienda interagisce con i clienti nelle varie fasi del processo d’acquisto e come gli utenti percepiscono l’azienda dopo averci interagito. Unendo la parola Digital a Customer Experience, si aggiunge l’attenzione a tutti i canali digitali attraverso i quali il customer journey si snoda, vale a dire il percorso che ogni consumatore compie dal momento in cui si interessa ad un prodotto o ad un servizio fino a quando si relazionerà con i servizi post vendita. Questo percorso è fondamentale per un’azienda e può essere la discriminante tra successo o fallimento. Se i clienti avranno un’esperienza positiva daranno il via ad un circolo virtuoso in termini di passaparola e si trasformeranno in brand ambassador per l’azienda. Al contrario se l’esperienza è negativa, non solo non consiglieranno il prodotto, ma scoraggeranno gli altri ad acquistarlo, facendo una pessima pubblicità. Da questo si evince che il segreto per un inbound marketing che funzioni e che generi nuovi contatti è una Customer Experience su misura, cucita sul cliente. Vediamo come creare una Customer Experience Digitale che coinvolga i clienti risolvendo in breve tempo i loro problemi e che li faccia sentire unici. Le regole d'oro per una Customer experience di successo La rivoluzione digitale ha portato un ribaltamento di prospettiva: l’attività di marketing è passata da essere orientata al prodotto ad essere orientata al cliente. La Customer Experience è soddisfacente quanto il customer journey, vale a dire il percorso dell’utente che porta all’acquisto di un prodotto o un servizio, risulta un’esperienza piacevole e priva di complicazioni (per il cliente). Il percorso del cliente si divide in cinque tappe, ognuna deve essere curata attentamente per ottenere la soddisfazione del cliente. Le tappe del customer journey sono: Awareness: il cliente deve venire a conoscenza del tuo prodotto; Familiarity: il prodotto diviene familiare e quindi riconoscibile; Consideration: valutazione all’acquisto e ricerca delle informazioni; Purchase: il cliente acquista il prodotto; Loyalty: il cliente diventa fedele al brand. In questo percorso del cliente l’utilizzo del digitale consente di attivare un rapporto diretto, tramite il sito, app, chatbot e altre tecnologie. Inoltre, i clienti, sono ormai abituati ad avere prodotti personalizzati, che vengono proposti a seconda dei loro gusti. Le aziende, quindi, devono essere in grado di muoversi in questo mondo digitale e consumer centric. Questo si traduce nella consapevolezza che tutte le interazioni, fisiche o virtuali, concorrono a creare un’esperienza unica, che porterà ad un rapporto stabile e continuo. Per questo tutte le strategie di vendita e di promozione dovranno mettere al primo posto cosa pensa il cliente e di cosa ha bisogno. Come abbiamo detto, gli strumenti al servizio della Customer Experience sono vari, dai chatbot a tutta la gestione con il crm ma, nonostante le loro grandi potenzialità, bisogna saperli usare nel modo giusto per farli funzionare al meglio. Ecco alcuni consigli per migliorare la Digital Customer Experience: 1. Dare solo informazioni chiare e puntuali Gli utenti che usano le nuove tecnologie vogliono ricevere informazioni precise in maniera rapida. Insomma, non amano perdere tempo, e si aspettano che tu capisca esattamente il loro problema. Per elaborare risposte adeguate occorre monitorare i comportamenti degli utenti online e personalizzare la loro esperienza. 2. Essere omnicanale I consumatori possono effettuare acquisti da casa, per strada o in ufficio da pc, tablet, smartphone ecc. Il percorso dei clienti varia da soggetto a soggetto e da momento a momento. Per questo un’azienda deve dotarsi degli strumenti giusti e formare il suo team di assistenza clienti per essere pronto a rispondere alle domande dei consumatori su tutti i canali disponibili. 3. Usare il giusto linguaggio di comunicazione a seconda del canale Ogni piattaforma digitale ha modalità comunicative diverse, è importante per ciascuna di esse sapere veicolare i messaggi nel modo corretto. Gli stili comunicativi dell’azienda devono essere uniformi, ma bisogna considerare che ogni canale avrà un target diverso e bisogna saper parlare la loro lingua. 4. Risolvere i problemi in modalità self-service Se un sito web di un’azienda possiede una buona knowledge base, nella quale sono raccolte domande frequenti, articoli, video, guide, schede tecniche, i clienti sono in grado di risolvere da soli problemi semplici, ricevendo una risposta rapida e pertinente ai loro bisogni. Il cliente si rivolge all’assistenza solo in caso di problematiche più complesse, riducendo in questo modo le attività time consuming. 5. Regalare esperienze uniche I clienti sono sempre più esigenti e pretendono un servizio plasmato e tarato sulle loro necessità. Questa esigenza non riguarda solo la fase di acquisto, ma anche il supporto di pre e post vendita. Durante tutto il processo di acquisto i consumatori si aspettano un servizio di supporto perfetto. 6. Arrivare prima dei clienti Un atteggiamento proattivo che mira a risolvere esigenze specifiche rappresenta un ulteriore salto in avanti per la qualità dell’offerta aziendale e del rapporto cliente-azienda. Intelligenza artificiale e machine learning sono in grado di fornire azioni automatiche mirate a soddisfare le aspettative dei clienti. Questo permette di evolvere e rispondere a più richieste durante tutto il percorso del cliente, rapidamente e soprattutto in tempo reale. Gli strumenti tecnologici per una buona Customer Experience Gli utenti ricercano una risposta immediata per i loro problemi, anzi il più delle volte si aspettano che le aziende già conoscano i loro problemi. Questa sfida di velocità viene affidata ai chatbot e voicebot, strumenti basati sull’intelligenza artificiale. I chatbot sono software informatici programmati per comunicare e interagire con gli esseri umani. I più recenti progressi in tecnologia e intelligenza artificiale hanno consentito ai chatbot di essere scambiati per esseri umani. I chatbot sono in grado di rispondere in modo coerente, comprendere il linguaggio umano e il testo e dare risposta in modo appropriato. Per questo motivo sono molto utilizzati nel settore del servizio clienti. I chatbot sono in grado di assistere immediatamente i clienti e ridurre il numero di tickets che gli operatori del servizio clienti devono sbrigare. Inoltre, possono anche migliorare l’esperienza di servizio coinvolgendo costantemente i clienti e avviando una conversazione. Tuttavia, questo non è l’unico uso possibile dei chatbot di intelligenza artificiale. Questi strumenti, infatti, possono anche aiutare ad analizzare le richieste dei clienti e raccogliere dati. Le aziende ottengono molte informazioni dalle metriche fornite dai chatbot. Inoltre, se si desidera fornire servizio clienti 24/7, allora questi chatbot rappresentano una buona opzione poco costosa. Fa parte del macrocosmo dell’intelligenza artificiale anche la sentiment analysis, che analizzando le conversazioni comprende l’approccio emotivo del cliente rispetto al brand e permette ulteriori indagini, come previsioni di comportamenti futuri. Nel caso avessi iniziato un progetto Hubspot, puoi prevedere anticipatamente la presenza dei chatbot, facilitando quelli che sono le interazioni tra utente e azienda. Come si misura la Customer Experience Se “il cliente ha sempre ragione”, è ormai una frase vecchia ed obsoleta, è pur vero che i feedback dei clienti hanno un grandissimo peso nella credibilità di un marchio. Fino a qualche anno fa la customer experience era importante solo per le grandi aziende, ma oggi in un mercato sempre più competitivo diventa un aspetto fondamentale anche per piccole e medie imprese. Un misuratore della customer experience non esiste, ma sono disponibili vari mezzi e tecnologie per capire se l’attività sta andando nella direzione giusta o la strategia sta fallendo. La prima regola è dotarsi di sistemi digitali che raccolgono le informazioni ed i dati, così da poterli analizzare e adottare le giuste contromisure e strategie. La condivisione dei dati raccolti tramite tecnologie permette alle piccole e medie imprese di migliorare i servizi offerti. In un mondo così interconnesso aumenta esponenzialmente la quantità di dati, che devono essere analizzati per aumentare la propria competitività. Realizzare un sito con Hubspot CMS permette di creare siti ad alta Customer experience, con la possibilità di raccogliere tutti i dati in un CRM con la possibilità di accedere a preziosi insights. Se vuoi conoscere di più a riguardo dell'inbound marketing e come Hubspot può aiutarti a creare una customer digital experience unica per riuscire a fidelizzare i tuoi contatti, scarica il nostro ebook gratuito. Image by rawpixel.com on Freepik
Viviamo in un mondo dominato dalla tecnologia, su cui si basano tutte le aziende indipendentemente dal settore in cui operano. In tale contesto c’è stata una vera commistione tra marketing e digitale, che camminano di pari passo e non possono fare a meno l’uno dell’altro, tant’è vero che si parla di Tech Marketing, MarTech o Marketing Technology. Questa nuova tendenza può essere chiamata in vari modi, ma l’obiettivo finale è uno solo: sfruttare i canali digitali e velocizzare i processi di digital marketing per intercettare le nuove esigenze dei clienti, facendo un uso corretto delle tecnologie a disposizione. La maggior parte delle interazioni tra azienda e cliente avviene online, dove confluiscono e vengono scambiati una serie di dati che contengono informazioni preziosissime. L’utilizzo di un adeguato CRM, che raccoglie e “traduce” i dati in informazioni e rafforza le relazioni tra clienti e aziende, supportato da valide strategie di marketing technology rende il business molto più fluido e veloce, come impone il mercato attuale. Cos’è la marketing technology? La marketing technology è quell’insieme di tecnologie usate nel marketing digitale ma anche per ottimizzare i canali di marketing offline. Il settore ha iniziato a svilupparsi dal 2011 e negli ultimi anni ha fatto passi da gigante. Il MarTech ha raccolto grande consenso tra le aziende poiché rende tutte le organizzazioni interne più efficaci e più efficienti. Nello specifico ha portato a tre importanti benefici: Le laboriose attività di marketing, che fino a pochi anni fa venivano svolte manualmente dall'uomo richiedendo un enorme dispendio in termini di risorse umane e di tempo, oggi vengono automatizzate. In pratica l’azienda ottiene di più ma investendo di meno; La tecnologia di marketing può fornire informazioni preziose sul ROI, dando quindi utili indicazioni per gestire e investire le risorse economiche in modo oculato. Una volta identificato il ROI, puoi decidere se aumentare o ridurre i tuoi investimenti massimizzando così i costi; La MarTech aiuta i team di marketing ad essere più efficaci nell’acquisizione e nella fidelizzazione dei clienti, un vantaggio non da poco in un’epoca dove la strategia sovrana è l’inbound marketing. In generale il Tech Marketing, tramite l’utilizzo di strumenti specifici, aiuta a progettare, creare e ottimizzare campagne di marketing sfruttando diversi canali e garantendo una customer experience piacevole e personalizzata secondo le preferenze dei vari clienti. Le strategie MarTech inizialmente sono nate proprio per profilare meglio i clienti fidelizzati, ma col tempo sono state impiegate e sfruttate in altri ambiti come il monitoraggio dei commenti social, delle interazioni con i chatbot o la lettura di un’email. Quali sono gli strumenti utilizzati nella Marketing Technology? Per sfruttare al massimo i benefici della Marketing Technology per prima cosa è opportuno scegliere un ottimo CRM per gestire le relazioni con i clienti e sfruttare alla perfezione i dati a disposizione. In tale ottica HubSpot CRM è uno dei migliori alleati per consolidare i rapporti con i clienti sia nell’ambito del B2B che del B2C. Naturalmente bisogna conoscere anche gli strumenti a disposizione per sfruttarne nel modo giusto tutte le potenzialità. Ecco un elenco delle tecnologie più diffuse per snellire e velocizzare i tuoi processi: Advertising. Il MarTech in ambito pubblicitario ti dà la possibilità di accedere ad una fetta di pubblico che altrimenti resterebbe fuori dalla tua portata. Utilizzando specifici strumenti, come quelli della mobile marketing technology, puoi promuovere prodotti o servizi sfruttando i dispositivi mobile. In questo modo i clienti in target accedono a contenuti personalizzati, ma anche contestualizzati nel tempo e nello spazio. Le tue promozioni risultano così estremamente mirate e aumentano in modo significativo il tasso di conversione. Puoi sfruttare gli annunci di ricerca tramite Google, gli annunci di remarketing tramite Facebook o ancora ricerche di lavoro su LinkedIn; Analytics. Gli strumenti di web analytics, marketing analytics, customer intelligence e gestione dei dati dei clienti sono la pietra angolare del tuo team di marketing. Oltre a reperire dati preziosi, con questi strumenti puoi ottenere analisi approfondite sulle prestazioni dei contenuti e sull’andamento del ROI; Gestione dei contenuti. Per gestire al meglio le campagne di content marketing e videomarketing o le strategie di remarketing e retargeting hai bisogno di software specifici che consentano di fare arrivare tali contenuti alle persone giuste ed entro i tempi stabiliti. I marketer producono contenuti ben studiati per vendere i loro beni e servizi ma, se non vengono distribuiti tempestivamente, sono tutte risorse che vanno in fumo. Per ottenere un valore aggiunto dai contenuti brandizzati è di fondamentale importanza gestire efficacemente le risorse digitali a propria disposizione; CRM. Pianificare un progetto CRM efficace e ben strutturato aiuta a generare ulteriore valore dalla base clienti già esistente, così da aumentare il ROI delle attività di acquisizione. Il CRM migliore va scelto a seconda del numero dei tuoi clienti e della tipologia di business; social media. Il mondo dei social è talmente ampio e variegato che, per sfruttarne tutti i vantaggi, devi necessariamente usare soluzioni specifiche di social media marketing. CRM, chat, webinar e meeting sono alcuni degli strumenti messi a disposizione delle aziende; email marketing. Un altro strumento da non sottovalutare, che invece tende ad essere snobbato, è l’email marketing. L’email è un modo assolutamente efficace per raggiungere i clienti, che mediamente controllano la loro posta elettronica almeno una o due volte al giorno. Basta quindi usare i giusti strumenti che consentono di automatizzare l’invio dei messaggi di posta elettronica, così da avviare efficaci strategie di email marketing. Quali sono i vantaggi? Sfruttando le tecnologie e le strategie messe a disposizione dalla marketing technology, i commercianti online ottengono una serie di benefici tangibili a partire da una migliore comunicazione con i clienti. Marketing prima di tutto significa comunicazione, che risulta estremamente personalizzata anche perché veicolata tramite le piattaforme e i canali preferiti dallo stesso target di pubblico. Sempre in tale ottica è possibile mettere in atto una strategia di marketing omnichannel, in grado di toccare e presidiare tutti i touch point della comunicazione ma anche della stessa vendita. Tramite un’adeguata strategia di technology marketing research, cioè una ricerca di mercato finalizzata a raccogliere le informazioni sugli aggiornamenti delle strategie di marketing, i commercianti online possono adottare le decisioni più adeguate secondo gli obiettivi che intendono perseguire. Le ricerche di mercato servono anche per reperire informazioni preziose sui clienti e sui lead, monitorando costantemente il loro customer journey per valutare comportamenti, preferenze e criticità durante i vari step. Con l’aumento dei clienti e il perfezionamento delle strategie di vendita, come il cross-selling e l’up-selling, cresce significativamente anche il fatturato. Più risorse hai a disposizione e più sono gli investimenti che puoi fare per migliorare e modernizzare la tua attività. Le attività di Marketing Technology ti consentono di migliorare il ROI, quindi anche se hai un budget limitato puoi ottenere il massimo dalle risorse a disposizione senza investimenti inutili. I tuoi team di marketing e di vendita riescono a lavorare in perfetta sinergia, potendo contare su informazioni dettagliate e sempre aggiornate e trovando strategie comuni. Quali cambiamenti ha apportato l’ingresso della Marketing Technology nella vita aziendale? La Marketing Technology ha apportato numerosi cambiamenti all’interno della vita aziendale, a partire dall’ottimizzazione e dell’automatizzazione di diverse attività che, altrimenti, sarebbero state poco performanti. Tutti i team possono così migliorare il loro approccio data-driven, cioè un utilizzo intelligente dei dati raccolti per poi adottare le decisioni strategiche più in linea con le risorse e i mezzi a disposizione e gli obiettivi da conseguire. Viene così consolidata la crescita dell’azienda, che può costruire relazioni durature con i suoi clienti e mantenerle nel corso del tempo. In tale ottica il MarTech contribuisce a formare aziende data-driven, che cioè considerano la gestione dei dati non un semplice fattore tecnico, ma un pilastro fondante e strategico della loro intera attività. Con il termine data-driven si fa riferimento ad un approccio basato sui numeri e quindi su dati oggettivi, sui quali prendere decisioni strategiche per il futuro. Si riducono notevolmente i margini di errori poiché le future iniziative e strategie non si basano su intuizioni o considerazioni personali, ma su dati certi ed empirici che rappresentano una solida base dalla quale partire. Si avvia così quel processo virtuoso di change management che porta la cultura del dato a tutti i livelli aziendali. La cultura aziendale moderna basata sulla MarTech mira proprio a sradicare vecchi pregiudizi e diffondere nuovi concetti tangibili e misurabili come obiettivi e strategie che poggiano su dati certi e inconfutabili. Conclusioni La cultura aziendale è un paradigma valido più che mai per valutare il successo di un’azienda e, per essere messa in pratica, ha necessariamente bisogno della Marketing Technology che non si sostituisce all’uomo, ma anzi rappresenta un validissimo alleato per velocizzare i processi e facilitarlo in tutte le attività, da quelle più semplici a quelle più complesse. Nel corso dell’articolo abbiamo più volte sottolineato l’importanza del CRM, in particolar modo di Hubspot, software completo per pianificare le tue campagne di marketing. Per saperne di più scarica l’ebook gratuito a fondo pagina. Image by DCStudio on Freepik
Nell’epoca digitale che stiamo vivendo la comunicazione rischia di essere veloce e automatizzata, trasformando i consumatori in automi che devono esclusivamente acquistare. Tutto questo è profondamente sbagliato poiché, anche se il periodo attuale rappresenta l’apice della digital transformation, le persone continuano ad essere appunto esseri umani che vivono e si nutrono di emozioni. Ecco perché dobbiamo parlare di marketing esperienziale, noto anche come experiential marketing, in grado di toccare le giuste corde emotive del consumatore per andare al di là della semplice e fredda vendita. Nei seguenti paragrafi ti illustro una serie di esempi di marketing esperienziale capaci di coinvolgere, stimolare e risvegliare la curiosità del cliente, suscitando in lui reazioni forti. Il marketing esperienziale funziona anche perché pone il cliente al centro delle campagne di marketing, un fattore tutt’altro da sottovalutare in un mercato fortemente “cliente-centrico”. Cos’è il marketing esperienziale? Prima di analizzare gli esempi, è opportuno spendere due parole sul marketing esperienziale per capire esattamente cosa sia. L’obiettivo è creare una connessione unica e irripetibile tra il brand e il cliente che, a differenza di quanto si possa pensare, al momento dell’acquisto è spinto principalmente dall’inconscio e dall’impulso piuttosto che dalla razionalità. Questo succede proprio perché il consumatore, durante la navigazione online o lo shopping tra i negozi fisici, può “innamorarsi” di un prodotto che magari non è di fondamentale importanza, ma consente di soddisfare un suo desiderio o un suo bisogno primario. Il marketing esperienziale si basa quindi su un’offerta personalizzata per il cliente dall’alto impatto emotivo, che lo spinge verso l’acquisto e di conseguenza verso la fidelizzazione. Una campagna di marketing esperienziale non necessariamente deve condurre l’utente all’acquisto, quanto piuttosto alla conoscenza del brand nel quale può rispecchiarsi e identificarsi completamente. Una volta conosciuto meglio il concetto di marketing esperienziale, possiamo concentrarci maggiormente sugli esempi che ci offre il mercato. Marketing esperienziali digitali: gli esempi nel mondo dell’online Per comprendere meglio cos’è l’experiential marketing vale la pena fare la conoscenze di due persone: Joseph Pine II e James Gilmore, i fondatori di Strategic Horizons LLP, società nata per sviluppare e progettare nuove attività imprenditoriali e spingere i manager ad adottare una visione creativa e innovativa del marketing e del mondo in generale. Pine e Gilmore in breve sostengono che abbiamo vissuto 4 epoche dell’economia: Economia delle materie prime; Economia della produzione di beni; Economia della produzione dei servizi; Economia della produzione esperienziale. Quest’ultima è l’era che stiamo vivendo in questo preciso istante e che impone la produzione di esperienze coinvolgenti. A tal proposito secondo Pine e Gilmore le esperienze prodotte possono essere di 4 tipi: Di intrattenimento. Le persone assorbono passivamente ciò che capita intorno attraverso i sensi, come l’ascolto della musica; Educative. Le persone vivono gli eventi attivamente sia con il corpo che con la mente, come i corsi di formazione; Estetiche. In tal caso ci si immerge totalmente in un evento ma restando passivi, come una mostra artistica; Di evasione. Si partecipa in modo attivo ma solo per “evadere” dalla realtà, come può essere una partita di carte tra gli amici. Il marketing esperienziale online può realizzarsi sotto diverse forme, quindi analizziamo due dei “volti” più gettonati: lo storytelling e i social. Marketing esperienziale online: lo storytelling Oggi sono sempre di più le aziende che si affidano allo storytelling per abbattere qualsiasi filtro con i clienti e raggiungere direttamente il loro cuore e la loro mente. Tutti amano le storie, soprattutto se coinvolgono direttamente lo spettatore. Le tue storytelling devono per l’appunto catturare lo spettatore, facendolo sentire non solo parte attiva ma il protagonista principale della storia che sta osservando. Quando un visitatore si immedesima in un personaggio fa il tifo per lui, perché sa che potrebbe trovarsi al suo posto. Una storytelling ben strutturata, con un inizio e una fine, dimostra l'autenticità del brand e ne svela il volto umano che si cela dietro la produzione di beni o servizi. Lo stesso visitatore entra più facilmente in sintonia con il brand, nel quale si identifica totalmente. I clienti oggi sono sempre più consapevoli di quello che vogliono ma anche del mercato in cui si muovono, quindi se vuoi conquistarli devi percorrere strade alternative che sappiano toccare le giuste corde emotive. Le persone si ritrovano a comprare prodotti di brand diversi, ma con caratteristiche e prezzi più o meno simili. Cos’è che può fare la differenza? L’esperienza emozionale appunto! Emoziona i consumatori e stai certo che diventeranno tuoi fedeli clienti. Il marketing esperienziale tra l’altro si inserisce perfettamente nelle strategie di inbound marketing, poiché i potenziali clienti amano immedesimarsi nelle storie, soprattutto se toccano aspetti che li interessano da vicino, quindi sono invogliati a conoscere meglio la tua azienda se li riesci ad attrarre con i giusti argomenti. Marketing esperienziale nei social Quando parliamo di marketing esperienziale non possiamo fare a meno di parlare di social dove è possibile trovare di tutto, soprattutto emozioni! Tra gli esempi di marketing esperienziali applicati ai social più famosi c’è la campagna “Because Yum” di Kellogg’s. Le modalità sono tanto semplici quanto coinvolgenti: si tratta di una serie di 18 brevi filmati, diffusi sui principali social da Facebook a Youtube, da Twitter ad Instagram, che spingono gli utenti a pensare ai cereali non solo come un semplice snack, ma come un pasto da assumere nei più svariati momenti della giornata. Seguendo le ricette suggerite i followers possono così realizzare semplici ricette per gustarle in ogni momento della giornata: dopo la palestra, durante una pausa lavoro o anche dopo cena. Anche il cibo è emozione e così la campagna dall’alto impatto emotivo ha avuto un grande successo. Driver utilizzati in questo caso? Divertimento, social experience e esperienza pratica su quel prodotto. Marketing esperienziali: casi aziendali di successo Il marketing esperienziale per avere successo deve creare un’esperienza memorabile, capace di coinvolgere lo spettatore e regalargli emozioni uniche e indimenticabili. Ed è stata sicuramente memorabile la campagna di marketing denominata Stratos griffata Red Bull, che è sempre stata in prima linea nella copertura degli sport estremi per regalare emozioni forti ai suoi clienti. Del resto Red Bull è una bevanda energetica, quindi il suo target di pubblico è composto principalmente da persone che fanno sport, anche estremi. Ritorniamo alla campagna: in cosa consisteva Stratos? In pratica un paracadutista austriaco, Felix Baumgartner, si è lanciato da un’altezza record di 128.000 piedi da un grande pallone riempito di elio. La cosa notevole è che l’intero evento è stato trasmesso in streaming dal vivo, raggiungendo un altro record di visualizzazioni: oltre 8 milioni di spettatori! Un altro esempio altamente coinvolgente di marketing esperienziale porta la firma di Coca-Cola, colosso che non ha bisogno di presentazioni e che ha sempre saputo toccare le giuste corde emotive. A Zurigo, durante la Coppa del Mondo, Coca-Cola ha posizionato un’esperienza VR davanti ad una stazione ferroviaria, dove i passanti potevano tranquillamente interagire, giocare e fare anche qualche azione con un popolare calciatore proiettato sullo schermo. Anche in questo caso i driver utilizzati sono quelli del divertimento, dell'esperienza provata in prima persona e dell'emozione di giocare con il proprio idolo. L’esperienza ebbe uno straordinario successo anche perché fu organizzata in concomitanza con un evento di grandissimo fascino e richiamo come appunto un Mondiale di calcio. Le campagne devono essere studiate tenendo conto il proprio target di pubblico, ma anche sfruttando eventi importanti che riguardano il proprio brand. In tal caso la Coca-Cola è sempre stata associata al mondo dello sport, quindi niente di meglio di una campagna basata sui Mondiali di calcio. Marketing esperienziali: esempi nella moda Come già accennato, sono pochi gli acquisti che possiamo definire razionali, anzi molti di essi si basano sulla necessità di affermare la propria identità, sentirsi parte di un gruppo o di un appagamento personale. Il settore che probabilmente meglio di tutti gli altri soddisfa queste necessità è la moda. Nulla è più istintivo dell’acquisto di un capo d'abbigliamento, un cappello o un paio di scarpe e non è un caso che il marketing esperienziale abbia fornito i risultati più interessanti proprio nell’ambito della moda. Lo shopping online destinato ad acquistare capi d’abbigliamento, esattamente come nei negozi fisici, viene percepito dai consumatori come un divertente passatempo che ha bisogno di sussulti emotivi per raggiungere il suo picco massimo. Pinko ad esempio, fashion brand italiano, regolarmente invita i suoi clienti nei suoi punti vendita e presenta le nuove collezioni accompagnando l’intero evento con aperitivo e dj set, trasformandolo in una vera festa. Una strategia piuttosto simile a quella di AW LAB, che organizza spesso cene e concerti dove sono invitati principalmente giovani, che rappresentano anche il target di riferimento del brand. Molte di queste esperienze possono aiutare a trovare nuovi lead per le imprese. Se quest'ultime hanno già avviato un progetto CRM, hanno tutte le carte in regola per accompagnare l'utente all'acquisto oppure a farlo partecipare ad altre emozionanti esperienze. Nessuno degli esempi di marketing esperienziale citati infatti è fine a se stesso: il fine ultimo delle imprese è la crescita del business e delle vendite. Conclusioni Affinché la tua campagna di marketing esperienziale abbia successo parti dall’idea che, prima ancora di un prodotto, devi vendere esperienze. Il pubblico, soprattutto quello under 35 che è anche quello più attivo online, è più interessato a vivere un’esperienza memorabile e destinata a restare impressa nella memoria, piuttosto che a portarsi a casa un prodotto di qualità ma anonimo. Se sei in cerca di ispirazione puoi scaricare gratuitamente l’e-book a fondo pagina, che ti spiega come trovare più clienti online e aumentare il fatturato con la lead generation. Image by Kireyonok_Yuliya on Freepik
Oggi qualsiasi azienda moderna non può fare a meno di un software e di un’applicazione per la gestione clienti per interagire con loro e analizzare tutti i dati raccolti. I cosiddetti CRM, cioè Customer Relationship Management, sono nati proprio con l'obiettivo di migliorare le relazioni con i clienti, i lead e i prospect, tenendo conto dei loro comportamenti e delle loro preferenze. In questo modo ogni azienda, avendo come riferimento il suo target di pubblico, il mercato in cui opera e i prodotti che commercializza, può personalizzare e ottimizzare la sua strategia comunicativa e di marketing. Proprio per questo motivo il CRM è un elemento fondamentale al servizio del reparto commerciale e del reparto di marketing. Ci sono software per la gestione dei clienti gratis, che hanno funzionalità ridotte, e software a pagamento che offrono invece più funzioni ma per prima cosa è opportuno comprendere bene il concetto di CRM e come sfruttarlo al meglio a seconda delle proprie necessità. Cos’è il CRM? Il CRM è una sorta di database dove confluiscono tutti i dati e le informazioni relative ad un cliente ma anche ad un lead, cioè un visitatore che ha mostrato interesse verso un tuo prodotto o comunque verso la tua azienda. Pensa a quante interazioni hai con clienti o prospect ogni giorno sui social, sul sito web, sul blog o sull’e-commerce: centinaia, forse migliaia. Sarebbe delittuoso perdere tutti questi dati che contengono informazioni preziosissime per il tuo business, ecco perché dovresti raccoglierli in un apposito CRM. Il CRM, proprio perché si rivolge tanto ai clienti già fidelizzati quanto ai lead, opera su due piani: tramite una strutturata strategia di lead generation attira, incuriosisce e inserisce i lead nel proprio database, con l’obiettivo di convertirli in clienti; punta a fidelizzare i clienti già acquisiti per migliorare la loro user experience e fornire servizi sempre innovativi e all’avanguardia per soddisfare ogni loro necessità. Quando lanci un progetto CRM non devi pensare esclusivamente all’aspetto tecnologico, inteso come software, ma ragionare in un contesto più ampio di cultura digitale. Ormai viviamo nell’epoca della digital transformation e, per restare al passo con i nuovi cambiamenti, devi adeguarti a tutti i processi organizzativi e aziendali che richiedono nuove applicazioni. Un CRM quindi da un lato ti aiuta a raccogliere e reperire un quantitativo enorme di dati per poi “tradurli” in informazioni, e dall’altro avvia quel processo di trasformazione digitale che aiuta a snellire e velocizzare i processi per essere competitivi nel proprio mercato di riferimento. App per la gestione clienti Ai software CRM si affiancano e si integrano spesso delle app che contribuiscono a migliorare notevolmente le relazioni con clienti e prospect. Sono disponibili app per la gestione di clienti gratis, molto apprezzati dalle piccole aziende che magari non hanno grandi risorse economiche ma che giustamente vogliono sfruttare tutti i vantaggi messi a disposizione della tecnologia. Tramite le app le aziende possono comunicare rapidamente con i clienti, informarli sulle ultime novità o semplicemente rispondere alle loro domande. Per fare un ulteriore esempio a chi ha attivo un progetto ecommerce, sono disponibili molte applicazioni che si integrano perfettamente con un CRM, come può essere Hubspot, relativi a programmi di loyalty. Queste applicazioni permettono ai clienti di acquisire determinati punteggi in base alle azioni effettuate all'interno dello shop online ottenendo poi dei premi, che possono consistere in prodotti in esclusiva oppure scontistiche personalizzate. Sono piccoli dettagli che però fanno davvero la differenza poiché, in un mercato così livellato e competitivo, sono i particolari che possono determinare il successo oppure l’insuccesso di un’attività. Come sfruttare il CRM nelle vendite online Conviene approfondire il discorso sugli ecommerce CRM, considerando che le vendite online da un paio d’anni a questa parte hanno subito un vero e proprio boom. I CRM pensati per gli shop online gestiscono tutti i flussi di vendita e contribuiscono a trasformare un lead in un cliente, operazione complessa ma fondamentale per aumentare le vendite. Il team di vendita, tramite il CRM, ha la possibilità di monitorare i comportamenti di clienti e lead per poi indirizzarli verso l’acquisto, oppure capire quali frizioni o criticità ci sono state durante il processo di vendita. Tutti i dati raccolti consentono così di creare una reportistica completa e accurata, da sfruttare per comprendere se una data strategia sta dando i risultati sperati o se, al contrario, non ha permesso di raggiungere gli obiettivi e quindi va cambiata. Il team di vendita e il team di marketing possono consultare e utilizzare il CRM contemporaneamente, lavorando così fianco a fianco e remando nella stessa direzione a beneficio naturalmente dell’attività. Lead generation e lead nurturing: come sfruttare il CRM nel modo corretto Oggi è profondamente cambiato il modo di comunicare con i clienti e soprattutto di sponsorizzare i propri prodotti. Fino a qualche decennio fa la comunicazione era unilaterale: il brand proponeva il prodotto al cliente che non aveva altri canali per informarsi. Adesso invece la situazione si è capovolta: il cliente ha a disposizione una moltitudine di canali per reperire informazioni sul prodotto, sull’azienda e in generale sulle proposte disponibili in quel tipo di mercato. La pubblicità invadente e martellante non è più efficiente, come magari poteva essere prima, anzi è deleteria poiché rischia solo di infastidire e irritare il consumatore. Qual è la soluzione allora? L'inbound marketing, che con l'uso di un CRM diventa molto più semplice. In particolar modo, applicando le caratteristiche di questa tipologia di marketing, è utile pianificare la così detta lead generation: questa strategia mira ad avvicinare in modo naturale e non invasivo un utente per poi acquisire la sua email o un suo contatto. L’utente, se rilascia il suo contatto, ha mostrato interesse verso il brand o verso il prodotto. Molte aziende commettono l’errore di considerare quel lead già acquisito e trasformato in cliente, ma non sempre è così. Se quindi intraprendi una comunicazione finalizzata esclusivamente alla vendita, rischi di perdere il potenziale cliente. Perché succede questo? Perché evidentemente l’utente non è ancora pronto per l’acquisto e ha bisogno di ulteriori dati e informazioni per essere convinto al 100%. O magari in quel momento non può sostenere quella tipologia di investimento o semplicemente, ad esempio in un e-commerce di abbigliamento, non è ancora presente in vetrina il colore del vestito che preferisce. Ed è qui che entra in gioco la lead nurturing che “nutre” il potenziale cliente fornendogli altri dati e informazioni. Con i social puoi ad esempio aumentare il livello di engagement, permettendo al lead di conoscere meglio la filosofia aziendale; o magari puoi personalizzare la comunicazione secondo le preferenze, le abitudini o anche l’età del lead. Un’offerta personalizzata, magari un coupon o uno sconto, è un’ottima idea per abbattere le ormai deboli resistenze del potenziale cliente. Ma come fare a sapere quando un utente è pronto all’acquisto o quando è meglio aspettare e perseguire strategie di lead nurturing? Proprio con i CRM, che danno utilissime indicazioni sulla propensione dell’utente all’acquisto. L'importanza di creare relazioni con i clienti Il moderno marketing impone che le aziende creino relazioni con i loro clienti, che devono essere mantenute e coltivate nel tempo. Non pensare che un cliente, solo perché ha fatto un acquisto sul tuo e-commerce, può ritenersi fidelizzato per sempre. Anzi, in un mercato così volatile e in continuo movimento, i clienti sono sempre meno “fedeli” e tendono a spendere dove conviene o dove si sentono maggiormente soddisfatti e apprezzati. Se quindi non crei relazioni con i tuoi clienti, stai certo che lo faranno i tuoi competitor. I clienti hanno aspettative sempre più alte, per questo motivo devi offrire loro un’assistenza multicanale. Questo significa che la tua azienda deve essere raggiungibile tramite vari canali: telefono, sms, chatbot, chat, social ecc. La sopravvivenza di un’azienda dipende proprio dalle relazioni create con i clienti, che vanno coltivate e nutrite sul medio-lungo periodo. Ecco perché il cloud è il luogo perfetto per intessere relazioni con i clienti, che desiderano comunicare tramite social, email o altri canali. Lo stesso canale usato per comunicare dai consumatori è una chiave di lettura che i brand devono usare e sfruttare per capire come personalizzare l’interazione con lead e clienti. Il CRM “filtra” i dati raccolti e li trasforma in informazioni, messi a disposizione delle multinazionali ma anche delle piccole aziende che possono offrire un’assistenza personale e su misura per i loro clienti. Conclusioni In commercio esistono numerosi software CRM che, pur avendo spesso funzionalità simili, sono specializzati in particolari attività. Tra i migliori in assoluto c’è HubSpot, che offre una visione completa sulla gestione dei clienti e offre funzioni specifiche per l’integrazione con l’email marketing e la marketing automation. Poiché il CRM è un elemento centrale per tutte le aziende, che siano piccole, medie o grandi, ti consiglio di scaricare l’ebook gratuito a fondo pagina. Si un ebook informativo che ti saprà dare importanti indicazioni su cos'è Hubspot e perché può essere utile al tuo business. Image by 8photo on Freepik
Stai pensando di avviare una strategia di influencer marketing per rilanciare la tua attività ma non hai idea di come muoverti? Nessun problema, in questo articolo analizziamo da cima a fondo tutto quello che c’è da sapere sull’influencer marketing e quali sono gli step necessari per metterlo in pratica correttamente. Per prima bisogna capire chi sono gli influencer, che possono essere amati oppure odiati, ma di certo sono tra le figure più rilevanti del nuovo millennio in chiave marketing. L’influencer può essere una persona famosa, un blogger o uno youtuber che ha acquisito una certa autorevolezza sul web fino a conquistarsi la fiducia del pubblico. Un influencer con un buon seguito di pubblico che parla bene di un tuo prodotto farà sicuramente schizzare alle stelle la tua brand awareness. Naturalmente l’influencer non deve essere scelto a caso, ma deve rispecchiare la filosofia della tua azienda ed essere in target con il tuo pubblico. Dopo questa breve infarinatura concentriamoci sull’influencer marketing in Italia e sui risvolti che può avere in termini di marketing. Influencer marketing: come funziona? Dai brand più famosi alle piccole attività, tutti sono pazzi per gli influencer che hanno gradualmente sostituito i personaggi famosi nelle campagne pubblicitarie. Cos’è esattamente l’influencer marketing? Si potrebbe definire come una strategia di mercato che sfrutta la popolarità di un personaggio con un buon seguito sui social per sponsorizzare e presentare prodotti e servizi. Perché l’influencer marketing ha fatto irruzione così prepotentemente? Il tutto può essere riconducibile all’esplosione della tecnologia e in particolare dei dispositivi tecnologici, che ci fanno essere sempre più connessi e interattivi. Buona parte della generazione dei Millennials, così come la Generazione Z, è cresciuta a pane e video pubblicitari, quindi ha sviluppato una straordinaria attenzione verso i dettagli e i particolari dei prodotti sponsorizzati dai brand. Fino a 20-30 anni fa aveva un senso ingaggiare un attore o un personaggio famoso per promuovere un prodotto. Oggi però questa strategia non funziona più, non basta che un attore famoso dica che un prodotto è buono per convincere i consumatori ad acquistare. I clienti oggi sono molto più attenti e selettivi negli acquisti e, se vuoi davvero convincerli della bontà della tua proposta, devi ingaggiare persone in cui potersi identificare: gli influencer appunto. Gli influencer non nascono come star (anche se magari poi le diventano), ma come persone normali esperte in un determinato settore, che mettono a disposizione dei followers la loro conoscenza. Individua la giusta figura per la tua azienda e vedrai che ne trarrà beneficio anche il tuo brand, soprattutto se supportato da un efficace progetto CRM in grado di gestire al meglio tutte le relazioni con i clienti. Influencer marketing e inbound marketing: due strategie che camminano di pari passo La tua strategia di influencer marketing avrà ancora più successo se affiancata dall’inbound marketing, basato su contenuti rivolti ad una determinata cerchia di consumatori in target con il tuo pubblico. L’obiettivo dell’inbound marketing è proprio quello di attrarre il consumatore, ma in modo assolutamente naturale e non invasivo. L’utente è stufo delle pubblicità invasive, che magari fanno capolino nel momento clou di un film o che rendono fastidiosa e quasi impossibile la lettura di un articolo su un blog. L’utente oggi vuole scegliere in autonomia quando vedere la pubblicità, così da raccogliere elementi utili su un prodotto che gli interessa realmente. Ed è ancora meglio se il protagonista di quella pubblicità è una persona fidata, un influencer esperto del settore, che come un amico sforna i suoi consigli disinteressati. Questa è la strada del futuro: una pubblicità non invasiva raccontata agli utenti da una persona esperta, per l’appunto l’influencer. Influencer marketing: i 5 step fondamentali per una strategia vincente Prima di avviare la tua strategia di marketing, devi chiederti qual è il tuo obiettivo principale. Vuoi spingere i tuoi utenti verso una determinata landing page? Vuoi promuovere un prodotto specifico? Vuoi rafforzare la brand awareness? Vuoi aumentare le conversioni di un e-commerce? Rispondi a queste domande così da impostare la strategia più adeguata e scegliere anche l’influencer più idoneo alle tue necessità e alla tua azienda. Dopo aver fatto questo puoi impostare la tua strategia che si basa su 4 step fondamentali: La scelta del canale più indicato; Stabilire un budget; La scelta dell’influencer perfetto; Valutazione delle prestazioni. Scegli il canale migliore per fare influencer marketing? L’influencer marketing su Instagram trova terreno fertile, poiché è proprio su questo social che è nato e che si è sviluppato. Instagram sicuramente è un ottimo canale per diffondere e promuovere i propri prodotti, ma la scelta finale dipende da una serie di fattori. Se il tuo target principale è la Generazione Z, la scelta dovrebbe ricadere preferibilmente su TikTok popolato da tanti adolescenti e giovanissimi. Il tuo obiettivo è migliorare il sentiment del brand? Allora meglio virare su Youtube dove magari puoi realizzare delle recensioni di prodotto e tutorial accattivanti e coinvolgenti. Puoi sfruttare anche più canali, ma alcuni influencer preferiscono lavorare solo su determinati social. Stabilire un budget Prima di partire in quarta nella pianificazione della strategia e nella scelta dell’influencer devi stabilire un budget, tenendo conto gli obiettivi che vuoi raggiungere e i prodotti che intendi promuovere. Tra gli esempi di influencer marketing in Italia c’è Chiara Ferragni, mentre negli Stati Uniti c’è Kim Kardashian. Se però hai un budget limitato non puoi certo ambire ai macro-influencer, che hanno al seguito una schiera di oltre 500.000 followers. Non sottovalutare però i micro influencer, che vantano un numero di followers compreso tra 10.000 e 100.000. Se hai un’agenzia di viaggi puoi collaborare ad esempio con un travel blogger abituato a viaggiare, così come se vendi pentole da cucina puoi affidarti ad un food influencer. Non badare tanto al numero di seguaci, quanto piuttosto al peso che un determinato influencer ha in un determinato settore. Insomma se il tuo budget è limitato, punta alla qualità piuttosto che alla quantità. La scelta dell’influencer perfetto Hai fatto una cernita in base al budget e la tua scelta è ristretta ad un numero di 5-6 influencer: come scegliere quello più adatto? Chiaramente il tuo influencer deve essere in linea con la tua filosofia aziendale e con i prodotti che vendi. Se hai una piccola azienda di famiglia che produce birra artigianale, non puoi certo affidare la campagna promozionale ad un influencer astemio o che non ama gli alcolici. Allo stesso modo non devi essere troppo esigente, né tanto meno imporre un determinato stile o una specifica comunicazione all’influencer. Se ad esempio scegli un influencer esperto nel mondo dello sport e vendi scarpette da calcio, non devi pretendere che conosca a memoria le formazioni titolari di tutte le squadre della serie A e della serie B o che sia informato sul numero di scarpe di Messi! L’importante è che presenti il prodotto in modo persuasivo e convincente, sposando la filosofia dell’azienda ma senza snaturare il suo stile e il suo modo di essere. Valutazione delle prestazioni Al termine della campagna promozionale devi chiaramente valutare le prestazioni, anche per capire se il tuo investimento è stato mirato o se magari hai sbagliato qualcosa durante la strategia. La valutazione va fatta in base agli obiettivi che ti eri prefissato. Se il tuo obiettivo era fare lead generation, devi verificare il numero e le tipologie di lead che hai ottenuto. I numeri non mentono mai e possono darti utili indicazioni sulla pianificazione delle strategie future. Quali sono i vantaggi di affidarti ad un influencer Non sei ancora convinto del tutto che una strategia di influencer marketing possa davvero rilanciare la tua azienda? Eccoti allora 3 motivi che probabilmente ti convinceranno ad adottare questa strategia il prima possibile: Consolidamento della brand awareness. La reputazione online, nota anche come web reputation, per un brand ha un’importanza straordinaria. Per rafforzare la reputazione della tua azienda devi quindi affidarti ad un influencer che rispecchia in pieno la filosofia del brand. Impara a conoscerlo: monitora cosa pubblica e come si rapporta con i followers e pensa a come potrebbe presentare il tuo prodotto. I followers, che si fidano di lui, inizieranno ad avere fiducia anche nel tuo marchio e diventeranno probabilmente a loro volta tuoi seguaci e magari tuoi clienti; Pubblicità indirizza ad un target realmente interessato ai tuoi prodotti. Non è importante tanto la quantità del pubblico che raggiungi, quanto la qualità. Se ad esempio vendi prodotti per bambini, devi rivolgerti ad un pubblico relativamente giovane con un’età compresa tra i 25 ed i 40 anni circa. Non importa il numero di clienti che raggiungi, ciò che conta è che siano realmente interessati al prodotto. Sarebbe ad esempio uno spreco di risorse economiche e di energie se la tua campagna raggiungesse esclusivamente ragazzi tra i 13 e i 16 anni, anche se dovessero essere 1.000, 2.000 o 3.000 poiché semplicemente non sono in target con quello che offri; Potenza virale del web. Uno dei grandissimi vantaggi dell’online è la sua forza virale. Se un video piace e coglie nel segno sarà condiviso dagli utenti, che tenderanno a fidarsi di più di un influencer affermato e affidabile. Conclusioni Nella pianificazione della tua strategia e nella scelta dell’influencer hai la massima libertà, ma agisci sempre in modo oculato in modo da dare una continuità comunicativa al tuo brand. Nel corso dell’articolo abbiamo fatto riferimento all’inbound marketing, una strategia fondamentale per essere competitivi nel mercato di oggi. Per ulteriori approfondimenti puoi scaricare la risorsa gratuita a fondo pagina, che ti spiega come sfruttare l’inbound marketing soprattutto nell’ambito del B2B. 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I blog, gli e-commerce e i siti aziendali devono soddisfare i requisiti imposti da “sua maestà” SEO. In caso contrario puoi dire addio al posizionamento nei primi post della Serp di Google, e in generale dei motori di ricerca, e anche alla visibilità online, che rappresenta la fonte da cui le attività sul web traggono linfa vitale. La SEO è un mondo vastissimo, praticamente senza confini, e sono tanti gli aspetti da valutare e da considerare con la massima attenzione. In questo articolo ti spiego come ottimizzare le immagini SEO, una pratica fondamentale che spesso viene erroneamente ignorata. Prima di capire come ottimizzare il rendimento con le immagini di un sito, vale sicuramente la pena soffermarci un attimo sul concetto stesso di immagine che oggi ha assunto un ruolo fondamentale. L’importanza delle immagini Quando devi costruire il tuo sito, devi tenere in considerazione tutta la parte visiva, fondamentale per far capire all'utente un concetto, delle caratteristiche dei tuoi prodotti o semplicemente per argomentare concretamente quello che volete dire. Ebbene i tuoi sforzi rischiano di risultare vani senza un’adeguata ottimizzazione SEO di un sito. Pensi che sia eccessivo? Allora forse non hai ben chiara l’importanza che rivestono le immagini soprattutto nel mondo del web. L’immagine vale più di mille parole e un utente potrebbe decidere di cliccare o meno sulla foto di un post, un blog o un ecommerce a seconda del suo appeal. Del resto l’utente medio va subito al punto: preferisce guardare una foto piuttosto che leggere un’introduzione per risparmiare quanti più secondi possibile. Se quella foto attira la sua attenzione, è probabile che ci cliccherà su; in caso contrario, scorrerà e andrà altrove, rendendo tutti i tuoi sforzi inutili. Ecco perché è di fondamentale importanza ottimizzare le immagini in chiave SEO e nei seguenti paragrafi ti spiego come fare. Ottimizzazione SEO delle immagini: i 4 step fondamentali L’ottimizzazione delle immagini ti porta via solo qualche secondo e le operazioni non sono particolarmente complicate. Ecco quali sono: Rinominare il file; Inserire il testo alternativo alt text; Inserire il titolo dell’immagine; Scegliere la qualità, le dimensioni e il formato migliori dell’immagine. Rinominare il file Per rinominare le immagini SEO la prima cosa da fare è inserire la descrizione del file, utilizzando parole chiave senza articoli da separare con il simbolo “-”, il classico trattino. Se la foto raffigura una ciotola di un cane, basta inserire come descrizione del file “ciotola-cane”. Andrebbero evitati anche caratteri speciali, lettere accentate o altri simboli grafici, concentrati piuttosto su ciò che raffigura la foto e descrivila in modo semplice e diretto senza troppe aggiunte. Inserire il testo alternativo alt text Il secondo step da fare, il passaggio più importante, è ottimizzare l’attributo alt dell’immagine SEO, cioè l’alt text, che rappresenta il testo alternativo e che aiuta i robot di Google a scansionare il tuo sito. I robot di Google infatti non sono in grado di “leggere” le immagini e, per capire qual è il loro contenuto e che cosa rappresentano, possono appunto visionare l’alt text. Devi in pratica inserire un testo descrittivo contenente le parole chiave principali utili per identificare l’immagine. Occhio però a non esagerare, altrimenti una quantità eccessiva di parole chiave e di informazioni manderebbe in confusione i robot di Google che farebbero fatica a decifrare il contenuto del file. L'alt text inoltre è utilissima non solo per l'indicizzazione di Google ma è utile anche per le persone ipovedenti. In caso di accesso ad internet queste persone possono capire il contenuto dell'immagine tramite l'alt text. Inserire il titolo delle immagini Per la SEO delle immagini su Hubspot CMS, o su qualsiasi altra piattaforma, è consigliabile inserire il titolo dell’immagine. A dirla tutta questa operazione non è così prioritaria come quelle indicate finora, almeno non quanto il testo alternativo, ma fornisce maggiori indicazioni all’utente che può avere una descrizione migliore delle immagini e ottenere informazioni aggiuntive. In pratica quando il visitatore scorre col mouse appare appunto il titolo dell’immagine, che descrive esattamente cosa contiene quella foto e dà un’indicazione di quello che può trovare aprendo quell’articolo o quella scheda prodotto. Scegliere la qualità, le dimensioni e il formato migliori dell’immagine Nell’ottimizzazione delle immagini, devi prestare attenzione alla qualità che di fatto riflette l’affidabilità del sito stesso. Una foto sgranata o poco visibile darà un’idea di approssimazione e superficialità; al contrario una foto nitida e perfettamente visibile aumenterà l’appeal e l’autorevolezza del sito. Le foto devono quindi essere di buona qualità ma, allo stesso tempo, non risultare eccessivamente pesanti, la velocità di caricamento dei contenuti è uno dei fattori di ranking dei principali motori di ricerca. Potresti ad esempio scegliere una foto perfetta esteticamente e di grande qualità, ma con un peso eccessivo che rischia di rallentare il tuo sito. Sai qual è il tempo medio di attesa per il caricamento di una pagina di un utente? Tre secondi! Questo significa che se la tua pagina impiega più di tre secondi per caricarsi completamente, quasi sicuramente perderai il visitatore. Nell'ottica dell'user experience è proprio per questo che i motori di ricerca penalizzano siti con caricamento lento. La qualità quindi è importante, ma la foto non deve essere necessariamente perfetta. Trova il giusto equilibrio tra peso della foto e resa estetica affinché l’immagine sia di buona qualità ma non troppo pesante. Infine scegli accuratamente il formato, generalmente quello più utilizzato è il JPG che, oltre ad essere piuttosto leggero, è compatibile con il 99% dei dispositivi. In alternativa c’è il PNG, di buona qualità ma leggermente più pesante. Perché è importante ottimizzare le foto in ottica SEO? Analizziamo nello specifico come possono impattare le immagini su Google e come influiscono sulle prestazioni del tuo sito web o del tuo ecommerce. Gli spider di Google e in generale dei motori di ricerca sono stati progettati per leggere testi HTML, ma non per decifrare foto. L’ottimizzazione delle immagini è finalizzata a fornire a Google delle indicazioni specifiche sul tuo contenuto, una sorta di “faro” che consente agli spider di individuarti e quindi indicizzarti nella Serp. Come già specificato l’uso di immagini pesanti rallenta il sito e, oltre ad allontanare i visitatori e i potenziali clienti, penalizzando la user experience, ha un impatto negativo in chiave SEO. Un sito pesante sarà poco appetibile tanto a Google quanto ai visitatori e determinerà un alto tasso di rimbalzo. Ciò significa che gli utenti, una volta atterrati sul tuo sito, se ne andranno quasi subito. Una cosa che non piace affatto a Google che di fatto penalizza il tuo sito. Hubspot in questo senso di aiuta mettendoti a disposizione tutti gli strumenti possibili per ottimizzare la SEO dandoti reportistiche, best practise da seguire per migliorare il ranking dei tuoi contenuti sui motori di ricerca. Tutto questo perché il tuo fine ultimo è quello di ottenere il maggior numero possibile di visitatori sul tuo sito per poi convertirli in lead, immagazzinarli all'interno di un CRM per poi applicare campagne di nurturing e portarli all'acquisto dei tuoi prodotti, oppure a qualsiasi obiettivo che ti sei preposto. Come ottimizzare le immagini di un e-commerce L’ottimizzazione delle immagini in ottica SEO è fondamentale per qualsiasi attività ma, per un e-commerce, può essere considerato addirittura vitale. Ridurre il tempo di caricamento delle pagine, soprattutto in un e-commerce, migliora notevolmente la user experience dei potenziali clienti e, di conseguenza, aumenta le vendite. Un e-commerce va inteso come un negozio online, dove le persone amano curiosare tra i vari reparti per cercare e trovare il prodotto più adatto alle proprie necessità. Il passaggio da una pagina all’altra, o da una scheda prodotto all’altra, deve quindi essere decisamente veloce per aumentare il tasso di conversione. Avere immagini ottimizzate e più leggere, oltre a migliorare il posizionamento su Google, libera anche più spazio nel tuo hosting. Un sito veloce e reattivo è quindi la base di partenza per realizzare un e-commerce di qualità. Come già specificato nel corso dell’articolo è importante completare il titolo dell’immagine non solo e non tanto per una questione SEO, ma soprattutto per facilitare la navigazione dell’utente. Scorrendo col mouse sopra un prodotto l’utente può rapidamente apprendere nuove nozioni ed è maggiormente invogliato a cliccarci su. Consigli extra per l’ottimizzazione delle immagini Per concludere ecco una serie di consigli utili, da abbinare alle “best practices” finora indicate, per ottimizzare le immagini del tuo sito o del tuo e-commerce: Crea una sitemap, una pratica efficace soprattutto se hai molte foto sul tuo sito e intendi ordinarle. Una sitemap di immagini fornisce a Google ancora più dettagli sui contenuti caricati, senza alcuna restrizione; Aggiungi dati strutturati alle immagini così, oltre a dare ancora più informazioni a Google, puoi intercettare con maggiore facilità il pubblico in target con il tuo shop online. Google Immagini è in grado di mostrare i badge in evidenza vicino le tue foto, come video, prodotti o ricette; Usare il più possibile le CDN (Content Delivery Network) per evitare di sovraccaricare eccessivamente il sito con ripercussioni negative in chiave SEO. Conclusioni Siamo ai saluti finali e possiamo concludere che ottimizzare le immagini in ottica SEO migliora la velocità del sito, rendendolo molto più fluido e fruibile, e garantisce un ottimo posizionamento nei motori di ricerca. In generale avere delle belle immagini migliora la lettura e la navigazione, invogliando l’utente a “sfogliare” tutte le altre pagine del sito, a beneficio della frequenza di rimbalzo. Nel corso dell'articolo abbiamo parlato dell'ottimizzazione delle immagini sulla SEO. Molte però sono le leggende che ruotano attorno a questo argomento e noi di ICT abbiamo riassunto 21 miti SEO, a cui smettere di credere, in un unico ebook. Image by rawpixel.com on Freepik
Si fa presto a dire fidelizzazione dei clienti, ma qual è la strada giusta da seguire? In realtà oggi esistono tantissime alternative e può risultare complicato individuare la soluzione più adatta. Proprio l’offerta così elevata di programmi e strumenti di fidelizzazione del cliente rischia di mandarti in confusione, in questo articolo abbiamo quindi raccolto le strategie più diffuse sul mercato, alcune tradizionali e altre più innovative. Esempi di fidelizzazione dei clienti: bonus regali e coupon sconto Partiamo da due strumenti che, pur essendo considerati tradizionali, ancora oggi sono fortemente attuali: i bonus regalo e i coupon sconto. I bonus regalo Partiamo dai bonus regali: cosa sono? Sono per l’appunto ticket che possono avere un diverso valore economico (5, 10, 50 o anche 100 euro) apprezzati per la loro flessibilità e versatilità. Per comprendere come funzionano, eccoti un rapido esempio. Il tuo amico si è appena sposato e vorresti regalargli qualcosa per la casa. Tuttavia potresti non conoscere le sue preferenze e quelle della sua compagna o non sapere qual è lo stile scelto tra le 4 mura domestiche. Potresti quindi acquistare un prodotto che non rispecchia le esigenze o le necessità del tuo amico. Risultato? Soldi sprecati e amico insoddisfatto. Puoi brillantemente e semplicemente risolvere il problema con un bonus regalo, da regalare direttamente al tuo amico in formato cartaceo o digitale. Devi solo scegliere l’importo del bonus regalo, così il tuo amico può spenderlo come meglio crede e acquistare l’articolo che desidera. In questo caso il risultato è: soldi ben spesi e amico soddisfatto. Questa soluzione in generale toglie il cliente dall’imbarazzo di fare un regalo ad una persona che non conosce benissimo. I coupon sconto Concentriamoci adesso sui coupon sconto, ottimi strumenti per fidelizzare i clienti dal momento che il negoziante emittente dà diritto al cliente di accedere ad uno sconto in un periodo ben preciso. Molti negozianti applicano generalmente i coupon sconto in periodi “morti”, dove gli acquisti sono pochi e quindi c’è bisogno di incentivarli con soluzioni “ad hoc”. In un contesto di forte crisi, i consumatori sono molto meno “fedeli” verso i brand rispetto a prima. Non si fanno quindi problemi a passare ad un brand competitor se i prezzi dei prodotti sono più bassi. Il cliente oggi segue la convenienza, quindi punta sempre al massimo risparmio senza ovviamente rinunciare alla qualità. Il coupon sconto è la soluzione ideale per negozi fisici ed ecommerce che intendono fidelizzare i clienti con tecniche efficaci. Il coupon sconto ha tanti altri nomi ed è noto anche come buono acquisto, buono sconto o voucher e consente di accedere ad interessanti sconti sull’acquisto di determinati prodotti. I coupon sconto risultato molto utili per: Articoli poco richiesti. Hai un prodotto di grande valore che costa molto e che quindi non tutti possono permettersi? Applicando i coupon sconto invoglierai i clienti ad acquistare, sfruttando l’ottimo rapporto qualità/prezzo, riducendo così le rimanenze in magazzino ed evitando il rischio di invenduto, che si traduce in perdite sostanziose; Articoli fuori stagione. I coupon sono inoltre molto utili nel caso di prodotti la cui stagionalità fa sì che si abbiano a fine periodo giacenze in magazzino di prodotti invenduti. Questo succede non solo nel settore degli alimentari ma anche in altri settori come ad esempio il settore moda. In questo caso si decide di sacrificare della marginalità sul prodotto per riuscire ad esaurire tutte le rimanenze, a volte anche avendo un margine negativo sul prodotto. Periodi meno redditizi. Come già anticipato è un’ottima idea lanciare i coupon sconto nei periodi in cui le vendite faticano a salire. Anche in questo caso si decide di sacrificare della marginalità del prodotto in favore di volumi di vendita maggiori. Questo strumento non porta a perdite, poiché incentiva il cliente ad acquistare nel negozio aumentando il tasso di fidelizzazione e riduce le scorte in magazzino. Inoltre il coupon è un’ottima soluzione anche per rilanciare e riposizionare un prodotto che ha perso un po’ di appeal e di visibilità. Come fidelizzare i clienti online con il giveaway Sei in cerca di uno strumento di fidelizzazione moderno, fresco e in grado di attrarre soprattutto il pubblico più giovane? Allora il giveaway è la soluzione ideale per te. Giveaway significa letteralmente “regalare”, anche se rispetto ai buoni regalo ha un diverso significato nell’ottica di fidelizzare i clienti. Sarebbe più corretto associare il termine al concetto di concorso a premi. Nella sostanza il giveaway è a tutti gli effetti un concorso a premi, dove i partecipanti possono vincere il premio o i premi finali. Uno strumento sempre più diffuso nell’ambito dell’inbound marketing, che punta ad attrarre il cliente in modo naturale. In pratica è il cliente che si muove verso l’azienda, e non viceversa. I giveaway sono nati da qualche anno e si sono sviluppati inizialmente presso blogger e youtuber negli Stati Uniti che hanno iniziato a proporre gadget brandizzati per aumentare l’engagement dei followers. Engagement è proprio la parola chiave strettamente legata al giveaway, che ha il compito principale di suscitare l’interesse dei followers fino a generare un entusiasmo virale sull’iniziativa. Ne trae beneficio la brand awareness del marchio, che vede aumentare il suo appeal e la sua visibilità. Gli utenti per partecipare devono svolgere poche e semplici azioni, magari condividendo il contest, commentando un post, taggando un amico o seguendo la pagina. Possiamo così riassumere i vantaggi di un giveaway: Aumento dei contatti. Tutti i concorrenti conosceranno la tua pagina e, incuriositi, potrebbero iniziare a seguirla; Pochissime spese per il brand. L’azienda deve sostenere semplicemente la spesa per il prodotto messo in palio, che porta comunque un bel po’ di contatti e di lead potenzialmente interessati; I clienti che non vincono il premio lo acquistano. I partecipanti potrebbero desiderare il premio in palio a tal punto che, anche se non lo vincono, decidono comunque di acquistarlo; Maggiore engagement. Come abbiamo spiegato un contest del genere aumenta il coinvolgimento del pubblico, un altro aspetto fondamentale per il successo del brand e soprattutto delle sue pagine social. Attirare i clienti per fidelizzarli Che sia un contest, un post sui social o una CTA devi usare il giusto copy per attirare per poi fidelizzare i clienti. Le espressioni usate devono essere tarate secondo le preferenze e le abitudini del tuo target di pubblico, quindi hai bisogno di un buon CRM (Customer Relationship Management), cioè un software che ti permette di gestire tutte le interazioni e i rapporti con i clienti potenziali e già esistenti. In questo modo puoi conoscere meglio i tuoi clienti, restare costantemente in contatto con loro e snellire i processi a beneficio della redditività e della produttività aziendale. Fatta questa premessa, ecco alcune regole d’oro che ti aiuteranno a scrivere frasi di grande impatto e accattivanti: Scrivi messaggi brevi, che vadano dritti al punto con parole capaci di suscitare subito l’interesse dell’utente; Scegli una grafica d’impatto, coinvolgente e accattivante per stimolare la curiosità dell’utente; Personalizza i tuoi messaggi, inserendo ad esempio il nome del cliente e facendo riferimento ai prodotti acquistati nelle email di ringraziamento; Inserisci un codice sconto o un regalo se lo ritieni opportuno. Gli errori da non commettere con il programma fedeltà Potresti erroneamente pensare che, una volta lanciato il tuo programma fedeltà, tutto è in discesa e, in un battito di ciglio, i tuoi contatti si moltiplicano per magia. Non è assolutamente così, la tua strategia deve essere impostata con oculatezza. Ipotizziamo che hai deciso di regalare degli sconti al raggiungimento di un certo tetto di spesa, o regalare un gadget all’acquisto di un determinato articolo. In entrambi i casi devi sceglierli con grande attenzione. Se un tuo cliente ha speso 500 euro presso il tuo negozio, non puoi certo proporgli uno sconto di 3 euro; così come se un tuo cliente fa un acquisto del valore di 100 o 200 euro, sarebbe poco apprezzabile fare un regalo di 2-3 euro. I clienti non si sentirebbero apprezzati e, quindi, potrebbero facilmente passare alla concorrenza se le loro offerte sono migliori. Un altro errore, di cui abbiamo già discusso in precedenza, è considerare “per sempre” un cliente fidelizzato. Non è così, il mercato oggi è altamente competitivo e i clienti hanno a disposizione tantissime offerte, quindi non esiterebbero a “tradirti” per lanciarsi nelle braccia di un altro brand che propone prezzi più contenuti oppure lancia sconti e iniziative più avvincenti e convenienti. Presta molta attenzione al servizio clienti, che deve essere affidabile, preciso e puntuale nelle risposte. I clienti potrebbero richiedere informazioni sui programmi fedeltà e, se il servizio di assistenza non è di qualità, rischiano di abbandonarti. Infine accertati che i programmi fedeltà siano facilmente fruibili e accessibili per i tuoi clienti che, dinanzi a troppe criticità o complessità, potrebbero decidere di non accedere ai tuoi prodotti e virare su altri brand. Conclusioni Perché fidelizzare il cliente? Perché in questo modo impedisci che ti “tradisca” con altri competitor e anche perché può diventare un tuo “ambasciatore”. Un utente che vive una felice esperienza con un marchio, indipendentemente che sia un acquisto o un programma fedeltà, è propenso a parlare bene di quel brand sia online che offline, aumentandone l’autorevolezza e l’appeal. Nel corso dell’articolo ti abbiamo consigliato di procedere all’implementazione CRM, che ti aiuta nella gestione e nel rapporto con i clienti. Per saperne di più e approfondire il discorso puoi scaricare gratis l’ebook a fondo pagina che ti spiega come utilizzare al meglio un CRM e quali sono i problemi che può risolvere nella tua azienda. Image by Freepik
Tra i tanti neologismi nati in ambito marketing uno dei più gettonati è il webinar: cos’è? Come può essere utilizzato dalle aziende? Il webinar nasce dalla fusione di due parole: “web” e “seminar”, in pratica un seminario digitale perché si tiene online. Il webinar inizialmente è nato con finalità educative e informazionali, trasformandosi poi in un potente strumento di marketing. I webinar consentono di recuperare contatti, fidelizzare clienti e conquistarne di nuovi, rafforzare la brand awareness di un marchio, aumentarne la visibilità ecc. Insomma sono strumenti davvero potentissimi in chiave marketing, quindi facciamo una vera “radiografia” ai webinar per conoscerli meglio e capire come sfruttare le principali potenzialità. Webinar: significato e sinonimi Sono diversi i sinonimi di webinar: seminario digitale, web seminar o meeting online. Il suo significato però è uno solo e sostanzialmente può essere definito come un evento online che chiunque può seguire in diretta. Chi intende partecipare non deve avere competenze specifiche, né essere un esperto del settore. Come ci si collega ad un webinar? Semplice: è sufficiente iscriversi compilando un form di registrazione o ricevere direttamente un invito da parte dell’azienda che tiene il seminario. Il webinar è una presentazione o un corso online che si tiene in diretta e consente a più persone di partecipare collegate da ogni angolo del mondo. Già questa caratteristica lo rende un ottimo strumento in chiave di marketing, poiché consente di abbattere le barriere fisiche e raggiungere un pubblico potenzialmente illimitato sia quantitativamente che geograficamente. Proprio nel periodo del lockdown, quando gli eventi fisici erano tabù, il webinar ha cominciato a diffondersi rapidamente per la sua capacità di raggiungere tantissime persone contemporaneamente senza limiti di spazio. Differenza tra webinar e videoconferenza Prima di passare alle caratteristiche e alle peculiarità del webinar in chiave marketing, vale la pena fare una piccola distinzione. Il webinar e la videoconferenza, pur avendo molti punti di contatto, presentano piccole differenze che però bisogna conoscere. Il webinar è un seminario online con uno o più relatori e diversi partecipanti collegati in diretta, ultimamente vengono inoltre registrati, in cui però le interazioni sono limitate alle domande di routine. Il flusso di comunicazione è sostanzialmente unidirezionale. Tra i webinar quindi rientrano anche altri eventi come convegni, workshop, training ecc... La videoconferenza è un evento generalmente in cui la partecipazione delle persone è maggiore con la possibilità di instaurare una vera e propria discussione riguardo all'argomento in questione. Per raggiungere tutti i partecipanti è necessario inviare l’audio e il video contemporaneamente in una comunicazione bidirezionale. Chiarito questo punto, possiamo concentrarci adesso sui vantaggi di un webinar. I vantaggi del webinar Il webinar rappresenta una soluzione molto interessante nell’ambito dell’inbound marketing, cioè una comunicazione naturale che l’azienda instaura con il cliente per attirarlo senza forzature verso i prodotti e i servizi forniti. In pratica non è il brand che va verso il potenziale cliente, ma viceversa. L’utente, interessato ai servizi e ai prodotti offerti dal brand, si avvicina gradualmente per reperire informazioni e dati utili, cosa che può essere garantita con il webinar. Quali sono i vantaggi? Ecco un elenco completo: Interattività. I partecipanti possono fare domande, ricevere e inviare informazioni utili in tempo reale con la semplice condivisione dello schermo. Inoltre gli eventi possono essere registrati e visionati in un secondo momento per prendere appunti e approfondire meglio alcuni concetti che possono essere sfuggiti; Contenimento dei costi. Prova solo per un momento a pensare alle differenze di costi esistenti tra un evento dal vivo e un webinar. Nel primo caso hai bisogno di una location, di un servizio di catering, di tante attrezzature da spostare e montare, della logistica ecc. Nel secondo caso devi semplicemente scegliere la piattaforma webinar più indicata alle tue necessità, riducendo in maniera significativa le spese economiche ma anche il dispendio di energie; Una maggiore platea. In un evento fisico i posti sono inevitabilmente limitati. Anche se scegli una location molto ampia, la capienza sarà comunque limitata. In un webinar invece non ci sono limiti e puoi quindi raggiungere un pubblico ancora più ampio; Maggiore partecipazione. In un webinar il pubblico è molto più coinvolto e partecipativo. In un evento dal vivo i più timidi, ad esempio, proverebbero un certo imbarazzo ad alzarsi in piedi e fare una domanda; in un webinar invece a telecamera spenta diventa molto più semplice fare domande da remoto senza sentirsi tutti gli occhi puntati addosso. Perché e-commerce, shop online e siti web dovrebbero puntare sui webinar? Il web rappresenta un oceano di opportunità che vanno assolutamente sfruttate. Titolari di e-commerce, shop online e siti web, anche quelli alle prime armi e con poca familiarità con gli strumenti di Internet, devono sfruttare il webinar, una freccia appuntita nel proprio arco da usare per centrare gli obiettivi prefissati in chiave di marketing online. Il webinar offre grande visibilità, uno degli elementi chiave per emergere in un mercato sempre più saturo e competitivo. Se da una parte è vero che il pubblico è sempre più vasto, è anche vero che l’offerta si è quintuplicata sul mercato. I consumatori devono quindi scegliere tra una moltitudine di brand che, se non hanno caratteristiche distintive, risultano tutti uguali. Internet oggi propone diversi canali dove promuovere la propria attività, come i siti web o le piattaforme social. Pur trattandosi di strumenti essenziali presentano una criticità, e cioè che l’utente può facilmente distrarsi. Questo significa che un potenziale cliente mentre guarda una pagina web, un post sui social o un video può essere facilmente distratto, abbandonando quindi l’ambiente web. Al contrario fare marketing con un webinar assicura un’attenzione molto elevata, per tutta la durata del tempo, proprio perché si parla di argomenti che interessano direttamente il fruitore del servizio. Cosa possono fare le aziende durante un webinar? Tante cose. Oltre a formare le persone e insegnare loro alcune nozioni pratiche, possono presentare un progetto, un’idea o un servizio oppure parlare del proprio lavoro per catturare l’attenzione dei partecipanti e raggiungere così nuovi potenziali clienti. C’è poi da considerare un altro aspetto in chiave marketing: al webinar partecipano persone realmente interessate all’argomento trattato, dal momento che vengono fornite nozioni e informazioni molto utili nell’ambito del proprio lavoro o comunque secondo i propri interessi. Il lato pratico del marketing con il webinar Un’idea, per applicare concretamente la tua strategia di marketing con il webinar, è quella di collegare la piattaforma con un CRM, come HubSpot, che offre tante altre funzionalità utili. HubSpot è compatibile con tante piattaforme di webinar, tra cui Zoom e GoToWebinar, e offre un funzionamento molto semplice e intuitivo. Con Hubspot CRM, tramite apposite proprietà generate automaticamente tramite l'integrazione ad esempio con Zoom, puoi conoscere la durata media della partecipazione al webinar, che ti dà utili indicazioni sul successo dell’iniziativa. Un valore del 100% significherebbe quindi che il contatto ha partecipato per tutta la durata dell’evento. E ancora puoi registrare il numero totale di registrazioni ad un webinar, oppure il numero totale di webinar ai quali ha partecipato un singolo contatto. Puoi così stilare una sorta di bilancio per capire il livello di soddisfazione dei partecipanti e quindi la bontà del tuo webinar. Tutti i dati raccolti tramite webinar e inseriti all'interno di Hubspot, possono essere usati per segmentare i propri lead in base agli interessi manifestati costruendo successivamente campagne di lead nurturing personalizzate, cercando così di trasformare il lead in cliente . Come organizzare un webinar Per concludere ecco qualche utile consiglio per organizzare il tuo webinar. Per prima cosa non improvvisare, scegli con cura il tema che vuoi trattare e informati a 360° per fornire risposte pertinenti e professionali a tutte le possibili domande che il pubblico potrebbe rivolgerti. Non deporrebbe a favore dell’autorità del tuo brand fornire una risposta poco convincente o inesatta oppure, peggio ancora, non saper rispondere a quella domanda. Prepara la scaletta dell’evento, aiutandoti magari con delle slides che tengono alta la soglia dell’attenzione del pubblico che, dopo i primi 15-20 minuti, potrebbe calare. Valuta poi con attenzione la piattaforma che meglio soddisfa i tuoi interessi, informandoti sulla modalità di condivisione dello schermo, sul numero di partecipanti, sul costo, sulla presenza della chat e sulla registrazione. Quale obiettivo intendi raggiungere con un webinar? Un’altra domanda che devi porti per organizzare in maniera strutturata l’evento. Potrebbe servire per fare formazione, per farti conoscere e importi come un brand autorevole nel tuo settore, per raccogliere contatti e trasformarli in clienti o per lanciare nuovi prodotti e promuoverne la vendita. Conclusioni Il webinar ti consente di avviare una comunicazione professionale, diretta e rapida, puntando sull’interattività e sul dinamismo che stimolano gli stessi partecipanti rendendoli parte attiva dell’evento. Un ottimo strumento per fare lead generation che crea connessione con gli utenti, aumentando di fatto la possibilità di convertirli in clienti fidelizzati. Scegliere la piattaforma da utilizzare per i tuoi webinar è la prima cosa da fare, magari facendo attenzione alla sua integrabilità con un CRM in modo da migliorare la gestione del contatto e trasformarlo in un potenziale cliente. Se ti stai chiedendo come usare i webinar, ti consiglio di scaricare il contenuto gratuito digitale presente a fondo pagina, che ti spiega come organizzare, promuovere e gestire i tuoi eventi online per restare sempre in contatto con i tuoi potenziali clienti. Diventerai in poco tempo un esperto di webinar, che ti consentono realmente di cambiare marcia e raccogliere i frutti del tuo lavoro grazie all’aumento del fatturato! Image by Freepik
Hai notato che, nonostante tutti i tuoi sforzi, le campagne di marketing finalizzate a fidelizzare i clienti danno risultati molto scarsi? Allora è evidente che stai sbagliando qualcosa e probabilmente dovresti approfondire meglio il concetto di nurturing mail. Perché le tue campagne di email marketing non funzionano? Probabilmente non riesci a fare una corretta segmentazione del tuo target di pubblico, o magari non riesci a cogliere le necessità dei tuoi contatti. Vuoi creare email persuasive e capaci di incuriosire e attirare i tuoi potenziali clienti? Allora approfondiamo meglio il discorso sull'email nurturing nel marketing per capire cos’è, come funziona e come sfruttare al massimo tutte le potenzialità. Email nurturing: il significato Per capire il significato di email nurturing, bisogna partire dal concetto di lead nurturing, che spesso sfugge a chi si occupa di fare marketing all'interno delle aziende e che in alcuni casi viene del tutto bypassato o ignorato. La lead nurturing è invece un passaggio fondamentale per arrivare alla fidelizzazione del cliente e per spingerlo verso attività di up selling e cross selling. Molti merchant cercano di vendere i loro prodotti o i loro servizi agli acquirenti senza avere la minima conoscenza del contesto in cui stanno operando. La lead nurturing, in particolare con l'email nurturing, invece mira innanzitutto a costruire una relazione col lead, con l’obiettivo di trasformarlo in cliente fidelizzato e seguirlo in tutto il suo rapporto con il brand. Le campagne di email marketing per fare lead nurturing prevedono quindi la creazione di una comunicazione plasmata e costruita sulle esigenze e sui bisogni dei potenziali clienti, fornendo un valore aggiunto che consente di differenziarsi dai competitor. La differenza tra una marketing email e una nurturing email? L’email rappresenta un canale tradizionale, ma ancora estremamente efficace nel catturare nuovi clienti. I tempi però cambiano, così come le esigenze dei consumatori. Ecco quindi che una normale strategia di email marketing appare ormai obsoleta. Perché? Molto semplice. Le email di marketing tradizionali comprendono un testo basato principalmente sul prodotto o sul servizio, che però, nella maggior parte dei casi, non tiene conto delle reali esigenze del consumatore. Se ad esempio una persona non ha mai sentito parlare di trading, né ha intenzione di conoscerlo, quante possibilità ci sono che apra un’email di trading? Zero! Le strategie di nurturing email ragionano invece in senso diametralmente opposto. Il consumatore non è la destinazione finale, ma il punto di partenza. In tale ottica le email per fare lead nurturing mirano a costruire relazioni con persone che magari non sono ancora pronte o disponibili per un acquisto, ma in prospettiva futura se correttamente “nutrite” con le giuste informazioni potrebbero diventare dei prospetti interessati e dei clienti in futuro. Da non sottovalutare inoltre i clienti attuali che, anzi, vanno coccolati e fidelizzati costantemente. Il processo di fidelizzazione non è facile e richiede impegno e abnegazione ma, senza strategie di lead nurturing, ogni attività sarebbe inutile. Proprio per questo motivo è importante dotarsi di un efficace CRM, che consente di restare continuamente in contatto con clienti, lead e prospect per fornire una comunicazione personalizzata e cucita su misura per loro. Cos’è la nurturing email sequence? L’intero processo di email nurturing si basa sulla creazione di flussi di lavoro automatici, o workflow, che prevedono l’invio di messaggi di posta elettronica personalizzati a cadenza periodica. Prima di convincere un consumatore ad acquistare da te, devi presentare la tua azienda, fargli capire chi sei, cosa vendi e qual è la tua filosofia aziendale. Le sequenze di email nurturing sono quindi una presentazione del tuo brand. A chi indirizzare le email? A tutte quelle persone che hanno avuto un contatto con la tua azienda e che hanno mostrato un certo interesse, ma che hanno bisogno di ulteriori dati e informazioni per poi passare all’acquisto finale. Durante l’invio dei messaggi devi dimostrarti un brand affidabile, capace di gestire le eventuali obiezioni e di chiarire ogni dubbio. Così facendo rafforzi la brand awareness dell’azienda, che appare affidabile e credibile agli occhi del potenziale cliente. Email nurturing: esempi di successo Nella conferenza annuale tenuta da HubSpot nel 2022, uno dei tanti temi analizzati è stato proprio l’email lead nurturing. In quell’occasione furono dati consigli molto preziosi per creare delle strategie vincenti: analizziamoli nei seguenti paragrafi. L’importanza dell’oggetto Quando si crea un’email promozionale generalmente si commette un errore di fondo: si dà poca importanza all’oggetto. Magari si lavora molto sui testi, sulle immagini o sulle CTA. Sai però su quale elemento l’occhio di una persona cade quando arriva un’email? Proprio l’oggetto! Se non usi un oggetto accattivante o che riesca comunque a solleticare la curiosità del destinatario, tutto il lavoro dell’email risulta inutile dal momento che non sarà mai aperta. L’oggetto è quindi il primo elemento da realizzare con la massima cura e attenzione. Chiarito questo punto, quali parole usare? Ci sono alcuni termini che risultano un richiamo irresistibile per chiunque. Eccoli: Free: a tutti interessa qualcosa di gratuito, quindi perché non dare quanto meno un’occhiata? Termini che trasmettono la necessità di affrettarsi per non perdere un’occasione limitata nel tempo. Parole come “ultima possibilità”, “solo per oggi”, “ultima offerta” o “scade domani” si sono rivelate molto efficaci. Occhio però a non usare termini troppo spinti. “Urgente” ad esempio darebbe quasi un senso di emergenza, ottenendo di fatto l’effetto opposto; Nuovo: così come la gratuità, anche le novità che possono essere promozioni, offerte o sconti attirano sempre il pubblico. Infine usa un oggetto con pochi caratteri, in alcuni casi una singola parola risulta addirittura più attraente di 4-5 parole. Oppure, al contrario, usa un oggetto piuttosto lungo anche oltre i 65 caratteri. Nell’uno o nell’altro caso la tua email si distinguerà dalle altre, che invece utilizzano un numero di caratteri standard negli oggetti. Quando inviare l’email lead nurturing? Per costruire le tue mail di nurturing, uno degli strumenti che di consigliamo è Hubspot che mette a disposizione una serie di strumenti, come l'editor drag and drop, molto simili a quelli che sono presenti in Hubspot CMS, strumento perfetto per la costruzione di siti internet. Con Hubspot inoltre hai la possibilità di sfruttare la marketing automation per programmare i giorni e l'ora di pubblicazione, stabilendo quindi il periodo più proficuo affinché la tua mail venga letta e non buttata nel cestino. In alternativa, ci sono sempre i workflow per la creazione di campagne di nurturing email automatiche in base alle azioni compiute dai lead. Le promozioni risultano essere particolarmente gradite nei primi giorni della settimana. In questo periodo i tassi di apertura sono piuttosto elevati, per poi calare verso il fine settimana. Probabilmente il lunedì o il martedì le persone non hanno acquisti o investimenti in programma, quindi sono più propense a sfruttare promozioni. Verso il weekend, quando magari in programma c’è un’uscita, una gita in famiglia fuori porta o un acquisto, non c’è questa grande voglia di sfruttare le promozioni e spendere soldi. Altro quesito: con quale frequenza inviare le email? Fino a poco tempo fa il numero massimo consigliato era di 2-3 email al mese. Recentemente però, in seguito ad una maggiore fruizione dei servizi e dei contenuti digitali dettata forse dalla pandemia, il tasso di apertura e di risposta ai messaggi è cresciuta notevolmente. Teoricamente si possono inviare anche 1-2 email a settimana o comunque con una distanza temporale piuttosto breve tra un messaggio e l’altro. Si tratta comunque di indicazioni generali e le varie strategie vanno sempre impostate in base al proprio target di pubblico, alle loro reazioni, alle loro abitudini d’acquisto e alla propria azienda. Da tenere in considerazione che le tendenze cambiano continuamente, quindi bisogna sempre restare sul pezzo e tenersi informati sui nuovi trend. Conclusioni Considera nurturing email è una strategia successiva da applicare alla lead generation. L'obiettivo dell'inbound marketing è quello di offrire una soluzione ad un problema che un cliente ha e l'email nurturing rappresenta un'ottima strategia in questo senso. Per sapere di più sull'email marketing, puoi trovare risposte a tutte le tue domande nell’ebook gratuito sottostante che ti spiegherà passo passo come pianificare le mail. Ti basterà cliccare la CTA sottostante per scaricarlo. Image by jcomp on Freepik
Rispondiamo subito alla domanda del titolo: in una strategia di vendita di successo basta essere convincenti e persuasivi? Potremmo risponde con un nì… Da un lato bisogna sicuramente essere persuasivi, convincendo il cliente della bontà del prodotto e della serietà dell’azienda. I tempi però sono profondamente cambiati e non basta dire al cliente “acquista da me perché sono il migliore”. Se sei il migliore, devi dimostrarlo! Fino a qualche decennio fa il rapporto era unidirezionale: l’azienda proponeva e il cliente acquistava. Oggi le cose si sono capovolte. Il cliente ha molte più opzioni e mezzi a disposizione per confrontare vari brand e scegliere quello che meglio si adatta alle sue necessità. Questo discorso ci porta al concetto di inbound sales, cioè una metodologia che consente di creare un processo di vendita plasmato sulle abitudini d’acquisto e sulle necessità del cliente. Gli acquirenti dal web possono reperire tutte le informazioni di cui necessitano, quindi non hanno bisogno del venditore per prendere una decisione d’acquisto. Sono del tutto autonomi, perciò bisogna creare un’esperienza d’acquisto su misura del cliente. In sostanza non devi ragionare dal tuo punto di vista, ma da quello dell’acquirente. Essere persuasivi è importante, ma non basta. Analizziamo quindi la strategia di vendita e gestione del cliente più corretta per il tuo business. Perché impostare una strategia di vendita online simile a quella di un negozio fisico Quali sono le migliori strategie di vendita? Dipende. Ne esistono tante e se una va bene per un settore, non necessariamente risulta vincente per un altro. Una cosa però è sicura: come dimostrano molti sondaggi, gli acquirenti vogliono vivere nei negozi online la stessa esperienza di un negozio fisico. Una tendenza che si è sviluppata soprattutto durante il periodo di pandemia. Perché? Perché, nonostante il boom degli e-commerce, le persone preferiscono interfacciarsi con un venditore reale. Se quindi non è possibile toccare con mano i prodotti in vendita online, è importante quanto meno ricreare le stesse dinamiche e modalità d’acquisto dei negozi fisici. In sostanza è opportuno ispirarsi a una strategia di vendita in negozio. Del resto le vendite online e quelle offline spesso si intersecano e si sovrappongono tra di loro. In alcuni casi l’esperienza d’acquisto inizia online e si conclude offline, o viceversa. Analizziamo quindi quali sono gli step da seguire nell’online, ispirandosi ai negozi fisici. Come curare le vetrine online e le schede prodotto Un negozio fisico ordinato e con i vari capi d’abbigliamento suddivisi per reparto è sicuramente un bel biglietto da visita. Il cliente, infatti, non deve girovagare per il negozio, come una sorta di caccia al tesoro, per trovare il capo d’abbigliamento che sta cercando. Basta creare dei percorsi per condurre l’acquirente nel settore delle calzature, dei maglioni, dei pantaloni, delle camicie ecc. Tutto questo si traduce in un’esperienza d’acquisto altamente gratificante. Come riproporre le stesse dinamiche in un e-commerce, sia esso sviluppato con Shopify oppure con BigCommerce? Per prima cosa devi creare un sito che abbia un’interfaccia semplice e pulita, dove i visitatori possono navigare in modo fluido da una pagina all’altra senza problemi. Gli articoli vanno quindi suddivisi per settori, categorie e sottocategorie, magari con apposite tendine che rendono la navigazione molto intuitiva. Poiché gli utenti non possono toccare gli articoli, assicurati d'inserire schede prodotto estremamente dettagliate e corredate di varie foto, chiare e nitide, scattate da più angolazioni. Assistenza al cliente: la vendita diretta Per spiegare come assistere il cliente online, è opportuno capire cosa sono le strategie di vendita diretta. Questa tecnica nacque nel secondo dopoguerra, ideata dai venditori americani. Si tratta di una compravendita diretta tra venditore e acquirente, quindi senza intermediari, che può verificarsi in qualsiasi spazio fisico, anche al di fuori del negozio. Ciò che ci interessa però non è tanto la modalità di questa tecnica, quanto la finalità. Nel secondo dopoguerra, soprattutto negli USA, ci fu un notevole boom economico che avviò un consumismo di massa senza freni. Tutte le aziende vendevano gli stessi prodotti, con le stesse caratteristiche e con gli stessi prezzi. Esaltare la qualità e la convenienza del prodotto era quindi inutile, dal momento che il cliente non ne percepiva il valore aggiunto. Per conquistare clienti la strategia di vendita diretta mirava soprattutto a soddisfare un desiderio. Nonostante il periodo di crisi dettato dall’emergenza epidemiologica, oggi possiamo parlare tranquillamente di consumismo di massa. I problemi e gli obiettivi di oggi sono gli stessi del dopoguerra negli USA: distinguersi dalla concorrenza. Se in un negozio fisico è più semplice soddisfare un desiderio, poiché è possibile parlare direttamente col cliente adottando la psicologia e le tecniche di vendita più famose, in un negozio online risulta più complesso. Come risolvere il problema? Creando un’assistenza in grado di supportare il cliente su vari canali. Una soluzione è rappresentata dalle chat live, o anche dai chatbot, tramite i quali i clienti possono ottenere risposte rapidamente alle loro domande. Oppure è sufficiente implementare l’area FAQ, dove sono inserite le domande più frequenti da parte dei consumatori. Ed ancora ci sono i blog, da affiancare agli e-commerce, dove scrivere articoli che spiegano quali problematiche possono risolvere determinati prodotti o come utilizzarli secondo le proprie necessità. Per gestire al meglio il rapporto con i tuoi clienti può esserti di grande aiuto un CRM, un software capace di gestire i contatti e le interazioni con gli acquirenti per stringere relazioni e rapporti sempre più duraturi. Come sfruttare l’inbound marketing per conquistare la fiducia del cliente Per imporsi come brand affidabile e di qualità agli occhi del cliente, è necessario comprendere il concetto di inbound marketing. Si tratta di un nuovo approccio di marketing che consente alle aziende di esprimere tutto il loro potenziale. HubSpot, promotore di questa metodologia, definisce l’inbound marketing come una metodologia di business che attrae i clienti tramite contenuti ed esperienze di valore e personalizzati. L’inbound marketing crea dei punti di contatto a disposizione di potenziali clienti che sono alla ricerca di un articolo capace di risolvere i loro problemi o esaudire i loro desideri. In sostanza è il cliente che va verso l’azienda, e non viceversa. Fare inbound marketing significa non solo attirare i clienti, ma anche seguirli durante tutto l'orizzonte temporale dell’acquisto e in fase di post-acquisto con un'adeguata strategia di nurturing finalizzata alla fidelizzazione. É fondamentale che il processo sia assolutamente naturale, anzi essere troppo “convincenti” può rivelarsi addirittura controproducente. Se sei troppo “persuasivo” convinci il cliente ad acquistare, anche se magari non è quello il prodotto di cui ha bisogno. Questo non depone a tuo favore poiché rischi di perdere il cliente quando si accorge che quel prodotto non soddisfa le sue necessità. I reparti marketing, prodotto e vendite devono quindi muoversi sinergicamente e remare nella stessa direzione per attrarre e coinvolgere i clienti in modo naturale e senza forzature. Esistono almeno tre strategie di inbound marketing finalizzate a: Attrarre il cliente; Coinvolgere il cliente; Premiare il cliente. Scopriamo come utilizzare al meglio questa tecnica di vendita con esempi specifici. Come attrarre il cliente Devi creare una comunicazione in grado di attrarre il tuo target di pubblico. Social media, articoli di blog e newsletter devono offrire un valore aggiunto e immediatamente percepibile per il tuo pubblico. Usa con saggezza anche influencer, guide e tutorial per offrire un’esperienza ancora più interessante e suggestiva. Dovrai inoltre essere pronto ad acquisire il dato da parte dei tuoi lead in modo da poterli gestirli nella fase di coinvolgimento. Nel caso di un ecommerce, per esempio, potrebbe esserti utile un ecommerce CRM. Come coinvolgere il cliente Una volta attratto il cliente, devi coinvolgerlo, facendo leva su quegli aspetti che maggiormente gli interessano. Per fare ciò devi offrire prima la soluzione e poi il prodotto. Solo così puoi essere realmente credibile. Ricorda: il tuo obiettivo non è vendere a tutti i costi, ma innanzitutto risolvere la problematica o esaudire il desiderio del cliente. Come premiare il cliente Un cliente ha dimostrato di fidarsi della tua azienda, acquista spesso da te e naviga con frequenza sui tuoi social? Premialo! In questo modo lo fai sentire realmente apprezzato e aumenti il suo livello di soddisfazione. I clienti più fedeli possono essere premiati con coupon o sconti sugli acquisti. Anche questionari mirati a valutare il livello di soddisfazione dei clienti sono importanti per capire se le tue strategie stanno funzionando. Segui sempre i tuoi clienti, affinché diventino “ambasciatori” del tuo brand. Come vendere un prodotto in 12 regole Per concludere ecco una lista delle regole d’oro per vendere un prodotto tanto nell’online quanto nell’offline: Atteggiamento positivo. Secondo la regola dell'attrazione, un approccio positivo ha un influsso benefico su tutto il business; Credi nel tuo brand. Se non lo fai tu, chi altro potrebbe farlo? Stabilisci gli obiettivi. Procedi per step, ponendoti traguardi raggiungibili per poi alzare di volta in volta l’asticella; Soddisfa i bisogni dei clienti. Come evidenziato non devi puntare subito a vendere il prodotto, ma a soddisfare in primis le esigenze dei tuoi clienti, vero punto di forza dell'inbound marketing; Costruisci relazioni durature. Segui il cliente prima, durante e dopo l’acquisto per fidelizzarlo; Fornisci un servizio impeccabile. Per costruire un rapporto solido devi supportare e assistere il cliente con professionalità in ogni fase; Risolvi i problemi in anticipo. Adotta un approccio proattivo e cerca di individuare le criticità per risolverle prima che possano manifestarsi; Sfrutta le recensioni positive. I feedback positivi di altri clienti sono benzina per il motore del tuo business. Sfruttali al massimo e rendili visibili; Non parlare male della concorrenza. Non hai bisogno di mettere in cattiva luce i competitor, se la tua azienda funziona alla grande; Cura l’aspetto del sito. In negozio il look è fondamentale, stesso discorso vale per un e-commerce; Tirati su le maniche e lavora sodo. Non pensare che il successo cada dal cielo, devi impegnarti e migliorarti giorno dopo giorno; Divertiti. Se fai un lavoro che ti piace, non ti peseranno le varie mansioni da svolgere. Lavora quindi con passione! Conclusioni Ritornando alla domanda iniziale, indubbiamente bisogna essere persuasivi per convincere il cliente ad acquistare. Per avere successo però non devi essere tu a dirgli che sei il migliore, ma deve arrivarci lui grazie ai servizi che gli proponi. Come? Tu non puoi far altro che cercare di impostare strategie di inbound marketing in modo da essere la migliore soluzione per i suoi problemi: in questo modo il cliente ti vedrà automaticamente come il migliore senza aver la necessità di investire sforzi in pratiche persuasive. Per ottimizzare le strategie di inbound marketing del tuo e-commerce, o anche di un negozio retail, devi dotarti innanzitutto di un ottimo CRM. Per avere qualche nozione in più sull’argomento scarica l’ebook a fondo pagina per capire perché hai bisogno di un CRM e quali vantaggi può offrirti. Image by senivpetro on Freepik
Nell’attuale logica di mercato, il marketing e la vendita sono considerati, giustamente, i pilastri che sorreggono le intere fondamenta di un’azienda. Sicuramente è così, tuttavia fare un discorso esclusivamente economico è sbagliato. C’è un terzo pilastro che non si può assolutamente ignorare: il customer success management, inteso come successo e quindi soddisfazione del cliente. Cos’è il customer success? Una domanda alla quale daremo una risposta in questo articolo. Per ora ti basta sapere che questa strategia mira a soddisfare il cliente e provvedere a tutte le sue necessità, ancor prima che le palesi. Una strategia fortemente proattiva che punta al successo del cliente, che si sente pienamente soddisfatto dell’acquisto fatto o del servizio ricevuto. Alcuni venditori commettono l’errore di abbandonare il cliente dopo il primo acquisto, convinti di aver portato a termine la loro missione. Non è così, anzi, proprio in quel momento inizia la fase della fidelizzazione che ricopre un ruolo cruciale per ogni azienda. Un cliente che acquista non è automaticamente un cliente fidelizzato, ma deve essere costantemente seguito e supportato affinché veda nella tua azienda un punto di riferimento a cui rivolgersi in ogni momento. Ne trae beneficio la tua azienda in termini di ritorno d’immagine, dal momento che si innesta un passaparola positivo online e offline. Analizziamo nei seguenti paragrafi le principali caratteristiche del customer success e le sue modalità di applicazione. Customer success: il significato Per customer success si intende una gestione a 360° dei rapporti con il cliente, non solo supportandolo in ogni fase, ma soprattutto anticipando le sue domande e prevenendo le possibili criticità che possono presentarsi. L’obiettivo finale è soddisfare in pieno il cliente fino a costruire una relazione solida e duratura. Per riuscirci devi porti 3 obiettivi intermedi, l’uno concatenato con l’altro: Aumentare il livello di soddisfazione generale di tutti i clienti; Aumentare il tasso di fedeltà e ridurre quindi la percentuale di turn over; Porre il cliente al centro del tuo progetto, realizzando prodotti e servizi cuciti su misura per lui. Volendo riassumere ulteriormente, possiamo individuare i due elementi chiave da prendere in considerazione: Risultato desiderato, che comprende ciò che deve ottenere il cliente e come lo deve ottenere; Interazione con la tua azienda. Più che sui servizi e sui prodotti, devi concentrarti soprattutto nella relazione tra il cliente e la tua azienda. I primi contatti, le campagne di inbound marketing, le newsletter, la comunicazione sui social: tutto deve ruotare attorno al cliente, affinché riponga la sua piena fiducia nel brand. L’apprezzamento dei prodotti e dei servizi è un passaggio naturale e quasi automatico che avviene in un secondo momento. Cosa si intende per customer success management? Il customer success è l’obiettivo che ti sei prefissato, ma sicuramente non verrà da solo. Ed è qui che entra in gioco il customer success management, che appunto veicola i vari passaggi del customer success per approdare al già citato “risultato desiderato”. Per adottare una corretta strategia di customer success bisogna partire da due assunti fondamentali: Coordinamento proattivo. Il cliente, quando acquista un prodotto, inizia un’esperienza personalizzata che gli consente di scoprirne i benefici, i vantaggi e le potenzialità. Con il coordinamento proattivo anticipi al cliente quali benefici può conseguire, includendo anche dei traguardi prestabiliti per ottenere il “risultato desiderato”. Come essere proattivi? Avviando un progetto CRM tramite il quale fornire un servizio al cliente costante e professionale, email di follow up e tutto ciò che può servire per conseguire gli obiettivi prefissati. Devi ragionare in anticipo, prevedendo le possibili criticità, ma anche intervenendo in modo tempestivo per risolvere le problematiche impreviste o imprevedibili. Il cliente percepisce l'assistenza come proattiva e non deve neanche richiedere il tuo intervento, poiché al momento in cui si palesa la criticità il tuo team è già al lavoro; Il risultato desiderato è in continua evoluzione. Un cliente acquisito 5 anni fa sarà sicuramente diverso rispetto ad oggi e, di conseguenza, saranno cambiati anche i suoi risultati desiderati. Un cliente cresce, si evolve e ha esigenze diverse e devi ovviamente tenerne conto. Una strategia che ha avuto successo in passato, non necessariamente porterà gli stessi risultati nel mercato di oggi che si è profondamente rinnovato. Assicurati quindi di fornire soluzioni moderne ed efficaci a seconda del mercato e dei tempi che cambiano, tenendo sempre bene in mente qual è il risultato desiderato del cliente. Strategie di customer success Le strategie possono variare da azienda ad azienda naturalmente. Tuttavia ci sono alcuni punti fermi che bisogna seguire: Utilizzo di un CRM capace di snellire i processi per giungere rapidamente all’obiettivo finale, cioè la fidelizzazione del cliente; Formazione di un team dedicato; Individuazione del risultato desiderato del cliente; Costruzione di una roadmap della customer success che tracci la strada da perseguire per raggiungere gli obiettivi prefissati; Misurazione e analisi dei risultati ottenuti. Il primo punto è quindi la corretta scelta del CRM, cioè una strategia per gestire i rapporti e le interazioni esistenti tra un’azienda e i suoi clienti. Un ottimo CRM aiuta le aziende a mantenere i rapporti con i clienti e restare in contatto con loro per un lungo periodo, snellendo i processi e migliorando la redditività. Partendo dal CRM, ecco le strategie che possono rivelarsi estremamente efficaci per un customer success vincente. Il targeting Per soddisfare i tuoi clienti devi innanzitutto conoscerli. Devi quindi effettuare un’operazione di targeting, che ti consenta di individuare il tuo target di pubblico in un mercato. Se ad esempio vendi scarpe per neonati e bambini, quello dovrà essere il tuo target. Dopo aver targettizzato i tuoi clienti, devi procedere a un ulteriore processo di segmentazione. All’interno di un pubblico targettizzato, ci sono persone che hanno esigenze, necessità e modalità d’acquisto differenti. Devi instaurare un rapporto quasi “intimo” con i tuoi clienti, suddividendoli in gruppi specifici così da poterli gestire più facilmente. Una volta definite le tue buyer personas, devi stabilire quanto spendere per una segmentazione efficace della tua clientela. Un piccolo consiglio? Vale la pena investire maggiormente su quel gruppo di clienti che spende di più e che quindi ha per te un alto valore economico. La gestione della clientela Fornendo una buona assistenza clienti puoi capire non solo se il tuo pubblico è soddisfatto del servizio ricevuto, ma anche anticiparne le possibili mosse e le richieste. Una buona gestione clienti si basa su tre elementi fondamentali: Corretta gestione delle aspettative. I clienti che scelgono la tua azienda hanno determinate aspettative, tanto nel breve quanto nel medio e lungo periodo. Non disattenderle e fornisci ciò che hai promesso. In questo modo conquisterai la loro fiducia e rafforzerai l’immagine del tuo brand; Illustra ai clienti i servizi di assistenza fai da te. Gli utenti moderni preferiscono i servizi self-service, grazie ai quali possono accedere alle risorse o risolvere le problematiche in totale autonomia. Spiega loro come usarli, affinché si rivolgano a te solo quando strettamente necessario. In questo modo snellirai il lavoro del team di assistenza, che potrà concentrarsi sulle criticità più complesse e offrire un supporto di maggiore qualità; Spingi i clienti a diventare “ambasciatori” del tuo brand. I tuoi clienti sono rimasti soddisfatti del servizio ricevuto? Ottimo! Fa sapere che ti affidi al loro passaparola, grazie al quale la tua azienda può crescere ulteriormente e offrire servizi e prodotti sempre più all’avanguardia e tecnologici. Perfetta gestione degli interventi Un altro step fondamentale è la gestione degli interventi e, più nello specifico, la risoluzione delle problematiche. Hai bisogno di un mix perfetto tra tecnologia e fattore umano, che può esserti garantito da un ottimo CRM. Gli interventi possono essere programmati secondo una sequenza temporale, sulla scorta di dati e feedback o ancora su richiesta diretta del cliente. In ogni caso è opportuno tenere aggiornato il cliente sullo stato dell’intervento, fornendogli una sorta di tracciabilità per dargli delle tempistiche precise. Misura le tue prestazioni La tua strategia di customer success sta avendo effetto? Per rispondere a questa domanda devi misurare le tue prestazioni. In particolare devi porti altre due domande: I tuoi clienti sono soddisfatti? Tu sei soddisfatto? Le due domande sono concatenate l’una con l'altra. Se i tuoi clienti sono soddisfatti, naturalmente lo sarai anche tu. Non commettere però l’errore di sederti sugli allori solo perché hai raggiunto gli obiettivi che ti sei prefissato. Devi essere sempre proattivo per perseguire gli obiettivi futuri non solo sul breve periodo, ma anche sul medio e lungo periodo. Usa la giusta comunicazione Infine devi essere bravo a usare la giusta comunicazione, creando un’esperienza d’acquisto piacevole e soddisfacente in tutte le varie fasi. Realizzare un prodotto plasmato e pensato per il tuo target di pubblico può essere relativamente facile, ma va presentato nel modo giusto. Tieni in considerazione i feedback ricevuti e adotta un atteggiamento empatico con i tuoi clienti per raggiungere gli scopi prefissati. Conclusioni Ora hai tutte le carte in regola per avviare una strategia vincente di customer success management. Come già specificato nel corso dell’articolo, il primo step è adottare un CRM efficace che riduca le distanze tra te e il tuo pubblico. Sei in cerca di una scorciatoia? Allora può darti una mano il nostro ebook, scaricabile gratuitamente a fondo pagina, che ti spiega quali sono i tipici problemi di un’azienda e come risolverli con un valido CRM. Image by jigsawstocker on Freepik
Il web marketing può essere anche divertente? Assolutamente sì! Anzi, creare un modello di comunicazione commerciale basato sui giochi è una strategia che sta avendo un grande successo e che ha un nome: gamification marketing. Il marketing sul web sta cambiando profondamente e bisogna essere reattivi ai cambiamenti per non restare fermi al palo. Sicuramente alcune strategie come l’inbound marketing, il content marketing e l’advertising continuano ad essere veri pilastri per chi ha un e-commerce o un sito web. Tuttavia c’è da considerare un aspetto: per quanto tu possa lavorare bene, devi comunque confrontarti con competitor agguerriti in un mercato sempre più saturo e aggressivo. Come fare quindi per emergere e farsi notare dal tuo target di riferimento? Devi rompere gli schemi e soprattutto innovare. Come? Con il gamification marketing. Analizziamo meglio come funziona il nuovo trend della gamification marketing e come sfruttarne tutte le potenzialità. Gamification marketing: la definizione Con il termine gamification si fa riferimento all’utilizzo delle dinamiche tipiche dei giochi con l’obiettivo di aumentare l’engagement degli utenti verso il prodotto, o meglio ancora, verso il brand. Gli utenti vivono così un’esperienza sicuramente originale e coinvolgente. Si raggiungono tre importanti vantaggi: La fidelizzazione dei clienti a costi ridotti; La raccolta di dati e informazioni preziose; L’aumento delle vendite. Tantissime aziende hanno già sperimentato con successo la gamification marketing. Giochi a punti, sfide con obiettivi e battaglie tutti contro tutti sono solo alcune delle strategie adottate che assicurano interessanti premi, come sconti, punti fedeltà oppure accesso a promozioni riservate. Il desiderio di vincere e di primeggiare sugli altri, la competizione e il senso di appagamento dopo aver raggiunto determinati obiettivi fanno parte della naturale indole umana. La gamification marketing non fa altro che cavalcare questi naturali desideri e ambizioni, affiancati magari da campagne emozionali ad alto impatto e storytelling coinvolgenti. Questo nuovo trend è da ricercare nel fatto che le tradizionali tecniche di vendita stanno cadendo in disuso. Gli esponenti della Generazione Z o i Millennials sono molto più esperti di giochi virtuali rispetto alle precedenti generazioni, quindi la gamification marketing sfrutta le nuove tendenze per offrire servizi ed esperienze innovative e coinvolgenti. Come attuare la gamification nel marketing Per comprendere meglio il discorso fatto finora, ecco alcune strategie da adottare per sfruttare le normali meccaniche presenti nei giochi: Punti: puoi assegnare dei punti che premiano determinati comportamenti degli utenti, come, ad esempio, visitare l’e-commerce per diversi giorni consecutivi, oppure condividere un certo numero di volte gli articoli di un blog. Sono tutti comportamenti positivi che rafforzano la brand loyalty e sviluppano un senso di appartenenza del cliente verso l’azienda; Missioni: nei videogame i giocatori per andare avanti nel gioco e sbloccare successivi premi devono superare determinate missioni. Puoi fare la stessa cosa nell’ambito del marketing, assegnando missioni sempre nuove ai tuoi clienti e, al loro raggiungimento, regalando sconti, promozioni o altri bonus. Una strategia molto gettonata soprattutto tra gli e-commerce per fidelizzare i clienti; Leaderboard: puoi stilare una classifica, in base alle missioni compiute o agli obiettivi conseguiti, tra i tuoi clienti. In questo modo, oltre a sviluppare in loro un forte senso di appartenenza verso il brand, scateni una sana competizione, a tutto beneficio della tua azienda. Volendo fare un esempio ancora più specifico, diversi brand in occasioni speciali organizzano una caccia al tesoro. Come funziona? Esattamente come una caccia al tesoro, con la differenza che si svolge nell’online. Gli utenti vengono invitati a navigare tra le pagine dell’e-commerce, del sito o del blog per trovare un personaggio nascosto che ogni giorno è in una posizione diversa. Può trovarsi nella landing page, nella scheda prodotto o in un contenuto del blog. Il premio finale può essere un coupon da 20 euro o uno sconto del 30% su un prodotto. Naturalmente non tutti possono vincere questo premio, ma bisogna limitarlo ai primi 30, 40 o 50 utenti per incentivare la competizione. Gamification nel marketing B2B La gamification può essere utilizzata nel B2B marketing? Assolutamente sì! Anzi proprio in questo settore risulta ancora più efficiente, se utilizzata correttamente. Il processo di vendita nel B2B è decisamente più lungo e tortuoso rispetto al B2C. Nel mercato destinato ai clienti risulta molto più facile sfruttare elementi come l’emotività o appunto l’effetto scarsità. Nel mercato B2B tutto si complica. In tal caso bisogna conquistare la fiducia di aziende, che prima di procedere all’acquisto devono considerare molti più aspetti legati al budget, ai costi, ai rischi, all’adattabilità del prodotto o del servizio alle proprie necessità ecc. Il “corteggiamento” verso un lead può essere lungo e costoso, col rischio di beccare addirittura il più classico “due di picche”. Per trasformare il lead in cliente, oltre a coccolarlo e fornirgli contenuti di qualità e valore, devi adottare strategie più aggressive e innovative come appunto la gamification. Puoi adottare la strategia che ritieni più opportuna e, una delle più efficaci, riguarda ad esempio la fornitura di un servizio o un prodotto per un mese di prova. Investendo sulla user experience, diventa più facile aumentare il tasso di conversione. Supponiamo che tu commercializzi un software di elaborazione di immagini. Puoi decidere di rilasciare il software gratuitamente, magari per un mese, abbinando strategie di gamification. L’utente ha l’obiettivo di superare delle missioni e, per farlo, deve testare un tot di funzioni entro la fine del mese di prova. Così facendo può scoprire meglio tutte le funzionalità a disposizione, le testa e ne apprezza i vantaggi. A chi completa le missioni può essere assegnato un premio, come un ulteriore periodo di prova o uno sconto sull’acquisto del software. Un mezzo ingegnoso per fidelizzare i clienti a costi contenuti e invogliarli all’acquisto finale. Quali sono i vantaggi? Per le aziende, gli e-commerce e i siti web le innovative strategie della gamification marketing portano ad una serie di vantaggi che, come un effetto domino, innescano altri benefici. Ecco i vantaggi conseguiti: Maggiore engagement. Coinvolgere il proprio pubblico di riferimento è una delle attività più importanti, ma anche più difficili da portare a termine per l’estrema competitività dei mercati. La strategia di gamification deve quindi adattarsi al tuo target di pubblico e al canale utilizzato per fare aumentare il livello di interazione, generando un sentimento positivo verso il brand; Competizione stimolante. La componente ludica può essere sfruttata anche in ambito lavorativo. Anzi, il gioco rende molto più stimolante e creativo il lavoro. Come già anticipato la competizione fa parte naturalmente dell’essere umano, che prova un senso di gratificazione dopo aver raggiunto un obiettivo o dopo aver primeggiato su altri rivali; Raccolta di dati sugli utenti. Sulla base delle interazioni degli utenti, puoi segmentare i differenti target di pubblico, identificare i clienti più attivi e creare offerte personalizzate per loro; Un importante ritorno d’immagine. I clienti hanno una percezione molto positiva del tuo brand, di cui apprezzano la forte carica innovativa. Esempi di gamification da cui prendere spunto Esempi di strategie di gamification adottate delle imprese se ne trovano molti vista la capacità di questa strategia di marketing di migliorare i tassi di conversione, rendendo la campagna più coinvolgente, aumentando inoltre la capacità di lead generation delle imprese. Un primo esempio ci è fornito da Coca-Cola che, ogni giorno, lanciava uno spot pubblicitario alle 22 ad Hong Kong. Gli utenti potevano interagire con lo spot tramite l’app, scuotendo il telefono per vincere premi casuali. Altro esempio è stato Nike, che nel 2019, con il lancio del Nike Sneaker Day, in cui consentiva agli utenti di accedere alla propria app e cercare delle immagini con una targhetta da grattare. Nel caso in cui qualcuno avesse trovato la targhetta dorata, si sarebbe dovuto localizzarsi in uno dei luoghi misteriosi indicati dall'app (Parigi, Londra, Berlino) e geolocalizzarsi prima che le scorte arrivassero a 0, indicate all'interno dell'app. Alla fine si vinceva la possibilità di acquistare sneakers uniche al mondo. Altri brand hanno invece sfruttato i video interattivi, proiettando gli utenti al centro del gioco e facendoli diventare protagonisti con la possibilità di interagire con i messaggi ricevuti. L’interazione garantisce un maggior engagement, migliora la customer experience e consente di raccogliere dati preziosi degli utenti che possono essere immagazzinati in un efficace CRM, tracciando le scelte più gettonate durante la customer journey. Conclusioni La gamification marketing è in uno stato embrionale, ma già nelle prime fasi ha dato risultati straordinari che le aziende moderne non devono assolutamente ignorare. Determinate tecniche, come il content marketing e l’inbound marketing, vanno coltivate e ottimizzate ma, con l’ausilio del gamification marketing, le loro prestazioni non possono fare altro che migliorare. Se vuoi creare un sito moderno con cui progettare fisicamente la strategia di gamification devi dotarti innanzitutto di un efficiente CMS, come HubSpot CMS. Se invece hai bisogno di immagazzinare i dati dei tuoi contatti arrivati grazie alla gamification, automatizzare, snellire i processi e creare una relazione diretta con i clienti, puoi dotarti di un CRM. Il processo non sarà facile, ma con il giusto mix di queste strategie potrai toglierti belle soddisfazioni e vedere la tua attività crescere costantemente giorno dopo giorno. Per iniziare ti consiglio di leggere l’ebook a fondo pagina, scaricabile gratuitamente, che ti illustra come iniziare le tue campagne di lead generation, vero vantaggio del gamification marketing. Image by Freepik
L’unione fa la forza, soprattutto quando si parla di co-marketing! Questa particolare strategia di collaborazione, nota anche come marketing cooperativo, prevede un’alleanza generalmente a carattere temporaneo tra due aziende che conseguono rispettivi e reciproci benefici. Le azioni di co-marketing possono essere usate per arricchire la propria proposta di beni o servizi, per soddisfare una gamma più ampia di consumatori, per aumentare le vendite, per fidelizzare i clienti e conquistarne di nuovi e anche per rafforzare il proprio brand, soprattutto se si sceglie un partner importante. Nel mercato moderno esistono diversi esempi di co-marketing, ma le collaborazioni vanno scelte secondo determinati criteri e requisiti per ottenere un vantaggio reale e tangibile. Co-marketing: cos’è e quali sono le principali caratteristiche L’accordo di co-marketing, abbreviazione del termine inglese “cooperative marketing”, prevede una collaborazione tra due aziende che, pur trattando prodotti e servizi diversi, decidono di unire le forze per avviare un’azione strategica comune sul mercato. L’obiettivo principale è realizzare campagne di comunicazione efficaci e dal grande impatto, finalizzate a ridurre i costi per entrambi i brand e condividere il rispettivo know-how. Il co-marketing deve essere un accordo realmente vantaggioso per entrambe le parti. Se i benefici sono unilaterali o eccessivamente sproporzionati a beneficio di una sola azienda, allora questa strategia non funzionerà, oppure funzionerà solo per una delle parti in causa. Una volta chiarito cos’è il co-marketing, analizziamo meglio le sue caratteristiche principali. La durata dell’accordo Il co-marketing generalmente è una forma di collaborazione temporanea, che prevede la condivisione di informazioni e risorse per un periodo limitato nel tempo. Proprio per questo motivo tale strategia si differenzia dalla partnership marketing, cioè una collaborazione decisamente più duratura nel corso del tempo. Tuttavia non sono rari i casi in cui collaborazioni di co-marketing durano per un periodo indeterminato, o comunque per un periodo di media-lunga durata. La percezione del cliente Un altro aspetto da considerare è il ritorno d’immagine positivo agli occhi dei clienti. Se la tua azienda collabora con un brand importante, naturalmente ne beneficia in termini di marketing. Il tuo marchio acquista ulteriore valore e prestigio, purché la scelta del partner deve essere oculata. L’azienda con la quale lavori non necessariamente deve operare nel tuo stesso settore, ma deve quanto meno condividere gli obiettivi e gli interessi. Le 3 fasi del marketing in cui si sviluppa l’accordo La collaborazione con un’azienda può nascere in tre diverse fasi del marketing: Marketing analitico; Marketing strategico; Marketing operativo. Nel marketing analitico le aziende sono solite stringere accordi per ridurre i costi delle campagne pubblicitarie e delle ricerche di mercato, così da condividere le spese e raccogliere informazioni preziose. Il co-marketing strategico prevede un maggior impegno dei due partner e si basa su una forma di collaborazione continuativa. I due brand sono chiamati ad utilizzare in sinergia le risorse manageriali, fisiche ed economiche per conseguire reciproci vantaggi competitivi. Infine il co-marketing operativo consente di unire le forze per individuare i canali più indicati per sponsorizzarsi, i contenuti più “caldi” sui quali battere, gli influencer ai quali rivolgersi e tutte quelle altre attività che consentono di mettere in pratica quanto teorizzato nella fase strategica. In questo step può darti una grande mano un CRM, capace di farti snellire tutte le operazioni e darti una conoscenza migliore dei tuoi clienti, così da poter fornire un servizio di assistenza personalizzato che apre le porte alla fidelizzazione. Cos’è il co-branding? Prima di concentrarci sulle categorie e sui vantaggi offerti dal co-marketing, è opportuno soffermarci un attimo sul co-branding. Oggi esistono tantissimi esempi di co-branding, che può essere considerato una forma particolare di co-marketing. In tal caso due o più brand abbastanza noti uniscono le forze per realizzare un unico prodotto e avviare attività di marketing congiunte. In questo modo entrambe le aziende rafforzano la loro notorietà e generano un notevole incremento delle vendite. Benché si tratti di una forma di collaborazione molto interessante, va usata con le molle. Se infatti scegli un’azienda molto più grande e nota della tua, rischi di venirne schiacciato. Sarà solo il brand partner ad ottenere vantaggi, mentre tu raccoglierai le briciole. Vale anche il discorso contrario. Non scegliere come partner un brand totalmente sconosciuto, o peggio ancora con una brutta reputazione, poiché avresti un pessimo ritorno d’immagine. A proposito di percezione del brand da parte dei clienti, scegli un partner con il quale hai comunque delle affinità. Non avrebbe senso collaborare con un marchio che ha valori, filosofie e strategie aziendali diametralmente opposti rispetto ai tuoi. Le 4 categorie di co-marketing Il co-marketing può essere suddiviso in 4 categorie principali: Co-marketing di prodotto o di servizio. I due brand stringono un’alleanza per lanciare sul mercato un prodotto o un servizio condiviso, con l’obiettivo di aumentarne la competitività in commercio; Co-marketing di promozione. Si verifica quando un’azienda accetta di pubblicizzare i prodotti o i servizi di un altro marchio. Nella mente del consumatore si crea un’associazione positiva tra i due brand e quindi anche il messaggio pubblicitario ha un maggiore impatto. Una strategia particolarmente efficace nell’ambito dell’inbound marketing, una metodologia di business che attira i clienti in modo naturale con la creazione di contenuti di valore ed esperienze su misura per loro; Co-marketing di distribuzione. In questo caso un’impresa distribuisce i suoi prodotti tramite i canali di marketing di un altro brand. Una collaborazione del genere solitamente si verifica tra le imprese produttrici e le imprese distributrici: le prime sfruttano i servizi logistici delle seconde per ottimizzare la distribuzione e aumentare la customer satisfaction dei propri clienti; Co-marketing di prezzo. Infine le alleanze di prezzo consentono di vendere i prodotti a costi più contenuti. Ad esempio l’acquisto congiunto di due beni, rispettivamente prodotti dalle due aziende partner, dà possibilità di accesso ai prodotti a prezzi più calmierati. I clienti possono quindi acquistare prodotti a costi vantaggiosi, mentre i due brand vedono aumentare notevolmente le vendite e di conseguenza il profitto. Quali sono i vantaggi del co-marketing Questa forma di collaborazione garantisce una serie di vantaggi importanti, che vanno dall’acquisizione di nuovi clienti ad una maggiore visibilità fino all’aumento delle vendite. Possiamo così riassumere i benefici principali: Sfruttare la visibilità del brand partner e offrire ai suoi clienti i tuoi prodotti; Ridurre le spese grazie ad investimenti comuni e alla collaborazione in sinergia delle risorse umane; Condividere un pubblico qualificato e targettizzato di potenziali clienti, ottenuto tramite una campagna pubblicitaria realizzata insieme; Sfruttare i canali social, il blog, la landing page del sito e le campagne di e-mail marketing del partner; Avviare un rapporto di lunga durata che può rivelarsi fruttuoso per entrambi; Aumentare il livello di soddisfazione dei propri clienti, mettendo a loro disposizione un ventaglio di offerte molto ampio. Il co-marketing, se sfruttato oculatamente, consente di conseguire una serie di vantaggi e obiettivi difficilmente raggiungibili se i due brand operassero singolarmente. La collaborazione tra due brand, anche di settori diversi, è la strada giusta per avviare una strategia di business alternativa e originale. Come avviare una strategia di co-marketing vincente? Ti sei convinto ad avviare una strategia di co-marketing? Perfetto! A questo punto c’è solo una domanda da porsi: come scegliere il partner ideale? Domanda tutt’altro che banale, considerando che il successo della strategia di co-marketing dipende proprio dalla giusta scelta dell’azienda alleata. Per prima cosa devi scegliere un’azienda non competitiva, altrimenti rischiate di pestarvi i piedi a vicenda. La soluzione ideale sarebbe scegliere un’attività complementare alla tua. Secondariamente devi scegliere un brand che abbia un pubblico piuttosto vasto, da raggiungere facilmente tramite campagne di e-mail marketing, social ecc. Come già anticipato precedentemente scegli un’azienda che, come notorietà e reputazione, sia più o meno simile alla tua. Hai individuato il partner ideale? Ottimo! A questo punto però devi convincerlo con un’idea originale e soprattutto ben strutturata. Se la tua proposta è troppo generica, rischi di fare un buco nell’acqua. Puoi contattare il potenziale partner inviando una mail dove ti presenti e illustri la tua idea di co-marketing, enfatizzando i vantaggi per lui e per te. Se il partner risponde positivamente alla tua proposta, non resta che accordarsi sulle modalità di collaborazione. Ecco cosa bisogna fare: Decidere come avviare la collaborazione e quali saranno i vantaggi per entrambi; Stabilire le responsabilità e le attività da assegnare a ciascuna delle due aziende, affinché non ci siano rischi di sovrapposizione o di lacune durante i processi di marketing; Definire i risultati da perseguire per entrambi. Questi sono per grandi linee i principali accordi da stabilire ma, in base alla tipologia di collaborazione, puoi tranquillamente concordare secondo altri criteri. Conclusioni Sono tantissime le aziende, di piccole, medie e grandi dimensioni, che stanno guardando con interesse sempre maggiore alle grandi opportunità di co-marketing. Misurare le prestazioni delle collaborazioni, come ad esempio le campagne di marketing, è fondamentale per capire se la tua strategia di co-branding sta funzionando. A tal proposito può esserti utilissimo HubSpot CRM e, per comprendere meglio il funzionamento del software e sfruttarne tutte le potenzialità, ti suggerisco di scaricare e leggere l’ebook gratuito alla fine dell’articolo. Image by pressfoto on Freepik
Grazie alla tecnologia contemporanea abbiamo a disposizione una serie di strumentazioni che facilitano la gestione di ecommerce e siti web. Uno degli aspetti più importanti da gestire riguarda la relazione tra azienda e clienti, o lead, cioè utenti che hanno manifestato interesse verso i tuoi prodotti, i tuoi servizi o il tuo marchio in generale. HubSpot per ecommerce rappresenta uno degli alleati più preziosi per uno shop online, soprattutto nella relazione con i clienti. Dobbiamo entrare nell’ottica che il rapporto con un cliente non si esaurisce assolutamente con la vendita. Quello non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza. Ebbene HubSpot aiuta a “nutrire” il cliente in ogni fase (prima, durante e dopo l’acquisto) con una serie d'informazioni, messaggi, email, offerte e promozioni che favoriscono la fidelizzazione. In un mercato sempre più saturo e competitivo è necessario adeguarsi alle esigenze del pubblico, per fornire realmente un valore aggiunto e differenziarsi dalla concorrenza. HubSpot sa adattarsi ad ogni necessità, dallo sviluppo dell’ecommerce B2B allo sviluppo dell’ecommerce B2C, fornendo di volta in volta gli strumenti più adeguati per perseguire i propri obiettivi e snellire i processi. HubSpot è il miglior CRM per ecommerce? Il tuo ecommerce è in costante crescita e i vecchi fogli Excel non sono più sufficienti per gestire le tue attività e le relazioni con i contatti? Allora hai bisogno di un efficace CRM, l’acronimo di Customer Relationship Management ovvero Gestione delle Relazioni con i Clienti. Con un ottimo CRM puoi restare in contatto con i tuoi clienti, semplificare tutti i processi e migliorare la redditività del tuo ecommerce. Secondo molti il miglior CRM attualmente disponibile in commercio è HubSpot. É davvero così? Sicuramente oggi esistono diversi CRM, molti dei quali ben fatti e altamente performanti. A seconda delle preferenze e degli obiettivi da raggiungere, ognuno potrebbe optare per questo o per quel CRM. Una cosa però è innegabile: oggi in Italia sono tantissimi gli ecommerce che usano HubSpot come CRM. Secondariamente, gli esperti del settore hanno selezionato HubSpot come miglior CRM per l’inbound marketing; infine sono sempre di più gli esempi di HubSpot case study che raccontano storie di successo di ecommerce e brand che hanno usato questo CRM. Tre indizi fanno una prova e quindi, su queste basi, possiamo dire senza timore di smentita che sicuramente HubSpot rappresenta uno dei migliori CRM in commercio, se non il migliore. O meglio, Hubspot rappresenta uno dei migliori ecommerce CRM perché riesce ad integrare perfettamente il mondo ecommerce con il mondo CRM. Quali sono le funzionalità di HubSpot? Cosa puoi fare con HubSpot CRM? Dipende dai tuoi obiettivi, ma questo software di marketing automation “all-in-one”, ti mette a disposizione tutti gli strumenti e le funzionalità necessarie per creare un e-commerce altamente performante. Analizziamo di seguito alcune delle funzionalità disponibili su HubSpot. I contatti con i clienti Se hai un ecommerce, necessiti dei contatti dei clienti come il pane. Il cuore della tua attività sono proprio i clienti, che a loro volta possono diventare ambasciatori del tuo brand e innescare un passaparola positivo. Cosa può fare HubSpot per il tuo ecommerce nella relazione con i clienti? Ti consente di conservare le informazioni del tuo contatto, come il numero di volte che ha avuto accesso sul tuo sito o che ha aperto le tue email. E ancora puoi avere una relazione dettagliata di tutte le attività di un contatto sul web, come contenuti scaricati, articoli letti o prodotti maggiormente monitorati o acquistati. In questo modo puoi raccogliere informazioni preziosissime, per poi avviare una comunicazione personalizzata con quel cliente inviando promozioni e offerte su misura. Il tutto avviene in maniera perfettamente automatizzata, così da snellire e velocizzare ogni processo. Le attività del cliente utili per la profilazione del target Altra funzionalità che rende Hubspot il migliore CRM integrabile con l'ecommerce, è il fatto di poter tracciare tutta l'attività che un cliente compie sul vostro ecommerce. Tramite il tracciamento dei cookies sarà possibile vedere quali pagine del sito web ha visitato e per quanto tempo. L'utilità di questo tool è enorme perché permette alle aziende di mirare la comunicazione verso prodotti apprezzati dall'utente. Per esempio, se il vostro ecommerce ha come core business la vendita di abbigliamento e il contatto visiterà in breve tempo solamente pagine relative a calzatura per lavoro, potrai inviare una comunicazione ad hoc su eventuali offerte relativo al tipo di prodotto visitato dal cliente. Ciò significa un notevole risparmio di tempo e, fattore non trascurabile, un risparmio di fastidio nel vedere una comunicazione non pertinente lato cliente. Le trattative Ogni volta che un utente entra in contatto con il tuo marchio, che sia sui social, sull’ecommerce o su qualsiasi altro canale, inizia una trattativa che ha l’obiettivo di trasformarlo in cliente. Ogni utente effettua un percorso di vendita e, a ogni tappa, avanzerà anche la trattativa. In pratica puoi osservare e monitorare le varie fasi della trattativa che dovranno trasformare il contatto in cliente. Noti che a una determinata tappa il percorso del contatto si interrompe, si blocca o si rallenta? In tal caso puoi intervenire tempestivamente e porre rimedio alla criticità che sta ostacolando la trattativa. Gli obiettivi Porsi degli obiettivi è un ottimo sistema per far crescere la propria attività ed essere sempre “sul pezzo”. Dopo aver conseguito dei buoni risultati, c’è il rischio di sedersi sugli allori. Con degli obiettivi invece si alza sempre di più l’asticella, in modo che l’attività abbia una crescita costante. Puoi creare tu gli obiettivi all’inizio di un progetto, oppure assegnarli automaticamente dopo che un tuo contatto è passato a uno stage successivo. Se lo desideri puoi creare un obiettivo specifico per un singolo contatto, così da poterlo seguire con maggiore attenzione. Gestisci tutti i tuoi impegni Alle 9:00 hai una call con dei clienti; alle 10:30 devi consegnare un progetto; alle 12:00 devi contattare i fornitori; alle 15:00 bisogna inviare le fatture. Tra tutti questi impegni c’è il rischio che ti sfugga qualcosa o, peggio ancora, fissare due diverse call allo stesso orario. Come risolvere allora questi problemi? Con la funzione “meeting” di HubSpot che, collegandosi al tuo calendario Outlook o Google, sincronizza in automatico tutti i tuoi impegni. In questo modo non c’è il rischio di dimenticare qualcosa o fissare due impegni agli stessi orari. Naturalmente ricevi delle notifiche che tengono traccia di tutti gli impegni quotidiani, settimanali o mensili. Queste sono solo alcune delle funzionalità che HubSpot mette a tua disposizione, ma ce ne sono davvero tante che puoi sfruttare a seconda delle tue necessità. Quali sono i vantaggi di HubSpot in chiave ecommerce? Anche se HubSpot fornisce funzionalità che si adattano a ogni tipologia di e-commerce, i vantaggi garantiti sono gli stessi per tutti. Innanzitutto puoi fornire un’esperienza personalizzata al tuo cliente, proponendogli sconti, offerte e promozioni su misura. La fidelizzazione dei clienti passa proprio per il rapporto costruito con loro, che deve essere plasmato secondo le loro preferenze. Questo è il punto di partenza per costruire una relazione solida e duratura con gli acquirenti. Ti sei mai chiesto quanto tempo perdono i tuoi team nel registrare manualmente tutti i processi amministrativi? Tanto, troppo tempo. Mai come in questo mondo così frenetico e convulso il tempo è denaro. Con HubSpot puoi tranquillamente automatizzare tutti i processi amministrativi, che liberano i tuoi team da operazioni lunghe e noiose, consentendo loro di concentrarsi su altre attività più impegnative. Tutto questo ovviamente si traduce in una maggiore produttività della tua azienda. Il processo di vendita diventa molto più snello e fluido sia per il cliente, ma anche per il team di assistenza chiamato in causa per fornire supporto. Un operatore addetto all’assistenza, che ha a disposizione tutti i dati e le informazioni di un determinato cliente, può fornire un supporto molto più dettagliato, preciso e personalizzato. Ecommerce integration HubSpot: le integrazioni con le piattaforme I marketer hanno a disposizione molti strumenti preziosi per la loro attività di ecommerce: dal blog alla SEO, dai social alle campagne di marketing. Tuttavia questi strumenti sono scollegati dal database dei contatti e, in alcuni casi, addirittura tra di loro. Rischi quindi di perdere una serie di dati preziosi, o comunque di non riuscire a confrontarli tra di loro per capire come stanno performando gli strumenti a tua disposizione. Cosa fa quindi HubSpot? Raccoglie tutti i dati dei suddetti strumenti, mettendoli in relazione tra di loro e custodendoli in un database affinché possano agire in sinergia tra di loro. Le interazioni degli strumenti vengono appositamente registrate nel CRM e puoi tenerne traccia in ogni momento. Considera che alcuni visitatori atterrano sul tuo sito partendo da una pagina social, da un sms, da una campagna pubblicitaria o direttamente dai motori di ricerca. Con HubSpot puoi conoscere i comportamenti di ogni singolo utente, intercettarne i bisogni e fornire proposte e offerte tarate e personalizzate sulle sue esigenze. Allo stesso tempo puoi individuare le aree carenti nel processo di vendita che necessitano di essere rafforzate, oppure i punti di forza che vanno ulteriormente implementati e valorizzati. Con quali software di ecommerce può integrarsi HubSpot? Ne sono tanti. Da tempo ormai è disponibile un’integrazione nativa con Shopify che consente alle due piattaforme di dialogare perfettamente tra di loro. Grazie a questo “dialogo” sempre aperto, puoi trasferire da Shopify i dati relativi alle transazioni dei clienti su HubSpot. Questa integrazione consente di fare molto di più e per avere maggiori informazioni puoi tranquillamente contattare gli esperti Shopify del servizio assistenza. Ed ancora puoi integrare HubSpot con i marketplace e altre piattaforme come WooCommerce, Magento 2.0 e BigCommerce. Conclusioni Sono sempre di più gli ecommerce che non possono fare a meno di HubSpot. Se anche tu desideri dare una svolta alla tua attività, ti conviene utilizzare questo preziosissimo CRM. Vuoi approfondire la conoscenza su HubSpot? Allora per prendere confidenza con il software ti suggerisco di scaricare l’ebook a tua disposizione gratuitamente. Si tratta di un libro che ti svela tutte le funzioni gratuite di HubSpot e ti consente di organizzare al meglio i tuoi contatti e i tuoi clienti. Image by master1305 on Freepik
Se hai un’attività online ormai devi aver ben compreso quanto sia importante la customer satisfaction. Non è una semplice metrica da analizzare, ma è un indicatore che tasta il polso delle prestazioni aziendali e che evidenziano il livello di soddisfazione dei tuoi clienti. Il problema è la percezione stessa della customer satisfaction. Molte aziende sono convinte di fornire un servizio di assistenza eccellente e soddisfacente. Un’idea che spesso, nella realtà dei fatti, si scontra invece con il livello di soddisfazione piuttosto basso percepito dai clienti. Cosa determina questa errata percezione? L'indicatore più importante sta nei clienti che abbandonano l’azienda, poiché ritengono di ricevere un servizio di assistenza non all’altezza delle loro aspettative. Se sta succedendo proprio questo alla tua azienda, allora è il caso di rivedere le tue politiche di customer satisfaction. Per correre ai ripari ti consiglio di avviare un progetto HubSpot basato su HubSport Service Hub. Scopriamo di cosa si tratta. Cos’è e come funziona HubSpot Service Hub HubSpot è una delle piattaforme all-in-one più richieste e apprezzate sul mercato e comprende nel suo CRM tante funzionalità e servizi destinati ai team di marketing e post-vendita. HubSpot Service Hub nasce proprio per una corretta gestione dei clienti prospect, ad esempio fornendo: Assistenza continua prima, durante e dopo l’acquisto; Dati e informazioni; Risposte pertinenti a domande o criticità presentate dai clienti. Andando più nello specifico HubSpot Service Hub si snoda in tre principali funzionalità: Ticketing; Sondaggi; Knowledge base. Analizziamole nello specifico tutte e 3. Ticketing Quando si verifica qualche problema o qualche criticità, magari nell’acquisto di un prodotto o nel reso di un articolo, il cliente ha naturalmente bisogno di supporto. Ed è in quest’occasione che subentra il ticketing, un sistema che ti consente di prendere in carico la segnalazione di un problema e smistarlo al team opportuno per risolverlo nel più breve tempo possibile. Il sistema proposto da HubSpot Service Hub ti consente inoltre di dividere i ticket interni da quelli esterni, oppure distribuirli tra i diversi team a seconda delle loro competenze. Su ogni ticket puoi registrare tutte le problematiche riscontrate, mentre i membri dei diversi team possono aggiungere note, creare attività o contattare le persone. Tutto questo direttamente dal ticket, riducendo i tempi morti e velocizzando notevolmente il lavoro del team di assistenza. L’help desk di HubSpot ti permette di ricevere le richieste di supporto, analizzarle, risolverle e migliorarsi in continuazione. Ci sono 4 step del ticket: Apertura; Lavorazione; Attesa; Chiusura. In ogni momento puoi verificare in quale stato si trova il ticket, così da poter dare indicazioni precise al cliente che non si spazientisce dal momento che riceve informazioni dettagliate. Il servizio ti permette poi di gestire le priorità secondo due diversi criteri: Per ordine di arrivo; Per ordine di importanza. Generalmente i ticket vanno smaltiti e risolti in base all’ordine cronologico di arrivo. In alcuni casi però determinati problemi richiedono una priorità maggiore rispetto ad altri. Questo succede spesso nella customer satisfaction nell’ambito della sanità, dove è necessario dare priorità ad alcuni clienti piuttosto che ad altri, proprio perché si tratta di questioni di salute. Infine c’è un’altra domanda alla quale rispondere: quale canale utilizzare per risolvere il ticket? Ogni canale ha i suoi pro e i suoi contro, ma HubSpot Italia te ne mette a disposizione diversi così puoi scegliere quello più in linea con le tue necessità. I canali a disposizione sono: Telefono: un canale tradizionale ma che consente di fornire assistenza in tempo reale e personalizzata ad un cliente che deve risolvere un problema urgente; Email: altro canale di stampo tradizionale per richieste non urgentissime che permette di inserire link e screenshot; Live chat: uno dei canali più efficaci e moderni che può puntare sulla velocità e sull’immediatezza del supporto; Form: per le aziende che hanno risorse limitate il modulo di contatto è una soluzione perfetta per fornire una risposta pertinente senza gravare eccessivamente sul budget aziendale. Ad ogni modo, qualunque sia il canale utilizzato per fornire supporto al cliente, con HubSpot puoi raccogliere tutte le richieste in un unico posto, così da averle costantemente sott’occhio e monitorare lo stato di avanzamento. Customer satisfaction: questionari e sondaggi Il questionario è una cassa di risonanza importante per quantificare e capire come calcolare la customer satisfaction. Considera che un cliente soddisfatto diventerà ambasciatore del tuo brand, poiché ne elogia i vantaggi e le caratteristiche peculiari sia online che offline. Occhio però all’altra faccia della medaglia: un cliente poco soddisfatto dei tuoi servizi non parlerà certo bene della tua azienda. Per tastare il polso della situazione puoi quindi effettuare dei sondaggi, per raccogliere feedback, recensioni, commenti e opinioni da parte dei tuoi clienti. Puoi anche raccogliere utili dati e informazioni per individuare le eventuali criticità e migliorarle, oppure per rafforzare ulteriormente i punti di forza. Puoi impostare 3 tipi di sondaggi: Net Promoter Score: puoi capire se un tuo cliente è disposto a consigliare ad un amico, un collega o un conoscente i tuoi servizi o prodotti; Customer Satisfaction Surveys: i clienti in questi sondaggi possono condividere le loro esperienze ed esprimere il loro livello di soddisfazione; Customer Effort Scores: consente di comprendere qual è stato il livello di difficoltà nel risolvere un determinato problema che si è venuto a creare. Ti consiglio di inviarlo al tuo cliente subito dopo aver risolto un problema e chiuso il ticket, sfruttando così l’onda emotiva. Sono tre tipologie di sondaggi facili da completare e intuitivi per i clienti. Per invogliare gli utenti a compilare il questionario puoi incentivarli con uno sconto sul futuro acquisto o comunque con altri benefici tangibili. A corredo dei sondaggi, puoi anche sfruttare i servizi di automation. Dopo un sondaggio tra i clienti è emerso che qualcuno è insoddisfatto del servizio ricevuto? Tramite Service Hub puoi creare automaticamente un ticket da inviare ai clienti per provare a capire quali sono le criticità che hanno riscontrato. Il knowledge di base Il knowledge di base è uno strumento self-service molto utile per te, ma anche per gli stessi clienti. Capita, ad esempio, che molti clienti pongano sempre la stessa domanda o che avanzino perplessità piuttosto diffuse. Perché non trasformare una criticità in un’opportunità? Se tutti fanno la stessa domanda, evidentemente c’è stata qualche frattura nella comunicazione tra te e gli utenti. Come risolvere il problema? Trasformando le domande più frequenti in articoli, affinché i visitatori possano trovare rapidamente una risposta completa ed esaustiva alle loro domande. Tutto questo si traduce in un notevole vantaggio per lo stesso team di assistenza, che viene sgravato di un grande lavoro e può concentrarsi nel rispondere alle domande più complesse e alle problematiche meno frequenti. Una volta raccolte le domande più frequenti, puoi definire gli argomenti sui quali scrivere. Tieni a mente che i tuoi articoli devono rispondere a domande precise e risolvere problemi concreti. Adotta quindi un linguaggio semplice e asciutto, senza giri di parole o argomentazioni troppo tecniche, aiutandoti magari con elenchi puntati, immagini ed eventualmente video. Usa lo stesso template per ogni articolo, così da dare una piacevole continuità stilistica sia al sito sia alla tipologia di comunicazione. Elimina gli articoli che non servono più, oppure aggiornali a seconda delle ultime novità per dare un’idea di freschezza al tuo portale. I vantaggi della customer satisfaction La customer satisfaction è probabilmente la metrica più importante dalla quale partire per costruire le solide basi del tuo brand. Fidelizzare un cliente già acquisito costa molto meno che conquistarne uno nuovo ed è proprio da questo concetto che devi partire. Riassumendo possiamo così elencare i vantaggi della customer satisfaction: Un cliente soddisfatto del servizio ricevuto tornerà ad acquistare presso la tua azienda; Un cliente soddisfatto diventa un ambasciatore della tua azienda, poiché ne parla bene con amici, parenti e colleghi che a loro volta diventano clienti. Si innesca così un passaparola positivo; Un cliente soddisfatto sarà disposto a pagare di più un prodotto nonostante altrove pagherebbe meno; Aumenta la web reputation dell’azienda, altra metrica importante. Con i dovuti accorgimenti rendi il tuo team più operativo e quindi più performante nell’assistenza ai clienti. Conclusioni Con il Service Hub di HubSpot puoi davvero mettere il cliente al centro del tuo progetto e valorizzarlo, facendolo sentire realmente importante e apprezzato. Nelle tue strategie di vendita utilizzare HubSpot Service dovrebbe quindi diventare una priorità, così da rafforzare sempre di più il rapporto tra te e i tuoi clienti. Tramite i dati raccolti puoi costruire una comunicazione sempre più personalizzata con i tuoi clienti, sfruttando alla perfezione le risorse e le informazioni a tua disposizione. Il risultato finale è la fidelizzazione dei clienti che si traduce in una crescita repentina e costante della tua attività. Per scoprire come sfruttare tutte le funzionalità di HubSpot, scarica l’ebook gratuito disponibile a fondo articolo. Si tratta di una guida completa su HubSpot CRM e su tutte le funzionalità a disposizione, da sfruttare per cogliere al volo le opportunità che offre il tuo business. Image by benzoix on Freepik
È il social del presente, ma anche del futuro: TikTok. Stiamo parlando di una piattaforma che nel giro di pochi anni ha avuto una crescita esponenziale e poderosa, tanto da attirare l’attenzione di brand, multinazionali, ma anche piccole e grandi aziende. L’uso di TikTok marketing è rapido e intuitivo, quindi la piattaforma si rivolge ad una platea ampia ed eterogenea. Per poter sfruttare le potenzialità di TikTok e soprattutto metterle al servizio della propria azienda, è importante conoscere esattamente come funziona e soprattutto concentrarsi sui trend. Proprio i trend sono il cuore pulsante del social, quindi devi essere bravo a identificarli e cavalcarli nel momento opportuno. Non sai come si fa? Te lo spiego in questo articolo, indicandoti gli strumenti più adeguati per integrare questa piattaforma al meglio con il tuo sito o e-commerce. TikTok per marketing: tutto quello che devi sapere per un business di successo Per molto tempo aziende, brand e negozi online hanno snobbato TikTok. La consideravano come una piattaforma per giovanissimi e adolescenti dove venivano condivisi brevi video, destinati ad una fruizione finalizzata esclusivamente al divertimento e all’intrattenimento. Probabilmente l’intento iniziale di TikTok era proprio questo, ma col tempo si è evoluto in qualcosa di molto più ampio e interessante soprattutto in termini di marketing. La piattaforma ha raggiunto il suo picco nel 2020, riunendo e raccogliendo milioni di giovanissimi che, non bisogna dimenticarlo, sono anche consumatori. Anzi, tra il pubblico online, sono i consumatori maggiormente attivi in fatto di acquisti, interazioni e condivisioni. I numeri ci dicono che TikTok, dopo Instagram, Facebook e YouTube, è la quarta piattaforma più seguita, davanti ad altri colossi come Twitter e Pinterest. TikTok piace per la sua capacità di creare community, dove si sviluppa maggiormente l’engagement che tanto piace ai brand. Le community sono luoghi dove si scambiano commenti, si interagisce e si chiacchiera di un brand o di un prodotto. Le aziende, oltre a veder crescere la loro popolarità, hanno la possibilità di raccogliere notizie, dati e informazioni utili sulle abitudini, sulle idee e sulle tendenze del momento. Come impostare un’efficace strategia su TikTok: nozioni utili da sapere Molti utenti magari si collegano a TikTok solo per guardare qualche video divertente, ma allo stesso tempo si sentono ispirati a fare acquisti. La piattaforma quindi consente di costruire una community ampia e strutturata, diventa un’ottima vetrina per presentare i propri prodotti e rappresenta un pilastro per la fidelizzazione dei clienti. TikTok business, pensato appositamente per le aziende, sfrutta come elemento principale la musica che gioca un ruolo fondamentale. I suoni e le musichette disponibili per i video assicurano un’esperienza coinvolgente e piacevole per gli utenti. Diverse statistiche rilasciate dallo stesso TikTok confermano che i suoni hanno registrato tassi di visualizzazione video superiori del 47% rispetto agli hashtag. In particolare le canzoni allegre sono quelle maggiormente preferite dagli utenti, proprio perché la navigazione su TikTok è vista come un momento di evasione, durante il quale conoscere nuovi brand e magari concedersi anche qualche acquisto. Gli hashtag continuano a mantenere la loro importanza nel catturare l’attenzione degli utenti, ma è altrettanto fondamentale scegliere il suono giusto. Come individuare le tendenze di TikTok? TikTok ti mette a disposizione diversi strumenti per individuare le tendenze del momento, da scegliere in base alla tua tipologia di attività. I trend cambiano notevolmente anche a seconda del fatto che tu abbia un e-commerce B2B o B2C. Del resto con i TikTok Ads puoi impostare annunci pubblicitari per il tuo marchio che ti consentono di sviluppare le strategie di conversione più adeguate, ma se conosci i trend hai già una base solida dalla quale partire. A tal proposito se vendi con un sito di e-commerce ti conviene integrare la tua piattaforma con i servizi di data integration, che integrano e scambiamo i dati tra il sito, il CRM e i programmi ERP che usi in azienda. Puoi gestire comodamente tutte le informazioni a disposizione, avendo una panoramica ampia delle prestazioni del tuo business. A questo punto possiamo analizzare gli strumenti che TikTok mette a disposizione per il tuo mercato, sia B2B che B2C. La scheda “Scopri” Uno dei migliori sistemi per scovare i principali trend di TikTok è andare sulla scheda “Scopri”. Qui puoi trovare di tutto: suoni, hashtag e argomenti più popolari del momento insieme ad un’anteprima dei migliori video della categoria. Puoi anche vedere quanti video rientrano in questa categoria, così da avere un’idea di quali tendenze stanno aumentando e stanno per raggiungere il loro boom. Puoi naturalmente prendere spunto per creare eventualmente i tuoi video, cavalcando le principali tendenze del momento. La pagina “Per te” TikTok crea esperienze personalizzate per i suoi utenti. La pagina “Per te” infatti varia a seconda di ogni utente, in base ai contenuti con i quali interagisce maggiormente. In questa sezione compaiono anche gli argomenti di maggiore tendenza, dai quali è possibile prendere spunto. Se quindi ti capita di vedere un video che vanta centinaia di visualizzazioni o Mi piace, sicuramente è consigliabile dare uno sguardo per capire se è collegato a qualche tendenza che rientra nel tuo business. Comincia a controllare il suono, presente nell’angolo in basso a sinistra del video, e poi il contenuto. Cliccando sul tasto del suono vedrai il nome del brano, il numero di video che lo utilizzano e poi potrai scorrere per vedere gli stessi video che lo usano. Grazie a tutte queste informazioni avrai un’idea di quanto è popolare quel suono e in che modo gli utenti lo utilizzano. Se anche non ha una correlazione con la tua attività, puoi comunque lasciarti ispirare per creare qualcosa di simile e attinente al tuo business per cavalcare l’onda. La scheda “Cerca” Vuoi effettuare una ricerca in totale autonomia? Allora puoi usare la scheda “Cerca” che ti consente di individuare subito le nuove tendenze. Prima che tu cominci a digitare nella barra di ricerca, TikTok ti agevola compilando in automatico le ricerche suggerite secondo i principali argomenti di tendenza. Devi semplicemente fare clic sulle ricerche più pertinenti e vedere quali video sono stati creati su quegli stessi argomenti. Come usare l'hashtag #TrendAlert Hai utilizzato tutti i precedenti strumenti, ma ancora non sai bene quale sia la tendenza più indicata da cavalcare secondo il tuo business? Sappi che ci sono già diversi utenti su TikTok in cima. Puoi seguirli oppure cercare l’hashtag #TrendAlert. Ti compariranno subito le nuove tendenze del momento da utilizzare nel modo più opportuno secondo le tue necessità. Le integrazioni possibili con TikTok Si può integrare TikTok con Hubspot CRM? Non solo è possibile, ma è fortemente consigliabile soprattutto per chi ha un sito web o un e-commerce. Anche BigCommerce ha annunciato da tempo la partnership con TikTok. I rivenditori possono sfruttare il programma di incentivazione di BigCommerce e TikTok, scegliendo le offerte più idonee alle loro necessità. Sono disponibili diverse strategie, che sono cucite addosso alle esigenze dei vari merchant. Ogni brand può quindi creare un format plasmato su misura per i suoi clienti, risultando immediatamente riconoscibile e creando interazioni reali e coinvolgenti con i fan. Il tutto si trasforma in una forte presenza del marchio online, che rafforza la web reputation, una delle metriche più importanti per emergere in un mercato sempre più saturo e competitivo. La visibilità sul web è una metrica fondamentale per imporsi come azienda vincente nella mente del cliente. L’integrazione con TikTok consente di aumentare notevolmente i ricavi, sfruttando i servizi innovativi che permettono di differenziarsi dalla concorrenza. Hai la possibilità di instaurare un rapporto diretto e senza filtri con i clienti, che si rispecchiano completamente nel tuo brand. Ed ancora puoi ottimizzare il ROAS (Return on Advertising Spend), cioè il ritorno economico sulle spese pubblicitarie, così da individuare le prestazioni delle tue campagne e strategie di marketing e ottimizzarle secondo i dati raccolti. Conclusioni Tutte le aziende che operano sul mercato online ormai non possono più ignorare TikTok. Analizzare il pubblico di oggi ti permette di capire come sarà il mercato di domani, anche perché la Generazione Z è quella che tra 10 anni avrà il maggiore potere d’acquisto e abitudini piuttosto ricorrenti. TikTok sta crescendo e con esso il pubblico che sarà sempre più diversificato a seconda dei settori. Comincia quindi a conoscere i trend di oggi e studia le possibili strategie future per farti trovare pronto quando le cose cambieranno, poiché in un mondo così frenetico cambieranno sicuramente. Ti consiglio di leggere un buon libro su TikTok marketing per avere una panoramica più ampia della questione. Intanto puoi già scaricare l’ebook a fondo pagina che ti spiega come fare inbound marketing nel mercato B2B. Image by wayhomestudio on Freepik
Nell’online marketing hanno avuto un impatto rivoluzionario i CMS (Content Management System), poiché consentono anche alle persone con scarsa dimestichezza con la tecnologia di gestire i siti web e pubblicare rapidamente i contenuti. Oggi i marketers hanno bisogno di un’autonomia sempre maggiore per gestire i siti web e tenerli aggiornati, così da potersi concentrare maggiormente sul loro core business e ridurre significativamente i tempi di intervento. Negli ultimi anni c’è stato un vero e proprio boom di CMS, tanto che può risultare difficile scegliere quello più indicato alle proprie necessità. Tra i migliori c’è sicuramente HubSpot CMS, di cui parliamo approfonditamente in questo articolo. Come scegliere il migliore CMS? Indipendentemente che tu sia una grande azienda, una PMI, un ecommerce o un libero professionista, non devi domandarti quale sia il miglior CMS in assoluto, ma quale sia il migliore in base alle tue necessità. HubSpot è riuscito a farsi strada imponendosi come uno dei migliori CMS grazie alla sua versatilità e adattabilità che lo rende una delle migliori alternative a Wordpress, uno dei CMS più usati. Offre infatti una serie di strumenti e funzionalità per creare esperienze personalizzate per i clienti. Hubspot è una piattaforma all-in-one, capace di gestire in modo centralizzato ed efficiente varie attività come il marketing, lo sviluppo web, il customer service e la rete di vendita. HubSpot è un ecosistema ampio all’interno del quale muoversi, ma con percorsi facili da intraprendere sia per lo sviluppatore sia per lo stesso cliente che naviga all’interno del sito. I vantaggi di Hubspot CMS se fai digital marketing Indipendentemente che tu abbia una piccola o grande azienda, B2B o B2C, hai bisogno di registrare i dati e le informazioni di lead e clienti su un unico strumento di lavoro. Questi software si chiamano CRM (Customer Relationship Management) che curano per l’appunto i rapporti con i clienti. In commercio ce ne sono diversi, ma uno dei più gettonati è HubSpot, soprattutto nell’ambito delle strategie di marketing digitale. HubSpot si differenzia principalmente poiché si integra perfettamente con gli altri hub del CMS, migliorando e ottimizzando le sue prestazioni. Ad esempio HubSpot CMS in combinazione con i tool di HubSpot CRM consente di sfruttare al massimo l’integrazione di tutti gli strumenti di marketing e del sito web. Tutti gli strumenti di cui hai bisogno sono lì a portata di mano in un unico posto. Le diverse attività, dall’automazione del marketing alla creazione di report fino all’acquisizione di lead, sono perfettamente allineate con il sito web. I campi di azione in cui HubSpot svolge un ruolo fondamentale nell’ottica dell'inbound marketing sono 3: Lead generation; Automatizzazione dei processi; Benefici in chiave ROI. Lead generation HubSpot CMS mette a disposizione landing page e form, per stimolare continuamente la curiosità e l’attenzione degli utenti che, uniti agli strumenti CRM, permette all’utente di avere a disposizione tutti gli strumenti necessari per riuscire a pianificare perfettamente le strategie di lead generation e lead nurturing. La lead generation ha il compito principale di attrarre il cliente, valorizzando i punti forti dell’azienda, come magari il know-how acquisito nel tempo, la qualità delle materie prime o la forte riconoscibilità sul web. Già questi fattori sono sufficienti per attirare naturalmente il cliente e fidelizzarlo. La strategia di lead generation deve poi essere integrata con un’attenta strategia di marketing, intesa come comunicazione. La lead generation ha l’obiettivo di raccogliere e generare contatti tramite una serie di azioni mirate, sfruttando gli strumenti messi a disposizione proprio da HubSpot. La comunicazione e i messaggi devono essere ovviamente mirati e verticalizzati su un determinato target di pubblico, che ha mostrato interesse verso i tuoi servizi o prodotti. La tua azienda si concentra quindi unicamente verso quel target di pubblico realmente interessato alla tua proposta, così puoi creare una comunicazione diretta e ottimizzare le risorse a tua disposizione. HubSpot ti aiuta proprio a monitorare l’andamento delle tue campagne di marketing, adottando le opportune modifiche laddove lo ritieni necessario. Ovviamente devi concentrarti soprattutto sui lead, cioè visitatori che hanno mostrato interesse e che vanno trasformati in clienti. Il tuo obiettivo è spingerli a rilasciare un contatto, così da poter inviare messaggi personalizzati sulle loro effettive esigenze. Alla strategia di lead generation fa seguito quella di lead nurturing, che significa “nutrire”. Devi letteralmente nutrire il potenziale cliente in target con informazioni, messaggi e una comunicazione attenta e verticalizzata sui suoi bisogni. Il lead si rende conto che la tua proposta può davvero risolvere il suo problema, fino ad “innamorarsi” del tuo brand. Dopo l’acquisto vanno poi adottate le giuste strategie di fidelizzazione, conducendo l’utente ad effettuare anche altri acquisti fino a diventare un cliente affezionato. Automatizzazione dei processi L’automatizzazione dei processi è un altro passaggio chiave per creare un’azienda perfettamente efficiente, operativa e in grado di ridurre gli sprechi operativi. Affidare azioni ripetitive a risorse umane è una pratica non solo obsoleta, ma addirittura dannosa. Perché rubare tempo prezioso ai dipendenti della tua azienda, quando tutte queste azioni noiose possono essere svolte da HubSpot? L’automatizzazione dei processi aziendali sostanzialmente prevede un’attenta pianificazione di una serie di azioni finalizzate a gestire al meglio dati e informazioni per tagliare i costi e ridurre le inefficienze. Tutto questo naturalmente a beneficio della produttività aziendale. In questo campo rientra la marketing automation, che ottimizza le attività operative dei team che lavorano nell’ambito del marketing, fornendo metriche e dati utili per migliorare e rendere più efficienti le campagne pubblicitarie. Tali processi consentono di raggiungere le persone giuste, al momento opportuno e con la comunicazione più indicata. Un altro aspetto fondamentale nell’ambito dell’automatizzazione è la SEO. Ogni sito HubSpot è stato creato e progettato per soddisfare le richieste e adattarsi all’algoritmo di Google, aggiornandosi continuamente secondo gli ultimi trend di ottimizzazione della ricerca. Le funzionalità SEO di HubSpot CMS ti aiutano a creare contenuti ottimizzati in chiave SEO, suggerendoti le parole chiave di tendenza per quanto riguarda i titoli, la meta description, gli alt-tag, le immagini ecc. A proposito di SEO, a tua disposizione c’è il blog HubSpot perfettamente integrato con tutti gli altri strumenti HubSpot, così da poter inserire CTA, video o altri contenuti dinamici che creano un’esperienza godibile e coinvolgente per l’utente. In questo modo hai la possibilità di tracciare la navigazione dell’utente, individuando cosa piace di più e quali sono invece i punti critici del percorso che vanno migliorati. Il tool blog di HubSpot è collegato direttamente agli strumenti di email marketing, quindi puoi inviare automaticamente aggiornamenti tramite mail agli iscritti per comunicare la pubblicazione di nuovi contenuti. Nell’automatizzazione dei processi rientrano anche le campagne pubblicitarie, che devono essere costantemente monitorate e tarate secondo i dati raccolti. HubSpot ti fornisce continuamente una serie di report e, tramite dashboard avanzate, puoi monitorare le prestazioni e le visite non solo del sito, ma anche delle landing page, dei social, dell’email marketing, dei canali di advertising Google, Facebook e LinkedIn. Puoi così capire dove intervenire, cosa migliorare e cosa implementare. I benefici in chiave ROI Considera che HubSpot CMS non è gratuito e nel suo pacchetto comprende diversi tool del CRM, come l'email marketing, la reportistica, con la quale tenere sempre sotto osservazione i KPI della tua attività, come appunto il ROI. Con Hubspot CMS unito agli strumenti del CRM avrai costruito un grande asset di marketing con il quale andare sul mercato. Tutto ciò è considerabile un investimento che non può e non deve essere fine a se stesso e, prima o poi, quanto speso dalla tua azienda deve ritornare indietro. Questo asset messo in piedi dalla tua impresa può risultare utile per ottimizzare le campagne di marketing, far entrare nuovi lead e, cosa più importante, trasformare i lead in clienti con conseguente abbassamento del ROI. Prima cosa da fare per migliorare la tua attività di impresa però è scegliere i tuoi obiettivi, focalizzarti su di loro e capire se e come possono essere raggiunti. HubSpot ti fornisce tutti gli strumenti necessari per fare pratica e comprendere, giorno dopo giorno, come ottimizzare le tue attività di marketing. Sarà più facile in futuro implementare il tuo piano di sviluppo commerciale secondo le mete che ti sei prefisso di raggiungere. Conclusioni Possiamo concludere che HubSpot CMS, che sia per un sito aziendale o per un ecommerce, è sicuramente la scelta ideale per chi vuole gestire, implementare e ottimizzare la sua piattaforma Il prezzo di HubSpot varia a seconda delle necessità. Chi ha un sito per una piccola azienda può optare per i servizi basici, per poi eventualmente implementarli col tempo. Chi invece ha un sito per una grande azienda o per una multinazionale farebbe bene a scegliere una soluzione all-inclusive comprensiva di tutte le funzioni. Qualunque siano le tue esigenze, hai a disposizione un’ampia gamma di funzionalità che ti consentono di personalizzare il tuo sito o ecommerce. Se hai intenzione di integrare il tuo sito HubSpot con un marketplace, puoi sfruttare la funzione multilingua. Puoi gestire alla perfezione i contenuti in diverse lingue, traducendo in maniera perfetta i vari contenuti sempre con un occhio di riguardo alla SEO in ogni area di ricerca. Oppure puoi usare diversi moduli sia costruiti direttamente all’interno del designer di HubSpot, sia quelli sviluppati custom. Tra le varie opzioni puoi scegliere i diversi temi di Themeforest HubSpot. Infine l’HubSpot mette a disposizione un ottimo servizio di assistenza clienti, sempre operativo, per rispondere ad ogni domanda. All’occorrenza c’è anche una community attiva dove confrontarsi, reperire informazioni, fare domande e chiedere consigli ad una rete di partner certificati. Per conoscere tutte le funzioni gratuite di HubSpot, con le quali iniziare, puoi scaricare il contenuto gratuito disponibile alla fine dell’articolo. Una guida completa per utilizzare uno dei migliori strumenti per organizzare i tuoi contatti, la tua attività commerciale e tutte le informazioni sui tuoi clienti e su quelli potenziali. Image by pikisuperstar on Freepik
Perché dovresti smettere di pensare che Wordpress sia il software per realizzare siti aziendali e soluzione i professionali? Provo a spiegarlo in modo semplice. WordPress è forse il più popolare sistema di gestione dei contenuti, un'applicazione nata per la creazione di blog e siti web e la gestione dei contenuti da inserire all'interno, inclusi wiki, blog e forum di discussione. La diffusione, facilità di utilizzo e le basse competenze di sviluppo necessarie per installarlo, configuralo e personalizzarlo, hanno fatto nascere attorno a WordPress un ricco ecosistema di soluzioni, migliaia di temi grafici e plugin per rispondere alle necessità di molte aziende. La rapidità di esecuzione e la facilità con cui si trovano sviluppatori con competenze basiche per metterci mano, è il motivo per cui quasi il 30% dei siti Web aziendali e più della metà di tutti i CMS utilizzano WordPress. Differenza tra WordPress.org e WordPress.com. WordPress.org è un repository di software open source che richiede agli utenti di scaricare il software, di installarlo su un hosting web e configurarne i parametri, che richiede alcune competenze di sviluppo Web di livello basso. WordPress.com è un servizio di web hosting che fornisce modelli e temi predefiniti. Sacrifica la flessibilità e la personalizzazione per la facilità d'uso. Per anni le vostre agenzie, i vostri strateghi digitali, per comodità commerciale o per scarsa conoscenze tecniche-informatiche, vi hanno convinto che Wordpress fosse una buona opzione per il vostro sito. Sono riusciti a vendervi l'idea che usiamo un software gratis così pagate noi per lo sviluppo e il mantenimento. Qualsiasi azienda che pensa di utilizzare WordPress come CMS, senza considerare alternative valide come Hubspot CMS, dovrebbe considerare i seguenti punti prima di creare un nuovo sito Web e durante la rivalutazione del suo sistema attuale. È stato progettato per realizzare un blog, evoluto per gestire siti istituzionali che è diventato una accozzaglia di tutto, fino a caricarci sopra anche un sistema ecommerce (grazie al plugin Woocommerce). Il 27 maggio 2003, WordPress vede la luce con la sua prima release: era un fork, una derivazione di un altro progetto, b2/cafelog, che utilizzava un database per gestire i contenuti del blog. Ha una struttura abbastanza semplice, che non è mai cambiata molto negli anni, come concetto base: Un header, un footer, una sidebar, un pagina di listing per le categorie o la home del blog, la pagina di dettaglio del blog, la pagina pensata per contenere informazioni. WordPress.com alimenta circa 75 milioni di blog. Sì, blog, anche quando questi vengono spinti per diventare dei siti hostati da Wordpress.com, restano comunque delle ossature da blog. Una buona scelta se vuoi fare un blog aziendale senza troppe preoccupazioni e senza sapere nulla di sviluppo, sistemistica e sicurezza. Sviluppato in PHP WordPress.com, alla fin fine, è un sito di hosting web. Fornisce gli strumenti per creare e gestire l'aspetto e il comportamento di un sito Web creato con Wordpress, attraverso le indicazioni che memorizza nel codice. Il linguaggio di programmazione con il quale costruire è il PHP. Alla fine degli anni 90, i miei primi siti di e-commerce erano sviluppati in PHP con database MySql alle spalle. Ottime soluzioni, nel 1998. Buone anche nel decennio seguente, sicuramente. Piccola info tecnica: questo linguaggio di programmazione richiede la traduzione in HTML per poter essere caricato sui computer dei visitatori da browser. Questo processo rallenta notevolmente il tempo di caricamento delle pagine Web, soprattutto durante il picco di utilizzo sul server. Visto che non hai controllo sulle risorse che Wordpress.com destina al tuo sito, puoi sempre cercare di aggirare il problema e, ovviamente, puoi scaricare WordPress open source da installare sul tuo server. Ma, purtroppo per te, anche WordPress riconosce che il suo software ha un problema di prestazioni: “Sebbene WordPress sia veloce, contiene una notevole quantità di codice che deve essere caricato ogni volta che viene visualizzata una pagina. Ciò può influire o meno sulle prestazioni a seconda dell'ambiente di hosting, ma in un ambiente di hosting condiviso [sic] che utilizza SuPhp (e quindi senza la memorizzazione nella cache del codice operativo) può aggiungere diversi secondi a ciascun caricamento della pagina. Inoltre WordPress necessita di moltissime competenze tecniche sistemistiche e di programmazione, per poter far viaggiare il sito a livelli decenti, e una manutnezione continuativa e costante! Nonostante ci sono tante agenzie che propongono wordpress, sono veramente poche quelle che riescono ad ottimizzarlo correttamente. Un sito dal caricamento lento significa che i visitatori impazienti se ne andranno: dopotutto, il tempo è denaro. In effetti, secondo un case study di StrangeLoop, un ritardo di 1 secondo nel tempo di caricamento della pagina può portare a una perdita del 7% nelle conversioni, all'11% in meno di visualizzazioni di pagina e a una diminuzione del 16% nella soddisfazione del cliente. Buona giornata. I plug-in affossano velocità, performance e sicurezza I plug-in sono dei piccoli programmi che, aggiunti a un sito web in Wordpress, permettono di per aggiungere funzionalità extra, senza modificare il codice sul sito di Wordpress. Esistono più di 50.000 plug-in WordPress ufficiali e decine di migliaia di plug-in non ufficiali. Questi plug-in fanno cose: ti permettono di gestire una tabella, uno slider, dei popup, ottimizzare il sito lato SEO, monitorare i commenti e molto molto altro ancora. Perché così tanti? Perché il software principale che esegue WordPress è essenziale e privo di caratteristiche e funzionalità che vanno oltre ad aggiungere una foto, un testo, un link, incorporare elementi e poco più. Ma c'è un problema: ogni plug-in che si installa sul sito in Wordpress, con funzionalità piccole o grandi che implementi, anche quelli che l'intento di rendere le cose più veloci e performanti, aggiunge codice extra che deve essere caricato dai browser e genera ingombro al tuo sito, lo rende più pesante e potenzialmente più esposto ai rischi, aggiungendo possibili accessi per malware e hacker. La triste verità è sì che i plug-in rallentano il tuo sito web e lo rendono più insicuro... e più plug-in installi, più lento funzionerà il tuo sito e più insicuro diventerà. Ma c'è di più: i plug-in possono entrare in conflitto tra di loro e smettere di funzionare quando vengono attivati assieme. Quando scarichi plug-in realizzati da fornitori diversi, non sempre collaborano tra loro e potresti perdere funzionalità invece di aggiungerle, fino ad avere dei crash di sistema nei quali Wordpress smette di funzionare. L'obiettivo preferito dagli hackers L'enorme diffusione di WordPress - e il fatto che sia open source, ovvero con il codice sorgente completamente aperto e disponibile per tutti - significa che ci sono sia programmatori buoni che programmatori cattivi che si sono specializzati nella ricerca di bug nel codice sorgente o nei numerosi plug-in. Ma mentre quelli buoni segnalano le problematiche e hanno lo scopo di risolverle, quelli cattivi utilizzano questi problemi di sicurezza con lo scopo di installare malware o hackerando il sito per il piacere di farlo. Ci sono anche plug-in confezionati in modo intelligente con dei malware già programmati all'interno. I cattivi programmatori sanno che se c'è un bug in un plug-in, può essere una porta aperta per tutti i tipi di attività nefaste. Purtroppo molte aziende hanno sperimentato questo tipo di attività. Ad esempio, nel 2010, migliaia di aziende che utilizzavano WordPress sono diventate bersaglio di un hack farmaceutico. Questo tipo di attacco non è immediatamente evidente perché carica silenziosamente pagine Web che promuovevano prodotti farmaceutici, come Viagra e Cialis, nella directory della pagina principale. Questi attacchi utilizzano più punti di ingresso, sono molto difficili da rimuovere e si sono ripetuti più e più volte nel di anno in anno. Uno di questi attacchi che ha fatto parlare, è stato quello del febbraio 2017, un attacco che utilizzava entrate rese disponibili da plug-in compromessi per creare dei reindirizzamenti a siti per adulti. Google, a sua volta, intercettando queste reindirezzamenti, ha inserito nella lista nera le pagine delle aziende che presentavano (inconsapevolmente) questi contenuti. Non è un bel vivere. Non per un'azienda che deve essere votata al business. Aggiornamenti frequenti, un problema che si apre... Essendo un software open source, con molti sviluppatori che ci lavorano per migliorarlo di giorno in giorno, WordPress rilascia nuove funzionalità abbastanza spesso; temi e plugin ricevono anche aggiornamenti regolari e non passa giorno che tu debba aggiornare qualcosa. Il primo problema è che con un aggiornamento dei Wordpress o di qualche plugin potrebbe scattare qualche conflitto con le le funzionalità già attive. Questo può portare ad un leggero problema o al sito che va interamente in down, smettendo di funzionare. Ma il secondo problema è che se non aggiorni velocemente la versione... nei log con la descrizioni delle funzioni e dei bugfixing dell'aggiornamento, vengono dichiarate le vulnerabilità e i problemi sistemati con l'aggiornamento, dando ai programmatori cattivi le indicazioni sui problemi della versione precedente. Ecco perché dovresti sempre fare tutti gli aggiornamenti ma prima dovresti sempre un backup (e possibilmente testare tutte le nuove funzionalità in un sito di test, prima di aggiornare il sito web live). Vuoi davvero pasticciare con queste cose ogni volta che viene rilasciato un nuovo aggiornamento? Le analytics non sono integrate Sappiamo tutti che l'analisi delle performance di un sito è tutto, quando si vuole fare business. Capire chi visita il tuo sito, come ti ha trovato, i termini delle parole chiave, la progressione dei clic, il tempo per pagina, il tasso di caduta, i tassi di conversione e altre metriche è fondamentale per il tuo marketing... WordPress non ha questo tipo di software di analisi integrato. Anche uno dei suoi plug-in più popolari per l'analisi, Jetpack, non ha le capacità di drill-down di Google Analytics o anche di altre piattaforme progettate per l'acquisizione e la trasformazione dei lead aziendali. E Google Analytics non ti dirà mai il CHI, informazione fondamentale se si vuole prevedere un sistema di creazione di valore dai dati accumulati dal sito web. I dati sono un vantaggio competitivo, ce lo insegna Hubspot che del dato ha fatto il suo cavallo di battaglia per aiutare le aziende a migliorare ricavi e rapporto con i clienti. Ignorarlo a causa della funzionalità inadeguata del sito su Wordpress non fa bene alla tua azienda.
Quando si scrive un contenuto che ha come obiettivo la vendita o l’acquisizione di lead bisogna persuadere o convincere? La scrittura persuasiva è il primo passo che porta a convincere il lettore ad acquistare un prodotto o a contattare un’azienda. Scrivere frasi persuasive richiede una certa abilità e la conoscenza di tecniche che fanno leva sulle emozioni di chi legge, andando a toccare i loro bisogni e portandoli al click. Uno dei contenuti che si basa su tecniche di scrittura persuasiva è la landing page. Questa pagina web rappresenta un elemento fondamentale per chi fa marketing online, poiché è il “luogo virtuale” dove atterrano gli utenti dopo aver cliccato su un link o una pubblicità. Lo scopo principale di una landing page è convertire, quindi spingere l’utente a compiere un’azione: ed è proprio qui che gioca un ruolo fondamentale il saper scrivere in modo persuasivo. In questo articolo vedremo quali sono le tecniche di scrittura che funzionano e generano traffico per le landing page. Se vuoi scoprire come creare il funnel della tua strategia di inbound marketing che ti consentirà di raggiungere il risultato continua a leggere. Esempi di scrittura persuasiva: cosa fare e cosa no Ma arriviamo al cuore dell’argomento. Come si scrive in maniera persuasiva? Per scrivere in maniera convincente bisogna fare un ragionamento a ritroso pensando al risultato: quali sono le motivazioni che portano il nostro utente ad una scelta? Questo vuol dire pensare al bisogno che voglio soddisfare con il mio prodotto e servizio e far sentire il mio utente al centro. La prima cosa da monitorare, dunque, è il contenuto, che deve essere chiaro, conciso e dare tutte le informazioni necessarie e i benefici che gli utenti possono trarre dall’acquisto di un prodotto, dall’iscrizione ad una newsletter o da qualsiasi altra azione suggerita. La scelta delle terminologie e del tono di voce deve sempre andare di pari passo con l’impressione che vogliamo dare di noi, del brand o del prodotto, ma anche e soprattutto con il target a cui ci rivolgiamo. Questo è il momento in cui entra in campo il copywriting persuasivo. Una landing page persuasiva per raggiungere il suo scopo deve avere 2 caratteristiche fondamentali: Essere ordinata e leggibile; Convincere che il prodotto o servizio offerto è la soluzione migliore ad un problema. Detto questo possiamo dedurre che la persuasione è l’arte di saper argomentare i motivi per cui quella esposta è l’unica soluzione possibile per chi legge. Ecco gli elementi che non possono mancare in una landing page persuasiva: Headline Il titolo della landing page deve destare curiosità e catturare l’attenzione. Un headline convincente deve essere ben visibile, chiaro ed empatico. Per esempio Risparmia il 40% dei costi con un CRM” è un titolo persuasivo che mostra subito i vantaggi dell’offerta che promuovi, in questo modo gli utenti interessati seguiranno il tuo invito all’azione. Form di contatto Una componente che non deve mancare in una Landing Page è il Form di contatto che serve a reperire informazioni personali del visitatore, tra cui email, numero di telefono, sesso, città ecc.. Per creare un form ottimizzato bisogna far attenzione a richiedere solo le informazioni essenziali e non intimidire l’utente facendo un quarto grado. Se chiediamo troppe informazioni l’utente inizierà a farsi delle domande e potrebbe desistere dal compilare il modulo. Call to Action La CTA è il punto cruciale della tua landing page. Il copy del pulsante della Call to Action deve essere redatto con attenzione. Di solito si limita al “Scarica”, “Registrati”, “invia”. Queste parole siamo abituati a leggerle ovunque e risultano noiose e banali. Per raggiungere il tuo obiettivo, anche il testo della tua CTA deve essere persuasivo. Per farlo dovrai descrivere quello che la persona otterrà cliccando: Ottieni subito un risparmio”, “Prova la demo gratuita, “Parla con un consulente”. Dati e numeri Per poter ottenere più conversioni con la landing page devi dimostrare ai visitatori che possono fidarsi di te e della tua azienda. Un modo per farlo è inserire dati, testimonianze, brand e certificazioni. Per esempio “Ecco le aziende che abbiamo aiutato”, con loghi e testimonianze. Questo rassicura l’utente. Le tecniche per scrivere una buona landing page partono sempre dal cliente come nelle strategie di inbound sales: un commerciale inbound non è una persona che vende ma è una persona che aiuta a comprare. Tecniche di copywriting persuasivo: quali usare nelle landing page Quando vuoi guardare un film cosa ti porta alla decisione? Il titolo, il trailer, la recensione: sono tutti fattori che ti spingono a scegliere un film invece di un altro. Lo stesso ragionamento si può trasferire alle landing page il cui risultato è molto legato alla comunicazione. Vediamo nel dettaglio quali sono le tecniche di scrittura persuasiva da usare nelle landing page. Lascia parlare i tuoi clienti con esperienze e testimonianze I testimonial costituiscono un elemento molto persuasivo, sono convincenti perché mostrano al possibile acquirente cosa potrà ottenere se deciderà di acquistare il tuo prodotto o servizio. Le landing page che funzionano di più mostrano testimonianze convincenti corredate di foto, che prova la veridicità. 1. Punta sui benefici, non sul prodotto Oggi, nella maggior parte dei casi, gli utenti già conoscono la soluzione ai loro problemi, stanno solo cercando la migliore e la più conveniente. Per questo motivo devi puntare sui vantaggi e benefici della tua soluzione rispetto alla concorrenza. Per esempio “Ottieni più clienti in 15 giorni”. 2. Usa un linguaggio semplice e diretto Gli utenti che atterrano sulla tua landing page vogliono subito trovare quello che cercano: arrivare al punto di loro interesse. Non fargli perdere tempo con blocchi di testo troppo lunghi, ti basterà sottolineare i vantaggi ed evidenziare le informazioni più importanti. A questo scopo un consiglio è utilizzare gli elenchi puntati, i paragrafi brevi e le parole chiave in grassetto. In questo modo il lettore individuerà subito quello che gli interessa sulla tua pagina di vendita. Per non sbagliare, prima di iniziare a scrivere, rispondi a questa domanda: in che modo questo prodotto o servizio migliora la vita del tuo potenziale cliente? 3. Usa Tu, tuo, tue, tuoi L’uso del tu ti farà entrare in empatia con il tuo lettore e ti avvicinerà a lui. La scrittura deve essere quanto più possibile personale: scrivi nel modo in cui parli, usa frasi corte, sii divertente. 4. Ottenere fiducia Tra gli errori frequenti, quando ci si approccia alla scrittura persuasiva, c’è la tentazione di spingere su promesse ostentate, che non saranno rispettate. L’esagerazione è controproducente, porta alla perdita di fiducia nei confronti dell’utente che, sentendo di aver perso il proprio tempo, non acquisterà più quel prodotto o servizio, anzi potrebbe farti una brutta pubblicità. Scrittura persuasiva: è l’unica cosa che conta? In questo articolo abbiamo visto l'importanza del copywriting persuasivo e come può aiutarti a convertire con una landing page. In realtà per ottenere un risultato ottimale non basta solo la scrittura, ma alla buona riuscita della landing contribuisce anche il design e la user experience. Una landing dai colori spenti, immagini senza senso e una struttura disordinata, di certo non attrae il visitatore. Il design deve essere pulito, efficace e soprattutto ottimizzato per i dispositivi mobili, dove ormai naviga la maggior parte delle persone. Il percorso per gli utenti deve essere più chiaro possibile per massimizzare la conversione. Conclusioni La persuasione fa la differenza in ogni progetto di content marketing. È lo strumento che facilita il passaggio del tuo messaggio, ma non pensare che esistano formule magiche o scorciatoie. Ogni contenuto ha un obiettivo specifico quindi non esistono testi preimpostati dai quali “copiare”. Una landing page strutturata e persuasiva può fare la differenza. Se vuoi conoscere tutti gli strumenti digital per trovare nuovi contatti puoi scaricare l’ebook gratuito che trovi in basso dove scoprirai come fare campagne di lead generation per trovare clienti online. Image by yanalya on Freepik
Tutte le aziende hanno un obiettivo in comune: attirare nuovi clienti, implementare le vendite e aumentare il fatturato. Questo è ovvio, ma non sono così scontate le strategie per perseguire questi obiettivi. Oggi però c’è un sistema moderno e valido per tutti i brand: la lead generation. Di cosa si tratta? È un'operazione che consente di acquisire potenziali clienti che hanno mostrato interesse verso il prodotto, ma non l’hanno ancora acquistato. La lead generation dà quella “spintarella” che convince l’utente ad acquistare, trasformandolo da lead a cliente. Si possono seguire strategie di inbound marketing, che attirano le persone offrendo qualcosa in cambio, e di outbound marketing, che mirano a raggiungere un segmento di pubblico che ha mostrato interesse ma ancora non ha avuto contatti con il tuo brand. Se tu vendi articoli di tennis, puoi indirizzare le tue campagne pubblicitarie verso persone che giocano a tennis, quindi con un’elevata probabilità di essere convertite in clienti. Successivamente devi adottare tecniche di lead nurturing per accompagnare per mano il cliente all’acquisto. L’uso dei cases history sono uno strumento che può far la differenza in una strategia di lead generation e far aumentare le vendite. Nei prossimi paragrafi vedremo nei dettagli tutti i vantaggi e come strutturarli al meglio. Case study o case history: cos’è e come crearlo I cases history sono elementi fondamentali nelle fasi decisionali dell’inbound marketing. Conferiscono autorità al tuo brand e rassicurano gli utenti, che si fidano di te e della tua professionalità. Non basta dire ad un cliente che deve fidarsi di te perché sei il migliore, devi dimostrarlo. E per farlo puoi raccontare i case history di successo che vedono protagonista proprio la tua azienda, ancor meglio se riguardano partner autorevoli e conosciuti nel tuo settore di riferimento. Una case history è la storia di un’azienda che spiega come è riuscita a risolvere i problemi dei clienti, proprio tramite l’utilizzo di uno dei suoi prodotti o dei suoi servizi. La storia racconta, step by step, come il problema è stato analizzato e risolto e quali sono i risultati raggiunti. Per dare maggiore credibilità alla case history raccontata, i numeri rappresentano un grande alleato. Tutti possono mentire, ma i numeri non mentono mai. In particolare risulta molto efficace pubblicare, ad esempio, i numeri di vendita di un tuo cliente prima e dopo il tuo intervento. Presumibilmente nella prima tabella, cioè antecedente al tuo intervento, i numeri di vendita saranno molto bassi. Nella seconda tabella, quindi dopo il tuo intervento, i numeri schizzeranno. Il pubblico viene quindi convinto della bontà del tuo prodotto o del tuo servizio e, grazie alla riprova sociale della case history, si fiderà molto di più e si rivolgerà a te per risolvere lo stesso problema o uno simile. Quali sono i vantaggi per un case history di un brand? Una storia di successo assicura due importanti vantaggi ad un’azienda. Per prima cosa rafforza la fiducia dei vecchi clienti, ancora più convinti di aver fatto la scelta giusta. Secondariamente accresce la reputazione dell’azienda agli occhi dei nuovi clienti, che saranno quindi invogliati a provare i tuoi servizi e i tuoi prodotti. Attirare e conquistare nuovi clienti solitamente ha costi molto elevati, sia economicamente sia in termini di risorse ed energie, ma una case history consente di perseguire questo obiettivo in modo naturale e senza eccessivi investimenti. Stiamo parlando di una testimonianza concreta che ha riscontri reali e che dimostra quanto siano effettivamente efficienti i tuoi servizi o prodotti. Nulla è più convincente e persuasivo di un caso di successo che dimostra le tue effettive capacità e competenze nel tuo settore di riferimento. Content marketing e case history: un’accoppiata vincente! Come scrivere una case history? Basta un semplice articolo ma scritto in modo mirato. In tal caso ti viene in soccorso il content marketing, una disciplina che consente di creare contenuti che interessano il tuo target per convertire gli utenti in clienti. Innanzitutto devi affiancare al tuo portale aziendale o e-commerce un blog curato, operazione che puoi fare comodamente dal sito Shopify. Il content marketing si differenzia dalla pubblicità tradizionale, poiché mira soprattutto a fornire contenuti di valore con informazioni utili, piuttosto che sponsorizzare e promuovere questo o quel prodotto. Ottieni due vantaggi. Fornisci informazioni utili ai tuoi lettori, dando così una risposta alle loro domande. Inoltre accresci la web reputation, dimostrando la tua competenza e la tua autorevolezza in quel campo. Se quindi quel lettore un domani dovrà fare un acquisto, avrà te come punto di riferimento proprio perché è stato fidelizzato dai tuoi contenuti. In tale ottica un bel contenuto di case history di successo è un ottimo punto di partenza per fidelizzare i clienti e dimostrare la tua affidabilità. Best case history: esempi che vendono Gli esempi di case history ci aiutano a capire come evidenziare la bontà e l’efficacia di un prodotto o di un servizio venduto. Ma come realizzare un case history che sia realmente efficace e che arrivi dritto al cuore di chi legge? Ecco le regole da seguire per realizzare un case study di grande impatto. Progetta la struttura del case history Per prima cosa delinea la struttura del case history secondo queste linee guida: esponi il problema del cliente; descrivi la soluzione adottata per risolvere il problema; elenca i vantaggi di cui ha beneficiato il cliente; parla della partnership nata tra te e il cliente; elenca tutti i contatti aziendali, così chi è interessato può contattarti facilmente; inserisci la foto che descrive il servizio o il prodotto utilizzato Usa una comunicazione fresca e facilmente accessibile per il tuo target Anche se commercializzi prodotti o servizi molto tecnici, usa sempre un linguaggio semplice e facilmente accessibile per tutti. Se usi un gergo troppo tecnico, chi non mastica della materia rischia di non capire. Usa le 5 W Nel giornalismo esistono 5 W per scrivere un articolo: who (chi); what (cosa); when (quando); where (dove); why (perché). Seguendo questo schema ti risulta più facile scrivere il tuo case history. No all’eccessiva autoreferenzialità Il case study non deve essere una sviolinata alla tua azienda, quindi utilizza un linguaggio sobrio, attendibile e che non sia troppo autoreferenziale. Metti in evidenza numeri, dati, statistiche e percentuali I numeri non mentono mai. Ecco perché devi fornire dati concreti come numeri, statistiche e percentuali che non possono essere messi in discussione e che conferiscono grande attendibilità al tuo racconto. Usa le virgolette nelle parole del cliente Le parole dirette del cliente che ha usato il tuo servizio sono la migliore testimonianza. Vale sicuramente la pena riportare le sue frasi, magari virgolettate, così da rendere il racconto ancora più concreto. Se poi il cliente è disponibile, puoi mettere anche la sua foto che conferisce ulteriore credibilità. Crea un titolo e un sottotitolo accattivante Infine devi scegliere un titolo e un sottotitolo accattivante, che catturi subito l’attenzione del lettore e che mostri un elevato grado di appeal. Se possibile, fai emergere almeno un vantaggio, così da incuriosire subito il lettore. Tramite quali canali diffondere i case history di successo? C’è da porsi un’altra domanda ancora. Quale canale usare per diffondere il case history? Hai piena libertà di scelta. Puoi diffondere i case history sui social, dove trovano facilmente linfa vitale per diffondersi e propagarsi rapidamente. Oppure puoi creare un bel contenuto sul tuo blog. Il resto lo fanno la SEO e il passaparola online, due strumenti potentissimi che possono portare grandi benefici ad ogni azienda. I video rappresentano uno strumento molto potente per diffondere esempi di case history. Hanno un notevole impatto sulla percezione delle persone, grazie anche all’accompagnamento musicale che deve essere scelto con attenzione per toccare le giuste corde emotive. Ci sono poi strumenti più tradizionali, ma altrettanto efficaci, come le email. Nelle newsletter che invii ai tuoi clienti puoi tranquillamente inserire, di tanto in tanto, un esempio di case history. Dimostri ai tuoi clienti la tua forza sul mercato e rinsaldi ulteriormente il rapporto di fiducia. Conclusioni Se i tuoi prodotti e i tuoi servizi hanno aiutato un cliente a risolvere un problema non tenerlo per te, ma condividilo con tutti i tuoi contatti. Coinvolgi anche il cliente protagonista della storia, fatti raccontare dalla sua viva voce come ha sfruttato i tuoi prodotti e come è riuscito a trovare il bandolo della matassa. Non importa che sia una piccola o una grande azienda, ciò che conta è che i tuoi prodotti hanno fornito un aiuto reale a persone o attività per risolvere una criticità. Tutto questo si inserisce nell’ambito della lead generation, una strategia moderna che ti consente di ottenere tanti nuovi contatti e potenziali clienti. Poiché la lead generation deve essere il punto di partenza per ogni futura campagna pubblicitaria, ti consiglio di scaricare l’ebook gratuito a fondo pagina che ti spiega cos’è, come funziona e come sfruttare al massimo tutti i vantaggi. Image by jcomp on Freepik
Nel mercato attuale, fortemente digitalizzato e incentrato sui clienti, sta riscuotendo un notevole successo il direct marketing. Può essere definito anche marketing diretto e rappresenta una delle tante branche del marketing. Si tratta fondamentalmente di un tipo di comunicazione che veicola in modo diretto e senza filtri messaggi personalizzati ad un pubblico targettizzato, quindi già selezionato e potenzialmente interessato ai tuoi prodotti e ai tuoi clienti. Oltre a creare una comunicazione diretta con i tuoi clienti, puoi anche testare più facilmente e velocemente le loro reazioni per capire se un prodotto o un servizio è di loro interesse. Definizione di direct marketing Il direct marketing è una comunicazione adottata dalle aziende per rivolgersi direttamente a clienti specifici, anche con un rapporto di 1:1, senza intermediari. In questo modo l’azienda può raggiungere più facilmente un target definito, adottando azioni mirate e usando strumenti “ad hoc” altamente interattivi e digitali. In questo modo le aziende raccolgono risposte oggettive, misurabili e quantificabili, sulle quali costruire le future strategie. Differenza tra direct marketing e indirect marketing Possiamo suddividere il marketing in due grandi categorie: direct marketing e indirect marketing. Analizziamo adesso le principali differenze. Con il direct marketing puoi raggiungere direttamente i tuoi clienti e costruire con loro relazioni a lungo termine. Possiamo definirlo un approccio aggressivo per convincere i clienti ad acquistare, ma anche selettivo. Si rivolge ad una platea ristretta e segmentata, così da poter centrare più facilmente il bersaglio. Ovviamente gli agenti dei clienti devono conoscere perfettamente il servizio o il prodotto promosso, così da poter veicolare in maniera mirata l’intera comunicazione. Il marketing diretto può anche fornire dati, preferenze e abitudini degli acquirenti così da poter studiare campagne di marketing più efficaci. Uno strumento come HubSpot marketing torna utilissimo per segmentare i clienti e seguirli durante tutto il processo d’acquisto, fidelizzandoli e costruendo con loro un rapporto solido e duraturo. Le dinamiche dell’indirect marketing sono invece molto diverse. In tal caso non c’è alcuna comunicazione diretta tra il cliente e il venditore. L’offerta si rivolge ad un pubblico molto ampio e non segmentato, che quindi potrebbe non essere interessato al servizio o prodotto fornito. Esempi lampanti di indirect marketing sono gli spot pubblicitari, che vengono visti da una quantità imprecisata di utenti. Lo spot di un profumo femminile può chiaramente interessare le donne, ma non certamente gli uomini. Così come la pubblicità su un giocattolo attirerà l’attenzione dei bambini, ma non degli anziani. L’indirect marketing viene quindi definito generico, proprio perché si rivolge ad un pubblico non targettizzato. Questa forma di pubblicità mira principalmente a rafforzare la brand identity dell’azienda e posizionarsi nella mente dei consumatori, non può però fornire indicazioni tangibili e concrete sulla risposta del pubblico. Gli strumenti da utilizzare per il marketing diretto Per avviare una campagna di direct marketing efficace hai bisogno di un CRM dotato dei più sofisticati strumenti di comunicazione per sfruttare al meglio tutti i canali a disposizione. Ecco un elenco dei principali strumenti di direct marketing per la promozione e la comunicazione: Promozione telefonica. Il tradizionale telemarketing, con chiamate a persone già identificate e targettizzate; Campagne pubblicitarie tramite social. Ecco un altro esempio di direct marketing molto apprezzato. I clienti, reali o potenziali, possono interagire direttamente con i brand sui social; Campagne pubblicitarie sui siti. In tal caso le campagne devono essere interattive il più possibile per catturare subito l’attenzione dei visitatori; Comunicazioni commerciali tramite posta cartacea, posta elettronica e cellulare; Coupon, opuscoli e cataloghi. Il direct marketing consente non solo di stabilire una relazione duratura con il cliente, ma anche di personalizzare i messaggi in base alle sue esigenze e alla fase del ciclo di vita. Nello specifico questa tecnica permette di acquisire il cliente, svilupparlo, fidelizzarlo e recuperarlo in caso di abbandono. I nominativi dei clienti possono essere raccolti secondo i seguenti modi: Form di iscrizione sul sito o sul blog; Email; Integrazione della lista di contatti con la rubrica dell’account di posta elettronica; Inserimento dei link nella firma dei messaggi di posta elettronica; Campagne social create appositamente per acquisire contatti. I vantaggi del direct marketing Entrando più nel cuore del discorso, snoccioliamo i principali vantaggi offerti dal direct marketing: Messaggio personalizzato. Il cliente pensa di essere stato l’unico a riceverlo e quindi si sente maggiormente valorizzato e apprezzato; Segmentazione più mirata. La tua offerta è rivolta a persone che hanno già acquistato o che magari hanno mostrato un interesse vivo nei confronti dei tuoi prodotti o dei tuoi servizi. Le tue risorse sono quindi spese in modo intelligente, poiché le possibilità di vendita aumentano notevolmente; Messaggi specifici a particolari gruppi di clienti. Nel local e-commerce l’offerta è rivolta ad un pubblico limitato all’interno di un’area geografica. Se operi esclusivamente a Roma, è inutile far arrivare i tuoi messaggi fino a Milano, Torino o Napoli. O magari puoi indirizzare i tuoi messaggi ai clienti in base alle loro abitudini d’acquisto. Alcuni clienti sono particolarmente sensibili alle campagne emozionali che puntano molto sull’effetto emotivo? Se allora hai realizzato uno spot emozionale sicuramente vale la pena indirizzarlo verso di loro; Misurabilità del risultato. Con il direct marketing puoi misurare le prestazioni delle tue campagne e valutare se hanno avuto successo o meno. In base ai riscontri ottenuti, puoi pianificare le tue strategie future; Un feedback sui prodotti e sui servizi. Il direct marketing evidenzia i pregi, ma anche i difetti riscontrati su ciò che offri. In generale ti fornisce una serie di dati che racchiudono il pensiero degli acquirenti relativo ai prezzi, al servizio di assistenza, alle politiche di reso ecc. 5 consigli per migliorare la tua strategia Ora conosci tutto del direct marketing, non ti resta che applicarlo. Non sai come iniziare? Allora per prima cosa procedi all’implementazione CRM con il tuo e-commerce o sito aziendale. Con questo primo step allinei il marketing e il servizio vendite, sviluppando una soluzione studiata per la tua azienda. I processi risultano più snelli e fluidi e stilare strategie per i tuoi clienti sarà non solo rapido, ma anche stimolante e divertente. Inoltre dovresti dotarti di un bravo direct marketing specialist che sappia sfruttare al massimo le potenzialità degli strumenti a disposizione. Hai ancora dei dubbi o le strategie che hai adottato non hanno portato i risultati sperati? Allora segui questi semplici ma utili consigli per ottimizzare al massimo le varie attività di acquisizione dei clienti. 1- Crea una lista contatti e aggiornala Tutte le tue attività sono del tutto inutili se non hai una lista contatti, che va aggiornata periodicamente. La lista va inserita in un database capace di tenere traccia delle abitudini e dei comportamenti dei tuoi clienti. Soprattutto nel processo di inbound sales, finalizzato a creare un processo di vendita sincronizzato, un database pulito suggerisce quando adottare strategie di up-selling e cross-selling, tenendo conto dei precedenti comportamenti degli utenti. La stessa offerta risulta decisamente mirata e personalizzata. 2- Individua le connessioni nei dati Anche in questo processo il database, contenente i dati di tutti i tuoi clienti, svolge un ruolo cruciale. Cerca punti di contatto e connessioni tra le abitudini dei tuoi clienti, così da poter realizzare messaggi mirati in grado di indurli all’acquisto o quanto meno ad interagire con il brand. Il direct marketing è sicuramente finalizzato alla vendita, ma anche a fidelizzare il cliente e costruire un rapporto solido e duraturo nel tempo. In tale ottica l’engagement è un ottimo sistema per tenere sempre viva l’attenzione del cliente. 3- Usa i tempi e i modi giusti Conoscere le abitudini dei tuoi clienti significa anche sapere dove si trovano quando interagiscono col tuo brand. Buona parte del tuo target naviga online soprattutto ad ora di pranzo? O magari dopo cena? Bene, fai tesoro delle informazioni che raccogli e invia il messaggio nel modo e nei tempi giusti affinché non sia molesto, ma anzi molto apprezzato e gradito dall’utente. 4- Integra i canali a disposizione Anche se il digitale è diventato la principale forma di comunicazione, nessuno ti vieta di usare i canali tradizionali. Anzi, integrando entrambi i canali online e offline puoi raggiungere una fetta di pubblico decisamente più ampia. In tal caso però assicurati di integrare i canali offline con l’email marketing e altre strategie digitali. Pianifica le tue campagne affinché vengano lanciate contemporaneamente nell’online e nell’offline, aumentando la tua visibilità e moltiplicando le possibili risposte dei tuoi clienti. 5- Fai molti test! Ti meravigli del fatto che una strategia risultata vincente fino a poco tempo fa oggi non è più così efficiente? Non meravigliarti! I clienti moderni sono “volubili”, cambiano frequentemente idee e abitudini. Tieni quindi pronto un piano B se la tua strategia non dovesse funzionare, ma anche un piano C e un piano D. I test possono darti una grande mano per capire le potenzialità di una campagna. Considerazioni finali Il direct marketing ti aiuta a creare una comunicazione diretta, mirata e personalizzata con prospect, lead e clienti. Un ottimo modo per iniziare una campagna di direct marketing è creare email newsletter in grado di catturare l’attenzione dei tuoi clienti. Per saperne di più scarica la risorsa alla fine dell’articolo, che ti fornisce esempi e consigli per scrivere le tue newsletter email in modo efficace. Image by kenshinstock on Freepik
Stai cercando uno strumento efficace per automatizzare il marketing e le vendite? Vuoi semplificare le attività di marketing e convertire più facilmente i tuoi visitatori in clienti? Allora HubSpot è la soluzione ideale per una strategia di marketing automation di successo. Prima di soffermarci sulle specifiche caratteristiche di HubSpot e dei vantaggi tangibili che apporta alle aziende, vale la pena capire prima cosa si intende per marketing automation e quali sono i suoi principali obiettivi. Cos’è il marketing automation? Il marketing automation fa riferimento a quei software progettati per automatizzare le attività ripetitive, sviluppare campagne di email marketing e tracciare le azioni dei clienti per individuare le loro abitudini e fornire quindi un prodotto o un servizio su misura. Con la digitalizzazione dei servizi si parla ormai di automation digital marketing, una disciplina che abbraccia diverse attività che vanno dall’email marketing alla CRM Integration, dalla lead generation all’inbound marketing, dal social media marketing al marketing analytics. Tutte operazioni che, svolte singolarmente da singoli dipendenti o gruppi di lavoro e quindi slegate tra di loro, richiedono un notevole dispendio di energia e spesso senza raccogliere risultati significativi. Il marketing automation mira invece a raggruppare tutti i dati raccolti in un unico database, consentendo ai vari gruppi di lavoro di operare in sinergia tra di loro avendo una panoramica complessiva della situazione. Tutti i processi vengono quindi snelliti, nell’ottica di una modalità di lavoro sempre più agile che sospinge la produttività aziendale e ottimizza il lavoro. Perché scegliere HubSpot per il marketing automation? Se ci fosse un Oscar per i software, probabilmente HubSpot CRM vincerebbe la categoria “best marketing automation software”, cioè “migliore piattaforma per il marketing automation”. HubSpot integra perfettamente i reparti di marketing e vendita, automatizzando i processi necessari per convertire i lead in clienti fidelizzati, velocizzando i processi e aumentando la produttività e di conseguenza il profitto. Le principali attività proposte da HubSpot da automatizzare HubSpot consente di automatizzare le seguenti attività: Email. Mantenere i rapporti con un lead o un cliente è di fondamentale importanza nell’opera di fidelizzazione. Puoi quindi automatizzare l’invio delle email, che vengono spedite automaticamente al momento più opportuno oppure dopo che il lead o il cliente ha svolto una determinata azione; Blogging. Con HubSpot puoi spingere al massimo i contenuti, impreziosendoli con un design graffiante e accattivante che cattura l’occhio e l’interesse del visitatore; Marketing automation. Conoscendo i comportamenti e le abitudini dei tuoi lead, puoi personalizzare il blog, le email e le offerte; SEO. La SEO è una componente fondamentale per il successo del tuo sito aziendale e HubSpot ti aiuta a posizionarlo nei primi risultati dei motori di ricerca, misurando periodicamente le prestazioni delle singole keyword; Gestione dei contatti. Raccogliendo tutte le informazioni dei tuoi contatti in un unico database ti risulta più facile realizzare campagne pubblicitarie personalizzate sul tuo target di pubblico. Le funzionalità nell’ambito della vendita Il CRM nasce per gestire i rapporti tra azienda e clienti potenziali ed esistenti con l’obiettivo principale di ottimizzare le vendite. Proprio per questo motivo HubSpot è dotato di una serie di funzioni utilissime per stringere rapporti sempre più duraturi e consolidati con i clienti. Eccole: Live Chat. Questa funzione consente di avere un dialogo diretto online con il cliente, accompagnandolo verso l’acquisto oppure rispondendo a domande specifiche; Chiamate. Puoi creare un elenco di chiamate di vendite per poi registrarle automaticamente sul CRM; Punteggio dei lead. Non tutti i lead hanno le stesse possibilità di essere convertiti in clienti. HubSpot stila una lista dei lead più facilmente convertibili, così da poter concentrare le tue risorse verso un’unica direzione in modo intelligente e mirato; Rapporti. Vuoi conoscere subito i dati relativi al marketing e alle vendite? Puoi accedere direttamente ad una dashboard, intuitiva e pulita graficamente, con elaborazioni numeriche chiare e perfettamente integrate con i diversi canali di acquisizione; Incontri. HubSpot CRM, tramite un’integrazione con Google Calendar e Office 365, ti consente di pianificare i tuoi incontri settimanali e mensili selezionando la fascia oraria libera per i membri dei team interessati. I 7 vantaggi Alla luce di quanto detto finora, possiamo fare un elenco indicativo dei principali vantaggi offerti da HubSpot, uno strumento utilissimo per piccole, medie e grandi aziende: Integrazione a 360°. Individuare e raccogliere i lead già di per sé è un’operazione dispendiosa che porta via molto tempo. Convertire questi lead in clienti determina un ulteriore investimento di risorse e denaro, che non sempre dà i risultati sperati. Con una piattaforma di automazione puoi invece raggruppare gli strumenti in un solo posto, così da gestire al meglio i tuoi lead e utilizzare gli strumenti più adeguati per ingaggiare i tuoi prospect, come test A/B, CTA o landing page; Ottimizzazione dei canali di comunicazione. I social media rivestono una grande importanza nell’ottica della comunicazione e dell’auto-promozione, perciò devono essere aggiornati di continuo con contenuti pertinenti e incentrati sul proprio target di pubblico. Tutte le azioni necessarie di scrittura, design e pianificazione possono essere tranquillamente programmate e automatizzate, recuperando tempo prezioso; Migliore Produttività. Automatizzando le principali azioni di marketing e vendite si ottengono due benefici: vengono ridotti i costi e i team sono liberati da una serie di attività noiose e ripetitive, con la possibilità di concentrarsi maggiormente sul “core business” aziendale. Il tutto si traduce in un miglioramento della produttività, poiché tutti gli sforzi vengono concentrati in un’unica direzione. Inoltre i team di marketing e vendita lavorano in sinergia tra di loro e perfettamente allineati; Migliori processi di marketing. Nell’ambito del marketing è importante monitorare la customer journey, ossia il viaggio del consumatore che può fare determinate scelte a seconda del percorso intrapreso. In particolare bisogna capire perché l’utente, ad un certo punto del percorso, decide di uscire dal sito e non completare l’acquisto. Gli strumenti di analytics permettono di individuare le criticità che hanno ostacolato l’acquisto per poi eliminarle; Migliore targettizzazione del pubblico. Non è sufficiente individuare il proprio target di pubblico, ma bisogna anche segmentarlo oppure identificare i lead più “caldi” e quindi più propensi all’acquisto. Con i vari strumenti di HubSpot puoi intercettare i clienti più in linea con i prodotti e i servizi proposti, per poi costruire su di loro campagne verticalizzate; Monitoraggio periodico dei dati. Avere tutti i dati costantemente sotto controllo consente di verificare al meglio l’andamento di una campagna o di un prodotto lanciato sul mercato. In base ai dati raccolti è più facile capire quali strategie adottare; Rapporti consolidati con gli utenti. Per creare relazioni durature con gli utenti e fidelizzarli non è sufficiente fornire un prodotto ad un ottimo rapporto qualità/prezzo. Nonostante la digitalizzazione dei servizi, le persone preferiscono ancora il rapporto umano e nello specifico vogliono vivere online un’esperienza simile a quella di un negozio fisico per chiedere consigli o semplicemente per scambiare 2 chiacchiere. Una volta che si stringono i rapporti con gli utenti, diventa anche più facile avviare una comunicazione più personalizzata con ognuno di loro e intercettare i principali bisogni. Marketing automation con Mailchip nell’ottica dell’inbound marketing Nel corso dell’articolo abbiamo sottolineato l’importanza dell’email marketing soprattutto nell’ottica dell’inbound marketing, una metodologia di business che attira i clienti in modo naturale e non invasivo creando contenuti di valore ed esperienze personalizzate. L’email, nonostante l’avvento di nuovi strumenti, continua a rappresentare una risorsa di grandissimo valore ma va usata nel modo più opportuno. Uno strumento come Mailchip, ideale per professionisti e piccole aziende, aiuta a comunicare meglio e spingere il proprio business online. Mailchip permette di tracciare l’intero customer journey dei clienti e inviare i messaggi personalizzati al momento opportuno. Esistono alcuni workflow preconfigurati contenenti i seguenti messaggi: Welcome message. Un messaggio da inviare ad un cliente che si è appena iscritto; Birthday mail. Un’email da inviare al cliente nel giorno del suo compleanno, una piccola attenzione che sarà sicuramente apprezzata; Education mail. Una serie di email inviate in sequenza per spiegare al neoiscritto le tue attività; E-commerce. Una o più email che vengono spedite in automatico dopo che l’utente ha portato a termine alcune azioni sul sito; Custom. Puoi decidere tu quale sarà la condizione che determina l’invio di una email. Il grande vantaggio è che puoi personalizzare le email per ogni tipologia di utente, rendendo la comunicazione davvero personalizzata e plasmata ad uso e consumo dell’utente. Conclusioni HubSpot nel marketing automation è lo strumento ideale per supportarti nelle campagne di lead generation e, contemporaneamente, allineare perfettamente il comparto marketing e vendita. Il cliente, una volta fidelizzato, diventerà egli stesso promotore del tuo brand. Il tutto ovviamente a costo zero. Puoi inoltre gestire i tuoi lead e favorirne la conversione con l’invio al momento opportuno di email. Ed ancora puoi attrarre più facilmente nuovi prospect e automatizzare processi ripetitivi all’interno dell’azienda. Non devi fare altro che iniziare ad usarlo subito e, se vuoi approfondire meglio il discorso, ti consiglio di scaricare la nostra risorsa gratuita a fondo pagina che ti spiega come utilizzare al meglio HubSpot per aumentare il fatturato online. Image by rawpixel.com on Freepik
Come fare una landing page efficace? Una domanda che devi assolutamente porti se sei il titolare di un sito web aziendale o di un e-commerce. La landing page rappresenta un elemento fondamentale per chi fa marketing online, poiché è la pagina dove “atterrano” gli utenti. Può essere considerato il biglietto da visita del tuo sito e il suo scopo principale è convertire, cioè spingere l’utente a compiere l’azione desiderata e trasformarlo così in cliente. Attenzione però: ogni landing page ha obiettivi specifici e univoci, quindi la sua struttura può variare sensibilmente in base ai risultati che si intende ottenere. Errori base nelle landing page La premessa da fare quando si parla degli errori di una landing page è che questo tipo di pagina non va confusa con la home page: pensare di realizzare una home page invece che una pagina di atterraggio è il primo errore concettuale in cui molti ricadono. Sono due concetti differenti perché landing page è una sezione creata appositamente per canalizzare gli utenti che possono arrivare da Google, da social o da campagne di email marketing per favorirne la conversione. Quale struttura adottare per una landing page senza errori? Dipende dal prodotto e dal servizio che tratti. Se ad esempio vendi un bene di lusso, o comunque un articolo dall’alto valore economico, sarà più difficile concludere una vendita immediata. In questi casi meglio indurre il cliente a compilare un modulo, così da instaurare una relazione con lui e convincerlo della bontà della tua offerta. Se invece i tuoi prodotti hanno costi piuttosto contenuti, puoi provare a spingere sulla vendita immediata. A questo punto analizziamo gli errori da evitare e le “best practices” da seguire per realizzare una landing page vincente. 5 errori da evitare nella tua futura landing page Prima di conoscere quello che bisogna fare, capiamo prima quello che non bisogna fare. Piccoli ma fatali errori possono determinare un clamoroso insuccesso della sua strategia. Ecco la lista dei 5 errori da evitare: Poca coerenza del titolo. Il titolo del tuo annuncio su Google Adwords o su Facebook deve essere coerente con quello che offri, perché l’utente si aspetta di trovare continuità nella tua comunicazione. Se nel titolo parli di offerte di cellulari, ma poi il tuo contenuto si concentra su tariffe telefoniche o anche pc o tablet, mandi in confusione il cliente, perdi la sua fiducia ma soprattutto non gli proponi quello che veramente sta cercando; Creare landing page troppo specifiche e settoriali. La tua landing page non deve rivolgersi ad un’unica tipologia di acquirente. Le tue stesse buyer personas potrebbero a loro volta suddividersi e segmentarsi in tante altre categorie. In tal caso può esserti molto utile HubSpot CMS che ti aiuta a suddividere i tuoi clienti e identificare le loro peculiari necessità e caratteristiche. Per arrivare a quante più persone possibili e fornire un quadro chiaro fai un elenco puntato dei benefici offerti, mostra testimonianze e feedback positivi e crea CTA chiare e coinvolgenti; Non rilasciare alcun “gadget” al visitatore. Molti degli utenti che atterrano sulla tua landing page sono lì per la prima volta. Perché non invogliarli a tornare, magari con un piccolo omaggio? Uno sconto del 15%, l’incontro online con un esperto del settore oppure un ebook gratuito sono sicuramente argomenti più convincenti di un semplice e banale “Contattaci”; Non fare test A/B. Potresti avere diverse idee per la landing page e scegliere quella migliore non è sempre facile. Meglio solo la foto del prodotto, o magari è preferibile mostrarlo quando è in azione? Funziona di più un video breve di pochi secondi oppure un video di 3-4 minuti? Quali dati richiedere al cliente? Tutti o magari solo l’email? Poiché è così complicato trovare una risposta, devi effettuare test A/B, procedimento molto semplice con Hubspot. Sono per l’appunto test che misurano le prestazioni delle differenti tipologie di landing page e, in base ai risultati ottenuti, puoi individuare quelle più performanti; Non sfruttare la “thank you page”. Ecco un altro errore che commettono molti marketer. La pagina “thank you page” è quella mostrata al cliente subito dopo la conversione, cioè dopo l’acquisto o il rilascio dei dati. Perché è importante? Perché un grazie non costa nulla e fa sempre piacere sentirselo dire. Ma soprattutto aumenta il tasso di fidelizzazione del cliente e lo induce più facilmente a compiere altre azioni in futuro. Dopo averlo ringraziato, spiegagli cosa accadrà in base all’azione svolta. Se ha acquistato un prodotto, avvisalo entro quanto tempo lo riceverà; oppure se ha rilasciato i suoi dati, indicagli entro quanto tempo riceverà l’ebook promesso. Invitalo poi ad iscriversi ai tuoi canali social e, perché no, suggerisci di visitare le altre proposte del tuo sito magari con un’offerta correlata. Le “best practices” da adottare per una landing page che converte Una volta analizzati gli errori da non fare, possiamo concentrarci sulle azioni virtuose che bisogna adottare. La prima cosa da monitorare attentamente è il contenuto, che deve essere chiaro, conciso e dare tutte le informazioni necessarie e i benefici che gli utenti possono trarre dall’acquisto di un prodotto, dall’iscrizione ad una newsletter o da qualsiasi altra azione suggerita. Usa il copywriting persuasivo, tenendo sempre a mente i bisogni dei tuoi potenziali clienti e fornendo soluzioni efficaci ai loro problemi. Come già precedentemente indicato, assicurati che ci sia coerenza e continuità tra il titolo e il testo presente nella landing page. Il design è importante tanto quanto il contenuto della landing. La user experience svolge un ruolo cruciale nel processo di fidelizzazione dei clienti. Una landing dai colori smorti, immagini piazzate a caso qua e là e una struttura poco ordinata di certo non attrae il visitatore, anzi. La landing page è lo specchio della tua azienda, quindi rischi di dare un’idea di semplicità se non viene curata. Crea un design pulito, efficace e soprattutto ottimizzato per i dispositivi mobile, dove ormai naviga la maggior parte delle persone. Inserisci gli elementi in posizione ordinata, trasmettendo un’idea di pulizia e affidabilità. A tal proposito, la fiducia è un altro elemento chiave. Ormai è noto che le persone, prima di effettuare acquisti, leggono le recensioni di altri utenti. Per conquistare la fiducia dei tuoi lead inserisci nella landing le testimonianze reali dei tuoi precedenti clienti, così da rassicurarli sulla tua serietà e professionalità. Wordpress, Instagram e Facebook: cosa cambia nella creazione di una landing page? Come creare una landing page sui vari canali? Non cambia molto, ciò che conta non è tanto il canale utilizzato quanto piuttosto l’impostazione. Analizziamo comunque la creazione di una landing page sui canali principali: Wordpress, Instagram e Facebook. Come fare una landing page con Wordpress La creazione di una landing page su Wordpress è piuttosto simile alla modifica della home page. Per iniziare clicca sul menu a sinistra nella sezione “Pagine” e poi clicca su “Aggiungi nuova”. Attribuisci un titolo alla pagina e infine inserisci il testo e le immagini nel box dell’editor. Se realizzi un sito HubSpot puoi creare più facilmente landing page mirate alla lead generation. Come creare una landing page su Instagram Su Instagram puoi mettere in evidenza i tuoi post e trasformarli in un’inserzione istantaneamente con un semplice tocco. La tua landing page deve essere creata in modo da personalizzare il percorso di ogni utente, raccogliendo sempre più contatti ed email a beneficio delle vendite e dei profitti. Nell’ottica della lead generation la personalizzazione dei contenuti è fondamentale e, in tal senso, Instagram offre davvero tante alternative e opzioni. Come creare una landing page su Facebook Anche su Facebook la creazione di una landing page risulta piuttosto intuitiva. Una volta che sei andato nella sezione dedicata alla gestione delle inserzioni, puoi iniziare. Crea la tua inserzione, scegli i tuoi obiettivi e definisci un target di riferimento. Stabilisci un budget dell’advertising e, dopo aver scelto il formato pubblicitario, puoi inserire il titolo e selezionare il video o la foto per la pagina. Visualizza l’anteprima per dare il tuo ok o per apportare qualche ulteriore modifica. Conclusioni Una landing page ben fatta e perfettamente strutturata ti aiuta ad aumentare i contatti e far crescere il tuo fatturato. Del resto, in un mercato così saturo e competitivo, è necessario sfruttare alla perfezione gli innovativi strumenti digitali. Le aziende competitor sono agguerrite e perfettamente attrezzate e sono i dettagli che fanno la differenza. Ecco perché una landing page strutturata secondo i criteri che abbiamo analizzato può fare la differenza. Generare contatti dal sito web è uno step fondamentale per la crescita della tua azienda, perciò ti consiglio di leggere il nostro ebook gratuito a fine articolo che ti svela 15 piccoli trucchi per le tue strategie di lead generation. Image by rawpixel.com on Freepik
L’email marketing è una delle strategie migliori per intercettare e approcciarsi a nuovi clienti. Uno dei principali obiettivi delle aziende è migliorare il tasso di engagement, che si può raggiungere proprio con un’efficace strategia di email marketing. La cosa però non è così automatica come sembra. L’email può essere uno strumento vincente, ma deve essere usato nel modo giusto. Per misurare le prestazioni ci viene in soccorso l’open rate email marketing, una strategia che fotografa perfettamente le prestazioni delle newsletter. Partiamo da un presupposto: inviare un’email capace di catturare l’attenzione di un utente non è facile. Perché? I motivi sono tanti. Le persone vengono bombardate ogni giorno da email promozionali, molte delle quali finiscono direttamente nello spam senza neanche essere aperte. Le email quindi devono contenere parole chiave, frasi mirate e CTA capaci di solleticare la fantasia dell’utente in pochi secondi. Potresti stare chiuso nel tuo studio a lavorare giorni e settimane intere per creare la newsletter perfetta, ma se non vengono aperte risulta tutto inutile. Per prima cosa dobbiamo quindi capire come migliorare l’open rate newsletter. Open rate: cos’è e come misurarlo L’open rate rappresenta il valore determinato dal rapporto tra il numero di email inviate e l’apertura dei messaggi. Questa metrica ti fornisce utilissime indicazioni per capire se l’apertura delle email, il primo passaggio da valutare, è alto o basso. Altro fattore importante è il click through rate (CTR), che indica il rendimento di un link all’interno di un’email. Solitamente si inseriscono delle call to action all’interno del messaggio di posta elettronica e il click through rate ti consente di verificare se e quanti utenti svolgono effettivamente l’azione suggerita. Qual è la formula del click to open rate? Il CTR si ottiene dividendo il numero degli utenti che hanno cliccato sulla CTA per il numero di volte in cui il link è stato inviato tramite email. Ti stai chiedendo qual è il valore ideale del click to open rate per la tua azienda? Generalmente, in tutti i settori, la percentuale media di apertura delle email dovrebbe aggirarsi tra il 18 e il 37%. Ovviamente hanno un’alta incidenza anche le tipologie di email. Le email inviate dal team di vendita in “one-to-one” e fortemente personalizzate in genere presentano tassi di apertura maggiori rispetto alle notifiche automatizzate. Molto dipende dalla tua attività, ma anche dall’“età” della tua azienda. Un brand che si affaccia da poco sul mercato avrà probabilmente un open rate più basso rispetto ad una multinazionale, poiché meno noto. Se quindi hai intenzione di lanciare un progetto e-commerce devi per prima cosa pianificare ogni azione e adottare strategie “agili” per investire in modo intelligente le tue risorse. Open rate email marketing: 5 strategie vincenti Come aumentare il tasso di open rate? La bacchetta magica naturalmente non esiste, ma ci sono delle strategie vincenti che vanno seguite. Innanzitutto è consigliabile integrare il proprio sito con HubSpot CRM, un software di marketing automation all-in-one che aiuta le aziende a promuovere il proprio brand e velocizzare tutti i processi necessari per il successo delle strategie di marketing e di vendita. Esaminiamo adesso quali sono le strategie vincenti da seguire. 1- Acquistare una mailing list? Meglio di no Alcune aziende, desiderose di raccogliere subito risultati e costruire un database ampio, sono tentate dall’idea di acquistare mailing list. Una pratica assolutamente sconsigliabile per vari motivi. I titolari di quegli indirizzi email non hanno accettato esplicitamente di ricevere contenuti da te, inoltre potrebbero non rientrare nel tuo target di pubblico. A tutto questo si aggiungono i rischi di violazione della privacy in termini di GDPR. In sostanza sprecheresti tempo e denaro e rischi di incappare in salate sanzioni. 2- Accertati che il processo di opt-in rispetti il GDPR Ritorniamo nuovamente sul GDPR, che risulta abbastanza rigido per quanto riguarda l’invio di e-mail. Quando sviluppi le tue campagne di email marketing attieniti al Regolamento in vigore, dando ai tuoi utenti l’opzione di scegliere se ricevere o meno il materiale informativo via email. Tra l’altro in questo modo hai la certezza che i tuoi messaggi di posta arrivino unicamente alle persone realmente interessate ai tuoi servizi e ai tuoi prodotti. 3- Cancella dal database i contatti ormai inattivi Potresti avere dei tentennamenti a cancellare utenti dal tuo database, anche se non sono attivi da molto tempo. In realtà è preferibile eliminare quei contatti che ormai non interagiscono più con le tue email, poiché la loro inattività rischia di minare i tassi di open rate e CTR nelle tue campagne. Come spiegato precedentemente, il tuo obiettivo è inviare email esclusivamente a contatti che sono realmente interessati a ciò che proponi, quindi vanno esclusi i destinatari che ormai non hanno più alcun interesse verso le tue comunicazioni. Inoltre indirizzi disabilitati o non validi impattano negativamente sul “sender score”, cioè la reputazione del mittente. Una volta eliminati vedrai i tassi di open rate e CTR notevolmente migliorati. 4- Invia ai nuovi contatti un’email entro 24 ore Un cliente che si è appena iscritto alla tua newsletter è un contatto “caldo”, poiché ha appena interagito con la tua azienda e ha apprezzato ciò che viene proposto. Approfittane e invia un’email, entro massimo 24 ore, per dargli il benvenuto, ringraziarlo, presentarti e magari proporgli un’offerta per fidelizzarlo subito. 5- Messaggi concisi e personalizzati con una sola CTA L’utente medio oggi è pigro, o magari è super indaffarato. Ad ogni modo non ha tempo per leggere email lunghissime. Sii conciso e racchiudi in poche parole il tuo messaggio che deve essere chiaro e diretto. Scrivi email personalizzate e non automatizzate, altrimenti i clienti potrebbero percepire che il messaggio è stato inviato da un robot e non da una persona in carne e ossa. Sempre nell’ottica della chiarezza e della linearità inserisci un’unica CTA, intuitiva e facilmente individuabile, così da favorire la navigazione stessa dell’utente. Le parole che abbassano le open rate: ecco quali non devi usare nell’oggetto Nell’invio dell’email riveste una grande importanza l’oggetto, che anticipa ciò che sarà trovato nel messaggio di posta. Le parole vanno quindi scelte con estrema cura per attirare l’attenzione dell’utente e invogliarlo ad aprire l’email. Tuttavia alcune parole, che potrebbero sembrare perfette, in realtà possono generare l’effetto contrario e spingere l’utente a non aprire l’email. Ecco quali sono: Ultima possibilità; Promemoria; Sconto; Offerta; Gratis. Si potrebbe pensare che queste parole facilitino l’apertura delle email, ma non è così. Ciò che conta è comunque differenziarsi in modo originale, scegliendo parole semplici ma efficaci. 4 “best practices” da adottare nella strategia di open rate email marketing Abbiamo analizzato le strategie e le parole da evitare nell’oggetto. Per concludere ecco un rapido elenco delle “best practices” da adottare per creare un’email realmente efficace e capace di coinvolgere attivamente gli utenti. 1- Fai domande ai tuoi utenti Un cliente, per sentirsi realmente soddisfatto e apprezzato, deve essere considerato. Ecco perché di tanto in tanto dovresti inviare delle email contenenti domande circa i servizi ricevuti. “Cosa ti piacerebbe trovare sul nostro sito?”; “Cosa non dovrebbe mancare nella nostra community?” ; “Quali servizi secondo te possono essere migliorati?”. Queste domande coinvolgono realmente i tuoi utenti e ti consentono di raccogliere utili informazioni per fornire servizi rispondenti alle loro reali esigenze. 2- Pensa ad almeno 5 oggetti diversi L’oggetto è composto da poche parole, che devono essere semplici, dirette e coinvolgenti. Per nulla facile, vero? Allora scrivine di più, almeno 5, dando libero sfogo alla tua fantasia. Puoi usare quello che più ti piace dopo un’attenta scrematura, oppure utilizzarne più di uno per poi valutare quale ha ottenuto le prestazioni migliori. 3- Non bombardare i clienti di email Ti è mai capitato di ricevere un fuoco di fila di email della stessa azienda nel giro di pochi giorni? Cosa mai potrà proporre di nuovo ogni giorno questo brand? Ecco, è esattamente quello che si chiederebbero i tuoi clienti se ricevessero continuamente email da te. Una cascata di email non ha mai convinto nessuno ad aprirle, anzi si rischia di ottenere l’effetto contrario. Invia le tue email con cadenza periodica, senza risultare troppo invadente. Qual è la frequenza ideale? Potrebbe essere giornaliera, settimanale o mensile. Molto dipende dal tuo target di pubblico, quindi ti consiglio di fare dei test per capire la risposta dei tuoi utenti e la frequenza ideale di invio dei messaggi. 4- Non inviare email che neanche tu vorresti ricevere Le tue email devono avere un valore. Cosa significa? Che forniscono dati e informazioni realmente utili. Se sei iscritto ad una newsletter, sai di cosa parlo. Non vedi l’ora che arrivi l’email del tuo e-commerce di abbigliamento sportivo preferito, magari perché vuoi conoscere le nuove offerte sulle tute o sulle scarpe da ginnastica. Con ogni probabilità ti sei invece cancellato da quelle newsletter che non dicono niente e hanno scarso valore. Quando scrivi un’email mettiti nei panni di chi la riceve e chiediti se rappresenta davvero un valore aggiunto. Conclusioni Il tasso di apertura è un fattore cruciale che incide significativamente sulla qualità e sull’efficacia della tua strategia di email marketing. Segui i nostri consigli per migliorare l’open rate delle newsletter e, per ottimizzare ulteriormente l’efficacia delle tue email e newsletter, leggi il nostro contenuto gratuito disponibile a fondo pagina. Image by rawpixel.com on Freepik
In che modo l’implementazione di un CRM può aiutarti nella riduzione dei costi aziendali e nello svolgimento delle normali attività quotidiane? Per rispondere a questa domanda ipotizziamo come scenario un’azienda priva di CRM. Ogni giorno l’azienda incamera una serie di dati e documenti che, in alcuni casi, vanno stampati. Magari hai dimenticato qualcosa, quindi devi aggiungere dei commenti a mano. Tutte queste carte e questi documenti devono essere custoditi in ampi e pesanti faldoni, che vanno ad occupare molto spazio, rendendo gli uffici poco operativi e molto ingombranti a discapito della produttività. Quando hai bisogno di un documento devi cercare tra i vari faldoni, perdendo così tempo prezioso che potresti impiegare in qualcosa di più produttivo. Naturalmente la stampa genera costi per quanto riguarda la carta, il consumo energetico, l’usura della stampante e delle cartucce ecc. E che dire dei fogli Excel che devi aggiornare di continuo mese per mese? Si potrebbero elencare ancora tante altre criticità, ma ormai ti è ben chiaro il quadro della situazione di un’azienda priva di un software CRM. Nei seguenti paragrafi analizziamo quindi il significato, le funzionalità e i vantaggi offerti da questo strumento che ormai fa parte di ogni strategia aziendale moderna. Cos'è il CRM e perché aiuta a ridurre i costi in azienda Per prima cosa analizziamo il significato di CRM (Customer Relationship Management), che sta ad indicare la Gestione della Relazione con i Clienti. In realtà un CRM software si occupa di gestire e mantenere in ordine tutte le principali attività all’interno di un’azienda. Un CRM ha il compito di automatizzare le vendite, gestire tutti i processi marketing e fornire supporto ai clienti. Fornisce la scheda completa di un cliente, sia azienda che privato, elencando in un’unica schermata tutti i dati di riferimento. Facile capire quanto sia importante uno strumento del genere. Conoscere i dati di un cliente consente di costruire un rapporto duraturo con lui, ma anche individuarne bisogni, desideri e comportamenti abituali per offrire un servizio estremamente personalizzato. Il CRM, oltre ad attirare nuovi lead e fidelizzare i clienti, riduce i costi del marketing, del customer care e del reparto commerciale. Diventa quindi il cuore pulsante dell’azienda, sostituendo strumenti obsoleti come documenti cartacei, stampe o post-it. Ridurre i costi negli ecommerce con il CRM Il CRM è uno strumento trasversale, poiché risulta efficace in ogni azienda dove bisogna costruire una relazione solida con i clienti. In tale ottica l’e-commerce rappresenta il luogo per eccellenza dove è necessario un CRM. L’e-commerce può essere considerato a tutti gli effetti come un negozio online, dove però i clienti vogliono vivere un’esperienza quanto più simile possibile ad un punto vendita fisico. Cosa fa quindi il CRM? Fornisce tutte le informazioni di un cliente, evidenziando le interazioni che ha avuto con la tua azienda che possono essere email, telefonate, contratti, preventivi, fatture, pagamenti, newsletter, chat ecc. Insomma hai un quadro completo del cliente con il quale ti interfacci. Tra i migliori CRM per e-commerce spicca HubSpot CRM, capace di immagazzinare dati e contatti e segmentarli in base ai comportamenti d’acquisto o alla tipologia di navigazione all’interno della piattaforma. Tutto questo si traduce in un notevole risparmio di tempo che, a sua volta, significa un bel taglio alle spese. HubSpot ti offre un CRM gratis oppure un CRM a pagamento che comprende un maggior ventaglio di funzionalità. Mai come nell’epoca che stiamo vivendo, dominata dalla digitalizzazione e dalla tecnologia, il tempo è denaro. Arrivare prima dei competitor e rispondere in modo immediato alle esigenze dei clienti significa acquisire un vantaggio strategico, che tra l’altro alleggerisce il budget aziendale. I 7 step per ridurre i costi aziendali con il CRM Il CRM svolge una serie di funzionalità fondamentali all’interno di un’azienda, compresa la diminuzione dei costi aziendali. L’ottimizzazione delle risorse in un’azienda, in particolar modo in questo periodo, è sempre stata la chiave per aprire la porta del successo. Con il CRM in mano hai una Ferrari, ma devi anche saperla guidare. Eccoti quindi 7 utili consigli che ti aiutano a capire come utilizzare perfettamente il CRM e sfruttare appieno fino in fondo tutte le sue potenzialità. 1. Pianifica le operazioni in anticipo In una singola giornata ci sono tante attività da svolgere, anzi alcune possono comparire anche all’improvviso. Tra queste ci sono call, meeting, telefonate, email ecc. Magari qualcuna ha una maggiore priorità rispetto alle altre. Con un CRM puoi pianificare tutto con largo anticipo, riuscendo a gestire con calma tutti gli impegni della giornata e dare la giusta importanza a quelle che hanno maggiore priorità. Oltre ad ottimizzare i tempi sarai in grado di lavorare con maggiore serenità e meno stress. 2. Aggiorna tutto in tempo reale: saluta il tasto “Stampa” Come già anticipato precedentemente, con il CRM puoi aggiornare in qualsiasi momento le schede clienti o documenti. Non dovrai quindi preoccuparti di stampare decine di fogli ogni giorno. Ridurrai così il consumo energetico e di carta e ti ringrazierà anche il pianeta. 3. Sincronizza tutto Puoi sincronizzare il tuo calendario con il CRM quando vuoi e in qualunque posto tu sia. Questo ti consente di tenere sempre aggiornate tutte le informazioni. 4. Massima condivisione tra i reparti Tutti i reparti aziendali possono accedere al CRM e condividere, in qualsiasi momento, documenti ed email. Il CRM si trasforma così in uno strumento collaborativo e di comunicazione che permette a tutti i team di essere sempre aggiornati. Viene migliorata la comunicazione non solo interna, ma anche esterna verso i clienti, che apprezzano la perfetta sinergia tra i reparti che hanno lo storico sempre disponibile in un unico luogo e riescono ad aumentare efficienza ed efficacia del loro operato. 5. Raccogli le informazioni di contatto dei clienti e delle aziende Per raccogliere i dati di un’azienda o i riferimenti di una persona, spesso sei costretto a navigare tra le pagine di un sito web aziendale. Tempo e risorse sprecati. Puoi invece raccogliere tutte le informazioni di un’azienda o i dati personali di un singolo cliente in un unico sistema centralizzato. Con il CRM puoi reperire in pochi secondi i dati che ti servono, senza sprecare neanche un secondo del tuo prezioso tempo. 6. Un reporting sempre aggiornato L’Excel, per quanto sia uno strumento utile nelle attività aziendali, risulta piuttosto obsoleto per quanto riguarda l’aggiornamento dei dati di vendita. Perché non usare invece un CRM per aggiornare le vendite e monitorare le prestazioni delle varie attività? Avendo una panoramica reale e completa della situazione puoi adottare le migliori decisioni strategiche, che ti consentono di ridurre i costi, gravare il meno possibile sul budget e incrementare profitti e guadagni. 7. Organizza la tua mailing list Con il CRM puoi costruirti nel tempo una lista di prospect, chiara e ordinata, dove inserire i lead più qualificati da convertire facilmente in clienti. In questo modo puoi gestire comunicazioni mirate che riducono in modo importante tutti i costi necessari per acquisire nuovi clienti. Le tipologie di CRM che aiutano a ridurre i costi aziendali Secondo Wikipedia il CRM “è legato al concetto di gestione della base clienti e fidelizzazione dei clienti”. Considerare il CRM come uno strumento pensato esclusivamente per ottimizzare i rapporti con i clienti e fidelizzarli è però riduttivo. Il CRM può essere considerato il cervello pensante di un’azienda, anche perché può essere utilizzato nei più disparati ambiti fornendo sempre prestazioni di rilievo. Possiamo individuare ben 6 tipologie di CRM, tutte utili ad ottimizzare costi e risorse aziendali: CRM strategico: in tal caso si costruisce una cultura aziendale basata sul cliente, attorno il quale si sviluppa ogni strategia; CRM analitico: ogni giorno l’azienda accumula una quantità enorme di dati, che vengono analizzati e segmentati per avere una visione più ordinata e lineare; CRM operativo: si può parlare di CRM marketing, suddiviso in 3 componenti principali: automazioni delle attività di marketing, automazioni del singolo marketing e ottimizzazione del supporto clienti; CRM collaborativo: vengono raccolti dati e informazioni su aziende partner, clienti e fornitori e poi suddivisi tra i vari reparti per facilitarne la lettura; Agile CRM: nella concezione moderna di azienda oggi si parla di organizzazione agile, basata su processi più snelli in ogni reparto; CRM come database: consente di creare un database completo che comprende tutti i dati e le informazioni sui clienti, dai quali trarre utili spunti per le strategie future. Conclusioni L’implementazione di un CRM, come principale vantaggio, riduce sensibilmente i costi e contribuisce a creare una relazione stabile e personalizzata con i propri clienti. I benefici però non si esauriscono qui e, anzi, nell’ottica della digital transformation aiutano a creare una cultura digitale all’interno dell’azienda per essere realmente competitivi. Per avere un quadro ancora più ampio dei vantaggi apportati da un CRM all’interno della tua azienda, ti consiglio di leggere il nostro ebook gratuito, disponibile alla fine dell’articolo, dove ti indichiamo almeno 4 buoni motivi per usare un CRM. Nello specifico imparerai a maneggiare perfettamente un CRM e quali sono le domande giuste da porti per sfruttare al massimo tutte le potenzialità e le caratteristiche del software che meglio si adattano alle tue specifiche esigenze. Buona lettura! Image by rawpixel.com on Freepik
Se stai pensando a delle strategie per implementare il tuo blog, probabilmente hai sentito parlare del lead magnet. Di cosa si tratta? Detto in modo molto pratico è un “omaggio” fornito agli utenti in cambio di un contatto, generalmente un’email o anche un numero telefonico. Pdf, ebook, video-lezioni, video-corsi o codici promozionali sono solo alcuni esempi. Qual è l’obiettivo finale? Convertire i lettori per la tua lista email, creando così una lead magnet newsletter. Scegliere il lead magnet migliore non è un’operazione facile. Magari hai lavorato a lungo su un lead magnet, senza però ottenere i risultati sperati. Ecco perché vale la pena concentrarci sul significato e sull’accezione di lead marketing, che deve essere graficamente accattivante e soprattutto fornire quel valore in più capace di convertire i tuoi lettori in contatti email. Cos’è un lead magnet? Il lead magnet è un contenuto di valore offerto gratuitamente ai visitatori del blog in cambio del proprio contatto. Perché è importante? Poiché molti utenti fanno visita al suo sito, senza però tornarci in futuro. Devi quindi creare una connessione, un filo invisibile tra il tuo sito e loro così da richiamarli continuamente. Come convincerli a ritornare? Con un omaggio in cambio di un’email, così da poter informare i tuoi lettori di nuove promozioni, offerte, sconti o contenuti esclusivi. Devi quindi essere sicuro che i tuoi utenti visitino la squeeze page, cioè una pagina che ha l’unico scopo di convincerli a rilasciare la loro email per iscriversi ad una newsletter. “To squeeze” significa per l’appunto “strizzare”. Lo scopo principale è quindi “strizzare” i tuoi clienti per far uscire indirizzi email. Sulla squeeze page si possono ricevere buoni sconti o piccoli regali, una soluzione intelligente per fidelizzare i clienti e spingerli a tornare sul negozio online. Con un’efficace implementazione HubSpot puoi notevolmente ottimizzare la tua strategia di email marketing, così da profilare meglio i tuoi clienti e creare campagne social perfettamente strutturate. HubSpot ti consente di creare template predefiniti, rivelandosi uno strumento prezioso anche per chi non ha grande dimestichezza con questi strumenti. Considera che gli iscritti alla tua mailing list non solo saranno i principali lettori del tuo blog, ma anche potenziali acquirenti dei prodotti online. In tale ottica un’efficace strategia di lead magnet rafforza anche il cosiddetto s-marketing, cioè il processo che allinea marketing e sales facendoli lavorare in perfetta sinergia tra di loro. Il lead magnet è il cuore pulsante del tuo blog: ecco perché Il lead magnet si inserisce nella strategia di lead nurturing, cioè quell’insieme di attività web marketing finalizzate ad instaurare una relazione col lead tramite diversi canali che mirano alla conversione. Se vuoi creare un lead magnet efficace, deve essere di qualità sia da un punto di vista grafico ed estetico, poiché anche l’occhio vuole la sua parte, sia in termini di valore delle informazioni contenute. Se offri qualcosa poco attraente o che non aggiunge nulla, tanto vale non avviare proprio una strategia di lead marketing. Se invece crei un lead magnet di valore, per prima cosa otterrai nuovi contatti, ma in generale crei valore e rafforzi la percezione di autorità del tuo sito. Con un’efficace azione di email marketing devi poi trasformare quella relazione in fiducia, e quella fiducia in vendite. Per prima cosa devi quindi creare un lead magnet in linea con ciò che tratti sul web, per poi renderlo appetibile e interessante agli occhi dei tuoi visitatori affinché si convincano a scaricarlo e rilasciare la loro e-mail. Fatto ciò, posizionerai il tuo brand nella loro mente e ti imporrai come marchio autorevole e affidabile nel tuo settore. Riuscirai così a creare un database di persone profilate con le quali avviare un rapporto stabile e duraturo basato sulla fiducia e sulla stima. Puoi quindi avvisare tramite e-mail i tuoi contatti ogni volta che aggiorni il tuo blog con un nuovo articolo, ma anche rimandarli sui canali social, fare sondaggi, creare interazioni con loro e tanto altro ancora. Quali caratteristiche deve avere un lead magnet di successo? Nell’ottica della lead generation, che prevede il rilascio da parte degli utenti di un contatto in cambio di informazioni o comunque di qualcosa realmente utile, devi creare un lead magnet capace di catturare subito l’attenzione dei tuoi lettori. Ecco quindi quali sono le caratteristiche e i requisiti principali per un lead magnet vincente: Deve risolvere un problema specifico. Quando parliamo di contenuto di valore, intendiamo proprio qualcosa immediatamente utilizzabile e realmente utile al tuo target di pubblico. Indaga quindi sulle principali problematiche riscontrate tra i tuoi clienti e fornisci loro un contenuto che risulti davvero di valore; Deve essere realmente utile. Una volta che hai individuato una possibile criticità, devi fornire informazioni realmente utili. Se tratti del problema senza però fornire risposte concrete, allora il tuo lead magnet risulterà inutile; Deve avere un titolo coinvolgente. Cosa fa la differenza tra due articoli che trattano lo stesso tema? Nella maggior parte dei casi è il titolo. Il tuo titolo deve subito catturare l’attenzione del visitatore, stuzzicando la sua fantasia con apposite parole chiave capaci di toccare le giuste corde emotive; Deve avere una grafica coinvolgente. Come già annunciato, l’estetica riveste la sua importanza. Utilizza quindi colori vividi e coerenti, scegliendo quelli migliori anche in base al tuo settore; Deve avere una call to action efficace. La call to action può essere considerata come il punto esclamativo alla tua call to action. Spiega esattamente al lettore cosa deve fare per ottenere il regalo promesso, utilizzando espressioni suggestive. Lead magnet: esempi da utilizzare Ora sai tutto,o quasi, del lead magnet. C’è un ultimo punto da analizzare: qual è il format migliore? Un format migliore non c’è, ma devi sceglierlo in base al tuo settore e al tuo target di pubblico. Eccoti una lista per individuare l’idea di lead magnet più consona al tuo marketing. Un guida sotto forma di ebook o PDF Uno dei lead magnet più gettonati è una guida, sotto forma di ebook o PDF. Non si tratta di una riduttiva lista di consigli, ma di un contenuto curato e con passaggi perfettamente interconnessi tra di loro per fornire la soluzione ad un problema o per comprendere determinati meccanismi. Se crei una guida di valore, il lettore sarà realmente soddisfatto e tornerà sicuramente sul tuo blog per leggere altri articoli, o magari per effettuare qualche acquisto. Cerca di non fare una guida estremamente tecnica o difficile da leggere. Per renderla più facilmente fruibile ti consiglio di fare molti esempi. Un workbook Ultimamente vanno per la maggiore i workbook, cioè libri di esercizi suddivisi in una parte teorica e una pratica. Nella parte teorica indichi per l’appunto le informazioni specifiche di un argomento; nella parte pratica aiuti il lettore a sfruttare le nozioni acquisite tramite una serie di esercizi. Un video training Diciamocela tutta: oggi le persone non amano particolarmente leggere, vogliono sapere subito le cose senza sforzarsi più di tanto. Per i tuoi utenti più pigri puoi quindi realizzare un video training, che crea un rapporto ancora più diretto e che conferisce ulteriore professionalità al tuo contenuto. Puoi rendere il tuo contenuto ancora più fruibile, magari realizzando un audio training, che il tuo utente può ascoltare mentre porta il cane a passeggio, mentre va al lavoro in metropolitana o mentre sta facendo jogging. Mini-corsi gratuiti Altra idea molto interessante è il mini-corso gratuito, che puoi suddividere in 4-5 video di breve durata che danno informazioni utili. Fai in modo che i vari argomenti siano trattati con professionalità ma anche con leggerezza, risultando così immediatamente fruibili. Darai subito un’idea di quello che offre il tuo blog e riuscirai ad entrare in connessione con il tuo pubblico. I quiz I quiz, così come i test, sono strumenti ideali per coinvolgere in modo simpatico i tuoi utenti e convincerli a rilasciare i loro contatti. Sono veloci, divertenti e piacciono a tutti! Puoi adattare i quiz e i test al tuo target di pubblico, dando libero sfogo alla tua creatività. C’è poi da considerare un altro aspetto: oltre ad arricchire il tuo database di nuovi contatti, puoi raccogliere utili informazioni sulle abitudini e sulle preferenze dei tuoi lettori. In questo modo puoi creare una comunicazione su misura e offrire i tuoi prodotti secondo le loro esigenze. Conclusioni Se il tuo blog è ancora “giovane” poiché lo hai lanciato da poco, ti consiglio di iniziare con un lead magnet semplice e non troppo impegnativo. Man mano che ti sarai fatto le ossa saprai gestire meglio e scegliere con oculatezza i lead magnet più produttivi e performanti. Per migliorare la tua strategia di lead nurturing, ma in generale per allineare tutti i processi e le attività di marketing, assicurati di scegliere un ottimo CRM. Ricorda che le cose, per essere fatte bene, richiedono tempo. Inizia quindi a sviluppare da subito la tua strategia di lead marketing e scegli il lead magnet ideale alle tue necessità. Il contenuto scaricabile gratuitamente a fondo pagina, che ti introduce alla lead generation, è sicuramente un ottimo punto di partenza.
Spendi tutti i giorni tante risorse per promuovere il tuo prodotto, ma i clienti tardano ad arrivare? Probabilmente non stai seguendo la strategia di lead generation giusta. Raggiungere contatti di qualità è fondamentale per ottenere i risultati che cerchi in meno tempo e far crescere il tuo business. Una buona strategia è una fonte preziosa di potenziali clienti che il team vendita in seguito farà diventare clienti effettivi più facilmente. La domanda importante da fare è quella che dà il titolo al nostro articolo: Esiste la strategia di lead generation perfetta? La risposta è no! Non esiste il vestito perfetto da far indossare a tutte le aziende, ma ci sono diversi metodi da valutare a seconda dell'attività che si svolge ed ai clienti da “catturare”. Un’azienda che vuole essere competitiva e aumentare le sue vendite, non può concentrarsi solo sui clienti già fidelizzati, ma deve guardare a nuovi contatti, meglio ancora se sono qualificati. Il modo più immediato per ottenere questo è muoversi e proporsi online. Avere un sito web ed essere attivi sui social, di certo è il primo passo, ma non basta! Essere presenti nel fantastico mondo del World Wide Web non porta automaticamente traffico e il contatto con utenti potenzialmente interessati al nostro prodotto o servizio. Le strategie da attuare devono essere indirizzate ad attrarre i clienti prospect, che rappresentano gli utenti che rientrano nel tuo target di pubblico, con la quale però non hai ancora alcun contatto. Il passo successivo sarà proprio il Lead, che possiamo definire come l’anticamera del cliente. Nei prossimi paragrafi vedremo quali sono gli aspetti più importanti da considerare per costruire un piano di lead generation, distinguersi dalla concorrenza e attrarre gli utenti giusti. Lead generation a cosa serve e soprattutto come si fa? Prima di iniziare il nostro viaggio nelle strategie di marketing, partiamo da zero per capire bene cos’è un lead. Il lead non è un semplice visitatore, ma è una persona che ha manifestato un certo interesse verso un prodotto o un servizio offerto dalla tua azienda. Magari ha già condiviso spontaneamente i suoi dati per ricevere email o per essere contattato per offerte o promozioni, o magari ha scaricato un ebook, ha visionato un video tutorial o ha seguito un webinar sul tuo sito aziendale. In pratica si tratta di una persona pronta a diventare un tuo cliente, cioè ad acquistare da te, ma anche a compilare moduli per rilasciare i suoi dati. La lead generation oggi è fondamentale perché rappresenta il modo più efficace che un’azienda ha a disposizione per acquisire nuovi clienti. Una campagna di lead generation ben studiata consente di ottenere clienti ad un costo minore rispetto ai classici canali. Vediamo perché. Rispetto a prima, i consumatori possono accedere liberamente ad una miriade di informazioni da diversi media. Bombardare di telefonate o pubblicità online e Dem, non porta molti risultati, poiché i consumatori hanno imparato a difendersi in un modo molto semplice: ignorando i messaggi promozionali insistenti! Il potenziale cliente deve essere accompagnato nella scelta attraverso un percorso chiamato “funnel di vendita”, che inizia proprio dalla lead generation e prosegue con il lead nurturing. In questo modo puoi “parlare” a contatti che sai essere interessati ai tuoi prodotti, con una maggiore possibilità di conversione. Le fasi fondamentali per acquisire lead sono: Individuare il target di riferimento e analizzare le sue esigenze; Raggiungerlo e farsi trovare facilmente; Raccogliere l’interesse degli utenti creando una lista di contatti qualificati; Instaurare un rapporto con loro basato sulla trasparenza e la fiducia; Soddisfare le loro esigenze offrendo soluzioni concrete alle richieste o ai problemi; Convertire i potenziali clienti in clienti reali proponendo una vendita. Per fare tutto questo ci sono CRM per la lead generation come HubSpot marketing e sales che ti aiutano a profilare i lead e raccogliere tutti i loro dati. Così, quando un domani contatterai un lead per proporgli un’offerta o una promozione, sai già che dall’altra parte ci sarà interesse a riceverla. Hubspot è composto da diversi moduli che ci aiutano a gestire la relazione con clienti e prospect nelle sue diverse fasi: dalla lead generation alla gestione delle lead da parte del marketing, alla gestione delle lead da parte dei sales alla relazione post-vendita. Differenza tra lead generation e telemarketing Per capire meglio il mondo nel quale stiamo entrando dobbiamo fare la differenza tra altre tecniche che hanno come obiettivo l’intercettazione di nuovi clienti. Una di queste è il celebre telemarketing, amato e odiato, dalle aziende e dai clienti. Il telemarketing è una lead generation da “vecchia scuola”, il suo intento è quello di creare un’opportunità di vendita attraverso un contatto telefonico. Se è stato individuato il cliente giusto, la vendita si conclude, ma molto spesso il risultato è tanto tempo perso e un investimento in un call center senza successo. La lead generation è fattibile con un contatto profilato che si trova in target con i prodotti e i servizi dell’azienda. Costruire le buyer personas dei propri utenti di riferimento può essere utile ad individuare le caratteristiche dei nostri clienti ideali, in modo da poter studiare un approccio tailor made. Ma quindi come fare lead generation? Dopo definizioni e vantaggi passiamo a capire in pratica cosa bisogna fare per conquistare clienti con la lead generation. Uno dei punti di partenza è offrire e trovare qualcosa che interessi i tuoi potenziali clienti. Questo contenuto o incentivo è chiamato lead magnet e viene offerto gratuitamente ai clienti in cambio delle loro informazioni di contatto. Vuoi sapere quali sono i lead magnet che funzionano? Dipende dal tuo target! Eccone alcuni: Ebook da scaricare; Webinar gratuiti; Eventi e presentazioni; Documenti da scaricare; Sconti e buoni. Le persone interessate al tema che stai proponendo scaricheranno i tuoi contenuti e lasceranno la loro preziosa email. Per ottenere i contatti della tua attività di lead generation puoi sfruttare diversi strumenti. Il blog è una strada utile, ma non è l'unica. Anche la promozione su Facebook ha dei canali per ottenere email e contatti, lo stesso discorso può essere fatto con LinkedIn e landing page spinte da Google Ads. Quello che ti serve è strutturare un percorso chiaro, ben allineato agli obiettivi e adeguato al target. Landing page: alcuni esempi di lead generation Una risorsa per catturare utenti e convertirli in lead è la landing page. Si tratta di una pagina creata per una specifica campagna, dove gli utenti arrivano dopo aver cliccato su una call to action o su un’inserzione pubblicitaria. Le landing page devono garantire conversioni per essere efficaci. Le “pagine di atterraggio” hanno tutte una call to action e devono essere semplici senza essere affollate di informazioni. L'aspetto più importante della landing page è che porta con sé la promessa fatta dal tuo annuncio pubblicitario. Se quest’ultimo dichiara: “Ottieni qui uno sconto del 50% per il tuo smartphone, è necessario che nella landing page rassicuri il prima possibile il visitatore a cui lo spedirai. Un modo per farlo è quello inserire la call to action sull'annuncio di origine anche nel titolo della pagina di destinazione. Un altro modo è quello di assicurarsi che il carattere, la colorazione e le immagini utilizzate nel tuo annuncio siano anche riportati in parte sulla landing page. Conclusioni La lead generation gioca ormai un ruolo fondamentale in ogni strategia di marketing aziendale. Una volta che i contenuti sono al loro posto, la tua azienda può iniziare ad utilizzare tutte le tecniche che abbiamo analizzato, che portano ad ottimizzare i tassi di conversione della lead generation e creano una migliore esecuzione delle strategie di inbound marketing. Se vuoi scoprire come iniziare una campagna di lead generation con una strategia che farà entrare contatti interessanti nel tuo database, scarica l’ebook gratuito che trovi qui sotto. Image by kjpargeter on Freepik
Molte aziende perdono clienti senza neanche accorgersene, magari perché continuano ad usare strategie obsolete e non comprendono quanto sia importante invece adottare strumenti innovativi e moderni, capaci di mettere il cliente al centro del progetto. Oggi è sempre più diffuso il concetto di “customer centricity”: tutti ne parlano, ma pochi lo mettono in pratica. I clienti hanno tutti la stessa importanza e nessuno di loro va sottovalutato, poiché sono il fulcro di ogni progetto aziendale. La perdita di un solo cliente, magari perché insoddisfatto, potrebbe non impensierire un’azienda. Questo però non è un peccato veniale, ma capitale. É forse un’espressione un po’ forte, ma lascia intendere quanto sia delittuoso trascurare la perdita di uno o due clienti. Significa non tenere in conto il valore di quel cliente. Ecco perché le aziende devono considerare tutte le esigenze dei loro clienti. Come riuscirci? Con un CRM capace di dare valore a tutti i tuoi clienti, coccolandoli e fidelizzandoli per creare una relazione stabile e duratura. HubSpot è sicuramente uno dei migliori e nei seguenti paragrafi ti spiego il perché analizzando tutte le specifiche caratteristiche, le funzionalità e i vantaggi garantiti. Cos’è l’inbound marketing Prima di approfondire il discorso su HubSpot CRM, dobbiamo capire innanzitutto cos’è l’inbound marketing. Si tratta di un nuovo approccio che si differenzia notevolmente dalle tradizionali strategie di marketing. Fino a poco tempo fa le aziende contattavano una gran quantità di consumatori, senza neanche considerare se rientrassero o meno nelle loro potenziali buyer personas. Hai presente quando ti chiama un teleoperatore (peggio ancora se una voce registrata) per proporti un prodotto o un servizio che non conosci e di cui non sei minimamente interessato? Quelle sono chiamate “telefonate fredde”, poiché rivolte ad un pubblico “freddo” e cioè per nulla interessato. Un altro esempio di strategie obsolete è l’invio indiscriminato di email pubblicitarie a chiunque. Nella stragrande maggioranza dei casi finiscono nello spam. L’inbound marketing va esattamente nella direzione opposta e rivolge le sue proposte commerciali esclusivamente a quelle persone che hanno mostrato interesse verso quel servizio o quel prodotto e, quindi, potenziali acquirenti. Ed è qui che entra in gioco HubSpot, che trasforma il tuo sito aziendale o e-commerce in una risorsa fondamentale per il business. In pratica è l’utente che cerca l’azienda e non viceversa. In particolare l’inbound marketing sfrutta contenuti realmente interessanti che hanno l’obiettivo di: posizionare il sito nei primi posti della SERP di Google tramite una mirata strategia SEO con l’utilizzo di specifiche parole chiave per il tuo business per renderlo visibile agli occhi dei visitatori e aumentare il traffico; utilizzare appositi strumenti, come call to action e landing page, per convertire gli utenti in lead; guidare il lead all’acquisto sfruttando il blog, dove fornire utili informazioni al cliente, e l’email marketing, che deve essere sempre mirato ad un determinato target di persone. HubSpot: cos’è e come sfruttarlo per il tuo business Una volta capito cos’è l’inbound marketing e come utilizzarlo, concentriamoci su HubSpot. La piattaforma si rivela utilissima nelle strategie di content marketing, consentendoti di creare articoli interessanti nel tuo blog e favorire la navigazione dei tuoi visitatori. Puoi creare call to action e landing page intriganti e accattivanti, per poi monitorare le loro prestazioni e capire se hai imboccato la strada giusta o se, al contrario, le performance non sono quelle desiderate e quindi sono richieste delle modifiche. Hai tutto sotto controllo in tempo reale, per tastare continuamente il polso della tua attività. Oltre ad usare HubSpot per il content marketing, puoi anche sfruttare gli strumenti di marketing automation a tua disposizione. Tutte le noiose azioni ripetitive, che generalmente sono svolte da personale umano, vengono automatizzate così da velocizzare e snellire il lavoro dei tuoi dipendenti che possono concentrarsi maggiormente sul “core business” dell’attività. Cos’è e come funziona HubSpot Marketing Hub Nell’ambito di HubSpot marketing esistono diversi pacchetti che si adattano alle diverse esigenze e necessità. Pur essendo specializzato soprattutto sull’inbound marketing, può anche focalizzarsi su: Servizio clienti. In questo caso si usa Service Hub, in grado di conservare le conversazioni e smistare i ticket di assistenza, velocizzando così le risposte; Vendite. Il pacchetto Sales Hub è specializzato nella gestione dei contatti e delle chiamate con i potenziali clienti; I reparti aziendali. Tutti i team, da quelli dedicati alla vendita fino al marketing, possono usare il pacchetto Growth Suite per accedere ad una serie di funzionalità trasversali; Ottimizzazione del sito. L’asso nella massima è HubSpot CMS, grazie al quale realizzare un sito dall’interfaccia intuitiva, con contenuti di qualità e capace di aumentare le conversioni. Marketing Hub è il pacchetto HubSpot pensato nell’ambito dell’inbound marketing, in quanto consente di intercettare lead e convertirli in clienti. Sono disponibili in commercio 3 differenti versioni: Starter: ideale per le piccole aziende o per chi si sta affacciando da poco al mondo dell’inbound marketing; Professional: dotato di funzioni più avanzate; Enterprise: il pacchetto più evoluto che ha un costo maggiore rispetto agli altri. Vivisezioniamo questi 3 pacchetti per comprendere qual è quello più indicato secondo le tue necessità. Marketing Hub Starter Vuoi procedere a piccoli passi o hai un budget di spesa contenuto? Allora puoi iniziare con Marketing Hub Starter. Questo pacchetto ti mette a disposizione un HubSpot CRM in italiano che ti consente di: gestire le attività sui tuoi contatti; gestire obiettivi e attività, magari assegnandole ad una persona specifica del tuo team; gestire i contatti dal sito. In questo modo puoi, di volta in volta, gestire ogni singolo cliente senza il rischio che le sue richieste cadano nel dimenticatoio e che si dia una risposta tardiva alle sue domande. Con Hub Starter puoi realizzare due form di contatto, personalizzandoli secondo le tue necessità: Regolar form: i form tradizionali che vengono inseriti nelle pagine del sito o negli articoli del blog; Pop-up form: posizionati in posti strategici della pagina per invogliare gli utenti a compiere delle azioni. Puoi realizzare e-mail personalizzate, anche se in forma standard. Tale funzione ti permette di segmentare i tuoi clienti, fino a creare veri e propri database. Così facendo l’invio delle email risulta molto più mirato e diventa più facile fare centro. Marketing Hub Professional Passiamo adesso ad Hub Professional, il pacchetto intermedio della proposta di HubSpot. Un ottimo software per le imprese di medie e grandi dimensioni che vogliono gestire il loro marketing a 360° ma con spese contenute. Oltre alle funzionalità citate, se ne aggiungono altre. Le call to action e le landing page sono elementi fondamentali nell’ottica della conversione dei visitatori. Con questo pacchetto puoi creare call to action grafiche o testuali accattivanti e in grado di catturare subito l’occhio. Puoi anche sperimentare varie grafiche dello stesso pulsante e monitorare le prestazioni, così da scegliere quella più performante. Allo stesso tempo puoi realizzare landing page originali, capaci di coinvolgere il visitatore e proiettarlo subito nel sito per mostrargli le proposte e le offerte più interessanti. Con Hub Professional non solo puoi inviare email personalizzate, ma anche lanciare campagne di email, cioè flussi di messaggi, chiamati workflow, con l’obiettivo di mantenere “caldo” un contatto inviando informazioni e promozioni continue. Il workflow si basa su: Caratteristiche del contatto; Caratteristiche dell’azienda; Caratteristiche del ticket e delle richieste di informazioni da parte dell’utente. Nell’ambito dell’inbound marketing riveste un’importanza cruciale il blog, che ha principalmente due obiettivi: Migliorare il ranking del sito; Fornire informazioni utili all’utente rivelandosi un valore aggiunto. Un’altra funzione importante è quella social, per ottimizzare le tue attività sui social network. Hub Professional ti dà la possibilità di condividere e programmare post, articoli, landing page e tanti altri elementi sui social network. Una soluzione che ti permette di ottimizzare i tempi e confrontare le prestazioni, così da capire quale social offre quelle migliori. Marketing Hub Enterprise Infine c’è Marketing Hub Enterprise, il pacchetto completo dotato di tutte le funzionalità necessarie per acquisire nuovi clienti e fidelizzarli con strategie mirate e oculate. Questo software, oltre a mostrare contenuti personalizzati, monitora tramite avanzatissimi strumenti tutte le strategie adottate nell’ambito dell’inbound marketing. Puoi creare eventi personalizzati per monitorare più attività, così da inviare informazioni ad HubSpot automaticamente ogni volta che un utente effettua l’accesso. Se ad esempio un cliente abbandona il carrello durante lo shopping, puoi creare un promemoria per invitarlo a completare l’acquisto. Inoltre con avanzati strumenti puoi sfruttare gli algoritmi predittivi di apprendimento automatico. Dopo aver impostato determinati fattori, Hub Enterprise è in grado di individuare i tuoi contatti e prevedere quali chiuderanno la trattativa nel giro di 3 mesi. Ed ancora puoi raccogliere informazioni demografiche o relative alle abitudini e ai comportamenti dei tuoi visitatori, per tenere sempre tutto sotto controllo. Conclusioni Ora sai come fare marketing con HubSpot, adattandolo di volta in volta in base al tuo business. Scegli il pacchetto che ritieni opportuno, tenendo presente il tuo budget e gli obiettivi che ti sei prefissato. Per conoscere ancora meglio l’inbound marketing ti consiglio di leggere la nostra risorsa, scaricabile a fondo pagina, che ti spiega come metterlo in relazione con HubSpot. Image by DCStudio on Freepik
Sai cos’è il traffico organico? Rappresenta il volume di visitatori che atterrano sul tuo sito web o e-commerce tramite risultati di ricerca, quindi non a pagamento. Già questo dovrebbe farti capire quanto sia importante per la tua attività online. Se hai un buon traffico organico, significa che hai fatto un ottimo lavoro in ottica SEO. Il tuo sito, dopo la digitazione da parte degli utenti delle parole chiave, compare nei primi risultati di ricerca. Inoltre gli utenti, attratti magari dal titolo accattivante o da una foto suggestiva, scelgono proprio te. L’ottimizzazione in chiave SEO e l’uso di strategie specifiche, come il link building, sono alcuni degli step necessari per migliorare il traffico organico SEO, l’acronimo di Search Engine Optimization. Questa branca del marketing si concentra proprio sul miglioramento del traffico organico, che possiamo definire naturale e non indotto da sponsorizzazioni o campagne pubblicitarie. Se molti utenti approdano sul tuo sito, evidentemente hai assolto a tutti i requisiti della loro ricerca, sia in termini di parole chiave che di contenuti. Si tratta di un traffico prezioso poiché libero, inoltre aumenta in modo significativo la brand awareness del tuo sito Entriamo a fondo nel discorso per capire cos’è esattamente il traffico organico e quali sono le altre tipologie di traffico da considerare. Come analizzare il traffico organico? Lo strumento migliore per analizzare il traffico sul sito web in ottica SEO è Analytics. Ti basta accedere al report Channel Grouping seguendo questo percorso: Acquisition; All traffic; Channels. Dopo questa operazione puoi visualizzare tutte le visite in base alle fonti e analizzare gli indicatori corrispondenti. Puoi personalizzare e settorializzare le tue ricerche, soffermandoti su metriche ancora più precise. Hai la possibilità di capire, ad esempio, che prestazioni offre la tua landing page, il cuore pulsante del tuo sito. Se ha un buon traffico allora hai lavorato bene, in caso contrario devi apportare delle modifiche. Google Analytics è uno strumento gratuito di analisi, dal quale raccogliere dati e informazioni preziose da trasformare in strategie mirate. I dati più interessanti da estrapolare da Google Analytics sono: Tempo medio trascorso dai visitatori sulla pagina; Area geografica; Contenuti che hanno generato più visite; Visite totali; Numero di pagine visitate. Con Google Analytics puoi inoltre concentrarti sulle fonti, che possono essere di varia natura. La principale differenza sta nelle fonti derivanti da traffico organico e diretto. Su questo aspetto vale la pena soffermarci un attimo. Traffico organico e diretto: le differenze principali Il traffico organico, noto anche come traffico di ricerca, è quello proveniente dalle naturali ricerche su Google e che quindi non fanno parte di AdWords. Il posizionamento organico è favorito da tre fattori principali: Contenuti originali, che rispondono in maniera chiara ed esaustiva alla ricerca dell’utente, fornendo anche informazioni in più; Ottimizzazione SEO on-page con l’adozione delle più efficienti strategie SEO; Design accattivante, capace di catturare subito l’attenzione del visitatore. Il traffico organico ha un solo tallone d’Achille: gli algoritmi di Google che possono cambiare dall’oggi al domani. Ecco perché bisogna seguire delle strategie pertinenti che consentono di affrontare con serenità tutte le “bizze” e i “capricci” del signor Google. In tal senso può esserti molto utile avviare una strategia di HubSpot marketing, tramite la quale individuare le fonti di traffico con un efficace strumento di analisi. HubSpot è infatti in grado di rielaborare i dati analitici, così da categorizzare il traffico in base alle fonti e fornirti utili indicazioni. Il traffico diretto è invece composto da tutte le persone che vanno sul tuo sito o sul tuo e-commerce digitando direttamente il tuo indirizzo sul browser. Si tratta di clienti abituali che quotidianamente, o comunque con un certa periodicità, vengono a trovarti. Probabilmente hanno il tuo sito tra i preferiti, così da non dover digitare ogni volta il tuo indirizzo. Anche questo traffico è molto importante, poiché nessuno può togliertelo. Naturalmente devi continuare a lavorare bene a livello di branding, affinché i tuoi clienti continuino a percepire il tuo marchio come affidabile e in linea con le loro aspettative. Traffico organico e traffico diretto devono camminare di pari passo, mixando le loro strategie, per garantire che i clienti fidelizzati continuino a tornare. Acquisire nuovi clienti è importante, ma lo è ancora di più mantenere i “vecchi”. Il traffico referral e il traffico a pagamento Al traffico organico si contrappongono il traffico referral e il traffico a pagamento, che hanno dinamiche completamente diverse. Il traffico referral racchiude tutte le visite provenienti da un’altra fonte, come i link piazzati su un altro sito. Anche in tal caso Analytics è in grado di riconoscere le fonti del traffico referral, indicandoti quelle che danno i migliori risultati. Gli stessi siti dove sono presenti banner, o dove hai acquistato spazi pubblicitari a pagamento, sono considerati referral. Infine c’è appunto il traffico a pagamento, cioè quello generato da Google AdWords. Gli annunci presenti su una piattaforma sono appunto a pagamento, ma devono essere pertinenti al tipo di ricerca effettuata dall’utente altrimenti risultano una spesa inutile. I referral e il traffico a pagamento vanno continuamente alimentati, quindi è una strategia piuttosto dispendiosa da un punto di vista economico. Come portare traffico al sito: le strategie migliori da seguire Non ci resta che capire come veicolare il traffico sul proprio sito. Oggi esiste un nuovo approccio, l’inbound marketing, cioè quell’insieme di strategie e tecniche che aiutano le aziende a farsi trovare dai loro clienti quando effettuano determinate ricerche sui motori di ricerca. Il vecchio modello di marketing, basato sull’interruzione, è stato totalmente ribaltato. Le telefonate “a freddo”, cioè senza targettizzare il pubblico, agli orari più improbabili ormai sono diventate del tutto inutili. Perciò è il cliente che deve cercare l’azienda, e non viceversa. Ecco un esempio. Un tuo cliente ha bisogno di prenotare un albergo economico a Firenze, quindi digita nel motore di ricerca “albergo a Firenze economico”. Se nella SERP di Google compare il tuo hotel nei primi posti, allora hai fatto un ottimo lavoro in chiave SEO e di content marketing. Da come hai capito il SEO è cruciale per il successo della tua attività, analizziamo di seguito le principali strategie da seguire. Crea un blog nel tuo e-commerce o sito web Fare SEO per l’ecommerce o per un sito web con un blog è fondamentale per attrarre nuovi clienti. Per prima cosa però devi appunto avere un blog. Alcuni siti aziendali o e-commerce invece non hanno un blog: è come un uccello senza ali che quindi non può spiccare il volo. Con un piano editoriale mirato e una serie di contenuti curati e con informazioni interessanti e pertinenti puoi attirare più pubblico e aumentare il valore percepito della tua piattaforma. L’importanza dei titoli e delle immagini In ottica SEO devi curare attentamente titoli e sottotitoli, che devono contenere le parole chiave ma allo stesso tempo essere originali e accattivanti. Non avere paura di rompere le regole, cerca qualche titolo fuori le righe. Solo in questo modo puoi differenziarti dai competitor, considerando che tutti usano le stesse keyword. Tieni presente che il titolo e la meta description sono le prime cose che appariranno nella SERP e che quindi suggeriscono all’utente cosa troverà dopo aver cliccato. Un buon titolo e una meta description accattivante assicurano più clic. Naturalmente anche le immagini devono essere curate, belle e nitide. Non dimenticare di ottimizzarle in chiave SEO, inserendo i tag e gli altri elementi. Accertati che non siano troppo pesanti altrimenti rischiano di rallentare il caricamento delle pagine. Occhio alla user experience La user experience è uno dei fattori principali da considerare. Il tasso di rimbalzo risulta molto alto a causa di un design poco gradevole esteticamente o di un’interfaccia complessa. Assicurati quindi che il tuo sito abbia una grafica e un’interfaccia perfettamente curate. L’utente, quando arriva sulla piattaforma, deve poter navigare con una certa fluidità senza troppi elementi di disturbo. Una pioggia di pop-up all’apertura del sito web non è certo un bel biglietto da visita per l’utente, che potrebbe innervosirsi e andarsene prima del tempo. Link building di qualità Infine un’ultima strategia da attuare con intelligenza è il link building, sia interno che esterno. I link building interni aumentano il tempo passato sul tuo sito, ma devono essere coerenti e offrire realmente informazioni utili alla navigazione del tuo utente. In poche parole non devi metterli a casaccio qua e là, ma con una strategia oculata. Per i link esterni è preferibile ottenerli da siti autorevoli e di qualità, così da conferire ancora maggiore affidabilità e prestigio al tuo brand. Conclusioni La SEO è la chiave per migliorare il traffico organico, quindi devi lavorarci con estrema attenzione sfruttando gli strumenti di web analytics a tua disposizione. Tra le nostre risorse gratuite puoi leggere l’ebook, disponibile a fondo pagina, per ottimizzare tutte le strategie SEO per il tuo sito in modo efficace e performante. Image by Freepik
Oggi espressioni come “azienda agile”, “ottimizzazione dei costi” o “snellire i processi produttivi” fanno parte stabilmente del gergo aziendale. Sono però concetti astratti e non sempre si riesce a comprenderne il reale significato. Volendo fare un discorso più pratico e concreto, per le aziende è fondamentale sfruttare al meglio le risorse a propria disposizione e investirle nel modo corretto, garantendosì così un importante ritorno economico. Il successo di un’azienda è quindi dato dalla qualità e dalla quantità della produttività. Molti brand continuano però ad usare strumenti vecchi e obsoleti, facendo fatica ad arrivare ai concetti di cui abbiamo fatto cenno all’inizio. Nell’ottica della Business Agility, che sottende un’azienda agile e capace di adattarsi rapidamente ai cambiamenti circostanti del proprio mercato, è nato nel 2016 Microsoft Dynamics 365. A cosa serve? In questi anni le aziende hanno iniziato ad usare una lunga serie di applicazioni, scollegate e mal integrate tra di loro. Questa criticità incide negativamente sulla produttività dei brand, che sprecano tempo e rischiano di perdere informazioni e dati preziosi. Microsoft 365 Dynamics unifica tutte queste applicazioni, rendendo più veloce il reperimento dei dati, garantendo una migliore comprensione dell’azienda e dei clienti e accelerando la creazione di una cultura digitale nell’ambito lavorativo. Nei seguenti paragrafi ti spiego cos’è Microsoft Dynamics e come funziona, snocciolando tutte le principali funzionalità e i vantaggi derivanti. Cos’è Microsoft Dynamics 365, la soluzione ideale per un lavoro moderno e digitale Tutte le principali tecnologie Microsoft sono disponibili su Microsoft Dynamics 365, una piattaforma cloud/on-premise/on-Azure. Tra questi spiccano i servizi cloud di Office 365 e Azure, i CRM, la Business Intelligence, gli ERP Dynamics e le soluzioni di Intelligenza Artificiale. La piattaforma ha radicalmente cambiato il modo di approcciarsi al lavoro, in quanto offre un unico modello su cui lavorare con tutti i dati più importanti immediatamente a disposizione senza inutili e lunghi passaggi. La grande rivoluzione di Microsoft Dynamics è stata portare l’ERP nel cloud, per poi collegarli a tutti gli strumenti presenti nella nuvola. C’è una grande libertà di scelta per le aziende, che possono decidere se eseguire i loro ERP in locale o nel cloud, per accedere alle risorse disponibili nell’intelligent cloud di Microsoft in base alle loro necessità. Risulta così facile rispondere alle diverse esigenze che si presentano nelle più disparate realtà aziendali, che possono gestire a proprio piacimento il lavoro. Le applicazioni di produttività aziendale, fino a pochi anni fa, funzionavano in modo molto diverso. Ogni azienda possedeva il suo ERP per le attività amministrative, un CRM per la gestione dei clienti e una lunga sequela di applicazioni pensate e progettate per esigenze specifiche. Tutti questi software comportavano una serie di incombenze come l’acquisizione di licenza, l’installazione on-promise nei server aziendali, costi di manutenzione, aggiornamenti continui ecc. Tutte cose che rallentavano la produttività dell’azienda, incidendo anche sul budget finale. Microsoft Dynamics 365 crea invece una porta d’ingresso principale dalla quale accedere a tutte le applicazioni, senza perdite di tempo e pagando solo nella misura in cui utilizzi i servizi. Come collegare Microsoft Dynamics 365 e HubSpot In virtù delle sue straordinarie prestazioni, sempre più aziende utilizzano e integrano Microsoft 365 con HubSpot CMS, altra piattaforma molto apprezzata poiché è ospitata nel cloud, quindi non c’è necessità di effettuare manutenzione continua dei plug-in. Puoi sincronizzare gli oggetti di Microsoft Dynamics 365 con HubSpot su tutti i prodotti e su tutti i piani. Nei seguenti paragrafi ti spiego come effettuare la sincronizzazione nel modo giusto. Requisiti richiesti per l’integrazione Per poter procedere all’integrazione: Devi essere un Super Admin o essere dotato dell’Accesso all’App Marketplace nel tuo account HubSpot; Devi avere le autorizzazioni di lettura per i record in Microsoft Dynamics 365; Devi avere le autorizzazioni di lettura e scrittura per ogni tipo di record in Microsoft Dynamics 365 se intendi impostare una sincronizzazione bidirezionale. Come collegare l’integrazione Per collegare l’integrazione devi effettuare i seguenti step: Clicca sull’icona Marketplace nella barra di navigazione principale nel tuo account HubSpot, dopodiché seleziona App Marketplace; Cerca l’integrazione Microsoft Dynamics 365 e seleziona Microsoft Dynamics 365 nei risultati. Poi fai clic su Connetti applicazione in alto a destra; Inserisci il tuo sottodominio Microsoft Dynamics 365 e clicca su Installa app. Come attivare la sincronizzazione Dopo il collegamento dell’app, devi attivare la sincronizzazione. Hai due opzioni a disposizione: configurare una sincronizzazione unidirezionale o bidirezionale per i tuoi dati. Ecco gli step da seguire: Clicca sull’icona Marketplace nella barra di navigazione principale nel tuo account HubSpot. Sotto la voce Gestisci, seleziona App connesse; Clicca su Microsoft Dynamics 365; Seleziona l’oggetto che desideri sincronizzare tra HubSpot e Microsoft Dynamics 365. Puoi sincronizzare account Microsoft Dynamics 365 (capace di memorizzare i dati delle aziende partner con le quali solitamente chiudi affari); contatto Microsoft Dynamics 365 (una persona con la quale chiudi abitualmente affari o con cui hai chiuso affari in passato); lead Microsoft Dynamics 365, cioè un potenziale cliente non ancora convertito; Fai clic su avanti. Dopo aver completato la sincronizzazione, puoi configurare le impostazioni. Come disattivare la sincronizzazione dei dati Se lo desideri puoi disattivare la sincronizzazione dei dati ogni volta che vuoi, per evitare che i record dell’app vengano sincronizzati da HubSpot e viceversa. Ecco gli step da seguire: Clicca sull'icona Marketplace nella barra di navigazione principale all’interno del tuo account HubSpot. Sotto la voce Gestisci seleziona App connesse; Fai clicca su Microsoft Dynamics 365; Fai clic su Azioni e successivamente su Disattiva sincronizzazione; Nella casella a comparsa, clicca su Disattiva sincronizzazione. Dopo aver disattivato la sincronizzazione dei dati puoi riattivarla quando vuoi seguendo il processo indicato precedentemente cliccando su Modifica impostazioni di sincronizzazione. I principali vantaggi di Microsoft Dynamics 365 Andando più a fondo del discorso, ecco quali sono i principali vantaggi garantiti da Microsoft Dynamics: Scalabilità. Mai come in quest’occasione scalabilità è sinonimo di convenienza. Dynamics 365 è una piattaforma estremamente flessibile, dotata di una serie di business app plug-and-play, dove usare esclusivamente le funzionalità di cui hai bisogno a seconda delle esigenze dell’azienda. In pratica il sistema si adatta alla crescita aziendale e ai bisogni che si evolvono e cambiano nel corso del tempo. In Microsoft AppSource, il marketplace delle business app Dynamics, puoi trovare tantissime estensioni e add-on verticali e orizzontali sviluppati dai partner Microsoft. A seconda delle tue esigenze, di volta in volta, puoi scegliere le app più idonee e se lo desideri puoi aggiungere estensioni in modo semplice e veloce; Integrabilità. Microsoft Dynamics 365 è integrato nativamente con tutti gli strumenti Microsoft. Puoi così recuperare tempo prezioso nell’operatività quotidiana e minimizzare i rischi di errate comunicazioni tra i vari sistemi. Solitamente la piattaforma viene usata per applicazioni come Excel, Word e SharePoint, massimizzando così l’efficienza. Con Power Apps puoi integrare semplicemente i flussi di lavoro tra Dynamics e Office 365, snellendo notevolmente i processi interni. Inoltre risulta fruibile anche in mobilità, venendo incontro alle esigenze di modernità e di agilità delle aziende; Intelligenza Artificiale. Nel contesto che stiamo vivendo, dominato dalla digitalizzare e dalla realtà virtuale, occupa un ruolo di notevole importanza l’Intelligenza Artificiale. L’IA è presente in tutte le soluzioni di Dynamics 365 e consente alle aziende di convertire i dati in informazioni e azioni concrete, semplificando notevolmente le attività quotidiane a beneficio della produttività. Con gli strumenti di Intelligenza Artificiale puoi ad esempio prevedere ritardi nelle consegne o nei pagamenti, così da adottare subito le contromisure necessarie per affrontare quelle criticità. L’Intelligenza Artificiale però può anche supportarti nelle ricerche e nelle normali attività di ogni giorno, aiutandoti a trovare le informazioni di cui hai bisogno. Tra l’altro questi strumenti, sfruttando gli algoritmi di machine learning, sono in grado di apprendere dall’esperienza e diventare sempre più autonomi ed affidabili. Perché la tua azienda ha bisogno di Microsoft Dynamics 365? Nello specifico cosa può offrire Microsoft Dynamics 356 alla tua azienda? Tante applicazioni messe a disposizione del tuo business che spaziano dal Marketing all’area vendite. Ognuna di queste applicazioni ti consente di personalizzare l’esperienza d’acquisto di ogni cliente, creare relazioni durature con loro e ottenere lead mirati e selezionati. Tutto questo nell’ottica della customer satisfaction, una metrica infallibile per tastare il polso della soddisfazione dei tuoi clienti rispetto ai servizi ricevuti. Ecco tutte le principali applicazioni a tua disposizione: Microsoft Dynamics 365 Sales. Una soluzione CRM adatta per migliorare il servizio clienti e i processi di vendita, che puoi rendere più efficienti con specifiche funzionalità di Intelligenza Artificiale. Per ogni cliente puoi adottare azioni mirate, aumentando il livello di engagement e rendendolo parte attiva nel processo di acquisto; Microsoft Dynamics 365 Marketing. Ti aiuta a delineare tutte le attività di marketing e realizzare campagne multicanale automatizzate secondo le abitudini e le preferenze dei tuoi clienti. L’obiettivo finale è instaurare rapporti lunghi e duraturi e, allo stesso tempo, attirare e coinvolgere nuovi lead; Microsoft Dynamics 365 Customer Insights. L’applicazione di Customer Service Automation che facilita l’acquisizione e la fidelizzazione di nuovi clienti; Microsoft Dynamics 365 Field Service. La business application interamente pensata per chi si occupa di assistenza, integrata con i sistemi IoT o di realtà aumentata. Un valido alleato per anticipare e risolvere problematiche e lamentele che potrebbero essere avanzate dai clienti; Microsoft Dynamics 365 Remote assist. Un’applicazione destinata ai tecnici per risolvere velocemente i problemi. Tramite videochiamate heads-up su Microsoft HoloLens, i tecnici possono ricevere indicazioni da collaboratori remoti. In ambito finanziario le applicazioni migliori sono: Microsoft Dynamics 365 Business Central. Si tratta di un software ERP che semplifica e migliora la gestione aziendale. “Erede” di Dynamics Nav, offre una serie di funzionalità per gestire in modo integrato diverse attività come flusso di vendite, produzione, magazzino e follow up dei clienti. É estremamente flessibile, poiché può essere usato anche in modalità cloud. Inoltre può accogliere moduli customizzati e personalizzati secondo le esigenze di ogni azienda. Si adatta perfettamente alle PMI; Microsoft Dynamics 365 Finance. Con questo strumento puoi prendere decisioni mirate, partendo da rapporti finanziari globali basati sull’Intelligenza Artificiale che aiutano notevolmente l’intero processo finanziario; Microsoft Dynamics Supply Chain Management. Un’applicazione “predittiva” che consente di prevedere eventuali interruzioni o criticità, gestire gli approvvigionamenti e ottimizzare le scorte. Non avrai problemi di eccedenze o di ammanchi per un magazzino perfettamente fornito; Microsoft Dynamics 365 Human Resource. Una business app che riduce il carico della gestione della forza lavoro, snellendo e velocizzando i processi a beneficio della produttività dei dipendenti. Inoltre puoi personalizzare e integrare Dynamics 365 con l’intero mondo delle app Microsoft, avendo la libertà di automatizzare i processi e creare applicazioni plasmate sulle tue esigenze. Una panoramica su Dynamics 365: come usarlo nella vita di tutti i giorni per un’azienda effettivamente agile Proviamo ad immergerci ancora più a fondo nel mondo di Microsoft Dynamics 365, per comprendere le modalità d’uso nella vita lavorativa di tutti i giorni. Il concetto di agilità è molto importante per le aziende moderne. Per agilità non si intende solo velocità, ma anche capacità di adattarsi di volta in volta alle nuove situazioni. Quello che è moderno oggi potrebbe essere obsoleto tra 6 mesi. Come creare un impatto immediato e dare realmente una svolta alla tua attività Ecco cosa può fare Microsoft 365 nelle normali attività quotidiane per creare un impatto immediato, fornire valore in meno tempo e conseguire gli obiettivi prefissati: connette soluzioni end-to-end che accelerano la crescita del business con applicazioni aziendali connesse che ottimizzano le operazioni, favoriscono le interazioni con i clienti e facilitano l’innovazione dei team; usa applicazioni modulari predefinite per aggiungere o estendere le funzionalità delle soluzioni esistenti; implementa le soluzioni a tua disposizione e raggiunge nuovi clienti in meno tempo per ottenere risultati più rapidi. Una soluzione che libera l’azienda dai vincoli Un’azienda, per essere considerata davvero agile, non deve avere limiti. Microsoft Dynamics è in grado di rompere le barriere, unificando tutti i dati per poi associarli all’Intelligenza Artificiale. Puoi così ottenere informazioni e dati sempre più dettagliati che creano esperienze migliori per i clienti. Di seguito le funzionalità a tua disposizione: accesso immediato a tutti i dati ovunque, da LinkedIn ad Azure fino allo stesso Microsoft 365; migliori le prestazioni e i risultati dell’azienda, integrando i dati a tua disposizione con l’Intelligenza Artificiale per ottenere informazioni dettagliate sulle quali adottare le tue decisioni strategiche; aumenti il livello di sicurezza e di protezione dei tuoi dati e quelli dei clienti, sfruttando la crittografia, l’accesso basato sui ruoli, la registrazione e tante altre funzionalità. Un rapido adattamento ai cambiamenti e alle priorità aziendali La tua azienda è un’entità in movimento che si evolve e cambia di continuo. Dynamics 365 si adatta alle nuove esigenze della tua azienda, alle mutate dinamiche di mercato e alle priorità dei clienti. Ecco cosa puoi fare: rispondere rapidamente alle nuove tendenze e condizioni del mercato con le soluzioni predefinite di Microsoft; accelerare i risultati aziendali e sfruttare al massimo le potenzialità di Dynamics 365, contando sull’apporto di partner Microsoft affidabili e sulle soluzioni di settore predefinite; prepararsi per le nuove sfide del futuro e creare un’azienda moderna dotata di tutte le tecnologie innovative come analisi avanzate e Internet delle Cose. Un passo avanti verso l’innovazione Un’azienda per essere competitiva sul mercato deve per forza di cose essere innovativa. Con Dynamics 365 puoi: usare un’unica piattaforma aziendale che funziona in modo nativo nel cloud Microsoft. A tua disposizione Azure, Microsoft 365 e Microsoft Power Platform per un’operabilità mai vista prima; mettere in pratica le tue idee e quelle dei tuoi dipendenti e collaboratori. Ognuno, indipendentemente dalla familiarità che ha con la tecnologia, può sfruttare i servizi Microsoft Power Platform e migliorare la produttività aziendale; migliorare il lavoro di squadra. I membri di ogni team possono facilmente condividere e scambiarsi informazioni e dati. Soluzioni che si adattano a te, non viceversa La parte più interessante di Dynamics 365 è che non devi adattarti a lui, ma viceversa. Qualunque siano le tue esigenze, necessità o caratteristiche le applicazioni Microsoft 365 si adattano ai sistemi esistenti, facendoli lavorare in modo armonioso. Ecco quali sono i benefici offerti nell’ambito dei vari settori. Dynamics 365 nel settore vendite e marketing: individua i lead per la vendita così da intercettare e acquisire più facilmente clienti; personalizza la user experience dei clienti in fase di acquisto; costruisce relazioni solide e durature con i clienti in base alle loro esigenze. Servizio clienti proattivo. Un’azienda moderna deve rispondere immediatamente alle richieste o ai reclami dei clienti ma, se riesce, deve addirittura intercettarli. In tale ottica Microsoft Dynamics: permette agli agenti virtuali di intraprendere l’azione più indicata; personalizza le interazioni con i clienti tra i vari canali; accelera e velocizza le risoluzioni tramite i flussi di lavoro automatizzati. Nell’ambito del Connected Field Service, che risolve i problemi di assistenza prima che si verifichino, Dynamics 365: offre assistenza tempestiva e proattiva in tempo reale; rivela subito i problemi del servizio di assistenza con funzioni IoT; usa le informazioni a disposizione per attivare la manutenzione preventiva. Nel settore finanza Dynamics 365 accelera la crescita aziendale in quanto: migliora le prestazioni finanziarie; favorisce il successo e la crescita dei dipendenti; raggruppa i processi per velocizzare e semplificare le operazioni. Hai un commercio sempre connesso con le funzionalità di Dynamics 365 che: crea esperienze omnicanale per tutti i clienti; personalizza l’esperienza del cliente ad ogni touchpoint; centralizza il merchandising, la gestione delle scorte e l’evasione degli ordini. Le storie di grandi e piccole aziende Microsoft Dynamics 365 è uno strumento scalabile e, in quanto tale, sa adattarsi alle esigenze di piccole, medie e grandi aziende. In questo paragrafo abbiamo raccolto alcune delle esperienze e delle testimonianze degli stessi brand che hanno tratto grande profitto dall’utilizzo di Dynamics 365. Tra questi Unicef, che ha apprezzato la varietà e la vastità di informazioni dettagliate offerte dalla piattaforma per supportare ulteriormente la sua missione umanitaria in tutto il mondo. Per un’azienda come Unicef, che deve seguire tantissimi progetti sparsi per il mondo, avere un report dettagliato di dati e di informazioni è cruciale. Toyota invece si è affidata a Dynamics 365 Remote Assist e Guides, un’applicazione che ha ottimizzato ulteriormente le competenze dei tecnici che sono diventati più efficienti e precisi nelle riparazioni complesse. L’azienda giapponese punta molto sulla soddisfazione dei clienti, perciò migliorare la professionalità dei suoi operai è uno step fondamentale per perseguire gli obiettivi aziendali e differenziarsi dai competitor. Columbia Sportswear, marca di abbigliamento sportivo, ha sfruttato le potenzialità di Microsoft Azure e di Dynamics 365 per digitalizzare la propria attività e semplificare le operazioni, dai data center IT all’inventario di magazzino fino ai pagamenti nei punti vendita. In tal caso l’azienda ha puntato tutto sulla digitalizzazione, uno step fondamentale per restare un brand moderno e di grande attrazione. GN Group, azienda che si occupa dello sviluppo di soluzioni di collaborazione audio e video, si è avvalsa delle prestazioni di Dynamics 365 Finance and Supply Chain Management. In questo modo, come ha dichiarato la stessa azienda, è stato possibile ottenere informazioni predittive basate sull’Intelligenza Artificiale in relazione alle operazioni e alla supply chain. Dr Martens, un marchio di calzature che si occupa principalmente di anfibi, ha beneficiato delle potenzialità di Dynamics 365 soprattutto per implementare i suoi sistemi di e-commerce. L’azienda ha così potuto migliorare la sua offerta online e, contemporaneamente, espandersi verso nuovi mercati. L’elenco delle aziende che hanno usufruito dei servizi di questa piattaforma è molto lungo e comprende BMW, Coca-Cola, Hp, Chevron ecc. Brand che operano in settori disparati accomunati però dalla voglia di digitalizzare e velocizzare i processi a beneficio di una maggiore produttività capace di intercettare le esigenze dei clienti. Cambia il tuo modo di fare impresa Ormai è evidente che il business sta cambiando, anzi è già cambiato. Per restare al passo devi aggiornarti e dotarti di strumenti all’avanguardia, come Microsoft Dynamics, che ti aiuta a sfruttare i dati raccolti per avere una visione unificata della tua attività. Diventa più facile prendere le decisioni strategiche più adatte, tenendo conto dell’andamento del mercato e delle nuove tendenze. Per capire come portare la digital transformation nella tua azienda leggi il nostro magazine presente a fine articolo, avendo così una visione panoramica dei cambiamenti degli ultimi tempi. Image by rawpixel.com on Freepik
Un sito web può essere paragonato ad una donna che, di tanto in tanto, ha bisogno di rifarsi il trucco o semplicemente di cambiare il taglio di capelli per portare una bella ventata di novità. Ecco, il restyling di un sito è proprio questo e consiste nel cambiare la veste grafica e non solo, anche per risvegliare la curiosità di utenti e clienti che potrebbero essere “assuefatti” al design, soprattutto se è lo stesso da molto tempo, e quindi annoiarsi. Effettuare un restyling del sito significa evidenziare il carattere innovativo e dinamico della tua azienda, sempre aperta ai cambiamenti. In questo processo devi adottare alcuni accorgimenti per non commettere errori. Va bene cambiare la veste grafica, senza però stravolgere completamente il sito. I tuoi clienti si sono affezionati al tuo sito proprio perché ne hanno apprezzato il layout e l’impostazione generale, quindi non cambiarlo del tutto o rischi di creare un senso di smarrimento. Allo stesso tempo puoi intercettare nuovi clienti che vengono attratti da una grafica più curata, fresca e giovanile e nuove funzionalità. Scopriamo adesso come rinnovare un sito Internet secondo i giusti step. Restyling di un sito: cos’è e come interpretarlo Hai un sito web ma non ti piace più oppure non ti offre le ottime prestazioni di un tempo? Allora il restyling è la soluzione ideale per mantenere i vecchi clienti e conquistarne di nuovi. Fare un restyling di un sito non significa solo intervenire sull’aspetto grafico, ma effettuare una serie di cambiamenti strategici per ottimizzare le prestazioni. In sostanza devi rivedere le strategie, gli obiettivi, i contenuti e apportare una serie di modifiche mirate. Chiarito il concetto di restyling del sito, passiamo in rassegna le “best practices” da adottare e scopriamo perché è la scelta vincente per rilanciare la tua attività. Ecco perché dovresti ristrutturare il tuo sito! Prova a fare un salto nel tempo di 3 anni fa quando magari hai realizzato il tuo sito web. Le strategie, le tecnologie usate e gli obiettivi erano ovviamente diversi. Ora ritorna nel presente: pensi che siano ancora gli stessi? Non credo proprio. Tra l’altro siti lenti e obsoleti non sono certo visti di buon occhio da Google, che tende quindi a declassarli facendo perdere posizioni nei motori di ricerca. Sai cosa significa? Meno visibilità, meno visite, meno traffico e meno potenziali clienti. In fase di restyling può esserti utilissimo HubSpot CRM, che ti consente di copiare sulla piattaforma il sito o di rifarlo con una nuova progettazione in ottica growth-driven design. Analizziamo di seguito i motivi per i quali il tuo sito avrebbe bisogno di una bella rinfrescata. Le strategie cambiano Gli obiettivi e le strategie, a distanza di anni o anche di mesi, possono profondamente cambiare. Il tuo sito, così com’è impostato, magari non ti garantisce più le prestazioni di un tempo. Un’azienda dinamica invece deve essere moderna e pronta ad affrontare cambiamenti anche repentini. Poiché il sito ne rappresenta il principale biglietto da visita, devi modificare velocemente obiettivi e strategie. Cambiano i clienti Il turnover dei clienti è un fenomeno naturale. Supponiamo che hai un e-commerce di abbigliamento per adolescenti. I tuoi clienti di 10 anni fa avevano circa 16-18 anni. Oggi vanno per i 30 anni, quindi magari sono interessati ad un abbigliamento più formale. Il tuo target è profondamente cambiato, poiché le esigenze e le tendenze di 10 anni fa non sono ovviamente le stesse. Cambia anche l’approccio dei tuoi clienti e devi fornire un prodotto e una modalità di fruizione del sito aggiornati ai nuovi trend. La tua azienda cambia pelle nel corso del tempo Come cambia il tuo target di pubblico, allo stesso modo cambia anche la tua azienda. Nel corso del tempo il tuo brand cambia pelle, si rinnova e ha altre esigenze. Un sito vecchio potrebbe non rispecchiare più l’identità del tuo marchio. Uno scollamento tra sito e azienda sarebbe molto grave, anche perché genererebbe una certa confusione negli utenti che non si rispecchiano più nel tuo brand. Assicurati quindi di riallineare il sito con la nuova identità che ha assunto la tua azienda. Il tuo sito è responsive? Ormai quasi tutti i siti sono responsive, cioè si adattano alla dimensione del dispositivo usato. Se però il tuo sito non lo è, rischi di perdere un’enorme fetta di mercato. La maggior parte degli utenti utilizza lo smartphone per navigare, leggere gli articoli e anche concludere acquisti. Se il tuo sito non è responsive, gli utenti scappano via a gambe levate perché non hanno voglia di “litigare” con una grafica capricciosa e difficile da leggere. Considera poi che Google apprezza molto i siti responsive, mentre penalizza quelli che non lo sono. Non regalare clienti ai tuoi competitor e rendi subito il tuo sito responsive. Le tecnologie del tuo sito sono obsolete La tecnologia oggi viaggia ad una velocità pazzesca. Magari quando hai realizzato il tuo sito hai utilizzato le migliori tecnologie, ma oggi potrebbero essere obsolete. Aggiornare il sito significa renderlo più veloce e più sicuro, migliorare la user experience e ottimizzarlo in chiave SEO. Tutte cose apprezzate dai tuoi visitatori, ma anche da Google. Come fare il restyling di un sito Wordpress o di un e-commerce? Ora che abbiamo definito le possibili criticità, ecco le “best practices” da seguire per rifare il sito web: Analizza il traffico; Cambia le tecnologie; Migliora il posizionamento nei motori di ricerca; Valuta la user experience; Considera il target di riferimento; Modifica la grafica. Analizza il traffico Hai notato un notevole rallentamento del traffico? Allora con l’aiuto di strumenti specifici, come Google Analytics, individua le pagine più visitate e quelle invece che non portano più il traffico desiderato. Magari vanno modificate o addirittura eliminate se non sono più in linea con le tue strategie. Tieni presente che il traffico potrebbe subire decadimenti di prestazioni anche perché gli articoli non sono più aggiornati o, peggio ancora, riportano informazioni vecchie e sbagliate. Intervieni anche sui contenuti e fatti un bel ripasso dei vecchi articoli. Cambia le tecnologie Come già accennato devi rivedere anche le tecnologie usate. Sono ancora adatte ai tuoi scopi? Il tuo sito è veloce o hai notato un preoccupante rallentamento nel caricamento delle pagine? Ci sono delle funzionalità che non ti servono più e magari devi sostituirle con altre più moderne? Il livello di protezione del sito è sufficiente? Poniti queste domande e datti una risposta per capire come e dove intervenire per modernizzare le tecnologie del sito. Migliora il posizionamento nei motori di ricerca Il sito va costantemente aggiornato anche per mantenere la posizione conquistata nei motori di ricerca. In caso contrario inizierà a perdere posizioni. Assicurati quindi che le pagine e che le immagini siano perfettamente indicizzate. Magari devi eliminare alcuni link o aggiungerne di nuovi, per migliorare la user experience e renderla quanto più gradevole possibile per una navigazione lineare in grado di fornire un valore aggiunto. Per una user experience altamente soddisfacente assicurati che la tua comunicazione sia chiara e in linea con il tuo brand, semplificando i contenuti e fornendo ai tuoi clienti risposte immediate alle loro domande. Considera il target di riferimento Ecco un altro argomento che abbiamo toccato: il target di riferimento. Nel corso degli anni il tuo target di pubblico potrebbe cambiare, o magari i tuoi clienti affezionati cambiano abitudini e modalità d’acquisto, dettate anche dalle nuove tendenze del mercato. Sii sempre vigile sui cambiamenti del tuo target di pubblico, tenendo presente l’età, il sesso, l’area geografica ecc. Magari sono dettagli, ma proprio i dettagli fanno la differenza. Modifica la grafica Infine devi fare un bel restyling anche della grafica. É però preferibile non modificare il logo né i colori aziendali, altrimenti rischi di mandare in confusione i tuoi vecchi clienti. Magari puoi modificare il font dei testi, purché sia comunque lineare con gli obiettivi del sito. Se ad esempio hai un sito di avvocati, di commercialisti o di professionisti puoi cambiare il font, ma scegline uno professionale e formale. Se invece hai un progetto e-commerce che riguarda ad esempio l'abbigliamento per adolescenti o un sito di gaming, puoi optare per un font più informale e sbarazzino. Il tutto per mettere il visitatore a suo agio e fare in modo che si identifichi subito con il tuo brand, a partire appunto dalla grafica. Quanto costa rifare un sito web? Ora che sai come sistemare un sito Internet, eccoci alla domanda fatidica: quali sono i costi per un’operazione del genere? Rispondere a questa domanda è praticamente impossibile, molto dipende dallo stato del tuo sito e dagli interventi richiesti. Posso dirti che i costi dipendono dalle seguenti variabili: hosting; costruzione del sito; contenuti e servizi SEO; manutenzione del sito. Conclusioni Il restyling di un sito può prevedere interventi energici e sostanziali o più superficiali, molto dipende dalla cura che gli riservi. Ti consiglio di fare quest’operazione con una cadenza periodica, così da effettuare solo piccoli interventi di manutenzione senza spendere cifre eccessive. Il nostro contenuto gratuito sull’introduzione al growth-driven design, disponibile a fondo pagina, ti spiega come realizzare un modello di web design fresco e giovanile capace di catturare l’occhio del visitatore e migliorarne la user experience. Image by upklyak on Freepik
Se stai pensando di lanciare una campagna di marketing, hai bisogno di una strategia solida e oculata, di idee creative e accattivanti e di fare investimenti intelligenti. Ecco, dovresti partire proprio dalla parte economica e, più nello specifico, dal budget che intendi investire. Gli investimenti vanno sempre valutati in base ai benefici che offrono. Indipendentemente che tu sia una piccola o una grande azienda, devi investire con intelligenza le risorse a tua disposizione. Proprio per questo motivo bisogna conoscere il ROI e il ROAS. Cosa sono? Sono per l’appunto metriche che ti forniscono dati e informazioni utili sui risultati ottenuti in seguito ad un investimento. In questo articolo analizziamo come si calcolano il ROI e il ROAS, perché hanno un ruolo cruciale per la tua attività, quali sono le differenze e infine esaminiamo qualche esempio pratico. Cos’è il ROAS nel marketing e come si calcola? Il ROAS è l’acronimo di Return On Advertising Spend e rappresenta una metrica che consente di calcolare i risultati di una campagna ADV online, precisamente quelle impostate con Google ADS e Facebook ADS. In pratica questa metrica ci indica chiaramente quanto ti ha fatto guadagnare una campagna pubblicitaria per ogni euro che hai speso. La formula del ROAS è la seguente: ROAS = ricavi da campagne ADV/ costo della campagna. Negli ultimi tempi Google Ads sta tenendo sempre più in considerazione la metrica ROAS, infatti ha introdotto proprio una strategia specifica basata sul ROAS. Ma nello specifico a cosa serve il ROAS? Come già anticipato, l’obiettivo principale è ottimizzare il ritorno sull’investimento pubblicitario. Del resto qualsiasi imprenditore o commerciante, prima di avviare una campagna pubblicitaria o di fare un investimento importante, deve tener conto del ritorno economico. Se hai un bar, ad esempio, puoi attrarre nuovi clienti facendo un restyling degli interni. Il tocco di novità ha attratto più persone e i tuoi introiti sono aumentati? Allora in tal caso l’investimento è stato giusto. Allo stesso modo hai investito in una campagna pubblicitaria online e le tue vendite sull’e-commerce sono schizzate alle stelle? Anche in questo caso hai usato i tuoi soldi in modo intelligente. Tramite un algoritmo basato su un target ROAS, il sistema di Google Ads imposta in automatico le offerte che permettono di ottenere il maggior valore di conversione possibile. La stessa cosa la fa anche Facebook Ads, che consente di calcolare velocemente e in modo automatizzato il ROAS determinato dagli acquisti su un e-commerce. Riassumendo il ROAS misura i ricavi lordi ottenuti dalle campagne avviate, così da monitorarle, gestirle al meglio ed eventualmente modificarle in futuro per migliorare i risultati. Raggiungere il tasso di conversione ottimale è l’obiettivo primario degli e-commerce, che lavorano proprio per convertire i lead e i visitatori in clienti fissi e fidelizzati. Cos’è il ROI nel marketing e come si calcola Il ROI è l'acronimo di Return on Investment, cioè Ritorno sull’Investimento e consente di gestire il budget in modo corretto. Pur avendo alcuni punti in comune con il ROAS, ha un’accezione diversa. Il ROI fondamentalmente rappresenta il guadagno derivante da un investimento, al quale va sottratto il costo dello stesso investimento. Tale metrica è utile per valutare quanto sia efficace e conveniente un investimento pubblicitario, oppure per confrontare diversi investimenti e individuare quello migliore. Ecco la formula matematica: ROI = reddito operativo/ capitale investito netto operativo. Per calcolare il ROI devi quindi definire esattamente qual è la tua attività, che va contestualizzata in base al settore e al business in una digital strategy. Così facendo puoi effettuare gli investimenti con oculatezza e raggiungere più facilmente gli obiettivi che ti sei prefissato. Perché un sito HubSpot può fare la differenza? Prima di mettere a confronto il ROAS e il ROI in una campagna pubblicitaria e individuare le differenze principali, dovresti chiederti quale strumento usare per misurare le metriche in questione. Gli esperti concordano che tra i migliori strumenti del settore c’è HubSpot, che offre una serie di funzionalità utilissime per ogni esigenza. Avere un sito HubSpot ti garantisce una serie infinita di vantaggi, in quanto: HubSpot CRM consente di analizzare rapidamente il traffico e di consultarlo a cadenza mensile, annuale o su intervalli temporali personalizzati; Riporta le fonti di traffico per tutto il sito web o per le singole pagine; Fornisce dati precisi sulle visualizzazioni delle pagine del sito web, della landing page e di tutte le altre pagine, ma anche altre informazioni aggiuntive come tempo medio di permanenza, frequenza di rimbalzo, tasso di uscita e CTA; Ti permette di conoscere i tassi di conversione e quali pagine si sono rivelate più performanti in tal senso; Imposta diversi obiettivi e preventivi specifici per team di vendita e di servizi; Dà informazioni extra sui rapporti SEO, come ricerca media delle parole chiave e consigli SEO on-page; Crea rapporti di marketing per analizzare i contatti. ROI e ROAS a confronto: le differenze principali Mettiamo adesso a confronto queste due metriche per capire in cosa si differenziano. Indubbiamente sono indicatori utilissimi per il tuo marketing, anche se perseguono obiettivi diversi. In un certo senso il ROAS svolge una funzione principalmente tattica e si focalizza su specifiche attività, come appunto l’advertising. Inoltre risulta piuttosto facile e veloce da calcolare. Il ROI ha invece una valenza soprattutto strategica ed è maggiormente legato al business a 360° e valutato nella tua interezza. In pratica misura la redditività di una campagna, considerando però tutto l’investimento comprensivo dei costi correlati e non del solo budget stanziato. Rappresenta quindi un indicatore più completo e veritiero, proprio perché analizza i costi nel suo complesso, ma rispetto al ROAS è più difficile da calcolare e meno immediato. Per la tua campagna di marketing è comunque importante calcolare tanto il ROI quanto il ROAS, sia per comprendere le impostazioni migliori da adottare sia per individuare la comunicazione più idonea. Fai diversi test e monitora i risultati, così da ottenere statistiche e informazioni utilissime che ti serviranno per le tue campagne future. Se non stai ottenendo i risultati sperati significa che stai “bruciando” i tuoi investimenti. Prova quindi a cambiare le tue campagne di marketing e, dopo vari test e prove, otterrai una panoramica più ampia per capire qual è la strada più redditizia da seguire. Esempi di ROI e di ROAS Per comprendere ancora meglio le dinamiche del ROI e del ROAS facciamo degli esempi pratici. Supponiamo che hai lanciato una campagna Facebook e che il ROI sia negativo. Vuol dire che qualcosa non funziona e quindi devi apportare necessariamente delle modifiche per poi effettuare successivamente dei test. Dove e come intervenire? Potresti provare a cambiare il metodo, ma anche le somme investite. Come si dice “per fare soldi devi investire soldi”. Magari fare un piccolo sacrificio economico vale la pena, se poi raccogli i risultati desiderati. Se invece fai un investimento troppo parsimonioso i risultati potrebbero essere insoddisfacenti e in questo caso “il gioco non vale la candela”. Insomma devi anche saper azzardare, ma con rischi calcolati. Facciamo lo stesso esempio per il ROAS, prendendo come riferimento una campagna Facebook per un e-commerce. In tal caso il monitoraggio va effettuato su quante volte un oggetto viene messo nel carrello, quante volte un articolo viene acquistato, quante preferenze ha ecc. Se i numeri sono soddisfacenti, allora significa che hai imbroccato la strada giusta. Al contrario se non ottieni i risultati desiderati, devi apportare delle modifiche che rendano la campagna di marketing più appetibile e coinvolgente. Considerazioni finali In conclusione possiamo dire che il ROI serve principalmente per misurare il profitto generato dagli annunci, tenendo presente tutti i costi. Si tratta di una metrica incentrata soprattutto sul business e aiuta a misurare il marketing, inteso come investimento necessario per far crescere la propria azienda. Il ROAS dà risultati più immediati e il marketing viene inteso come un costo necessario per restare a galla nel mercato. Misura le entrate lorde per ogni euro speso per la pubblicità. Sono metriche fondamentali che però vanno interpretate secondo la giusta chiave di lettura. Il ROAS consente di paragonare i risultati ottenuti dalle varie campagne e di distribuire in modo più oculato il proprio business. Tuttavia, se l’obiettivo è incrementare la quota di mercato, può spingere ad aumentare in modo eccessivo la cifra da investire. In pratica questa metrica, da un punto di vista finanziario, non è sufficientemente lungimirante proprio perché il monitoraggio costante del profitto netto viene messo un po’ in secondo piano. Va bene aumentare i clic, ma senza ripercussioni negative sul profitto. Ecco perché il ROAS e il ROI devono camminare di pari passo ed essere utilizzati simultaneamente, in modo da sfruttare i grandi vantaggi che offrono. A tal proposito tieni presente che in un’azienda il team commerciale e il marketing devono essere perfettamente allineati, altrimenti i ricavi dell’azienda diminuiscono. Per approfondire l’argomento ti consiglio di scaricare l’ebook gratuito, presente a fondo pagina, che ti suggerisce utili metodologie di allineamento tra commerciale e marketing per aumentare i ricavi e ottimizzare i processi.
Il percorso d’acquisto del cliente può essere considerato a tutti gli effetti un viaggio, che ha un inizio e una fine. Come ogni viaggio, anche quello del consumatore è fatto di varie tappe. Il tuo compito è rendere il viaggio quanto più confortevole possibile, assicurando che il “transfer” da una tappa all’altra si svolga senza alcun intoppo. Se fai tutto nel verso giusto riuscirai a convertire i visitatori in clienti, aumentare il tasso di fidelizzazione, incrementare le vendite e migliorare la tua brand awareness. Tutti questi obiettivi, come un effetto domino, sono concatenati l’uno con l’altro. Detto così sembra tutto troppo semplice. In realtà il percorso di un consumatore può essere lineare o complesso, molto dipende dai fattori che entrano in gioco. In questo articolo ti spiego come ottimizzare i vari step del processo di vendita e quali “best practices” devi adottare. Processo d’acquisto dopo l’avvento di Internet Prima di approfondire il discorso sul percorso d’acquisto del cliente, riavvolgiamo il nastro della storia e facciamo un balzo indietro a qualche anno fa, quando l’online era ancora in fase embrionale e si procedeva con il marketing tradizionale. Quali erano le principali modalità di pubblicità? Spot tramite tv, radio, volantini o cartelloni pubblicitari. Questi sistemi oggi esistono ancora ma sono piuttosto obsoleti, soprattutto se paragonati con i nuovi strumenti online. Il comportamento d’acquisto del consumatore è profondamente cambiato dopo l’avvento di Internet. Gli utenti hanno più fonti dalle quali prendere informazioni e maggiori opzioni di scelta. Questo rende ancora più complicato il tuo lavoro, perché devi sgomitare tra i competitor per dimostrare che il tuo prodotto o il tuo servizio è davvero quello migliore. Per conquistare l’attenzione degli utenti, e convertirli in clienti, devi ottenere la loro fiducia e dimostrare la tua professionalità e competenza del settore. Ecommerce CRM: perché HubSpot è il migliore su piazza Poiché il processo d’acquisto è profondamente cambiato, devi adeguarti e dotarti delle giuste strumentazioni. Per monitorare il buyer’s journey dei tuoi clienti può darti una grandissima mano un valido ed efficiente ecommerce CRM, come HubSpot. Devi sapere che gli utenti, durante il processo di vendita, attraversano 3 fasi: Awareness: prendono coscienza di avere un problema, ma non sanno come risolverlo; Consideration: gli utenti iniziano a cercare soluzioni concrete per risolvere i loro reali bisogni; Decision: questo è l’ultimo funnel di acquisizione durante il quale gli utenti prendono la decisione finale sull’acquisto HubSpot CRM mette a disposizione una funzione che consente di individuare in quale stadio si trova il cliente, così da stilare strategie di marketing pertinenti per completare il processo di fidelizzazione. Inoltre la piattaforma consente di individuare più facilmente le buyer personas, in modo da costruire attorno a loro un’esperienza d’acquisto personalizzata e cucita su misura per loro. Analisi del percorso d’acquisto del cliente Per comprendere esattamente il processo d’acquisto online devi capire quali domande si pongono i clienti e porti delle domande a tua volta. In particolare devi chiederti: Chi sono i miei clienti? Dove li trovo? Come li raggiungo? Di cosa hanno bisogno? Come convincerli ad acquistare da me? Come posso impormi come brand autorevole e sbaragliare la concorrenza? Ponendoti queste domande, riuscirai ad entrare nella testa dei tuoi clienti. Come anticipato precedentemente, il buyer’s journey si suddivide in 3 fasi durante le quali il consumatore prende coscienza di avere un bisogno da soddisfare, analizza le possibili soluzioni e infine procede all’acquisto dopo la decisione finale. Quali fattori entrano in gioco? Tantissimi. Il prezzo, l’indecisione dell’acquirente, la presenza di altri competitor, feedback e recensioni ecc. Su alcuni fattori non hai alcun controllo, su altri invece puoi esercitare una maggiore influenza. Intercettando i tuoi potenziali acquirenti riesci a capire meglio come pensano, come ragionano, quali sono le loro abitudini e di conseguenza puoi offrire un servizio personalizzato secondo le loro necessità. Esperienza d’acquisto del cliente: i fattori che incidono nella decisione finale Ogni cliente è diverso dall’altro e quindi il processo d’acquisto potrebbe essere profondamente differente, anche tra persone che rientrano nello stesso target di pubblico. La questione si complica e segmentare i tuoi potenziali acquirenti diventa ancora più complesso. Uno stesso cliente può modificare abitudini in base alle esigenze che mutano durante la vita. Un 30enne single con un buon lavoro probabilmente non bada tanto al prezzo e non si fa problemi a cambiare smartphone ogni 6-7 mesi. Quello stesso 30enne, se si sposa e ha un figlio, cambia prospettiva. Piuttosto che spendere tanti soldi per uno smartphone, magari preferisce usarli per acquistare omogeneizzati e pannolini. Per segmentare il pubblico vengono in tuo soccorso i fattori che determinano i processi decisionali. Ne sono principalmente 4: Fattori culturali. Difficilmente cambiano, poiché sono legati alla società dove si vive, alle credenze, alle tradizioni e alle abitudini di una comunità; Fattori sociali. Fanno riferimento alla classe sociale alla quale si appartiene, agli stili di vita e alle influenze che possono arrivare dall’esterno; Fattori personali. Sono i fattori sottoposti maggiormente al cambiamento. Tra questi rientrano sesso, età, occupazione, condizione economica ecc. Fattori psicologici. Anche questi fattori sono soggetti a diversi cambiamenti, poiché variano a seconda del proprio status mentale. Possono essere determinati dalla voglia di soddisfare un bisogno, di sentirsi migliori o di sentirsi appagati. Le 5 fasi della vendita A questo punto non ci resta che conoscere e analizzare le 5 fasi della vendita, un percorso decisionale che devi conoscere alla perfezione in ogni minimo dettaglio. Ricordati che il processo non si conclude con la singola vendita, ma inizia molto prima e finisce molto dopo l’acquisto. Il tuo compito è accompagnare gli acquirenti in ogni singolo step, facendo sentire la tua presenza costante ma discreta al loro fianco. Le 5 fasi sono: Consapevolezza di avere un desiderio o un bisogno; Ricerca della soluzione; Valutazione delle alternative; Decisione d’acquisto; Considerazioni dopo l’acquisto. Analizziamole tutte una ad una. 1.Consapevolezza di avere bisogno di un prodotto o un servizio La consapevolezza di avere un problema è il primo passo per risolverlo. Ecco, quando una persona comprende di avere una necessità o un bisogno, quello è il primo passo verso l’acquisto. Una persona potrebbe avere bisogno di una nuova tv perché la vecchia si è rotta, o semplicemente per godere di una visione più profonda e immersiva. Conoscere le necessità degli utenti ti aiuta a veicolare il giusto messaggio, ma anche a intercettare le parole chiave della loro ricerca sul web. 2. Ricerca della soluzione Una volta che una persona prende consapevolezza di aver bisogno di qualcosa, che sia una necessità o un semplice desiderio da appagare, inizia la seconda fase, cioè la ricerca delle informazioni necessarie per trovare la soluzione adatta. In questa seconda fase devi capire quali sono i canali che gli utenti utilizzano. Il web è una fonte ricca di informazioni, ma offre canali molto diversi e variegati tra di loro. Hai molte frecce nel tuo arco: puoi usare articoli di blog, siti web, e-commerce, post e sponsorizzazioni sui social, recensioni, email ecc. 3. Valutazione delle alternative Dopo una prima fase di scrematura, gli utenti iniziano a focalizzare l’attenzione sulle principali alternative. Prezzi, caratteristiche e recensioni di altri clienti sono fattori determinanti che possono far pendere l’ago della bilancia verso la tua azienda. Anche in questo caso ogni cliente ragiona e pensa in maniera diversa. C’è chi dà priorità al prezzo o alle funzioni del prodotto, mentre altri badano più al marchio o allo status sociale che può conferire un articolo. C’è però un fattore che mette tutti d’accordo: l’affidabilità del brand. Devi fidelizzare i clienti, rafforzare il rapporto con loro, costruire le relazioni giorno dopo giorno per garantire una piena soddisfazione durante tutto il processo di vendita. Se un cliente è soddisfatto, è molto probabile che anche in futuro acquisterà da te e parlerà bene del tuo brand. 4. Decisione d’acquisto La quarta fase è importante come le altre, ma probabilmente è quella che maggiormente interessa i merchant: la decisione d’acquisto. Il tuo prodotto piace, il rapporto qualità/prezzo è considerato soddisfacente, il cliente si fida di te. Hai fatto breccia nel cuore del consumatore e gli hai garantito un’esperienza d’acquisto gradevole e trasparente. Per convincere il tuo cliente a dire sì considera tutti i fattori che possono influire sulla sua scelta: dai metodi di pagamento, che devono essere semplici e intuitivi, fino alla gestione dei feedback, sia positivi che negativi. Gli utenti vogliono essere sicuri di fare la scelta giusta, perciò scandagliano la tua proposta da cima a fondo. 5. Considerazioni dopo l’acquisto Una volta che hai venduto il prodotto o un servizio, non commettere l’errore di pensare che il tuo lavoro sia finito. Anzi, proprio adesso comincia l’opera di fidelizzazione che comprende la richiesta di feedback o l’invio di sondaggi per valutare la customer satisfaction. Offerte e programmi di fidelizzazione sono ottimi sistemi per rafforzare il rapporto col cliente anche dopo la vendita. Se hai fatto tutto correttamente, si genererà un processo di passaparola positivo sia online che offline capace di aumentare i clienti, implementare le vendite e rinforzare la brand awareness. Conclusioni Conoscere il percorso di acquisto ti aiuta a trasformare un lead in un acquirente e poi in un cliente fidelizzato. Coinvolgi il cliente in ogni fase d’acquisto tramite un’attenta pianificazione delle strategie di marketing, così da creare fiducia. Per generare nuovi contatti dal tuo sito web ti consiglio di leggere la nostra risorsa gratuita, reperibile a fondo pagina, per ampliare la tua rete clienti e conoscerli più a fondo.
In questo articolo ti spiego come ridurre la frequenza di rimbalzo, definita anche bounce rate, che indica la percentuale di clienti che “rimbalzano” via dopo essere atterrati sul tuo sito. Perché la frequenza di rimbalzo è importante? Perché fornisce preziosi dati sulle prestazioni del tuo sito web, e-commerce b2b o b2c. Se un utente atterra sul tuo sito e se ne va quasi subito, significa che hai una frequenza di rimbalzo alta. Al contrario, se l’utente naviga per molto tempo all’interno del sito, c’è una frequenza di rimbalzo bassa. La frequenza di rimbalzo alta non è quindi un buon indicatore del tuo sito, che potrebbe risultare difficile da navigare, poco chiaro, incoerente o troppo lento nel caricarsi. Tutti fattori che fanno fuggire i tuoi clienti a gambe levate dalla piattaforma, con evidenti ricadute negative sulla tua attività. I siti sono il principale biglietto da visita di un’azienda o un brand, quindi se offrono prestazioni scadenti tutta la tua attività va in affanno. Nei seguenti paragrafi ti spiego come ottenere una frequenza di rimbalzo ottimale e come migliorare le prestazioni del tuo sito web. Bounce rate: come si calcola? Per prima cosa dobbiamo capire come si calcola la frequenza di rimbalzo. Tale metrica rappresenta il rapporto tra le sessioni di una sola pagina, divise per tutte le altre sessioni o la percentuale di tutte le sessioni sul sito, dove gli utenti hanno visitato una sola pagina. Per calcolare la frequenza di rimbalzo Analytics è lo strumento migliore. Per accedere ai report devi seguire questo percorso: Comportamento; Contenuto del sito; Tutte le pagine. Una volta fatta questa operazione, puoi identificare le problematiche tramite due sistemi: Analisi del web. Concentra la tua attenzione sulle pagine più importanti del sito. Se ad esempio hai un e-commerce, focalizzati sulla home page, sulla pagina di categoria e sulla pagina del prodotto. Non badare invece alla pagina del carrello, poiché in tal caso devi verificare un’altra metrica: la frequenza di abbandono del carrello. La reazione dei clienti. Puoi chiedere direttamente ai tuoi visitatori cosa li porta ad abbandonare subito il sito tramite dei sondaggi. Potresti scoprire che i prezzi dei tuoi prodotti sono troppo alti o che il sito non è sufficientemente intuitivo. Fai anche domande aperte, del tipo “cosa vorresti trovare in questa pagina?”, così puoi conoscere meglio le esigenze e le aspettative dei clienti. Perché i clienti abbandonano il tuo sito? Tieni presente una cosa: hai pochi secondi per convincere il cliente che il tuo sito è quello che fa per lui e che può offrire le soluzioni che sta cercando. Può esserti molto utile avviare un progetto HubSpot, una delle piattaforme di marketing automation più utilizzate che ti consente di ottimizzare siti web ed e-commerce raccogliendo i dati del traffico e delle sessioni in modo chiaro. Ecco quindi quei piccoli o grandi difetti che rischiano di rendere il tuo sito poco interessante e poco fruibile. Grafica web poco accattivante L’abito non fa il monaco… O forse sì? In un sito web anche la grafica fa la sua parte, quindi deve essere subito accattivante e gradevole alla vista per convincere l’utente a restare sulla pagina e rendere piacevole la sua esperienza di navigazione. Se la tua grafica è troppo spoglia o poco stimolante, dovresti cambiarla. L’opera di restyling però andrebbe fatta gradualmente. Un cambio improvviso del design del sito potrebbe mandare in confusione gli utenti abituali. Modifica quindi la grafica gradualmente, dando agli utenti la possibilità di apprezzare i piccoli ritocchi cadenzati nel tempo. Scarsa interazione tra il sito e l’utente Non è solo l’utente che deve interagire con il sito, ma anche il sito deve interagire con l’utente. Il visitatore, una volta sul sito, potrebbe non sapere cosa fare. Incoraggialo a fare qualcosa altrimenti, dopo aver raccolto le informazioni di cui ha bisogno, se ne andrà subito. Il tuo obiettivo è convertire i visitatori in abbonati? Allora adotta delle strategie per raccogliere la loro e-mail e ampliare la tua mailing list. Utilizza poi call to action efficaci, coinvolgenti e con un “tone of voice” in linea con il linguaggio del tuo brand. Sito web poco fruibile Il sito potrebbe apparire poco fruibile e poco chiaro, condizione che inevitabilmente fa allontanare i tuoi visitatori. Hai un e-commerce? Allora assicurati che ogni prodotto sia effettivamente sotto la sua categoria. Se necessario, inserisci anche delle sottocategorie per favorire la navigazione. Stesso discorso se hai un blog che tratta di vari argomenti. Hai un blog che parla di cani e gatti? Allora predisponi un’area specifica per il cane e una per il gatto. L’utente saprà così orientarsi facilmente all’interno del sito, senza essere rimbalzato da una pagina all’altra col rischio di annoiarsi e andarsene. Le 5 soluzioni per ridurre la frequenza di rimbalzo Dopo aver analizzato alcune delle criticità che possono determinare decadimenti nelle prestazioni del tuo sito, e di conseguenza limitarne notevolmente la fruibilità, esaminiamo adesso le “best practices” che possono tornarti molto utili. 1- Ottimizzare il tempo di caricamento L’utente medio è pigro: pretende tutto e subito. Se la tua pagina ci impiega troppo tempo a caricarsi, stai certo che il visitatore andrà altrove per trovare quello che sta cercando. Si calcola che il tempo massimo di attesa che un utente è disposto a tollerare è 3 secondi. Trascorso questo tempo dirà bye bye al tuo sito. Assicurati quindi che il tempo di caricamento della pagina non sia troppo lungo. Foto e video troppo pesanti potrebbero rallentare eccessivamente il caricamento. Verifica quindi che siano sufficientemente leggeri per un sito scattante e veloce. 2- Occhio ai link I link sono fondamentali per ridurre il tasso di rimbalzo, ma non devono esserci errori tecnici. Se sbagli ad inserire il link rimandi l’utente ad una pagina vuota, o segnata come errore. Oppure potresti spedire il tuo visitatore su una pagina completamente diversa. Sono errori gravi che non depongono a favore dell’autorevolezza e dell’affidabilità del tuo sito. Inoltre i link devono essere intuitivi. L’utente deve poterci cliccare su intuitivamente e istintivamente, senza pensarci troppo. Naturalmente devono essere pertinenti con l’argomento che stai trattando. 3- Sì ai pop-up, ma senza esagerare Sui pop-up il dibattito è aperto: c’è chi li considera estremamente fastidiosi, un elemento di disturbo alla navigazione; altri invece li reputano ottimi strumenti per la conversione. La verità, come sempre, sta nel mezzo. Puoi utilizzarli, ma con cautela. Per prima cosa devi effettuare dei test. Un pop-up che compare subito appena si apre la pagina potrebbe essere poco tollerato e troppo invasivo. Prova quindi a ritardare la sua comparsa, dando agli utenti il tempo di visitare il sito. Puoi utilizzare queste tipologie di pop-up: Pop-up “temporali” che si aprono dopo un tot di tempo dall’apertura della pagina; Pop-up che si aprono solo quando si arriva ad un determinato punto della pagina; Pop-up di “exit intent”, che compaiono quando l’utente sposta il mouse verso l’alto per chiudere la pagina o per digitare un altro indirizzo. 4- Un sito intuitivo e semplice per una migliore “user experience” Un sito, per funzionare correttamente e risultare fruibile, deve avere un’interfaccia chiara e facile da usare. L’utente si aspetta di trovare determinate cose in un posto, accontentalo! In un e-commerce le categorie sono solitamente in alto, mentre in basso ci sono i termini e le condizioni di utilizzo. Mantieni le loro posizioni, o fai in modo che siano facilmente cliccabili. Non ammassare tutto in un solo posto, ma rendi arioso il tuo sito con degli spazi vuoti tra un elemento e l’altro. Rendi subito chiaro chi sei, cosa fai e di cosa ti occupi. 5- Sito “mobile-friendly” Lo smartphone è diventato un’estensione naturale del nostro braccio. In fila al supermercato, alla fermata dell’autobus o mentre si aspetta in auto ormai è prassi smanettare col cellulare e navigare tra un sito e l’altro. Il tuo sito deve quindi essere perfettamente “mobile-friendly”, cioè risultare navigabile anche e soprattutto da smartphone. I siti design responsive presentano accorgimenti relativi alle grafiche, ai codici e alle funzionalità che consentono di svolgere qualsiasi operazione anche da smartphone. Qual è la frequenza di rimbalzo ideale per un ecommerce o un sito web? Una frequenza di rimbalzo ottimale oscilla tra il 25 e il 70%, ma non esiste una metrica specifica poiché va contestualizzata. Non sempre una frequenza di rimbalzo alta è negativa, soprattutto se hai un sito “one page”, cioè monopagina. Magari l’utente ha trovato subito le informazioni di cui ha bisogno e quindi esce dal sito poco dopo. Molto dipende anche dai contenuti della piattaforma. Una frequenza di rimbalzo bassa è comunque apprezzata da Google e quindi può incidere anche sul posizionamento. Considerazioni finali Un consiglio che posso darti è di testare continuamente le prestazioni del tuo sito e valutare se ci sono miglioramenti o peggioramenti dopo aver applicato le modifiche. Mettiti nei panni dell’utente e visita il tuo sito per capire se è intuitivo o se ci sono delle criticità da risolvere. Se stai pensando di fare un restyling del sito può essere utile la nostra risorsa, scaricabile gratis a fondo pagina, che ti spiega come realizzare una pagina perfetta per presentare i prodotti e i servizi della tua piattaforma. Image by rawpixel.com on Freepik
“Se conosci il nemico e te stesso, la tua vittoria è sicura. Se conosci te stesso ma non il nemico, le tue probabilità di vincere e perdere sono uguali. Se non conosci il nemico e nemmeno te stesso, soccomberai in ogni battaglia”. Questa è una frase di Sun Tzu, generale e filosofo cinese, tratta dal libro “L’arte della guerra”. Anche se fa riferimento al nemico, calza perfettamente per il nostro articolo in cui parleremo dei clienti degli e-commerce. Per vincere la tua battaglia e conseguire i tuoi obiettivi, cioè aumentare le vendite e far crescere il prestigio del tuo sito, devi conoscere perfettamente i tuoi clienti. Analizziamo nei seguenti paragrafi prima i vantaggi derivanti da una perfetta conoscenza dei clienti, e poi le modalità per entrare in sintonia con loro. Condizioni che contribuiscono sensibilmente all’implementazione dell’ecommerce seguendo un percorso lineare e senza eccessivi costi sul budget aziendale. Conoscere i clienti del tuo e-commerce è fondamentale: ecco perché Prendendo come riferimento la frase di Sun Tzu, sostituendo ovviamente il cliente al nemico, ecco una serie di vantaggi che derivano dalla conoscenza approfondita dei tuoi consumatori: Fidelizzare un cliente costa meno che acquisirne uno nuovo. La fidelizzazione di un cliente già acquisito costa, in termini di risorse economiche ed energetiche, molto meno dell’acquisizione di uno nuovo. Questo non significa che devi rinunciare ad allargare il tuo “parco clienti”, anzi. L’acquisizione di nuovi acquirenti deve restare un obiettivo fisso. Comincia però a fidelizzare quelli già esistenti, consolidando così il tuo portfolio clienti. Considera che un cliente fidelizzato diventa “ambasciatore” del tuo brand, sia online con recensioni e feedback, sia offline con il passaparola. Una volta fidelizzato, diventa una risorsa pubblicitaria a costo zero; Conoscendo meglio i tuoi acquirenti hai l’opportunità di raccogliere dati che si trasformano in informazioni preziosissime sulle loro abitudini d’acquisto. Puoi così inviare e-mail oppure offerte personalizzate secondo le preferenze e i bisogni di ogni singolo consumatore, creandogli attorno un’esperienza d’acquisto plasmata sulle sue esigenze. Inoltre hai la possibilità di conoscere pregi e difetti di un servizio, un prodotto o una campagna di marketing per poi ricalibrarli secondo le indicazioni fornite e le informazioni raccolte; Aumenti i tuoi profitti. Se dai al cliente quello che vuole, non avrà bisogno di cercarlo altrove. Un dato tutt’altro che scontato, poiché oggi la fedeltà dei clienti è merce rara, soprattutto alla luce della diversificazione del mercato sempre più saturo e competitivo; Migliori l’immagine del tuo brand. Proprio perché il mercato è così spietato e non concede margini di errori, diventa importante rinforzare l’immagine del tuo brand e aumentarne il prestigio, affinché i prospects possano percepirlo come marchio affidabile e credibile. Implementazione CRM per e-commerce: qual è il migliore? Per conseguire tali vantaggi è prioritario scegliere il CRM per e-commerce più indicato alle proprie necessità. Qual è il migliore? In commercio ne esistono tanti e tutti molto efficienti, ma con ogni probabilità il migliore in assoluto è HubSpot CRM. HubSpot migliora il dialogo con i clienti in ogni fase del processo di vendita. Oltre a raccogliere dati preziosi, ti dà anche la possibilità di segmentare i clienti. All’interno del tuo target di pubblico ci sono infatti tante piccole sottocategorie, che devi conoscere per fornire ad ognuna di loro proposte, sconti e offerte personalizzate. Il software fornisce anche una valida assistenza post-vendita, un servizio che non va ignorato e che anzi rappresenta uno dei più importanti per completare il processo di fidelizzazione senza lasciare nulla al caso. Questi sono solo alcuni vantaggi di HubSpot, che dà una marcia in più nella gestione delle relazioni con i clienti e, di conseguenza, nell’implementazione di tutti i principali servizi di un e-commerce. Il CRM è uno strumento fondamentale per ogni e-commerce che consente di reperire informazioni preziosissime come: Ordini effettuati da ogni cliente; L’ultimo ordine effettuato da un cliente; I momenti più idonei per inviare email e newsletter ai clienti; Spesa media di ogni cliente; Periodicità degli acquisti dei singoli clienti. Costruisci le tue buyer personas e scegli i giusti KPI Per conoscere i tuoi clienti devi fare una cosa molto semplice: costruire le tue buyer personas. Sono quelle persone che, per età, caratteristiche fisiche o professione, rappresentano i clienti perfetti del tuo brand. Vendi articoli di tennis? Il tuo target sarà ovviamente composto da persone che praticano questo sport a livello amatoriale o professionale. Vendi invece prodotti per la scuola? In tal caso il tuo target sarà composto da bambini e adolescenti in età scolastica. Dopo aver fatto quest’operazione puoi capire cosa funziona e cosa no, quali processi hanno portato un consumatore a concludere un acquisto e quali invece lo hanno bloccato, quale percorso ha seguito e quali sono le criticità riscontrate. Analizza il tutto in un contesto preciso, così puoi avere una panoramica più ampia. Considera che il buyer journey del consumatore può essere influenzato da vari fattori, alcuni dei quali sfuggono al tuo controllo. Budget, emozioni o umore possono essere alcuni degli elementi che determinano l’intero processo di acquisto. Ecco perché devi scegliere i KPI (Key Performance indicator) che ti aiutano a misurare l’efficacia dei processi di vendita, per provare a gestire i fattori che non dipendono direttamente dal tuo controllo. Avendo come base i KPI più idonei alle tue esigenze, puoi identificare problemi e criticità per adottare le migliori decisioni strategiche per acquisire il cliente. Analizza le recensioni Uno degli strumenti più preziosi che la rivoluzione digitale ha regalato ad imprese, ditte e aziende è rappresentato dalle recensioni. Quasi tutti i consumatori, indipendentemente dal mercato, leggono le recensioni dei precedenti clienti per decidere se fare un acquisto o prenotare un B&B. Perché? Perché i consumatori si fidano tra di loro, in quanto si scambiano reciproche informazioni utili e disinteressate. Devi quindi creare uno spazio apposito sul web per i clienti, dando loro la possibilità di raccontare la loro esperienza. Se ci sono molti feedback positivi, aumenterà il prestigio del tuo brand che verrà percepito come affidabile. Succede ovviamente il contrario in caso di diversi feedback negativi, che però non necessariamente rappresentano una criticità. Le recensioni negative sono quelle che devono interessarti maggiormente, proprio perché evidenziano le criticità e i difetti che vanno immediatamente corretti. Dando la possibilità ai consumatori di esprimere la loro opinione, mostri che ci tieni alla loro soddisfazione. Inoltre ti consentono di conoscere meglio i tuoi clienti, così da perfezionare i servizi o i prodotti secondo le loro indicazioni. Umanizza e semplifica il rapporto con gli utenti I clienti moderni sicuramente apprezzano i servizi digitali, poiché con un semplice click possono prenotare biglietti aerei o fare acquisti comodamente online dal divano di casa. Non bisogna però sottovalutare l’aspetto umano, che anzi continua ad essere cruciale anche in epoca di digital transformation. I clienti per certi versi vogliono vivere un’esperienza simile a quella di un negozio fisico, con i vantaggi però dell’online. In tale ottica devi rendere il rapporto semplice, naturale, in una parola: umano. Per prima cosa offri diversi canali dove gli utenti possono chiedere informazioni o ricevere assistenza. Il tuo e-commerce deve essere omnicanale, proprio perché ogni utente potrebbe preferire un canale diverso per comunicare. Le tue risposte devono avere due caratteristiche principali: velocità e risolutezza. I clienti moderni non amano aspettare molto, quindi il tempo di risposta deve essere quanto più breve possibile. Ecco perché molte aziende si dotano dei chatbot, assistenti virtuali capaci di guidare l’utente alla risoluzione di un problema in totale autonomia. Inoltre le risposte devono essere risolutive, cioè risolvere definitivamente il problema. A proposito di rapporto umano, ritornando alle recensioni cerca di rispondere sempre in modo professionale e garbato alle critiche, anche quelle più feroci. Mettiti nei panni dei clienti per capire perché sono così astiosi e rancorosi verso il tuo brand. Loro apprezzeranno la tua empatia, e ti apprezzeranno ancora di più se risolvi il loro problema. Un utente potenzialmente perso diventa così un cliente fidelizzato! La potenza dei social e dell’email marketing I social rappresentano un valore aggiunto al tuo brand, uno spazio da sfruttare adeguatamente per raccogliere ulteriori informazioni. Devi stabilire un budget da investire per ottenere il maggior numero di interazioni e un alto livello di “engagement”, creando allo stesso tempo contenuti accattivanti e coinvolgenti. Un altro strumento da utilizzare con intelligenza è l’email marketing. Scegli prodotti o servizi che rafforzano l’immagine del tuo brand, valutando con attenzione le tempistiche di invio. Un tuo cliente acquista mediamente un prodotto ogni 2 mesi? Allora alla scadenza dei 2 mesi, o anche prima, invia un’email informativa contenente le offerte e le promozioni più interessanti del momento. Non risulterai invadente e anzi il cliente apprezzerà l’attenzione che hai nei suoi confronti, anche perché sono proposte che realmente gli interessano. Conclusioni Più conosci i tuoi clienti e più probabilità hai di soddisfare tutte le loro esigenze. Ragiona come farebbe lui, cammina nelle sue scarpe e fatti le domande che potrebbe porsi. Con questa “forma mentis” saprai impostare una strategia vincente per far volare il tuo e-commerce. Puoi trarre ulteriori spunti utili dal nostro ebook su HubSpot CRM, che puoi scaricare gratuitamente a fondo pagina, una guida completa che ti indica le migliori funzioni del software per raccogliere le informazioni sui clienti fidelizzati e potenziali.
Stai pensando di creare un webinar per presentare la tua azienda, i tuoi servizi o i tuoi prodotti? Ottima idea. Il webinar è uno strumento che ha preso quota soprattutto nel periodo di lockdown, quando non potevamo spostarci. In realtà uno spostamento c’è stato e possiamo considerarlo rivoluzionario: siamo passati dall’analogico al digitale! In questo articolo ti spiego cos’è un webinar e quali sono le straordinarie opportunità per il tuo business. Lo faremo seguendo gli 8 passi che devi fare per presentare un webinar professionale e perfetto in ogni minimo dettaglio. Iniziamo! Cos’è un webinar? Prima di capire come presentare un webinar, è opportuno capire cos’è. Il webinar è fondamentalmente un seminario online interattivo che ti consente di raggiungere i potenziali clienti in ogni parte del mondo. Durante il corso puoi anche raccogliere informazioni utili per segmentare il tuo target di pubblico e pensare alle future campagne di marketing personalizzate. All’occorrenza puoi anche integrare domande e risposte per fornire quante più informazioni utili al tuo pubblico. Come realizzare un webinar? Ora che abbiamo capito cos’è un webinar scopriamo gli step necessari per la sua progettazione. Scegli l’argomento per il tuo webinar Per prima cosa devi scegliere l’argomento del webinar. Puoi parlare di tutto, l’importante è che l’argomento trattato sia pertinente al pubblico al quale ti rivolgi. Il webinar è destinato ai merchant? Allora puoi parlare di resi, di spedizioni o di schede prodotto. Per facilitarti il lavoro eccoti una serie di indicazioni: Concentrati su quegli argomenti dove sei maggiormente ferrato, così puoi rispondere in modo autorevole alle domande che ti vengono fatte; Dai uno sguardo alle FAQ. I tuoi clienti si pongono sempre le stesse domande? Allora focalizzati su di esse per fornire risposte pertinenti e risolutive ai problemi; Monitora le pagine social. I social network sono un’importante cassa di risonanza per il tuo business. Proprio lì puoi infatti notare i post che hanno maggiore successo o gli argomenti più dibattuti dai quali trarre utili spunti; Controlla il blog. Alcuni articoli hanno avuto un grande riscontro in termini di visualizzazioni e condivisioni? Allora potresti trasformarli in webinar per renderli ancora più coinvolgenti e accattivanti; Analizza le ricerche del tuo target di pubblico. Fai delle ricerche per capire quali sono le parole chiave più gettonate degli utenti che rientrano nella tua sfera di interesse e sviluppa delle risposte chiare alle loro domande. 2. Scegli il format migliore Il secondo step prevede la scelta del format più indicato alle tue necessità e ai tuoi obiettivi. Ecco quelli più gettonati: Presentazione. In assoluto è uno dei format più diffusi. Nei panni del presentatore illustri i tuoi prodotti o servizi, magari con l’aiuto di PowerPoint. Un audio o un video in sottofondo possono rendere ancora più coinvolgente la tua presentazione. Una soluzione ideale se hai un pubblico ristretto; Illustrazione di un prodotto o un servizio. Se vuoi presentare un prodotto o un servizio puoi impostare il webinar come una sorta di tutorial, spiegando in modo pratico ed esplicativo come funziona. Le persone, una volta capito le funzionalità di un prodotto o di un servizio, saranno maggiormente invogliate ad acquistarlo; Intervista. Altro format molto apprezzato è l’intervista. In tal caso devi invitare una figura autorevole nel tuo settore di riferimento, conferendo grande credibilità e professionalità al tuo format. Invia al tuo ospite una serie di domande in anticipo, così lui potrà prepararsi le risposte. 3. Quali piattaforme utilizzare? Altra domanda importante: quale piattaforma usare per creare un webinar? Ce ne sono varie, sia gratuite che a pagamento. Tra le più gettonate c’è Zoom, apprezzata soprattutto per la sua scalabilità in quanto è ideale sia per piccole aziende sia per brand con vari utenti. Zoom consente di sincronizzare la registrazione del webinar con HubSpot e quindi utilizzare le informazioni per segmentare i contatti proprio su HubSpot Italia. All’occorrenza puoi anche aggiungere partecipanti ad un webinar Zoom usando i flussi di lavoro di HubSpot CRM. Altrettanto popolare è Google Meet, che offre una funzione dedicata proprio ai webinar. Si chiama LiveStream e apre le porte a chi ha un abbonamento Google Workspace enterprise standard o plus. Molto popolare anche StreamYard, una piattaforma apposita per webinar che permette di registrare eventi live su più canali contemporaneamente, come Youtube e Facebook Live. 4. Come creare la pagina di registrazione Concluse queste operazioni devi creare la pagina di registrazione per invitare le persone a partecipare all’evento. Devi spiegare con chiarezza di quale argomento parlerai e, se è presente un personaggio autorevole del tuo settore, annunciarlo e presentare le sue principali competenze. Inserisci poi un modulo di registrazione dove i partecipanti rilasceranno i loro dati. Infine chiudi con una call to action coinvolgente e capace di toccare le giuste corde emotive delle persone. 5. Prepara tutto alla perfezione per il tuo webinar Passiamo adesso a quella parte che potremmo definire logistica e organizzativa. Registri il tuo webinar da casa? Allora avvisa gli altri membri della famiglia che non vuoi essere disturbato e scegli una stanza lontana da rumori molesti, interni o esterni che siano. Occhio a non lasciare il telefono acceso, chiamate o messaggi potrebbero disturbare la tua registrazione. Spegni lo smartphone o, al massimo, mettilo in modalità silenziosa. Hai poi bisogno dell’attrezzatura giusta, che consiste in una semplice webcam e un microfono. Non devi spendere cifre altisonanti, l’importante è che siano strumenti di qualità. Anche la telecamera del tuo smartphone può essere sufficiente, purché l’immagine sia chiara e nitida. A tal proposito assicurati di registrare in una stanza con molta luce. Per il microfono ti consiglio di acquistare un’unità esterna di buona qualità. 6. Consigli utili per il tuo contenuto In un precedente articolo ti ho già indicato la necessità di scegliere un contenuto pertinente al tuo business, ma che stile usare per presentarlo? Innanzitutto devi usare uno stile coinvolgente e informale, senza mai perdere di professionalità. Dai libero sfogo alla tua creatività e non temere di adottare soluzioni originali ed estroverse. Ecco alcuni piccoli consigli per differenziarti: Crea immagini personalizzate per evidenziare il tuo brand; Usa diapositive e slide brevi e concise; Affidati a video, animazioni e GIF per rendere la presentazione quanto più dinamica possibile; Evita blocchi di testo troppo lunghi, altrimenti rischi di “spaventare” i partecipanti; Fai un sondaggio a metà della presentazione, così da coinvolgere il tuo pubblico; Il tuo webinar dovrebbe attestarsi sui 45-60 minuti. Se vai oltre il pubblico potrebbe annoiarsi e perdere di interesse. 7. Promuovi il tuo webinar Vuoi che il tuo webinar sia seguito da quante più persone possibili? Allora devi promuovere il tuo evento e renderlo virale. Come? Puoi inviare un’email alla tua lista di marketing per farlo conoscere a lead e clienti. Evidenzia i vantaggi del webinar e spiega perché è una grande occasione da non perdere. Fornisci dettagli utili, come il titolo, la data, l’ora e gli argomenti che saranno trattati. Il tutto condito da una bella call to action che susciti la curiosità delle persone. Puoi però promuovere il tuo evento anche al di fuori dei tuoi contatti. Sfrutta i social, una vetrina importantissima per chiunque operi online. Se la tua presentazione è interessante e ricca di dettagli utili, gli utenti tenderanno a condividerlo con amici, colleghi e conoscenti. In tal caso usa immagini e hashtag popolari, che hanno sempre un grande richiamo sui social. Hai qualche soldino da investire? Allora puoi sfruttare gli annunci a pagamento o anche ingaggiare un influencer del tuo settore, che ha già un buon numero di follower. 8. Fai un test di prova Quando succede un imprevisto in tv, i presentatori si salvano con la classica frase “è il bello della diretta”. Sarà anche così, ma tu devi cercare di prevedere tutti i possibili imprevisti e fare in modo che la tua registrazione sia perfetta e curata in ogni minimo dettaglio. Per questo motivo dovresti fare un test di prova, cercando di limitare anche i più piccoli dettagli. Hai un ospite nel tuo webinar? Perfetto. Prima di avviare la registrazione fate delle prove per verificare che tutto proceda nel modo giusto. Riprova le strumentazioni per assicurarti che funzioni tutto perfettamente. Durante il test di prova sarai in grado di individuare le piccole o grandi criticità che vanno risolte prima dell’inizio del webinar. Il test di prova andrebbe fatto uno o due giorni prima del webinar, così hai tutto il tempo di sistemare le ultime cose senza stress. Consigli finali Se seguirai gli 8 step indicati, il tuo webinar sarà un successo. Assicurati dopo l’evento di fare follow-up, per conoscere le impressioni dei partecipanti ed eventualmente per trovare nuovi clienti. Dopo l’evento invia un’email di ringraziamento ai partecipanti, dove puoi anche inserire offerte e sconti speciali. Per saperne di più scarica l’ebook gratuito presente alla fine dell’articolo, intitolato “36 modelli di email commerciali”, una risorsa utile per scrivere email efficaci e capaci di dirigere il prospect dove desideri. Image by Freepik
NfT, Non-fungible Token, è letteralmente tradotto gettone non riproducibile, un documento unico scritto su un blockchain. “Non fungible”, ovvero non fungibile, significa che questa risorsa è unica, non sostituibile con un'altro. In pratica, un NFT è una sorta di certificato “di proprietà” su un bene digitale unico non fungibile. Non fungibile significa che è unico. Ad esempio un Bitcoin è Fungibile, perché un bitcoin vale l'altro. Ma quando parliamo di una copia di una figura da collezione, della Gioconda, di una statua di marmo... sono cose non fungibili, ovvero se ne hai due una differisce dall'altra. Possiamo dire, con le parole di Logan Paul, uno YouTuber statunitense che sul tema ci ha speso del tempo, che l'NfT è un oggetto da collezione digitale. Il concetto base del certificato di unicità: le Blockchain L'NfT è scritto su una BlockChain, sì, esatto, stiamo parlando dello stesso sistema che sta alla base e garantisce l'esistenza stessa delle criptvalute. Alla base le tecnologie Blockchian si basano su un registro distribuito che può essere letto e modificato da più nodi di una rete. Per validare le modifiche a questo registro, in assenza di un ente centrale, i nodi di questa rete devono raggiungere il consenso. Le modalità in cui lo fanno, stanno alla base delle differenti tecnologie di registro distribuito ( Distributed Ledger). Per dirla in modo facile, per quanto richieda un minimo di immaginazione e conoscenza di cos'è internet e come funziona, queste tecnologie, le Blockchain, hanno un registro strutturato come catena di blocchi che contengono tutte le transazioni e il consenso alle transazioni - e la loro validazione - viene distribuito tra tutti i nodi della rete. A differenza di una criptovaluta e l'NfT viene però utilizzato come documento, un documento unico e non modificabile proprio perché scritto su una Blockchain. Il primo NfT è stato creato nel 2014 da Kevin McCoy e Ani Dash ed era un videoclip girato dal Jennifer, moglie di McCoy. MCoy lo registro nella blockchain Namecoin e fu venduto da Dash a 4$ durante una presentazione ad una conferenza organizzata da Seven on Seven presso il New Museum a New York, un hakaton alla quale decisero di partecipare. McCoy e Dash lo definirono “monetized graphics” e l'idea era quella di offrire agli artisti supporto e protezione per le loro creazioni tramite blockchain. Gli NfT e il mondo dell'arte Un primo utilizzo diffuso degli NfT è arrivato nel mondo dell'arte (detta anche criptoarte). Può essere un foto di un ragazzo che va a scuola o l'opera di un artista famoso. Nel primo caso possiamo citare Ghozali Ghozalu, è un ragazzo indonesiano di 22 anni che tra la sera del 9 gennaio e la mattina del 14 gennaio 2022 ha guadagnato 1 milione di dollari vendendo 933 scatti di sé stesso davanti al pc. Ha preso 933 scatti in giornate diverse, fatti negli ultimi anni, li ha convertiti in NfT su Open Sea (una piattaforma dove è possibile caricare e vendere criptoarte) e ha fissato un prezzo base di 3 dollari per ogni foto. L'esempio dell'artista potrebbe essere invece quello di Mike Winkelmann, che nel 2021 ha venduto l'opera Beeple a 69 milioni di dollari: un collage delle 5.000 opere che l'artista aveva realizzato in altrettanti giorni. E pensare che non era neppur un artista così quotato, visto che nella sua vita non aveva mai venduto un'opera prendendoci più di qualche centinaio di dollari. Chi acquista un'opera legata a un NfT non sta comprando un'opera d'arte fisica ma la possibilità di dimostrare un diritto di proprietà sull'opera, sia essa un disegno digitale che riprodotto su carta. E' come avere un poster autografato da Simon Le Bon nel 1984, che lo differenzia da tutti gli altri poster che sono usciti in quegli anni di Simon Le Bon. Uno dei problemi dell'arte, nel mondo digitale è queste replicabilità senza fine, che non distingue l'originale dalle milioni di copie che si possono fare. Ecco, con l'NfT risolviamo il problema, certificando proprietà possesso e provenienza. Che sia una foto, una immagine o un video, l'opera che si definisce digitale consiste in una sequenza di numeri detta hash. Poi se l'hash viene: 1. memorizzato su una Blockchain e 2. associato ad una marca temporale (per fornire la prova dell'autentica proprietà dell'opera) avremo come risultato un NfT della stessa. Quindi se faccio una foto alla Gioconda e la trasformo on un NfT, non sto certificando la proprietà della Gioconda mia della foto che ho scattato. Anche se eviterei di fare NfT troppo strettamente correlati con proprietà intellettuali non specificatamente proprie. Come si crea un NfT Per creare un certificato unico digitale è necessario un procedimento che utilizza il Blockchain e una transazione in Ethereum, una delle criptovalute più famose dopo il Bitcoin. Proviamo a riassumerlo in punti. 1. Devi avere un file di tua proprietà intellettuale (una foto, un meme, una gif, un video, un audio...). Attento che creare un NfT con un file che non è una tua proprietà intellettuale potrebbe farti incorrere in guai seri. Per questo esempio dimostrativo scelgo una foto fatta qualche giorno fa uscendo da Ikea di notte dopo un pomeriggio... intenso 2. Scegli la Blockchain che vuoi utilizzare per il tuo NfT. Il più popolare, come ricordato prima, per gli NfT e la community dei creatori è L'Ethereum (CRYPTO:ETH) Altri possono essere Tezos, Polkadot, Cosmos. Quindi usaremo L'Ethereum come BlockChain. 3. Devi avere un portafoglio digitale (digital wallet) con la tua criptomoneta all'interno. I digital Wallet più utilizzanti sono Metamask, Math Wallet, AlphaWallet, Trust Wallet e Coinbase Wallet. Questo è l'esempio del Wallet Metamask, che ho utilizzato per verificare proprietà e avere un portafoglio associato: 4. Scegli il tuo marketplace per gli NfT e collega il tuo digital wallet per pagare le spese e/o ricevere il denaro della vandita. Tra i più diffusi troviamo Foundation (che dispone di grandi compatibilità con i Wallet Ethereum), Rarible - che usa anche la sua criptomoneta Rarible (CRYPTO:RARI) - Nifty gateway, Axie Infinity Market (popolare sul gaming), NBA Top Shot (esclusivo per il basket)... Insomma ce ne sono molti e ognuno ha delle caratteristiche specifiche. Scelgo, per questo esempio, Rarible (per la facilità d'uso ed immediatezza): 5. Carica il tuo file nel marketplace Ogni marketplace ha degli step differenti che devi seguire per convertire il tuo file in una NfT vendibile, ma grossomodo il procedimento è sempre simile. Ecco il passaggio, clicca su CREATE: E poi carica il tuo FILE Dopo aver espletato un paio di passaggi automatici con Wallet e avere scritto le informazioni necessarie per metterla in vendita, il gioco è fatto. 6. Scegli il prezzo per il tuo NfT e mettilo in vendita nel marketplace. Nel mio caso l'ho messo in asta con un prezzo di partenza di 0,021 WETH, circa 50 € (no non ho grandi aspettative, è solo un esempio). A questo punto è pubblicata nel marketplace e può essere acquistata. Questo è il link per acquistarlo: Link Rarible al token creato Come funzionano gli NfT Ci sono molti modi diversi in cui le persone usano gli NfT, ma lo schema di base è lo stesso. Un NfT in genere include le informazioni necessarie per identificare l'oggetto digitale che è legato ad una licenza e del testo che spiega che l'account della blockchain che ha l'NfT è anche il proprietario di quell'oggetto. l proprietario dell'account blockchain è tecnicamente irrilevante per l'NfT. L'NfT appartiene all'account, non alla persona. Chiunque sia in possesso delle chiavi dell'account può accedere all'account. Non ci sono altre misure di sicurezza nella blockchain! Nell'esempio di un'opera d'arte, l'NfT include informazioni sul titolo dell'opera, l'autore originale, ecc. e un collegamento URL a una posizione su quello che viene chiamato InterPlanetary File System (IPFS) dovei il file (l'opera d'arte) è generalmente conservata. Immagina che l'NfT sia l'atto di proprietà per una figurina rara dei Pokemon, e che questo in realtà sia collegato la figurina presente su IPFS. Allora, cos'è un IPFS? Fondamentalmente, server decentralizzato. In questo momento molte delle nostre informazioni digitali vivono su server privati. Ad esempio, Amazon Web Services (AWS) è una piattaforma di proprietà privata che fornisce spazio di archiviazione a molte persone e aziende. IPFS è un modo decentralizzato per archiviare informazioni, in cui il server è condiviso e gestito pubblicamente e chiunque può usarlo. Il lato positivo è che generalmente è gratuito, ma il lato negativo è che chiunque può accedere ai dati su IPFS in qualsiasi momento. Dopotutto è pubblico e decentralizzato. Gli NfT indirizzano gli utenti a IPFS, dove è possibile scaricare la figurina dei Pokemon. In questo momento chiunque può scaricare la figurina dei Pokemon, ma solo la persona che ha acquistato la NfT la possiede. Il problema della sostenibilità degli NfT Attualmente, la maggior parte degli NFT viene creata sulla blockchain di Ethereum, che è costosa da usare perché gli utenti pagano chi fa mining di Ethereum per effettuare le loro transazioni. Questo è un bel modo decentralizzato di fare le cose, ma il costo del mining - in termini energetici - è sfuggito di mano. L'estrazione di valute stessa è un processo ad alta intensità energetica e avere una catena gestita dal mining (o Proof-of- Work) non è sostenibile a lungo termine. Anche l'acquisto della criptovaluta e i suoi scambi è poco sostenibile perché le transazioni possono facilmente costare 20 dollari per il semplice cambio di valuta o la proprietà di un NfT. La soluzione per entrambi questi problemi potrebbe essere quella di passare a blockchain più moderne per gli NfT, come Telos, che utilizzano un sistema Proof-of-Stake, che ha transazioni veloci e gratuite e un consumo energetico molto basso. Il problema del possesso degli NfT Gli NFT hanno una cosa molto borderline e strana: non sono una proprietà in senso assoluto. Ad esempio, se sborsassi tot milioni di dollari per il francobollo più raro del mondo, possederei il francobollo, sarebbe mio, potrei farne quello che voglio, dal metterlo sotto ad una teca fino ad arrivare ad esporlo. Con gli NfT non funziona così, mi pare chiaro. Quello che ha fatto Sina Estavi è un chiaro caso scuola: ha pagato 3 milioni di dollari per il primo tweet del fondatore di Twitter Jack Dorsey. Ecco lo screen: E per pubblicare questo screen non ho certamente dovuto pagare delle royalty a Sina Estavi. Ho fatto semplicemente una immagine dello schermo con COMMAND SHIFT 3 (ho un Mac ma sono sicuro che un print screen potete farlo anche da PC) e ho selezionato l'area . Non ho infranto leggi e può farlo chiunque al mondo. Questo perché Estavi non possiede il tweet ma un certificato di autenticità che prova che lui ne è il proprietario. Ha pagato il certificato di proprietà ma tutti possono entrare nelle casa. Ovviamente la legislazione sta mutando e per impostazione predefinita l'autore di un NfT ha tutti i diritti esclusivi, incluso quello di creare copie, di mostrare o di vendere quello specifico NfT. E ovviamente c'è la possibilità di perseguire chi viola il copyright. Ma come fai ad impedirmi di fare uno screenshot di un post su una piattaforma social che tutti possono vedere? A complicare le cose si mettono anche le piattaforme che vendono gli NfT, ovvero i marketplace: non tutti esibiscono e spiegano le stesse regole in materia di copyright, quindi, le regole sono diverse a seconda del marketplace dove lo acquisti. Anche il sistema di acquisto non è dei più semplici: wallet, marketplace, verifiche... non è certamente qualcosa - a livello concettuale e di utilizzo - così immediato. Migliorerà e progredirà sicuramente velocemente,, come tutto il web è migliorato e diventato sempre più alla portata di tutti. Siamo di fronte ad un fenomeno da early adopter che sono da poco si sta aprendo ad un mondo più grande. I tema della sicurezza degli NfT E capita poi che se una piattaforma viene violata... possono andare in fumo milioni di dollari di investimenti. Ce l'ha raccontato Vice in QUESTO articolo e la disavventura è toccata al marketplace Nifty Gateway. Leggetevi la storia per comprendere bene lo scenario e farvi un'idea chiara dell'accaduto. The Verge solleva un secondo problema abbastanza spinoso spiegando (provo a metterlo in poche parole anche se il loro ragionamento è molto articolato, motivo per cui vi propongo di leggervi l'articolo QUI) che il tuo certificato di autenticità non è tanto un certificato quanto un collegamento a una registrazione del tuo acquisto. Se il server a cui puntano i collegamenti si interrompe, la tua prova di proprietà scompare e non la recupererai. In sostanza, ci sono persone là fuori che hanno investito milioni in una risorsa digitale a cui manca solo un malfunzionamento del server per essere spazzato via completamente. Questo oggi è un problema ma come e se verrà risolto è tutta una storia da scrivere. Non sono un esperto finanziario, ma capendo abbastanza di tecnologia potrei dire che se avessi da investire risorse economiche, aspetterei ancora un po' a voler costruirmi una pensione investendo in NfT. Perché dovresti interessarti agli NfT Beh, a me pare, se leggete anche qualche giornale e seguite le cronache che la risposta sia ovvia: perché c'è un enorme aumento di interesse in questo momento. E ci sono persone là fuori che guadagnano cifre immense vendendo uno o due NfT Ogni settimana che passa viene scoperto un altro uso interessante degli NFT. E ci sono persone là fuori che usano queste nuove idee per generare flussi di reddito degni di nota. Questi esperimenti stanno gettando le basi per vari linee di business che, nell'economia reale i produttori e i brand di ogni tipo potrebbero sfruttare a breve e lungo termine. Pensate: associare un NfT ad ogni sneaker da collezione, direttamente emesso da Nike... avresti il tuo oggetto fisico e il certificato di proprietà digitale che passi al nuovo acquirente con il riferimento al codice della scarpa quando la vendi. E potremmo parlare in questi termini di qualunque opera unica (o fatta diventare unica con una numerazione da collezione). Il fatto poi di rendere unico un oggetto digitale può aiutare i produttori a introdurre il concetto di scarsità anche nel mondo digitale, visto che gli NfT, by design, sono unici o limitati. Quello di cui c'è bisogno ora è maggiore sicurezza per i creatori e dare ancora più flessibilità al meccanismo per aprire sempre di più la porta a nuove idee e sperimentazioni.
Qual è la strategia di marketing per vendere un prodotto e far crescere il tuo progetto ecommerce? Una domanda abbastanza semplice e, come avrai modo di leggere nell’articolo, anche la risposta non è particolarmente complessa. L’importante è muoversi nella direzione giusta secondo un piano strategico. Se vuoi incrementare le vendite e fidelizzare i clienti devi evidenziare, in modo chiaro e trasparente, il valore aggiunto e i reali vantaggi derivanti da un prodotto o un servizio. La vendita non deve essere per te un’ossessione, ma una naturale conseguenza delle strategie che hai messo in atto. Per comprendere meglio la cosa ecco un esempio. Supponiamo che tu venda ad un cliente un prodotto che in realtà non soddisfa le sue effettive necessità. Pensi di essere stato un bravo venditore? No! Il tuo obiettivo non è vendere a tutti i costi, ma soddisfare realmente le aspettative e i bisogni dei clienti. L’acquirente capirà, dopo poco, di essere stato “bidonato” e quindi perderà di fiducia verso la tua azienda. Meglio perdere una vendita ma acquisire un potenziale cliente, piuttosto che vendere con la certezza quasi matematica di perdere un cliente. Le tecniche di vendita devono essere flessibili così da adattarsi di volta in volta alle varie esigenze. Non devono quindi basarsi su schemi di comportamento preconfezionati, che possono andar bene solo per una categoria di persone. Ecco tutto quello che c’è da sapere sul mondo della vendita. Strategie di vendita e tecniche di vendita marketing: le differenze da conoscere Prima di tuffarci nel mondo della vendita, è opportuno fare una differenza tra strategie e tecniche di vendita. Spesso i termini vengono usati come sinonimi, ma in realtà è un errore. Le strategie di vendita si inseriscono in un contesto più ampio e complesso a livello di marketing. Suggeriscono come trovare e fidelizzare clienti o come incrementare le vendite secondo il proprio target di pubblico. Le tecniche di vendita per certi versi sono più “settoriali” e riguardano l’approccio commerciale, come l’apertura, la conduzione e la chiusura di una trattativa. Siamo su un terreno più tecnico e meno strategico. Possiamo dire che entrambe puntano al medesimo risultato, aumentare le vendite e far prosperare l’azienda, ma secondo strade, metodi e tempistiche diverse. Facciamo due semplici esempi per comprendere meglio le differenze. Strategia di vendita esempio Una strategia di vendita è ad esempio quella di Apple, che vende sul suo e-commerce tramite negozi di proprietà ma anche tramite rivenditori autorizzati e negozi specializzati. La Coca-Cola invece non ha un suo negozio di proprietà, ma vende indirettamente tramite distributori che a loro volta rivendono a bar, ristoranti, hotel, supermercati ecc. Tecnica di vendita esempio La tecnica di vendita è invece una metodologia applicata nel corso di una trattativa con uno o più clienti specifici. Possiamo citare come esempio il cross-selling, cioè la vendita incrociata, che prevede la vendita di un prodotto aggiuntivo e complementare ad uno già acquistato. Se un cliente acquista un pantalone, è possibile proporgli anche una cintura in abbinamento. In tal caso per ottimizzare le vendite è consigliabile avviare un progetto HubSpot che aiuta ad analizzare i processi di marketing e customer support. Strategia di vendita e gestione del cliente Per comprendere meglio la strategia di vendita di un prodotto, dobbiamo fare una distinzione tra vendita diretta e indiretta. Nella vendita diretta l’azienda si interfaccia con il cliente, senza filtri o intermediari. In tal caso risulta anche più facile approcciarsi con l’acquirente finale, perché la comunicazione è diretta e perché è possibile capire quali sono le sue reali esigenze. Nella vendita indiretta invece c’è generalmente un intermediario tra l’azienda e il cliente. I supermercati, ad esempio, difficilmente vendono prodotti propri ma generalmente articoli di altri brand. Stesso discorso vale per le concessionarie, che rivendono auto prodotte da altri marchi. In tal caso la strategia deve inevitabilmente cambiare. In entrambi i casi è necessario sviluppare relazioni stabili e durature con i clienti. La strategia deve quindi essere studiata con largo anticipo per crearsi il proprio portfolio clienti e non può essere improvvisata. In questa fase è importante intercettare gli interlocutori e sviluppare una comunicazione lineare, semplice e trasparente per fornire un’assistenza e una consulenza efficaci. Tutti i team e i fornitori devono quindi allinearsi secondo la strategia aziendale stabilita, finalizzata alla corretta gestione del cliente. Il primo passo è quindi fidelizzare i clienti già acquisiti, per poi andare “a caccia” di altri lead da convertire. Un’efficace strategia di vendita basata sul cliente deve seguire questi step: individuare e fidelizzare i clienti più assidui e redditizi; aumentare la spesa media dei clienti poco produttivi e attivi; eliminare le spese effettuate per i clienti che hanno generato delle perdite; individuare nuovi lead e trasformarli in clienti con strategie mirate. Queste operazioni sono finalizzate anche a migliorare la brand reputation, affinché l’azienda si imponga come un punto di riferimento affidabile nel suo settore di riferimento. Naturalmente la comunicazione deve essere tarata e plasmata secondo il proprio target di riferimento. Un’errata comunicazione porta infatti a distorcere i messaggi, col rischio di non creare l’empatia che invece è alla base per conquistare, fidelizzare e trattenere un cliente. Altrettanto importante è l’assistenza, che deve essere tempestiva e risolutiva per fornire risposte adeguate alle varie domande e criticità. Lo stesso linguaggio deve essere positivo e rivolto alla risoluzione del problema. 5 strategie di vendita Non esistono scorciatoie per vendere più facilmente, ma puoi comunque adottare specifiche strategie che facilitano il processo di fidelizzazione. Ecco 5 strategie di vendita che possono esserti utili e che vanno adattate al tuo business: Punta sui vantaggi offerti dal tuo prodotto e dal tuo servizio. Molti venditori commettono l’errore di fare leva sulle qualità e sulle funzionalità dell’articolo venduto. La Ferrari ad esempio è il sogno di ogni automobilista, ma non è certo la soluzione ideale per chi ha bisogno di una city car. Evidenzia quindi le caratteristiche di un prodotto finalizzate a risolvere un problema e fornire una risposta risolutiva; Costruisci i tuoi buyer personas, che corrispondono all’identikit perfetto del tuo cliente tipo. Oggi la personalizzazione della vendita è un principio base per ogni azienda. Instaura una comunicazione e crea campagne di marketing che siano tarate secondo le esigenze dei tuoi clienti; Personalizza il tuo messaggio. Sempre nell’ottica della personalizzazione della vendita, rendi unico il tuo messaggio secondo le caratteristiche dei tuoi clienti. Un utente che si sente coinvolto dalla tua comunicazione e si rispecchia nei tuoi valori, con ogni probabilità diventerà un cliente fidelizzato. Un modo per personalizzare i tuoi messaggi è l'ecommerce copywriting; Misura le tue prestazioni. Per capire se le tue strategie stanno avendo successo o meno devi misurarle con appositi strumenti. Raccogli tutte le informazioni utili per capire eventualmente come cambiare la tua comunicazione o come modificare la presentazione di un prodotto o un servizio; Lavora sull’aspetto emozionale. Buona parte dei clienti acquista guidata dall’impulso, piuttosto che dalla razionalità. Cerca quindi di toccare le giuste corde emotive, con la consapevolezza che un prodotto ha un valore non solo commerciale, ma anche sentimentale. Frasi per vendere un prodotto Ecco adesso una serie di frasi ad effetto che puntano proprio sull’emotività. Si tratta di frasi semplici, che però usano le parole adatte per invogliare gli utenti all’acquisto facendo leva sulle giuste motivazioni. “Made in Italy”. Il “made in Italy” rappresenta sempre una marcia in più, quindi ti consiglio di usarlo nella tua frase soprattutto per vendere un prodotto artigianale. Non barare però se il tuo articolo non è stato prodotto in Italia, altrimenti ti giochi la fiducia del cliente; “Se lo provi, te ne innamori”. Ecco un’altra frase che punta molto sull’emotività e che consente di creare diversi slogan vincenti. Alla base c’è la promessa di rendere felice il cliente, migliorare la sua quotidianità e soddisfare le sue esigenze; “100% di recensioni positive”. Soprattutto negli e-commerce le recensioni hanno una grandissima importanza, poiché molti utenti leggono i commenti degli altri acquirenti per poi decidere. Se hai tutte recensioni positive, perché non renderlo pubblico? Naturalmente devi avere un sito efficiente e scattante e Shopify Italia può essere un validissimo alleato per realizzare un e-commerce altamente prestazionale; “Risparmia fino al 25%”. A chi non piace risparmiare? Tutte le frasi che contengono la parola risparmio e loro derivati hanno un effetto positivo sulla mente dell’acquirente, che annusa la possibilità di chiudere un buon affare; “Hai tempo fino al…”. L’effetto scarsità e l’effetto tempo hanno un grande impatto sugli acquirenti, che vengono spinti all’acquisto immediato per non perdere un’ottima opportunità; “Scarica gratis”. Se alla gente piace risparmiare, figuriamoci se si parla di servizi o articoli gratuiti! Molti siti offrono periodi di prova gratuiti e questo espediente consente di far breccia nei potenziali clienti. Trova le parole più accattivanti per arrivare dritto al cuore dei clienti, poiché l’aspetto umano non deve mai passare in secondo piano. Perché la tua azienda ha bisogno di HubSpot CRM La pianificazione delle strategie di marketing è alla base di tutte le aziende di successo. Ma non solo: per far crescere il tuo business hai bisogno di avere a disposizione uno strumento per migliorare le tue performance. Stiamo parlando di HubSpot. Per farti comprendere tutte le potenzialità di HubSpot CRM, scarica il nostro ebook, presente alla fine di questo articolo e scaricabile gratuitamente.
Le aziende oggi sono “ossessionate” dai clienti ed è giusto che sia così. Negli ultimi anni le aspettative dei consumatori sono aumentate notevolmente, anche perché le varie aziende grazie alla tecnologia hanno i mezzi e gli strumenti per assecondare ogni richiesta e necessità. La stragrande maggioranza degli utenti ritiene che la customer experience sia fondamentale tanto quanto la qualità dei prodotti e dei servizi offerti. Non è importante solo soddisfare i clienti, ma anche individuare i canali giusti per intercettarli. Per conquistare e fidelizzare un cliente è necessario un elemento: la fiducia, che non si compra, ma si costruisce col tempo intessendo relazioni e rapporti stabili e duraturi. In pratica i clienti vogliono trovare subito quello di cui hanno bisogno, con un’esperienza d’acquisto semplice ma in linea con le loro aspettative. Per raggiungere questi obiettivi serve un CRM affidabile e in grado di garantire all’azienda un’organizzazione interna perfetta. Tutto questo discorso ci porta a Salesforce, uno dei principali CRM disponibili in commercio per grandi aziende e PMI che riduce le distanze tra brand e clienti. Se vuoi scoprire tutto su Salesforce e non farti scappare nessuna funzionalità, continua a leggere. Ti sveleremo se è il CRM giusto per te. Cos’è Salesforce: storia e finalità Salesforce è un’impresa statunitense di cloud computing che ha sede a San Francisco e risulta operativa in 36 paesi al mondo. Prima di capire quali sono le sue finalità, può essere utile conoscerne la storia. Nasce nel 1999 per aziende di ogni dimensione e consente di sfruttare tutti gli strumenti offerti dalla digital transformation con l’obiettivo principale di conoscere e avvicinarsi ai propri clienti. Mette a disposizione degli utilizzatori anche una piattaforma software per sviluppare nuove applicazioni. Nel giugno del 2004 l’azienda è stata anche quotata in Borsa con il simbolo del titolo CRM, riuscendo a raccogliere 110 milioni di dollari. Nel 2014 l’azienda ha annunciato lo sviluppo della Customer Success Platform, combinando i vari servizi presenti come marketing, app mobili, vendite, analisi e community. Nel 2017 ha lanciato uno strumento di analisi dei dati Facebook per i marketer B2B, mentre nel 2018 ha avviato una partnership con Apple per migliorare le app delle aziende. Ora che abbiamo conosciuto meglio la storia di Salesforce, concentriamoci sulle sue principali finalità. Il CRM aiuta a tenere traccia dei progressi con il cliente durante tutto il funnel, favorendo una rapida chiusura della trattativa. L’integrazione personalizzata di tutti gli strumenti aziendali consente all’utilizzatore di dedicare meno tempo alle noiose attività amministrative e più tempo alle vendite, cioè il “core business” di e-commerce ed aziende. Certamente SalesForce è uno strumento molto corporate e svolge benissimo questo ruolo. Un e-commerce CRM per chi invece centra la sua attività sulla vendita diretta online potrebbe, al contraro, essere HubSpot CRM, decisamente più dimensionato su progetti di questo genere rispetto al papà dei CRM moderni, Salesforce. Possiamo dire che Salesforce offre una veduta a “volo d’uccello”, cioè completa, del cliente di cui si ha piena conoscenza e comprensione. Questa veduta viene inoltre condivisa con tutti i team aziendali che, collaborando tra di loro, possono individuare rapidamente le soluzioni per soddisfare il cliente. I report dettagliati e le iniziative di marketing scalabili creano esperienze personalizzate per ogni cliente, che si sente realmente valorizzato e “coccolato”. Dopo un trattamento simile la fidelizzazione è una naturale conseguenza. Con Salesforce puoi creare app interne ed esterne create su misura per te, mentre la soluzione e-commerce ti aiuta ad offrire esperienze coerenti e di valore su qualsiasi canale. Come funziona e quali sono le caratteristiche salienti? Salesforce mira a ridurre i tempi di risoluzione dei problemi di customer care, eliminando tutti quegli elementi ridondanti che possono rendere la comunicazione fumosa e poco efficace. Gli strumenti del CRM sono completamente digitali e favoriscono la soddisfazione dei bisogni dei clienti in qualsiasi luogo e con estrema velocità. Andando più nello specifico: a cosa serve Salesforce? Analizziamo punto per punto le principali funzionalità offerte da Salesforce che velocizza i processi e aiuta a costruire rapporti solidi e duraturi con i clienti: Marketing: puoi inviare messaggi ad un pubblico specifico al momento giusto e tramite il canale più adatto. In questo modo ti risulta molto più facile generare lead e acquisire nuovi clienti; Vendite: con Salesforce non devi perdere tempo ad inserire i dati, così puoi concentrarti maggiormente sull’interazione con i clienti e in modo particolare sulle strategie di vendita; E-commerce: l’esperienza vissuta sull’e-commerce dagli utenti risulta semplice e lineare e con gli strumenti di Salesforce puoi coinvolgere i clienti e collegare direttamente il reparto commerciale con il resto dell’azienda. Un’operazione che risulta particolarmente utile soprattutto in fase di pianificazione di un progetto e-commerce; Servizio clienti: puoi fornire assistenza ai clienti in ogni momento, dagli assistenti ai chatbot guidati dall’Intelligenza Artificiale; IT: le soluzioni IT risolvono problemi aziendali e organizzativi su vasta scala, automatizzando tutti i processi strategici e garantendo contemporaneamente sicurezza, trasparenza e scalabilità. Perché scegliere Salesforce? Ogni azienda che vuole essere competitiva nel suo mercato di riferimento ha bisogno di un solido CRM capace di offrire soluzioni versatili e flessibili. Nello specifico sono richieste funzionalità che comprendono le attività cloud, mobile e social. L’obiettivo principale è connettersi con il proprio target di riferimento per offrire servizi ottimizzati secondo le necessità dei clienti e raggiungere gli scopi prefissati secondo il proprio budget. Con l’avvento dei Big Data risulta quindi fondamentale saper leggere l’enorme mole di dati raccolti, per poi estrapolare le giuste informazioni sulle quali costruire le proprie strategie di marketing. Salesforce è la soluzione perfetta poiché presenta diversi campi di applicazione nelle varie aree aziendali. L’azienda si muove così come un sol uomo, acquisendo un vantaggio rispetto agli altri competitor. Vengono migliorate le prestazioni in termini di vendita, marketing e assistenza clienti, tutto nell’ottica della massimizzazione dei guadagni, dell’ottimizzazione delle risorse a disposizione e della fidelizzazione del cliente. Quindi perché scegliere Salesforce? I motivi sono tanti e li possiamo così riassumere: Aumentare la competitività dell’azienda che può affrontare con strumenti adeguati le sfide più difficili; Consentire a tutti i team, da quelli di marketing a quelli di vendita fino a quelli di assistenza, di conoscere anticipatamente i dati storici dei clienti e adottare una comunicazione lineare e condivisa; Migliorare l’esperienza cliente; Motivare i dipendenti e metterli in condizione di operare al meglio delle loro possibilità; Risolvere immediatamente le problematiche per favorire la fidelizzazione del cliente. Salesforce: pro e contro del CRM Prima di fare un acquisto o di prendere una decisione si mettono sul piatto della bilancia i pro e i contro. In base a dove pende la bilancia, si decide cosa fare. Mettiamo quindi a confronto i pro e i contro di Salesforce, in modo da fasi un’idea delle sue potenzialità. Salesforce si basa su un particolare modello di business su abbonamento. In pratica i clienti pagano a consumo. I fruitori possono accedere ai servizi aziendali direttamente tramite cloud, quindi senza la necessità di installare software. Grazie ai nuovi servizi di marketing, vendita, assistenza e app, le aziende possono interconnettersi direttamente con i loro clienti in modo rapido e innovativo. La principale caratteristica di Salesforce è che sa adattarsi a qualsiasi business e comprende le esigenze della clientela, risolvendo immediatamente ogni problema e criticità e trovando la tipologia di assistenza più adeguata. Tutto questo è possibile grazie alla gestione dei dati e le informazioni a disposizione su un’unica piattaforma accessibile da qualsiasi luogo. Con Salesforce puoi rivoluzionare realmente il tuo modo di lavorare, potendo gestire comodamente un enorme quantitativo di dati e mettendo in connessione tutti i team di lavoro che contribuiscono alla produttività aziendale. Analizziamo nello specifico tutti i vantaggi e le opportunità offerte da Salesforce. Tenere costantemente sotto controllo tutti i percorsi Salesforce ti fornisce una serie di strumenti che ampliano tutte le tue attività, aiutandoti a chiudere più trattative con gli utenti in tempi rapidi. Inoltre puoi tenere traccia di tutti i dati, le informazioni e le interazioni con gli stessi clienti e delle campagne di marketing. Una volta individuati i lead ti risulta più facile gestirli e convertirli in clienti. Offrire supporto ai clienti ovunque Un’azienda affidabile deve fornire un supporto efficace, ma anche tempestivo. Questo vuol dire che un’eventuale problematica deve essere risolta in modo definitivo e in tempi brevi. Con Salesforce puoi farlo, fornendo le risposte adeguate ai clienti con grande proattività grazie ad un servizio di assistenza attivo 24h e 7 giorni su 7. Salesforce si propone infatti di anticipare le potenziali criticità e fornire in anticipo le risposte alle domande che i clienti possono porsi. L’assistenza risulta inoltre personalizzata e plasmata secondo le specifiche necessità del cliente ed è omnicanale, poiché viene garantita su più canali: social media, email, telefono, chat, chatbot ecc. Un servizio di assistenza proattivo, rapido ed efficiente garantisce almeno due vantaggi. Aumenta la soddisfazione del cliente, quindi risulta più facile fidelizzarlo. Inoltre l’azienda impiega meno energie e risorse preziose, cosa che si traduce in un importante risparmio economico. Una perfetta esperienza d’acquisto su tutti i canali I clienti moderni sono estremamente esigenti e pretendono un’esperienza d’acquisto fluida su ogni canale. A tal proposito la funzionalità smart di Einstein è una delle più interessanti. Si basa sul commerce cloud, che fornisce statistiche sul merchandising e consente di risparmiare tempo prezioso e creare vari percorsi di acquisto personalizzati. Chiunque, anche chi non ha grande dimestichezza con i Big Data, può gestire comodamente le varie operazioni. Esperienze personalizzate con gli strumenti di Marketing Cloud Salesforce CRM offre una serie di strumenti di Marketing Cloud, la piattaforma per il marketing digitale, l’email marketing, il social media marketing, il marketing ottimizzato per mobile, la pubblicità online e journey perfettamente integrati ed automatizzati. Ecco un elenco dei tool più interessanti a disposizione: Email Studio che consente di utilizzare i dati estrapolati e provenienti da qualsiasi fonte, come i dati analitici presi da Internet, grazie ai quali realizzare campagne e-mail personalizzate; Journey Builder col quale realizzare percorsi personalizzati utilizzando Internet, mobile, contatti e-mail o inserzioni pubblicitarie. Inoltre puoi accorpare tutte le iniziative di marketing delle varie funzioni aziendali, tra le quali assistenza alla clientela, vendita e promozioni; Social Studio, uno strumento in grado di allineare il marketing dei social network alla commercializzazione dei prodotti e all’assistenza clienti; Mobile Studio che automatizza le varie interazioni personalizzate su dispositivi mobile, come notifiche push, messaggi di gruppo e SMS; Pardot che ti aiuta ad archiviare la pipeline e consente di sfruttare il lead nurturing per intercettare lead di qualità. La perfetta integrazione tra marketing e vendita permette di ottimizzare le varie attività con dati analitici affidabili. Gli svantaggi di Salesforce Non c’è rosa senza spine e quindi anche Salesforce presenta alcuni punti critici. In realtà non si tratta di veri difetti, quanto piuttosto di un diverso approccio rispetto agli altri CRM. In commercio ne esistono tanti, ma Salesforce rappresenta uno dei migliori insieme ad HubSpot. Mettiamoli quindi a confronto per evidenziare le diverse modalità di funzionamento. HubSpot CRM è basato su cloud che supporta le aziende tramite assistenza, software di vendita, marketing e gestione dei contenuti. I vari team da un’unica piattaforma possono fornire esperienze personalizzate ai clienti. Anche Salesforce è un CRM basato sul cloud con applicazioni destinate alle vendite, ai servizi e al marketing. La differenza principale è che Salesforce è stato costruito tramite acquisizioni, quindi le esperienze e le connessioni possono variare a seconda degli strumenti utilizzati. L’apprendimento potrebbe risultare quindi più complesso e potrebbero essere necessarie maggiori risorse, oltre ad un budget più elevato per attivare tutti i sistemi. Spostiamo adesso l’attenzione sui costi. HubSpot comprende una serie di funzionalità molto vaste e prevede un pagamento solo per i seat aggiuntivi che generano entrate. I membri del team possono accedere a seat gratuiti che assicurano maggiore visibilità sull’attività. Salesforce invece per le funzionalità principali richiede componenti aggiuntive a pagamento. Operazioni come l’allineamento dei team di vendita e di marketing potrebbero quindi avere un costo aggiuntivo. Salesforce addebita il 20% del prezzo netto del contratto per un’assistenza premier 24h e 7 giorni su 7. Per accedere a funzionalità aggiuntive bisogna invece pagare il 30% in più del prezzo netto del contratto. I costi sono perfettamente in linea con i servizi offerti, ma è opportuno valutare con attenzione il piano più adeguato secondo le proprie esigenze. In caso contrario c’è il rischio di acquistare funzionalità delle quali magari non hai bisogno, oppure di puntare troppo al risparmio e non acquisire gli strumenti necessari. La principale caratteristica di HubSpot è la facilità d’uso per chiunque ha accesso alla piattaforma. C’è quindi bisogno di poco tempo e di meno risorse per far funzionare e gestire perfettamente il CRM. Non è necessario ingaggiare un amministratore dedicato. Se necessiti di un approccio più avanzato, puoi tranquillamente ricorrere a strumenti personalizzati per rendere il tuo CRM flessibile e adattabile alle esigenze della tua azienda, importando all’occorrenza dati di terze parti senza problemi. I servizi di manutenzione e di implementazione su Salesforce sono più complessi e spesso è necessario l’intervento di amministratori preparati e ben formati. Molti clienti di Salesforce devono quindi rivolgersi ad un’agenzia di consulenza ed, eventualmente, assumere amministratori preparati a tempo pieno o formare i propri dipendenti per trasformarli a loro volta in amministratori. Tutto questo può naturalmente richiedere dei costi aggiuntivi. HubSpot sembra avere qualcosina in più anche per quanto riguarda l’interfaccia, che risulta facile e intuitiva. L’interfaccia di Salesforce, per quanto completa, ad un primo impatto può sembrare più ostica da maneggiare e richiedere un po’ più di tempo. Se la partita si sposta sul campo della potenza e della funzionalità, siamo sostanzialmente in pareggio. HubSpot combina una serie di funzionalità utilissime come gestione dei contatti, automazione e analisi delle vendite, gestione della pipeline e tanto altro ancora. Salesforce risponde con una personalizzazione senza limiti per le aziende che hanno in organico amministratori e sviluppatori preparati per avviare processi complessi. A tua disposizione una serie di prodotti estremamente potenti per qualsiasi tipo di azienda, da quelle piccole fino a quelle di grandi dimensioni. I report di Salesforce sono personalizzabili all’infinito e sono straordinariamente potenti. L’unico problema è che la personalizzazione richiede molto tempo per essere completata e, come specificato, serve un’eccellente preparazione di base per maneggiarla perfettamente. HubSpot propone un’esperienza utente unificata e fluida, riunendo dati, report e strumenti individuali. In termini di quantità Salesforce offre anche più prodotti, a discapito probabilmente della loro usabilità. C’è quindi bisogno di un’ottima gestione per tenere uniti i dati e per evitare che i team possano perdere di coesione. Gestione del CRM: cosa fa lo sviluppatore Salesforce? Le funzionalità offerte da Salesforce sono un vero tesoro per le aziende e per questo è uno dei CRM più utilizzati. Da questo deriva che le competenze Salesforce sono molto richieste dalle imprese. Tra le figure più importanti che si occupano della gestione del CRM ne possiamo individuare almeno 3: Salesforce Analyst; Salesforce Developer; Salesforce Consultant. Tutte e 3 queste figure vantano un’esperienza comprovata in economia, business e management, sviluppo informatico e analisi dei dati. Analizziamo meglio queste 3 figure per capire di cosa si occupano e come possono dare un impulso reale e tangibile alla tua azienda. Chi è il Salesforce Analyst Il Salesforce Analyst ha il compito di migliorare le vendite e per farlo studia tutti i dati di vendita, suggerendo all’azienda le strategie commerciali più pertinenti. Può individuare i prodotti che sono stati maggiormente venduti in un determinato arco di tempo, e quali invece hanno deluso le aspettative. Oltre ad utilizzare perfettamente il CRM aziendale, stila dei report ben definiti sui key performance indicator per gestire tutti i cicli di vendita senza andare in perdita. Chi è il Salesforce Developer Il Salesforce Developer svolge un ruolo fondamentale nell’ambito delle vendite, in quanto gestisce tutta la parte informatica che riguarda la gestione dei clienti, delle vendite e dei database degli e-commerce. Sa usare Salesforce per riprogrammare, gestire e automatizzare le azioni finalizzate ad ottimizzare il processo di vendita. La sua funzione è utilissima per la gestione di magazzino, soprattutto per quanto riguarda le rimanenze e le restituzioni. É in grado di coordinare le campagne di vendita e le prevendite online, testando così il polso del potenziale pubblico. Chi è il Salesforce Consultant Il Salesforce Consultant è fondamentalmente una figura di coordinamento, in grado di suggerire le migliori strategie sia per migliorare le prestazioni dello stesso CRM, sia per conquistare il mercato di riferimento e vendere un prodotto adottando strategie mirate. Lavora a stretto contatto con il Salesforce Analyst, ma anche con il Salesforce Developer. Grazie al primo può analizzare tutti i dati di vendita secondo specifici criteri come canale, prodotto, marchio e area geografica. In questo modo può targettizzare meglio il pubblico e indicare su quali aree puntare maggiormente. Grazie al secondo riesce invece a realizzare una campagna online vincente. Perché la tua azienda ha bisogno di Salesforce? Se vuoi conquistare un vantaggio competitivo e dare un valore aggiunto alla tua azienda, che può così differenziarsi dalla concorrenza, Salesforce è il tuo alleato migliore. Ti consente infatti di analizzare in modo costante la tua pipeline commerciale, dandoti la possibilità di concentrarti sui clienti, sui servizi, sui settori e sulle varie aree geografiche. Oggi per avere successo devi avere una visione olistica in modo da ottenere una conoscenza omnicomprensiva di tutto ciò che succede intorno alla tua azienda e nel mercato in cui operi. Puoi cogliere al volo tutte le opportunità presenti nel tuo business, facendo i passi necessari che vengono richiesti di volta in volta. Puoi tenere uno storico dei tuoi clienti grazie alla funzione “search” che ti offre l’opportunità di recuperare i dati storici della tua clientela. Ed ancora puoi creare reportistiche per muoverti agevolmente tra le varie aree di business e monitorare in tempo reale le prestazioni, ottimizzando i costi e accrescendo il ROI. Sei ancora privo di un CRM? Allora ti sarà molto utile il nostro ebook “4 buoni motivi per usare un CRM”. Una breve guida, da scaricare gratuitamente a fondo pagina, che ti spiega con cognizione di causa come usare alla perfezione un CRM a beneficio dei reparti commerciali e di marketing. Grazie ad un progetto CRM, riuscirai a migliorare le interazioni con i tuoi clienti e, come logica conseguenza, aumentare le vendite e mettere le ali alla tua attività. Image by upklyak on Freepik
Non è mia abitudine utilizzare gli articoli del nostro blog per parlare di cose aziendali nostre: di solito diamo spazio ad opinioni, tutorial, visioni... che hanno a che fare con il mondo digital dell'e-commerce, sopratutto correlato a BigCommerce e Shopify, e parliamo di dato legato ai progetti commerciali digitali di aziende B2B e B2C, soprattutto mettendo in risalto HubSpot CRM. Oggi però vogliamo cominciare a dialogare con chi ci segue per farci accompagnare da voi in questa transizione grafica che abbiamo intrapreso: un vero e proprio rebranding che coinvolgerà tutta la presentazione aziendale. Il logo di ICT Sviluppo è più o meno rimasto inalterato in questi 14 anni, subendo solo un piccolo ritocco con l'aggiunta dello slogan digitalthink qualche tempo fa. Ma ora le cose si fanno più serie con questa linea che abbiamo preso e toccherà tutti i nostri materiali, per arrivare anche al sito. Non ci sono grandi discorsi da fare. Lascio spazio alle immagini delle linee guida con questo breve brand book.
Il CRM per l'e-commerce è una necessità latente della maggior parte dei business online. L'e-commerce CRM aiuta a trovare una quadra e a valorizzare il costo di acquisizione del cliente, con la costruzione di un sistema di conoscenza sullo stesso. Gli strumenti del CRM permettono di raccogliere informazioni e preferenze in maniera da fidelizzare il cliente con proposte sempre più aderenti alle sue aspettative. In questo modo si governano i canali di comunicazione grazie ad un unico strumento, cosi da ascoltare la customer voice. Ci sono un sacco di positività legate al progetto di integrazione tra e-commerce e CRM. Ad esempio, la possibilità di accedere ai dati delle vendite diminuisce i tempi del ciclo di vendita di un 8/14% O, anche, permette di conoscere le informazioni sul comportamento dei clienti... questo può aiutarti ad aumentare le vendite fino al 29%. Purtroppo solo il 47% delle aziende hanno un CRM (e molti meno se consideriamo solo gli e-commerce) e il 40% delle aziende utilizza i fogli di calcolo per immagazzinare i dati. Pensate che c'è ancora un 22% di venditori che non sa cos'è un CRM. Capire che il tuo e-commerce ha bisogno di un CRM è importante! Non è un percorso semplice, ma chi NON riuscirà a cambiare la mentalità di sparare nel mucchio, come stanno facendo un po' tutti, con un tot di SEO, un mix di ADV e una botta di newsletter, senza raccogliere e valorizzare i dati che si possono portare a casa con uno strumento come il CRM, è destinato ad investire budget sempre più grandi per restare a galla o addirittura a scomparire. Ma quali sono i vantaggi che potete elencare ad un'azienda che fa e-commerce per farle comprendere in maniera semplice e chiara quali opportunità che si porti in pancia con un CRM? 1. Un CRM per l'e-commerce migliora l'esperienza clienti L'integrazione dell'e-commerce con il CRM migliora l'esperienza del cliente in vari modi. Offrendo aggiornamenti sullo stato degli ordini, controlli dell'inventario e monitoraggio della spedizione, aiuta i tuoi clienti a rimanere informati su quando aspettarsi la loro merce. Per i rivenditori online che utilizzano la vendita al dettaglio omnicanale, il CRM li aiuta anche a raccogliere informazioni sui propri clienti su più canali. 2. Marketing e promozione vengono potenziati L'integrazione dell'e-commerce CRM offre ai proprietari dei negozi una posizione centralizzata per i dati dei loro clienti. Questo migliora tutte le attività di marketing, dalla pianificazione al targeting, fino all'esecuzione delle operazioni interne. Quando i tuoi clienti ricevono e-mail marketing altamente personalizzate (grazie ai dati raccolti nel CRM) si vedrà un impatto diretto sulle entrate del negozio online. Ovviamente questo è possibile con sistemi come HubSpot CRM che utilizzano la gran quantità di dati raccolti per segmentare in base alla profilazione e attivare il potente strumento di marketing automation, e non con strumenti come Mailchimp che non hanno integrato un sistema per la raccolta delle informazioni anagrafico-comportamentali. 3. Migliora le prestazioni del team di vendita Qualsiasi negozio online che utilizza il servizio clienti o venditori diretti, può trarre vantaggio dall'integrazione CRM. Le integrazioni tra il CRM e l'e-commerce aumentano la produttività dei dipendenti, accedendo ai dettagli dei clienti, inclusi ordini, pagamenti e persino prodotti visualizzati, Con queste informazioni il team di vendita può eseguire l'upsell o il cross-sell in modo molto più efficace in modo diretto quando entra in contatto con i clienti. 4. Migliora la pianificazione e previsione dell'inventario Se utilizzato correttamente, un sistema CRM ti fornirà tutti i dati sui prodotti più popolari nel tuo negozio. Ciò consente di utilizzare i dati di vendita reali per effettuare previsioni a fini di produzione, approvvigionamento e vendita. 5. Guida il servizio post vendita I servizi post-vendita dovrebbero essere parte integrante di ogni attività online, indipendentemente da ciò che gli e-commerce vendono: tutti i clienti hanno bisogno di essere seguiti e sentirsi garantiti, avendo qualcuno da poter contattare per qualunque evenienza. Il servizio post vendita migliora la fedeltà dei clienti, migliora le vendite e aumenta il Customer Lifetime Value. Uno dei migliori vantaggi del CRM per l'e-commerce è l'opportunità che offre al tuo team di supporto la possibilità di affrontare le preoccupazioni dei clienti prima che si trasformino in problemi irrisolvibili. I problemi relativi agli ordini, la carenza di scorte e i problemi di formazione sui prodotti, possono essere gestiti in modo molto più rapido e preciso, comprendendo il comportamento dei clienti. 6. Riduci al minimo perdite e costi con l'integrazione diretta Quando hai un e-commerce e un CRM hai bisogno assolutamente di una integrazione a monte: non puoi lavorare ricopiando i dati o con importazioni manuali. Senza l'integrazione tra l'e-commerce e un sistema CRM, è probabile che l'e-commerce abbia problemi a causa di semplici errori di battitura e altri errori di immissione dei dati. Il trasferimento manuale dei dati è molto soggetto a questi problemi, che possono avere un impatto diretto sulle vendite e sulla fedeltà dei clienti. La risposta migliore è l'integrazione di CRM ed e-commerce. HubSpot CRM (forse il miglior CRM con marketing automation integrata) e Shopify (uno dei migliori software di e-commerce in circolazione) sono integrati nitidamente e non hanno bisogno di uno sviluppo personalizzato per allineare i propri dati. 7. Migliora l'analisi e monitoraggio Ovviamente, se serve ripeterlo, l'integrazione dei sistemi di e-commerce e CRM ti consente di avere sempre accesso a una grande quantità di informazioni. La maggior parte dei CRM ti offre la possibilità di personalizzare la dashboard in modo da poter sfruttare le informazioni che recuperi sui clienti, e con i report sugli obiettivi di vendita puoi scoprire opportunità non sfruttate. Ad esempio, in pochi minuti, puoi creare un elenco di clienti che non effettuano un acquisto da molto tempo e inviare loro un'e-mail offrendo uno sconto sul reso. Anzi: lo fai in automatico grazie a strumenti come HubSpot CRM.
Chi sono i clienti prospect? Qual è la differenza con un lead? E cos’è invece un contact? Quando parliamo di clienti in effetti la panoramica è piuttosto ampia. e quando usiamo un CRM diventa facile confrontarsi con questi temi. Da un lato il marketing è diventato molto più settoriale, dando alle aziende la possibilità di individuare più facilmente un target in linea con i prodotti e i servizi offerti. D’altro lato questa pluralizzazione del gergo del marketing rischia di mandare un po’ in confusione. In questo articolo l’obiettivo è proprio fare chiarezza sugli attuali concetti del marketing, soffermandoci in particolare sul prospect marketing e sulle differenti accezioni che possono essere attribuite ai clienti, potenziali o già fidelizzati. Differenze tra contact, prospect, lead e cliente L’obiettivo di ogni attività commerciale, indipendentemente che sia online oppure offline, è vendere. Fornire prodotti o servizi di buona qualità è sicuramente un buon inizio per conseguire questo obiettivo, ma non è sufficiente. I clienti non piovono certo dal cielo, ma devi “coltivarli” seguendo un determinato processo di reperimento e fidelizzazione. Nei successivi paragrafi ti spiego come avviare efficaci strategie di lead marketing, ma per prima cosa è importante capire che gli utenti, prima di diventare clienti, seguono una sorta di percorso che si snoda secondo questi step: Contact; Prospect; Lead; Cliente. Analizziamo tutti questi termini per capire come trasformare un normale visitatore in un cliente fidelizzato. Contact, una persona “contattabile” Il contact è una persona contattabile, in quanto l’azienda conosce il numero, l’email, la residenza o il profilo social. Non necessariamente il contact diventerà un tuo cliente, poiché potrebbe non essere interessato ai tuoi servizi. Tuttavia i contact rappresentano un punto di partenza da dove iniziare. Devi essere tu a fare una scrematura per cercare tra i tuoi contact quelli che, potenzialmente, possono essere convertiti in clienti. Clienti prospect traduzione e significato Il prospect, come lascia intuire il termine, è un cliente in prospettiva. Si tratta infatti di una persona che rientra perfettamente tra i potenziali clienti dell’azienda. Se ad esempio vendi abiti da ufficio per un manager, i dirigenti e i capi aziendali sono tuoi prospect. Tuttavia il prospect è quella persona con la quale, pur essendo in linea con il tuo pubblico, non hai ancora instaurato alcun rapporto. Possiamo quindi considerarlo come un possibile candidato a diventare un tuo cliente, in quanto rientra tra i buyer personas della tua azienda. Prospect significato in italiano: occhio alle varie classificazioni In base ad alcune classificazioni il prospect viene inteso come un potenziale cliente che ha manifestato un interesse specifico verso un determinato prodotto o servizio. Questa definizione però è piuttosto simile al lead, che rappresenta invece il passaggio successivo. Tuttavia, proprio per non creare confusione, è meglio identificare il prospect semplicemente come una persona che rientra nel tuo target di pubblico, con la quale però non hai ancora alcun contatto, proprio per evitare fraintendimenti. Cosa si intende per lead? Subito dopo il prospect c’è il lead, che può essere considerato l’anticamera del cliente. Il lead non è un semplice visitatore, ma è una persona che ha manifestato un certo interesse verso un prodotto, un servizio e in generale verso il tuo brand. Magari ha già condiviso spontaneamente i suoi dati per ricevere email o per essere contattato per offerte o promozioni, o magari ha scaricato un ebook, ha visionato un video tutorial o ha seguito un webinar sul tuo sito aziendale. In pratica si tratta di una persona pronta a diventare un tuo cliente, cioè ad acquistare un prodotto o un servizio, ma anche a compilare moduli per rilasciare i suoi dati. Il lead conosce l’azienda e viceversa. Programmi come HubSpot ti aiutano a profilare i lead e raccogliere tutti i loro dati. Così, quando un domani contatterai un lead per proporgli un’offerta o una promozione, sai già che dall’altra parte ci sarà interesse a riceverla. Le varie tipologie di lead cliente: MQL e SQL Tra i lead è opportuno fare un’ulteriore distinzione tra: MQL: Marketing Qualified Lead; SQL: Sales Qualified Lead. Sono entrambi molto importanti per l’azienda, ma vanno trattati in modo diverso. L’MQL è una persona che entra in un negozio o in un e-commerce senza l’obiettivo specifico di comprare. Magari si informa sui prezzi, naviga nel sito, fa domande e si iscrive anche alle newsletter per ricevere informazioni sugli sconti e sulle promozioni. É una persona che instaura un rapporto diretto con l’azienda, magari tramite chat, email o telefono, ma non è sicuro che acquisti. L’SQL invece è una persona che entra in un negozio o in un sito web con la chiara intenzione di acquistare uno specifico prodotto. Anche il suo modo di muoversi, in un punto vendita fisico o digitale, cambia radicalmente poiché le tue azioni sono molto più mirate e specifiche. In tal caso la probabilità che acquisti sale notevolmente, poiché si approccia all’azienda con quell’idea. Naturalmente la modalità di approccio ai Marketing Qualified Lead e Sales Qualified Lead varia sensibilmente. I clienti Se avrai fatto le cose per bene arriverai a trasformare gli utenti in clienti. Sono persone fidelizzate, che hanno acquistato i tuoi prodotti e si sono trovate bene. Ricorda che per la fidelizzazione del cliente sono importanti altri servizi, come la consulenza, l’assistenza, le eventuali modalità di reso ecc. Devi costantemente coccolare e coltivare i tuoi clienti affinché restino tali. La concorrenza oggi è altissima e i clienti sono meno “fedeli” rispetto a qualche anno fa. Se quindi uno solo dei tuoi servizi offerti non è in linea con le aspettative dei tuoi clienti, rischi che ti “tradiscano” con qualche altro competitor. Cosa si intende per lead marketing? Il concetto di lead marketing è strettamente collegato a quello di lead generation, vale a dire tutte quelle azioni finalizzate ad acquisire e generare contatti interessati all’acquisto. L’email marketing e il social media marketing sono solo alcune delle azioni che consentono di acquisire nuovi prospect. Durante l’acquisizione di un prospect commerciale, si svolgono due fasi: Lead qualification; Lead nurturing. Il processo di lead qualification comprende tutte quelle azioni e strategie messe in atto dall’azienda per classificare e selezionare i lead, così da individuare più facilmente quelli con una maggiore possibilità di successo e canalizzare i propri sforzi verso una determinata direzione. Il secondo processo, quello di lead nurturing, include invece le azioni intraprese da un’azienda per fare in modo che il lead, ormai acquisito, concluda l’acquisto. Tali iniziative, che comprendono sconti oppure offerte personalizzate, contribuiscono a rendere più solido il rapporto tra azienda e lead, facilitando così anche il relativo processo di fidelizzazione. L’obiettivo è ridurre al minimo i rischi di un insuccesso della trattativa. Nell’ambito del lead marketing possiamo fare un’ulteriore distinzione per profilare e acquisire contatti qualificati: direct marketing; digital marketing. Analizziamoli entrambi. Il direct marketing Il direct marketing utilizza una serie di mezzi di comunicazione per interfacciarsi in modo diretto con l’utente ed eventualmente vendere prodotti o servizi tramite email, telefono, Internet o anche posta. Una tecnica molto diffusa nell’ambito del non-store retailing, cioè un sistema di vendita al dettaglio senza un punto vendita fisso. Per adottare efficaci politiche di direct marketing è essenziale avere a disposizione i dati relativi ai clienti, da quelli anagrafici fino alle abitudini d’acquisto. Le aziende hanno a disposizione dei database ricchissimi di informazioni preziose che vanno estrapolate. Partendo dai dati le aziende possono selezionare e personalizzare il messaggio, tarandolo e calibrandolo sulle specifiche esigenze e necessità del cliente. Successivamente è possibile “misurare” l’efficacia dell’azione svolta. Se l’utente risponde positivamente, si può proseguire con quella strategia. In caso contrario è opportuno modificare tattica. Il digital marketing Il digital marketing comprende invece tutte quelle azioni avviate con canali digitali, spesso in associazione con i canali tradizionali, per fornire una comunicazione omnicanale capace di fornire risposte e servizi adeguati ai clienti. Email marketing, SEO, strategie di co-marketing e digital advertising sono solo alcuni degli strumenti che fanno parte del digital marketing. Anche in questo caso alla base di tutto sta la selettività del messaggio. La comunicazione deve essere personalizzata e rivolta ad un pubblico selezionato di consumatori. La segmentazione dei clienti è quindi uno step iniziale fondamentale e imprescindibile per fornire un’offerta mirata. Seconda caratteristica del digital marketing è proprio la personalizzazione della comunicazione, grazie alla quale il cliente si sente realmente valorizzato e soprattutto si identifica perfettamente con il brand. Altro elemento fondamentale per il digital marketing è l’interattività della comunicazione. Il cliente svolge un ruolo attivo nel processo d’acquisto e i suoi comportamenti sono chiari indicatori per l’azienda, che può individuare più facilmente i suoi bisogni e le sue reali necessità. Il Lifecycle Stage HubSpot CRM, che è un sofware che ha alle spalle una infrastruttura di pensiero e una metodologia di utilizzo - l'inbound marketing - sostenuto da una Academy che collabora con le più prestigiose università del mondo, non ha lasciato le cose al caso. Uno dei campi di default che troviamo nella scheda contatto, non modificabile è il lifecycle stage che indica proprio in che posizione si trova il contatto nella catena alimentare del nostro reparto commerciale. Ecco gli stadi del lifecycle stage: subscriber: gli iscritti al blog. lead: contatti che hanno interagito con i nostri contenuti premium come un ebook, un seminario o con cui siamo entrati in contatto ad un meeting, ma che non hanno espresso alcun interesse evidente nei nostri prodotti. marketing qualified lead, MQL: contatti qualificati come potenzialmente interessati ai nostri prodotti dal marketing: il tutto desunto da interazioni con pagine, email, popoup, list esterni...tutto quello che indica al marketing un possibile problema che i nsotro prodotti possono risolvere o un interesse che si sta manifestando. Attenzione: è una qualificazione fatta in automatico dal software 1:N, uno a molti, in base alle regole che vogliamo impostare. sales qualified lead. SQL: i contatti che vengono passati al commerciale e che vengono trattati uno ad uno (1:1) proprio perché interessati a parlare con un commerciale o con qualcuno che possa dar loro una mano, capendo i prodotti e i prezzi della nostra azienda. customer: beh, quando uno accetta il preventivo e diventa un cliente. evangelist: il nostro cliente entusiasta che diventa quello del passaparla Conclusioni finali Con il termine prospect target si fa quindi riferimento ad un utente che non è ancora cliente, ma che può diventarlo in quanto potenzialmente interessato al prodotto o al servizio venduto. Sta a te capire le reali esigenze delle persone e adottare tutte le strategie più adeguate per trasformare il prospect in cliente e accompagnarlo per mano all’acquisto, esponendo tutti i vantaggi e i benefici derivanti. Può sicuramente darti una mano il nostro ebook, presente in fondo all’articolo, che ti spiega come fare lead generation e quali strategie adottare per far entrare contatti interessati nel tuo database.
E-commerce CRM, ovvero il CRM pensato per i progetti di e-commerce. Sembra fantascienza parlarne in un paese dove la maggior parte delle aziende non si è dotata di un CRM - o non lo usa in modo proprio. Ma proprio la spinta alla digitalizzazione dell'azienda, che arriva dai processi di vendita diretta dell'e-commerce B2C e B2B, può fare da traino per una sterzata ancora più decisa, grazie ai grandi vantaggi che il CRM può innestare sull'e-commerce. Intro sul CRM Investopedia descrive il CRM come “i principi, le pratiche e le linee guida che un'organizzazione segue quando interagisce con i propri clienti. La relazione completa include interazioni dirette come vendite e servizi, ma anche la capacità di prevedere le tendenze e i comportamenti dei clienti che possono eventualmente migliorare le esperienze e le interazioni individuali con la tua azienda”. Con il CRM puoi allineare tutti i processi e le procedure di marketing, commerciali e di assistenza clienti in un'unico software. Implementare un progetto CRM significa abilitare i dipartimenti aziendali per lavorare con una suite per la gestione delle attività digitali, di vendita e assistenza al cliente. Con il CRM arrivi alla semplificazione dei processi e alla costruzione di un sistema di dati per un sistema di informazioni destinato a diventare un asset aziendale di primaria importanza. Ma il CRM per l'e-commerce è ancora di più Che cos'è un e-commerce CRM E-commerce CRM (si può scrivere anche e-CRM) è un sistema di gestione delle relazioni con i clienti progettato specificamente per aiutare le aziende di e-commerce a gestire le informazioni anagrafiche dei clienti, il comportamento di acquisto, il comportamento e altri dati analitici e focalizzato sulla messa a terra di attività di marketing per spingere l’acquisto o l’upselling dei contatti che si registrano al sito o che acquistano. In poche parole, i sistemi CRM per e-commerce hanno il potere di sfruttare i dati dei tuoi clienti, in modo che tu possa ottenere informazioni dettagliate sul comportamento dei clienti, sull'esperienza sociale e sulle abitudini di acquisto, il che dà al tuo sito Web il potere di migliorare le tue offerte e aumentare le tue vendite. Con questo tipo di preziose informazioni di mercato, il tuo sito Web o app di e-commerce si espanderà rapidamente nel mercato di nicchia prescelto. Il miglior CRM per e-commerce, a mio avviso, è senza dubbio HubSpot CRM (così come oggi, i migliori sistemi e-commerce sono Shopify - per progetti lineari senza grandi complessità di logiche su prezzi e gestione clienti - e BigCommerce - un open SaaS che si pone in diretta concorrenza con i progetti personalizzati complessi di Magento). Riconosciuto come leader nei processi di marketing automation, HubSpot CRM ha capacità di coniugare operatività volta alla massimizzazione dei rendimenti, mescolato alla capacità di immagazzinare dati e segmentare i contatti in base alle anagrafiche, in base ai comportamenti di acquisto e alla navigazione sl sito ne fanno uno strumento a dir poco unico, almeno nella fascia di prezzo in cui si posiziona (decisamente molto meno costoso di Salesforce con Pardot e Salesforce Cloud). Quali sono i tipi di CRM? Esistono tre tipi principali di CRM: CRM operativo CRM analitico CRM collaborativo. I CRM operativi utilizzano l'automazione delle sales, del marketing e del service per ottimizzare la crescita aziendale. I CRM analitici si concentrano sulla raccolta e sull'analisi dei dati dei clienti per migliorare la loro esperienza. I CRM collaborativi facilitano la condivisione delle informazioni tra le varie unità aziendali, come i team di vendita, marketing, tecnico e di supporto. Shopify e BigCommerce non hanno un CRM Shopify e BigCommerce dispongono di funzionalità base native integrate nella piattaforma, come la gestione profili clienti, la gestione dei gruppi di clienti, l’evasione degli ordini, rimborsi e altro ancora. Shopify è nativamente integrato con HubSpot CRM, BigCommerce utilizza connettori con HubSpot CRM personalizzati o soluzioni più standard che si possono trovare sul mercato. HubSpot CRM è uno strumento duttile ed è facile in prima battuta incasellarlo nella categoria dei CRM operativi, ma la sua grande duttilità ne fanno anche un ottimo strumento di analisi - oltre ad una suite collaborativa sempre più potente con l’avanzare dello sviluppo. Perché usare un CRM per il tuo e-commerce Ci sono molti vantaggi nell'integrare un progetto CRM per il tuo ecommerce. Innanzitutto, un monitoraggio più tempestivo e preciso dei clienti apre preziose opportunità di cross-selling e upselling. Più comprendi le abitudini di acquisto dei tuoi clienti, maggiore sarà il valore medio dell'ordine. I sistemi CRM potrebbero essere piuttosto costosi, ma a lungo termine ti faranno davvero risparmiare denaro e molto tempo. I moderni CRM riguardano l'automazione di processi interni ed esterni come e-mail, fatturazione, reportistica e previsioni finanziarie. Invece di fare tutte queste cose manualmente, puoi creare flussi di lavoro intelligenti che vengono attivati quando tu o i tuoi clienti eseguite determinate azioni. Infine, sfruttare un sistema CRM alla fine aumenterà la felicità dei tuoi clienti. Si sentiranno come se fossero ascoltati più da vicino e fornissero un'esperienza migliore. CRM e-commerce vs CRM tradizionale Lo scopo del CRM tradizionale Una delle funzioni principali del software CRM tradizionale è la registrazione e l'archiviazione di importanti informazioni sui clienti, in particolare modo l’anagrafica e le informazioni sulle interazioni tra il commerciale e i dipendenti di un’azienda target alla quale si vuole vendere qualcosa. I CRM tradizionale, proprio per assumere a questo scopo, permette di registrare o tener traccia di alcune classi di informazioni: ad esempio metodo di contatto preferito, informazioni sull'account, l’informazione sul fatto che siano clienti o meno, in che stadio si trova la trattativa di vendita, che attività il commerciale sta facendo per seguire il preventivo) . L'utilizzo del software CRM tradizionale nelle operazioni quotidiane è vantaggioso perché aiuta le aziende a capire come interagire adeguatamente con i propri clienti e soddisfare le loro esigenze, in massima parte aiutando il reparto sales ad essere più efficace. Lo scopo del CRM per e-commerce L'e-commerce CRM (e-CRM) si concentra principalmente sulle vendite e sulle esperienze dei clienti online. Come il CRM tradizionale, l'e-CRM è in grado di memorizzare ed analizzare le informazioni sui clienti, tenere traccia degli acquisti e di registrare / archiviare dati…tuttavia è in grado di farlo tutto il giorno, tutti i giorni, in maniera automatica e costante, prendendo le informazioni di acquisto direttamente dal sito di e-commerce (anagrafica cliente, ordine, prodotti, costi, sconti usati…), oltre ai percorsi di navigazione che gli utenti compiono nel sito, grazie al controllo dei cookie di navigazione. Quindi molte informazioni in più che funzionano per accumulare dati e segmentare Ma fa molto di più! Il CRM per l’e-commerce ha una funzione fondamentale: la parte di azioni automatiche (la marketing automation), grazie alla quale si permette al software di costruire profili utenti in base ad interessi, anagrafiche e comportamenti di acquisto o di navigazione e di attivare email, sms o altri tipi di azioni automatiche, volte all’upselling o al nurturing del cliente. Le newsletter e le email di marketing che vengono inviate - direttamente dal CRM, con l’e-CRM - possono avere il feed dei prodotti presi direttamente dell’e-commerce. La capacità di raccogliere e informazione e segmentare in base ai dati raccolti, fa degli strumenti operativi dell’e-commerce CRM una potente arma di facile utilizzo per offrire ai clienti esperienze personalizzate. I vantaggi dell'utilizzo di un CRM per e-commerce Sebbene si tratti sempre di gestire le relazioni con i clienti e fornire un'esperienza cliente eccezionale, con il CRM l’impatto sull’ecommerce è veramente importante ed ha implicazioni con il migliorare la soddisfazione e la fedeltà dei clienti. Gli elementi che portano alla fidelizzazione dei clienti sono: Competenza del venditore Capacità di stabilire la relazione di fiducia Impegno del venditore verso i bisogni del cliente Problem solving per la soddisfazione del cliente Qualità del rapporto che cresce nel tempo L'implementazione del CRM per e-commerce porta vantaggi al progetto di vendita online, non solo perché registra e archivia i dati dei clienti 24 ore su 24, 7 giorni su 7, ma anche perché è in grado di realizzare tutto questo - gestendo la maggior parte dei processi in automatico - concludendosi con esperienze positive dei clienti. Il CRM applicato all'e-commerce diventa quindi una parte essenziale del successo di un'azienda, perché è in grado di condensare tutte le informazioni sui clienti, costruendo dei profili che poi verranno gestiti dal CRM per migliorare le performance di vendita. La mancata comprensione dell'importanza del CRM per il tuo sito di e-commerce potrebbe comportare la perdita di una moltitudine di vantaggi: - una migliore comprensione del meccanismo della domanda e dell'offerta legata alla presentazione dei tuoi prodotti e del tuo catalogo; - la capacità di interpretare il comportamento degli utenti sul sito e capire quali sono i percorsi che generano le conversioni (un modello di attribuzione davvero puntale): - un servizio clienti migliore; - la capacità di analizzare i processi di check-out e renderli più facili; - la possibilità di costruire di percorsi (funnel) per spingere all'acquisto o all'upselling i prospect e i clienti; - una diminuzione delle perdite e dei costi (derivata dalla capacità di tenere traccia delle vendite ai clienti, l'attribuzione dei rendimenti e la capacità di migliorare upselling); - la possibilità di creare annunci personalizzati rivolti al tuo pubblico di destinazione, a seconda dei loro bisogni. Il dato a supporto della crescita del business grazie all'e-CRM Con il CRM applicato all'e-commerce, sei sicuro di risalire ad alcune informazioni cruciali sui tuoi clienti per poter fare business, il tutto grazie all'analisi più ampia eseguita dal sistema software. Ad esempio, puoi facilmente risalire a tutte le vendite dell'ultimo trimestre o semestre per scoprire le tendenze, quando i clienti acquistano i prodotti, il valore medio dell'ordine, quanto spesso tornano, quanti chattano con il servizio clienti, a che argomenti sono interessati... Questi dettagli sono molto utili, soprattutto nella pianificazione di come retargeting dei clienti e come attrarne di nuovi. Se capisci quanto sono potenti le campagne di vendita mirate, i canali di vendita ottimizzati e i canali di conversione potenziati, allora devi essere consapevole di quanto sia cruciale l'analisi delle vendite e poter lavorare sull'attribuzione dei rendimenti dai vari canali. Dati integrati significa dare un boost alla comunicazione integrata, che è vitale per il successo di qualsiasi azienda. Con un sistema CRM per l'e-commerce, l'intero team avrà accesso ai dati, alle tendenze e alle analisi dei clienti disponibili, in modo da poter comunicare in tempo reale attraverso la condivisione di file e la revisione dei dati necessari per supportare il cliente e gestire la vendita. il CRM seleziona tutti i dati sulle vendite e sui clienti per fornire abitudini di acquisto, tendenze di acquisto e persino opzioni di spedizione, nonché dati sui resi, tutto dipende dal tipo di integrazione, di connettore che si vuole creare tra il CRM e l'e-commerce. La data integration è fondamentale in un progetto di CRM per e-commerce perché è quella che permette di tenere allineati i due sistemi e portare le informazioni che ti servono nel modo che preferisci, per impostare tattiche di marketing vincenti. Per iniziare a integrare i due mondi, non ti resta che rivolgerti ad un'agenzia Hubspot, spiegare quelle che sono le tue esigenze e partire con un progetto CRM in linea con le caratteristiche del tuo business.
Se hai intenzione di far crescere la tua azienda non puoi fare a meno dell’inbound strategy, ovvero di una strategia di inbound marketing. Si tratta appunto di una strategia finalizzata ad attrarre, convertire e fidelizzare i clienti. La parte più interessante è che, a differenza della vecchia pubblicità “fredda”, questa strategia prevede che sia il cliente a cercare l’azienda, e non viceversa. Questo non significa che l’azienda non debba interessarsi alle esigenze del suo potenziale pubblico, anzi. L’azienda però già mette a disposizione dei suoi potenziali clienti tutti gli strumenti per risolvere le loro esigenze. Si tratta di una vera rivoluzione culturale, ancor prima che strategica. Grazie alla tecnologia i brand possono offrire servizi personalizzati, creando così relazioni più umane. Può sembrare un paradosso, ma è proprio la tecnologia che “umanizza” i rapporti digitali avvicinando l’azienda ai consumatori. L’azienda può applicare indipendentemente strategie di inbound marketing b2b e b2c, in quanto si adattano perfettamente ad ogni mercato. Per le aziende diventa più facile attrarre nuovi potenziali clienti in linea con il loro target, aumentare le conversioni e le vendite e migliorare il profitto. Tramite vari step si ottimizza l’intero business. Naturalmente per raggiungere i propri obiettivi è opportuno capire qual è la strategia più adeguata, quindi approfondiamo il discorso sul concetto di inbound. Inbound: traduzione e significato Letteralmente inbound significa “in entrata” e sta a significare che è il cliente che cerca l’azienda per soddisfare i suoi bisogni. L’inbound marketing è definito anche marketing di attrazione, proprio perché mira ad attrarre e convertire i clienti su base volontaria. Il concetto di inbound marketing si diffuse negli Stati Uniti ed esplose nel 2009, grazie anche alla pubblicazione del libro “Inbound Marketing: farsi trovare utilizzando Google, social media e blog” a firma di Brian Halligan e Dharmesh Shah. Non è un caso che sia esploso in concomitanza con la digital transformation, che ha posto i servizi digitali e la cura al cliente al centro delle strategie delle aziende. Un CSM avanzato (come Hubspot CMS), un CRM perfettamente strutturato. come HubSpot CRM), piattaforme di email marketing e strumenti per la SEO sono solo alcuni degli elementi necessari per un’efficace strategia di inbound marketing. Tutte queste funzionalità vengono offerte da HubSpot, l’alleato perfetto sia per potenziare il reparto vendite sia per ottimizzare le prestazioni del servizio clienti. Per comprendere meglio il significato di inbound marketing è opportuno differenziarlo dall’outbound marketing. Inbound outbound marketing: le differenze L’inbound strategy prevede una serie di azioni mirate per attirare sul blog, sul sito o sui social un cliente che può corrispondere al proprio target. Alla base di tutto ci sono le relazioni, intessute tramite contenuti personalizzati che raccontano la storia e la mission di un’azienda. Queste azioni trasformano il brand in un punto di riferimento in un determinato settore, così da collocarsi nella mente del cliente come azienda affidabile e influenzare le sue decisioni d’acquisto. L’outbound marketing invece è una strategia decisamente più invasiva, diventata ormai obsoleta. In tal caso la comunicazione è infatti unidirezionale (dall’azienda al cliente) e si basa su messaggi invasivi inviati ad un pubblico generalizzato e non targettizzato. In pratica il tuo messaggio pubblicitario, invadente e poco pertinente, raggiunge un pubblico che molto probabilmente non è interessato ai tuoi prodotti o ai tuoi servizi. I tassi di fidelizzazione saranno quindi molto bassi e inoltre c’è il rischio che i consumatori prendano in antipatia il tuo marchio, poiché li disturba e non offre una soluzione ai loro problemi. L’obiettivo dell’inbound marketing è esattamente il contrario: raggiungere un pubblico realmente interessato ai servizi e ai prodotti offerti, indicando soluzioni efficaci e utili per risolvere un problema o soddisfare un bisogno. In tale ottica si parla di inbound organic strategy. Il traffico organico infatti fa riferimento ai visitatori che arrivano al tuo sito web o comunque alla tua azienda in seguito a risultati di ricerca organici, cioè non a pagamento. Inbound marketing: esempi di strategie L’inbound marketing può seguire strade diverse per perseguire però sempre il medesimo obiettivo: fidelizzare il cliente in modo assolutamente naturale. Tra le strategie ne possiamo individuare almeno 3: Attirare il cliente. Questa strategia si rivolge ad un determinato target di pubblico, che possiamo definire buyer persona, realmente interessato a ciò che offri. Se ad esempio vendi capi d’abbigliamento per adolescenti, le tue buyer personas saranno ragazzi dai 14 ai 18 anni. Gli articoli sul blog o i post sui media devono contenere un valore immediatamente percepibile per i tuoi potenziali clienti, che vedono in te un punto di riferimento al quale rivolgersi; Coinvolgere il cliente. Se riesci a coinvolgere il cliente non solo concluderai la vendita, ma riuscirai a fidelizzarlo. La fidelizzazione si ottiene proprio creando relazioni stabili, vendendo prima la propria professionalità e la propria consulenza, ancor prima del prodotto; Premiare il cliente. Oggi i consumatori sanno che hanno un ruolo cruciale per le aziende, anche perché hanno un’ampia gamma di scelta. Se quindi vuoi conquistare un cliente devi anche premiarlo, così da aumentare il suo livello di soddisfazione nell’ambito dell’inbound marketing. Il premio non deve essere necessariamente qualcosa di materiale. Questionari sulla soddisfazione, un servizio di assistenza inappuntabile o una risposta immediata ad una lamentela o ad una domanda possono essere considerati “premi” che favoriscono la fidelizzazione del cliente. Quali sono gli strumenti da utilizzare per mettere in atto un’efficace strategia di inbound marketing? L’inbound marketing mette a disposizione diversi strumenti che tu dovrai scegliere e utilizzare nella maniera che ritieni più opportuna per attrarre il tuo target di pubblico. Ne possiamo individuare almeno 4: Social media; Blog; CRM; Email marketing. Analizziamoli uno ad uno. I social media I social media sono strumenti irrinunciabili per qualsiasi azienda. Innanzitutto danno grande visibilità, un elemento senza il quale non vai da nessuna parte. Inoltre consentono di conoscere le esigenze, le necessità, i commenti, le lamentele e le abitudini d’acquisto dei clienti. I social media possono essere considerati come cassa di risonanza dei desideri e del livello di soddisfazione dei clienti, quindi vanno sfruttati al massimo. Sta a te decidere qual è il social più adatto al tuo mercato e al tuo pubblico di riferimento: da Facebook ad Instagram, da TikTok a LinkedIn fino ad Instagram. Il blog Il blog è un altro strumento fondamentale che favorisce il processo di coinvolgimento del pubblico, creando una sorta d'indotto positivo che si sviluppa intorno all’azienda. I contenuti possono infatti essere usati per dare informazioni utili e di qualità, come i tutorial o semplici articoli di approfondimento su un determinato settore, che rappresentano un valore aggiunto per il lettore. Con mirate strategie puoi anche migliorare il traffico e portare i tuoi articoli scritti in chiave SEO nei primi posti dei motori di ricerca. In generale il blog conferisce autorevolezza alla tua azienda, che può imporsi come un soggetto esperto del settore. Il CRM Il CRM, acronimo di Customer Relationship Management, letteralmente significa Gestione delle relazioni con i clienti e ti aiuta a tenere traccia di tutti i loro dati, dai quali estrapolare informazioni utilissime per le tue strategie future. Il CRM può raccogliere e rielaborare un quantitativo pressoché infinito di dati e informazioni, aiutandoti a sviluppare al meglio le sezioni marketing, vendite, prodotto e assistenza clienti. L’email marketing Forse è tra gli strumenti più “tradizionali”, ma l’email marketing continua ad essere una strategia efficace nell’ottica di fidelizzazione dei clienti. L’importante è inviare il contenuto giusto al momento giusto. Con i dati a tua disposizione puoi addirittura sapere quando un cliente ha bisogno di un determinato prodotto. Quello è il momento in cui puoi inviare la tua email mirata a risolvere un problema reale del cliente. Inoltre hai la certezza di inviare email ad un pubblico realmente interessato, che quindi avrà piacere a ricevere il tuo messaggio e non lo cestinerà senza neanche guardarlo. Cos’è la buyer persona Precedentemente abbiamo fatto accenno al buyer persona, sul quale vale la pena soffermarci un attimo. Il buyer persona rappresenta l’identikit del tuo cliente ideale, sul quale devi ragionare per sviluppare le tue strategie di marketing. Capire il profilo del tuo cliente è fondamentale per ottimizzare tutte le tue future azioni, riducendo al minimo il margine di errore per avere la certezza di rivolgerti ad un consumatore interessato ai tuoi prodotti. Devi raccogliere quante più informazioni possibili sul tuo cliente ideale partendo da: Dati già in possesso dell’azienda; Informazioni raccolte dal team di assistenza clienti; Interviste, questionari e ricerche specifiche. All’interno del tuo business potrebbero esserci vari settori, quindi devi imparare a segmentare i tuoi clienti per poi sviluppare eventualmente più di un buyer persona. Considerazioni finali Il marketing ormai da tempo è radicalmente cambiato e le aziende, per essere al passo coi tempi, devono aggiornarsi e adeguarsi alle nuove strategie, tra le quali spicca appunto l’inbound marketing. Impara a tessere relazioni stabili e durature con i clienti, conquistandoli e fidelizzandoli con servizi creati e studiati su misura per loro. La nostra risorsa sull’inbound marketing, presente alla fine di questo articolo, ti fornisce una serie di esempi concreti per sviluppare una comunicazione efficace e vincente.
Le call to action sono strumenti preziosissimi per le aziende e gli e-commerce, ma devono essere utilizzate nel modo giusto. Sono inviti all’azione e servono per spingere il visitatore a compiere l’azione desiderata. Cos'è una CTA Cos’è la call to action (o CTA)? Letteralmente significa “chiamata all’azione” e rappresenta appunto un invito diretto a compiere una determinata attività. Il suo utilizzo corretto riduce il tasso di rimbalzo e aiuta a migliorare il tasso di conversione di un e-commerce, ma anche di un sito web o di un blog. Che tipo di azione? Questo dipende da te: può essere qualsiasi cosa, da scaricare un documento gratuito a iscriversi alla newsletter, ottenere uno sconto, partecipare a un evento, prenotare un appuntamento ecc. Le CTA inoltre vengono scritte come messaggio testuale e poi veicolate tramite un bottone oppure un widget. Sono elementi fondamentali per la realizzazione di campagne di inbound marketing, quindi vanno scelte con estrema attenzione e accuratezza. Devono saper toccare le giuste corde emotive del cliente, sorprenderlo e soprattutto suscitare la sua curiosità. Allo stesso tempo devono essere brevi e concise, per arrivare subito al dunque. Come scrivere una call to action efficace e capace di arrivare dritti al punto senza troppi giri di parole? Nei seguenti paragrafi analizziamo tutto quello che bisogna sapere sulle call to action! Call to action: caratteristiche e modalità di utilizzo Una call to action efficace, chiamata più brevemente con l’acronimo CTA, per assicurare una notevole forza d’impatto deve avere le seguenti caratteristiche: utilizzo del modo imperativo per incentivarne la forza; un bottone con colori a contrasto per una veste grafica attraente e stimolante; frasi brevi ma concise, che prevedano l’utilizzo di determinate parole da scegliere in base al settore di riferimento. Le CTA sono fondamentali per ogni strategia di inbound marketing: dai blog ai siti aziendali, dalle newsletter ai social media fino agli e-commerce. Sono strumenti versatili, poiché si adattano ad ogni necessità. Possono essere usati in strategie di lead generation, per invogliare a chiedere un preventivo, per spingere all’acquisto o per scaricare un ebook. La struttura di una call to action e le parole da usare variano in base all’obiettivo finale, che deve essere quello di convincere il cliente a completare o a compiere un’azione già avviata. CTA primarie e secondarie: le differenze principali Per far compiere una determinata azione all'utente, si possono distinguere fondamentalmente due tipologie di Call to action: primarie e secondarie. Le CTA primarie sono caratterizzate da frasi brevi e concise, che richiedono una partecipazione maggiore da parte dell’utente. Supponiamo che su un e-commerce ci sia la call to action “Acquista adesso” sotto la vetrina dei prodotti online. Per acquistare l’articolo il cliente deve cliccare sulla CTA, scegliere il prodotto, inserirlo nel carrello e poi completare la transazione con il pagamento finale. Questo è solo un esempio di Call to action primaria, ma ce ne sono tanti altri. Le CTA secondarie invece richiedono un coinvolgimento minore da parte dell’utente. Possono ad esempio invitare a leggere un articolo o a scaricare un ebook, a seguire il brand sui social o magari a condividere un articolo. Tra CTA primarie e secondarie ci deve essere una perfetta armonia, affinché le une non sovrastino le altre e viceversa. La cosa interessante è che le call to action possono essere comodamente personalizzate in base ai propri scopi e al mercato di riferimento. Hubspot ad esempio mette a disposizione uno strumento specifico per le CTA, con il quale personalizzare il messaggio in base alla posizione, alla fonte, al tipo di dispositivo, al settore, alla persona e tanto altro ancora. Lo stesso programma ti fornisce utili suggerimenti per la creazione di call to action efficaci e convincenti, capaci di aumentare in modo significativo il tasso di conversione. Le CTA però sono solo una minima parte di quello che è Hubspot, perché questa piattaforma consente di pianificare strategie di marketing che riescano ad includere molti altri strumenti. Come creare una call to action vincente: i 4 step fondamentali Come deve essere una call to action perfetta? Molto dipende dal settore in cui operi e dal target di riferimento. Sicuramente ci sono alcune regole fondamentali che devi seguire e ne possiamo individuare almeno 4: Scegli il prodotto o il servizio che intendi promuovere; Stabilisci i tuoi obiettivi; Decidi che tipo di Call To Action vuoi utilizzare e pianifica il suo design; Scegli dove posizionare la CTA; Premessa: la CTA è un gioco di squadra Anticipo da subito che una cta che funziona davvero non è fatta solamente da una frase accattivante o un'immagine che colpisce il lettore, ma ha successo anche - e soprattutto - grazie all'aspettativa che si crea intorno ad essa. Mi spiego meglio: ogni racconto segue lo stesso formato. Per prima cosa, ti cattura nella storia, poi crea interesse intorno alla premessa iniziale e infine arriva al climax, ossia il momento cruciale in cui il lettore si trova a chiedersi come andrà a finire?. La cta si trova proprio in questo punto, e il suo successo è dato da quanto sei stato bravo a costruire l'aspettativa per portare l'utente a cliccare sull'offerta. Ecco che, quindi, il copy nel tuo sito e del tuo blog diventa essenziale per incoraggiare l'utente all'azione, così come anche il design e la facilità di navigazione. Scegli il servizio o il prodotto da spingere Non puoi pensare di applicare la stessa CTA a prodotti o servizi diversi tra di loro. Se vendi prodotti diversi per ognuno di loro devi pensare ad una Call to Action diversificata, che crei la giusta interazione con l’utente per invogliarlo con le parole chiave adatte ad effettuare l’azione desiderata. Quali sono i tuoi obiettivi? Quando crei una CTA devi stilare delle priorità. Se intendi vendere un prodotto devi spingere sulle soluzioni che offre. Se invece il tuo obiettivo è instaurare un rapporto di fiducia, prova a farti rilasciare i dati degli utenti. Le Call to Action che offrono un incentivo sono perfette per la lead generation, poiché offrono un tornaconto immediato all’utente che compie l’azione indicata. Come deve essere la tua CTA? Le tipologie più diffuse di CTA sono le seguenti: Raccolta di informazioni; Pulsanti per l’acquisto; Sottoscrizione di abbonamenti; Condivisione sui social. Ce ne sono anche altre e devi capire qual è la modalità di approccio più pertinente secondo il tuo pubblico. Un utente che non ti conosce ad esempio avrà bisogno di maggiori informazioni per fidarsi del tuo brand. Le Call To Action pertanto devono avere determinate caratteristiche che risultino impattanti agli occhi dell'utente che naviga il tuo sito, specialmente se quest'ultimo è un sito Hubspot. Da considerare quindi sono anche aspetti che riguardano il design e il contenuto della CTA, che analizziamo in seguito. Design e colore delle CTA Dato che deve attirare l'attenzione, anche l'occhio vuole la sua parte: più un bottone di invito all'azione risalta rispetto al testo è meglio è. Questo significa dimenticarsi almeno momentaneamente delle linee guida di brand e utilizzare colori che contrastano con il design del sito web. Inoltre, opta per un bottone di dimensioni abbastanza grandi da essere facilmente notato, come fa per esempio HubSpot che utilizza cta larghe 225px e alte 45px. Contenuto della Call to Action Non basta inserire un semplice scarica al copy della call to action per farla funzionare, ma deve esserci una frase concisa, con un linguaggio pulito (senza giochi di parole, termini dialettali e gergali) e che utilizzi dei verbi di azione. Inoltre, l'utente deve capire esattamente che cosa lo aspetta quando ci clicca sopra: potrà scaricare un ebook? Otterrà una demo di prodotto o si iscriverà alla newsletter? Ad esempio in un ecommerce, la scelta di come scrivere la CTA è molto importante e potrebbe anche indicare una fase di passaggio da uno step all'altro. O ancora potrebbe indicare i metodi di pagamento disponibili. Dove posizionare la CTA? Ecco un altro aspetto importante da valutare: dove posizionare la Call to Action? La posizione è determinante per il traffico. Potrebbe essere collocata all’inizio di una pagina web, dopo un post sul blog o alla fine di un’email. Come puoi capire qual è il posto giusto per piazzare il tuo bottone? Testando! Tra i posti migliori in cui inserire una cta c'è: l'above the fold della tua pagina del sito/articolo del blog; alla fine della pagina; sotto l'header aiutandosi con delle frecce direzionali; La CTA nella landing page Una call-to-action diventa più efficace se collegata ad una landing page dedicata invece di una pagina generica del tuo sito. Creare un bottone con su scritto solamente contattaci oppure scarica e collegarlo a pagine altrettanto poco specifiche può non portare allo stesso tasso di conversione di una cta elaborata che consente di accedere ad un contenuto dedicato. Non dimentichiamoci poi di collocare la Call to Action nella giusta posizione all'interno del funnel di vendita dei tuoi utenti: non vorrai proporre una demo di prodotto a chi si approccia per la prima volta al tuo sito aziendale, vero? Per ulteriori informazioni ti consigliamo di visitare il nostro articolo che parla delle CTA nelle landing page. Consigli per scrivere un invito all’azione efficace Una volta fatto ciò, devi domandarti quali sono i criteri da rispettare per scrivere una call to action ecommerce davvero incisiva. Ecco un elenco di consigli utili per raggiungere lo scopo prefissato: Attenzione ai verbi che usi. Il modo imperativo è quello maggiormente utilizzato poiché agisce in maniera più efficace invitando l’utente a compiere quell’azione subito per approfittare dei vantaggi. Affinché il messaggio sia quanto più diretto e forte possibile, è opportuno usare verbi corti che sono più incisivi. “Inizia ora”, “chiama ora”, “accedi subito” sono frasi che spingono a compiere un’azione immediata; Non abusare degli avverbi. Non dovresti utilizzare troppi avverbi, anzi quelli lunghi come velocemente, immediatamente o sicuramente andrebbero eliminati perché rischiano di risultare elementi di distrazione. Se proprio vuoi usarli affidati ad avverbi corti, come subito e ora; Usa un linguaggio comune. Il tuo messaggio deve suscitare un’emozione, ma allo stesso tempo basarsi su un linguaggio di facile comprensione. Non pensare quindi a frasi troppo arzigogolate o parole tecniche o strane, potrebbero “spaventare” l’utente e ottenere l’effetto contrario a quello desiderato; Mantieni la promessa fatta. La tua CTA deve essere pertinente. Se prometti una risorsa gratuita, come ad esempio un ebook, la tua CTA non deve rimandare ad una landing page o ad una pagina prodotti. Rischi di perdere credibilità e di giocarti la fiducia del cliente; Punta sull’esclusività. Creare una CTA diversificata con poche parole che sappia distinguersi dai competitor non è un’impresa facile. Ecco perché devi sfruttare le emozioni, che rappresentano la principale molla che spinge l’utente ad acquistare. L’esclusività è una delle caratteristiche che maggiormente colpiscono gli acquirenti. Frasi come “ultima possibilità” o “solo pochi articoli rimasti” suscitano nell’utente il desiderio di acquistare per non perdere l’occasione. Esempi di call to action Sei in cerca di ispirazione per le CTA da inserire nel tuo e-commerce, blog o sito aziendale? Allora eccoti una serie di esempi di CTA dai quali prendere spunto, personalizzandoli in base alle tue esigenze. Acquista ora. Probabilmente non è il massimo dell’originalità, però è estremamente sintetica e riesce a raggiungere due obiettivi: invita l’utente ad acquistare (del resto è lì per quello) e a farlo nell’immediato; Aggiungi al carrello. Altra CTA tipica per i negozi di e-commerce. L’utente può salvare i prodotti interessati e navigare contemporaneamente per sfogliare il catalogo e individuare altri articoli. Un ottimo sistema per aumentare il volume di spesa totale; Scopri di più. Una Call to Action generica che lascia la porta aperta all’utente, facendogli intendere che può trovare tante altre sorprese se continua la sua navigazione. In tal caso è importante scrivere anche contenuti coinvolgenti e accattivanti, capaci di dire cose interessanti e di suscitare la curiosità del navigante; Lascia un commento. Questa è una CTA molto diffusa su e-commerce, blog, marketplace, social ecc. Del resto oggi i feedback sono richiestissimi dalle aziende, considerando che molti utenti prima di acquistare un bene o un servizio leggono i commenti dei precedenti clienti; Iscriviti alla newsletter. Ecco un’altra Call to Action molto gettonata tra gli e-commerce, che può essere ulteriormente rafforzata con frasi aggiuntive come “per restare sempre aggiornato” oppure “per essere il primo a conoscere le novità”. Di seguito presentiamo alcuni esempi di come una call to action deve essere per invitare gli utenti a compiere l'azione. Non considereremo quindi i classici clicca qui oppure acquista ora che, seppur banali come CTA, restano i maggiori esempi di inviti all'azione riscontrabili in qualunque sito internet. Netflix Tra i dubbi che assillano più spesso gli utenti sul web, tra i primi posti c'è il disagio di dover cancellare un'iscrizione nel caso in cui non vogliano più utilizzare il prodotto/servizio desiderato. Netflix risolve questo problema rassicurandoti che puoi disdire l'abbonamento in ogni momento e fa molto di più: ti fa provare gratuitamente il servizio, così, anche se dovessi cambiare idea (cosa che non farai perché Netflix è fantastico!), hai 30 giorni di tempo per disdire il tutto senza sborsare un centesimo. Spotify Entrando nella home di Spotify, è chiaro come l'azienda abbia come obiettivo principale quello di attirare nuovi clienti disposti a pagare per un account premium, infatti la cta che risalta più di tutte è proprio quella che propone di passare alla versione pro - se non bastasse la proposta di utilizzare per tre mesi premium a prezzo ridotto. Non è solamente la posizione della Call to Action che cattura l'attenzione, ma anche il suo colore che fa passare il secondo bottone ulteriori informazioni decisamente in secondo piano. Stripe Con questa schermata iniziale della home del sito, Stripe riesce a catturare due tipi di pubblico: chi è già pronto a comprare il servizio e iniziare ad utilizzarlo (che cliccherà su inizia ora) e chi vuole maggiori informazioni sul prodotto mettendosi in contatto con il team commerciale. Anche in questo caso, come per Spotify, l'obiettivo dell'azienda è chiaro, ed è quello di far utilizzare da subito il servizio, non a caso il bottone inizia ora è inserito prima dell'altro e gioca con un colore più acceso per attirare l'attenzione. Google Drive Semplice e pulito: Google Drive punta sul vantaggio che si ottiene dall'utilizzo della piattaforma per l'archiviazione dei propri dati e direttamente sotto inserisce una cta che consente di accedere al servizio. Scorrendo ancora più in basso è possibile ottenere maggiori informazioni sul drive in questione mentre la cta ti seguirà fino alla fine dello scroll. Considerazioni finali Prima delle conclusioni ti consigliamo di leggere il nostro articolo sulle Call to Action in Hubspot. Per essere sicuro di scrivere una CTA convincente, ti consiglio di metterti nei panni dei tuoi clienti per capire cosa vogliono, cosa desiderano e se quelle chiamate all’azione siano davvero così accattivanti. La Call to Action deve risolvere un problema oppure suscitare curiosità o desiderio. Poiché le CTA dipendono anche dagli articoli scritti, ti consiglio di scaricare il nostro e-book a fondo pagina che ti spiega come costruire una strategia di contenuti estremamente efficace. Image by Freepik
All’interno del nostro blog più volte abbiamo sottolineato la necessità di mettere al centro di ogni processo aziendale il cliente, diventato ancora più importante rispetto ai prodotti o ai servizi offerti. Come riuscirci? Con le migliaia di dati che le stesse aziende incamerano ogni giorno. I dati contengono informazioni preziosissime sulle abitudini e sulle preferenze dei clienti. Come raccoglierli? Con la CRM analysis, vale a dire processi che analizzano i dati raccolti e che li trasformano successivamente in informazioni, sulla base delle quali le aziende prendono le loro decisioni strategiche velocemente. Il nostro articolo parte proprio dalla CRM analysis e sul significato dello stesso CRM, per poi sviluppare successivamente tutti gli aspetti peculiari di questo processo. Cosa si intende per CRM analysis? I sistemi CRM, basandosi sulle soluzioni di Business Intelligence, partono dalla lettura dei dati rilevati da un software e poi li inseriscono in un contesto analitico più ampio. Questo consente di avere una panoramica generale dell’andamento del proprio business, individuando più facilmente eventuali criticità. I dati “parlano” e consentono di adottare un approccio onnicomprensivo a 360°, dal quale partire per adottare le soluzioni strategiche più adeguate per accontentare le esigenze dei clienti. I software gestionali CRM sono di fatto un validissimo supporto per le aziende, consentendo di raccogliere più dati anche da fonti diverse e trarne informazioni utilissime per ottimizzare le prestazioni del proprio business. Riassumendo ecco cosa la CRM analysis può fare per le aziende: segmentare i clienti e suddividerli in apposite categorie sulla scorta dei dati raccolti nel database; fare analisi specifiche e multidimensionali sui dati; gestire il proprio business con decisioni strategiche basate su dati certi, con la possibilità di modificarle se dovessero cambiare gli scenari, le prospettive e gli obiettivi. Le due accezioni del CRM Prima di approfondire il discorso vale la pena soffermarci un attimo sul concetto di CRM, che di fatto può avere due accezioni: CRM inteso come software per la gestione dei dati e sistema informativo a supporto di tutte le principali attività di marketing, vendita e assistenza clienti; CRM inteso come un approccio generale dell’azienda, che deve porre il cliente al centro delle sue attività e coinvolgere in questo processo tutti i team. A proposito di software, tra i migliori del mercato spicca HubSpot che consente di gestire e amministrare le informazioni in un unico sito. La raccolta dei dati risulta intuitiva e immediata, velocizzando tutti i processi fino a snellire le vendite, fidelizzare i clienti e armonizzare i vari step del marketing. Per la sua estrema flessibilità e per cos'è HubSpot nel suo insieme viene utilizzato sia da piccole che da grandi aziende e inoltre si integra senza problema con qualsiasi software o sistema sul mercato. L’importanza strategica della CRM analysis all’interno delle aziende Una volta compreso qual è il significato della CRM analysis, possiamo entrare più a fondo nella questione per comprendere la sua importanza soprattutto da un punto di vista strategico. Il CRM va letto secondo due chiavi di lettura: la fidelizzazione dei clienti e il customer care. In un certo senso i due aspetti sono collegati. Il customer care rappresenta infatti l’assistenza al cliente, che può essere fornita tramite diversi canali. Un’azienda che offre un servizio di customer care soddisfacente ha molte più probabilità di fidelizzare il cliente. Un aiuto molto importante per la CRM analysis è arrivato dai social, che forniscono un enorme quantitativo preziosissimo di dati. Le informazioni non arrivano più dai singoli acquisti, come magari poteva succedere fino a qualche anno fa, ma anche da feedback, recensioni e commenti che provengono principalmente dai social network. I dati raccolti, indipendentemente che provengano dall’online e dall’offline, devono essere processati dalle aziende che li trasformano in conoscenza per rafforzare le relazioni commerciali con i clienti. Tutto questo processo porta naturalmente ad aumentare profitti e fatturato. Le aziende, grazie agli appositi strumenti messi a disposizione dalla tecnologia, possono perseguire più facilmente i loro obiettivi e creare un’esperienza di vendita diversa e distinta dai competitor. Tutti questi processi, oltre a migliorare il customer journey, conferiscono e creano un valore reale e tangibile per l’azienda. Il CRM, in quanto strategia aziendale, può essere suddiviso in 3 aree operative: strategica; operativa; analitica. Il CRM strategico Il CRM strategico ha come obiettivo principale quello di individuare il valore dei singoli clienti. Un cliente che spende ogni mese sul tuo sito naturalmente ha una valenza diversa rispetto ad uno che fa acquisti “una tantum” e questo aspetto va sicuramente considerato. Il CRM strategico aiuta inoltre a comprendere e gestire meglio il turn over dei clienti e ridurre il tasso di abbandono. Il CRM operativo Il CRM operativo racchiude tutti i processi e gli strumenti che consentono di implementare e aumentare i contatti diretti con i clienti che possono essere inbound e outbound. I contatti inbound sono risposte dirette date ad un cliente che contatta l’azienda tramite telefonate, sms, email o messaggi sui social. Nei contatti outbound invece è l’azienda che si rivolge al cliente, magari per proporre una nuova offerta o un nuovo prodotto. Il CRM analitico Infine il CRM analitico comprende tutte quelle attività finalizzate ad analizzare le caratteristiche peculiari dei clienti, ma anche le loro interazioni con l’azienda come feedback, lamentele o recensioni. I vantaggi principali Perché è necessaria la CRM analysis per le aziende? Perché il mercato è sempre più competitivo e in rapida evoluzione, quindi l’analisi di tutti i dati a disposizione è uno step necessario per una gestione efficace della propria clientela. Il CRM, in sinergia con la Business Intelligence e il Marketing Automation, consente di disporre di database aziendali completi e di strumenti informatici efficienti per permettere ai team di utilizzare informazioni condivise e di adottare le più adeguate decisioni strategiche. Nell’analisi dei clienti è fondamentale capire una cosa: le persone, intese come consumatori, sono molto volubili e possono cambiare abitudini e preferenze da un momento all’altro. Un sistema integrato e perfettamente strutturato consente di gestire meglio un mercato schizofrenico, così da migliorare e ottimizzare quasi in tempo reale tutti i processi aziendali e mutare le strategie in corso d’opera. Così facendo è possibile cogliere al volo tutte le opportunità fornite dal mercato e minimizzare anche i rischi. Riassumendo una corretta CRM analysis consente di raccogliere: informazioni dirette sui clienti, che vengono catalogati e segmentati secondo criteri specifici; informazioni utili sulla fidelizzazione dei clienti. A tal proposito è utile sottolineare che un cliente fidelizzato non va assolutamente abbandonato, anzi, va seguito affinché venga rafforzato il suo senso di appartenenza e di fedeltà ad un brand; informazioni trasversali che risultano utili sia nella gestione del marketing in generale che nel rapporto con i fornitori. Come ottimizzare il rapporto con i clienti? Il successo di un’azienda ruota inevitabilmente intorno al rapporto con i clienti. Vanno quindi analizzati tutti i fattori e gli strumenti che possono migliorare la customer satisfaction. Il canale di comunicazione, ad esempio, è un elemento importante che già di per sé fornisce utili indicazioni. I ragazzi più giovani tendenzialmente preferiscono un’interazione rapida, come i social network o i chatbot. I consumatori più attempati potrebbero preferire canali tradizionali, come il telefono o le email. Successivamente bisogna analizzare i reali bisogni dei clienti e il modo migliore per soddisfarli in tempi rapidi. La velocità infatti è un requisito richiesto da qualsiasi cliente moderno, indipendentemente dall’età, dal sesso o dal settore. Altro aspetto importante è la comunicazione con il cliente che deve essere personalizzata, così come la presentazione di nuovi beni, prodotti o servizi. Ogni consumatore ha le sue aspettative e preferenze, perciò è opportuno valutarle attentamente così da adottare le giuste decisioni strategiche e commerciali e ridurre i costi. Per ogni cliente bisogna toccare i giusti tasti emotivi per indurli all’acquisto o per fornire un servizio di assistenza soddisfacente. In tal senso la CRM analysis può essere intesa come un nuovo approccio culturale all’interno dell’azienda. Chi è e cosa fa il CRM Specialist Ogni azienda dovrebbe quindi avere nel suo organico un CRM Specialist, cioè un professionista specializzato nell’implementazione dei sistemi che gestiscono i dati di clienti attuali e potenziali. Il CRM Specialist è quindi l’anello di congiunzione tra azienda e cliente e, all’occorrenza, può indicare quali sono le strategie più adatte per migliorare il processo di fidelizzazione. Conclusioni Possiamo concludere che la CRM analysis è un processo centrale in ogni strategia aziendale. Per accontentare i propri clienti e fornire un’esperienza soddisfacente sotto tutti gli aspetti è necessario conoscere le loro aspettative e le loro preferenze, cosa che viene garantita appunto dalla CRM analysis. Puoi raccogliere altre informazioni utili leggendo l’ebook “4 buoni motivi per usare un CRM” scaricabile alla fine dell’articolo. Il titolo è sufficientemente indicativo e l’ebook ti spiega come gestire al meglio la marea di dati a tua disposizione per far crescere il tuo business. L’ebook ti indica anche quali sono le domande giuste da porti e le strategie più adeguate da adottare per ottenere vantaggi reali dall’utilizzo di un CRM.
Prima di rispondere alla domanda, dobbiamo soffermarci su cosa vuol dire ideare e programmare una strategia di web marketing. Quando si parla di strategia di marketing si fa spesso l’errore di pensare soltanto a una parte di essa e quindi - per esempio - ai social, al sito o all’adv, senza in realtà considerare che tutti questi aspetti e anche altri - come ad esempio l’automazione dei processi e l’analisi di ogni azione di marketing -, determinano il raggiungimento di un obiettivo. Quando pensiamo a una strategia di web marketing, dobbiamo immaginarla come un’orchestra che si prepara a presentare il suo più grande capolavoro al pubblico. Ogni artista ha il suo complesso ruolo tra i musicisti e solo tramite una perfetta coordinazione e l’ascolto di un direttore d’orchestra, si può comporre la più bella delle opere musicali. Ecco, allo stesso modo, quando pensiamo al web marketing dobbiamo immaginarlo come un’orchestra composta da singoli artisti, ognuno impegnato a compiere un’azione e a monitorarla, in perfetta coordinazione con gli altri. Tutto assume la stessa importanza quando prepariamo la nostra strategia web: dalla scelta del CRM che decidiamo d’installare in azienda, alla sua gestione, agli altri step strategici - adv, copy, grafica, blog, sito etc. Oggi, poi, l’approccio al marketing è completamente cambiato. Le possibilità a disposizione per riuscire a posizionare la nostra azienda e il nostro prodotto sono aumentate. Ciò vuol dire che anche la competizione è maggiore e che bisogna prendere le decisioni giuste per farsi notare, investendo nelle giuste azioni di marketing mirate. Non è sufficiente cogliere l’attenzione del nostro target, dobbiamo conquistarlo e fidelizzarlo. Andiamo ora ad approfondire il perché una strategia di web marketing potrebbe non produrre i risultati che ti aspetti. 3 motivi per i quali la tua strategia di marketing potrebbe fallire Uno degli errori più comuni è quello di pensare prima agli strumenti da utilizzare (ad esempio i social) e poi alle azioni di marketing da realizzare. Non dovrebbe essere questo il ragionamento, ma anzi bisognerebbe partire dall’analisi delle customer personas, da quella del mercato e da quella dei competitor. E solo poi bisognerebbe approfondire le strategie da mettere in atto. Se non conosciamo bene il nostro mercato e quindi anche il nostro target, non possiamo avere certezza che le nostre decisioni saranno quelle giuste o che quanto meno ci aiuteranno a raggiungere il nostro obiettivo. Approfondiamo più da vicino ogni step nei prossimi paragrafi. 1. La conoscenza delle customer personas di riferimento. Come facciamo ad entrare in contatto con loro? Eliminate ovviamente la possibilità di intervistare il target in modo mirato, in che altro modo possiamo venire a conoscenza delle informazioni che ci occorrono? Tramite i social ad esempio. Oggi abbiamo a disposizione una grande opportunità: quella di raccogliere le informazioni che ci occorrono studiando il profilo del nostro target nelle community Facebook o tramite i profili Instagram e Tik Tok - per citarne tre dei più noti. Si possono raccogliere moltissime informazioni anche soltanto osservando i comportamenti del target sui social. Ma oltre questa opportunità potremmo venire a conoscenza del pensiero del nostro target anche tramite campagne di ADV di “prova” le quali ci permettono di capire - sbagliando - cosa può funzionare e cosa no. Spesse volte quando si costruisce una strategia di marketing si passano mesi a preparare il lancio di prodotto, senza prima sperimentare e capire cos’è che non va. L’unico modo per capire cosa funziona davvero e cosa no, è darsi l’opportunità di provare diverse strade. Conoscere bene il proprio target è un’attività che richiede tempo, ma è assolutamente necessaria. Pensare di non dedicare risorse a questo step è un errore che poi si paga in seguito. Indubbiamente condurre delle interviste mirate è il miglior modo per conoscere il proprio pubblico di riferimento. Si possono individuare facilmente pain point, dubbi e incertezze. Ma se questo non è possibile, bisogna sfruttare ogni altra possibilità a disposizione. Il secondo step dovrebbe andare in parallelo all’analisi del target, in quanto mentre si parla con quest’ultimo si riesce anche a comprendere meglio l’esigenza del mercato. 2. Secondo step: analisi del mercato e della concorrenza Analizzare il mercato, quindi come agiscono i competitor, che decisioni prendono per il proprio business, ci può dare una grande mano a capire come bisogna muoversi. Un segreto che spesso si sottovaluta, ma che può essere di grande aiuto è quello di analizzare le azioni di marketing del nostro competitor in specifici periodi. Ad esempio, se abbiamo un e-commerce di abbigliamento, sappiamo benissimo che periodi come il Natale o il Black Friday possono essere molto fruttuosi per noi. Come possiamo fare per distinguerci? Andare a vedere cosa ha fatto il nostro competitor l’anno prima, come ha agito, che idee di marketing ha lanciato, quali sono stati i contenuti delle sue newsletter, che promozioni ha sponsorizzato, ci può essere d’ispirazione per prendere le nostre decisioni. Spesso si sottovalutano i competitor e si pensa di poter fare meglio a prescindere, solo perché il proprio prodotto è migliore. Ma in realtà non è mai così semplice il ragionamento, bisogna avere chiaro che ciò che il cliente davvero acquista non è mai il prodotto ma l’esperienza che ne deriva. Per un e-commerce conta moltissimo la gestione degli ordini e il customer care, Shopify in questo può dare un grande supporto come piattaforma. In questo caso è fondamentale studiare il “nemico” da vicino, quindi iscriversi alla sua newsletter per esempio. Magari fare anche acquisti nel suo negozio online, per vedere come tratta i clienti nuovi e quelli acquisiti. In questo modo possiamo capire come agiscono i competitor e cosa noi possiamo fare in più rispetto a loro. Inoltre, bisogna essere degli scrupolosi studiosi delle tendenze innovative per il nostro mercato. Mantenersi aggiornati in merito alle novità, ai software da utilizzare per la gestione dei propri processi, fa nettamente la differenza. 3. Analizzare e sperimentare le nostre idee Come abbiamo specificato anche all’inizio di questo articolo è fondamentale “sbagliare” per poter capire cosa funziona e cosa no. Un’idea è quella di mettere da parte sempre un po’ del proprio budget proprio per “provare” idee e strategie differenti su segmenti di pubblico diversi per età, interessi e abitudini di acquisto. Può sembrare un’idea rischiosa da mettere in atto, ma in realtà è l’unico modo per raggiungere, in modo efficace, il proprio obiettivo. Prendiamo ad esempio il lancio di un nuovo prodotto per un’azienda. Per capire a chi realmente può piacere, è necessario provare strategie differenti, destinando una piccola parte del proprio budget. Poniamo il caso che un’azienda deve lanciare un nuovo profumo, cosa può fare per capire a chi piace e a chi no? Un primo step potrebbe essere quello di regalare dei campioncini a ogni nuovo cliente, sia se acquista online, sia se lo fa di persona in negozio. Ovviamente per avere un riscontro immediato, possono essere unite azioni di marketing online a quelle offline. Ad esempio, ad ogni persona che acquista un articolo di profumeria si potrebbe regalare un campioncino del nuovo profumo e con un QR code abbinato si potrebbe domandare di riempire un form per lasciare il proprio giudizio in merito alla fragranza. Premio in cambio? Un possibile sconto di N% sull’acquisto del profumo una volta lanciato definitivamente, online e offline. In questo modo si fanno due cose: si raccolgono informazioni e dati, che poi possono essere trattati successivamente. Conclusioni A conclusione di questo articolo, possiamo dire che una strategia di web marketing può non funzionare per molteplici motivi, che possono derivare da una cattiva analisi del mercato, del target o semplicemente perché non si è creduto davvero nell’investimento fatto. Parte del successo di una strategia di web marketing dipende anche dal cliente, dalla sua collaborazione e dalla voglia che ha di uscire dalla sua comfort zone aziendale. A volte per ottenere grandi risultati bisogna correre qualche rischio. Per sapere di più in materia puoi scaricare l’ebook gratuito “10 cose da rimuovere dal tuo marketing” che ti svela quali sono gli strumenti e le priorità sulle quali concentrarti per creare una strategia di marketing vincente. Image by jannoon028 on Freepik
L’unione fa la forza: su questo semplice concetto si basa il co-marketing. Il termine nasce dall’abbreviazione di “cooperative marketing”, che può essere tradotto appunto con marketing cooperativo. Può avere tanti nomi, come marketing partnership, partnership commerciale o co-branding, ma il concetto è lo stesso: si tratta di un accordo tra due brand che puntano ad obiettivi congiunti unendo le loro forze. Con il co-marketing due brand collaborano nell’ottica di una strategia “win-win”, nella quale entrambe le parti in causa ottengono benefici reciproci. L’attività di collaborazione può svolgersi in modo diverso. In alcuni casi si basa sulla negoziazione, in altri sulla comunicazione e in altri ancora sulla regolamentazione giuridica. Naturalmente gli attori chiamati in causa devono scegliere con attenzione le modalità di accordo, affinché la collaborazione sia proficua per entrambi. Co-marketing: significato Il co-marketing è una forma di partnership, anche se la collaborazione risulta generalmente limitata nel tempo. Il marketing cooperativo è una valida opzione per un’azienda che vuole crescere. Non sempre però un’attività ha le risorse e i mezzi per raggiungere i propri obiettivi. Cosa consiglia quindi il co-marketing? Di allearsi con un partner e lavorare insieme per creare campagne di marketing o alleanze che portino vantaggi reciproci. Una soluzione particolarmente indicata per le piccole imprese o per le start-up avviate da poco, che non hanno i mezzi dei colossi industriali e commerciali già affermati. Possono mancare il tempo, il denaro, le risorse o anche le idee per far progredire la propria attività. Ecco perché unire le forze è la soluzione ideale per crescere insieme. Nei seguenti paragrafi approfondiamo il discorso sul co-marketing, concentrandoci sui pro, sui contro, sui criteri e sulle tipologie. I vantaggi del co-marketing “Se le formiche si mettono d'accordo, possono spostare un elefante”- basterebbe questo proverbio del Burkina Faso per comprendere i pro del co-marketing. I vantaggi sono tanti da un punto di vista economico, organizzativo e di marketing. Scopriamoli. Raggiungere più clienti senza spese eccessive Ogni azienda deve mettere in moto strategie e campagne di marketing per far conoscere il proprio brand e raggiungere una platea ampia di potenziali clienti. Un lavoro dispendioso, sia da un punto di vista economico che organizzativo. Tutto però diventa molto più semplice se si raddoppia il potere umano con il supporto di un partner. Se la tua promozione viene sponsorizzata su due siti o in due punti vendita, il tuo e quello del partner, hai la possibilità di raggiungere molte più persone, aumentare le vendite e fidelizzare nuovi clienti, senza spese aggiuntive. Creare una rete di contatti a medio-lungo termine I brand che operano nello stesso settore, anche se producono articoli diversi, spesso si ignorano. É come se camminassero su due binari paralleli senza incontrarsi mai. Un’occasione mancata. Prendiamo come esempio un brand che produce palloni di calcio e un altro che vende scarpette da calcio. Potrebbero comodamente avviare strategie di co-marketing e scambiarsi i clienti. Del resto chi gioca a calcio ha bisogno sia di palloni che di scarpette. Questo è solo uno dei tanti esempi di co-branding. Così facendo si intessono relazioni e si crea una rete di contatti che, col passare del tempo, diventano sempre più fitti. La crescita di un’azienda corrisponde quindi alla crescita dell’altra. In futuro i brand possono scambiarsi non solo i clienti, ma anche partner e fornitori, nell’ottica del rafforzamento reciproco. Gli svantaggi del co-marketing Non c’è rosa senza spine e infatti anche la strategia di co-marketing, per quanto vantaggiosa nella maggior parte dei casi, potrebbe determinare contrasti o frizioni. Disaccordi sulle strategie future di marketing Due aziende, prima di stipulare un accordo di co-marketing, devono sedersi a tavolino e mettere subito le carte in tavola per capire se ci sono i presupposti per una collaborazione. Potrebbe capitare che un partner non sia d’accordo con una campagna di marketing, magari perché non ne condivide la filosofia o magari perché non ha le risorse per sostenerla. Ecco perché è importante scegliere da subito in quale direzione andare prima di mettere nero su bianco. A volte un partner potrebbe cambiare filosofia aziendale, e quindi non condividere più le stesse idee. In questi casi è meglio interrompere il rapporto collaborativo, stringersi la mano e augurarsi buona fortuna senza ulteriori strascichi. Inutile provare ad aggiustare qualcosa che si è rotto, soprattutto quando gli obiettivi non sono più condivisi. Compartecipazioni agli utili Un’altra questione spinosa riguarda la partecipazione agli utili, che in alcuni casi fanno parte degli accordi raggiunti tra due aziende. Potrebbe capitare che un partner, benché faccia la maggior parte del lavoro, debba ugualmente condividere gli utili perdendo molti dei guadagni conseguiti. In tal caso meglio mantenere una forma libera di marketing che, basandosi su clausole meno complesse e meno rigide, garantisce comunque benefici ad entrambe le parti in causa. I 4 tipi di co-branding Scendendo più nel “tecnico”, analizziamo le 4 tipologie di co-branding, da scegliere anche in base alla propria attività: co-marketing di prodotto; co-marketing di promozione; co-marketing di prezzo; co-marketing di distribuzione. Tieni a mente una cosa: non sei solo tu a valutare i tuoi potenziali partner, ma sono anche loro che valutano te. Per avviare strategie con partner importanti devi dare l’immagine di un’azienda moderna e dinamica. In questo step può esserti utilissimo HubSpot, piattaforma software basata su un potentissimo CRM che attrae nuovi contatti facendo crescere il tuo business. Co-marketing di prodotto Questa tipologia di collaborazione prevede la partnership tra due diversi brand per realizzare un prodotto o un servizio. Tale strategia mira a rendere ancora più appetibile un prodotto, che diventa così maggiormente competitivo sul mercato. Co-marketing di promozione Con il co-marketing di promozione un’impresa promuove i prodotti e i servizi di un’altra e viceversa. Si creano così delle sinergie che garantiscono un importante ritorno in termini di visibilità e di brand awareness. In questa particolare collaborazione talvolta si organizzano anche operazioni a premi, dove gli utenti ricevono degli omaggi. Diventa così più facile fidelizzare e conquistare nuovi clienti. Co-marketing di prezzo In questo particolare accordo due aziende vendono due o più prodotti e servizi in abbinamento a prezzi vantaggiosi. Questa particolare tecnica di vendita viene definita bundling e può essere praticata sia online che offline. Co-marketing di distribuzione Con il co-marketing di distribuzione i canali di un’impresa vengono diffusi tramite i canali di un’altra azienda. In pratica le imprese produttrici sfruttano i servizi di logistica offerti dalle imprese distributrici, riducendo i costi e aumentando la customer satisfaction dei clienti. Co-marketing: esempi per creare partnership vincenti Ecco alcuni esempi per sfruttare al massimo tutte le potenzialità del co-marketing, che dovrebbe basarsi sui seguenti punti: collaborare con un brand che operi nello stesso settore e che abbia un target di pubblico simile al tuo, così da raggiungere lead potenzialmente interessati ai tuoi prodotti e ai tuoi servizi; collaborare con un’azienda esperta di marketing, sfruttando il know how e le competenze acquisite sul campo. Sicuramente è preferibile affiancarsi ad un’azienda che sia specializzata soprattutto nel social media marketing; scegliere un partner che abbia un pubblico piuttosto ampio, con tanti followers e una significativa lista di e-mail. Co-branding: esempi pratici dai quali prendere spunto Passiamo in rassegna adesso qualche esempio pratico di co-branding. Spesso si creano rapporti di collaborazione tra saloni di bellezza e parrucchieri. Come? I saloni di bellezza possono sponsorizzare offerte e promozioni dei parrucchieri, che fanno altrettanto. Oppure entrambe le attività possono proporre varie tipologie di trattamenti a prezzi scontati, così entrambe ne guadagnano. Collaborazioni simili si verificano frequentemente in ambito turistico. Alberghi ed hotel, ad esempio, sono spesso convenzionati con ristoranti, pizzerie, discoteche, pub, lidi e altri locali. Andando ancora più nello specifico, ci sono stati accordi di co-marketing tra colossi commerciali, operanti anche in settori diversi. GoPro e Red Bull ad esempio, pur operando in settori diversi, hanno target piuttosto simili. Nel 2016 è nata una partnership tra i due brand che hanno collaborato nella produzione di contenuti digitali. Altra collaborazione nota è quella tra San Pellegrino e Bulgari. Nel 2011 la nota marca di acqua produsse una serie di edizioni limitate di bottiglie in versione deluxe, che riportava anche il marchio di Bulgari. Un prodotto, come spiegò la stessa San Pellegrino, per celebrare eventi importanti. Un altro esempio di co-marketing che ha avuto un grande ritorno mediatico, risalente al 2006, riguarda la partnership tra Apple e la Nike. Anche in questo caso si tratta di marchi che operano in settori totalmente diversi, ma con un target di pubblico più o meno simile. In quell’occasione il gigante di Cupertino lanciò lo Sport Kit Nike+iPod, un sofisticato sistema wireless che consentiva alle calzature Nike di dialogare direttamente con l’iPod. Conclusioni finali Come puoi notare l’accordo di co-marketing è una strada che possono seguire sia le piccole che le grandi aziende. L’importante è scegliere un partner che condivide la tua stessa filosofia e che abbia un target di pubblico piuttosto omogeneo, per percorrere insieme un percorso lavorativo. Vuoi saperne di più per ottimizzare le tue campagne di marketing? Allora ti consiglio di scaricare l’ebook sottostante, così puoi avere un’idea di quali sono i migliori partner con i quali allearti e progettare strategie future condivise. Image by master1305 on Freepik
La vendita B2B è l’acronimo di “Business to Business”, vale a dire uno spazio commerciale dove le aziende vendono beni, prodotti e servizi ad altre imprese. La differenza con il B2C, che invece vende direttamente ai consumatori, sta tutta qui. Non è però una differenza da poco. Infatti il B2B risulta decisamente più complesso rispetto al B2C: gli ordini sono più elevati, i cicli di vendita più lunghi e le trattative più contorte. Il primo step fondamentale verso il successo è avere un team di vendita altamente professionale, aggiornato e preparato. Il mondo del commercio è profondamente cambiato ed è in continuo rinnovamento, perciò bisogna essere sempre sul pezzo per non restare fuori dal mercato. Approfondiamo il discorso sulla vendita B2B e sulle sue dinamiche nei successivi paragrafi. B2B: significato Per prima cosa è importante capire cosa si intende per B2B, un commercio interaziendale Business-to-Business, cioè tra aziende. Questo acronimo definisce le relazioni che un’impresa intrattiene con i propri fornitori con l’obiettivo di acquistare beni e servizi da rivendere poi ai consumatori finali. Vendita B2B: cos’è Nel marketing B2B, come nel B2C, l’obiettivo è vendere al cliente finale, che in tal caso sono le aziende. I processi sono molto più complessi e i tempi tendono ad allungarsi notevolmente. Le trattative infatti sono molto complicate, poiché ci sono una serie di fattori da tenere in considerazione: quantità e qualità della merce da acquistare, modalità, costi ecc. Fondamentalmente le strategie commerciali B2B non sono così diverse rispetto al B2C, ma c’è una differenza sostanziale. Nel mercato B2C i consumatori finali tendono a fare acquisti soprattutto sotto l’impulso dell’emotività. Diversamente nel B2B gli acquirenti sono aziende, che quindi devono soppesare con grande attenzione i pro e i contro di una transazione economica e di un acquisto. Inoltre le esigenze sono molto più specifiche. Proprio le strategie di vendita sono decisive per conquistare i clienti finali, cioè le aziende, e fornire un servizio personalizzato. Strategie commerciali e di marketing per la vendita B2B Poiché il mercato del B2B è in continua evoluzione, è importante rivedere ed eventualmente cambiare la strategia con una certa frequenza. In un mondo dominato dalla marketing automation sono importanti due aspetti: incentrare ogni strategia sul cliente finale e fornire servizi validi ed efficienti online. Le aziende utilizzano proprio il web per raccogliere informazioni sui tuoi servizi e sui tuoi prodotti e leggere le recensioni dei precedenti clienti. Se dai un’immagine professionale e affidabile di te, sarà più facile fidelizzare i clienti sin dai primi approcci. La presenza online è quindi fondamentale, poiché nel mondo del commercio la prima impressione spesso è quella che conta. Viviamo in un mercato altamente competitivo, quindi bisogna curare anche i minimi dettagli per superare l’agguerrita concorrenza. Gli elementi principali per una strategia di vendita B2B di successo sono 3: Sito web efficiente e performante; Presenza e visibilità sui social media; Vendita personalizzata. Sito web efficiente e performante I tuoi contatti, clienti o prospect si aspettano non solo che tu abbia un sito, ma che sia altamente efficiente e performante. Se hai un sito lento e poco prestazionale rischi di perdere molti clienti. Il sito web è il miglior biglietto da visita che puoi offrire ai tuoi potenziali clienti, ecco perché dovresti utilizzare una piattaforma come Shopify che ti consente di realizzare siti su misura e professionali, adattabili ad ogni necessità. Shopify cuce addosso a te il sito di cui hai bisogno, personalizzando ogni singolo aspetto. Tieni a mente un’altra cosa: il sito è il tuo miglior venditore, oltre che la migliore vetrina per il tuo business. Deve quindi essere attivo 24h, fornire tutte le indicazioni di cui potrebbero aver bisogno i tuoi clienti e dare loro la possibilità di trovare autonomamente le risposte alle loro domande, o almeno a quelle più frequenti. Inoltre un sito perfettamente ottimizzato e ben fatto raggiunge più facilmente le prime posizioni di Google, indicizzandosi perfettamente e comparendo nei primi risultati della ricerca. Presenza e visibilità sui social media Se i siti sono cruciali, lo sono anche i social media. Non c’è vendita B2B di successo senza una valida strategia di social media marketing. Non solo i semplici utenti, anche le aziende passano molto tempo sui social a cercare potenziali partner per la loro attività. Anzi le piattaforme social sono tra i canali più gettonati dove cercare informazioni utili per trovare fornitori e partner commerciali. Nell’ambito del settore B2B, il social più gettonato è sicuramente LinkedIn. Soprattutto qui è importante realizzare un profilo social aziendale completo e dettagliato in ogni minima parte per allargare la rete di collegamenti e chiudere eventualmente anche degli accordi. I social sono utili anche per creare campagne sponsorizzate di marketing, impostate in modo mirato per raggiungere un determinato target di pubblico. Proprio per questo motivo devi capire su quale social spingere per intercettare più facilmente i tuoi potenziali clienti. In questo modo risulta più facile anche gestire alla perfezione il tuo budget, facendo investimenti intelligenti in campagne di marketing che ti garantiscono un eccellente ROI. Vendita personalizzata Tra le tecniche di vendita commerciale che devi considerare c’è l’account based marketing, noto anche con l’acronimo ABM. Cos’è l’ABM? Si tratta di un concetto secondo il quale le aziende non sono considerate realtà astratte, ma entità composte da singoli individui che rappresentano dei prospect di valore. Proprio a loro, che hanno evidentemente un importante ruolo decisionale all’interno dell’azienda, devi rivolgerti. In pratica devi approcciarti con loro come se fossero dei singoli clienti, personalizzando poi le varie trattative. Attenzione però: l’ABM è particolarmente efficace soprattutto se il target di riferimento è piuttosto ristretto. Nei mercati di nicchia, in particolare, l’ABM risulta quindi la soluzione ideale. Differenza tra vendita outbound e inbound La vendita B2B può essere suddivisa in outbound e inbound. La vendita outbound è una tecnica piuttosto obsoleta: i venditori cercano le aziende e i buyer e li contattano “a freddo”, cioè senza neanche verificare se siano persone potenzialmente interessate ai loro beni, servizi e prodotti. Questa tipologia di vendita, che si basava soprattutto sulle abilità del venditore stesso, poteva avere presa fino a qualche decennio fa. Oggi però no. Nel mercato attuale la chiave del successo è il mercato inbound: non è l’azienda che contatta i clienti, sono loro che la vanno a cercare. Affinché questo succeda naturalmente l’azienda deve muoversi in una certa direzione, facendosi appunto trovare online e attraendo i propri prospect con strategie mirate. In poche parole nella vendita inbound il venditore deve mettersi nei panni del cliente e chiedersi cosa vuole e quali sono i servizi di cui potrebbe avere bisogno. Nel dettaglio gli step per la vendita inbound B2B sono 4: Identificare i clienti; Fornire risposte adeguate e soluzioni; Rafforzare una relazione; Fidelizzare. Identificare i clienti Il primo passo da fare è individuare i lead, cioè quelle aziende potenzialmente interessate alla tua offerta e che corrispondono all’identikit del tuo cliente ideale. Una volta che li hai individuati inizia a studiarli per capire di cosa hanno bisogno e qual è il loro budget. In questo modo puoi studiare una strategia mirata, che approcci nel modo corretto e che ti consenta di presentare la tua offerta in modo efficace e soprattutto capace di soddisfare le necessità dei tuoi lead. Fornire soluzioni Le aziende sul mercato cercano essenzialmente una cosa: soluzioni ai loro problemi. Il tuo compito è piuttosto semplice: offrirle! Ecco perché non devi pensare unicamente a vendere, ma ad identificare il problemi dei tuoi potenziali clienti e fornire una serie di consigli e suggerimenti, anche con corsi, ebook o articoli sul blog. Il cliente ti percepirà come punto di riferimento non solo per risolvere quel singolo problema, ma in generale per tutta la sua attività. Se offri soluzioni valide ed efficaci, la vendita diventerà una naturale conseguenza. Rafforza la relazione Altro step importante, ancor prima della vendita, è costruire un rapporto solido. Paradossalmente anche se non vendi non è un problema, l’importante è essere entrato nella mente del cliente che ti percepisce come brand affidabile. Magari in quel momento non hai a disposizione il prodotto di cui il cliente ha bisogno, ma in futuro sicuramente si rivolgerà a te se ha trovato un interlocutore serio e professionale. Anche la reputazione di un brand è fondamentale. Fidelizzare i clienti Ultimo e decisivo step: la fidelizzazione. Non commettere l’errore di pensare di avere in pugno il cliente semplicemente perché lo hai convinto ad acquistare da te, non funziona così. In un mercato così competitivo ci sono tante aziende che proveranno a strapparti i clienti. Devi quindi seguire costantemente i tuoi clienti, magari con servizi di follow up o con l’invio di e-mail per tenerli aggiornati sugli sconti, sulle promozioni e sulle nuove offerte. Considerazioni finali Per una vendita B2B di successo devi puntare su due cose: un team competente e professionale e una tecnologia avanzata che ti dia un grande supporto. Il nostro ebook sull’inbound marketing per il B2B, scaricabile a fondo pagina, rappresenta una valida guida per trovare sempre più clienti online. Image by rawpixel.com on Freepik
Il CRM (Customer Relationship Management) è una strategia che nasce principalmente per mettere il cliente al centro del progetto. È lui il fulcro attorno al quale devono muoversi tutti i processi aziendali, con l’obiettivo di fidelizzare al massimo i vecchi clienti e conquistarne di nuovi. Per raggiungere questi obiettivi devi prima capire e intercettare le reali necessità e aspettative del cliente, così da potergli offrire un servizio su misura. In questo step importante ti dà una grande mano il sales CRM, che ti fornisce un supporto a 360° per gestire le relazioni con i clienti, le vendite e il marketing in generale. Approfondiamo più nel dettaglio cos’è il CRM e in che modo può darti una mano effettiva. CRM: cos’è e qual è il suo significato CRM è l’acronimo di Customer Relationship Management e letteralmente significa Gestione del Rapporto con i Clienti. Si parla solitamente di CRM software, ma il concetto è più ampio. Con il termine CRM si fa infatti riferimento ad un approccio omnicanale che comprende strategie, comunicazione e integrazione dei processi aziendali. Qualunque sia la tua attività, il CRM è finalizzato a soddisfare i tuoi clienti. Entrando più nel dettaglio si possono distinguere tre macro aree: CRM operativo che supporta le attività relative alla supply chain, il back office per la gestione degli ordini, le attività di front office per automatizzare le forze vendita e l’automazione del marketing di imprese e le attività di mobile office; CRM analitico che, grazie ad un’accurata fase di raccolta e di analisi dei dati, fornisce utili e preziosi indicazioni per adottare le strategie aziendali e prendere le decisioni più adeguate con una solida conoscenza alla base; CRM collaborativo che, sfruttando tutti i canali a disposizione, personalizza e gestisce al meglio il rapporto con i clienti. Tra gli strumenti di comunicazione rientrano quelli moderni e tradizionali, come email, telefono, fax, social, sms, chatbot ecc. CRM marketing per gestire i processi aziendali L’obiettivo è fornire un servizio plasmato su misura del cliente ma, per farlo, devi conoscere e gestire alla perfezione tutti i processi aziendali. La fornitura di un prodotto o un servizio comprende una serie di attività, concatenate tra di loro, che devono funzionare alla perfezione come un orologio svizzero. Basta che si inceppi un solo ingranaggio e l’intero processo aziendale va a monte. Le fasi di acquisto, i resi e i reclami sono tutti processi che richiedono un attento monitoraggio dalla A alla Z. L’utilizzo di un CRM affidabile e consolidato, come HubSpot, può davvero fare la differenza migliorando i processi aziendali e, come logica conseguenza, anche i rapporti con clienti, fornitori e prospect. I flussi operativi, alla base di ogni attività, risultano molto più scorrevoli e fluidi. HubSpot CRM ha un’interfaccia intuitiva e fornisce tutti gli strumenti ideali per aumentare le vendite e gestire i contatti con i clienti con processi automatizzati di comunicazione interna ed esterna. Ecco cosa può fare un CRM nell’ambito dei processi aziendali: coordinare diversi team e farli lavorare su un unico database, così da individuare e risolvere più velocemente eventuali problemi o anomalie; attuare procedure standard automatizzate per gestire i reclami e condividere informazioni con tutti i team, così da fornire risposte immediate e coerenti; automatizzare e ottimizzare le attività relative alla scelta dei fornitori, alla gestione del budget, alle campagne di marketing e tutte le altre azioni che rappresentano il “core business” aziendale; monitorare attentamente i comportamenti e le abitudini d’acquisto dei clienti per fornire un servizio su misura; migliorare le attività logistiche di reso, coordinando alla perfezione tutte le aree interessate e velocizzando i flussi; migliorare le richieste interne di assistenza e manutenzione, suddividendole per aree così da smistarle opportunamente. Ogni processo lavorativo, “smontato” in tante piccole fasi, è più facile da gestire. Se vuoi approfondimenti su che cos'è Hubspot, con tutte le funzionalità, il nostro blog è pieno di articoli dedicati. Come ottimizzare i processi di marketing Il marketing viene spesso inteso come processo di vendita, ma in realtà significa soprattutto comunicazione. Il CRM aiuta nella comunicazione con i clienti, ma anche in quella interna per favorire una maggiore collaborazione e cooperazione tra i vari reparti aziendali. Il sales CRM si rivela utilissimo tanto nelle piccole aziende e nelle start up, quanto nei colossi industriali più strutturati. Nelle piccole realtà il CRM aiuta ad effettuare un’analisi del prospect, tenendo traccia di tutte le interazioni e delle sue reazioni. Nelle grandi aziende il CRM aumenta l’efficienza del reparto vendita fino a influenzare positivamente l’intero fatturato. Il marketing relazionale aumenta in modo significativo la produttività, intercettando e anticipando i desideri dei clienti e fornendo un servizio o un prodotto tarato sulle loro specifiche esigenze. Si possono individuare almeno tre strategie che aumentano il fatturato dell’azienda e ottimizzano i processi di marketing: organizzare i dati di contatto: le informazioni dei clienti, dai dati anagrafici alle abitudini, dal potenziale di acquisto all’area geografica, sono un vero tesoro per le aziende che va sfruttato al massimo; prevedere le vendite: le informazioni raccolte vanno rielaborate, per poi stilare statistiche sulle probabili vendite e sul fatturato annuale, tenendo conto delle analisi e delle statistiche precedenti; segmentare la clientela: ogni utente è una realtà a sé, quindi è opportuno segmentarli e catalogarli secondo determinate caratteristiche. Si può così creare una comunicazione su misura e strategie personalizzate, instaurando una relazione one to one. Il cliente si sente realmente apprezzato e valorizzato e anche il processo di fidelizzazione risulta più fluido e naturale. Relazioni sempre più “intime” con i clienti Il CRM comprende tutte le attività, le tecnologie e le strategie che le aziende utilizzano, ma il fine ultimo resta sempre lui: il cliente. Ecco nello specifico le funzionalità che ti offre un software CRM: monitorare e controllare continuamente il percorso di acquisto dove si trova un lead. Nel corso di una trattativa un prospect può adottare diverse scelte, come proseguire nell’acquisto oppure fermarsi prima. Potendo verificare i comportamenti dei clienti, puoi adottare le decisioni strategiche migliori per soddisfare le loro necessità o chiarire alcuni dubbi; offrire un customer service accurato e immediato. Gli operatori addetti al servizio clientela possono accedere ai dati registrati in un unico canale, così da avere ben chiara la problematica o la richiesta del cliente e fornire una risposta pertinente; allineare tutti i team, conferendo una maggiore professionalità all’intera azienda. I CRM possono infatti essere gestiti da interi gruppi di lavoro, all’interno dei quali ogni membro ha un suo ruolo; calcolare la customer retention rate, che definisce il tasso di abbandono dei clienti, e capire quali sono i motivi. Risolvendo le criticità che ti fanno perdere i clienti riuscirai a migliorare il processo di acquisizione e di fidelizzazione. Un’azione importantissima, poiché è sempre più complesso mantenere un cliente in un mercato così digitalizzato e competitivo. CRM esempi pratici per sfruttarne le potenzialità Ecco degli esempi pratici per capire come usare un CRM e perché è indispensabile per la tua attività. Fino a qualche anno fa nei processi di vendita veniva usato Excel, uno strumento sicuramente valido ma inefficace per la gestione di un’enorme quantità di dati. Inoltre ogni singolo team lavorava slegato dagli altri e i rapporti tra di loro erano frammentati. Un software CRM invece unifica tutti i team, che possono condividere le loro idee e le informazioni in modo trasparente. Il processo di vendita risulta più veloce e migliora la collaborazione tra i vari team, a beneficio della produttività. Prendiamo come esempio il dirigente di un’azienda che, per vari motivi, è spesso in giro o in viaggio per lavoro. Con i vecchi sistemi era praticamente necessario stare continuamente collegati al pc. I CRM hanno radicalmente cambiato il modo di lavorare: oggi con pochi clic, anche da smartphone, è possibile accedere in modo immediato alle informazioni utili e avere una panoramica generale sull’andamento dell’azienda. Un’altra criticità riguarda l’assegnazione di compiti specifici ai vari dipendenti in un’azienda. Alcuni possono essere sommersi di lavori, mentre altri risultano liberi. Un CRM aiuta a conoscere, in ogni momento, le varie attività dei dipendenti e quindi la distribuzione dei compiti può essere fatta con maggiore oculatezza. Si potrebbero così riassumere i vantaggi di un sales CRM: accesso immediato alle informazioni giuste in ogni momento; maggiore controllo di tutte le operazioni e dei processi aziendali; eccellente coordinamento tra i vari team; previsione delle tempistiche; visione d’insieme delle varie attività; fruibilità anche in mobilità, con la possibilità di accedere alle informazioni ovunque e da qualsiasi strumento; facilità di utilizzo; collaborazione più efficiente; processo di vendita più veloce. Conclusioni Che tu abbia una piccola attività, una grande azienda o addirittura se il tuo progetto è solo embrionale, il CRM è la risposta migliore a tutte le tue domande. Molte piccole imprese, partendo da zero, si sono potute espandere in poco tempo proprio grazie all’uso del CRM. Tra i migliori sul mercato c’è HubSpot, perfettamente adattabile a qualsiasi necessità. A tal proposito se vuoi saperne di più puoi leggere il nostro ebook, scaricando il link subito dopo l’articolo, per capire come funziona questa piattaforma e mettere le ali alla tua attività. Image by upklyak
Oggi la comunicazione in qualsiasi ambito è fondamentale e infatti i report aziendali rivestono un ruolo strategico di straordinaria importanza all’interno delle aziende. La reportistica ha lo scopo principale di presentare gli obiettivi raggiunti alla fine di un lavoro. I report aziendali sono solitamente utilizzati da consulenti o project manager e danno valore al lavoro fatto. Nei seguenti paragrafi ti spiego cos’è il reporting aziendale e quali sono gli elementi da tenere in considerazione per stilarlo in modo impeccabile. Reporting aziendale: cos’è e quali sono i rischi se non viene fatto correttamente Un report aziendale è uno strumento di analisi, controllo e previsione sull’andamento di una società, una fotografia sull’attività basata sul fatturato, sui bilanci e sulla solidità dell’azienda. Tale strumento fornisce una serie di dati da prendere in considerazione per individuare eventuali criticità e porvi subito rimedio e in generale per testare la “salute” dell’azienda. Il report aziendale può essere utile anche per: Esaminare uno o più problemi all’interno di un’azienda e trovare una soluzione; Elencare i risultati ottenuti dopo aver intrapreso una o più azioni mirate; Arrivare a conclusioni basate sui dati presenti nel report; Valutare cambiamenti di strategie; Dimostrare un’ottima capacità comunicativa analizzando problemi e criticità all’interno dell’azienda, traendo spunti da dati reali e concreti. Il report deve essere obiettivo e formale, in caso contrario c’è il rischio di mandare all’aria tutto il lavoro fatto. Se non è strutturato correttamente, non saresti in grado di mostrare il tuo lavoro o di evidenziare i risultati raggiunti. Ecco perché i tuoi report devono essere estremamente comunicativi e facili da comprendere, dimostrando non solo il lavoro svolto ma anche gli obiettivi conseguiti. Nei seguenti paragrafi ti illustro alcuni esempi di report aziendali, suggerendoti le regole d’oro da seguire. Le 7 regole d’oro da seguire I modelli di report aziendali devono essere stilati secondo regole precise, affinché il messaggio arrivi diretto e perfettamente comprensibile. Prima di elencarti le 7 regole d’oro ti consiglio di dotarti degli strumenti giusti, come HubSpot, che ti consente di raccogliere tutti i dati aziendali in un unico posto e di preparare report personalizzati secondo le tue necessità. Ecco le regole che devi tenere a mente per un perfetto report aziendale: Crea un menu di apertura; Focalizzati sul destinatario; Concentrati sui punti salienti; Usa la tecnica della domanda e della risposta; Cura la parte estetica; Sfrutta la potenza dei numeri; Personalizza il report. Analizziamo una ad una tutte queste impostazioni da seguire per creare un report aziendale perfetto. 1. Crea un menu di apertura Quando entri in un ristorante giustamente la prima cosa che guardi è il menu. La stessa cosa vale per chi legge il tuo report che, consultando il menu di apertura, può subito verificare cosa contiene. In caso contrario chi legge il report non avrà una visione chiara di ciò che troverà e dovrà invece scoprirlo di volta in volta. Perché complicarsi la vita, quando basta creare un menu di apertura? A tal proposito ti consiglio anche di creare un piccolo menu di apertura sulle eventuali slide che utilizzi, per armonizzare tutta la presentazione. 2. Focalizzati sul destinatario Molte persone, quando creano un report aziendale, commettono l’errore di focalizzarsi su loro stesse, come se fossero loro i destinatari. Con questa concezione mentale c’è il rischio di creare collegamenti che capiscono solo loro. Il focus del tuo report deve invece essere il tuo destinatario. Devi evidenziare le cose che interessano a lui, non a te. Questo non significa che tu non possa successivamente realizzare un report per te stesso, ma punta prima a soddisfare il tuo interlocutore, poiché è lui che devi convincere. 3. Concentrati sui punti salienti Oggi va per la maggiore il concetto di “less is more”, secondo il quale bisogna puntare all’essenziale senza tanti giri di parole. Il report deve essere minimal, quindi breve e conciso. Concentrati sui punti salienti, aiutandoti magari con dei grafici precisi e intuitivi. Le immagini hanno una potenza dirompente e restano impresse nel cervello umano molto più a lungo, ecco perché dovresti usare i grafici per esprimere in modo pragmatico ed essenziale i tuoi concetti. Non sarebbe possibile inserire tutti i dati manualmente, poiché rischi di generare una quantità enorme di informazioni che distolgono l’attenzione su ciò che invece desideri evidenziare. Puoi utilizzare semplici concetti per dare risalto ai punti più importanti, senza stilare una serie di elenchi che rischiano di annoiare e di appesantire il report con troppi dati e numeri. 4. Usa la tecnica della domanda e della risposta La tecnica della domanda e della risposta è utilissima sia per te che per il tuo interlocutore. Puoi infatti focalizzarti sulle domande tipiche che si pongono generalmente i tuoi interlocutori, fornendo risposte chiare e concise che diano una reale soluzione al problema. Il tuo interlocutore, a sua volta, si sente coinvolto nel processo e il tuo report non risulta un monologo, anzi, simula l’interazione con il tuo pubblico di riferimento. La tecnica della domanda e della risposta rende anche più dinamica la presentazione del report, tenendo alta l’attenzione di chi ascolta. 5. Cura la parte estetica Una volta assolti i requisiti di praticità e funzionalità, puoi prestare uno sguardo anche all’estetica. Attenzione però: quando si parla di estetica di un report aziendale non si fa riferimento solo alla “pulizia” e alla grafica della presentazione, ma anche al suo impatto visivo. Se ad esempio vuoi dare risalto ad un concetto, puoi scrivere una parola con lettere grandi su un ampio spazio bianco. Così facendo isoli il concetto dalle altre frasi, evidenziandone l’importanza, e lo rendi ben visibile. Occhio anche all’uso dei colori, che vanno selezionati con oculatezza. Usane pochi e coerenti nel loro significato. Presta attenzione anche ai font, che devono essere leggibili e senza troppi orpelli stilistici. In generale il report deve essere perfettamente armonizzato, anche nello stile, per essere facilmente leggibile e senza distrazioni visive. 6. Sfrutta la potenza dei numeri Se i grafici danno sostanza ai concetti espressi, i numeri danno ulteriore forza. Non sempre è facile comunicare la forza di un obiettivo o di un’idea con le sole parole, ecco perché devi usare i numeri. I concetti sono opinabili, chiunque potrebbe contraddire quello che stai dicendo soprattutto se si tratta di un’idea. Le cose cambiano radicalmente se usi i numeri a sostegno di quello che stai dicendo. Un numero non è opinabile, è un fatto. Se ad esempio sostieni che una determinata campagna ha avuto successo, e rafforzi la tua idea presentando una crescita delle vendite, nessuno può contraddirti. 7. Personalizza il report Oggi la personalizzazione dei servizi è una delle chiavi per fidelizzare i clienti. Il mondo esterno ci offre così tante possibilità, che ognuno di noi pretende un servizio plasmato e costruito sulle sue esigenze. Considerando che hai gli strumenti per farlo, puoi personalizzare i tuoi report secondo le preferenze dei tuoi clienti. In questo modo dai davvero valore al cliente, che si sente realmente preso in considerazione. Reporting aziendale esempi A questo punto non ci resta che capire come stilare un report aziendale da un punto di vista pratico. Ecco un esempio di struttura: Pagina del titolo; Pagina di riepilogo; Sommario; Introduzione; Metodi e risultati; Conclusione; Bibliografia; Appendici. Pagina di titolo Il titolo deve racchiudere i contenuti principali del tuo report con parole efficaci ma capaci di colpire subito chi lo legge. Pagina di riepilogo La pagina di riepilogo deve contenere gli elementi chiave del tuo report. Può essere di 2-3 paragrafi o anche di più, molto dipende dalla quantità di informazioni presenti. Sommario Se il tuo report è breve il sommario non è necessario, poiché hai già presentato tutto nel riepilogo. Se invece il tuo report è piuttosto corposo è preferibile inserire il titolo in ogni sezione con un sommario suddiviso in categorie e sottosezioni. Introduzione L’introduzione serve per supportare la presentazione fornendo informazioni base e indicando qual è l’intento del report. Metodi e risultati In questa sezione vanno inseriti i metodi utilizzati per la ricerca, per poi trarre i risultati ottenuti e le eventuali scoperte fatte. Sono molto utili i grafici per dare maggiore forza alle proprie argomentazioni. Conclusione Nella conclusione si fa una sorta di bilancio su quanto detto, indicando le soluzioni per affrontare determinate problematiche. Bibliografia Se sono state utilizzate delle fonti esterne, sicuramente è utile indicare quali sono. La bibliografia può comprendere libri, fonti online, documenti aziendali e articoli accademici di una certa autorevolezza. Appendici Eventualmente si può usare anche un’appendice per mostrare i materiali di supporto usati, dando ulteriore sostanza al report. Considerazioni finali Qualunque sia la tua attività, i report aziendali sono degli strumenti utilissimi per dare risalto al tuo lavoro e mettere in evidenza eventuali criticità dell’azienda, sulle quali lavorare per trovare la soluzione più indicata. Ora sai tutto dei report aziendali: esempi, struttura e dati da inserire. Se vuoi saperne ancora di più puoi approfondire il discorso scaricando l’ebook sottostante, una guida alle principali funzioni gratuite di HubSpot, strumento preziosissimo per il tuo business a 360°. Se invece vuoi avere un'infarinata su cos'è Hubspot, nel nostro blog ci sono numerosi articoli a riguardo. Image by rawpixel.com on Freepik
La Business Intelligence nel marketing non è una prerogativa esclusiva delle aziende che operano nel marketing digitale, ma è uno strumento utilissimo anche per franchising e catene di negozi. L’obiettivo principale della Business Intelligence è gestire e analizzare al meglio i dati a disposizione, per poi adottare le decisioni strategiche più indicate secondo il proprio settore operativo. Possiamo suddividere la BI in 3 fasi storiche: Anni ‘60: in questi anni è nato il concetto di BI come metodo di condivisione delle informazioni; Anni ‘80: si è sviluppata una maggiore sinergia di condivisione dei dati grazie ai modelli informatici; Anni 2000: con l’introduzione di modelli di analisi veloci e flessibili. Puoi conoscere meglio la tua attività, ma anche il profilo dei tuoi clienti migliori ai quali riservare le maggiori attenzioni, e i prodotti più ricercati sul mercato. Già queste conoscenze ti danno utili indicazioni per pianificare le tue strategie future. In realtà le aziende hanno già a disposizione tutti i dati per capire se la loro attività è in salute o meno, se determinate strategie stanno funzionando o se è il caso di apportare dei cambiamenti. Il problema è che non hanno gli strumenti adatti per leggerli. Il compito della BI è proprio questo: raccogliere ordinatamente i dati e poi leggerli nel modo giusto, per intraprendere successivamente azioni mirate per aumentare la produttività dell’azienda. Esaminiamo nello specifico cos’è la Business Intelligence nel marketing, come sfruttarla e quali benefici apporta in termini economici, di produttività e di immagine. Cosa si intende per Business Intelligence nel marketing? Le aziende ogni giorno immagazzinano una gran quantità di dati che contengono informazioni preziosissime. Possono essere considerati dati grezzi che, presi singolarmente, non forniscono molte indicazioni. Se però vengono messi insieme e letti nel modo giusto, forniscono spunti utilissimi per adottare le decisioni migliori in termini strategici e operativi. Un’operazione del genere è indicata per qualsiasi attività: dalla multinazionale al negozietto di quartiere. La BI aiuta a identificare e pianificare i problemi, per poi fornire le risposte migliori. L’ultimo step è la verifica dell’efficacia della strategia intrapresa. In pratica la BI combina elementi vari di data mining e business analytics per elaborare i dati e poi tradurli in operatività. Per attuare in maniera vincente ed efficace un processo di Business bisogna basarsi su 3 elementi: Dati, cioè tutti gli elementi alfanumerici raccolti in un database; Informazioni, che vengono appunto raccolte ed estrapolate dopo l’analisi dei dati; Conoscenza, derivante a sua volta dalla raccolta delle informazioni. La Business Intelligence inoltre è utile sia per le attività appena nate, sia per quelle già avviate che vogliono crescere oppure apportare delle modifiche significative. L’obiettivo è quello di raggiungere un vantaggio sugli altri competitor, trasformando i dati in informazioni e le informazioni in conoscenza. Le aziende, forti di una conoscenza che poggia su solide fondamenta poiché derivante dallo studio e dall’analisi di dati certi ed empirici, possono così avviare il processo decisionale che si snoda in 5 punti fondamentali: Intelligence, che consente di individuare la questione sulla quale andrà presa una decisione; Design, nel quale si pianificano le soluzioni possibili anche tramite il brainstorming; Scelta, cioè la fase finale del processo decisionale dopo l’analisi dei dati e delle informazioni a disposizione; Implementazione, nella quale bisogna agire in modo coerente in base al piano adottato; Controllo, che consiste nella verifica dei risultati e nella valutazione sull’efficacia delle azioni intraprese. Hai davvero bisogno della Business Intelligence? Sì, ecco perché! Alcuni professionisti ritengono di non aver bisogno della Business Intelligence, poiché hanno un’attività di piccole dimensioni e perché gli affari vanno bene. In primis la BI, come già specificato, è utilissima per qualsiasi attività; in secundis, anche se gli affari vanno bene, perché non possono andare meglio? Per una valida azione di Business Intelligence è necessario dotarsi degli strumenti giusti, come HubSpot, che consente di analizzare visivamente i dati a disposizione, così da creare report e dashboard approfonditi sulle vendite. Puoi quindi ottenere informazioni a 360° sui canali di vendita e condividere i report con gli altri team aziendali. La BI aiuta a prendere le decisioni migliori in ogni circostanza procedendo secondo 3 step: Reperimento dei dati; Conoscenza e documentazione dei dati; Costruzione di report. Miglior reperimento dei dati I dati vengono raccolti nelle aziende su vari database, risultando di fatto frammentati. L’interrogazione e l’analisi dei dati sono quindi particolarmente difficoltose, sia per la loro eterogeneità sia perché ogni database richiede credenziali di accesso diverse. Mettere insieme l’enorme mole di Big Data di un’azienda diventa un’operazione titanica per i dipendenti, con ricadute inevitabili in termini di produttività. C’è poi da considerare un altro rischio: la ridondanza dei dati. Informazioni e dati possono ripetersi più volte nei database, situazione che dilata ulteriormente i tempi di analisi. Le anagrafiche di clienti e fornitori o le caratteristiche dei prodotti possono essere ripetute più volte, magari anche con omissioni, differenze ed errori, e l’analisi diventa ancora più difficoltosa e complessa. In tal senso la BI rappresenta una vera ancora di salvezza per le aziende, che possono invece raccogliere i dati in un solo posto per poi analizzarli e sviscerarli con estrema precisione. Sono evidenti i benefici in termini di produttività, poiché i dipendenti recuperano tempo prezioso per altre attività. Analisi più accurate Quando i dati sono frammentati e suddivisi c’è un altro rischio: solo alcune persone, che magari interagiscono poco e male tra di loro, ne possono prendere visione. In tal caso i dati possono essere male interpretati, proprio perché non c’è interconnessione tra loro e vengono analizzati singolarmente e non nel contesto generale. I report quindi non solo risultano inutili, ma anche dannosi, poiché possono essere fuorvianti e quindi fornire suggerimenti sbagliati per prendere le decisioni strategiche più adeguate. In sostanza la pianificazione aziendale si basa su assunti sbagliati e inevitabilmente si fallisce nel raggiungimento degli obiettivi prefissati. Tutto questo può essere risolto con la documentazione delle basi dati, che talvolta è insufficiente o del tutto assente. Tramite precise strategie di BI è possibile raccogliere i dati nella loro interezza, stilando report affidabili, facilmente interpretabili e funzionali. Costruzione eccellente di report Le azioni intraprese fino a questo momento ci portano ad una perfetta costruzione di un report, sul quale pianificare le future strategie aziendali. Senza una valida analisi dei dati i report risultano frammentari, incompleti e poco affidabili. Al contrario con la BI risulta più facile accedere e reperire i dati, che possono essere raccolti da tutti i team aziendali. L’azienda può ottimizzare i tempi e tagliare le spese inutili, a beneficio del suo profitto. Quali sono i principali benefici per aziende ed e-commerce? Gli strumenti di Business Intelligence consentono di avere un vantaggio competitivo nel proprio mercato di riferimento e, proprio grazie ad una conoscenza approfondita del settore, adottare le strategie di marketing più efficaci. Possiamo così riassumere i vantaggi per le aziende: Individuare il segmento migliore verso il quale indirizzare le proprie promozioni; Individuare l’area geografica sulla quale insistere per presentare le proprie campagne, operazione utilissima soprattutto per il local e-commerce; Monitorare annualmente il tasso di crescita della propria attività; Valutare quali sono i clienti migliori; Capire quali sono i prodotti più richiesti in un determinato periodo. La Business Intelligence, come già anticipato, risulta efficace tanto nei negozi fisici che negli e-commerce. Nel mercato online la BI consente di: Stilare un identikit ben preciso dei propri clienti; Acquisire informazioni importanti sia sul processo di vendita che di post-vendita; Valutare il tasso di fidelizzazione dei clienti; Prevedere quali clienti saranno più reattivi in seguito a determinate promozioni o campagne pubblicitarie. Le aziende, con tutti questi dati a disposizione, hanno una panoramica ampia e completa del loro mercato, così da ottimizzare e pianificare con largo anticipo le azioni più efficaci per la loro attività. Conclusioni finali La Business Intelligence rappresenta un’opportunità che le aziende non possono lasciarsi sfuggire. Le attività che operano con efficaci strategie di marketing basate sul BI non solo conseguono la leadership nel loro settore, risultando veri e propri punti di riferimento, ma la mantengono sul medio-lungo periodo. Oggi si sta diffondendo sempre di più la “cultura” dell’analisi dei dati, che consente di muoversi con agilità nel proprio settore di riferimento per generare profitto. Le piattaforme di Business Intelligence consentono di identificare le tendenze e le opportunità di ricavo, adottare i processi decisionali più opportuni e migliorare le prestazioni. Ogni azienda deve porsi l’obiettivo non solo di raggiungere un numero quanto più alto possibile di clienti, e quindi di vendite, ma anche di fidelizzarli e conquistarne sempre di più. Solo con questa mentalità “ambiziosa” è possibile creare un progetto che sia vincente non solo nell’immediato, ma anche nel futuro. Nel corso dell’articolo ti ho accennato di quanto sia utile HubSpot per un’efficace politica di BI. Se vuoi approfondire il discorso puoi leggere l’ebook gratuito, presente qui sotto, che ti spiega cos’è HubSpot e come adottare un modello di business vincente che ti aiuta a far volare il tuo fatturato. Image by Freepik
I white paper e gli ebook fanno ormai parte delle strategie commerciali delle aziende, soprattutto per attrarre e conquistare nuovi clienti. Questi due strumenti sono particolarmente intelligenti poiché, pur rappresentando forme di pubblicità, non sono invasive e anzi forniscono preziosi consigli ai lettori. Possono essere gratuiti o a pagamento, ma solitamente gli utenti possono scaricarli senza pagare un euro. Sono generalmente contenuti che le aziende offrono ai loro clienti per accattivarseli, fornendo comunque soluzioni, proposte e strategie per affrontare determinate problematiche in ambito lavorativo, e non solo. Conosciamoli meglio white paper ed ebook partendo proprio dalle differenze. Differenza tra white paper ed ebook e la loro storia White paper ed ebook in realtà non presentano grandi differenze, ma si distinguono principalmente per lo stile e il tono. Il white paper è un documento che dà delle risposte precise ad un lettore e lo aiuta a risolvere determinate criticità. È piuttosto sintetico, si concentra su un argomento ben definito e si rivolge ad un pubblico abbastanza specializzato. L’ebook è un libro in formato elettronico e mantiene la stessa struttura di un libro cartaceo. Ha uno stile e un tono di scrittura più freschi e informali, quasi colloquiali, e talvolta è accompagnato da grafiche simpatiche e intuitive. Si tratta comunque di sfumature molto sottili ed entrambi gli strumenti hanno il medesimo obiettivo: accattivarsi il lettore e fidelizzarlo come cliente. Per quanto riguarda la storia, il white paper è più datato. Comparve per la prima volta nel 1920 e fu utilizzato dal regime britannico. Questi libri, caratterizzati appunto da una copertina bianca, racchiudevano documenti governativi che, tramite il racconto dei fatti, esplicavano le decisioni adottate dal Governo per far fronte a determinate situazioni. Più recente l’ebook, che invece ha fatto la sua comparsa alla fine degli anni ‘90. Nacque per offrire ai lettori un’alternativa al libro cartaceo, alla luce della digitalizzazione sempre più dilagante. Perché sono strumenti così efficaci? White paper ed ebook contengono una serie di nozioni, anche tecniche, che rappresentano un valore aggiunto. Chi opera in un determinato settore può realmente approfondire e arricchire le sue conoscenze e competenze, venendo a conoscenza di “best practices”, tecniche, strategie e trucchi per migliorare l’approccio nel proprio business di riferimento. Per scrivere contenuti realmente convincenti devi dimostrare padronanza e conoscenza della materia, così da conquistare la fiducia del pubblico e apparire ai suoi occhi come un risorsa di valore davvero affidabile. Le idee però sono opinabili, ecco perché devi sempre supportarle con dati, numeri, report e statistiche. Su un’opinione si può discutere all’infinito ma i numeri sono fatti, non possono essere contestati. Se racconti che una tecnica di vendita è vincente, devi suffragare la tua teoria con elementi inattaccabili, come appunto report e statistiche, così da convincere anche i clienti più diffidenti. Il tuo contenuto, se ritenuto affidabile, inizia a circolare sempre più tra i tuoi potenziali clienti. Ne trae beneficio la reputazione dell’autore e, di conseguenza, dell’azienda. Se la struttura di un ebook o di un white paper ha funzionato, conservala per progetti futuri. Ebook e white paper rientrano nelle strategie di inbound marketing, che puoi ulteriormente perfezionare con HubSpot per rafforzare il rapporto con i tuoi clienti. Gli step per scrivere un ebook o un white paper Come scrivere un ebook o un white paper? La domanda non è affatto scontata, perché probabilmente non hai nemmeno idea da dove partire e come strutturare il tutto. Magari il compito viene affidato ad un copywriter, abituato a scrivere articoli di 500-600 parole; oppure ad un manager, un dirigente o un dipendente che non ha mai scritto. In questi casi può subentrare la cosiddetta sindrome da foglio bianco, che “colpisce” gli scrittori o i poeti che non sanno cosa scrivere o come iniziare. Eccoti quindi alcuni consigli utili perché la cosa importante è proprio iniziare a scrivere, successivamente puoi ritornare, aggiustare e modificare i contenuti come ritieni opportuno. Introduzione L’introduzione può essere considerata come le fondamenta di un palazzo e va intesa come una guida generale su ciò che andrai a scrivere. Aiutati con delle liste puntate per rendere la presentazione schematica e facilmente intuitiva per tutti. Incuriosisci e sorprendi i tuoi lettori, con frasi ad effetto che li spingono a proseguire la lettura e “divorare” il libro. In questo modo “scaldi” il tuo pubblico con un antipasto molto gustoso, per poi saziare la sua fame di curiosità con un menù ricco e completo che lo soddisfi completamente. Storytelling É dimostrato che le storytelling, cioè storie vere di vita vissuta, abbiano un impatto decisamente maggiore sul cervello umano. Il lettore infatti si immedesima nella storia, andando così a toccare le giuste corde emotive. Se hai ottenuto successo e racconti la tua storia, le persone si fideranno molto di più di te e la tua credibilità salirà alle stelle, imponendoti come una fonte autorevole, credibile e degna di fiducia. Poni le giuste domande e fornisci le risposte più pertinenti Quando scrivi un ebook o un white paper devi chiederti a chi ti stai rivolgendo. Magari puoi descrivere perfettamente come gestire al meglio un’attività ristorativa, ma se il tuo target di pubblico è composto prevalentemente da adolescenti il tuo contenuto non avrà grande presa. Mettiti nei panni dei tuoi potenziali lettori e, guardando le cose dal loro punto di vista, chiediti quali sono le domande che potrebbero porsi. Così facendo avrai una panoramica più ampia e riuscirai a fornire le risposte più adeguate e pertinenti. Racconti di case study Le persone talvolta capiscono la teoria, ma non riescono a mettere in pratica quanto appreso. Come puoi aiutarle? Raccontano esempi di case study di successo, ossia i casi di studio. I case study sono racconti di vita reale, che illustrano il successo di un brand o di una persona, dai quali trarre spunti interessanti da prendere come esempio. Se una persona ha avuto successo in un determinato settore seguendo specifiche “best practices”, tanto vale imitarle. Liste Impara ad usare le liste, uno strumento pratico da padroneggiare con attenzione. Le liste hanno il potere di schematizzare le cose, una qualità da non sottovalutare considerando che il lettore moderno è generalmente pigro. Tutte le nozioni principali vengono “impacchettate” in modo schematico e lineare nelle liste, un faro da seguire nel “mare magnum” delle informazioni date. Che tipologia di contenuti scrivere? Ora sai come scrivere un ebook o un white paper e come individuare la tipologia di pubblico al quale rivolgerti. A questo punto però c’è da porsi un’altra domanda: che tipologia di contenuti scrivere? Fondamentalmente se ne possono individuare tre: Tecnici; Finalizzati a risolvere un problema; Strategici. Contenuti tecnici I contenuti tecnici sono destinati ad un pubblico altamente specializzato in un determinato settore. In tal caso puoi usare anche parole specifiche e tecniche, solitamente poco comprensibili ad un pubblico generico. Piuttosto che sulle nozioni di base, probabilmente già note al tuo pubblico di riferimento, devi concentrarti su nuovi temi di ricerca o tecnologie innovative relative ad un settore. Trattandosi di contenuti tecnici, i tuoi lettori si aspettano un elevato grado di conoscenza. Se non hai le giuste nozioni non impelagarti in un progetto simile, ma affidati ad un professionista autorevole del settore per evitare strafalcioni o epic fail” che rischierebbero di erodere la tua credibilità. Risoluzione di un problema Le persone sono costantemente alla ricerca di una soluzione che risolva i loro problemi. Questo è un ottimo spunto per scrivere contenuti, come una sorta di tutorial, che forniscono soluzioni concrete per risolvere criticità che avvengono nella vita reale. Tali contenuti sono generalmente destinati a persone che hanno un elevato potere decisionale e che quindi cercano soluzioni mirate e pertinenti. Ai fatti dovresti affiancare foto e materiali visivi, come statistiche e grafici, che danno ulteriore forza a quanto scritto. Ebook e white paper strategici Infine ci sono gli ebook e i white paper strategici, che hanno l’obiettivo di cambiare e modificare il trend in un determinato settore. Sono rivolti a grandi gruppi, come manager o autorità pubbliche in generale, e finalizzati a perseguire strategie diverse per differenziarsi dai competitor. I paper e gli ebook strategici possono essere sovrapponibili a quelli tecnici, quindi potresti realizzare un mix attraendo un target di pubblico ancora maggiore. Considerazioni finali White paper ed ebook dovrebbero essere scaricabili gratuitamente come file PDF su una landing page, così chiunque può leggerli in ogni momento e da qualsiasi dispositivo. I lettori apprezzeranno questo “regalo”, poiché ciò che è gratuito è sempre ben accetto, e inoltre puoi generare traffico aggiuntivo sulle tue pagine. I contenuti possono essere condivisi anche sui canali social o tramite le newsletter per attrarre ancora più pubblico. Siamo grandi sostenitori degli ebook e della loro efficacia, proprio per questo motivo nell’apposita sezione dedicata alle “risorse gratis” del nostro sito ti proponiamo una ricchissima lista di contenuti da scegliere. Puoi iniziare scaricando l’ebook sottostante che ti spiega come costruire una strategia di contenuti da urlo. Image by snowing on Freepik
L’epoca in cui stiamo vivendo passerà alla storia come quella della rivoluzione digitale, che ha un’importanza pari alla rivoluzione industriale a cavallo del ‘700 e dell’800. Ogni processo, tanto nel mondo lavorativo quanto in quello privato, è digitalizzato e dominato dalla tecnologia. Eppure, nonostante questo passaggio epocale verso l’online, la gente continua ad essere particolarmente legata al mondo offline. Proprio dall’unione tra online e offline è nato il phygital, un concetto che si sta imponendo in ogni latitudine. Soprattutto le aziende non possono ignorare il concetto di phygital, nel quale camminano di pari passo online e offline. Con l’avvento del digitale i punti vendita fisici hanno considerato, erroneamente, l’online come un nemico. Col tempo invece hanno iniziato a capire che online e offline non solo possono, ma devono procedere a braccetto poiché unendo le loro forze consentono di ottenere risultati migliori. Analizziamo quindi più nello specifico il concetto più intrinseco di phygital e le grandi potenzialità da sfruttare. Cosa significa phygital? Phygital deriva dalla fusione di due parole: fisico e digitale. Il cliente, durante il processo di acquisto, potrebbe avere bisogno o preferire a seconda delle necessità servizi digitali o fisici. La fisicità, nell’epoca del digitale, continua ad avere una notevole centralità nel percorso d’acquisto del cliente. I motivi sono tanti, ma ne possiamo individuare principalmente due. Nonostante la nascita di tanti siti ed e-commerce, i consumatori non vogliono rinunciare del tutto all’esperienza che solo un negozio fisico può offrire. Questo succede in determinati mercati, come ad esempio l’abbigliamento. Su un sito web, per quanto ben fatto e perfettamente strutturato, non è possibile toccare con mano un capo d’abbigliamento o valutare la qualità del tessuto. L’obiettivo del phygital è proprio questo: offrire un servizio a 360° per il cliente, in grado di soddisfarlo indipendentemente dal canale che utilizza. Secondariamente c’è da fare un discorso più “emozionale”: i consumatori non vogliono perdere del tutto il contatto umano con le persone. In un punto vendita fisico i clienti possono parlare, chiedere informazioni e instaurare un rapporto umano con i venditori. Cosa che non si può fare tramite l’online, dove talvolta ci si ritrova a interfacciarsi con un chatbot. Il digitale, nonostante tutti i vantaggi e i benefici portati in dote, non può quindi fare a meno del mondo fisico. La nascita del phygital: dagli anni ‘90 all’epidemia da Covid-19 Prima di approfondire i vantaggi e le strategie da adottare per sfruttare al massimo tutte le potenzialità del phygital, può essere utile capire come è nato e qual è stato il suo percorso nel corso della storia. Il digitale ha iniziato ad avere uno sviluppo importante negli anni ‘90, con la globalizzazione e la diffusione di Internet. Una vera svolta è arrivata agli inizi del 2000 con il boom degli smartphone, dispositivi posseduti praticamente da chiunque: bambini, giovani, adulti e anziani. Tutto il mondo è connesso e proprio in questo periodo è nato il concetto di phygital. Per la precisione il termine fu coniato nel 2014, fondendo le parole “physical” e “digital”, quando la catena statunitense Loew’s introdusse due robot come supporto alla vendita per verificare come la robotica potesse aiutare clienti e dipendenti. Il concetto di phygital ha raggiunto il suo apice nel periodo di pandemia, quando era praticamente impossibile accedere ai luoghi fisici. Così le sfilate di moda venivano trasmesse sui social e diversi lavori sono stati portati avanti in smart working. Questi sono solo due esempi di phygital, ma ce ne sono davvero tanti che hanno radicalmente cambiato il marketing. Il tutto comunque finalizzato ad offrire un servizio omnicanale al cliente, che resta l’obiettivo principale anche per il phygital, e costruire un’esperienza d’acquisto plasmata su misura per lui. I 3 vantaggi principali Per comprendere i vantaggi del marketing phygital bisogna partire da un concetto: il consumatore oggi è iperconnesso, quindi vuole sfruttare contemporaneamente tutti i benefici del mondo fisico e digitale. Non sono rari i casi in cui un cliente prova un abito o delle scarpe nei negozi fisici, per poi cercarli online al prezzo più conveniente. Oppure può verificarsi il processo inverso, cioè cercare online il prodotto più indicato alle proprie necessità per poi completare l’acquisto nei punti vendita fisici, dove valutare da vicino l’articolo desiderato. Questo approccio fa sì che il consumatore passi dall’online all’offline in maniera del tutto naturale e disinvolta, muovendosi dal mondo fisico a quello digitale e viceversa senza soluzione di continuità. I vantaggi da evidenziare sono principalmente 3: Immediatezza: il cliente può effettuare l’operazione che desidera in tempo reale e ogni volta che lo desidera; Immersione: il cliente è completamente calato nella sua esperienza, risultando il protagonista principale del processo d’acquisto; Interazione: il cliente può interagire durante l’acquisto, come desidera, per soddisfare anche la parte emotiva. Per sfruttare al massimo il marketing phygital le aziende devono offrire un’esperienza immediata, coinvolgente e interattiva. Vanno quindi sfruttate tutte le tecnologie del settore, come quelle messe a disposizione da HubSpot, che consente di conservare e gestire tutti i dati dei clienti, per poi offrire una customer experience cucita addosso a loro e personalizzata secondo le loro preferenze. L’importanza del concetto di omnicanalità Quando parliamo di phygital dobbiamo inevitabilmente considerare il concetto di omnicanalità. Capire come offrire un servizio omnicanale al cliente è uno step fondamentale per un’azienda solida e affidabile. Ogni azienda ha il suo target di pubblico, ma al suo interno i clienti possono preferire canali diversi. C’è chi preferisce i canali tradizionali, come il telefono, e chi invece utilizza più frequentemente canali digitali come social, chat e servizi di messaggistica istantanea. Con le nuove tecnologie non è possibile offrire al cliente un unico canale di comunicazione, poiché la sua esperienza d’acquisto non sarebbe appagata. Per omnicanalità si intende proprio la capacità di offrire diversi canali dove poter comunicare, che all’occorrenza siano interconnessi e intercambiabili tra di loro. Un cliente potrebbe inviare un’email per ricevere informazioni su un prodotto, per poi proseguire il rapporto con il brand tramite i canali social. L’azienda, indipendentemente dai canali utilizzati, deve rispondere con lo stesso tono di voce avendo tutte le informazioni del consumatore sempre a portata di mano. Un utente che preferisce parlare con una persona sarebbe frustrato se invece venisse indirizzato ad un servizio di chatbot. Oppure, al contrario, preferirebbe parlare con un chatbot semplicemente per sapere se un prodotto è disponibile o meno, mentre viene rimbalzato tra centralini telefonici che magari non sanno fornire una risposta adeguata. Se invece metti a disposizione diversi canali efficienti e proattivi rendi il cosiddetto viaggio del consumatore piacevole e soddisfacente. I consumatori devono essere messi in grado di fare ciò che desiderano come e quando vogliono, rivolgendosi al canale che preferiscono a seconda delle circostanze. I 3 step per una strategia phygital A questo punto possiamo concentrarci sulle principali strategie phygital, che hanno come obiettivo principale la soddisfazione e quindi la fidelizzazione del cliente. Un consumatore soddisfatto diventa una forma di pubblicità a costo zero, poiché parlerà bene della tua azienda con amici, parenti e colleghi ma anche sui social, fortificando l’affidabilità e la reputazione del tuo brand. Il miglioramento dell’esperienza del cliente è la meta che devi raggiungere e per farlo puoi adottare 3 strategie: Fusione dell’online e dell’offline; Sfruttamento a 360° di tutte le tecnologie; Fornire al cliente un’esperienza dall’effetto wow. Adotta azioni finalizzate ad integrare online ed offline Impara a conoscere le dinamiche dei canali che metti a disposizione e soprattutto l’approccio dei tuoi clienti. Magari alcuni preferiscono chiedere informazioni online, per poi completare l’acquisto nel negozio fisico. Devi capire come espandere le relazioni con i clienti e stimolare le vendite, così da creare un rapporto di fiducia. Le piattaforme, anche se online e offline, possono essere perfettamente integrate. Sta a te capire come farlo in base al business e al tuo target di pubblico. Sfrutta la tecnologia a 360° La tecnologia oggi offre strumenti all’avanguardia che vanno sfruttati nel modo giusto. Intelligenza artificiale, codici QR e gli stessi smartphone sono strumenti da utilizzare in modo opportuno per trarre quanti più vantaggi possibili. Non necessariamente devi fare grandissimi investimenti, basta adottare le tecnologie più indicate. I totem digitali, posti all’interno di negozi o centri commerciali, ad esempio danno la possibilità agli utenti di raccogliere informazioni in totale autonomia. Oppure nei negozi di abbigliamento ci sono i cosiddetti specchi “intelligenti”, che aiutano a scegliere il vestito più adatto in base alla propria corporatura e suggeriscono addirittura outfit completi secondo lo stile indicato. Fai vivere ai tuoi clienti esperienze indimenticabili Sorprendi i tuoi clienti con un’esperienza “wow” che difficilmente dimenticheranno. Il marketing sensoriale ad esempio è in grado di stimolare i 5 sensi dell’utente, o anche una storytelling capace di toccare le giuste corde emotive è una strategia molto efficiente. Oggi le persone non acquistano solo prodotti, ma anche emozioni e sensazioni uniche. Considerazioni finali Il phygital si propone di creare interazioni umane sfruttando l’online e l’offline, così da aumentare l’empatia con il brand e incrementare le vendite. Sfrutta i canali a tua disposizione per permettere ai consumatori di passare dal digitale al fisico e viceversa senza alcuna difficoltà, soddisfacendo in pieno tutti i loro bisogni. Per saperne di più puoi scaricare gratis l’ebook sottostante che ti spiega come rinnovare i processi di business nell’ambito della digital transformation. Image by rawpixel.com on Freepik
In questo articolo ti spiego perché il CRM è utile anche nel B2B, quali sono i vantaggi e le migliori strategie da adottare per migliorare il tuo business. Per prima cosa è opportuno capire cos’è il CRM, acronimo di Customer Relationship Management, che comprende tutte le tecnologie e le strategie finalizzate a raccogliere dati preziosi e gestire nel migliore dei modi le relazioni con clienti o lead. L’obiettivo finale è fidelizzare il cliente e convincerlo della bontà della tua proposta. Secondariamente è opportuno comprendere la differenza tra mercato B2C e mercato B2B. Il B2C (Business to Consumer) rappresenta la vendita diretta dell’azienda al consumatore; il B2B (Business to Business) rappresenta invece la vendita diretta tra due aziende. Ci sono differenze sostanziali da conoscere. Nel mercato B2C il cliente generalmente fa ordini di piccoli importi e, anche se fidelizzato, potrebbe non acquistare in modo costante. Dinamiche completamente diverse nel mercato B2B, dove le quantità medie per ogni singolo ordine sono decisamente più ampie e gli acquisti vengono fatti con una certa periodicità. Altro aspetto importante: nel mercato B2C gli acquisti sono solitamente emozionali, dettati dalla necessità di risolvere un problema, un desiderio o una necessità. Nel B2B invece gli acquisti sono pianificati e studiati a tavolino, quindi l’effetto emozionale ha uno scarso impatto. Alla luce di quanto detto finora, appare evidente che un CRM è utile, forse ancora di più, nel B2B. Scopriamo il perché nei seguenti paragrafi. Utilizzo del CRM nel B2B: i principali vantaggi In un precedente articolo abbiamo spiegato che il CRM aiuta a ridurre i costi aziendali, ma questo è solo uno dei tanti vantaggi offerti. Il CRM incrementa le vendite, accompagnando passo dopo passo i potenziali clienti durante tutto il processo di vendita. Il CRM mette a tua disposizione strumenti e strategie che ti aiutano a capire di cosa hanno effettivamente bisogno i tuoi prospect, che grazie ad un’esperienza d’acquisto fluida e scorrevole vengono fidelizzati più facilmente. In tale ottica il CRM può essere inteso sia come strategia che come processo poiché, oltre a intercettare e soddisfare le esigenze specifiche dei potenziali clienti, li accompagna durante il percorso di acquisto. I software CRM in un unico strumento raccolgono i dati relativi ai clienti, ai canali di comunicazione utilizzati e alle vendite e inoltre forniscono analisi, rapporti completi ed eventualmente le criticità riscontrate durante un processo d’acquisto. Tutti questi dati sono accessibili per chiunque e in qualsiasi momento. Davanti a te hai un quadro completo che ti consente di capire se il tuo business sta andando nella direzione giusta o se devi apportare delle modifiche. Un altro dato positivo da evidenziare è che tutti i team di un’azienda possono trarre indicazioni fondamentali dai dati del CRM: dai reparti del marketing a quelli di vendita fino a quelli del customer service. Concentriamoci adesso nel dettaglio sui vantaggi offerti dal CRM. Customer experience personalizzata Il mercato di oggi è sempre più saturo e competitivo, quindi per prima cosa è necessario fornire un prodotto di qualità. Tuttavia questo potrebbe non essere sufficiente, proprio perché la competitività è salita alle stelle. Per differenziarsi realmente dai competitor è necessario offrire una customer experience personalizzata, plasmata e cucita su misura delle esigenze dei clienti. Proprio le relazioni con i clienti possono rappresentare quel plus in più che fa la differenza rispetto ai competitor e vanno costruite e coltivate sin dall’inizio. Non basta dire di essere i migliori, bisogna dimostrarlo. Nelle vendite B2B i processi di acquisto sono solitamente più lunghi e richiedono trattative serrate, proprio per questo motivo un’esperienza personalizzata può essere la chiave per abbattere le resistenze dei potenziali clienti e conquistarli. In questo processo uno dei migliori alleati del settore è HubSpot che, implementando progetti CRM, consente di raccogliere in tempo reale i dati relativi al cliente e fornirgli un servizio su misura. Il CRM è solo una parte di quello che è Hubspot e cosa questa piattaforma può offrire alle aziende. Una migliore gestione dei contatti Se la tua azienda è nata da poco, potrebbero bastare semplici strumenti come fogli Excel per conservare ordinatamente tutti i dati relativi ai clienti. Se però la tua azienda inizia a crescere e quindi il portfolio clienti si arricchisce giorno dopo giorno, un semplice file Excel non è più sufficiente. In tal caso hai bisogno di un software CRM che ti consente di custodire in modo ordinato tutti i tuoi contatti, ma non solo. Il CRM infatti imposta delle priorità e dei promemoria per appuntamenti, telefonate, email da inviare o call. Viene ottimizzata l’intera attività aziendale che ti consente di gestire alla perfezione tutti i clienti, senza dimenticare appuntamenti e dando a tutti la stessa importanza. Campagne mirate Le campagne di marketing sono strumenti fondamentali per le aziende quando devono lanciare nuovi prodotti o servizi. Tuttavia, se non si adotta la giusta comunicazione o se si utilizzano strategie sbagliate, c’è il rischio di fare un grosso flop che si traduce in una “drammatica” perdita di energie, risorse, tempo e denaro. Soprattutto quando stai per lanciare un prodotto nuovo, hai bisogno di tastare il polso del mercato per capire in che direzione sta andando e quali sono i principali trend del momento. I software CRM ti consigliano, dopo aver identificato e analizzato il target dei tuoi clienti, come personalizzare le campagne di marketing e a chi rivolgersi per ottenere maggiori possibilità di successo. Analisi più approfondite Dopo aver lanciato una campagna di marketing, devi analizzare i risultati per capire se hai ottenuto i risultati sperati e se hai adottato la strategia giusta. Ancora una volta vengono in tuo soccorso i software CRM che ti forniscono una serie di funzioni di reportistica e di analisi estremamente dettagliate, preziosissime soprattutto quando devi monitorare diverse campagne promozionali contemporaneamente. Ti risulta più comodo capire quali attività hanno effettivamente generato ROI e preparare le successive previsioni di vendita. Rapido allineamento dei prezzi e delle quotazioni I prezzi dei prodotti nel corso del tempo possono variare in base a determinate fluttuazioni del mercato. Può capitare quindi di inviare quotazioni errate al cliente, rischiando così di perdere la sua fiducia. Il CRM consente invece di presentare offerte aggiornate e con quotazioni e prezzi costantemente allineati. In questo modo risulta anche più facile gestire il magazzino, senza il rischio di ammanchi o di eccedenze. Maggiore efficienza aziendale a beneficio della produttività Puoi definire le tue strategie basandoti su dati storici e definiti. Ogni azione intrapresa poggia quindi su solide basi, supportata da informazioni reali e su un patrimonio informativo sempre aggiornato e completo. Ne trae beneficio la tua intera produttività aziendale, che risulta estremamente fluida. Quali sono le migliori strategie CRM da adottare nel B2B? Non sempre è facile interfacciarsi con una moltitudine di clienti, ma bisogna adottare di volta in volta un approccio mirato e personalizzato. Ci sono però alcune strategie universalmente valide per ogni tipologia di cliente: scopriamole! Approfondisci le esigenze e le necessità dei clienti Qualunque sia il tuo settore di riferimento, devi conoscere alle perfezione le abitudini e le necessità dei tuoi clienti. Con un CRM come alleato puoi ad esempio ricostruire il percorso d’acquisto dei clienti, le sue interazioni con il tuo brand e le motivazioni che stanno alla base della sua scelta. Raccogli feedback La raccolta dei feedback è un processo di fondamentale importanza in ogni mercato. Così facendo dai valore alla tua offerta, poiché le recensioni positive faranno da volano all’acquisto di altri clienti. Inoltre puoi raccogliere dati preziosi per capire se il tuo prodotto soddisfa in pieno le aspettative e, all’occorrenza, pubblicare i feedback più originali sulla pagina del tuo sito aziendale. Personalizza la comunicazione in base ai decision maker con i quali ti raffronti Nel B2B considera una cosa: devi rapportarti con diverse persone all’interno della stessa azienda. Ogni decision maker ha le sue esigenze, le sue necessità ma anche il suo carattere. Devi essere camaleontico e adattarti di volta in volta alle esigenze che possono cambiare anche a seconda della persona che ti ritrovi di fronte e del suo ruolo nell’azienda. Analizza e monitora tutto il processo di vendita Il percorso di vendita è un vero viaggio, non a caso viene definito customer journey (viaggio del consumatore). Devi quindi monitorare tutti gli aspetti, dal primo approccio fino alla vendita finale e anche dopo. Impara a capire in che modo il tuo prodotto o servizio influisce positivamente sull’attività del tuo cliente, per poi raccogliere i dati e confrontarli successivamente. Lavora sui contenuti giusti La decisione d’acquisto è una fase cruciale per te, ma anche per il cliente. Puoi provare a convincerlo con una serie di contenuti adatti, pagine prodotto specifiche, case history molto ben dettagliate e storytelling in grado di fornire risposte concrete alle domande più gettonate. Considerazioni finali Un software CRM ti aiuta a conoscere meglio il tuo pubblico, focalizzarti sui prospect più interessanti, gestire tutti i dati a disposizione e fornire un’esperienza d’acquisto personalizzata con l’obiettivo di fidelizzare i clienti e aumentare il numero di vendite. Per partire con una marcia in più puoi leggere il nostro ebook gratuito sottostante, che ti indica le funzioni gratuite di HubSpot CRM per il tuo business. Image by vectorpouch on Freepik
Il marketing esperienziale è basato sulla valorizzazione di un’esperienza vissuta dal cliente con l’obiettivo principale di rafforzare la sua relazione con un brand. Il cliente viene posto al centro del progetto ma non solo al momento della vendita, ma in tutta la relazione con l’azienda. Sia prima sia soprattutto dopo l’acquisto il consumatore deve essere seguito dal brand. Come? Proponendogli esperienze che non devono necessariamente confluire in una vendita, ma che siano capaci di suscitare emozioni e sensazioni positive. Il marketing esperienziale di fatto ha un valore maggiore rispetto ad uno spot pubblicitario in tv o su un social, la cui efficacia è limitata alla sua durata. Un’esperienza invece resta viva nel cuore e nella mente delle persone, soprattutto se riesce a toccare le corde giuste. In una comunicazione così veloce e in un mercato sempre più saturo è importante distinguersi dai competitor ricercando un contatto continuo con il pubblico, alla ricerca di un’esperienza di consumo positiva che non sia necessariamente legata al prodotto. Il consumatore deve essere incuriosito e coinvolto in prima persona, sentendosi realmente al centro del progetto. Non è più un soggetto passivo che acquista ciò che gli viene imposto, ma un soggetto attivo che vive sulla propria pelle determinate esperienze e che quindi sa di cosa ha bisogno facendo un acquisto in totale autonomia. Marketing esperienziale: definizione e significato secondo Bernd Schmitt Sono diverse le definizioni che descrivono il marketing esperienziale, ma quella che forse calza meglio porta la firma di Bernd Schmitt, professore di business internazionale nel dipartimento marketing della Columbia Business School. L’offerta di un’impresa va definita secondo l’esperienza del cliente. Oggi si parla di customer centrismo come filosofia aziendale, poiché bisogna tener conto a 360° delle necessità del cliente. Secondo Schmitt sono 5 le dimensioni da considerare quando si valuta una customer experience: Sense: legata principalmente alla percezione sensoriale; Feel: capace di suscitare emozioni e sensazioni forti; Thinking: che batte sui tasti dell’apprendimento e del pensiero; Act: che spinge il consumatore ad agire e adottare determinati comportamenti virtuosi nella vita reale; Relate: derivante da una relazione sociale. Si tratta di esperienze di tipo emotivo che vanno a costruire l’intero processo di acquisto. L’obiettivo finale è creare un’interazione positiva e un’empatia tra brand e cliente, che percepisce il valore aggiunto fornito dal marchio rispetto agli altri competitor. Il consumatore, in base alle sue personali esperienze, percepisce in maniera diversa il brand nel quale si identifica e si affeziona, favorendo il processo di fidelizzazione. A tal proposito secondo Schmitt è possibile suddividere la customer experience in 4 diversi elementi: Value expectation: le aspettative che il consumatore ha nei confronti del brand a seconda delle precedenti esperienze vissute, delle sue necessità e dei suoi desideri; Value proposition: intesa come unicità ed esclusività di un prodotto in termini di immagine e di marketing; Value realization: il valore quasi tangibile creato dalla relazione tra azienda e cliente, inteso anche come web reputation e diffusione del marchio; Value perception: la valutazione che l’utente fa in termini di costi e di benefici, in seguito all’utilizzo di un prodotto di un brand, rispetto ad altri marchi. Come funziona il marketing esperienziale: l’acquisto non è razionale, ma emotivo Non bisogna pensare, erroneamente, che un acquisto sia razionale e quindi studiato a tavolino. Magari le persone escono di casa con l’idea di acquistare un maglione, ma tornano con un cappotto. Gli acquisti nella maggior parte dei casi sono irrazionali, o meglio dettati da un’emozione. Il marketing emozionale crea una connessione tra il brand ed il cliente. L’offerta viene plasmata su misura secondo le esigenze del consumatore, favorendo anche il processo di engagement. Rispetto al marketing tradizionale la comunicazione risulta molto più diretta, poiché mira a creare un’esperienza personalizzata secondo i desideri del pubblico. Tale approccio dà anche più spazio alla creatività, permettendo ai brand di uscire dai rigidi schemi del marketing per rendere l’acquisto più brioso ed entusiasmante. Perché l’esperienza emotiva è così importante in chiave di marketing? L’acquisto va sicuramente a soddisfare un bisogno, un desiderio o una necessità, ma lo shopping è anche evasione. La promozione di un prodotto quindi non deve essere finalizzata esclusivamente alla vendita, ma rendere l’intero processo divertente tramite apposite iniziative. Il mercato oggi è estremamente saturo, quindi i prodotti proposti nei diversi settori tendono a somigliarsi gli uni con gli altri. Per il cliente acquistare questo o quel prodotto potrebbe non avere alcuna differenza. Se invece si gioca sull’emotività, allora il discorso cambia completamente. Se il cliente lega un momento positivo al brand, tende ad affezionarsi. Inizia quindi a parlare positivamente di quel marchio con amici, parenti e colleghi sia online che offline, trasformandosi di fatto in un “ambasciatore” del brand. Il consumatore si immedesima e si rispecchia nell’azienda, nei suoi valori e nella sua filosofia, innescando un processo virtuoso di passaparola. Per allestire una perfetta strategia di marketing esperienziale è consigliabile utilizzare HubSpot, che aiuta a conoscere meglio il proprio target di pubblico e preparare una comunicazione personalizzata secondo i suoi specifici bisogni, necessità e aspettative. I consumatori apprezzano particolarmente quelle aziende che creano eventi di qualità ed esperienze coinvolgenti, quindi sono più propensi ad acquistare i loro prodotti. Gli stessi post di amici e parenti sui social, relativi ad esperienze emozionali con i brand, hanno un grande potere di engagement online. Vendere un’esperienza prima ancora che un prodotto I brand devono imparare a vendere un’esperienza, prima ancora che servizi e prodotti. Ma come si vende un’esperienza? Per prima cosa è necessario conoscere bene il proprio pubblico, creando quelle situazioni e quegli scenari che i clienti si aspettano di vivere e che sono in grado di fornire un reale valore aggiunto. Gli eventi live vanno sfruttati adeguatamente, poiché forniscono dati e informazioni utili per poi creare successivi appuntamenti e progettare campagne di marketing ben delineate. I social sicuramente sono un importante trampolino di lancio per promuovere un’attività di promozione e consentire agli stessi utenti di condividere online le loro esperienze. Marketing esperienziale: casi aziendali dai quali prendere spunto La pubblicità tradizionale ormai non ha più presa sul consumatore, che ha troppi dati da rielaborare e soprattutto una soglia dell’attenzione molto bassa. A tal proposito si dice che la soglia dell’attenzione di un essere umano è di 6 secondi, quindi bisogna trovare altre strade per ispirare i consumatori. Analizziamo quindi alcuni casi di marketing esperienziale che proiettano il consumatore al centro dell’azione! P.S. Altri esempi di marketing esperienziale sono presentati in un altro nostro articolo Marketing esperienziale: esempi nel settore automotive Partiamo da uno dei settori più amati soprattutto dal pubblico maschile: l’automotive. Ognuno prima di acquistare un’auto vorrebbe guidarla per capire quali emozioni si provano e come sfruttare gli optional e le potenzialità a disposizione. Questo servizio non è contemplato dalle concessionarie, ma diversi brand consentono agli utenti di vivere un’esperienza alla guida di un’auto. Vengono allestite delle postazioni apposite dove l’utente può accomodarsi e mettersi alla guida proprio come se fosse su strada. In questo modo percepisce realmente i benefici e i vantaggi di guidare quella tipologia di auto, attribuendo quindi un valore aggiunto a quel brand che gli consente di vivere un’esperienza altamente personalizzata. Quando un viaggio digital diventa reale! Anche nel settore del turismo il marketing esperienziale ha trovato una vastissima diffusione. Che esperienza si prova in una piscina di un albergo di lusso, in riva al mare ai Caraibi o in un casinò di Las Vegas? Basta indossare degli occhiali virtuali per visitare con un semplice clic qualunque posto: le piramidi in Egitto, la giungla africana o l’aurora boreale nei paesi scandinavi! Grazie alla realtà aumentata le persone possono vivere un’esperienza quasi reale, così da avere un’idea dell’avventura che vivranno. Gioca al fianco dei tuoi calciatori preferiti! I brand che creano scarpe da calcetto o gli stessi club calcistici consentono di scendere al fianco dei propri beniamini. In questi casi basta indossare delle cuffie e degli occhiali di realtà aumentata per essere proiettati virtualmente al centro di un campo di calcio, giocare, segnare e gioire insieme ai propri campioni. La stessa esperienza può essere ricreata per qualsiasi altro sport, dal tennis al basket fino al nuoto. Un'avventura straordinariamente realistica che tocca le giuste corde emotive del cliente, il quale sviluppa un forte senso di appartenenza verso il brand. Considerazioni finali L’obiettivo principale del marketing esperienziale è creare un evento che faccia vivere al pubblico un’esperienza così straordinaria da volerla condividere. Ogni brand, indipendentemente dal settore in cui opera, può costruire una strategia di marketing esperienziale su misura dei suoi utenti. Devi quindi conoscere il tuo target di pubblico ma anche i tuoi lead, cioè utenti potenzialmente interessati ai tuoi servizi che possono essere trasformati in clienti. Per saperne di più puoi scaricare l’ebook gratuito “Lead generation cos’è e come funziona” che ti aiuta ad avviare una campagna di lead generation per trasformare i visitatori in clienti. Image by 8photo on Freepik
Hai mai sentito parlare del referral marketing? Per grandi linee possiamo tradurlo semplicemente con passaparola, una delle tecniche di pubblicità più antiche ma allo stesso tempo ancora vincenti. Per comprendere meglio di cosa stiamo parlando eccoti un esempio pratico. Supponiamo che tu vada a vedere un film al cinema. Se ti è piaciuto ne parlerai in toni entusiastici ai tuoi amici, che sicuramente correranno al cinema a vederlo. In questo caso hai fatto pubblicità positiva al film. Se il film non ti ha entusiasmato difficilmente lo consiglierai ai tuoi amici. Ecco: la tua azienda deve essere un “film” bellissimo del quale i tuoi clienti non potranno fare a meno di parlarne! Considera tutti gli aspetti positivi: conquisterai nuovi clienti, aumenterai le vendite e ti farai pubblicità in modo totalmente gratuito. Tuttavia non sempre i clienti sono così propensi a parlare della tua azienda, anche se hanno vissuto un’esperienza positiva. Perché? Evidentemente il loro processo d’acquisto non è stato così straordinario e memorabile. Il tuo obiettivo è garantire un effetto wow, tale che i tuoi clienti non vedranno l’ora di condividere la loro esperienza. Di sicuro il cliente valuterà da solo la sua impressione dell’azienda, ma è anche vero che tu puoi indirizzare o quanto meno orientare la sua recensione. Referral marketing: definizione e significato Il referral marketing rappresenta quell’insieme di tecniche finalizzate a promuovere un’attività di passaparola tra i clienti. La chiave di tutto è proprio il referral, cioè un cliente soddisfatto del servizio che suggerisce quel brand ad un’altra persona, dando così vita ad un effetto domino positivo. Questa strategia è utilissima per le piccole e medie imprese che, non avendo gli stessi mezzi delle multinazionali, devono puntare sulla forza delle idee. Anche le grandi aziende già affermate però sfruttano tutte le potenzialità del referral marketing, ancora più necessario in un mercato così saturo e competitivo. Il referral marketing ha tante sfumature. Per passaparola non si intende solo consigliare un prodotto o un servizio ad un amico, ma anche la recensione positiva rilasciata su un sito web o su un social. Tale processo dovrebbe avvenire in maniera naturale ma questo non sempre avviene. Cosa puoi fare? Adottare delle semplici tecniche e strategie per dare quella “spintarella” necessaria per convincere il cliente a rilasciare un feedback positivo sia online che offline. Hai davvero bisogno di un programma di referral marketing? Sì, ecco perché! Perché adottare tecniche di referral marketing? Sono davvero così essenziali? Assolutamente sì, soprattutto in un contesto così social come quello che stiamo vivendo. Gli esseri umani per natura sono “animali” sociali, che amano stare a contatto con gli altri e condividere esperienze con i loro simili. Sui social si condivide di tutto: dalla pizza con gli amici, ai viaggi fino appunto agli acquisti. Se un cliente posta l’acquisto appena fatto presso il tuo negozio, il tuo brand raggiungerà molti altri utenti potenzialmente interessati. In poche parole aumenterai la tua visibilità che, soprattutto nell’online, è fondamentale. Tra l’altro la stragrande maggioranza dei consumatori, prima di procedere all’acquisto, legge le recensioni e i commenti dei precedenti acquirenti. Anche in tale ottica il referral marketing acquisisce un peso specifico nell’economia del tuo business. I referral incidono in maniera significativa sulle decisioni d’acquisto e, in caso di commenti positivi, possono generare fino al doppio della vendite. Inoltre i clienti derivanti dai referral sono anche più fedeli, proprio perché si fidano del consiglio di amici, parenti e colleghi. Altro vantaggio fondamentale, soprattutto in questo periodo nel quale per le aziende risparmiare è diventato un mantra, è che si tratta di una strategia completamente gratuita. Il tuo cliente si trasformerà in un “ambasciatore” del brand e loderà le caratteristiche peculiari dei tuoi servizi, dei tuoi prodotti e in generale della tua azienda. Inizialmente dovrai “lavorare” un po’ di più sui referral iniziali ma, dopo aver avviato la strategia, l’intero processo sarà del tutto automatico e avrai una squadra di “ambasciatori” pronti a portare in alto e sponsorizzare il nome del tuo marchio. Traffico del referral in Analytics: come analizzarlo? Google Analytics ti consente di monitorare gli accessi al tuo sito web, raccogliendo informazioni preziose sul comportamento dei tuoi utenti. Tra gli strumenti più importanti c’è il Rapporto di Acquisizione, che ti indica la provenienza delle visite sul tuo sito. Se accedi al percorso “Acquisizione/Panoramica” puoi visualizzare tutti i canali dai quali è stato effettuato l’accesso al sito come: Accesso diretto; Social; Ricerca a pagamento; Ricerca organica; Referral. Se poi segui il percorso “Acquisizione/Tutto il traffico/Referral” puoi visualizzare tutte le pagine che hanno indirizzato gli utenti al tuo sito. Sul web il referral può essere naturale oppure a pagamento. Il sito dal quale ha avuto origine il traffico viene definito referrer. Con Google Analytics puoi conoscere tutto del referrer: dall’url fino all’ora e la data in cui c’è stato il clic. In pratica puoi avere una visione chiara e dettagliata di tutti gli accessi al tuo sito avvenuti tramite canali referral, suggerendoti le strategie da adottare e quelle invece che non hanno ottenuto successo. In questo processo può tornarti utilissimo HubSpot, che pone il cliente al centro di tutta la comunicazione aziendale e non lo abbandona, ma lo segue fino a trasformarlo in un referral. Non si parla a sufficienza della tua attività? Prova con queste 2 “best practices” Anche se i tuoi clienti sono soddisfatti del rapporto con la tua azienda non sempre avviano un passaparola positivo. Perché? Magari per pigrizia o forse perché non offri quel “quid” in più per far parlare della tua azienda. Come ottenere un passaparola di qualità dai tuoi clienti? Basta offrire loro qualcosa di cui parlare adottando due semplici strategie: Utilità imprevista: fornisci al cliente un prodotto capace di soddisfare realmente un suo specifico bisogno; Storytelling: le persone impazziscono per le storie, soprattutto se a lieto fine, poiché spesso si immedesimano e rivedono loro stessi nei protagonisti. 5 azioni efficaci di referral marketing b2b e b2c Sia nel marketing b2b che b2c il referral marketing svolge un ruolo primario. In certi ambiti la reputazione è tutto, quindi è fondamentale avere una certa autorevolezza in qualsiasi settore. Per acquisirla o per rafforzarla puoi seguire 5 strategie molto efficaci: Ottimizza l’intero processo d’acquisto; Crea programmi di fidelizzazione; Scommetti sugli influencer; Crea call to action per condivisioni dirette sui social; Sfrutta gli attuali referral. 1. L’esperienza d’acquisto deve essere impeccabile Se vuoi che i clienti parlino bene della tua azienda, devi offrire loro un’esperienza d’acquisto impeccabile dal primo approccio fino al post vendita. Questo significa che, oltre alla qualità del prodotto venduto, devi assicurarti che il cliente abbia ricevuto la giusta assistenza e che abbia potuto pagare senza intoppi col metodo di pagamento preferito. Non lasciare nulla al caso, fai attenzione ad ogni minimo dettaglio e sii perfezionista. In questo modo il cliente non solo lascerà un commento positivo, ma sarà egli stesso invogliato a farlo. 2. Crea programmi di fidelizzazione nel referral marketing: esempi pratici Puoi offrire codici sconto o gadget a coloro che portano amici e parenti nella tua rete, oppure creare un contest per vincere dei biglietti, invogliando così i tuoi clienti ad invitare altre persone. Studia il programma di fidelizzazione più indicato in base al tuo business. 3. Punta sugli influencer Chi sono i migliori referral del web? Gli influencer che ormai hanno un notevole peso sulla decisione d’acquisto dei consumatori. Stai pensando che ingaggiare influencer internazionali costi troppo? Non necessariamente devi rivolgerti a volti noti che hanno un cachet molto alto. Puoi anche contattare i cosiddetti micro o nano influencer, che hanno un seguito più ristretto ma di qualità e costano meno. Assicurati di ingaggiare un influencer che operi nell’ambito del tuo settore. 4. Crea call to action per condivisioni dirette Puoi inserire sul tuo sito un’apposita sezione e aggiungere una call to action dove i tuoi clienti possono lasciare una condivisione. Anche gli utenti più pigri avranno l’opportunità di lasciare un commento senza doversi sforzare più di tanto. 5. Sfrutta gli attuali referral Anche se non li conosci, sul web potrebbero esserci dei referral che fanno pubblicità al tuo sito. Magari potrebbero aver linkato ad un tuo articolo di blog particolarmente interessante e in tal caso hai ottenuto una raccomandazione positiva che devi sfruttare. Ancora una volta ci viene in soccorso Google Analytics, che fornisce informazioni relative alle fonti dove sono state inserite ottime recensioni sul tuo sito. Puoi quindi contattare gli amministratori del sito per proporre una collaborazione basata su banner pubblicitari o su campagne di email marketing. Conclusioni finali Anche se il passaparola è un’attività spontanea, non puoi affidarti al caso e sperare che i tuoi clienti parlino bene di te. Per prima cosa devi ovviamente fornire un servizio accurato e impeccabile, ma devi anche incentivare i tuoi clienti a parlare in modo positivo dei tuoi prodotti o servizi adottando le strategie indicate nell’articolo. Crea per i tuoi clienti esperienze “wow” sia nell’online che nell’offline, offrendo qualcosa in cambio per spingerli a lasciare commenti positivi. Per ottenere questo devi conoscere il tuo pubblico e creare strategie ad hoc. Puoi scoprire come scaricando il nostro ebook gratuito sullo sviluppo dei tuoi buyer personas. Image by Freepik
(volevo fare una newsletter ma alla fine non vi ho rotto le scatole e ho fatto questo piccolo articolo del blog per tentare di dirvi qualcosa di intelligente... ci sono riuscito?) Siamo tutti esperti di digital? Dai, non puoi non pensarlo: passi la giornata davanti al computer e quando non guardi lo schermo del tuo desktop o del portatile stai usando lo smartphone o il tablet. Nel tempo libero guardi la tua smart tv, decidendo i programmi da Netflix, Amazon Prime, Disney +. E quando sei in auto appiccichi da qualche parte il telefono che si trasforma in navigatore, mentre ascolti Spotify o Apple Music. Arrivato a destinazione scegli il tuo ristorante su Tripadvisor, prenoti i tuoi hotel da Booking, pubblichi su Instagram la foto di quello che mangi, controlli gli appuntamenti del giorno dopo su Google Calendar. Sono solo pochi esempi di quello che fai immerso online tuto il giorno... non ce la farei mai ad elencarli tutti. Esperti di realtà? Insomma, se non si può definire un esperto di digital uno che ci vive immerso come te, impossibile trovare un esperto. Sarebbe come dire che non capiamo una fava di realtà, vivendoci ogni giorno da quando siamo nati. Ma ne siamo sicuri? Teniamo da una parte il fatto che tutti siamo esperti di digital - e su questo non ci piove, vero? - siamo davvero così esperti di realtà? Nel bellissimo libro Lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta (non so se si è capito ma te l'ho appena consigliato) il protagonista, mentre sta girovagando in moto, ragiona sul fatto che utilizziamo un sacco di oggetti ogni giorno pur senza capirne molto. Il fatto di utilizzare una lavatrice, spiega, non ci rende esperti di lavatrici: anzi, proprio perché ne abbiamo bisogno e la utilizziamo spesso, il fatto di non conoscerla a fondo ci rende schiavi della lavatrice. Cioè, se si rompe e non sappiamo cambiare la serpentina o il tubo o sbloccare il cestello...non possiamo più usarla e dipendiamo da qualcun altro che - bontà sua - se è un idraulico rapido e senza troppo lavoro, non arriva prima di una settimana. L'accento di Pirsig, autore del libro, tocca il tasto dell'utilizzo ignorante delle cose: senza conoscerle a fondo le cose ci possiedono, non siamo noi a possederle. Esperti di niente, schiavi di tutto Ecco, se la guardiamo da questo punto di vista, ad un tratto non siamo più tutti esperti digital: ora, con questo concetto siamo schiavi di tutto il digitale che utilizziamo. Non ne scappi. Rassegnati, è più facile se lo fai. Conosci le dinamiche con le quali ti arrivano le email sui prodotti che hai visto il giorno prima? Comprendi come il tuo utilizzo di Facebook si ripercuote sulla tua esperienza utente e il motivo per cui funziona così? Quanto conosci delle dinamiche di pagamento, logistica, spedizione, gestione del cliente dietro ad un ecommerce? Quando fai una ricerca su Google come ti vengono offerti i risultati che generano la tua conoscenza? E anche qua, potrei continuare a lungo con l'elenco delle domande. Poi, è ovvio, che se fai un lavoro intimamente legato al mondo digitale, del tuo segmento di internet ne capirai molto più degli altri. Ma diciamocelo chiaramente: non esiste l'esperto di digital. Siamo tutti esperti di un piccolo pezzettino di digital. Vorrei comunque ricordare che il sapere di non sapere è già una grande liberazione rispetto a quelli che pensano di sapere tutto. Ammettere la propria ignoranza fa parte di un percorso di crescita in quell'ambito e fa venir voglia di colpare vuoti che i troppo pieni di sé stessi non percepiscono. Ma solo chi si sente sempre e costantemente ignorante si mette a studiare, a provare, a testare e... progredisce. E non parlo dei fenomeni da Facebook, non parlo di quel disagio palese che viene manifestato ogni giorno online da complottisti, scienziati studiati su un giornale pieno di fake news, non parlo degli analfabeti funzionali... parlo di tutti gli altri - la maggioranza spero - che si sente ignorante e vuole migliorarsi con coscienza. La rivista (digitalthink) Questo è uno dei motivi per cui un paio di anni fa abbiamo pensato ad una rivista che abbiamo chiamato (digitalthink), insomma per tutti quelli che hanno voglia di approfondire dei temi di un mondo così importante, con articoli e post scritti dagli addetti ai lavori. Il primo numero, lo ammetto, prendeva soprattutto dai miei articoli del blog di ICT Sviluppo: da qualche parte bisognava pure iniziare e mettersi in gioco... e quello era ciò che avevamo a disposizione per dare il la a questa rivista. Già il secondo, comunque, si è emancipato un po' e il terzo è diventato più autonomo rispetto al sottoscritto. Dovrà crescere e tra 6 mesi ci sarà il quarto numero. Ecco, farvi un giro sulla pagina delle risorse del nostro sito e per rimanere aggiornati sui numeri che usciranno è un bel modo per leggere di argomenti legati al mondo internet. Sull'ultimo numero parliamo del valore del dato, di ecommerce, di CRM, di come funziona Stockx... Insomma di un bel po' di roba di quella che di solito dovete andare a cercarvi online. Ma la COSA BELLA è che la stampiamo e la distribuiamo gratuitamente ai nostri eventi. Perché, anche qua, guardiamoci negli occhi: un conto è guardare e leggere su uno schermo, un altro è avere tra le mani una bellissima rivista stampata su carta che profuma di stampa. Potremmo anche essere iperdigitali, ma la bellezza di toccare un libro o una rivista con mano... beh, c##o, è proprio bello. SCARICA il 3° NUMERO di (digitalthink) VISITA LA PAGINA RISORSE
Mai sentito parlare del psyco selling? Non preoccuparti, non è la vendita di uno psicopatico ma semplicemente una metodologia di compravendita basata sulla psicologia. Non si tratta nemmeno di una serie di tecniche manipolatrici finalizzate esclusivamente a vendere il prodotto, altrimenti il cliente avrà la sensazione di essere stato raggirato. Non è questo il tuo obiettivo, anzi il cliente deve sentirsi soddisfatto al 100% della vendita e del modo in cui è stata condotta. Cosa si intende per vendita psicologica? Significa saper entrare nella testa del cliente, pensare come lui e quindi anticipare tutte le possibili obiezioni che potrebbe avanzare. Ragionando in questo modo puoi veicolare la trattativa a tuo piacimento, ma sempre nell’ottica della soddisfazione del cliente che deve essere un punto imprescindibile dal quale partire. Servono pazienza, tanta forza di volontà e una fede incrollabile nelle tue capacità. Psyco selling: 3 tecniche di vendita online Il psyco selling online è sicuramente più complesso rispetto a quello offline. Nella trattativa digitale devi infatti rinunciare ad alcuni elementi preziosi, come il linguaggio del corpo. Poco male, vuol dire che devi dare fondo ancora di più alle tue capacità di venditore. Non devi essere uno psicologo, ti basta metterti nei panni del consumatore e pensare come lui. Non dovrebbe essere molto complicato, in fondo tutti siamo consumatori! Eccoti di seguito 3 tecniche di vendita, che comprendono non solo strategie ma anche attitudini mentali per perseguire più facilmente il tuo obiettivo e trasformare il lead in un cliente fidelizzato. Focalizzati sulla soddisfazione del cliente e non sulla vendita Primo step: impara come calcolare la customer satisfaction, poiché devi partire proprio da lì. Alcuni venditori commettono l’errore di concentrarsi esclusivamente sulla vendita, piuttosto che sulla soddisfazione del cliente. È un approccio sbagliato poiché non devi esaltare o glorificare il prodotto in vendita, ma capire cosa sta effettivamente cercando il tuo cliente. Il tuo prodotto magari sarà il meglio che offre il settore, ma probabilmente non è ciò di cui ha bisogno il tuo cliente. Il bravo venditore deve capirlo e agire di conseguenza. Se anche concludi la vendita ma il consumatore non è soddisfatto, non hai ottenuto il tuo scopo. Hai venduto l’articolo, certo, ma resta un’azione fine a se stessa poiché il cliente non tornerà più di te. Una vittoria di Pirro che non ha alcun valore. Sorprendi il tuo cliente: fargli una proposta molto vantaggiosa, fornisci un consiglio valido o aiutalo a risolvere un problema. Offri un servizio realmente valido che aumenta il suo livello di soddisfazione, così incrementeranno anche le vendite. Sfrutta le tentazioni, le uniche cose a cui non sappiamo resistere Diceva Oscar Wilde: “L’unico modo per resistere alle tentazioni è cedervi”. Partendo da questa massima devi “tentare” il cliente, proponendo soluzioni talmente vantaggiose che sarebbe un peccato non sfruttarle. Si possono fare acquisti per tanti motivi, per piacere o per necessità. Quello che devi fare è creare il bisogno, o quanto meno innescare nel cliente il desiderio di avere un articolo. Se ci sono ulteriori incentivi, difficilmente saprà resistere. Qualche esempio? Puoi promuovere il prodotto: Come un articolo fashion e alla moda, uno status symbol irrinunciabile per chi ci tiene all’apparenza; Come uno strumento capace di risolvere un problema; Come un articolo che fa bene alla salute; Come un articolo che fa risparmiare tempo. Impara a conoscere i tuoi clienti, così da fare leva sui principali vantaggi dell’articolo e vincere più facilmente le deboli obiezioni degli acquirenti. Individua i clienti “caldi” Se hai letto il nostro articolo sulle buyer personas, sai bene che differenza c’è tra un cliente “caldo” e uno “freddo”. La buyer persona incarna le principali caratteristiche del tuo potenziale target di pubblico. Ecco, l’abilità del venditore talvolta non è tanto convincere l’acquirente, quanto piuttosto trovare il cliente giusto. Le tue buyer personas devono essere clienti caldi e quindi: Hanno realmente bisogno del tuo prodotto o del tuo servizio; Conoscono già il tuo prodotto o servizio; Devono preferibilmente essere amici o parenti di altri utenti che hanno già acquistato presso il tuo negozio. In questo modo ottieni due vantaggi importanti: sai perfettamente cosa vuole e quali sono le abitudini dell’utente che ti trovi di fronte e, secondariamente, risparmi tempo prezioso con la possibilità di andare quasi sul sicuro. 3 Modalità di vendita che lavorano in sinergia con il CRM In tema di comunicazione persuasiva, esistono almeno 3 tecniche di vendita capaci di orientare gli acquisti: Up selling; Cross selling; Down selling. Nei seguenti paragrafi le analizziamo tutte e 3 ma prima di tutto è importante capire come agiscono con il CRM (Customer Relationship Management), che si occupa della gestione delle relazione con i clienti: dalla vendita al marketing fino al servizio di assistenza. Per ottimizzare queste strategie di vendita puoi provare HubSpot, un software che ti accompagna a 360° nella gestione del tuo business, raccogliendo i preziosi dati dei clienti e suggerendoti i processi operativi e decisionali più efficienti. Up selling L’up selling, insieme al cross selling, è una delle tecniche di vendita più gettonate poiché rispecchia in pieno le logiche del CRM. L’up selling è una tecnica che consente di vendere al cliente un prodotto simile a quello desiderato, ma con un valore economico e commerciale più alto. Bisogna conoscere perfettamente il cliente e porsi le giuste domande. Quanto è disposto a spendere? Fin dove si può “osare”? Solitamente in questi casi è meglio non tirare troppo la corda. Se ad esempio un cliente vuole acquistare una t-shirt da 30 euro, è possibile proporne una da 35 o 40 euro di un brand più rinomato. Se si propone un prodotto di 60-70 euro è chiaro che ci si allontana eccessivamente dal budget stabilito dall’utente, col rischio di perderlo. Cross selling Il cross selling è invece una tecnica che propone uno o più oggetti complementari all’acquisto principale. Chi compra un mouse avrà bisogno di un tappetino, chi invece acquista un pantalone necessiterà di una cintura. Nella finestra online sotto il prodotto principale vanno quindi inseriti tutti gli articoli complementari che consentono di aumentare lo scontrino medio, soddisfacendo tutte le esigenze del consumatore. Down selling C’è poi una terza tecnica, il down selling, più diffusa nelle vendite offline ma che può essere rivisitata anche per il commercio online. Consiste nel proporre un articolo più economico rispetto a quello desiderato. Magari il prodotto desiderato sfora di tanto il budget stabilito ma, per non perdere la vendita, è possibile proporre un articolo simile ma di qualità leggermente inferiore. Tutte e tre le tecniche vanno applicate con grande attenzione per arrivare all’obiettivo finale, cioè vendere, e consolidare il rapporto con il cliente che vede i suoi desideri soddisfatti. Consigli psicologici per entrare realmente nella testa del cliente Oltre alle tecniche di psyco selling, bisogna considerare una serie di “best practices” che rientrano principalmente tra le “soft skills” di ogni venditore o merchant. Si tratta più che altro di attitudini e comportamenti che rompono le resistenze del consumatore. Adotta un approccio “umano” Per prima cosa devi adottare un approccio “umano”. Significa che devi puntare sulla sincerità e sull’autenticità, valori sempre apprezzati in ogni contesto. Non devi magnificare un prodotto, attribuendogli caratteristiche e proprietà che non ha. Così facendo otterrai l’effetto contrario e cioè allontanare i consumatori, che ormai sono informatissimi e sanno se stai mentendo o meno. Punta piuttosto a valorizzare le principali caratteristiche dei tuoi articoli e trasmetti anche i valori del tuo brand. Oggi i consumatori prestano grande attenzione non solo al prodotto ma anche all’azienda. Essere riconoscibili e autentici è una tattica di vendita potentissima, forse ancora di più di quelle elencate finora. ”Do ut des”: se vuoi qualcosa offri qualcosa Quando concludi una vendita sia tu che il tuo cliente siete soddisfatti. Tu ottieni denaro e lui riceve il prodotto che soddisfa un suo bisogno o un suo desiderio. La relazione venditore-acquirente, soprattutto nel mondo online, però non si esaurisce qui. Il cliente, se soddisfatto, diventa un veicolo pubblicitario per te poiché parla in termini entusiastici della tua azienda a parenti, colleghi e amici. Inoltre, se desideri ottenere i suoi dati per inviare email commerciali o per profilarlo, devi offrirgli qualcosa in cambio. Magari uno sconto, una promozione o il download gratuito di un ebook. In cambio di un valore percepito i clienti saranno più inclini a cedere le loro informazioni personali. FOMO, la paura di essere tagliati fuori FOMO, acronimo di Fear Of Missing Out, è la paura di essere tagliati fuori. Da cosa? Magari da un’offerta imperdibile che difficilmente ricapiterà. La scarsità di un bene o l’urgenza sono forti motivazioni che spingono l’utente all’acquisto. La scarsità di un bene lo rende necessario, proprio perché viene percepito come meno disponibile. Lo stesso discorso vale per un’offerta che ha una durata limitata nel tempo. Usa questi due fattori per attrarre magneticamente nuovi acquirenti. Considerazioni finali Come hai potuto comprendere non è così complicato entrare nella testa dei tuoi clienti, la cosa importante è che la vendita non diventi un’ossessione. Crea un rapporto “win-win”, in cui sia tu che l’acquirente possiate trarne un vantaggio tangibile. Se vuoi evitare di commettere errori fatali che ostacolano la vendita online puoi leggere il nostro ebook gratuito, che ti fornisce utili consigli per stilare una strategia efficace per attrarre ancora più lead. Image by rawpixel.com on Freepik
Nel corso della storia si è assistito più volte ad un cambiamento di approccio per quanto riguarda le imprese che hanno finito sempre più di mettere il cliente al centro del loro modello di business basando così le loro scelte secondo i bisogni manifestati dal cliente stesso. Tutto questo però è un processo nato durante la Prima Rivoluzione industriale dove la meccanizzazione e le prime tecnologie hanno fatto sì che produrre grandi quantitativi di prodotto risultasse un’operazione abbastanza semplice rispetto a quelli che erano i precedenti standard andando quindi ad affermare quella che è conosciuta come “orientamento alla produzione o al prodotto”. L'orientamento al prodotto fallisce Secondo questo orientamento per avere una posizione predominante sul mercato si rendeva necessaria la produzione di grandi quantitativi di prodotti rendendoli reperibili il più velocemente possibile sul mercato in modo da crearsi una posizione monopolistica che non lasciasse spazio ad altri competitors. Questo approccio però evidenziò ben presto tutti i suoi limiti che si concretizzarono con la crisi del 1929, una crisi di sovrapproduzione con imprenditori con grandi disponibilità economiche si ritrovarono ben presto sul lastrico e con il fallimento di molte imprese. Tutto ciò cambiò gli equilibri di produzione da parte delle grandi imprese facendo capire l’insostenibilità del precedente approccio lasciando spazio ad un nuovo orientamento incaricato di gestire i problemi di sovrapproduzione delle imprese: quello alla vendita. L'orientamento alla vendita fallisce L'orientamento alla vendita, nato dagli anni 30 e con un periodo di massimo splendore intorno agli anni 50 e 60, aveva come punto chiave del successo delle imprese la vendita del prodotto a quante più persone possibili tramite i nuovi strumenti del marketing che stavano nascendo. In particolar modo si usavano sempre più strumenti come la pubblicità sui mezzi di comunicazione come la TV, e si adottavano miglioramenti della catena distributiva per avvicinarsi così anche a segmenti molto piccoli di clienti e trascurate dalle altre imprese. I limiti di questo approccio però si evidenziarono prima di tutto per il fatto di non considerare quelle che erano le esigenze del cliente, che sempre più diventavano elaborate, ma anche il crescente sviluppo dei mercati sempre più verso l'iper competitività, il cambiamento della distribuzione dei prodotti, sempre più vicina al cliente. A tutto ciò si aggiunse la nascita dell'inbound marketing e l’avvento di internet e della sua varietà di prodotti presenti e facilmente acquistabili dai clienti, accelerando così un processo che sempre più vede lo studio del cliente come elemento cardine per la strategia dell’impresa. Customer centricity: da dove è nato e cos’è l'orientamento al cliente Il cliente al centro della strategia di impresa non è solamente un modo di fare ma è un cambiamento completo della cultura aziendale perché tutti quelli che lavorano per l’impresa dovranno essere coinvolti nel processo aziendale dal reparto produzione al reparto vendite passando per il reparto marketing. Il ruolo fondamentale però sarà quello del cliente che avrà voce in capitolo sul come produrre, come comunicare e come vendere in base alle sue esigenze e alla sua customer journey. Si tratta certamente di un cambiamento radicale rispetto agli altri due approcci: infatti non verranno più messi in commercio prodotti che non rientrino nei gusti del cliente, evitando il sorgere di crisi di produzione. Cosa che è invece probabile accada con l'approccio al prodotto; in questo modo non si sprecheranno eccessive risorse in pubblicità e comunicazione, che né il cliente vedrà mai né sarà mai interessato, come quanto accadeva con l’approccio alle vendite. Tutto questo ha la necessità di un grande impegno su molti fronti da parte dell’impresa ,che dovrà acquisire una buona elasticità di pensiero in caso di cambiamenti delle esigenze del cliente e dovrà essere molto informata per quanto riguarda le esigenze del cliente cercando di essere presente alla nascita nuovi trend con il quale si rapporta e nuovi canali comunicativi che il cliente usa. Le caratteristiche del Customer centricity Per implementare la visione customer centric è necessario cambiare il modo di fare impresa avendo bene in mente tre punti chiave che aiutino alla costruzione di una relazione biunivoca tra impresa e cliente. L’ascolto del cliente e la raccolta ordinata di quanto riportato Non bisogna ignorare quello che il cliente dice o il comportamento che solitamente sviluppa perché, attraverso l’analisi di questi due elementi, c’è l’opportunità di capire punti chiave e nuove tendenze sul quale basare la propria strategia d’impresa. Inoltre è necessaria una raccolta ordinata di tutti i dati ricevuti per permettere un’analisi facile e rapida dei dati ricevuti dal cliente con i quali si procederà alla profilazione del buyer persona. L’omnicanalità dell’impresa la facilità di contatto con l’imprese deve essere un punto cardine per quanto riguarda il rapporto tra impresa e cliente. Se si vuole che il cliente sia al centro della strategia di impresa e se si vuole ascoltare quello che dice, bisogna dare modo al cliente di contattarci facilmente e che, altrettanto facilmente, noi riusciamo a contattare loro. Pertanto un approccio di omnicanalità, quindi essere presenti in ogni luogo o media in cui è presente il cliente, può essere vincente per la costruzione di una strategia aziendale. Creare una customer experience che dia valore al cliente Il cliente non deve essere il punto di arrivo al quale vendere il prodotto ma il punto di partenza sul quale costruire l’offerta prodotto, è lui infatti che dà valore all’impresa pertanto è importante che sia seguito passo passo in ogni fase della sua customer journey andando ad essere presenti anche nella fase post acquisto, cosa che molte imprese non riescono a fare o peggio non fanno. L’approccio dell’impresa non può essere solamente vendere il prodotto ma deve essere dare un servizio al cliente, cercando di coccolarlo e viziarlo. Seguendo questi passaggi si otterrà un cliente fidelizzato che sarà quindi disposto a parlare dell’esperienza positiva che ha avuto con la nostra impresa aumentando il passaparola, sarà disposto a condividere informazioni aiutando nel processo di co-creazione dell’offerta prodotto. L’importanza del CRM per lo sviluppo dell'orientamento al cliente Fondamentale quindi è lo studio del cliente che può essere attuato solamente grazie ad un CRM, un software che si occupa di tracciare tutto il percorso che il cliente fa con la tua impresa tenendo traccia di feedback sui prodotti o servizi dell’impresa, di agevolare la normale gestione del cliente e il miglioramento delle campagne di comunicazione. Solamente partendo con un progetto CRM si avrà maggiore facilità nell’analisi dei dati dei clienti, di conseguenza si potrà profilare un buyer persona molto più facilmente e basare la produzione dell’offerta prodotto secondo le necessità e le modalità desiderate del cliente. Solamente in questo modo chi si approccerà con il brand si sentirà considerato e sarà ben disposto a scambiare dati con l’impresa in un circolo vizioso che porterà all’aumento del valore percepito del cliente e lo porterà a sua volta a parlare di noi e con noi. Il CRM inoltre agevolerà l’impresa nelle operazioni routinarie per quanto riguarda il rapporto con il cliente quindi la gestione delle newsletter, la gestione del cliente nella fase post acquisto riuscendo ad essere presenti nel momento in cui manifesterà determinati bisogni, punto cardine della teoria customer centrica. Ovviamente il customer centrismo ha un impatto anche economico. Mettere il cliente al centro del sistema impresa significa anche ottimizzare i processi produttivi con una diminuzione importante dei costi e un aumento importante della redditività dell’impresa, come testimoniato dalla ricerca di Deloitte Customer Centricity Embedding it into your organisation’s DNA” dove si mette in evidenza la differenza di redditività delle aziende che seguono una cultura customer centrica da quelle che non lo fanno e il risultato è che l’aumento della redditività di quelle che lo fanno è di circa il 60%. Questo è spiegabile perché conoscendo a fondo il cliente si evita di sprecare risorse su progetti che non troveranno mai un apprezzamento verso il cliente. Anche a livello di tempistiche questo approccio garantisce grandi miglioramenti perché grazie a software CRM, come Hubspot, si possono automatizzare molte operazioni, si andranno ad analizzare i dati molto più velocemente. Tutto ciò porta ad un risparmio di tempo tale che permetterà di concentrarsi su altre operazioni strategiche aziendali che necessitano di più tempo di quello normalmente impiegato fino a quel punto. Porre il cliente al centro di tutto il processo aziendale servirà anche ad avere un vantaggio competitivo nei confronti delle altre imprese che non hanno deciso di adottare questo tipo di cultura e che non sono al passo con i tempi pensando che un’idea creativa basata sulla pura intuizione basti a fidelizzare un cliente e vendere di più.
Il Metaverso è un concetto complesso. Negli ultimi anni, il termine è andato oltre la visione di Stephenson del 1992 di un mondo virtuale 3D immersivo, per includere aspetti del mondo fisico oggetti, attori, interfacce e reti che costruiscono e interagiscono con ambienti virtuali. Che cos'è il Metaverso? Una definizione che sembra un buon punto di partenza come un altro: il Metaverso è la convergenza di 1) realtà fisica virtualmente potenziata e 2) spazio virtuale fisicamente persistente. È una fusione di entrambi, consentendo agli utenti di sperimentarlo come entrambi. Non esiste una singola entità unificata chiamata Metaverso, piuttosto, ci sono diverse modalità di fruizione che si rafforzano a vicenda in cui la virtualizzazione e gli strumenti e gli oggetti Web 3D vengono incorporati ovunque nel nostro ambiente e diventano caratteristiche persistenti delle nostre vite. Queste tecnologie emergeranno in base a potenziali benefici, investimenti e interesse dei clienti e saranno soggette a inconvenienti e conseguenze indesiderate. Col tempo, molte delle attività Internet che ora associamo al Web 2D migreranno negli spazi 3D del Metaverso. Questo non significa che tutte o anche la maggior parte delle nostre pagine web diventeranno 3D, o anche che normalmente leggeremo contenuti web in spazi 3D. Significa che, man mano che si sviluppano nuovi strumenti, saremo in grado di combinare in modo intelligente 2D e 3D per ottenere i vantaggi unici di ciascuno, nel contesto appropriato. Sebbene il Web si riferisca tecnicamente a un particolare insieme di protocolli e applicazioni online, (API, NFT, Blockchain, AR, VR) il termine è diventato un'abbreviazione per la vita online. È possibile che Metaverse arrivi ad avere questa stessa dualità: riferendosi sia a un particolare insieme di tecnologie web di virtualizzazione e 3D, sia al modo standard in cui pensiamo alla vita online. Come il Web, il Metaverso non sarebbe la totalità di Internet, ma come il Web sarebbe visto da molti come la parte più importante. L'emergere di un solido Metaverso modellerà lo sviluppo di molti regni tecnologici che attualmente sembrano non correlati a Internet. Ad esempio, nella produzione, gli ambienti 3D offrono spazi di progettazione ideali per la prototipazione rapida e la produzione personalizzata e decentralizzata. Nella logistica e nei trasporti, i tag sensibili allo spazio e la modellazione in 3D del mondo in tempo reale porteranno nuove efficienze, approfondimenti e mercati. Nell'Intelligenza Artificiale, i mondi virtuali offrono piattaforme trasparenti e a basso rischio per lo sviluppo e il test di comportamenti di macchine autonome, molte delle quali possono essere utilizzate anche nel mondo fisico. Questi sono solo alcuni esempi dei prossimi sviluppi basati sulle prime tecnologie Metaverse. Il retroscena del Metaverse è che il suo emergere è stato reso possibile da una serie di capacità tecnologiche esponenziali e tendenze di crescita delle prestazioni. Insieme, queste capacità e abilità digitali in rapida espansione stanno creando il terreno in cui sta emergendo il nostro ecosistema di web computing 3D. Per costruire il nostro scenario dobbiamo immaginarci un asse cartesiano con quattro tipi diversi di costanti che potrebbero influenzare i modi in cui il Metaverso si svolge: lo spettro di tecnologie e applicazioni che vanno dall'aumento alla simulazione ; e lo spettro che va da intimo (focalizzato sull'identità) verso l'esterno (focalizzato sul mondo) . • L'aumento si riferisce a tecnologie che aggiungono nuove capacità ai sistemi reali esistenti (leggi: Realtà Aumentata); nel contesto del Metaverse, ciò significa tecnologie che stratificano nuovi sistemi di controllo e informazioni sulla nostra percezione dell'ambiente fisico. • La simulazione si riferisce a tecnologie che modellano la realtà (Realtà Virtuale), offrendo ambienti completamente nuovi; nel contesto del Metaverse, questo significa tecnologie che forniscono mondi simulati come luogo di interazione. • Le tecnologie intime sono focalizzate sull'identità e sulle azioni dell'individuo o dell'oggetto; nel contesto del Metaverse, ciò significa tecnologie in cui l'utente (o oggetto semi-intelligente) ha un'azione nell'ambiente, sia attraverso l'uso di un avatar/profilo digitale, sia attraverso l'apparizione diretta come attore nel sistema. • Le tecnologie esterne sono focalizzate verso l'esterno, verso il mondo in generale; nel contesto del Metaverse, ciò significa tecnologie che forniscono informazioni e controllo del mondo intorno all'utente. La combinazione di queste due assi fa emergere nel piano quattro componenti chiave del futuro del Metaverso: Mondi Virtuali, Mondi Specchio, Realtà Aumentata, Lifelogging Mondi Virtuali La discussione sul Metaverso di solito inizia con mondi virtuali (VW) massicciamente multiutenti, uno spazio in rapida crescita che sta già mescolando sistemi sociali, economici e, in misura limitata, politici fisici e virtuali tramite singoli utenti asincroni e multiutente in tempo reale. Lo scenario dei mondi virtuali immagina un'ampia partecipazione futura ai beni comuni (NFT) dello spazio virtuale. Emergeranno molte nuove forme di associazione che attualmente sono proibitive in termini di costi nello spazio fisico e i Mondi potrebbero superare lo spazio fisico per molte funzioni sociali, economiche e politiche tradizionali. Nello scenario dei 20 anni, possono diventare strumenti primari per l'apprendimento di molti aspetti della storia, per l'acquisizione di nuove competenze, per la valutazione del lavoro e per molte delle nostre forme di collaborazione più convenienti e produttive. Nella versione più forte di questo scenario, i Mondi Virtuali catturano la maggior parte, se non tutte, le attuali forme di interazione digitale, dall'intrattenimento al lavoro, dall'istruzione allo shopping agli appuntamenti, persino alla posta elettronica e ai sistemi operativi, sebbene gli aspetti 3D possano rimanere minimamente utilizzati in quest'ultimo contesti. I giovani cresciuti in tali condizioni potrebbero vivere vite sempre più spartane nel mondo fisico e vite ricche ed esotiche nello spazio virtuale, vite che percepiscono come più potenti, creative e reali della loro esistenza fisica, nei modi che contano di più. Oh, è inutile che facciate quella faccia, sapete benissimo di cosa sto parlando. Aiutato dall'interoperabilità del Mondo, un individuo può facilmente accedere a una serie di esperienze molto più ampia in ambienti digitali rispetto a quella che potrebbe nel mondo fisico, nonché a un social network molto più ampio. Allo stesso tempo, l'emergente Web partecipativo fornisce strumenti e piattaforme che consentono all'utente di taggare, bloggare, commentare, modificare, aumentare, selezionare, classificare e rispondere ai contributi di altri utenti e della comunità mondiale. Le tecnologie Web partecipative 3D di domani arricchiranno notevolmente i nostri spazi virtuali. Nuove soglie nel fotorealismo dinamico del mapping facciale, guidate dall'industria dell'intrattenimento, guideranno chiaramente l'adozione incrementale. Ad esempio, la capacità delle webcam di mappare dinamicamente le espressioni facciali degli utenti di computer sui loro avatar del mondo virtuale è stata già annunciata l'altro giorno da mr Zuck come prossima feature del suo Oculus. La massima espressione dello scenario VW includerebbe la simulazione della propriocezione (posizione del corpo), del tatto, dell'olfatto e persino del gusto, ovvero una forma di realtà virtuale immersiva. Sebbene lontano, Meta ha annunciato il rilascio di un'intera libreria API per la mappatura di movimenti del corpo attraverso visori ottici. Stiamo arrivando. Dieci anni fa gli esperti consideravano poco probabile tutte queste applicazioni in scala ventennale. Oggi queste tecnologie hanno un orizzonte di realizzazione di 5 anni. Dal punto di vista sociale, forse, la tendenza persistente più ovvia sarà la sperimentazione dell'identità, l'autorivelazione e il gioco di ruolo nei Mondi, e la mutazione creativa delle norme sociali intorno a genere, etnia, classe sociale, etichetta e valori e obiettivi di gruppo. Mondi Specchio I mondi specchio sono modelli virtuali o riflessi informatizzati del mondo fisico. La loro costruzione prevede sofisticati strumenti di mappatura virtuale, modellazione e annotazione, sensori geospaziali e di altro tipo, tecnologie di rilevamento della posizione e altre tecnologie di registrazione della vita (registrazione della cronologia). A differenza dei mondi virtuali, che implicano realtà alternative che possono essere simili a quelle della Terra o molto diverse, i mondi speculari modellano il mondo che ci circonda. L'esempio più noto di un mondo specchio è attualmente Google Earth, una mappa digitale della Terra gratuita, basata sul Web ed a standard aperti. Eppure Google Earth è solo uno dei tanti mondi specchio, noti anche come sistemi di informazione geografica (GIS). I sistemi GIS acquisiscono, archiviano, analizzano e gestiscono i dati e gli attributi associati che fanno riferimento spazialmente alla Terra. Alcuni futuristi hanno proclamato che i mondi virtuali, Internet, l'outsourcing globale e la telepresenza stanno annunciando la fine della geografia. Tali idee sono state messe in parallelo con l'avvento dell'aereo e del telegrafo un secolo prima, che ha portato alla previsione di un mondo senza confini. C'è certamente una verità limitata in queste prospettive, ma i mondi specchio renderanno anche i confini, le città e il posizionamento spaziale ancora più interessanti, produttivi e importanti. Nei prossimi anni, la proliferazione di sensori sempre più sensibili alla posizione e al contesto ambientale creerà ambienti urbani e rurali intelligenti e aumenterà la qualità delle nostre simulazioni del mondo specchio, delle interfacce di realtà aumentata e dei lifelog di oggetti e utenti. Chip RFID già presenti sul mercato e altre tipologie di sensori basati su connettività sempre più avanzate (5G) consentiranno l'emergere di sistemi di posizionamento locale (noti anche come sistemi basati sulla locazione) che ci consentiranno di localizzare tutto ciò a cui teniamo nel nostro ambiente (ad esempio, strumenti in casa, bambini nel vicinato, amici sul pianeta) su una mappa specchio virtuale in tempo reale. I mondi specchio per la casa rappresenteranno un nuovo mercato significativo. Sicurezza, assicurazione sulla proprietà, trasloco e deposito, noleggio e baratto, decorazione d'interni, edilizia e domotica sono solo alcuni dei molti settori che saranno significativamente colpiti. Il potere informativo di questi strumenti creerà nuove sfide per la prevenzione della criminalità e la protezione della privacy. L'interfaccia del mondo specchio è uno strumento educativo, organizzativo e commerciale avvincente per comprendere e gestire eventi globali come il clima e la geopolitica. È probabile che le istituzioni transnazionali, le ONG e altri con un focus globale siano i primi utenti man mano che il Mondo specchio si evolve. I sistemi Digital Earth offrono anche un modo unico per la transizione tra contesto globale e locale. Nell'orizzonte temporale a medio termine, dato un modello sufficientemente robusto del mondo reale, completo di abbondanti fonti di dati in tempo reale e mappe delle preferenze e dei valori degli abitanti, i mondi specchio alla fine offriranno un potente metodo per testare i piani attraverso il data mining e simulazione. Gli strateghi aziendali, ambientali e politici possono utilizzare un sistema del mondo specchio per verificare la plausibilità dei piani rispetto alle preferenze e ai valori pubblicamente espressi da una comunità fisica o virtuale. Un modello così altamente riflettente degli aspetti visibili e intangibili della Terra è delineato da David Gelernter in Mirror Worlds . Gelernter è ottimista sul fatto che le nostre prossime simulazioni geografiche ricche di dati possano darci non solo una visione a livello degli alberi, ma anche una vista dall'alto a livello di foresta in sistemi globali complessi, molti dei quali sono attualmente oscuri. Se la principale tendenza tecnologica del mondo speculare è verso un aumento degli input di dati (proliferazione di sensori globali) e complessità e accuratezza nei nostri sim, la principale tendenza sociale dei Mondi Specchio potrebbe essere lo sforzo dei potenti di controllare l'accesso alle nuove informazioni più utili. I mondi specchio si stanno democratizzando e pluralizzando solo nella misura in cui tutti hanno accesso e possono annotarli. Se tale accesso è limitato, possono facilmente diventare strumenti di controllo statale o aziendale. Fintanto che questo sarà visto come un risultato socialmente indesiderabile, molti sforzi politici andranno a trovare modi per mantenere e uniformare l'accesso. Il crescente potere dell'individuo di utilizzare la tecnologia in modi socialmente distruttivi sarà un problema aggravato dall'accesso al Mondo Specchio. In società illuminate, questo problema sarà contrastato dalla crescente trasparenza e responsabilità sociale che rispecchiano mondi, realtà aumentata, lifelog e tecnologie correlate forniscono. Culture diverse faranno scelte diverse per quanto riguarda la prevalenza e l'accesso al Mondo Specchio, ma in generale, hanno grandi promesse di essere una forza sociale a somma positiva e di proteggere sia le libertà civili che i valori e l'identità sociali. Realtà aumentata Nella realtà aumentata, le tecnologie Metaverse migliorano il mondo fisico esterno per l'individuo, attraverso l'uso di sistemi e interfacce location-aware che elaborano e sovrappongono le informazioni in rete alla nostra percezione quotidiana del mondo. Storicamente, il concetto di realtà aumentata (AR) si basa sull'emergere di mappe del mondo speculari e reti di posizionamento globale, tra cui il GPS statunitense e il suo concorrente europeo Galileo, nonché localizzatori di telefoni cellulari che si affidano in parte alla triangolazione torri cellulari. Poiché il GPS è diventato sempre più comune, sono emersi nuovi servizi per sfruttare queste informazioni geografiche, dall'etichettatura della posizione e il monitoraggio della logistica ai giochi basati sulla posizione e alla pubblicità sensibile al contesto. Tali servizi sono oggi ancora embrionali, ma miglioreranno notevolmente in termini di granularità, accuratezza e usabilità. La realtà aumentata dipende dall'ulteriore sviluppo di materiali intelligenti e dall'ambiente intelligente, l'intelligenza computazionale in rete incorporata in oggetti e spazi fisici. Come descritto in Everyware di Adam Greenfield , questa visione della cosiddetta Internet delle cose va ben oltre le classi primitive odierne di tag RFID (identificazione a radiofrequenza). Concetti come gli spimi descritti da Bruce Sterling (oggetti identificati individualmente che possono essere tracciati sia nel tempo che nello spazio nel corso della loro vita) o i blogjects di Julian Bleecker (oggetti che mantengono un registro pubblico della loro condizione e uso) offrono esempi dei modi in cui i materiali, i beni e l'ambiente fisico giocano un ruolo nel mondo della realtà aumentata. Un altro aspetto importante dello scenario AR è l'interfaccia, i modi e le scelte che gli utenti hanno per accedere alle informazioni virtuali sovrapposte al mondo fisico. Un tipo di interfaccia è un display heads-up (HUD), che fornisce informazioni significative per il contesto attraverso uno schermo mobile (finestra, occhiali, schermo del cellulare, ecc.). Si, sto parlando di Oculus e di tutti i suoi concorrenti. Una volta che tale tecnologia avrà sufficientemente superato le problematiche di miniaturizzazione, proiezione, consumo energetico si potrà parlare di vera AR. Lo scenario della realtà aumentata offre un mondo in cui ogni elemento visibile ha una potenziale ombra informativa, una storia e una presenza accessibili tramite interfacce standard. La maggior parte degli oggetti che possono cambiare stato (essere accesi o spenti, cambiare aspetto, ecc.) possono essere controllati tramite rete wireless e molti oggetti che oggi sarebbero materia stupida saranno, nello scenario della realtà aumentata, interattivi, e ad un grado, controllabili. Per la generazione AR, tali proprietà saranno come l'elettricità per i bambini del XX secolo: essenzialmente universali, attese ed evidenti solo in loro assenza. Chiunque fornisca il primo sistema operativo e standard AR utili e scalabili, magari tramite la piattaforma del telefono cellulare, potrebbe diventare un attore centrale in questo futuro. Con la proliferazione dei dati virtuali, il sovraccarico di informazioni sarà un problema comune. Il meglio di questi regolerà l'uso umano del sistema, rispettando i cicli naturali di lavoro, riposo e ricreazione. A breve termine, i dispositivi AR potrebbero impiegare i filtri collaborativi odierni, che si auto-organizzano per far avanzare i propri interessi e valori. Ciò consentirà l'annotazione dell'utente e l'espressione dell'opinione individuale: il Web partecipativo. Le reti basate su smart tag consentiranno alle persone di consigliare agli amici quali ristoranti, negozi o servizi vale la pena visitare e quali dovrebbero essere evitati. I processi basati sul tempo (come appuntamenti o consegne) possono essere seguiti con un piccolo widget nella propria interfaccia visiva. Nel futuro a lungo termine, persone diverse potrebbero avere esperienze molto diverse dello stesso luogo fisico. In casi estremi, si potrebbe usare l'AR per nascondere immagini (come cartelli, display video, anche altre persone) considerate distraenti o offensive. In una nuova forma di auto-ossessione, isolamento e dipendenza, alcuni potrebbero scegliere di vedere solo Villaggi Potemkin, una facciata informativa che si occupa dei loro pregiudizi e desideri preesistenti e che oscura la realtà spiacevole. È probabile che i servizi di media, i gruppi religiosi, le società di software e molti altri attori competano nel mercato dei filtri e il pluralismo economico e politico dovrebbe aiutare a garantire che questi sistemi autorizzino piuttosto che controllare l'individuo. Lifelogging Nel lifelogging, le tecnologie di aumento registrano e riportano gli stati intimi e le storie di vita di oggetti e utenti, a supporto della memoria di oggetti e di sé, dell'osservazione, della comunicazione e della modellazione del comportamento. Gli Object Lifelog (spimi, blogjects, ecc.) mantengono una narrazione dell'uso, dell'ambiente e delle condizioni per gli oggetti fisici. I registri di vita utente (caching della vita, vite documentate, ecc.) consentono alle persone di effettuare registrazioni simili delle proprie vite. I registri della vita degli oggetti si sovrappongono allo scenario AR ed entrambi si basano su reti di informazioni AR e sensori onnipresenti. Lifelogging è l'acquisizione, l'archiviazione e la distribuzione di esperienze e informazioni quotidiane per oggetti e persone. Questa pratica può servire come un modo per fornire utili informazioni storiche o sullo stato attuale, condividere momenti insoliti con gli altri, per l'arte e l'espressione di sé e, sempre più, come una sorta di memoria di backup, garantendo che ciò che una persona vede e sente sarà rimangono disponibili per un esame successivo, come desiderato, ciò che il fondatore di Microsoft Bill Gates ha definito una vita documentata in The Road Ahead , 1995. Il lifelogging emerge dall'accelerazione delle tendenze tecnologiche in termini di connettività, larghezza di banda, capacità di archiviazione, precisione del sensore, miniaturizzazione e convenienza. Pagheresti 10$ in più per lo schermo di un computer che registra una memoria dei suoi recenti stati visivi in caso di arresto anomalo? Quanto pagheresti per i lifelog sulla tua auto, chiavi e portafoglio? Per un portafoglio che ti avvisa se le carte di credito non vengono sostituite rapidamente al suo interno? Se utilizzati in modo appropriato, la cronologia e l'intelligenza degli oggetti possono migliorare la nostra consapevolezza, sicurezza e produttività. Le tecnologie di Lifelogging offrono due funzioni principali: in primo luogo, servono come una sorta di TiVo per la propria vita, registrando le immagini ei suoni che si incontrano durante il giorno; in secondo luogo, consentono la condivisione collaborativa e l'aggregazione delle esperienze di vita. Entrambe le funzioni sono potenzialmente socialmente dirompenti, anche se offrono funzionalità di valore immediato per gli utenti. L'ostacolo tecnologico principale per lo scenario maturo del lifelogging non è l'hardware, ma il software: come si fa a taggare, indicizzare, cercare e riassumere i terabyte di archivi multimediali della propria vita? Diverse aziende tecnologiche sono al lavoro su questo problema. Al di là del mercato degli streamer a breve termine, sembra improbabile che emergano registri di vita degli utenti veramente potenti fino a quando non avremo sistemi intelligenti di autodidascalia e riepilogo automatico e un'interfaccia di conversazione funzionale (magari basata su AI), che consente la ricerca vocale su un sistema indossabile attraverso il proprio archivio di esperienze passate. Mostrami quella conversazione l'estate scorsa quando stavo discutendo abc con xyz.) La vita nello scenario del lifelogging ha il potenziale per essere simultaneamente potenziante e demoralizzante, nel senso che le generazioni più anziane possono avere qualche difficoltà ad adattarsi e una nostalgia per tempi più semplici e precedenti. Per gli utenti del lifelogging, la conservazione delle esperienze passate diventerà funzionalmente perfetta, ma il richiamo e l'analisi di tali esperienze saranno validi solo quanto il software di indicizzazione e ricerca basato sul Web, che migliorerà costantemente nel corso della vita dell'utente. Anche con capacità analitiche minime, tali sistemi sarebbero di grande valore per i giovani sperimentatori, per gli anziani inclini alla tecnologia, per gli uomini d'affari, per i dipendenti pubblici e molti altri. Una memoria perfetta non è necessariamente un ideale, almeno per gli attuali standard sociali. Le relazioni umane sono aiutate dal ricordo sbagliato consensuale di offese, permettendo al pungiglione di insulti e offese personali di svanire nel tempo. Con un facile accesso ai record di errori passati, Ho dimenticato sarà molto meno frequente e alcuni troveranno impossibile lasciare che il passato sia passato. Dal lato positivo, la nuova accuratezza sociale potrà offrire agli individui l'opportunità di ammettere più frequentemente i propri errori e, dopo un certo aggiustamento dell'ego, li aiuterà a essere più tolleranti e aperti a un cambiamento di mente e comportamento. David Brin spiega bene questo punto in The Transparent Society , 1999, un'introduzione ai cambiamenti sociali che possiamo aspettarci nella società altamente virtualizzata e pubblicamente trasparente di domani. Gli individui in una democrazia alla fine diventano più gentili quando le loro azioni sono disponibili per l'osservazione sociale e di sé, anche se non senza una lotta. Il cambiamento di comportamento non è mai un processo facile. Aggiungi la capacità di rete a questa tecnologia e la vita diventa particolarmente interessante. A differenza dei mondi virtuali, il lifelogging non ti permetterà di metterti nei panni di un'altra persona, ma ti permetterà di guardare il mondo attraverso gli occhi di un'altra persona. O gli occhi di più persone: i ricordi etichettati per un determinato momento e luogo possono richiamare registrazioni simili di altri sulla scena, dando a un individuo l'accesso a più prospettive su un evento. Le potenziali applicazioni di tale capacità sono innumerevoli: più accuratezza nelle forze dell'ordine, migliore istruzione, formazione, consulenza, consapevolezza di sé e sociale, risoluzione dei conflitti, ecc. È anche un potente esempio di sousveillance (guardare dal basso) per bilanciare la sorveglianza (“guardare dall'alto”) capacità dello Stato moderno. . Sistemi sufficientemente avanzati per riconoscere oggetti, simboli e volti individuali, compiti di intelligenza artificiale visiva che molti esperti si aspettano di essere sufficientemente precisi per un uso generale in 6 o 10 anni, offriranno nuove potenti abilità non solo alla società ma anche agli individui. Come minimo, il software sarebbe in grado di richiamare interazioni precedenti per una rapida revisione, o almeno un nome e un contesto. Se i sistemi possono essere facilmente collegati in rete, l'attrezzatura per il lifelogging potrebbe richiamare riferimenti da amici e parenti fidati, dando a qualsiasi persona l'accesso alla memoria sociale collettiva della sua rete personale. Ciò ha ovvie implicazioni per le reti di reputazione. Inevitabilmente, una volta che è possibile accedere a riferimenti di memoria in rete su qualcuno o qualcosa, gli utenti vorranno condividere le loro opinioni sulle proprie esperienze con il soggetto. Fintanto che la rete di reputazione si concentrerà su prodotti e servizi, le valutazioni del gruppo differiranno poco dai sistemi collaborativi di raccomandazione dei prodotti odierni. Tuttavia, quando la rete inizia ad applicarsi ad altre persone in dimensioni non commerciali, sorgeranno domande sulla responsabilità per la diffusione di disinformazione dannosa. Probabilmente nasceranno nuovi quadri giuridici. Una delle principali tendenze tecnologiche in questo periodo di tempo sarà la crescente capacità dei sistemi di lifelogging di stabilire connessioni significative tra ricordi disparati, sia individuali che collettivi. Nella sua massima espressione, tale tecnologia può diventare non semplicemente una memoria di backup, ma un subconscio di backup, che offre un potente potenziamento cognitivo e consigli sull'esempio del passato. Visto dal quadro più ampio, se abbinato al lavoro in corso sullo sviluppo dell'intelligenza artificiale generale, il lifelogging diventa uno dei numerosi percorsi preziosi per una maggiore integrazione delle menti umane e meccaniche. Concludo questo scenario finale con un'osservazione importante: le tecnologie in tre dei nostri quattro scenari, mondi specchio, realtà aumentata e lifelogging, aumenteranno fortemente la trasparenza pubblica e, con il consenso dell'utente, anche la trasparenza privata nei prossimi anni. Fino a che punto potremmo portare questa tendenza alla trasparenza? Arriveremo a considerare il presente, un'era in cui le persone possono uscire in pubblico senza biometria o firme elettroniche che le identifichino in modo univoco alla rete come un Wild West di criminalità e illegalità? Il lontano futuro è difficile da visualizzare, ma possiamo immaginare molti passaggi di trasparenza a breve e lungo termine socialmente attraenti lungo la strada. Quanto è probabile, ad esempio, che una volta che saranno sufficientemente economici e miniaturizzati, vedremo leggi che impongono l'installazione di reti e registri di vita (ad es. tutte le nostre nuove armi leggere, armi, esplosivi e altre tecnologie letali di massa? Sembra ragionevole aspettarsi che la principale tendenza sociale a lungo termine nel lifelogging sarà alle prese con l'impatto di una trasparenza notevolmente elevata, inclusi tutti gli inevitabili tentativi di hackerare, giocare o manipolare in altro modo questi sistemi. La sicurezza, la privacy, la prevenzione delle frodi e la protezione delle libertà civili per gli utenti e le persone registrate saranno preoccupazioni continue. Possiamo anche aspettarci risposte significativamente diverse a queste tecnologie paese per paese, in particolare nei primi anni. Per generalizzare, potremmo guardare a paesi innovativi e attenti alla sicurezza come Singapore, Israele, Sud Africa, Stati Uniti e Corea per l'innovazione precoce, all'Asia per la leadership tecnica e forse all'Europa e agli Stati Uniti per le innovazioni legali che ne definiscono l'uso coerente con le crescenti libertà personali e responsabilità sociali. Conclusione Questi quattro scenari enfatizzano diverse funzioni, tipi o set di tecnologie Metaverse. Tutti e quattro sono già in una fase iniziale di emergenza, ma le condizioni in cui ciascuno si svilupperà pienamente, in contesti particolari, sono tutt'altro che chiare. Ci sono ovviamente altri tipi e funzioni della tecnologia che potrebbero influenzare lo sviluppo del Metaverse che non sono esplicitamente trattati nei nostri scenari. Non ho parlato di NFT, di Blockchain, di reti computazionali di AI. Non ho parlato di come il Metaverso rivoluzionerà gli ecommerce Una cosa alla volta. Per il momento questo articolo rappresenta un'infarinatura sul concetto di Metaverso, lo allargherò nel tempo.
L’omnicanalità è una strategia che molte aziende iniziano a inserire nella loro customer experience. E questo perché si è compresa l’importanza di una strategia omnicanale, capace di integrare canali, spazi, tempi di comunicazione differenti e modalità di pagamento che prevedessero l’utilizzo di più strumenti. Il cliente in una strategia di tipo omnicanale è al centro di tutto, si parla infatti di fluidità dei processi o di esperienza liquida del cliente, sempre più coinvolto e preso dai processi di un’azienda. In un certo qual senso è come se il cliente venisse completamente avvolto dai servizi che può offrire un’azienda. Quali sono i vantaggi di tutto questo? Maggiore presenza nella vita del cliente; Maggiore possibilità di trasformare il lead in contatto; Totale interconnessione dei canali di acquisto e vendita, tra cliente e azienda. In questo senso si parla di customer journey fluido, cioè senza interruzioni di sorta nel rapporto tra azienda e cliente. Ma come si fa a realizzare una strategia omnicanale? Con quali strumenti? Lo vediamo nei prossimi paragrafi. Come rendere omnicanale un business Per rendere omnicanale un business, innanzitutto ci deve essere una vision dell’azienda condivisa e quindi una predisposizione a utilizzare strumenti, strategie e canali differenti in modo perfettamente integrato. Primo step per una strategia efficace omnicanale: conoscere la buyer persona. Una volta individuati interessi, comportamenti e abitudini di acquisto è possibile iniziare a individuare la modalità migliore di contatto con il potenziale cliente. Il secondo step sarà quello di integrare i canali dell’azienda, personalizzandoli in base alle informazioni ottenute sul cliente. Ambienti online e offline si devono allineare perfettamente. Il terzo step è quello di sperimentare tutte le strategie e le soluzioni integrate, per verificare quale di queste è migliore per il target che abbiamo in mente. Bisogna ricordarsi che l’obiettivo primario di questa strategia è la soddisfazione del cliente. Più il cliente è felice, più il nostro business avrà successo. Il segreto di una strategia omnicanale è sempre la personalizzazione, più capisci cosa vuole il cliente dall’azienda, più le probabilità di successo aumentano. Hubspot ti aiuta a gestire la customer satisfacion in modo ottimale con i suoi servizi integrati. Se non conosci Hubspot, ti consigliamo di approfondire le sue funzionalità, leggendo l’articolo dedicato:”HubSpot cos'è e cosa fa”. Scoprirai un mondo di opportunità per iniziare a rendere omnicanale la tua azienda. Vediamo nel prossimo paragrafo degli esempi pratici di strategia omnicanale. Esempi di strategia omnicanale: dall’e-commerce al negozio fisico e viceversa Per spiegare bene cos’è l’omnicanalità è necessario fare degli esempi di una strategia omnicanale. Il principio alla base è l’unione del mondo online e di quello offline per la continuazione di una customer experience ottimale. Esempio 1. E-commerce negozio di abbigliamento sportivo Vuoi acquistare delle scarpe da ginnastica da running. Nel quartiere dove abiti però ci sono soltanto due negozi che vendono abbigliamento sportivo. Ed entrambi vendono anche scarpe da running. Tu lo sai e vai a visitare entrambi i negozi (esperienza offline). Valuti i brand che hanno a loro disposizione, fai un’indagine sui costi e poi prendi la tua decisione. Problema che può verificarsi. Le scarpe da running ci sono, ma non del colore che volevi tu o non del tuo numero. Il prezzo però ti sembra quello giusto e di conseguenza tu è da quel negozio che le vuoi acquistare. In passato, quando ancora non c’era l’omnicanalità, avresti dato il tuo numero di telefono alla commessa - o lei magari se lo sarebbe preso - e le avresti chiesto di contattarti quando arrivava il tuo numero o il colore che preferivi. Ci saresti poi ritornato e avresti fatto l’acquisto. Incognita: i tempi di attesa del riordino del negozio possono essere lunghi, quindi se quelle scarpe ti servivano a breve, semplicemente cambiavi negozio. Oggi cosa può accadere: tu puoi entrare in un negozio dopo aver fatto ricerca sull’e-commerce del negozio (esperienza online), andare in quello fisico e acquistare le scarpe (esperienza offline). Ma poniamo il caso che tu non trovassi in negozio fisico le scarpe che avevi visto online, cosa potresti fare? Potresti mostrare alla commessa quelle che ti piacciono sull’e-commerce, procedere con l’acquisto online (magari con uno sconto), con accanto la commessa (esperienza offline), fare l’ordine e ritirarlo in negozio, senza aspettare i tempi lunghi di riordini. Questo è possibile grazie ai vari touchpoint interconnessi tra di loro. Esempio 2 Andare al Ristorante Prima di arrivare al ristorante prenoti il tuo tavolo con l’App dedicata (Esperienza online). Scegli dove ti vuoi sedere. Entri nel ristorante, mostri il QR code all’entrata, viene verificata la prenotazione e vieni accompagnato al tuo tavolo (Esperienza offline). Con il QR code a tua disposizione visualizzi il menu. In alcuni casi puoi scegliere dal menu digitale i tuoi piatti e fare gli ordini. Ti arrivano i tuoi piatti, li consumi e paghi attraverso l’App del ristorante, stando però seduto al tuo tavolo. Ecco, questa è omnicanalità: integrazione di touchpoint differenti, collocati in diversi spazi, tempi e luoghi. Ora che sai come potresti offrire un servizio omnicanale al tuo cliente, concentriamoci un attimo sui vantaggi di questa opzione per il tuo business. Quali sono i vantaggi di una strategia multicanale? Il primo assoluto vantaggio è quello di riuscire a creare un’esperienza per il cliente fluida o agile - se vogliamo definirla in altro modo -, in grado quindi di “riprenderlo” da più canali. Indubbiamente per arrivare a questo obiettivo, molto importante oggi per un’azienda, è necessario abbandonare la rigidità dei processi di marketing che si conoscono “da sempre” e integrare nuove strutture e nuovi processi. I team di un’azienda devono diventare interfunzionali, i commessi dei negozi devono comunicare con il team digitale in modo rapido e immediato: entrambi devono contribuire al successo dell’omnicanalità. Gli altri evidenti vantaggi di una strategia omnicanale sono: maggiore soddisfazione del cliente a seguito dei servizi che gli vengono offerti; aumento dei numeri di vendita che, indubbiamente, colpiscono più canali e quindi è più facile generare conversione; un miglior processo di fidelizzazione del cliente, che appunto si sente avvolto e coccolato dal brand. A questo si aggiunge un altro indubbio vantaggio che riguarda l’immagine del brand: questa viene ad essere migliorata. Se vuoi sapere come supportare al meglio i tuoi clienti per la creazione di una strategia multicanale o sei tu in prima persona, in quanto azienda, che la vuoi iniziare subito a mettere in pratica, scarica la nostra guida gratuita: Image by vectorjuice on Freepik
Ogni azienda deve provare a raggiungere il massimo risultato col minimo sforzo, ottimizzando le risorse a disposizione per massimizzare le campagne di marketing ed il ROI, ossia il ritorno sull’investimento fatto. Per perseguire questo obiettivo diventa di fondamentale importanza analizzare e sviscerare il cosiddetto “customer journey”, vale a dire il viaggio del consumatore. L’esperienza d’acquisto del cliente viene infatti considerata come un viaggio, che parte da molto lontano e non si esaurisce certo con la singola vendita. Si inizia con la ricerca del proprio target di pubblico tramite azioni mirate, si prosegue con l’approccio al consumatore e la sua conversione e con il servizio post-vendita. Devi riuscire a ricostruire l’intero percorso del cliente, focalizzandoti sul canale che ha fornito le prestazioni migliori in base al tuo target di pubblico. Come farlo? Con l’attribution modelling, cioè un sistema che ti aiuta a capire da dove provengono i tuoi clic e quali canali contribuiscono maggiormente a convertire un utente in cliente. Per definire quali sono i touchpoint del viaggio dell’utente che hanno un valore maggiore, e quindi un peso decisivo nell’acquisto finale, puoi avvalerti dei modelli di attribuzione. Scopriamo quali sono, i pregi e i difetti. Cosa si intende per modelli di attribuzione marketing? Prima di analizzare quali sono i vari modelli di attribuzione di marketing, soffermiamoci su di loro per capire cosa sono e come funzionano. I modelli di attribuzione possono essere considerati come una serie di regole che determinano a quale canale va assegnato il merito di una conversione. Quando un cliente clicca su un annuncio presente su Google, è piuttosto facile attribuire il modello di attribuzione. La situazione diventa complessa quando l’utente ha effettuato un percorso più contorto, magari saltando da un canale all’altro a distanza di giorni o addirittura di settimane. I modelli di attribuzione aiutano a comprendere, durante il percorso dell’utente, quale canale ha inciso maggiormente sulla sua scelta finale. Esistono tanti modelli che selezionano criteri diversi: si va dai modelli di attribuzione Google ADS ai modelli di attribuzione Google Analytics, che hanno funzionamenti piuttosto diversi. In Google ADS ad esempio le conversioni vengono attribuite al giorno del click; in Google Analytics invece le conversioni vengono attribuite direttamente al giorno della conversione. Questo è uno dei motivi per i quali i dati delle due piattaforme spesso non coincidono. Durante il percorso puoi così individuare i “meriti” dei vari canali ai quali attribuire il giusto valore. Puoi quindi implementare ancora di più i canali che ti portano il maggior numero di clic, oppure rinforzare quelli più deboli per avere un approccio quanto più omnicanale possibile. Tieni presente che i modelli di attribuzione, pur essendo approcci assolutamente validi e utili per il tuo business, non possono dirti tutto sui percorsi di conversione. Non tutti i fattori sono leggibili o interpretabili come il contenuto del messaggio o l’umore dell’utente nel corso delle varie interazioni. In tale ottica risulta molto importante sapere come calcolare il Customer Retention Rate, cioè la capacità di mantenere i clienti. In questo processo può tornarti estremamente utile HubSpot che, grazie al suo ecosistema digitale completo, consente di migliorare le interazioni e le relazioni tra azienda e clienti, creando per loro un’esperienza coinvolgente e dinamica e migliorando il dialogo in ogni fase del viaggio del consumatore. Quali sono i principali modelli di attribuzione? A questo punto non ci resta che concentrarci sui principali modelli di attribuzione che sono i seguenti: Ultima interazione dell’utente; Prima interazione; Ultimo clic non diretto; Ultimo clic su Google ADS; Indice di attribuzione basato sulla posizione; Attribuzione lineare; Decadimento temporale. Fermo restando che è possibile anche costruire e definire modelli di attribuzione personalizzati secondo il proprio business e i canali utilizzati, ognuno di essi ha delle sue particolari dinamiche. Analizziamo come funzionano, come interpretarli, quali sono i vantaggi e gli svantaggi. Ultima interazione dell’utente Il modello di attribuzione “Ultima interazione dell’utente” attribuisce l’intero merito, quindi il 100% del valore della conversione, all’ultimo canale con il quale l’utente ha interagito prima di essere convertito. In tal caso la lettura risulta piuttosto semplice e intuitiva. Proprio per questo motivo il modello si adatta perfettamente alle conversioni delle campagne pubblicitarie che prevedono un ciclo di vendita piuttosto breve. Ne sono un esempio perfetto le vendite basate sull’effetto tempo o scarsità, dove l’utente acquista non tanto per una reale necessità ma per approfittare delle favorevoli condizioni di vendita, come il prezzo scontato. Il rischio è di ignorare altri fattori, come le interazioni precedenti. Tuttavia, proprio perché si tratta di vendite “a freddo”, è difficile ipotizzare che l’utente possa aver compiuto un percorso particolarmente articolato o strutturato. Prima interazione A differenza del precedente modello, la “Prima interazione” attribuisce l’intero valore della conversione al primo canale con il quale l’utente ha interagito. È un modello estremamente utile per quelle campagne che mirano a puntellare la notorietà del sito e quindi a misurare il livello di web reputation. Di fatto però ignora tutte le interazioni e i canali successivi, quindi rende complesso ottimizzare altre campagne di marketing. Ultimo clic non diretto Il modello “Ultimo clic non diretto” di fatto ignora tutto il traffico diretto e prende in considerazione solo l’ultimo canale con il quale l’utente ha interagito prima della conversione. Un modello simile viene utilizzato come impostazione predefinita da Google Analytics. In questo modo vengono scartati i clienti già acquisiti, mentre risulta più facile individuare e quindi dare maggiore valore alle nuove acquisizioni. Anche in questo caso vengono però ignorate tutte le precedenti interazioni che l’utente può avere avuto con altri canali. Ultimo clic su Google ADS Il modello “Ultimo clic su Google ADS” attribuisce il valore della conversione al 100% a tutti gli annunci Google ADS, in particolare all’ultimo clic. Un sistema che risulta efficace per chi utilizza esclusivamente il canale di advertising di Google, sul quale vengono puntati tutti i riflettori per dare un giudizio su una campagna pubblicitaria. Bisogna però tenere in considerazione un aspetto: nel caso in cui l’utente abbia cliccato su più annunci a pagamento, quindi usando più termini di ricerca, viene attribuito il merito solo all’ultimo clic prima della conversione, ignorando dunque le parole chiave usate in tutte le altre interazioni. Indice di attribuzione basato sulla posizione Il modello basato sulla posizione in pratica rappresenta un ibrido tra la prima e l’ultima interazione. Vengono attribuiti valori di conversione tanto alla prima quanto all’ultima interazione, per una percentuale dell’80% ciascuna. Il restante 20% è spalmato tra i touchpoint intermedi. Il vantaggio è che vengono presi in considerazione tutti i canali con i quali l’utente ha interagito prima di essere convertito. Così facendo però si dà un valore minore ai canali intermedi, quindi il risultato finale potrebbe essere falsato o comunque non rispecchiare appieno il valore reale dei touchpoint. Attribuzione lineare Il modello “attribuzione lineare” è probabilmente quello più equilibrato, poiché attribuisce lo stesso valore a tutti i canali con i quali l’utente ha interagito. L’approccio risulta omnicanale, proprio perché vengono presi in considerazione tutti i canali per ricostruire in modo fedele il percorso del cliente. Tuttavia seguendo questo modello può risultare complesso dare un peso specifico a tutti i touchpoint, poiché di fatto acquisiscono tutti lo stesso valore con il rischio di non dare informazioni troppo precise. Decadimento temporale Il modello “decadimento temporale” attribuisce un valore maggiore a quei canali più vicini temporalmente alla conversione dell’utente. Supponiamo che un acquirente abbia interagito una settimana prima con il sito aziendale e due giorni prima con la pagina Facebook di un brand precedentemente alla conversione. In tal caso viene dato maggiore valore alla pagina Facebook aziendale. Se i canali di conversione a livello temporale sono sempre gli stessi, si ricavano dati e informazioni molto utili. Si tratta però di un modello eccessivamente incentrato solo sulla conversione, quindi c’è il rischio di sottovalutare tutti i passaggi effettuati dall’utente, soprattutto se si tratta di campagne di marketing lunghe e basate su più cicli. Quanto incidono i modelli di attribuzione sui KPI ritorno di investimento pubblicitario? I KPI marketing sono quegli indicatori che consentono di misurare il successo di un’iniziativa o una campagna pubblicitaria, dato dalla capacità di attrarre e acquisire clienti, dal loro livello di soddisfazione e dal numero di vendite effettuate o di iscrizioni ad un canale social. I modelli appena elencati aiutano a capire quanto una campagna di marketing incida per l’acquisizione di nuovi clienti e quindi nel rafforzamento del brand dal punto di vista economico e d’immagine. In base ai risultati ottenuti è possibile ottimizzare le risorse e fare investimenti mirati e intelligenti per fidelizzare e conquistare quanti più clienti possibili. Considerazioni finali Raccogliere e interpretare i dati relativi ai comportamenti d’acquisto dei clienti è la nuova sfida per ogni azienda, soprattutto per migliorare le conversioni e ottenere un eccellente ROI (Return on Investment). I modelli di attribuzione rappresentano sicuramente un valido alleato per costruire in maniera metodica il percorso del cliente, ma devi capire qual è quello che meglio si sposa con il tuo business. Il nostro ebook gratuito che ti spiega come ottimizzare la marketing automation per alimentare i contatti è sicuramente un ottimo punto di partenza per misurare le tue campagne, valutandone poi anche l’efficacia.
Negli ultimi anni il cambiamento della prospettiva delle imprese, ha reso necessaria la nascita di nuove forme di attenzione verso il cliente in un processo che, come atto finale, prevede la fidelizzazione del cliente stesso che è sempre più al centro della filosofia dell’impresa e che ne influenza il modo di produrre e di vendere. Perché puntare sulla fidelizzazione del cliente Fidelizzare un cliente è uno dei punti chiave del successo di tutte quelle imprese che hanno capito che impiegare sforzi e risorse al fine di tenersi i clienti che già si hanno, piuttosto che andare a cercarne di nuovi. Tutto questo è fondamentale sia per motivazioni legate ai costi delle operazioni, sia per quanto riguarda il valore potenziale che un cliente fidelizzato porta all’impresa. Per quanto concerne alle motivazioni economiche, mantenere un cliente fidelizzato costa molto meno che non andare ad acquisirne di nuovi perché questi ultimi devono essere disposti a sopportare costi psicologici legati al cambio di brand, il che significa uscire dalla propria comfort zone. Pertanto cercare di acquisire un nuovo cliente potrebbe costare all’impresa dalle 4 alle 8 volte di più che non mantenerne uno già fidelizzato. Altro vantaggio economico derivante dalla fidelizzazione del cliente è la possibilità di implementare su di esso strategie di up-selling, andando quindi a stimolare la domanda da parte del cliente facendogli quindi spendere maggiormente per i tuoi prodotti, e strategie di cross-selling andando quindi a proporre un’offerta affine a quella che sta cercando il cliente. Tutto ciò avrà l’inevitabile conseguenza di andare ad aumentare le vendite. Il cliente fidelizzato è al servizio dell’impresa Un cliente fidelizzato però non darà solamente vantaggi di tipo economico ma anche vantaggi di marketing. Il primo di questi vantaggi sta nel fatto che un cliente fidelizzato potrà essere considerato come brand ambassador, ossia il portavoce delle caratteristiche e della conoscenza insita nel tuo brand. Il brand ambassador è considerato un vero esperto che, da un punto di vista aziendale, permette di fare una comunicazione a basso costo e in modo molto più efficace, permettendo così di aumentare la word of mouth, importantissima per quanto riguarda la brand awareness dell’impresa. L’efficacia di questo tipo di pratica è dimostrata dal fatto che un potenziale cliente è molto più propenso ad ascoltare una comunicazione relativa ad un prodotto o ad un brand instaurata da una persona affine a lui piuttosto che una comunicazione costruita ad hoc dall’impresa con persone ideali. Tutto ciò fa sì che i clienti non si ispireranno mai a loro, e questo è testimoniato dai dati nella ricerca Nielsen nel Global Trust in Advertising Report 2015 che ha individuato questo fattore nell’83% degli intervistati. Altro vantaggio di marketing è dato dal fatto che il cliente sarà molto più propenso ad instaurare un rapporto di collaborazione con l’impresa dando così feedback su problematiche, punti di forza dell’offerta dell’impresa sui quali modificare la proposta di prodotto o servizio offerto. La personalizzazione dell’offerta come arma di fidelizzazione Da quest’ultima considerazione si deduce che il tema chiave nel normale proseguimento della vita dell’impresa è la fidelizzazione del cliente tramite la personalizzazione dell’offerta. Personalizzare un’offerta, nel marketing, significa dare a quel tipo di cliente la soluzione il più adatta possibile alle sue necessità, sia da un punto di vista del prodotto o servizio offerto sia da un punto di vista comunicativo e di tempistiche richieste dal bisogno manifestato. Per questo motivo la conoscenza del cliente è sempre più un punto chiave sul quale basare la produzione dell’offerta, per evitare di sprecare risorse in prodotti o servizi che non hanno la minima possibilità di essere apprezzati dal consumatore. Ovviamente se non riusciamo a dare al cliente la soluzione migliore per le sue esigenze esso migrerà altrove alla ricerca di un’offerta prodotto più in linea con le sue esigenze, correndo il rischio di farlo affezionare ad un nuovo brand. Conseguentemente c'è il rischio di dover sostenere costi molto elevati o per riprendere il cliente o per acquisirne di nuovi nel tentativo di evitare il calo della quota di mercato e il calo del fatturato. Questa cosa però non va confusa con la mera personalizzazione del prodotto che, nonostante possa portare un impatto positivo sulle vendite del prodotto, è una tematica molto più ristretta e non garantisce di trovare la soluzione ideale all’esigenza del cliente. La personalizzazione dell’offerta pertanto diventa un punto cardine per l’impresa. Essa nasce dalla conoscenza approfondita del cliente e molte imprese falliscono perché non riescono a capire le esigenze e a tenersi stretti i clienti, cosa fondamentale in un mercato caratterizzato da ipercompetizione. Personalizzare l’offerta del cliente: il ruolo fondamentale del CRM [leggi: Cos'è un CRM] Il metodo per conoscere approfonditamente e fare delle analisi credibili sul cliente è uno solo ossia prendere tutti i dati e registrare tutte le azioni del cliente cosa che però il più delle volte è troppo dispendiosa sia in termini di tempo sia in termini economici. Creare una banca dati all’interno di un’azienda, in particolare in quelle medio piccole, tenendo traccia di quali sono le esigenze manifestate dal cliente nella fase di pre-acquisto e ricontattare il cliente nella fase di post-acquisto tenendo conto dei feedback dati è molto difficile. E' altrettanto difficile analizzare anche dati che possono essere influenzati da errori di redazione, errori di memoria o dimenticanze dando così in output un dato non attendibile che non può essere usato nel reparto sviluppo, nel reparto marketing e nel reparto vendite per definire una strategia di personalizzazione dell’offerta coerente con i risultati trovati. Una soluzione in tal senso può essere rappresentata da un software CRM che si occuperà di memorizzare tutto il percorso fatto dal cliente approcciandosi con la vostra impresa tracciando così gusti, prodotti acquistati, modalità di acquisto e problematiche riscontrate. In questo modo si avrà un quadro di che tipologia dei clienti l'azienda ha e quali sono le loro esigenze adattando così l’offerta e la campagna di comunicazione al target profilato. Pianificare quindi un progetto CRM darà come beneficio il fatto di non impiegare risorse su clienti che non acquisteranno mai da noi o non impiegare risorse su mezzi di comunicazione non usati dal cliente. Per fare un esempio banale un vivaista che grazie ad un CRM profila un target che come caratteristiche ha uno storico di acquisto incentrato sugli ortaggi e come mezzo di comunicazione usa prevalentemente le mail, la mia campagna di comunicazione, per quel tipo di cliente, non potrà essere basata sul nuovo arrivo nel settore delle piante ornamentali sponsorizzato ad esempio con una campagna social. E’ chiaro che in questo caso il cliente non acquisterà mai questo prodotto né tantomeno riuscirà a visualizzare l’offerta proposta. Questo rappresenta un grande vantaggio competitivo delle imprese che adottano software CRM, come ad esempio Hubspot, per avere una conoscenza completa del cliente nei confronti delle altre imprese che non lo adottano. La motivazione? Perché personalizzando l’offerta riescono ad essere molto efficaci nei confronti del cliente, riuscendo inoltre a fidelizzarlo, aumentare fatturato, vendite e avere un impatto positivo anche sul valore percepito da parte del cliente verso l’impresa.
Per fare crescere la propria attività è necessario comprendere il concetto di digital marketing, il cui significato intrinseco però sfugge a chi dovrebbe invece conoscerlo perfettamente, come merchant, gestori di siti e-commerce e marketing manager. Molti ritengono che sia la normale gestione di un sito web o di una pagina social. Sbagliato! Il digital marketing non è questo, ma è molto di più. Non a caso si parla anche di digital direct marketing, che può essere considerato una normale evoluzione del digital marketing. Andiamo però con ordine per capire cosa si intende per digital marketing e quali sono i canali principali da adottare. Qual è la definizione di digital marketing? Chiariamo una volta per tutte il concetto di digital marketing. Si intentono l’insieme di tecniche che aiutano un’azienda ad imporsi sul mercato tramite tutti i canali offerti dall’online come social network, app e siti web. A questo si aggiungono le tecniche di comunicazione per il corretto posizionamento sul web, come la SEO, l’email marketing o le campagne promozionali. Tutti questi strumenti, lavorando in sinergia tra di loro, contribuiscono a rafforzare la presenza del brand online, aumentare la web reputation e fidelizzare sempre più i clienti convincendoli della forza e dell’affidabilità dell’azienda. Il percorso del digital marketing prevede i seguenti step: Definizione di una proposta, illustrando ed evidenziando i plus che l’azienda offre rispetto ai competitor; Mission, cioè gli obiettivi che l’azienda si propone e i vantaggi garantiti ai consumatori; Fidelizzazione della clientela, un aspetto diventato cruciale in un mercato sempre più saturo e competitivo; Soddisfazione dei bisogni dei clienti non solo in termini pratici, ma anche emotivi. Il tutto va effettuato nell’ottica dell’omnicanalità, cioè sfruttando tutti i canali a propria disposizione compresi quelli offline. È altrettanto importante studiare il mercato di riferimento per comprendere le necessità del proprio target di pubblico. Gli obiettivi principali del digital marketing Il digital marketing aiuta ad avere un approccio omnicanale con l’obiettivo principale di migliorare la customer experience dei clienti. La promozione dei prodotti e dei servizi deve essere considerata un’attività secondaria. Principalmente è necessario instaurare un dialogo diretto con i clienti, parlando il loro stesso linguaggio e creando intorno a loro un’esperienza d’acquisto cucita su misura delle loro esigenze. In questo contesto va considerato tutto il percorso di vendita del cliente che, una volta fidelizzato, non deve assolutamente essere abbandonato. I dati statistici confermano che fidelizzare un cliente è molto meno dispendioso dell’acquisizione di uno nuovo, poiché egli stesso diventa “ambasciatore” del proprio brand. Bisogna quindi individuare il cliente, instaurare un rapporto di fiducia con lui, fidelizzarlo, vendergli i prodotti e soprattutto seguirlo anche dopo in fase di post-vendita. Quando si parla di omnicanalità si fa riferimento ai canali online e offline che devono basarsi su 5 elementi cardine: Strumenti digitali, intesi non solo come smartphone, ma anche tablet, tv, computer e tutti i dispositivi che consentono di accedere a siti web e app; Piattaforme digitali come Facebook, Instagram, Twitter, TikTok ecc.; Digital media, cioè i principali canali da utilizzare che possono sfruttare strategie inbound oppure outbound per attrarre i clienti; Digital data, vale a dire quell’enorme massa di dati che devono essere veicolati correttamente per estrapolare informazioni importanti sui propri prospect; Digital technology, cioè software e altri strumenti che rendono più attrattive e immersive le esperienze sui siti e sulle app, creano campagne pubblicitarie mirate e aumentano i tassi di conversione. Tutte queste caratteristiche risiedono in HubSpot, software all’avanguardia che consente alle aziende di promuovere il proprio business online con strategie specifiche e personalizzate secondo le proprie esigenze. Le 4 fasi del digital marketing Chiudiamo la panoramica sul digital marketing analizzando i 4 passaggi fondamentali: React: raggiungere quanti più clienti possibili con strategie mirate per veicolare il traffico online e supportarlo con azioni offline; Act: intraprendere azioni mirate ad un obiettivo preciso, cioè la conversione del lead; Conversione: trasformazione dei lead in clienti e di conseguenza aumento del traffico e delle vendite; Engage: mantenere un rapporto continuativo con i clienti, trasformandoli in acquirenti fissi e fidelizzati capaci di creare un passaparola positivo. Le strategie di comunicazione persuasiva del direct marketing Il direct marketing è una “costola” del digital marketing e si basa sul concetto di comunicazione persuasiva. Il marketing infatti viene spesso identificato con la vendita, ma sarebbe più corretto farlo con la comunicazione. Le parole, se usate nel modo giusto, hanno un effetto dirompente e sono in grado di rompere qualsiasi resistenza. La comunicazione persuasiva può essere considerata una vera e propria arte e ha il compito di raggiungere un determinato pubblico senza filtri. Nel contesto attuale gli acquirenti prediligono una dialogo diretto e immediato con l’azienda, senza intermediari. Quali sono i mezzi migliori per questa comunicazione? Non esiste un mezzo migliore, o meglio va individuato di volta in volta in base al cliente. C’è chi preferisce mezzi tradizionali, come la posta o il telefono, e chi invece mezzi più moderni come app, messaggi, social, email ecc. Nel dialogo instaurato con il cliente bisogna comunicargli tutti i punti di forza del brand, per poi passare alle caratteristiche peculiari dei servizi o dei prodotti offerti. Gli stessi utenti si sentono maggiormente rassicurati, poiché comunicano direttamente con l’azienda senza filtri né intermediari. I 4 punti chiave del direct marketing Come già anticipato per instaurare un dialogo personalizzato con i prospect è necessario conoscerli, dai dati personali fino alle abitudini d’acquisto, sempre nel rispetto delle normative imposte dalla privacy. Bisogna quindi costruire un archivio contenente i dati statici (nominativi e parte anagrafica) e dati dinamici. Questa strategia risulta preziosissima per tutti i brand, soprattutto per quelli che fanno local e-commerce e che quindi devono rivolgersi ad una cerchia ristretta di pubblico da un punto di vista geografico. Diventa così più facile tarare la comunicazione su un preciso target di pubblico, ma anche indirizzare le proposte commerciali in modo diretto. Non si “spara nel mucchio”, ma su un obiettivo ben preciso e facile da cogliere. In questo delicato passaggio i punti chiave sono 4: Selettività: il messaggio non deve essere standard, ma ottimizzato secondo un pubblico già selezionato; Personalizzazione: come naturale conseguenza del primo punto chiave il messaggio deve essere unico e originale per valorizzare ogni cliente e farlo sentire a suo modo unico; Interattività: il cliente deve essere coinvolto nelle varie attività, sentendosi parte integrante del processo; Misurabilità: bisogna creare un sistema che consente di misurare le prestazioni delle strategie messe in atto per comunicare con i clienti. Nello specifico è necessario monitorare le loro reazioni e le loro risposte. Quali sono i principali canali di direct marketing? Il direct marketing porta a due vantaggi immediatamente tangibili: ottenere una risposta immediata e stabilire col cliente un rapporto duraturo nel tempo. La comunicazione persuasiva ha come fine ultimo la vendita, che può snodarsi tramite i più disparati e diversi canali. Si va dal telemarketing alla televendita, dalla vendita tramite siti e-commerce alla vendita porta a porta. La scelta del canale non è affatto secondaria, proprio perché si tratta di una comunicazione diretta senza margini di errori. Non ci sono intermediari, quindi l’azienda deve svolgere l’intero processo di vendita interagendo personalmente con il consumatore finale. Analizziamo di seguito alcuni esempi di direct marketing che è possibile adottare in base al proprio business e al target di riferimento: Direct mail: invio di messaggi promozionali che sponsorizzano un servizio, un articolo o un evento; Direct email marketing: azioni più mirate che prevedono l’invio di email promozionali ai nominativi presenti nel proprio database; Marketing su catalogo: invio di un catalogo dal quale si può ordinare direttamente un prodotto; Sms e messaggi Whatsapp: invio di messaggi su telefono per annunciare un nuovo servizio o lanciare una proposta; Telemarketing: telefonate durante le quali gli operatori spiegano il servizio offerto e tutte le sue funzionalità. A queste forme di vendite vanno poi aggiunte tutte quelle offline, considerate più tradizionali, come la vendita porta a porta, la televendita o le promozioni su giornali e riviste. Un’altra forma di vendita è il marketing a risposta diretta che, nato come strumento tradizionale, si è evoluto fino ad imporsi anche nel mondo digitale. Il suo obiettivo è ottenere una risposta diretta da parte dell’utente per consentire di misurare le azioni commerciali intraprese. Conclusioni Il segreto del digital marketing è segmentare il proprio pubblico di riferimento, così da poter inviare messaggi sempre più personali e plasmati sulle singole esigenze dei clienti. I consumatori oggi vogliono sentirsi al centro del progetto e vivere online un’esperienza simile a quella dei negozi fisici. In pratica devono ottenere dai canali digitali le stesse risposte e informazioni che avrebbero da qualsiasi venditore nei punti vendita fisici. Nel corso dell’articolo ti ho spiegato quanto sia prezioso l’utilizzo di software specifici come HubSpot, che velocizza e snellisce notevolmente il tuo lavoro aiutandoti a creare una comunicazione diretta e personalizzata con il tuo pubblico. Vuoi saperne di più? Allora scarica il nostro ebook gratuito “Cos’è HubSpot” per farti un’idea maggiore e dare uno sprint in più alla tua attività.
Il software CRM è in questo momento il più grande mercato di software al mondo e la crescita non sta rallentando, anzi, è in forte crescita: si prevede che il CRM raggiungerà oltre 80 miliardi di dollari di vendite entro il 2025. CRM, un trend che non si ferma L'industria del CRM continua a crescere a un ritmo impressionante e ogni anno vengono riportate nuove statistiche basate sulle tendenze del CRM. La ragione? Il CRM è ora il centro nevralgico di ogni azienda in crescita. Nel 2020, abbiamo assistito a un maggiore utilizzo del software CRM sui dispositivi mobili, con una spinta - forse dovuta anche al coronavirus - che ha coinvolto attori finora molto lontani dall'innovazione digitale. L'adozione di soluzioni CRM SaaS da parte delle aziende ha acconsentito ai dipendenti di accedere al software ovunque si trovassero da qualunque dispositivo Coloro che hanno abbracciato queste tecnologie hanno visto un enorme miglioramento nel raggiungimento delle quote di vendita e, secondo Buyer Zone, il 91% delle aziende statunitensi con più di 11 dipendenti ora utilizzano il software CRM. Uno dei fattori chiave alla base della crescita del CRM è l'accessibilità in tempo reale ai dati dei clienti, con soluzioni mobile e cloud all'avanguardia, in grado di integrare informazioni da più fonti. L'ascesa del CRM in mobilità Fin dagli albori della storia dei CRM, alcune aziende hanno faticato a convincere i dipendenti ad adottare e utilizzare il software, perché veniva visto come uno strumento di controllo, che obbligava ad un lavoro extra mettendosi al computer alla sera (anche perché il venditore spesso non è in ufficio). Tuttavia, con l'aumento dell'uso e della dipendenza dalla tecnologia mobile, le aziende che utilizzano soluzioni CRM mobile registrano tassi di adozione molto più elevati. Anche la tendenza dei CRM di ultima generazione ad automatizzare i processi di inserimento dei dati (stile il tener traccia delle telefonate in automatico, degli appuntamenti, delle email inviate...) ha contribuito a far vedere il CRM come uno strumento meno impegnativo. Offrire l'accesso al CRM mobile non aumenta solo l'utilizzo del software, ma anche la produttività della forza lavoro. Le statistiche di Forester hanno dimostrato che il 50% dei team ha migliorato la propria produttività utilizzando un CRM mobile. Gli utenti del CRM mobile stanno ottenendo anche risultati migliori: un rapporto di Nucleus Research rileva che per le aziende che utilizzano un CRM mobile, il 65% sta raggiungendo le proprie quote di vendita. Mentre solo il 22% dei venditori che utilizzano CRM non mobile ha raggiunto lo stesso target: Quello che sta aumentando è l'adozione di CRM che utilizzano soluzioni SaaS: E l'utilizzo del software in cloud ha significato non solo un accesso dislocato, ma ha offerto la possibilità agli utilizzatori di accedere con diverse tipologie di device, favorendo - anche da questo aspetto - sia l'adozione che l'utilizzo: Tutto questo per l'industria del CRM si traduce in un aumento dei fatturati e delle previsioni: Il miglioramento del lavoro con un CRM Quello che bisogna capire è che il CRM non è - solo - un asset aziendale per creare un'economia del dato di valore. Ma sempre di più diventa uno strumento operativo pratico che supporta le vendite e migliora i processi dei venditori e del customer support. Ecco alcuni dati di Forrester: I benefici dell'uso di un CRM Un CRM migliora dell'87% l'efficienza delle vendite, migliora del 74% la soddisfazione dei clienti e del 73% l'efficienza dei processi aziendali che vengono gestiti con il software CRM. Migliora il ROI di vari aspetti del business Il ritorno dell'investimento sulle relazioni con i clienti performa un 74% di miglioramento con un sistema CRM alle spalle. Ma aumentano del 65% le quote delle vendite, del 50% il rendimento sulla produttività di chi lo usa e si ha un 40% di riduzione del costo del lavoro associato a queste attività. Cosa cerca nel CRM chi lo adotta Chi adotta un CRM lo fa cercando un sistema facile da usare (65%), perché può aiutare la gestione delle attività sul cliente (27%) o per la capacità di fornire informazioni con i dati incamerati (18%) Qualche numero per parlare de vantaggi del CRM Dal servizio clienti all'email marketing fino alla personalizzazione delle comunicazioni, le aziende ora si aspettano di essere in grado di connettere piattaforme e tecnologie con i dati dei clienti, al fine di fornire un'esperienza più personalizzata (lato cutomer experience) e di utilizzare le interazioni per raccogliere i dati. È probabile che i clienti spendano dal 20% al 40% in più quando interagiscono con l'azienda che utilizza il CRM per tenere traccia delle interazioni. (VARstreet, 2020) I tassi di conversazione possono aumentare fino al 300% utilizzando un software CRM e i giusti processi commerciali. (VARstreet, 2020) L'80% dei consumatori ha maggiori probabilità di consigliare / entrare nel circolo del passaparola sui servizi di un'azienda dalla quale hanno comprato se ricevono un supporto personalizzato sia in fase di vendita che di gestione clienti. (VARstreet, 2020) I sistemi CRM migliorano i tassi di fidelizzazione dei clienti, il che porta a un aumento dei profitti dal 25% all'85% nelle aziende che lo implementano. (Tech Times, 2020) Le applicazioni CRM - con i processi e i metodi che si trascinano dietro - possono aumentare le entrate fino al 29%. (Hubspot, 2019) I sistemi CRM possono migliorare la produttività del team di vendita del 34%. (Hubspot, 2019) Il CRM può aumentare i tassi di conversione fino al 300%. (Hubspot, 2019) Il 39% delle aziende leader è convinta che un'esperienza cliente di alta qualità offra un vantaggio rispetto alla concorrenza e che questo possa essere ottenuto attraverso il CRM senza problemi. (Impatto, 2020) Il CRM aiuta le aziende a mantenere alto il tasso di fedeltà dei clienti poiché il 65% delle entrate della maggior parte delle aziende proviene da consumatori fedeli (Fondatore, 2019) Per quanto riguarda le prestazioni lavorative, il CRM mobile migliora la produttività dei dipendenti del 15%. (Force Manager, 2019) Le aziende con un CRM hanno aumentato le loro previsioni di vendita del 42%. (VARstreet, 2020) Le richieste al software CRM Cosa chiedono gli utilizzatori al loro CRM? Rispondono i dati raccolti da uno studio di Nimble nel 2020: La stragrande maggioranza degli utenti, il 94%, vuole che un software CRM sappia aiutarli nella gestione dei contatti, delle informazioni immagazzinate su di loro e la facile reperibilità delle stesse. L'88% che sappia tener traccia delle interazioni con i prospect e clienti e l'85% che permetta di schedulare le attività e gli appuntamenti. Quindi che sia uno strumento nella gestione quotidiana delle attività da fare e che poi ne conservi memoria storica. Decisamente meno quelli interessati al monitoraggio della pipiline, solo un 26%, per quanto questo sia un elemento essenziale non solo per la teoria che sottende l'utilizzo del CRM, ma anche una funzione con un forte impatto sul rendimento perché è quella funziona che permette di sapere, in ogni momento, a che stadio si trovano le varie opportunità. Un 22% è interessato che il CRM adempia a funzioni di automazioni commerciali (email, reminder...) e un 20% dimostra un particolare interesse nell'accentramento del dato per costruire un asset di valore. Le sfide per il CRM Come per ogni strumento che può essere utile per migliorare le operazioni aziendali, anche con il CRM arrivano, come abbiamo visto diversi vantaggi, ma non mancano le sfide. Tutte superabili, se c'è la volontà, ma comunque non è negabile che ci siano. In primis si parte sempre dalle persone: non tutte le aziende hanno professionisti che capiscono come utilizzare le applicazioni CRM, ci possono essere molti dipendenti refrattari all'adozione di nuove tecnologie, altri che le ostacolano vedendole come un ulteriore gravoso compito... per non parlare della creazione di una strategia CRM per implementare il progetto all'interno dell'azienda. Pertanto, non è affatto strano che dopo una partenza in grande stile, l'utilizzo del CRM si areni nei meandri di qualche ufficio secondario ma non diventi, come dovrebbe essere, il centro nevralgico delle operations che guidano tutte le attività di customer experience. Tuttavia, queste sfide non dovrebbero scoraggiarti dall'avvantaggiarti di questa tecnologia. Tutto quello che devi fare è conoscere questi ostacoli e trovare modi per superarli mentre implementi il tuo sistema CRM. Qualche statistica sulle difficoltà e sulle sfide può venirci in supporto per avere una visione più chiara dell'argomento: I venditori, nelle piccole aziende, desiderano soluzioni CRM che offrano flessibilità e velocità, non debbano impiegare tempo per la manutenzione ed aggiornamento del proprio account fuori dai processi e con rapidi tempi di apprendimento. (SuperOffice, 2021) Solo il 28% dei professionisti del marketing è soddisfatto degli strumenti di cui dispone per creare una visione condivisa e centralizzata dei clienti tra le unità aziendali delle proprie organizzazioni. Significa che un 72% li tiene - a diversi livelli - insoddisfacente.(Forza vendite, 2020) La ricerca sul CRM mostra che la sfida numero uno per l'adozione del CRM è l'inserimento manuale dei dati: è una cosa che il venditore rifugge e lo tiene lontano dall'utilizzo quotidiano del CRM. (Hubspot, 2020) Almeno 1 acquisto su 10 avviene fuori dai processi aziendali. (Forze di vendita, 2020) Si prevede che l'utilizzo dell'IA nel CRM aumenterà di oltre il 250% nei prossimi anni. (SelectHub, 2021) I clienti si aspettano sempre più interazioni iper-personalizzate con i fornitori/brand. (Forrest, 2020) Ci vogliono da uno a sei mesi prima che un CRM tradizionale possa essere implementato con un progetto pilota. Ci vogliono altri tre o cinque anni prima che un'azienda ottenga un buon ROI dal suo utilizzo costante, con una continua implementazione e miglioramento. (Force Manager, 2019) Il 32% dei venditori dedica più di un'ora al giorno all'inserimento manuale dei dati. È anche la ragione principale della mancanza di adozione del CRM. (Hubspot, 2020) Molte industrie sperimentano un fallimento sull'introduzione di sistemi CRM, con un tasso che va dal 47% al 63% di loro che soffre di qualche forma di problema legato al CRM (processi, dipendenti, difficoltà Diu adozione...) (Faye Business Systems Group, 2020) Troppe innovazioni che l'implementazione dei processi di un CRM comporta, spesso complicano eccessivamente il processo di vendita, soprattutto per le piccole e medie imprese. (Business.com, 2020) I database sovraffollati e poco ottimizzati contribuiscono anche alle difficoltà nell'utilizzo dei sistemi CRM. (Business.com, 2020) Conclusione Le aziende si stanno dotando di sistemi CRM, che significa adottare metodologie consolidate per aiutare le vendite e strutturare una raccolta dati sulle interazioni con i clienti per costruire un sistema di conoscenza. In un mondo dove non lo faceva nessuno, la tua azienda poteva permettersi di essere una delle tante con un'azione di marketing e commerciale dettata dalle sensazioni del momento. Ma nel momento in cui i tuoi competitor cominciano ad agire sulla base della conoscenza del mercato e dei lead che lo popolano, l'azione casuale di marketing e sales non può reggere, non nel lungo periodo. L'adozione di un CRM, oggi, diventa un mattone fondamentale nella costruzione di un progetto di digital transformation, destinato a cambiare il tuo business nei prossimi decenni.
In gergo sportivo il turnover degli atleti rappresenta la rotazione che gli allenatori adottano per far riposare e rifiatare i loro giocatori, soprattutto in previsione di partite molto ravvicinate. Fatte le debite proporzioni il turnover dei clienti è più o meno la stessa cosa, anche se con delle differenze sostanziali. Capita che un’azienda, in un determinato arco temporale, possa perdere dei clienti e magari acquisirne di nuovi. In linea generale non deve preoccupare più di tanto questo fenomeno, poiché è fisiologico. Questo non significa che bisogna lasciare le cose così come stanno, anzi è opportuno indagare quali sono le cause che hanno determinato l’abbandono del cliente e se sono stati commessi errori. Il turnover dei clienti, chiamato anche customer churn o customer attrition, può variare sensibilmente a seconda dei mercati di riferimento. Alcuni mercati sono caratterizzati da un alto turnover, come quello degli abiti da sposa o delle auto, dove i clienti cambiano in continuazione. Altri sono invece caratterizzati da un basso turnover, come quello dei giornali o delle sigarette. Difficilmente i consumatori cambiano quotidiano o marca di sigarette. Il turnover dei clienti va quindi inquadrato nel proprio mercato di riferimento. Entriamo maggiormente nei dettagli per capire come calcolarlo, come influisce sul mercato e sull’azienda e quali contromisure adottare. Cos’è e come calcolare il turnover dei clienti? Il turnover dei clienti equivale al tasso di abbandono dei clienti. Vi rientrano i consumatori che, per vari motivi, hanno smesso di acquistare i tuoi prodotti o i tuoi servizi dopo un periodo di tempo. Calcolare il turnover dei clienti è possibile e anzi c’è una vera e propria formula che si chiama TNR (Tasso Netto di Ricambio). Ecco gli step fondamentali per eseguire correttamente il calcolo: Calcolare la dimensione globale del mercato dell’anno precedente; Sommare il numero di clienti nuovi che hanno fatto il loro ingresso nel corso dell’anno e sottrarre quelli usciti, ottenendo così il numero totale; Dividere il numero di clienti nuovi per il numero complessivo di clienti. Alla fine di queste operazioni si ottiene il TNR finale che dà una stima precisa del tasso di abbandono dal quale bisogna partire. Da valutare il turnover medio dei clienti in relazione alla propria azienda, ma anche al mercato di riferimento. Se il tasso di abbandono dei clienti è in linea con il tuo settore non c’è molto da preoccuparsi; se invece è più alto rispetto al tasso medio, qualcosa non va. In entrambi i casi puoi comunque studiare quali sono le criticità e porvi subito rimedio. Un cliente non è per sempre: perché abbandona il tuo brand? Indipendentemente dal settore in cui operi, devi mettere in conto di perdere qualche cliente nel corso di un anno o di uno specifico arco temporale. Lo stesso mercato ha portato i clienti ad essere meno “fedeli”. I consumatori sono abituati a spostarsi da un brand all’altro, acquistando di volta in volta il prodotto più conveniente per rapporto qualità/prezzo. Grazie alle nuove tecnologie sono estremamente preparati e, avendo maggiori termini di paragone, hanno aspettative sempre più elevate. Ecco perché devi studiare e adottare azioni mirate che favoriscono la fidelizzazione dei clienti, un’operazione meno dispendiosa rispetto all’acquisizione di nuovi. Analizziamo nel dettaglio quali sono le cause che possono determinare l’abbandono o l’allontanamento dei clienti. Cause fisiologiche L’abbandono dei clienti in alcune circostanze è fisiologico. Se hai un e-commerce che vende esclusivamente abbigliamento per neonati e per bambini, sai di cosa parlo. Una coppia di genitori acquisterà online tutine, pigiamini e scarpine per il loro piccolo nei primi anni di vita. Inevitabilmente, quando il bimbo crescerà e diventerà adolescente, non ci sarà più motivo di acquistare da te. Per ridurre il tasso di turnover puoi però ampliare la tua produzione, vendendo anche abbigliamento per adolescenti. In tal caso dovresti rivedere i tuoi piani interni in termini di produzione e di spesa, ma potresti assicurarti la fedeltà dei tuoi clienti per tanti altri anni ancora. Concorrenza spietata La concorrenza, soprattutto nell’online, oggi è spietata. A volte diventa difficile competere con i propri concorrenti poiché propongono prezzi troppo bassi e addirittura fuori mercato. In questi casi non devi abbassare i prezzi, rischi di subire un grave danno economico e il tuo prodotto perderebbe di valore. Piuttosto che ridurre il prezzo, evidenzia e promuovi il valore aggiunto del tuo brand e spiega le funzionalità che offri. Devi far capire che un prezzo basso non sempre è sinonimo di risparmio, mentre un prezzo alto è sinonimo di qualità. Comunicazione poco efficace tra team di marketing e di vendite Il team di marketing e il team di vendite devono parlare lo stesso linguaggio e remare nella stessa direzione. Cosa significa? ll team di marketing non deve avere come obiettivo solo chiudere i contratti, ma attrarre lead realmente interessati e in linea con il target di vendita dell’azienda. Non avrebbe senso passare al reparto di vendita prospects indecisi o non adatti per quel tipo di mercato. Sarebbe una notevole perdita di tempo, energia e denaro. Team di marketing e di vendite devono quindi comunicare in modo coerente e continuativo per raggiungere insieme gli obiettivi prefissati. User experience poco attrattiva o scadente Un aspetto che non devi assolutamente sottovalutare è la user experience offerta ai tuoi clienti. Puoi anche avere ottimi prodotti ad un buon rapporto qualità/prezzo, ma diventa tutto inutile se l’e-commerce offre una navigazione poco intuitiva e di difficile comprensione. Devi rendere il tuo sito customer-oriented e per farlo puoi utilizzare strumenti specifici come HubSpot, software in grado di personalizzare e differenziare i contenuti sul sito in base alle abitudini di comportamento degli utenti. Assistenza clienti inefficace In ambito di customer satisfaction va tenuto nella massima considerazione il servizio di assistenza clienti. Il team di supporto deve essere proattivo, cioè anticipare le possibili domande dei clienti, fornendo allo stesso tempo risposte efficaci e pertinenti in base alla problematica riscontrata. Il rapporto con un cliente non si conclude dopo la vendita, ma anzi deve continuare anche dopo per verificare se è soddisfatto o meno. Come incide il turnover sul mercato? Facendo una riflessione generale sui mercati, le aziende con un basso turnover avranno una clientela stabilizzata anche nei periodi più complessi; le aziende con un alto turnover avranno invece una clientela più dinamica che varia continuamente. Tali scenari, a seconda dei punti di vista, possono rappresentare vantaggi o svantaggi. Una nuova impresa farebbe bene ad entrare in un mercato dinamico, dove gli acquirenti passano velocemente da un brand all’altro. Un’azienda leader in un determinato settore invece manterrà la sua posizione predominante se il turnover è basso, poiché ha una cerchia di clienti fidelizzata. Come gestire il turnover dei clienti e ridurre il tasso di abbandono? È possibile gestire il turnover dei clienti? Assolutamente sì, basta adottare delle “best practices” che mirano a ridurre il tasso di abbandono. Scopriamo quali sono e come adattarle in base ai diversi mercati. ”Coccola” i clienti migliori Conservare tutti i clienti è un’operazione praticamente impossibile. Se ci provassi falliresti sicuramente, ma soprattutto perderesti tempo e risorse preziose. Cosa fare allora? Concentra tutte le tue forze per “salvare” i clienti migliori, cioè quelli che spendono abitualmente presso il tuo e-commerce. Valorizza tutti i tuoi clienti Anche se non puoi mantenere tutti i tuoi clienti, questo non significa che devi trascurarli. Anzi, devi farli sentire unici e speciali dando delle motivazioni reali per restarti fedele. Promozioni, sconti, bonus e programmi di fidelizzazione sono solo alcuni esempi per tenere il cliente stretto a te. I programmi a punti sono quelli più apprezzati, ecco come funzionano: un cliente compra un prodotto e riceve punti in base alla cifra che spende. Al raggiungimento di un determinato punteggio, riceve un buono sconto per un altro acquisto. Gli conviene restare con te, altrimenti perderebbe tutti i punti accumulati. Individua le cause dell’abbandono Devi capire quali sono le cause dell’abbandono e se eventualmente c’è stato qualche errore. Analizza il customer churn rate per comprendere esattamente qual è il cosiddetto punto di attrito che ha determinato l’abbandono del cliente. I motivi possono essere tanti ma, se le cause sono da attribuire a qualche tuo errore, allora devi intervenire immediatamente. Magari c’è stato qualche errore nella spedizione o il tuo servizio di assistenza non ha fornito una risposta reattiva. Nel primo caso puoi proporre uno sconto o un prodotto alternativo, nel secondo devi invece formare meglio il tuo team di assistenza. Le criticità possono essere tante, impara dai tuoi errori e intervieni in modo mirato per risolverli. Conclusioni Il turnover rappresenta una variabile fondamentale che impatta in modo significativo sul tuo business. Non devi però considerarlo come una scheggia impazzita ma come un fattore che, per quanto fluttuante, può essere gestito. Metti sempre il cliente al centro del progetto, qualunque sia la tua strategia. Se vuoi avere ulteriori spunti puoi scaricare il nostro ebook gratuito che ti spiega come creare template per i buyer personas così da stilare un identikit preciso dei tuoi clienti. Image by jannoon028 on Freepik
Marketing automation è un termine che ha fatto prepotentemente irruzione nella vita aziendale e letteralmente significa automazione del mercato. Una traduzione un po’ troppo asciutta e scarna, poiché non rende merito a ciò che è realmente la marketing automation, cioè una serie di attività che semplificano e velocizzano le attività di un’azienda, ne aumentano l’efficienza operativa e ricavi e consolidano le relazioni con i clienti. In tale contesto assumono grande importanza i workflow, cioè i flussi di lavoro strettamente interconnessi con i comportamenti degli utenti. Basandosi sui workflow, le aziende profilano gli utenti e li invitano a tornare sul sito, automatizzando e velocizzando tutte le operazioni. Sfruttando la marketing automation i tuoi contatti non sono persone che acquistano una volta senza più farsi vedere, ma diventano clienti fissi con i quali dialogare e instaurare un rapporto di fiducia, da costruire con email e offerte dedicate e personalizzate o con campagne di fidelizzazione. Cosa si intende per workflow? Per capire i principali vantaggi dei worflow bisogna innanzitutto comprendere che cosa sono. Parlando per linee generali il workflow è l’automazione totale o parziale di un processo aziendale; nel marketing invece, soprattutto nella lead generation, il workflow comprende tutti quei processi che si attivano automaticamente dopo determinate azioni compiute dall’utente. Poiché i workflow sono differenti e vengono personalizzati in base alle azioni dell’utente, per te diventa più facile automatizzare tutte le fasi del processo di vendita e creare un percorso ad hoc per ogni cliente durante il cosiddetto customer journey, ossia il viaggio del consumatore. Nei paragrafi successivi ti spiego meglio questo concetto introducendoti all’email workflow. Quali sono i vantaggi del workflow per un’azienda? Il workflow, che rappresenta la digitalizzazione dei processi, apporta una serie di benefici tangibili per l’azienda. Ne possiamo individuare almeno 3: Le attività vengono svolte in un tempo molto più veloce, quindi si ottimizza l’operatività e si gestiscono al meglio tutte le azioni e i processi ad esse collegati; L’ottimizzazione dei processi elimina i tempi morti e le attività inutili a beneficio della produttività e di una corretta gestione delle risorse a disposizione; I team di un’azienda sono perfettamente interconnessi tra di loro, condizione che rende molto più fluido e snello il lavoro. I 3 criteri sui quali si basa la marketing automation Il processo di automazione per funzionare correttamente deve basarsi su tre criteri cardine: Le condizioni: i workflow prima di attivarsi devono valutare le condizioni nelle quali si è mosso l’utente. Alcune azioni infatti sono addirittura ininfluenti e non richiedono l’attivazione dei workflow, che invece devono agire quando un contatto ha raggiunto un valore definitivo o quando è stato inserito in una specifica campagna di marketing; Le azioni: il sistema deve individuare qual è l’azione più indicata da svolgere. Magari può essere richiesto l’inizio di una comunicazione tramite un canale, il trasferimento di un contatto all’interno dell’azienda, l’invio di una notifica o semplicemente l’aggiornamento della scheda di un utente; Gli eventi: tutte le azioni che intendi tracciare e che possono tornarti utili. Tra gli eventi sono compresi clic sulle CTA, l’apertura di un’email, la semplice navigazione sul sito ecc. Valutando le azioni fatte, o al contrario le azioni non fatte, puoi capire se la tua strategia è efficace oppure se devi aggiustare il tiro. Partendo da questi 3 principi devi cercare di coinvolgere gli utenti e non abbandonare i lead, anche quando appaiono più freddi. In questi casi devi adottare strategie convincenti ma che non siano però troppo invadenti. Al contrario, se il lead appare caldo, puoi “spingerti” un po’ oltre per solleticare la sua curiosità con strategie più incisive e mirate. Quali sono le principali azioni di marketing automation? Le azioni collegate alla marketing automation sono davvero tante e vanno dall’up e cross-selling alla lead nurturing, dalle campagne Google Ads ai funnel personalizzati, dagli A/B test alle notifiche push, dall’email marketing al recupero dei carrelli abbandonati. Tutte queste funzionalità hanno una grande importanza ma non sempre è facile gestirle in modo corretto o senza perdere di vista qualcosa. La soluzione migliore? HubSpot! Questo software automatizza tutti questi processi necessari per attrarre i lead e convertirli in clienti fidelizzati. I processi all’interno dell’azienda vengono notevolmente snelliti a beneficio della produttività. Quello che fa HubSpot nello specifico, è l'automatizzazione dell’invio delle email ai tuoi prospect, ottimizzazione dei contenuti di un blog anche sotto il profilo del design, conoscenza dei comportamenti dei tuoi lead, accessibilità alle loro informazioni e indicizzare il tuo sito nei motori di ricerca. Come funziona l’email workflow? Tra le tante azioni di marketing automation una delle più importanti riguarda l’email marketing, sulla quale vale sicuramente la pena spendere qualche parola in più. Come promesso ci concentriamo in questo articolo sull’email workflow. Cos’è? È una serie di email automatiche inviate, oppure non inviate, agli utenti in base ai loro comportamenti online e alle informazioni di contatto. In questo modo riesci a capire non solo a chi inviare l’email e a chi no, ma anche cosa scrivere. I consumatori moderni sono particolarmente affascinati da una comunicazione personalizzata secondo le sue specifiche esigenze e necessità. In pratica l’invio del messaggio giusto, al momento giusto e con le parole giuste può davvero fare la differenza. Come inviare le email? I criteri da seguire sono tanti e quindi puoi spedire messaggi personalizzati: A chi ha effettuato un determinato percorso sul tuo sito; A chi lavora in un determinato settore; A chi ha mostrato interesse leggendo i tuoi contenuti, visitando più volte la tua pagina o scaricando ebook. Tu hai così l’opportunità di inviare email in modo mirato, con la certezza di fornire contenuti interessanti. Gli utenti a loro volta ricevono un’email che li interessa realmente e quindi di certo non la spammeranno senza neanche aprirla. Sconti e promozioni sono sempre apprezzati, ma non sono gli unici esempi di email workflow che funzionano. Tra le soluzioni adottate da diversi brand c’è l’invio di un codice promozionale con validità settimanale da usare sul proprio e-commerce sette giorni prima del compleanno. In questo modo fai un piccolo regalo di compleanno al tuo cliente, che si sente realmente coccolato e valorizzato. In generale l’obiettivo è “stimolare” il cliente quando è più propenso a fare acquisti, come in prossimità del suo compleanno o di festività. Le email di auguri non a caso sono quelle che garantiscono non solo il maggiore tasso di apertura, ma anche di fidelizzazione. Carrello abbandonato? Ecco come recuperare i clienti Altro workflow che merita un’attenzione particolare è quello che riguarda i carrelli abbandonati. Sono tanti i clienti che mettono i prodotti nel carrello ma poi non completano l’acquisto per svariati motivi. Magari non sono convinti del metodo di pagamento o dalle politiche di resi, oppure vogliono prima confrontare quello stesso prodotto con altri e-commerce o con i negozi fisici per individuare qual è l’offerta più conveniente. In altri casi ancora aspettano che il prezzo cali o che arrivino degli sconti. Come convincerli quindi a completare l’acquisto? Devi offrire incentivi o impostare apposite campagne di remarketing tramite email. Alcuni workflow, dopo che un utente è uscito dal sito lasciando il prodotto nel carrello, inviano automaticamente un’email offrendo assistenza nell’acquisto e dando tutte le informazioni necessarie. Sicuramente è d’aiuto inserire tutti i punti di contatto con l’azienda come email, chat, numero verde ecc. L’utente non ha completato l’acquisto dopo il primo contatto? Allora i workflow agiscono in conseguenza alle azioni dell’utente. Se la persona ha aperto il primo messaggio di posta elettronica, riceverà un’altra email contenente un buono sconto da utilizzare in tempi rapidi, generalmente 24 ore. Se non ha aperto la prima email riceverà un nuovo reminder come ultimo tentativo. L’utente non apre neanche la seconda mail? Allora il workflow sarà chiuso con esito negativo e dovrai tentare un’altra azione di convincimento. Adottare strategie di marketing automation significa creare valore per l’azienda Strategie adeguate di marketing automation consentono di recuperare tempo prezioso, creare un maggiore coinvolgimento tra i clienti e sfruttare al meglio tecniche di vendita come l’up-selling e il cross-selling. Si ottimizza così il tasso di conversione che, insieme al fatturato, alla lead generation e alla lead nurturing, continua ad essere uno degli obiettivi strategici più importanti per un’azienda. In questo modo puoi creare contenuti personalizzati che danno realmente valore all’azienda. La comunicazione diventa omnicanale, sfruttando tutti i vantaggi offerti dalla digital transformation, e soprattutto si crea una user experience realmente personalizzata e centrata sul singolo cliente. Conclusioni finali La marketing automation rappresenta il miglior metodo per creare engagement che si traduce più facilmente in conversione e fidelizzazione. Per un e-commerce l’obiettivo primario non è la vendita fine a se stessa, ma piuttosto avvicinare il cliente alla realtà dell’azienda, “coltivarlo” e alla fine invogliarlo ad acquistare. La vendita risulta quindi un processo naturale, la normale conseguenza dell’ottimo lavoro svolto. Poiché abbiamo i vantaggi della marketing automation, ti lasciamo approfondire il tema con questo ebook gratuito in modo da darti una conoscenza completa sull'argomento. Image by rawpixel.com on Freepik
Una startup senza una soluzione di Customer Relationship Management (CRM) è letteralmente impensabile. Non può non esistere. Sarebbe come avere un capannone senza un carroponte. Gli strumenti CRM sono indispensabili per la maggior parte delle aziende che vogliono organizzare e gestire al meglio tutti i flussi di dati provenienti dai clienti. Sopra: tipico esempio di capannone alpino Per le start-up ci sono un sacco di rotture fra le quali bisogna destreggiarsi: finanze, sviluppo di prodotti / servizi, crescita del tuo team, ecc. Tuttavia, non devono essere trascurati gli strumenti e i processi da mettere in atto per rendere tutto efficiente e snello. L'efficienza è davvero la misura più importante quando si tratta di una start-up. Nella maggior parte dei casi impiegherete lunghe ore, anche più di 40 a settimana, e tanto duro lavoro. Non è solo importante lavorare sodo se sei una startup a Capannonia, ma solo lavorare in modo intelligente. Solo in questo modo raccoglierai i frutti del tempo e degli sforzi investiti, e ripagherai il capanonselo appena comprato. Molte aziende sostengono che il costo per implementare un CRM non vale la candela, in quanto la loro azienda è ancora piccola e blah blah blah. Questo tenendo conto che l'utilizzo di un CRM, potrebbe costare fino a $ 25 al mese per utente. Fortunatamente per te HubSpot è ben conscio del fatto che una startup non può permettersi di investire immediatamente in un sistema o software CRM. Perché? Beh, potrebbe essere costretta a cambiare o sovvertire interamente i processi di gestione durante i movimenti scalari, rendendo di fatto inutile l'investimento. Per questo HubSpot offre il suo software CRM con uno sconto del 90% per il primo anno e del 50% il secondo. Se hai una startup e necessiti di un CRM, dovresti riconsiderare l'idea di acquistare le piastrelle nuove per il tuo ufficio e investire in una soluzione tecnologica che ti permetta un domani di piastrellare anche tua madre (solo perché é divertente e perché potrai permettertelo). Naturalmente ci sono costi associati, come l'onboarding o la formazione, ma questi costi saranno diluiti nei vantaggi che avrai con una formazione specifica da subito e che poi ti permetta di lavorare in autonomia. Se si attendono mesi o anni, i dati di solito si accumulano e vengono ospitati in luoghi diversi, tipo nel server a casa della nonna vicino alle bottiglie di prosecco, rendendo l'aggregazione e la pulizia dei dati più dispendiosi in termini di tempo. Spesso l'implementazione di una soluzione CRM richiede che tutti i principali attori dell'azienda si raggruppino per rispondere a domande importanti. Fai in modo che ognuno dei player coinvolti sia allineato e pronto a perseguire gli stessi obiettivi. Gli argomenti di discussione possono essere svariati, ma possono includere quelli come: Quali informazioni vogliamo catturare sui nostri lead e clienti? Come stiamo catturando queste informazioni? (inserendole manualmente, conduci moduli di cattura, ecc.) Abbiamo bisogno di un modo per determinare chi sono i lead caldi? Se sì, quali criteri stiamo usando? Dopo che un lead è stato catturato e nel sistema, quali sono le nostre procedure per gli avvisi, i passaggi successivi e la proprietà? Vogliamo utilizzare il nostro database per condurre il marketing nutrizionale, il coinvolgimento post vendita e / o gestire l'assistenza clienti? Come detto sopra, è ovvio e naturale che il tuo business si adatterà e cambierà. Qualsiasi business di successo lo fa. Nuovi prodotti saranno sviluppati, i piani di mercato adeguati e la crescita del numero di dipendenti e quantità dei capannoni sono all'orizzonte. Quando selezioni uno strumento CRM, pensa a dove vedi la tua azienda tra sei mesi e quali aspetti di un CRM useresti oggi, unendoli a quelli di cui pensi che avrai bisogno tra un anno a partire da ora. Se prevedi di utilizzare altri software come la marketing automation, la gestione dell'inventario o le soluzioni di spedizione, potresti voler esaminare gli strumenti di CRM che dispongono di opzioni di integrazione o plug-in affidabili, o magari iniziare con una soluzione ERP (Enterprise Resource Planning) per te. Come sempre, ci sono molte opzioni fuori da Capannonia. Nelle prime fasi dello sviluppo del business (e per alcuni il bisnès non si ferma mai veramente), sei sulla strada, viaggi, frequenti molti incontri e potresti volere che tutta la tua attività sia facilmente accessibile e tacciabile per te dal dispositivo preferito, telefono, tablet, laptop o persino orologio. Nel mondo delle startup sei sempre a UN DEAL dall'obbiettivo. È importante dedicare la maggior parte del tempo a concentrarsi sullo sviluppo di nuove relazioni d'affari o sullo sviluppo di prodotti. Quindi, se hai fatto la scelta di avviare il processo di ricerca di un CRM, da dove inizi? Parlare con altri proprietari di start up e fornitori di soluzioni esperte e competenti è un ottimo punto di partenza. Avere un'idea delle soluzioni disponibili e fare le domande giuste ti porterà sulla strada della gestione della tua nuova attività con gli strumenti giusti!
Se hai un e-commerce o un sito web sicuramente avrai sentito parlare del tasso di conversione, conosciuto anche come conversion rate. In sostanza rappresenta quella percentuale di visitatori che portano a termine la call to action richiesta, come la sottoscrizione ad una mailing list, un acquisto di un prodotto o il download di un e-book. Quegli utenti vengono appunto “convertiti”, cioè trasformati da prospect in clienti. Attenzione: per procedere in questi campi dovresti dotarti di unCRM per poter gestire al meglio le informazioni. Scopri nel nostro blog Cos'è un CRM. Vuoi aumentare il tasso di conversione in negozio? Semina prima di raccogliere Il tasso di conversione medio nel negozio online può essere quantificato e risulta utilissimo per valutare l’andamento di una campagna di marketing o, semplicemente, per capire se il tuo e-commerce funziona e risulta appetibile. Per conseguire un elevato conversion rate devi assolvere ad una serie di compiti per rendere il sito attrattivo e tarato sulle esigenze e sui bisogni dei tuoi clienti. La prima cosa da fare è quindi individuare le giuste buyer personas, cioè quel target di pubblico potenzialmente interessato ai tuoi prodotti. Se vendi articoli sportivi presumibilmente il tuo pubblico sarà piuttosto giovane, mentre se vendi pentole e stoviglie dovrai rivolgerti alle casalinghe e agli chef. La tua proposta deve quindi tenere conto di questo aspetto per fornire soluzioni semplici e dirette. Un visitatore che vive una user experience fluida che richiede solo poche azioni viene convertito e fidelizzato molto più velocemente. Assicurati di avere un sito mobile-friendly, poiché gran parte della popolazione naviga e fa i suoi acquisti proprio sullo smartphone o sul tablet. Se hai realizzato un form per raccogliere dati, fai in modo che sia breve e che contenga poche domande, per non scoraggiare il visitatore. Come quando si coltiva, questa fase rappresenta la semina alla quale naturalmente seguirà la raccolta. Il calcolo matematico per quantificare il tasso di conversione Come anticipato, esiste una formula per calcolare il tasso di conversione ed è molto semplice. Eccola: numero di conversioni/visitatori unici x 100. Dopo questo calcolo otterrai la percentuale di persone che hanno risposto positivamente alla tua call to action. Questa formula da sola però non è sufficiente a dare una panoramica chiara della situazione, perciò ci sono appositi strumenti e tool online che forniscono dati estremamente affidabili, come Google Analytics e Google Ads. Tasso di conversione su Google Analytics: ecco come calcolarlo Dopo aver effettuato l’accesso a Google Analytics, devi andare su Acquisizione e poi su Panoramica. Qui troverai una tabella che ti indica la somma delle sessioni di tutti i canali. Nel menù a tendina in alto a destra puoi impostare il periodo desiderato, un’operazione fortemente consigliata per capire se ci sono stati miglioramenti o peggioramenti in determinati periodi e perché. Supponiamo che hai cambiato i colori del bottone della tua CTA ad inizio mese. Se alla fine del mese il tuo tasso di conversione è cresciuto in maniera importante, significa che il cambio del colore si è rivelato una mossa vincente. Per quanto riguarda gli ordini, la situazione è un po’ più complessa. Devi andare nella sezione Conversioni, poi Obiettivi e infine Panoramica. Prima di tutto però imposta degli Obiettivi, suggerendo al software quali azioni dell’utente vanno valutate come conversioni. In alternativa puoi prendere il numero degli ordini direttamente dal gestionale aziendale, come HubSpot che permette di ottimizzare la gestione del lavoro, aumentare le vendite e in generale migliorare il servizio offerto alla clientela. Ricordati però di selezionare solo gli ordini provenienti dall’e-commerce e di separarli da quelli arrivati per telefono o per email. In questo modo il risultato ottenuto sarà realmente affidabile. Incrementa il tasso di conversione con Google Ads Puoi utilizzare anche Google Ads per valutare il tasso di conversione e apportare le dovute modifiche, come aggiungere parole chiave più specifiche o che non sono state utilizzate. Tramite Google Ads puoi conoscere il numero di impressioni e di clic ottenuto con gli annunci, ma anche quello delle conversioni. Devi quindi impostare il monitoraggio delle conversioni, così da verificare l’efficacia delle tue campagne di marketing dopo averle modificate. Va da sé che, se il tuo tasso di conversione inizia a crescere dopo aver apportato modifiche alla campagna di marketing, hai effettuato le mosse giuste. Qual è il tasso di conversione medio di un e-commerce in Italia? Stabilire con esattezza se un tasso di conversione è positivo o meno non è così automatico. Entrano in gioco diversi fattori come l’area geografica, il business, la concorrenza in quel determinato mercato ecc. Tuttavia è possibile prendere come riferimento alcune percentuali da applicare in base al settore in cui operi, per capire se il tasso di conversione è sufficiente o se dovresti fare qualcosa in più per migliorarlo. Ecco i principali valori medi del tasso di conversione nei principali settori: Un tasso dell’1-2% nel settore B2B è considerato positivo; Il tasso si abbassa dell’1% negli e-commerce B2C ad alto valore, con un carrello medio superiore ai 300 euro; Negli e-commerce B2C a medio valore, con un carrello medio compreso tra i 50 e i 300 euro, un buon tasso si assesta sul 2%; Infine negli e-commerce B2C a basso valore, dove il carrello medio è inferiore ai 50 euro, un buon tasso sale fino al 3-4%. Il tuo tasso di conversione è più basso rispetto ai parametri indicati? Allora significa che i tuoi concorrenti stanno facendo meglio di te o che forse le tue call to action non sono sufficientemente appetibili. A tal proposito può tornarti molto utile la cosiddetta Conversion Rate Optimization che ti fornisce suggerimenti molto utili. Cos’è la Conversion Rate Optimization? Prima di conoscere le azioni virtuose che possono migliorare le prestazioni del tuo e-commerce, vale la pena capire cos’è la Conversion Rate Optimization, il cui acronimo è CRO. La C sta per conversione che, per un e-commerce, indica il pagamento al termine dell’acquisto. Come spiegato precedentemente, tuttavia, la conversione può essere qualsiasi altra azione misurabile compiuta dall’utente, come l’iscrizione ad una newsletter, la prenotazione o l’invio di un messaggio in un form. La conversion rate è un valore che si ricava dalla media del numero totale delle visite diviso il numero totale delle conversioni. Un valore alto significa che il tuo e-commerce soddisfa le aspettative dei tuoi clienti. In generale la CRO è una strategia finalizzata a migliorare tutti quei fattori relativi all’esperienza degli utenti. Una felice user experience chiaramente apre le porte ad un numero maggiore di vendite. A questo punto dedichiamoci alle best practices da adottare: Ottimizza la user experience degli utenti; Limita i piccoli dettagli; Aumenta la fiducia del cliente. Come e perché ottimizzare la user experience degli utenti Se vai in un albergo che si trova in una posizione centrale, dove si mangia bene e con un personale professionale e simpatico con ogni probabilità ci tornerai. In caso contrario, cancellerai il nome di quell’albergo. Ecco, è esattamente la stessa cosa che fanno gli utenti quando visitano un sito. Se la frequenza di rimbalzo è alta e gli utenti vanno via quasi immediatamente dal tuo sito o e-commerce, c’è qualcosa che non va. Forse l’interfaccia è troppo dispersiva, i prezzi del tuo e-shop sono alti o la pagina impiega molto tempo a caricarsi. Indaga sulle criticità che impediscono alla tua piattaforma di raggiungere un tasso di conversione soddisfacente e apporta le dovute modifiche. Dedica il tempo necessario al tuo sito e non sottovalutare i dettagli Devi studiare con molta attenzione come calamitare l’attenzione dei tuoi visitatori. Un fattore fondamentale è rappresentato dalle call to action che, se usate correttamente, diventano preziosissime frecce nel tuo arco. Dedica tutto il tempo necessario per analizzare colori, frasi, slogan e grandezza della CTA per ottimizzare le prestazioni. Puoi trarre spunti interessanti in un nostro articolo dove parliamo proprio della scelta della giuste call to action. Molto spesso sono proprio i piccoli dettagli che fanno la differenza. Aumenta la fiducia del cliente Quando un utente acquista per la prima volta su un e-commerce è assalito da diversi dubbi. È un sito affidabile? L’articolo è effettivamente quello che ha ordinato? È all’altezza delle aspettative? Il tuo obiettivo è adottare una serie di azioni e di attività finalizzate a tranquillizzalo. Come? Magari proponendo diverse opzioni di pagamento e una politica di resi non troppo restrittiva e soprattutto chiara. Risulta molto efficace anche raccogliere diversi feedback, commenti e recensioni. Gli utenti moderni infatti si fidano molto di chi ha già provato quel prodotto. È naturale che tante recensioni positive depongono a tua favore, poiché gli utenti saranno maggiormente invogliati ad acquistare da te. Conclusioni Il tasso di conversione tasta il polso al tuo e-commerce, perciò va studiato e migliorato. Lima i dettagli, potenzia i punti forti e riduci le criticità per assicurare una navigazione fluida e coinvolgente ai tuoi utenti. Talvolta vengono commessi errori banali, che però hanno una grande incidenza sulle prestazioni del sito. Proprio per questo motivo ti consiglio di scaricare gratis l’ebook sottostante per scoprire quali sono i principali errori che non ti consentono di trovare clienti online.
La customer satisfaction, insieme alla customer retention rate e alla customer experience, è uno dei parametri più importanti da valutare per capire la bontà del servizio offerto. In questo articolo ci concentriamo in particolare sulla customer satisfaction che, letteralmente, significa soddisfazione del cliente. Eh sì, perché ormai tutto nel commercio moderno ruota intorno al cliente, vero fulcro di ogni mercato. Se il cliente è soddisfatto della qualità dei prodotti e del servizio di assistenza pre e post vendita ricevuto torna a spendere presso il tuo e-commerce, inoltre ne parla positivamente a tutto vantaggio del ritorno d’immagine per il tuo brand. In caso contrario, se il livello dei servizi è insoddisfacente e la qualità dei prodotti è scadente, non tornerà di certo ad acquistare da te e parlerà male del tuo brand, condizione che può provocare un passaparola catastrofico per l’immagine della tua azienda. Detto in modo molto semplice, questa è la customer satisfaction. Ovviamente bisogna considerare tutti i fattori contingenti che possono influire, positivamente o negativamente, sulla soddisfazione del cliente. Devi sapere che la customer satisfaction può essere letteralmente quantificata con diverse metriche, che ti forniscono dati e informazioni molto preziose. Approfondiamo meglio il discorso per capire cosa vogliono i tuoi clienti e come migliorare la loro soddisfazione. Cosa si intende per Customer Satisfaction Score e quali sono le metriche utilizzate per misurarlo Se la tua azienda ha deciso di abbracciare la filosofia del customer service, allora già sai quanto sia cruciale il cliente e la sua soddisfazione. Per misurare la customer satisfaction della tua clientela devi utilizzare appositi indicatori chiamati KPI (Key Performance Indicators). Analizzandoli puoi capire dove sta andando il tuo customer service, se soddisfa i tuoi utenti e se ci sono margini di miglioramento. Tra le metriche più importanti c’è il Customer Satisfaction Score, che determina in che misura i tuoi prodotti o servizi soddisfano le aspettative dei clienti. Sarà capitato anche a te, dopo aver fruito di un bene o un servizio, di aver ricevuto la seguente domanda per il follow-up: “Come valuti la tua soddisfazione in base al servizio ricevuto?”. Il punteggio generalmente va da una scala da 1 a 5, dove 1 è molto insoddisfatto e 5 molto soddisfatto. Questo è un esempio di customer satisfaction score e le metriche analizzate sono 5: Net Promoter Score; Customer retention; Tempo medio di risoluzione; Conversion rate; Sondaggi. 1. Il Net Promoter Score Qual è la possibilità che un cliente consigli ad un amico, un collega o un familiare la tua azienda? Il Net Promoter Score (NPS) risponde proprio a questa domanda. Dopo la richiesta di assistenza inviata al servizio clienti tramite qualsiasi canale (live chat, web form, telefono, email ecc.), gli utenti vengono poi invitati a lasciare un feedback. Si possono individuare 3 categorie di clienti: promotori, passivi e detrattori. Per calcolare il Net Promoter Score devi sottrarre la percentuale di detrattori alla percentuale di promotori. Ecco la formula: NPT = % di promotori - % di detrattori. Su una scala che va da 1 a 10 i detrattori rientrano in una valutazione da 0 a 6, i passivi da 7 ad 8 e i promotori da 9 a 10. 2. La customer retention Ne abbiamo già parlato in un altro articolo della customer retention rate, cioè la capacità di un’azienda di trattenere i propri clienti e in buona sostanza di fidelizzarli. Oggi fidelizzare un cliente è molto meno costoso e dispendioso rispetto all’acquisizione di nuovi, inoltre un cliente fidelizzato diventa egli stesso un vettore promozionale. Non commettere però l’errore di dare per scontati i tuoi clienti, quindi devi continuamente seguirli e coccolarli per farli sentire importanti. Per calcolare la customer retention devi reperire le seguenti informazioni: Numeri di clienti nuovi acquisiti durante uno specifico lasso di tempo (N); Numero di clienti già presenti all’inizio di quel periodo (S); Numero di clienti alla fine di un determinato periodo (E). Ecco la formula: customer retention rate = ((E – N) / S x 100. 3. Tempo medio di risoluzione Eccoci ad un altro indicatore cruciale: il tempo medio di risoluzione. In una società così frenetica che corre a 100 all’ora naturalmente anche i clienti vanno a ritmo indemoniato e vogliono che i loro problemi vengono risolti nel minor tempo possibile. Il tempo medio di risoluzione consente alle aziende di quantificare il tempo medio speso per risolvere un problema o per rispondere ad una lamentela. Naturalmente bisogna considerare la complessità della questione, che può richiedere poche ore o qualche giorno per essere risolta. Ecco la formula: tempo medio di risoluzione = totale di tutti i tempi di risoluzione / numero di casi risolti. Un’azienda realmente cliente-centrica deve ridurre al massimo il tempo d’attesa principalmente per due motivi: soddisfare il cliente e non intasare il servizio di assistenza clienti per metterlo in condizione di lavorare bene e senza stress. 4. Il conversion rate Il conversion rate è una metrica che corrisponde alla percentuale di visitatori che hanno compiuto l’azione desiderata, come l’acquisto o l’iscrizione ad una mailing list. In questo indicatore gioca un ruolo cruciale il tuo team di servizio clienti, che deve guadagnarsi la fiducia del consumatore sciogliendo ogni suo dubbio. Di seguito la formula: Conversion rate = numero di vendite / numero di visite. Per calcolare questa particolare metrica può darti una grande mano HubSpot, che mette a disposizione una serie di funzionalità, come la raccolta dei dati di prospect e clienti, che rende molto più facile la conversione. Del resto se conosci una persona sai meglio cosa proporgli e soprattutto come, quindi la stessa vendita risulta molto più fluida e mirata. 5. I sondaggi Eccoci ad un altro strumento estremamente importante per tastare il polso della soddisfazione dei tuoi clienti: i sondaggi. Generalmente sono previste tra le 5 e le 10 domande, mirate e studiate, per capire il reale grado di soddisfazione degli utenti. Puoi capire quali sono i servizi che funzionano e quali invece presentano delle criticità e sui quali devi intervenire subito. Esistono diversi modi per condurre dei sondaggi. Puoi lanciarli direttamente sul tuo sito web, proporli ai clienti dopo che hanno acquistato un bene o usufruito di un servizio o spedirli tramite email. Assicurati che le tue domande siano chiare e dirette, senza il rischio di fraintendimenti. Cos’è il modello Kano, alternativa per misurare la customer satisfaction Un altro modello che va per la maggiore, pur essendo stato sviluppato negli anni ’80, è il modello Kano. La sua trasversalità gli ha permesso di essere attuale anche a distanza di oltre 40 anni. Il modello Kano sostanzialmente si concentra sul concetto di qualità suddivisa in 5 categorie: Qualità prevista: l’obiettivo principale è individuare i desideri e i bisogni impliciti, espliciti e latenti e quali sono i suoi parametri di giudizio relativi alla qualità del servizio; Qualità progettata: in tal caso il punto di riferimento è l’azienda e si studia proprio quali sono i suoi obiettivi e cosa intende offrire al cliente. Nella qualità progettata rientra anche la qualità promessa, cioè un rapporto tra ciò che viene promesso e ciò che viene realmente offerto. Fai attenzione quindi a non promettere ciò che non puoi mantenere, altrimenti il risultato finale è l’insoddisfazione del cliente; Qualità prestata: l’obiettivo è verificare quali sono i servizi che l’azienda eroga effettivamente rispetto agli standard definiti. In sostanza la qualità del servizio deve essere lineare a quanto garantito e a ciò che realmente si intende offrire; Qualità percepita: in tal caso l’attenzione si sposta nuovamente sul cliente e sulle sue percezioni e valutazioni sul servizio ricevuto. Può essere considerata una valutazione generale sulla soddisfazione del cliente nel rapporto con l’azienda che va ad integrare la qualità prestata; Qualità paragonata: tale metrica va a confrontare la qualità del servizio di un’azienda con gli altri brand, valutando quali sono i plus, quali sono le mancanze e dove risiedono le principali differenze. Paragonarsi con gli altri competitor è prioritario per comprendere dove migliorare e quali servizi offrire per differenziarsi. Considerazioni finali: perché è importante misurare la customer satisfaction? La misurazione della customer satisfaction è un tema che ormai sta suscitando l’interesse nei più disparati settori. È sicuramente un chiaro indicatore di come stia cambiando il mercato, dove il cliente non è più un soggetto passivo ma attivo e quindi, con le sue scelte e decisioni, può influenzare l’andamento di un’azienda. In un mercato così competitivo come quello in cui stiamo vivendo la qualità dei servizi è sicuramente un fattore da sfruttare per emergere e distinguersi dagli altri, altrimenti per il cliente sarebbe indifferente scegliere questo o quel brand. Un servizio di alta qualità giustifica anche prezzi più alti, che vengono però percepiti positivamente dal cliente disposto a spendere qualcosa in più purché vengano soddisfatti i suoi reali bisogni. I feedback positivi confermano la bontà del tuo lavoro, ma non ignorare quelli negativi che anzi ti aiutano ad eliminare le piccole o grandi criticità. Conoscere il tuo target di pubblico è fondamentale. Per approfondire meglio il discorso puoi scaricare il nostro ebook gratuito dedicato alla costruzione di una scheda di buyer persona. Image by vectorjuice on Freepik
Il problema principale legato alla trasformazione digitale della customer experience? In questo articolo analizzeremo il nodo focale che permette alle aziende di avviare un processo virtuoso, volto al cambiamento dei processi, delle metodologie e delle tecnologie che abilitano all'innovazione dei sistemi di vendita, di comunicazione e di assistenza al cliente: il dato. L'obiettivo: il dato e la conoscenza per vendere L'obiettivo di un percorso che porta l'innovazione ad essere un modello permanente di business all'interno di un'azienda è quello di costruire un asset di valore utilizzando IL DATO e rivoluzionare il modo in cui prodotti e servizi vengono pensati, sviluppati ed evoluti, attorno ai bisogni del cliente. Ha tutto a che fare con il cliente, non con il tuo prodotto. Il tuo prodotto non c'entra, c'entra solamente il motivo per cui una persona può comprarlo. Ma per conoscere i motivi bisogna conoscere le persone che acquistano. Per categorizzare e gestire queste informazioni - sapere quello che vuole il cliente, come mutano i suoi bisogni in relazione a quello che un'azienda vende - bisogna costruire un sistema di dati e che questo sia strutturato per generare questo tipo di conoscenza. Forse, alla fin fine, quando si parla di digital transformation si parla di questo, di poco più. Solo che per arrivarci, per costruire un sistema che accumula ed immagazzina dati, per poi raffinarli e lavorarli e presentarli a chi ne ha bisogno, nel giusto momento per fare il lavoro migliore, il lavoro alle spalle è difficile. Difficile perché presuppone che questo dato venga raccolto dal marketing, venga raccolto dal commerciale, venga raccolto dall'amministrazione, venga raccolto dall'assistenza al cliente... cioè da tutti quelli che hanno a che fare con il cliente, in tutte le fasi in cui ci si può relazionare con lui. Significa cambiare software: bisogna utilizzare dei software in grado di darci questi dati e di strutturali per costruire conoscenza ed azioni. Significa cambiare processi e metodi: di relazione, di inserimento, di gestione, il tutto orientato alla costruzione del dato e al suo utilizzo. Il NON SAPERE Cioè, chi è che in un'azienda si sveglia alla mattina per andare in azienda per spiegare a tutti che bisogna cambiare tutto? In primis, per farlo, ci servono due requisiti: 1- che questa persona che si dovrebbe alzare ed andare al lavoro per dire innoviamo dovrebbe SAPERE cosa significa, dovrebbe avere una visione generale dei processi marketing, commerciali e di customer support per poter interloquire con i vari responsabili, individuare criticità, problemi, opportunità ed innestare all'interno tecnologie e metodologie in grado di abilitare il cambiamento. 2- questa persona dovrebbe avere questa MANSIONE, cosa che - generalmente - non spetta a nessuno. Avendo questa mansione specifica, ovvero essere il responsabile dell'innovazione per migliorare processi per ridurre costi, difficoltà e vendere di più (grossomodo), una figura aziendale potrebbe SAPERE, perché studierebbe e si concentrerebbe sul tema. Il cambiamento non accade per caso Il cambiamento deriva da una volontà di miglioramento. Se non c'è questa volontà non ci sarà mai nessuno che SA come introdurre software, metodologie di lavoro, discutere processi... occuparsi - insomma - della Digital Transformation, semplicemente perché non è compito suo, non se ne occupa, non si sveglierà mai al mattino per andare in ufficio e mettere in discussione tutto. La volontà di cambiare in azienda può arrivare da una sola posizione: il CEO o, in aziende più padronali, dall'imprenditore. Solo il capo può scegliere di intraprendere una strada così dirompente nei processi e nelle pratiche quotidiane: il che non significa necessariamente imporre un percorso ma, più propriamente, accendere la miccia. La Digital Transformation non può funzionare se è un'imposizione, se non è una visione condivisa e se non è un percorso capito e diventato un obiettivo di tutta tutta l'azienda. Proprio perché è un percorso dirompente che cambia metodologia di lavoro, strumenti, visione... necessita di uno sforzo straordinario per uscire dal rigido schema nel quale le persone sono inquadrate all'interno dell'organizzazione. Le persone devono essere entusiaste di intraprendere un percorso che le porti a cambiare. Ma il cambiamento è difficile. Il cambiamento ha bisogno di persone preparate, di persone che abbracciano la voglia di migliorare. E questo non si fa con un'imposizione ma con la condivisione. Ecco che la digital trasformation, che deve partire dal capo, ha bisogno del supporto di tutta l'azienda se non vogliamo farla fallire, se vogliamo portare a casa il dato, la conoscenza e il miglioramento. Da dove partire Si parte dalla voglia di innovazione del boss, del capo, del manager.... da qualcuno che ha potere di vita o di morte su un'azienda o una parte di essa. Da una volontà forte di cambiare paradigma, dalla consapevolezza di si devono cambiare le fiere di settore per organizzare e raffinare i dati, che le informazioni derivanti dall'industria 4.0 devono orientare il marketing, che i dati raccolti dal marketing devono orientare le scelte di produzione, che il dato in azienda deve essere utilizzato per creare valore. Ma per fare questo bisogna cambiare tecnologie, processi e visione. Una volta che qualcuno, in capo alla lista di comando, schiaccia il bottone delle digital transformation, qualcun altro deve prendersi in carico l'onere e l'onore di procedere. Ci deve essere una figura, alle dirette dipendenze del management superiore dell'azienda, in grado trasformare in un progetto complessivo e di rompere le barriere che separano i vari silos aziendali: marketing, commerciale e servizio al cliente. Tutti i reparti che si occupano della Customer Experience devono - nella differenza del loro mansionario quotidiano - lavorare con lo stesso obiettivo, con la stessa spinta, condividere le stesse informazioni e le stesse metriche. Ma chi è in grado di avere una visione a 360° sull'intero funzionamento della macchina aziendale, avere le skill sulla comprensione del digitale e le implicazioni che l'introduzione di software hanno sui processi, chi è in grado di vedere tutto questo e far generare un valore sistematico, trasformabile in asset? Attenzione. Può essere un interno o un esterno, un consulente o un'azienda. L'importante è che sappia come si gestisce il progetto di Digital Transformation, che abbia un'esperienza pregressa in ambiti similari e che sia animato dalla stesa visione del management. L'obiettivo è portare questa visione del dato all'interno dell'azienda, occupandosi di software e metodologie per conseguire il risultato, affiancando i vari responsabili dei reparti/silos e, con loro, mettere in sub iudice tutti i modelli e le procedure consolidati per costruirne di nuovi. Tecnicamente questa figura si chiama CDO, Chief Digital Officer, e sempre più aziende si stanno dotando di un manager con questo ruolo. Il primo passo: il CRM Il primo passo, senza dubbio, è l'inserimento di un CRM in grado di controllare e gestire tutti i numeri che hanno a che fare con la costruzione del dato negli ambiti toccati dalla Digital Transformation: le vendite, il marketing e il servizio ai clienti. Un CRM che permetta di raccogliere le informazioni: sugli appuntamenti, sulle telefonate e sulle email one to one inviate; sui comportamenti delle persone in relazione al sito, ovvero le pagine viste, le call to action cliccate, le pagine non viste, i form compilati, l'origine del navigatore sui comportamenti sociali (se ci hanno dato dei click sulle pagine aziendali di Facebook o LinkedIn, per esempio) che raccolga i comportamenti dei contatti con le newsletter che inviamo (i click, le aperture) che sappia tenere traccia dei preventivi aperti, dei prodotti venduti, delle opportunità perse che raccolga tute le informazioni sull'apertura di ticket, problemi di riscontrati, chat con l'assistenza... eccetera E, che alla fine di tutto il giro del fumo, sappia/permetta di mettere in relazione questi dati costruendo liste e cluster di contatti mescolando i dati di vari genere (derivanti dai comportamenti marketing, sales, service...). Noi per fare questo abbiamo scelto HubSpot, forse il miglior software che sta alle spalle del CDO per la costruzione di un progetto di dati con la trasformazione digitale. Anche perché, oltre alla raccolta delle informazioni, permette di gestire le attività pratiche e le operations di marketing, sales e service. Partire da un progetto di implementazione con HubSpot Marketing and Sales è un buon punto di partenza per entrare in questa cultura. Attenzione: non sto parlando dell'adozione di un software, qui l'attenzione è posta sul PROGETTO PER L'ADOZIONE del CRM, che significa un percorso di analisi e di comprensione della situazione attuale (l'as is) per definire gli obiettivi del percorso (il to be) e capire, passo dopo passo, come implementarlo all'interno di una realtà aziendale. Il secondo passo: integrazioni Abbiamo scelto il CRM ma il CRM potrebbe non bastare a se stesso. Basta pensare al programma gestionale, al software per gli ordini online, ad un programma per gestire le casse fisiche nei negozi o ad un tool per la gestione degli eventi... Sono tutte potenziali fonti di informazioni che potrebbero essere utili per l'aggregazione del dato in un punto centrale, da poter utilizzare insieme ad altre per costruire cluster complessi a sempre maggior valore aggiunto. Pensiamo ad un'azienda con un reparto commerciale che utilizza il CRM per l'inserimento delle nuove opportunità e tiene traccia dalle richieste dei clienti, oltre che di tutte le comunicazioni con questi. La stessa azienda potrebbe avere anche un e-commerce per la vendita o al B2B o al cliente finale e quegli ordini andrebbero persi dalla visione globale del CRM, non essendo gestiti con un processo one to one dai venditori. L'utilità di avere all'interno del CRM anche gli ordini che avvengono sulla piattaforma online, senza mediazione, sono comunque un elemento prezioso sia per l'upselling, sia per l'assistenza al cliente. Ecco quindi che entra in gioco una parola magica, data integrazione, ovvero connettori che passano le informazioni da una applicazione all'altra (monodirezionale o bidirezionale, a seconda delle necessità), per tenere i database aggiornati dove serve. Parliamo di sviluppo di connettori per far dialogare i vari software, un progetto sempre più importante per molte aziende e che sottende uno uno dei principi ispiratori della Digital Transformation: utilizzare software snelli, facili e con compiti altamente specializzati per le varie mansioni aziendali, che dialogano con altri software pensandosi le informazioni che servono. Alla fine, che visione, avremo un Little big data basato su tutte le proprietà digitali e i vari punti di inserimento dati dell'azienda. Il terzo passo: sperimentazione Direi che non c'è molto da aggiungere, parlando in linea generale. Molto da aggiungere se entrassimo nella casistica di ogni singola azienda e processo aziendale. Il consiglio, arrivato a questo punto, è semplice: sperimentare. Fail fast, evacuate faster sul principio di introdurre piccoli progetti scalabili per validare modelli, visioni e processi. Se funziona si scala, se non funziona si molla tutto e si cambia rotta. Essere snelli, essere lean, essere veloci... anche questo significa essere digital e abbracciare questa visione di sviluppo per il business della tua azienda.
Per una strategia perfetta di inbound marketing non puoi fare a meno della landing page, che deve essere realizzata con estrema cura dei particolari. Il motivo è molto semplice: con una landing page ben fatta puoi convertire più facilmente un lettore interessato in un cliente, invogliandolo a scoprire e ad acquistare un bene o un servizio. Capiamo meglio cos’è la landing page e come realizzarla al meglio. Landing page: tipologie e l'importanza della call to action La landing page solitamente è personalizzata per campagne pay per click, affinché il contenuto sia quanto più compatibile possibile con la ricerca effettuata dall’utente. Ne possiamo individuare fondamentalmente due: La landing page di consultazione: comunica informazioni importanti per il lettore; La landing page transazionale: invita l’utente a compiere un’azione ed è finalizzata soprattutto alla vendita. L’efficienza della landing page transazionale è data dal cosiddetto tasso di conversione. La ricetta per una landing page perfetta prevede 4 figure professionali: SEO; Web designer; Esperto di PPC (pubblicità pay-per-clic in cui gli inserzionisti pagano una cifra quando il loro annuncio viene cliccato); Copywriter. Tieni a mente un’altra cosa: se lavori bene puoi anche raggiungere i primi posti della serp, ma sarà tutto inutile senza una buona strategia di copywriting persuasivo, cioè una tecnica capace di creare titoli e frasi accattivanti e in grado di catturare l’attenzione del lettore. In tale ottica si inserisce la call to action, conosciuta come CTA, cioè una frase breve ma capace di lasciare il segno. Devi stimolare la curiosità dell’utente e fargli capire che, cliccando, può accedere ad un’offerta imperdibile e vantaggiosa. Cos’è una CTA e come realizzarla per una landing page La call to action (CTA) è una chiamata all’azione, una frase breve e concisa che però deve racchiudere tutti i vantaggi offerti. Puoi usarla come vuoi, invitando i tuoi lettori ad iscriversi ad un corso, acquistare un prodotto, ricevere newsletter o scaricare un ebook. Acquisire nuovi clienti diventa così più facile e la tua attività può decollare definitivamente. Ci sono delle regole precise che vanno rispettate per una CTA realmente efficiente. La prima regola: ci deve essere una sola CTA. Alcuni siti ne hanno due o addirittura tre, ma il rischio è che il lettore si senta disorientato e non sappia bene cosa fare. Nell’indecisione, potrebbe non fare nulla e andarsene senza compiere l’azione desiderata. Fissa bene in mente l’obiettivo che intendi perseguire e scrivi una Call To Action univoca. A tal proposito la CTA deve assolvere al requisito di coerenza. Se la Call to Action invita il lettore a scaricare un coupon sconto, non puoi certo reinviarlo alla tua pagina prodotti. L’utente si sentirebbe preso in giro e la tua CTA risulterebbe inefficace e addirittura dannosa. Altra domanda importante: dove posizionare la CTA? In tal caso le regole sono meno ferree anche se la cosa migliore sarebbe posizionarla all’inizio o alla fine. Nel primo caso l’utente, una volta atterrato sulla tua pagina, potrebbe essere così colpito dalla CTA da cliccarci subito sopra. Al contrario, se la metti alla fine di un articolo, potrebbe essere interessato alla tua proposta e quindi cliccare. Come usare la call to action nelle landing page? Un altro elemento fondamentale per una CTA diretta ed efficace è il bottone, lo strumento perfetto perché viene percepito subito dall’utente come qualcosa di cliccabile. Ecco i criteri da seguire per l’utilizzo perfetto del bottone: Visibilità: la CTA deve risultare perfettamente visibile e non sommersa o nascosta da altri elementi. Assicurati che tra le varie lettere ci siano i giusti spazi affinché la frase sia chiara. A tal proposito è consigliabile usare bottoni con angoli arrotondati e che interagiscono al passaggio del mouse, dando subito l’idea di oggetti cliccabili; Dimensioni e colore: il bottone deve essere grande, ma non eccessivamente altrimenti rischia di essere troppo autoreferenziale e oscurare gli altri contenuti della pagina. Insomma, grande quanto basta. Usa poi buoni contrasti tra lo sfondo e il bottone, rendendo la CTA ben visibile ed esteticamente armonizzata con il contesto; Sfrutta l’urgenza: l’effetto urgenza e l’effetto scarsità sono tra gli elementi più efficaci che convincono un utente a fare un’azione o un acquisto: sfruttali! Come? Puoi inserire un sottotitolo al bottone indicando il giorno entro il quale scadrà la promozione o i posti rimasti per partecipare ad un evento; La riprova sociale: usando la stessa tecnica dell’effetto urgenza, puoi inserire affianco alla CTA il numero delle persone che hanno già effettuato quell’azione. “Se tante persone fanno quella cosa, ci sarà un motivo!”- penserà il lettore e così sarà più invogliato a cliccare sulla CTA. Assicurati anche di inserire le testimonianze di chi ha già provato il tuo prodotto o il tuo servizio. Il copy delle Call To Action per le landing page Tra le figure fondamentali per la creazione di una landing page perfetta abbiamo fatto riferimento al copy, soprattutto quando si tratta di CTA. Il copy deve naturalmente conoscere la tua azienda e avere tre doti fondamentali: incisività, coerenza e capacità di sintesi. La CTA non deve essere troppo lunga, ma allo stesso tempo deve contenere le parole che maggiormente riescono a fare presa sul lettore. In poche parole la CTA deve comunicare valore e rispondere ad un’esigenza o ad un bisogno dell’utente. Ovviamente il classico “Vai a” o “Clicca qui” non aggiungono alcun valore, anzi sono decisamente anonimi. Creatività e fantasia sono altre doti richieste al copy che deve giocarsi bene le poche parole che può usare. Hai una palestra? Una buona CTA potrebbe essere “Recupera la tua linea perfetta”. Oppure sei un’agenzia di web marketing? Allora potresti usare la frase “Migliora subito i tuoi testi”. Il tuo copy potrebbe sfruttare HubSpot, un software che consente di gestire le grafiche della landing page e predisporre A/B test per verificare l’efficienza di soluzioni differenti. Landing page e call to action: come scegliere il colore giusto In precedenza abbiamo accennato ai colori da usare nelle CTA, che meritano un approfondimento poiché possono realmente fare la differenza. Come scegliere i colori per la CTA? Dipende da diversi fattori. Molte aziende utilizzano i colori del logo, soluzione che trasmette coerenza e rafforza la brand identity. Il lettore infatti riconosce immediatamente quel brand e la CTA ne incarna tutti gli aspetti. Oppure si può usare il colore più adatto in base al contesto o alla tipologia di contenuto. Alcune aziende nelle email inseriscono CTA diverse a seconda della campagna di marketing, mantenendo le stesse forme e dimensioni. La scelta del colore va fatta anche in base al significato che generalmente assume. Il rosso e il giallo, ad esempio, sono colori che stimolano l’appetito, mentre il verde è associato all’ambiente e alla natura in generale. Alcune persone giudicano il colore in base all’associazione col brand, valutando se si adatta alla tipologia del bene o servizio venduto. Non esiste comunque un colore migliore, anche se le persone sono più attratte da colori forti capaci di distinguersi dal resto. Tra i più gettonati c’è il blu, colore energico e deciso, molto apprezzato sia da uomini che da donne. Aumentare i click delle CTA nelle landing page (e convertire) Prima di cambiare le tue CTA leggi questi consigli, che sono un riassunto di quanto detto finora: Rendi la vita facile al lettore: per capire cosa vogliono i tuoi clienti devi ragionare come loro. Prova quindi a metterti nei loro panni per individuare qual è la soluzione più facile e immediata per raggiungere il tuo scopo, cioè il clic sul bottone; Pensa al tuo target di clienti: la CTA non deve piacere a te, ma ai tuoi clienti. Non devi usare necessariamente il viola solo perché è il tuo colore preferito, soprattutto se stona con la filosofia del tuo brand o con il prodotto in questione. Impara a conoscere le preferenze dei tuoi clienti e personalizza il design, il tono e il testo della CTA; Sottolinea il beneficio dell’offerta: devi dare prima di pretendere qualcosa. Sottolinea quindi il valore della tua offerta e della tua proposta, lasciando emergere i vantaggi per l’utente che derivano dopo aver fatto l’azione richiesta. Considerazioni finali: l’importanza dei test Siamo ai saluti finali, ora puoi modificare gli anonimi e insipidi “vai” o “clicca qui” che hai disseminato sul tuo sito. Prima però ancora un ultimo consiglio: effettua dei test mirati così da avere dati certi sull’efficacia delle tue CTA. I test sono importanti perché ogni CTA può fornire prestazioni diverse a seconda degli obiettivi che intende raggiungere e del target di pubblico (questi test sono definiti anche A B test, ti consigliamo di leggere il nostro articolo). A volte una semplice parola può fare la differenza proprio perché le persone interpretano e percepiscono in modo diverso le chiamate all’azione. Stesso discorso va fatto per i colori e per le dimensioni, sia per lo sfondo sia per il font, che possono determinare incredibili cali o aumenti di vendite. Ecco perché devi effettuare diversi test con l’aiuto di appositi strumenti, come il già citato HubSpot. Vuoi saperne di più di questa piattaforma? Scarica l’ebook gratuito che ti spiega come abbinare l’inbound marketing con HubSpot e sfruttare al meglio questi due strumenti per potenziare la tua attività. Image by Freepik
Come creare una campagna SEO di successo? Una domanda che devono porsi tutti i titolari di siti web ed e-commerce, soprattutto se sono alle prime armi. L’obiettivo principale per ogni sito è collocarsi nei primi risultati dei motori di ricerca, poiché la visibilità è un requisito fondamentale. Come proiettare il sito ai primi posti della pagina Google? Con un’efficiente campagna SEO, che però non va improvvisata, anzi richiede un lavoro approfondito e meticoloso che porta dei risultati dopo diversi mesi. Immergiamoci completamente nell’argomento analizzando dalla A alla Z tutto quello che c’è da sapere sulla campagna SEO. Cos’è una campagna SEO e quali sono i componenti principali Per capire cosa vuol dire fare SEO devi comprendere quali sono i componenti da cui partire, che rappresentano i mattoni per costruire la tua campagna vincente. Ecco le fasi essenziali: Ricerca delle parole chiave: il punto di partenza è proprio l’individuazione delle keyword in base al tuo target di pubblico e alle ricerche più frequenti; Analisi dei competitor: studia e analizza i tuoi competitor per individuare i loro punti di forza e i punti di debolezza. Avvia delle strategie per diversificarti da loro e guadagnare posizione nei motori di ricerca; Ottimizzazione on site: prevede l’intervento su alcune parti del sito per indicizzarlo correttamente secondo i requisiti richiesti dai motori di ricerca; Indicizzazione: tale processo viene effettuato dai software dei motori di ricerca in grado di creare un’associazione tra una parola e una risorsa del web; Ottimizzazione off site: attività finalizzata ad aumentare la popolarità delle risorse del sito. L’obiettivo principale è ottenere backlink da altri siti autorevoli del web; Monitoraggi: dopo aver stabilito gli obiettivi principali da raggiungere si procede al monitoraggio per capire cosa sta funzionando e cosa no per intervenire in modo tempestivo. Tutte queste azioni devono essere svolte correttamente poiché, se solo una di essa è assente o non fatta nel modo giusto, l’intera campagna rischia di andare a monte. In questi casi devi procedere alla depenalizzazione, cioè l’identificazione delle cause che hanno portato ad un declassamento da parte di Google. Successivamente devi adottare delle azioni finalizzate a rimuovere gli ostacoli per recuperare nuovamente posizioni della SERP. 7 motivi per usare HubSpot nelle tue campagne SEO per Google SEO significa Search Engine Optimization, la cui traduzione letteraria è ottimizzazione del motore di ricerca. Ebbene esiste un software di marketing automation all-in-one che mette a tua disposizione una serie di funzioni utilissime proprio per il SEO e corrisponde al nome di HubSpot. Con questo strumento puoi rafforzare l’autorevolezza del tuo sito, analizzare le performance, monitorare la posizione nei motori di ricerca e svolgere attività di link building on site e off site. Quanto può essere utile HubSpot per la campagna SEO del tuo ecommerce o sito aziendale? Per capirlo ti basta conoscere i 7 vantaggi che offre e che analizziamo nei successivi paragrafi: Individuazione delle parole chiave; Ottimizzazione delle immagini e degli alt text; Correzione in tempo reale di url e meta dati; Pianificazione della content strategy; Monitoraggio del traffico organico; Analisi del testo; Inserimento di link interni ed esterni 1. Parole chiave Ogni esperto di campagna SEO indicherà nelle parole chiave il punto di partenza della tua campagna. La parola chiave va inserita per un numero minimo di volte nel testo e poi in punti specifici come il titolo, l’url, la meta description e anche nelle foto. L’editor di HubSpot ti indica se la parola chiave è sufficientemente presente nel contenuto e correttamente inserita nei punti cruciali. 2. Immagini e alt text Come anticipato nel precedente paragrafo per l’ottimizzazione della campagna SEO è necessario prestare un’attenzione particolare anche alle immagini. In tale ottica HubSpot ha una funzione molto semplice che suggerisce in automatico di inserire l’alt text, o il testo alternativo, più adeguato. I motori di ricerca non hanno la possibilità di leggere le immagini, quindi è necessario inserire al loro interno un testo alternativo contenente la parola chiave dell’articolo. Grazie a questa informazione i motori di ricerca possono leggere l’immagine e indicizzare il tuo sito. 3. Correggere in tempo reale url e meta dati Può capitare di creare sullo stesso sito web, o su diversi domini, dei contenuti duplicati o molto simili che rischiano di cannibalizzarsi tra di loro. L’url e i contenuti perdono così la loro efficacia. Anche in questo caso HubSpot risolve il problema, consentendoti di individuare e correggere url e contenuti, ma anche meta dati e meta description per renderli quanto più accattivanti possibili agli occhi degli utenti. 4. Content strategy: uno spunto sugli argomenti da trattare Non sai quali argomenti trattare? HubSpot ti aiuta a pianificare un’efficiente content strategy, suggerendoti gli argomenti più caldi così da pianificare i contenuti mese per mese. All’occorrenza puoi anche tracciare il ROI di ogni contenuto per misurare il successo e la bontà della tua strategia. 5. Monitoraggio del traffico organico Grazie ad una funzione specifica HubSpot può tracciare il traffico in entrata nel sito web e anche l’intero percorso del lead, tenendo traccia del primo url visitato. In questo modo puoi valutare l’efficacia della tua strategia, ma anche capire se il tuo traffico proviene dall’email marketing, dai social network o dal blog. 6. Analisi del testo Con l’analisi del testo HubSpot ti riporta idealmente sui banchi di scuola! Il corpo del testo deve contenere determinati elementi fondamentali come le parole chiave, le call to action, i link interni ecc. Durante la stesura di un contenuto può sfuggire qualcosa, quindi HubSpot ti indica quali sono le correzioni da apportare anche dopo la pubblicazione. 7. Inserimento di link interni ed esterni La progettazione di una campagna SEO prevede l’inserimento di link interni ed esterni. I link interni svolgono due compiti: aumentare il tempo di navigazione dell’utente sul sito e reinviarlo a contenuti interni più approfonditi per fornire ulteriori informazioni sull’argomento. Laddove possibile è consigliabile inserire anche link esterni verso fonti autorevoli, per dare ulteriore autorevolezza al contenuto e avvalorare quanto scritto. Cosa fa HubSpot? Isola le parole chiave di una pagina e suggerisce i titoli degli articoli correlati, così da avviare una campagna di SEO link building perfettamente strutturata e armonizzata. L’importanza del contenuto: lunghezza, buyer personas suddivisione dei titoli e utilizzo di foto e video Tutto il discorso fatto finora sul come si fa una campagna SEO crollerebbe completamente senza prestare la giusta attenzione ai contenuti, e soprattutto alla loro qualità. Non basta rispettare tutte le regole SEO, ma è importante scrivere contenuti pertinenti, chiari e privi di parole troppo complesse. Un primo aspetto da considerare è la lunghezza, anche se su questo argomento ci sono diverse scuole di pensiero. Alcuni ritengono che la cosa più importante sia essere chiari e concisi e fornire tutte le indicazioni più importanti, indicando come lunghezza massima 300-400 parole. Altri ritengono invece che un articolo debba essere molto lungo per approfondire in maniera esauriente tutti i punti, indicando una lunghezza di circa 800-1.000 parole. Come al solito “in medio stat virtus”, cioè la virtù sta nel mezzo. Partendo dal presupposto che la lunghezza di un articolo dipende anche dall’argomento, in linea di massima 500-600 parole sono sufficienti. Bisogna considerare che oggi il lettore medio è abbastanza pigro e ha una soglia dell’attenzione piuttosto bassa. Un discorso a parte merita il “pillar”, ossia il pilastro, una pagina estremamente lunga e completa che copre tutti gli aspetti principali di un argomento. Può avere più di 2.000 parole proprio perché deve affrontare tutti gli aspetti peculiari di un determinato contenuto. A proposito di contenuto, è doveroso aprire una parentesi sulle buyer personas che rappresentano per larghi tratti il tuo cliente ideale. Dopo aver stilato un identikit del tuo lettore, ti risulta anche più facile individuare le parole chiave più indicate per intercettare le ricerche di un determinato target di pubblico. Facciamo un esempio: supponiamo che tu venda cucine che hanno nella modularità e nel design moderno le loro principali caratteristiche. Le tue buyer personas ideali saranno probabilmente donne sui 40 anni, sposate o comunque con una certa indipendenza economica, alla ricerca di ambienti emozionali, creativi e innovativi. Parole chiave come “cucina” o “arredamento” non sono sufficienti per attirare il tuo target di pubblico. Al contrario keyword come “arredamento particolare”, “cucina in muratura originale” o “cucine particolari moderne” sono in grado di intercettare la tua clientela. Ritornando alla struttura dei contenuti, una buona campagna di SEO Google non può prescindere dai titoli, che vanno dagli H1 fino addirittura agli H6. L’H1 rappresenta il titolo principale e deve contenere la parola chiave. I paragrafi sono divisi in H2, che a loro volta possono suddividersi in tanti piccoli sotto paragrafi (dall’H3 fino all’H6) per approfondire ulteriormente determinati argomenti. Infine è opportuno scegliere con cura gli elementi visivi, come immagini, foto e anche video, che danno maggiore dinamismo all’articolo e risvegliano l’interesse del lettore. Ad esempio è buona norma inserire a metà articolo una foto, collegata all’argomento trattato in quel paragrafo, per proiettare il lettore ancora più nel vivo del contenuto. Considerazioni finali Se hai una buona dimestichezza in ottica SEO puoi agire da autodidatta, soprattutto grazie ai nuovi strumenti come HubSpot che ti consentono di conseguire rapidamente i tuoi obiettivi. Oppure puoi rivolgerti ad un’azienda specializzata o un professionista del settore. Tieni a mente una cosa: i risultati di una campagna SEO sono visibili non prima di 4-6 mesi, quindi non preoccuparti se non vedi cambiamenti nelle prime settimane. C’è ancora qualche argomento che vorresti approfondire? Puoi trovare risposte alle tue domande scaricando gratis il template “Modello per ottimizzazione SEO” che ti consente di indicizzare il sito con pochi e semplici step, anche se non hai grande dimestichezza della materia.
Come fare per acquisire nuovi clienti? Una domanda che si pongono spesso le aziende, soprattutto in alcuni periodi dell’anno, come ad esempio nei mesi di gennaio e agosto. Mesi, questi, ritenuti generalmente abbastanza morti. Acquisire nuovi clienti non è gratis, ovvero non è un’attività a costo zero. E quando parliamo di “costo”, non intendiamo soltanto la parte che riguarda delle sponsorizzazioni mirate sui servizi che offre un’azienda. Il tempo e le risorse necessarie per mettere in atto delle strategie di acquisizione clienti sono dei costi “vivi”, che richiedono moltissimo impegno. Un’azienda deve essere costantemente impegnata: Nell’attività di brand awareness e ciò vuol dire che deve imparare a comunicare; Nel processo di creazione della fiducia con il proprio potenziale target; Nell’ideare contenuti di informazione e aggiornamento in merito ai propri servizi e attività sempre nuove. Sembrano tre semplici punti che tutte le aziende potrebbero essere capaci di fare ma, in realtà, ciascuno di essi nasconde delle piccole insidie. Per acquisire nuovi clienti devi essere innanzitutto empatico con il tuo mercato di riferimento e quindi con il tuo target, conoscere i suoi dubbi, così come le sue certezze ed essere pronto a contrastare le possibili - anzi sicure - obiezioni. Solo se avrai la piena padronanza del tuo mercato di riferimento, riuscirai a conquistare nuovi clienti. Acquisire nuovi clienti vuol dire anche saper selezionare quelli giusti. Tutti possono pubblicizzare i propri servizi, ma non tutti sono in grado di intercettare i propri potenziali clienti, individuando quelli più adatti, e profilarli correttamente, andando a creare strategie di comunicazione capaci di far leva proprio sui bisogni che essi cercano di soddisfare. Andiamo ora nello specifico, come può fare un’azienda ad acquisire nuovi clienti? Strategie per acquisire nuovi clienti grazie al marketing Nell’introduzione siamo stati volutamente generici in quanto, prima ancora di parlare di processi di inbound marketing e del ruolo che ha l’automazione in tutto questo, è necessario chiarire l’idea alla base dell’attività di acquisizione clienti: è un lavoro, non è qualcosa che si improvvisa. Un’azienda già consolidata sul mercato di riferimento per il business di cui si occupa, ha molta più facilità a individuare dubbi e obiezioni del target. Sa bene a chi sta parlando, chi è il suo pubblico o almeno dovrebbe essere così. Il problema più grande nelle aziende, anche quelle consolidate, è una cattiva e superficiale comunicazione. Si riempiono i blog di contenuti o si inondano i social di post inutili, senza avere un’idea chiara di quello che si sta facendo, ma soprattutto di quale realmente è l’obiettivo prefissato e di come raggiungerlo. Un altro punto complesso per un’azienda è l’essere in grado di definire una strategia efficace, in grado di generare sempre nuovi clienti. È necessario ideare un metodo vincente, che nel tempo funzioni e che possa essere anche personalizzato. E per farlo bisogna affidarsi a dei processi. Nel prossimo paragrafo parleremo della strategia e dei processi da seguire per conquistare nuovi clienti nel tuo mercato di riferimento. Come acquisire clienti con l'inbound marketing 1. Obiettivo primario: attrarre nuovi clienti. Come si fa? Creando contenuti sempre nuovi e aggiornati, che aggiungano valore a ogni fase del processo di acquisizione clienti. Lo scopo dell’attività di content marketing è proprio quella di soddisfare sempre il desiderio e il bisogno del cliente. Precisiamo, innanzitutto, che quando parliamo di content marketing, ci riferiamo, oltre che all’attività di blogging, anche a: Definizione dello stile di comunicazione di un’azienda; Mail nurturing; Mail di presentazione di un’azienda; Contenuti per pop up; Creazione contenuti per social; Newsletter; Contenuti per landing page e sales page. A queste più note, in realtà, se ne aggiungono tante altre, come ad esempio anche la creazione di smart content o l’ideazione di script per dei video. L’attività di content marketing è molto più ampia di quello che si crede. Le aziende sottovalutano spesso l’importanza della comunicazione online e della gestione di quest’ultima sui diversi social e piattaforme. E questo è un grande errore, così come è un errore importante anche quello di non trovare mai il punto distintivo della propria comunicazione. Solo perché i competitor comunicano in un modo, non vuol dire che tu non possa fare diversamente e anche meglio magari. Da un lato, come abbiamo detto, risulta fondamentale conoscere il bisogno che i nostri prospect sono intenzionati a soddisfare, proprio perché sarà su questo che la nostra comunicazione dovrà basarsi. Questo, tuttavia, non significa che è vietato sperimentare, osare o anche rischiare un po’. L’importante è farsi guidare dai dati, analizzando le performance delle nostre attività di content marketing al fine di ottimizzare costantemente la nostra strategia. Questa è la chiave per rendere una comunicazione efficace. In sé per sé la comunicazione non è efficace, lo diventa in base a quanto l’azienda è sicura di ciò che vende (servizio o prodotto) e di come lo comunica. Individua il plus che offri. Invece di affermare che sei leader di mercato, spiega il perché lo sei: capisci in profondità il comportamento dei tuoi potenziali acquirenti, le loro esigenze e quali problemi potresti aiutarli a soddisfare. Sembrano sciocchezze, ma sono tutti dettagli importanti e che fanno la differenza. Ti sei mai chiesto quali sono i passi che il tuo acquirente ideale attraversa prima di diventare tuo cliente? Tieni presente che il “viaggio” compiuto da ogni acquirente è diverso, tuttavia, nell’implementazione di una strategia di contenuti, si è soliti generalizzarlo nelle seguenti 3 fasi: Awareness - il punto di partenza del processo decisionale. In questa fase gli utenti prendono consapevolezza del problema o bisogno, ma non sanno ancora come risolverlo e pertanto effettuano delle ricerche atte a capire come soddisfarlo. Il tuo compito sarà quindi “educarli”, creando contenuti che esprimano la loro problematica e spunti su come risolverla. In questo momento, parlare di acquisto sarà ancora prematuro. Consideration - presa consapevolezza del problema, l’utente esplora le opzioni date dal mercato per risolverla. Sarà in questa fase che le informazioni di valore che fornirai andranno ad influenzare la loro decisione. Decision - la fase finale e anche più delicata. L’utente sa come soddisfare il suo bisogno e studia quale sia l’azienda a cui affidarsi per risolverlo. Racconterai quindi le tue soluzioni e il tuo vantaggio competitivo. Quelle riportate sopra costituiscono le fasi di base di implementazione di una strategia per acquisire nuovi clienti e definiscono quello che viene chiamato Buyer’s Journey, ovvero il processo di acquisizione cliente. Tutte le attività che programmi in quanto azienda devono avere un obiettivo e devono portare a quella che nel processo di inbound marketing chiamiamo conversione. 2. Obiettivo secondario: convertire l’utente in lead, ovvero in contatto Una volta che tutte le fasi sono chiare è necessario programmare le attività che portano il prospect a diventare cliente. Fase di awareness Come accennato sopra, in questa fase un’azienda deve farsi conoscere dal suo nuovo pubblico e per farlo deve ovviamente parlare di sé. Il problema, tuttavia, è che oggi a un’azienda non basta parlare di quanto è “brava” a fare un certo lavoro e sperare che gli utenti si fidino di ciò che leggono. A questo proposito, basta pensare al fatto che ogni qualvolta che un bisogno si manifesta all’utente, esso è soddisfabile da una miriade di aziende che vendono prodotti e servizi simili fra loro. All'utente basta fare una semplice ricerca per avere l’imbarazzo della scelta. Come fare a fargli capire che tu sei la scelta “migliore” e sei l’azienda più adatta a soddisfare il suo bisogno? Conquistando la sua fiducia senza essere autoreferenziale. Comunicando il tuo vantaggio competitivo ed entrando in empatia con i tuoi lettori. Questa fase viene gestita in modo differente a seconda di quello che si fa ovviamente, ma l’obiettivo è sempre lo stesso: entrare in sintonia con i nostri interlocutori offrendo contenuti in cui l’utente si rispecchia. Daremo quindi spunti utili atti a fargli capire che sappiamo di cosa stiamo parlando, siamo qui per aiutarlo perché ci occupiamo proprio di ciò di cui ha bisogno. Ad esempio, un articolo di blog di questa fase approfondirà il tema in più o meno 800 parole, analizzandone magari tutti gli aspetti e le possibili conseguenze. In questo stadio potrebbe essere interessante proporgli white paper informativi, infografiche, quiz ingaggianti e/o farlo partecipare a un sondaggio. Quelli proposti sono dei piccoli escamotage che possono essere alternati a mail ben scritte del tipo informativo. Tutte le attività che proponiamo possono essere molto creative, poiché lo scopo è proprio quello di attrarre il nostro potenziale cliente. In generale, testiamo varie strade (chiaramente devono tutte essere parte di una strategia precedentemente delineata e non consentire il solo scaricamento di un file), per poi andare ad analizzare le metriche e percorrere la strada che sembra portare più risultati. Fase di consideration Una fase delicata questa, perché è quella che porta poi il target a seguirti e a cercare di capire qualcosa in più di quello che fai. L’utente ha infatti preso consapevolezza circa quello che è il suo bisogno ed è pronto ad esplorare le varie opzioni, offerte dal mercato, per soddisfarlo. Non puoi permetterti errori, sei a un passo dal tirare il cliente nella tua cerchia. Risulta fondamentale offrirgli contenuti utili e di valore che lo aiutino ad approfondire la soluzione al suo problema. Fagli capire che tu, in quanto azienda, ne sai molto del tema di cui parli e può fidarsi di te. Esempio: Azienda che opera nel campo della genetica e offre test del DNA Articolo di blog 3 modi per capire se la corsa è lo sport che fa per te (attenzione ai titoli degli articoli, sono fondamentali per far cliccare l’utente e leggere il contenuto) CTA (call to action a metà articolo) che riporta ad un video o ad un contenuto di approfondimento scaricabile gratuitamente, ma previa registrazione di un form CTA a fine articolo che invogli ad approfondire l’argomento in un articolo di fase successiva (dove sarà possibile richiedere il contatto con un esperto) oppure atterraggio su una landing page dove si parla del servizio offerto dall’azienda (non dimentichiamoci che il nostro obiettivo è farlo proseguire nel suo “viaggio”). O ancora, CTA che rimanda a un landing dove si promuove un webinar condotto dall’esperto X che parlerà di genetica e sport. Fase di decision L’utente in questa fase ha chiaro il suo problema e di quale sia la soluzione migliore per soddisfarlo, deve solo scegliere a quale azienda affidarsi per completare l'acquisto. Adesso è il momento di convincerlo che tu sei la migliore opzione disponibile nel mercato. Contenuti adatti a questo stadio possono essere: Case studies. Testimonianze. Dimostrazioni dal vivo. Consulenze virtuali o in azienda. Cosa succede a questo punto? L’utente deciderà se acquistare o meno il nostro prodotto o servizio. Nel primo caso dovremmo pensare a mantenere con lui un rapporto nel tempo (vedi paragrafo “Cosa accade dopo la fase di decision?” ), mentre, nel secondo caso, dato che abbiamo le sue informazioni di contatto, potremmo sfruttarle per inviargli delle comunicazioni atte a stimolarlo verso l’acquisto. L’importanza della profilazione e mail nurturing Abbiamo illustrato sopra quali sono le principali fasi del buyer’s journey e dato alcuni spunti sul genere di contenuti da poter sfruttare in ogni stadio. Se ti stai chiedendo cosa si intenda con il “far proseguire l’utente nel suo viaggio”, in questo paragrafo troverai la risposta. I contenuti di cui abbiamo parlato sopra (white paper, brochure, infografiche, case studies etc.), all’interno della nostra strategia di web marketing, risulteranno “bloccati”, ossia accessibili previa compilazione di un form all’interno di landing page specifiche. Parlando di landing page, esse si strutturano diversamente a seconda della fase in cui devono promuovere la conversione e incentivare il contatto a compiere l’azione, in termini sia di copy che di informazioni richieste nel modulo da compilare. È importante ricordare che, tendenzialmente, ogni qualvolta che il numero di informazioni richieste nel form aumenta, il tasso di conversione si abbassa. Esempio: Se ci troviamo in una fase di awareness e l’obiettivo della pagina è far scaricare un’infografica, chiaramente non andremo a chiedere il numero di cellulare o altre informazioni che potrebbero far desistere l’utente dal farci lasciare i suoi dati. Anzi, potrebbe essere interessante inserire un campo dove si richiedere il motivo per cui l’utente è interessato a questo contenuto, nell’ottica di sfruttarlo per un ciclo di mail nurturing che si basi proprio sullo specifico interesse manifestato dagli utenti. O ancora, in una landing page di decision, essendo che l’obiettivo è proprio quello di entrare in contatto con il prospect, sarà del tutto normale avere necessità di richiedere tale tipologia di dati. Le informazioni raccolte in fase di compilazione permetteranno, per gli utenti che hanno dato consenso all’e-email marketing, l’invio di comunicazioni periodiche (ossia mail nurturing), specificatamente studiate sulla base dei loro interessi e quindi in linea con le loro necessità. Tali comunicazioni avranno l’obiettivo di mantenere il contatto “caldo” e promuovere, attraverso e CTA inserite nelle mail, l’approfondimento di alcuni argomenti e l’entrata nella fase successiva, consentendo la prosecuzione del loro “viaggio”. La cosa migliore da fare in merito all’implementazione di un ciclo di nurturing, è strutturare un processo di marketing automation in grado di gestire l’invio delle comunicazioni, riducendo l'attività manuale. Cosa accade dopo la fase di decision? - Delight L’utente ha compiuto l’acquisto ed è divenuto cliente. Davvero è finita qui? Siamo passati dalla fase della conversione alla chiusura e non dobbiamo fare più niente? No, non è finita qui. Le 3 fasi elencate sopra, come abbiamo detto, sono fondamentali e servono per avere chiaro quali sono i passi da compiere nell'implementazione di una strategia di content marketing ma, una volta convertito il lead, l'ideale è che questo diventi promotore del vostro Brand. Questa fase viene chiamata Delight. 3. Terzo obiettivo: conquistare e mantenere il cliente, creando un rapporto con lui Uno dei motivi principali che portano un’azienda a fallire è la sua poca capacità di saper gestire il contatto. Premesso che una volta preso il contatto bisognerà lavorare sulla costruzione di un rapporto one to one con lui, dovrai sempre dimostrare attenzione e “amore” per lui. Ricorda che un modo per fare breccia nella mente e nel cuore dei tuoi clienti è fargli percepire che quello che gli stai offrendo tu in quanto azienda, non è solo un servizio o un prodotto, ma una vera e propria esperienza positiva. In questo senso, le emozioni nel marketing giocano un ruolo molto importante e vanno sfruttate. Tutti gli esseri umani desiderano sentirsi unici e un cliente non è poi tanto differente da una donna in fase di corteggiamento. Una donna può darti il numero di telefono, puoi portarla a cena e magari uscirci una seconda volta, ma se non sei bravo a intrattenere un rapporto quotidiano con lei, probabilmente non ci sarà una terza uscita. Chiaramente un’azienda non può contattare giornalmente i suoi clienti, diventerebbe un eccesso. Quello che però può fare è creare una lista di contatti, già clienti, ai quali inviare ogni mese una newsletter informativa e ai quali proporre, ogni 3 mesi, la partecipazione a un evento o a un webinar di approfondimento. Se si tratta di un’azienda ecommerce, dovrebbe proporre, tramite mail e magari social, delle promozioni, anticipatamente rispetto alle date classiche come black friday etc. La personalizzazione è la chiave di tutto, sempre. Per fare questo serve un grande quantitativo di dati, il cui uso sapiente per personalizzare e targetizzare può essere fatto solamente grazie all'aiuto dei CRM. Inoltre è fondamentale, una volta acquisito un cliente, avere da lui importanti dati per potenziare le strategie di marketing per creare un circolo virtuoso finalizzato all'acquisizione di nuovi potenziali clienti in azienda. L'unione trai dati relativi al team sales e al team marketing viene definita come smarketing, concetto che abbiamo approfondito in un nostro articolo, nel quale abbiamo valutato anche gli effetti per le imprese. Acquisire clienti online: 7 contenuti utili Andiamo allora a scoprire, tra le varie possibilità che offre la galassia dei contenuti online, quelli più utilizzati, che già comunque abbiamo menzionato nel corso dell'articolo, e che garantiscono un ritorno maggiore di contatti e potenziali nuovi clienti. 1. Articolo del blog Partiamo dal contenuto più utilizzato, più facile da realizzare ma spesso anche il più efficace. Infatti i benefici legati alla pubblicazione periodica di post sul blog aziendale sono molteplici e ben riconosciuti, tra cui migliorare il posizionamento del sito nella SERP di Google, e quindi di aumentare il traffico in entrata, e di creare autorevolezza del brand attorno a certi argomenti di settore. Fondamentale però è riuscire a mantenere la frequenza di pubblicazione che è stata fissata quando è stato redatto il piano editoriale. 2. Infografica Questa tipologia di contenuto permette una rappresentazione visiva di dati e numeri in maniera facile e intuitiva, perché ha la capacità di raccontare storie e diffondere delle informazioni mixando assieme contenuti testuali e visivi come schemi, icone e immagini semplificate. Unico problema è che necessita di competenze grafiche non banali, di saper utilizzare almeno un software specifico e di avere il dono della sintesi. 3. Case study Il case study, conosciuto anche come case history o caso di successo, è un documento testuale corredato da immagini con il quale l’azienda racconta e spiega come è riuscita a risolvere i problemi di un suo cliente tramite i suoi prodotti o servizi. In sostanza, non è altro che una testimonianza reale di come lavori e un esempio concreto di cosa puoi fare e che risultati ottenere per i tuoi clienti. Cosa c’è di meglio per convincere nuovi visitatori del tuo sito ad affidarsi a te? 4. Video Sull’efficacia dei video non si discute, soprattutto oggi nell’era dei dispositivi mobile. L’immediatezza di un contenuto video è insuperabile, purché si faccia attenzione a non annoiare lo spettatore e non tirarla troppo per le lunghe: un video della durata di 30 secondi (ossia la soglia di attenzione massima per non perdere lo spettatore secondo gli ultimi rilevamenti) crea livelli di condivisione molto alti e aumenta l'engagement. Anche in questo caso, bisogna saper padroneggiare dei programmi di video editing e conoscere il linguaggio della comunicazione video. Per approfondire il tema ti consigliamo il nostro articolo sul video marketing. 5. E-book gratuito L’e-book come tipologia di contenuto è molto simile all’articolo del blog, la differenza sta più che altro nella struttura e nel formato in cui viene offerto: in questo caso si tratta quasi sempre di un documento da scaricare in PDF composto da più capitoli e pagine. L’argomento trattato deve essere però sviluppato in maniera più estesa e approfondita rispetto ad un semplice articolo, in modo da condensare nelle pagine un certo valore aggiunto da condividere con chi lo leggerà. 6. Checklist La checklist è una lista di controllo formata da un elenco di cose da fare per eseguire correttamente una determinata attività o da verificare successivamente in fase di analisi. Tra le più usate troviamo quelle dei “Pro e Contro” o “Vantaggi e Svantaggi” nell’utilizzo di un certo prodotto o servizio. Diventa quindi uno strumento molto utile e immediato per mostrare al visitatore che è approdato sul tuo sito in cerca di informazioni per quale motivo dovrebbe affidarsi a te. 7. Webinar Letteralmente “seminario via web”, il webinar è un evento trasmesso tramite internet che permette a più persone di collegarsi live e partecipare anche attivamente a una lezione, un corso, un workshop o una conferenza. O di scaricarsi il podcast video dell'evento per riguardarselo offline in un secondo momento. Uno strumento estremamente efficace per entrare in contatto con potenziali clienti, ad esempio offrendo una dimostrazione di utilizzo in tempo reale del tuo prodotto o una consulenza gratuita per un tuo servizio. Processi di inbound marketing: quanto sono importanti Un’azienda che non acquisisce nuovi clienti e che non sa gestire questa parte del marketing, semplicemente non esiste. Premesso che una strategia di acquisizione clienti diviene valida solo nel momento in cui funziona, è bene considerare che ci vuole anche il tempo per fare tutto ciò. Per questo motivo esistono delle soluzioni di automazione che semplificano di molto i processi e una di queste è la piattaforma Hubspot. Hubspot ti permette di avere sempre sotto controllo tutti i processi e di monitorare costantemente il buyer’s journey, valutandone le fasi e le attività che meglio hanno funzionato. Un validissimo strumento che ti dà la possibilità di comporre il tuo puzzle evitando errori e dimenticanze. I processi di inbound marketing, che volendo possiamo anche chiamare più semplicemente schemi di azione per acquisire nuovi clienti, devono però essere supportati da altre attività collaterali molto importanti, quali: SEO - search engine optimization; BLOGGING - content marketing per blog; SOCIAL MEDIA - content marketing per social; GESTIONE DEL CRM - gestione dei contatti che hai generato dalle attività di inbound marketing; Ciascuna di queste attività comporta attenzione e studio ed è assolutamente fondamentale affinché l’alberatura delle azioni da compiere funzioni e venga portata avanti. L’Inbound marketing è frutto di un ragionamento di attenta osservazione e i suoi processi, automatizzati, permettono all’azienda di riuscire a gestire anche meglio gli imprevisti che si presentano. L’importanza di avere un metodo di acquisizione dei clienti, permette di personalizzare sempre di più la strategia, ma in minor tempo rispetto a quanto ci vorrebbe a seguirla manualmente ogni volta. A questo proposito bisognerebbe anche avere sempre delle metriche di valutazione per capire se il proprio marketing sta funzionando ed, eventualmente, rivedere alcuni processi interni. Conclusioni Acquisire nuovi clienti, come abbiamo affermato anche all’inizio di questo articolo, non è qualcosa che si può improvvisare. Richiede studio del mercato, del target e mesi di “corteggiamento”, spudorato, dove si prova tutto quello che ha senso e che può generare un risultato. Ma niente di tutto ciò è possibile se non hai ben chiari gli obiettivi di ciascuna azione e non programmi ogni singola attività di marketing in modo scrupoloso. Per questo motivo l’automazione è un’eccellente soluzione da adottare per rendere i processi di inbound marketing e, quindi, quelli relativi all’acquisizione di nuovi clienti, efficienti e monitorati. Vuoi saperne di più di come riuscire a trasformare un visitatore in lead, e poi in un affezionato cliente? Scarica l’ebook gratuito: Image by vectorjuice on Freepik
La corretta gestione dei clienti è un’attività centrale per ogni azienda. Perché è così importante? Perché può determinare il successo o l’insuccesso di un business. Puoi avere i migliori prodotti sul mercato e venderli ad un ottimo prezzo, ma se non instauri un buon rapporto con i clienti non riuscirai mai a decollare. Il cliente è il fruitore finale dei tuoi prodotti o dei tuoi servizi, quindi ha un’importanza innanzitutto economica per la tua attività. Inoltre può trasformarsi in un veicolo pubblicitario gratuito. Se è rimasto soddisfatto del rapporto con te parlerà bene della tua azienda sia online, tramite feedback e recensioni, sia offline parlando con amici, parenti e colleghi. Allo stesso modo può diventare il tuo peggior nemico se non riceve un servizio adeguato. Una volta chiarita l’importanza strategica dei clienti, ecco una serie di “best practices” da seguire per ottimizzare le relazioni e avviare un processo di fidelizzazione. Come organizzare una pipeline commerciale per gestire i clienti Fidelizzare un cliente è molto più facile e meno dispendioso che acquisirne uno nuovo, ma naturalmente bisogna seguire una serie di strategie mirate. Le attività e le pratiche destinate a creare un rapporto di fiducia tra azienda e cliente si chiamano lead nurturing e rappresentano uno step fondamentale per crescere e rafforzare la propria brand awareness. Impostare correttamente una pipeline commerciale, ad esempio, è la chiave del successo per ogni attività durante il processo di vendita. Ma cos’è la pipeline commerciale di vendita? Letteralmente “pipeline” significa tubatura e nell’ecommerce sta ad indicare appunto un tubo che comprende una serie di elementi collegati tra di loro a cascata. Analizzando la pipeline puoi avere una panoramica chiara delle vendite e capire cosa sta funzionando e cosa meno. In una pipeline generalmente sono contenute le seguenti informazioni: Numero di offerte; Dimensione e valore dell’offerta; Tasso di conversione, cioè il numero di visitatori convertiti in clienti; Tempo di conversione, cioè il tempo intercorso tra la prima interazione e l’acquisto finale. La pipeline funge da cassa di risonanza per le tue vendite, che possono essere letteralmente misurate e monitorate con continuità. Analizzando i vari indicatori puoi migliorare le prestazioni seguendo alcune “best practices” che analizziamo nei successivi paragrafi. L’importanza del “follow up” In gergo medico il “follow up” è il monitoraggio continuo del paziente dopo un intervento, una cura o un trattamento per valutare le reali condizioni. Nel marketing il concetto è lo stesso e indica un’azione commerciale di tipo promozionale per richiamare un’azione condotta in precedenza. Devi continuare a seguire un cliente che ha acquistato da te o che ha avanzato una richiesta o una lamentela per capire se è rimasto soddisfatto, o semplicemente per fargli altre proposte sulla scorta dei suoi precedenti acquisti. Più lead di qualità che di quantità Il lead è una persona che ha dimostrato interesse verso i tuoi beni o i tuoi servizi e quindi con ogni probabilità acquisterà. Naturalmente devi “lavorare” sui lead per convincerli della bontà del tuo prodotto. Alcuni sono dei veri “ossi duri” e convertirli in clienti risulta estremamente complesso. Cosa fare in questi casi? Meglio concentrarsi sulla qualità dei lead, piuttosto che sulla quantità. Attenzione, questo non significa che devi abbandonare per strada potenziali lead. Se però gli sforzi in termini di tempo, di personale e di energie risultano sproporzionati rispetto al vantaggio che ne potresti trarre, meglio rivolgere la tua attenzione su lead più qualificati e con un potenziale maggiore. Un processo di vendita funziona? Rendilo uniforme! Se il tuo ecommerce è molto ampio, probabilmente hai diversi dipendenti tra il team di vendita. Ognuno lavora a modo suo, quindi alcuni processi di vendita potrebbero risultare più performanti rispetto ad altri. Fai gioco di squadra e standardizza il processo di vendita che funziona meglio per tutti gli altri commerciali. Individua le parole chiave che fanno più presa, le risposte più adeguate e pertinenti e l’approccio con i clienti maggiormente apprezzato. Ogni particolare può risultare utile per rendere uniforme e omogeneo l’intero processo di vendita. Usa un buon CRM Sai qual è uno dei segreti di una pipeline commerciale vincente? Un software capace di snellire ogni processo di vendita, riducendo il lavoro per te e rendendo i vari step di acquisto molto più facili per il cliente. Sia per la vendita che per la gestione dei progetti di inbound marketing HubSpot è riconosciuto da molti come uno dei migliori software nel settore e-commerce. Analizziamo di seguito tutti i vantaggi e i benefici derivanti dall’utilizzo di HubSpot. Perché scegliere HubSpot per una sales pipeline vincente? Le aziende per costruire una pipeline vincente devono sviluppare adeguatamente il processo di vendita secondo le loro esigenze, ma allo stesso tempo anche prevedere i risultati di business futuri. HubSpot aiuta a fare tutto ciò, analizzando le diverse fasi nel ciclo di vendita e dando la possibilità di intervenire tempestivamente per correggere eventuali errori. HubSpot consente di monitorare il proprio sito in ogni momento, anche in mobilità, concentrando l’attenzione sulle trattative ancora aperte, sulle opportunità e sulla rappresentazione visiva della pipeline. Tutti gli aspetti relativi alle vendite vengono aggiornati automaticamente, quindi non richiedono stressanti e pesanti lavori manuali che portano via tempo prezioso. Il tutto viene automatizzato, consentendo ai team di vendita di concentrarsi sul “core business” dell’azienda e, senza troppi sforzi, individuare eventuali criticità. Come trovare i prospect clienti Un altro step fondamentale è individuare i clienti adatti al proprio business. Prima di scoprire quale strategia seguire, bisogna fare una distinzione tra lead e prospect, due termini spesso usati come sinonimi che presentano differenze sottili ma sostanziali. Il lead è un utente che ha mostrato interesse trasformandosi in visitatore potenzialmente intenzionato a fare un acquisto. Non sempre ciò che piace viene acquistato per diversi motivi (prezzo alto, acquisto al momento non necessario, mancanza del colore preferito ecc.). A questo punto serve un ulteriore step che porta il lead a trasformarsi in prospect, cioè un utente ormai prossimo alla conversione in cliente. I processi di vendita possono essere più snelli o più complessi a seconda del business, quindi devi individuare la strada più veloce e performante per convertire i visitatori in clienti. Di seguito gli step fondamentali per individuare i prospect per la tua azienda. Per individuare prospect devi prima conoscerli Chi sono i tuoi prospect? Per rispondere a questa domanda devi conoscere i tuoi potenziali clienti, cioè quelli che realmente possono essere interessati ai prodotti che commercializzi. Se vendi skateboard ovviamente devi cercare i tuoi potenziali clienti tra adolescenti e giovani, non certo tra gli anziani. Devi quindi individuare le tue buyer personas, cioè quella clientela interessata ai tuoi prodotti. Stila un identikit dei tuoi clienti raccogliendo email, dati personali, hobby, lavoro, obiettivi e tutto ciò che può tornarti utile. Avendo una tipizzazione dei tuoi clienti, anche con test e sondaggi, puoi capire più facilmente chi sono e cosa vogliono. Rispondi alle domande per fidelizzare i clienti Rispondere alle domande dei clienti non significa esclusivamente fornire delle risposte tramite chat, email o telefono, ma vuol dire anche farsi trovare nel “mare magnum” del web. In fondo quando un utente desidera acquistare qualcosa e digita nel motore di ricerca determinate parole chiave, sta facendo delle domande per trovare una risoluzione al suo problema. Se ad esempio scrive “acquistare tuta da ginnastica online” ti sta domandando se hai quello specifico articolo. Come rispondere? Facendoti trovare tra i primi risultati della serp di Google tramite un efficace lavoro di SEO. Individua quindi le parole chiave e le correlate più adeguate per aumentare la visibilità del tuo sito e farti trovare più facilmente. Potenza del retargeting Mai sentito parlare del retargeting? È una tecnica che consente di “recuperare” utenti che non hanno effettuato subito l’azione desiderata, come iscrizione, rilascio del contatto o acquisto. Ebbene puoi “seguire” quegli utenti mentre navigano pubblicando banner e annunci che risultano visibili solo a loro. Sono proposte commerciali personalizzate e quindi ottengono un alto tasso di conversione, anche perché si tratta di persone che hanno comunque mostrato interesse verso quei prodotti. L’esperienza utente è tutto: ecco perché L’intero rapporto del cliente con l’azienda, dal primo approccio fino all’assistenza e all’acquisto finale, rappresenta l’esperienza utente, ossia la “user experience”. Già il design del sito è fondamentale: se è fatto male e se l’interfaccia risulta troppo complessa, i visitatori probabilmente scapperanno via a gambe levate. Un altro aspetto da considerare è il tempo di caricamento del sito che deve essere breve, soprattutto considerando che l’utente medio è decisamente impaziente. Altri fattori che tengono lontani i visitatori sono un funnel sbagliato, modalità di pagamento troppo complesse, risposte dell’assistenza lente e poco pertinenti ecc. Considerazioni finali Sviluppare un marketing online vincente non è così complicato, basta fare poche cose ma nel modo giusto. Le strategie elencate sono ideali per costruire un rapporto lungo e duraturo con il cliente ed espandere la propria attività con pratiche virtuose e opportunamente studiate a tavolino. Se vuoi saperne di più ti basta scaricare l’ebook gratuito “15 trucchi per generare contatti dal sito web” per far crescere la tua attività e soprattutto il tuo fatturato.
Hai mai acquistato un prodotto senza leggerne la scheda tecnica e le caratteristiche né conoscere il brand? Molto probabilmente la risposta è no. O quasi mai :-) Perché se, conosci un brand e hai già fatto acquisti che ti hanno soddisfatto, con ogni probabilità farai ulteriori spese senza problemi, a volte anche senza troppo soffermarti sui dettagli tecnici. Questo significa che l’azienda di riferimento ha fatto un ottimo lavoro di lead nurturing. Cosa significa lead nurturing? Possiamo definirla come un insieme di pratiche e attività finalizzate a creare un rapporto di fiducia tra azienda e cliente potenzialmente interessato ad un servizio o un prodotto, tramite l’invio di contenuti personalizzati e rilevanti. La creazione del rapporto, della relazione di fiducia, alla base di un brand, è proprio uno degli obiettivi e dei capisaldi della lead nurturing, all'interno di una strategia complessiva di inbound marketing, quel pezzo che viene dopo la lead generation e, spesso, precede la vendita (stando a quanto ci ha insegnato con la sua Accademia in questo decennio che è trascorso, HubSpot) Lead nurturing: il suo significato Per dare una definizione di nurturing bisogna partire dalla sua etimologia. Nurturing deriva da “nurture”, la cui traduzione letterale è “nutrire” o “curare”. Il tuo obiettivo è proprio questo: nutrire il rapporto con i clienti e curarlo con contenuti non necessariamente legati alla vendita (almeno non hic et nunc), ma alla costruzione di un valore che possa aiutare le persone a raggiungere i loro scopi da un punto di vista professionale e personale. In questo modo l’utente si affeziona e si lega al brand, quindi i lead si trasformano facilmente in clienti. L’acquisto da parte del cliente non è l’obiettivo principale, quanto piuttosto una naturale conseguenza delle azioni virtuose che hai intrapreso, mixando sapientemente lead generation e lead nurturing. Il lead nurturing è quindi un processo continuo, più o meno complesso, attraverso il quale porti i tuoi prospect verso un obiettivo ben definito in fase di realizzazione della strategia perché proponi loro contenuti accuratamente costruiti con una varietà di sfaccettature dimostrando che “li conosci perfettamente” e sai cosa vogliono. Con il lead nurturing aiuti gli utenti a raggiungere i loro obiettivi perché con i tuoi contenuti farai capire efficacemente che la tua soluzione li aiuterà a risolvere un problema specifico e quindi a raggiungere un obiettivo. Devono credere che la tua soluzione sia la migliore, per qualsiasi motivo. Con un buon processo di lead nurturing riuscirai ad ottenere la fiducia dei tuoi prospect perché instaurerai un rapporto profondo in quanto sai sempre che informazioni fornire loro nel momento in cui entrano in contatto con la tua azienda. Le caratteristiche principali di questo processo sono 3: Tempestività; Efficienza; Personalizzazione. Tempestività Il lead nurturing ti consente di interagire col cliente in modo tempestivo e cioè nell’istante in cui ha dimostrato un certo interesse. Tutto questo avviene grazie al marketing automation, cioè l’automazione tramite appositi software che intraprendono delle azioni (invio di email o condivisione di post) automaticamente dopo che l’utente ha interagito con il tuo sito o un prodotto. Efficienza Altra caratteristica fondamentale del nurturing marketing è l’efficienza, cioè la capacità di trasformare in lead quanti più clienti possibili. In questo processo può dare una grande mano HubSpot, che fornisce risposte rapide e ti consente di risparmiare tempo prezioso. In particolare i workflow di HubSpot consentono di monitorare i comportamenti dei tuoi lead sul sito e adottare le strategie più adeguate. Tutto questo ti dà la possibilità di concentrarti maggiormente sul “core business” della tua azienda e di migliore le prestazioni in termini di produttività. Personalizzazione Infine, l’ultima caratteristica che deve avere un buon percorso di lead nurturing è la personalizzazione, nell’ottica di una costruzione di rapporti umani basati sull’empatia. Hai la possibilità di proporre offerte e soluzioni personalizzate secondo gli interessi e i problemi dei clienti, rendendo molto più veloce e automatico il processo di fidelizzazione. Perché il nurturing è così importante per le aziende? Per capire perché il nurturing è fondamentale per le aziende, è opportuno concentrarsi un attimo sul cosiddetto “buyer’s journey”, cioè il viaggio del consumatore. Quasi nessuno acquista un prodotto al primo approccio, ma attraversa una serie di tappe che rappresentano appunto il viaggio del consumatore: Awareness: questa fase corrisponde alla consapevolezza. L’utente infatti diventa consapevole di avere un problema e inizia la ricerca del prodotto o del servizio che può risolverlo; Familiarity: l’utente prende familiarità con i prodotti che possono fare al caso suo e quindi acquisisce una maggiore competenza nel settore; Consideration: l’utente inizia a considerare le varie proposte che ha individuato per capire quali sono le più indicate. Le caratteristiche del prodotto e il prezzo sono le discriminanti principali che fanno pendere l’ago della bilancia a favore di questo o quel brand; Purchase: questa è la fase dell’acquisto durante la quale il consumatore, dopo un’attenta analisi tra le diverse offerte, sceglie quella che soddisfa le sue necessità al miglior rapporto qualità/prezzo; Loyalty: cioè lealtà. Subito dopo l’acquisto il tuo compito non è finito, anzi inizia il vero processo di fidelizzazione del cliente che va seguito in fase di post-vendita e aggiornato sulle nuove proposte e offerte relative ai suoi interessi. Se metti in piedi un efficace processo di lead nurturing, la fase di selling diventa molto più semplice. In particolare puoi avviare: Pratiche di up-selling, tramite le quali il client viene incentivato ad acquistare un prodotto simile ma più costoso rispetto a quello preventivato, offrendo incentivi e vantaggi; Pratiche di cross-selling, che consente di affiancare ad un prodotto già acquistato altri articoli o servizi complementari. Chi acquista un jeans avrà probabilmente bisogno anche di una cintura, quindi puoi vendere due prodotti in uno. 4 esempi di lead nurturing Quando lanci una strategia di lead nurturing, non puoi pensare di fare subito centro. Dovrai tararla e personalizzarla fino ad ottenere il risultato migliore. Come fare? Devi sperimentare e testare le varie strategie per avere una panoramica ampia e agire di conseguenza, tenendo conto anche delle reazioni e delle risposte del tuo target di pubblico. Ecco di seguito alcuni esempi di contenuti per una strategia efficace di lead nurturing. Welcome email Quando entri in un negozio non c’è niente di meglio che essere ricevuti da commessi sorridenti e gentili. Ecco, concettualmente la welcome email è la stessa cosa ma declinata nell’online. Quando un utente si iscrive alla tua pagina Facebook o al tuo sito web, devi inviargli una welcome email e inserirlo in una mailing list. Si tratta di un processo automatizzato, quindi devi fare poco o nulla. Non devi provare a vendere subito, ma parla della tua azienda, dei servizi e dei prodotti, quali vantaggi offri in più rispetto ai competitor ecc. Punta a dare piuttosto che a ricevere, così da ingaggiare subito il lead e trasformarlo in un cliente fidelizzato. Per ulteriori approfondimenti su come fare lead nurturing con le email abbiamo scritto un articolo sull'email nurturing. Newsletter Altra strategia molto efficace relativa all’email marketing è la newsletter, che deve essere inviata a cadenza regolare. Non mandare email ogni giorno, altrimenti rischi di risultare invadente e ripetitivo. Il risultato? La tua email sarà spammata e l’utente si disiscriverà. Mantieni sempre lo stesso tono, che deve essere coinvolgente e professionale. L’email può contenere nuovi prodotti, offerte, promozioni ma anche storie che raccontino qualcosa in più del tuo brand. Se alcuni destinatari non hanno aperto la prima email, puoi inviarne una seconda. Call to action Le call to action, conosciute anche come CTA, sono un altro strumento potentissimo per trasformare i contatti in clienti. I visitatori che rispondono ad una CTA sono definiti “caldi”, poiché hanno dimostrato un interesse concreto verso la tua azienda. Utilizza CTA coinvolgenti e accattivanti capaci di solleticare la fantasia e la curiosità degli utenti. Eventi e webinar Tramite email puoi inviare anche eventi e webinar, un ottimo sistema per offrire ai tuoi utenti contenuti gratuiti e interessanti. Se gli utenti partecipano ad eventi e webinar devi continuare a seguirli, chiedendo magari un feedback per migliorare il servizio e offrire contenuti in linea con le loro aspettative. Rendi l’email personalizzata, magari usando un design particolarmente accattivante o aggiungendo una nota di ringraziamento da parte di un dirigente dell’azienda. Quali sono gli obiettivi delle campagne di nurturing? Per realizzare una campagna di nurturing realmente efficace devi seguire determinate “best practices”, a partire dalla definizione degli obiettivi. A tal proposito devi seguire il cosiddetto modello SMART: Specifico: l’obiettivo deve essere chiaro e dettagliato; Misurabile: devi poter misurare le prestazioni e toccarle quasi con mano per valutare se stai ottenendo gli obiettivi prefissati; Attuabile: devi avere i mezzi per raggiungere i tuoi obiettivi; Realistico: deve basarsi su tendenze e dati statistici; Temporizzato: devi stabilire un periodo di tempo entro il quale conseguire gli obiettivi. Successivamente devi passare alla definizione della buyer persona, cioè del tuo cliente tipo. Basandoti su dati demografici, età, sesso, comportamenti, abitudini e altri indicatori puoi tracciare un identikit del target di pubblico che generalmente spende da te. Devi poi considerare l’elaborazione e la creazione dei contenuti, fondamentali per “nutrire” il cliente e mantenere vivo il rapporto di fiducia e di stima reciproca. In tale ottica si inseriscono perfettamente i webinar o le newsletter di cui abbiamo parlato precedentemente. Come già anticipato devi agire tempestivamente, quindi cogli l’attimo e interagisci con il tuo lead quando è ancora “caldo” prima che possa perdere interesse o, peggio ancora, rivolgersi alla concorrenza. Infine devi effettuare dei test, necessari per domandarti se le tue campagne stanno avendo successo. In caso di risposta positiva allora prosegui, poiché hai intrapreso la strada giusta. Se invece la risposta è negativa allora è il caso di rivedere i contenuti, dai titoli ai layout fino alle stesse immagini. Può volerci un po’ di tempo per trovare la quadratura del cerchio, ma è un passaggio obbligato. Conclusioni Se i tuoi clienti vivranno un’esperienza positiva e si sentiranno coccolati, probabilmente torneranno da te anche per l’acquisto successivo. Devi curare i tuoi lead e “nutrirli” con contenuti di qualità. Cerca di offrire loro ciò che desiderano, stai certo che continueranno a tornare da te per acquistare i tuoi servizi e i tuoi prodotti. Se vuoi saperne di più puoi scaricare gratis l’ebook sull’ottimizzazione del marketing automation, fondamentale per alimentare i tuoi contatti e farli diventare “aficionados” del tuo brand.
Save the date: 10-13 Novembre 2021! In autunno ICT(digitalthink) sarà partner di Digital Innovation Days: 4 giorni di evento in formato phygital, ovvero in parte dal vivo e in parte online (il 10 e 11 novembre in presenza a Milano e in streaming, il 12 e 13 novembre solo online) con focus sui quattro pilastri del brand: Digitale, Innovazione, Sostenibilità e In-Formazione. L'edizione 2021 Il tema di questa edizione è “Human Capital: Driver for Innovation” e promuove il capitale umano come vera e propria leva per incentivare la ripresa dopo la pandemia da Covid-19. Nel periodo di lockdown e di crisi pandemica, le persone sono state costrette a cambiare drasticamente la propria quotidianità e hanno dovuto modificare molti dei loro comportamenti e delle loro abitudini, soprattutto in ambito lavorativo. Il digitale e le nuove tecnologie sono stati, e sono tuttora, strumenti imprescindibili per poter garantire il superamento dei limiti legati alla distanza e per preservare le relazioni umane e professionali. La tecnologia ha quindi giocato un ruolo fondamentale e straordinario nell’affrontare l'emergenza: la dimensione digitale si è inserita sempre di più nelle nostre vite, dando vita ad una vera a propria commistione tra vita off line e on line, la cosiddetta “vita Onlife”. E quest’anno le novità saranno tante: sala principale, webinar, tavole rotonde, mini-eventi e altre iniziative con oltre 200 relatori che si approcceranno alle varie tematiche nell’ottica dei quattro pillars sopra menzionati e ospiti internazionali, tra cui Martin Lindstrom, guru del neuromarketing e autore del best seller Neuromarketing. La vision “Non esistono macchine intelligenti senza uomini intelligenti. È a partire da questa convinzione – spiega Giulio Nicoletti, CEO dell'evento – che è nata l’idea di questa nuova edizione del Digital Innovation Days. Dietro ogni grande innovazione c’è sempre un uomo che l’ha ideata, progettata e realizzata. Ri-partiamo dunque dal ‘capitale umano’, inteso nella sua accezione più ampia e dunque comprensiva degli aspetti valoriali e identitari delle persone, per ri-costruire, con il supporto del digitale e delle tecnologie, il nostro futuro. Pensiamo ad una piena integrazione fra mondo reale e digitale per il rilancio economico e sociale delle nostre comunità. Ri-partiamo dal capitale umano, inteso nella sua accezione più ampia e dunque comprensiva degli aspetti valoriali e identitari delle persone, per ri-costruire, con il supporto del digitale e delle tecnologie, il nostro futuro. Pensiamo ad una piena integrazione fra mondo reale e digitale per il rilancio economico e sociale delle nostre comunità”. A chi si rivolge Aziende: per farsi conoscere e prendere spunto durante le conferenze con la possibilità di interagire con i relatori. Professionisti: per rimanere aggiornati in ambito digitale, avendo la possibilità di presentare la propria attività. Appassionati: per ampliare ulteriormente le proprie conoscenze in ambito digital e rimanere aggiornati sulle novità del settore. Studenti: un’occasione per ascoltare le esperienze di professionisti del settore e sperimentare durante i workshops. Come partecipare Vi riportiamo di seguito il link per info e biglietti:
Un servizio CRM è imprescindibile per tutte le aziende, piccole, medie o grandi, che vogliono stare al passo coi tempi in seguito ai cambiamenti epocali dettati dalla digital transformation. PRima di procedere, se hai dubbi, dovresti leggere Cos'è un CRM, per avere una visione e una conoscenza di base sul tema trattato (eh si, molte aziende non ce l'hanno e molti commerciali non l'hanno mai usato) Si tratta di una software che viene gestito con un metodo che aiuta un’azienda a gestire i rapporti e le interazioni con clienti potenziali e fidelizzati. Gli obiettivi principali sono restare costantemente in contatto con i clienti, semplificare e aumentare i processi di vendita ed ottimizzare la redditività. Solo questi vantaggi sono sufficienti per capire perché un CRM è indispensabile per supportare una corretta strategia di sales & marketing, ma ci sono tanti altri benefici tangibili collegati a questo particolare servizio. Continua a leggere per scoprire i principali. Cosa significa CRM? Ecco l’acronimo di CRM: Customer Relationship Management, ossia gestione della relazione del cliente. Volendo usare un neologismo le aziende oggi devono essere “clientocentriche”, cioè mettere il cliente al centro del progetto, cosa che sta succedendo anche nella nuova terminologia aziendale. Come funziona un CRM? Innanzitutto è una specie di contenitore che serve per raccogliere i dati dei clienti come email, numeri di telefono, profili social ecc. Può anche servire per reperire informazioni utili sulle ultime attività dell’azienda (stile: le email mandate a quel contatto, gli ultimi appuntamenti avuti, le ultime telefonate ricevute o fatte) o memorizzare dati relativi alle preferenze degli utenti, ben oltre all'anagrafica, per orientare meglio l'azione del marketing nelle operazioni di comunicazione 1:N o nelle azione commerciali fatte dai venditori 1:1. Tutti questi dati vengono messi a disposizione dell’azienda (e i dati permettono di segmentare in base alle informazioni raccolte, fino alla possibilità di creare profili per certe tipologie di contatti), che può disporne come meglio crede per adottare le strategie più pertinenti in base al proprio business. Si creano e si mantengono più facilmente relazioni fruttuose e durature tra azienda e cliente, che viene fidelizzato più facilmente. Il tutto avviene in un unico luogo, cioè una dashboard personalizzabile e facile da usare che raccoglie l’intera esperienza di un utente: i suoi ordini, i suoi acquisti, le sue preferenze, eventuali criticità o problemi ecc. Ovviamente utilizzando un CRM avanzato come HubSpot CRM è molto più facile utilizzare questa raccolta di informazioni in tattiche ed azioni pratiche, perché offre una serie di funzioni per automatizzare e rendere armonico il processo di alimentazione e coinvolgimento dei lead I benefici che il CRM offre ai diversi team aziendali Un software CRM aiuta a costruire relazioni con i clienti e, di conseguenza, ad aumentare le vendite. Questa rappresenta una descrizione piuttosto riduttiva per uno strumento che, di fatto, migliora la qualità lavorativa di tutti i team aziendali, dalle risorse umane al servizio clienti. Con un servizio CRM, i team aziendali possono accedere più facilmente a dati e informazioni preziose, quindi lavorano di meno e meglio. Si sa che un lavoratore felice è un lavoratore produttivo, quindi meglio metterlo in condizione di operare al meglio senza inutili ostacoli o criticità che ne comprometterebbero le prestazioni sul medio e lungo periodo. Analizziamo di seguito i principali benefici a favore dei diversi team aziendali. I vantaggi per i team di marketing Il team di marketing, che deve tracciare una sorta di identikit del cliente, tramite il CRM può monitorare l’intero percorso dal primo contatto fino alla vendita, individuando eventuali punti critici oppure punti di forza. Con gli stessi dati può valutare il grado di apprezzamento degli utenti sui social, per capire se una campagna marketing ha avuto successo o se va modificata poiché non raggiunge gli obiettivi desiderati. I vantaggi per il servizio clienti Il team di assistenza clienti ha un ruolo particolarmente delicato all’interno di un’azienda, poiché funge da tramite tra il brand ed il cliente. In un mercato così tecnologico e variegato si è diffuso il concetto di omnicanalità. Un utente può presentare un problema su un canale social, per poi risolverlo in privato tramite chat, e-mail o telefono. Il CRM fornisce in tempo reale preziosi dati all’assistenza clienti che può averli immediatamente a disposizione ed utilizzarli indipendentemente dal canale utilizzato. Il risultato finale? Meno stress per il team di assistenza, meno richieste di supporto, risoluzione dei problemi più veloce e nessun rischio di perdere le richieste dei clienti. I vantaggi per i team di vendita I responsabili del team commerciale hanno chiaramente il compito di aumentare le vendite. Per farlo possono accedere alle informazioni relative ai singoli membri del team, per capire se hanno raggiunto gli obiettivi prefissati o meno. Le informazioni reperite dal CRM sono molto utili anche per valutare le prestazioni di prodotti o campagne pubblicitarie dopo il lancio. Gli stessi responsabili commerciali, con la riduzione delle attività amministrative, possono dedicare più tempo all’analisi dei clienti ed alle vendite, il fulcro della loro attività, senza dover gestire manualmente i dati. I vantaggi per i team delle risorse umane Anche i team delle risorse umane possono guadagnare tempo prezioso con il CRM, poiché riescono a gestire ed automatizzare meglio le candidature per i posti di lavoro ed accelerare il processo di assunzione. Diventa più facile identificare le lacune o individuare le principali “skills” dei candidati in base alla figura ricercata. Come scegliere il migliore CRM? A questo punto è lecito porsi una domanda: qual è il miglior CRM gestionale disponibile sul mercato? Ogni azienda ha le sue priorità e le sue strategie, ma il CRM più utilizzato in commercio anche in virtù della sua notevole duttilità è HubSpot. Per avere una panoramica generale ecco una serie di criteri da tenere a mente nella scelta di un CRM: Facilità e velocità di utilizzo: i CRM moderni devono velocizzare al massimo le operazioni dando l’opportunità di operare da una singola piattaforma. HubSpot CRM dà la possibilità di creare contatti direttamente dall’indirizzo email con un semplice clic; Mantenere rapporti periodici con i clienti: HubSpot automatizza il processo di raccolta informazioni dei clienti e dei fornitori, aiutando a consolidare le relazioni nel tempo; Monitorare costantemente le attività del team di vendita: HubSpot in automatico può inviare messaggi di posta elettronica, pubblicare note o effettuare chiamate per registrare le attività del team di vendita, senza dover ricorrere all’immissione manuale di dati. Come aumentare le vendite con un software di gestione clienti Il CRM innesta un circolo virtuoso che fa bene a tutta l’azienda e ne migliora la salute, ponendosi come obiettivo principale l’aumento delle vendite. Ecco una serie di vantaggi reali e tangibili nel settore delle vendite. L’upselling È risaputo che è più facile vendere ad un cliente fidelizzato che conquistarne uno nuovo. Perché? Principalmente per due motivi: Il cliente fidelizzato ha già avuto un’esperienza positiva presso quel brand e quindi acquisterà nuovamente senza problemi; L’azienda ha una serie di dati del cliente che deve sfruttare a proprio vantaggio. Il CRM consente di monitorare le abitudini e le modalità d’acquisto di un utente. Se ad esempio compra un determinato prodotto, l’azienda può proporre un articolo complementare che genera un ulteriore valore, pratica conosciuta come upselling. In questo modo la vendita diventa proattiva, poiché anticipa la possibile domanda del cliente e gli propone un articolo di cui con ogni probabilità ha bisogno. La ricetta perfetta per avere un cliente soddisfatto e aumentare le vendite. Controllo continuo del processo di vendita Quando fai un acquisto online può capitare che, a distanza di qualche mese o settimana, ti arrivi per email una nuova proposta relativa proprio a quell’articolo. Non è affatto casuale ed è un’operazione tipica del CRM. In pratica il responsabile di vendita, con l’aiuto del CRM, tiene traccia dei comportamenti di un cliente e delle sue abitudini di consumo. Supponiamo che un cliente abbia acquistato una crema corpo che, mediamente, ha la durata di due mesi. Allo scadere di questo tempo puoi inviare una proposta per un nuovo acquisto, magari con un leggero sconto per premiare la sua fedeltà. A tal proposito è importante impostare un’efficiente “follow up”, cioè un monitoraggio dell’azienda nei confronti del cliente anche dopo che ha acquistato un prodotto. Il termine nasce in ambito medico, ma è stato sdoganato anche nel settore del marketing per far percepire al cliente la presenza costante del brand. A tal proposito i CRM mettono a disposizione notifiche e promemoria per non perdere contatti e prospect. Segmentazione dei clienti I clienti, anche se acquistano lo stesso prodotto, sono differenti gli uni dagli altri. Magari alcuni preferiscono interagire sulle chat dei social prima di procedere all’acquisto; altri confrontano i prodotti presenti sui vari e-commerce; altri ancora prestano molta attenzione alla presentazione dell’articolo da un punto di vista grafico e della descrizione tecnica. Il CRM fornisce preziosi assist ai team di vendita, che possono segmentare i clienti e trattarli singolarmente come persone e non come numeri. Il servizio personalizzato è sempre più apprezzato e richiesto nel settore della vendita e svolge un ruolo prioritario in ogni business. Più tempo per costruire le relazioni con i clienti Il CRM aumenta le entrate di un’azienda ma, soprattutto, consente di creare rapporti solidi e di fiducia con i clienti. Oggi viviamo nel mondo della tecnologia, ma deve essere sfruttata nel modo giusto. Ebbene un buon CRM gestionale libera i commerciali da una serie di incombenze, regalando loro più tempo per costruire relazioni approfondite. La corretta gestione del rapporto con i clienti è, e sarà per molto tempo ancora, la chiave di successo per un’azienda. Per avere una panoramica ancora più ampia ed approfondita puoi scaricare la guida sottostante che ti spiega nel dettaglio cos’è HubSpot CRM, introducendone le principali funzioni gratuite.
Programmi per chat per pc, tablet e smartphone: questi strumenti sono imprescindibili per ogni azienda e il mercato è davvero ricchissimo offrendo diverse soluzioni a seconda delle necessità. Perché sono così importanti? Semplice. Per le aziende è prioritario comunicare in modo veloce e diretto con i clienti, fornendo risposte pertinenti alle loro domande con servizi sempre più innovativi. In un mondo così frenetico, dove basta un clic per risolvere un problema, i consumatori moderni sono molto più esigenti e si aspettano di interfacciarsi con brand pronti a soddisfare subito le loro necessità. La digital transformation e l’utilizzo dei social hanno eliminato i tempi di attesa: devi essere presente in real time, altrimenti i clienti passeranno alla concorrenza. La comunicazione deve quindi essere ottimizzata nell’ottica della miglior customer experience, che può determinare il successo o l’insuccesso di un’azienda. Poiché ogni cliente sceglie modalità e canali diversi per contattare il brand, è importante avere a disposizione gli strumenti necessari. Inizia il nostro viaggio nel mondo delle chat e di tutti i loro “segreti”. Chatbot e live chat Quando entri in un sito aziendale o in un e-commerce in basso a destra, generalmente, compare una nuvoletta con tanto di messaggio di benvenuto. Lì puoi accedere al servizio di chat che si divide in due principali tipologie: la live chat e chatbot. La live chat, come si può intuire dal nome, è una “chat dal vivo”. L’utente aprendo il sistema di messaggistica si interfaccia con un operatore in carne ed ossa che risponde alle sue domande o dà informazioni utili. Il chatbot invece è un neologismo nato dalla fusione di due parole: chat e robot. In effetti si tratta proprio di un robot che chatta e si sostituisce all’essere umano, garantendo prestazioni più che soddisfacenti. Chat per messaggistica istantanea: risposte rapide ed esaurienti per il cliente Nessuna azienda può ormai fare a meno del servizio di live chat che, oltre ad essere molto apprezzato dai clienti, aumenta anche il tasso di fidelizzazione e di conversione. La live chat, essendo gestita da persone fisiche, ha ovviamente limiti di orario ed è meno reattiva nelle risposte. In compenso migliora la comunicazione da un punto di vista empatico e fornisce informazioni più dettagliate. In particolare le live chat per e-commerce rappresentano una marcia in più rispetto ai concorrenti e contribuiscono a rafforzare il prestigio dell’azienda e il senso di fiducia dell’utente verso il brand. I consumatori si sentono più tranquilli se possono parlare con una persona in modo immediato e diretto, condizione che, per la maggior parte delle volte, riduce sensibilmente anche il tasso di abbandono del carrello. I vantaggi della live chat possono così essere riassunti: Aumento delle vendite e del tasso di conversione; Maggiore empatia col cliente; Maggiore fidelizzazione; Risposte pertinenti e professionali. Operatori occupati? Rispondi al cliente con i chatbot! Come specificato la live chat, nonostante le tante funzionalità, ha dei limiti. Al di fuori degli orari di lavoro naturalmente non sono disponibili operatori pronti a rispondere, oppure sono impegnati in altre conversazioni. Come ovviare al problema? Con i chatbot! Si tratta di software basati sull’Intelligenza Artificiale che possono essere personalizzati, preimpostando delle risposte alle domande più diffuse dai clienti. I chatbot sono progettati secondo il concetto di Machine Learning, ossia apprendimento automatico. Cosa significa? In pratica i chatbot, come delle spugne, durante una conversazione assimilano tanti dati e informazioni. Apprendono ogni giorno cose nuove da poter riutilizzare in un secondo momento durante altre conversazioni. Inoltre, imparano dai loro stessi errori, aumentando la soddisfazione dei consumatori. Se non sono in grado di fornire una risposta girano la pratica a un operatore, che se ne occuperà personalmente appena libero. I chatbot consentono comunque di alleggerire in maniera importante il carico di lavoro dell’assistenza clienti, poiché buona parte delle domande e delle richieste viene già evasa. Ecco quindi i vantaggi dei chatbot: Disponibilità 7 giorni su 7 24h; Capacità di apprendere informazioni e conoscere le preferenze delle persone; Aumento della customer satisfaction; Azzeramento dei tempi d’attesa per i clienti; Riduzione dei costi. I migliori software per chat Esistono in commercio software per chat che non hanno alcuna necessità di programmazione. Anche chi non è un mago della tecnologia può quindi implementare facilmente i programmi per chat con un semplice clic. Naturalmente bisogna scegliere con attenzione il programma da utilizzare, poiché ognuno di essi ha delle specifiche caratteristiche che si adattano ai vari business o alla tipologia di rapporto instaurato con il cliente. Le aziende che trattano articoli delicati o che semplicemente preferiscono innalzare il livello di privacy, per evitare fughe di notizie o violazioni di segreti industriali, possono fare affidamento alle app per chattare in segreto. Il livello di sicurezza è massimo e le conversazioni possono contare su un muro protettivo praticamente inattaccabile. Altri software per live chat, sono pensati per migliorare il coinvolgimento dei clienti, aiutando i team di vendita a trasformare facilmente i visitatori in clienti paganti. Non sempre gli acquirenti trovano i prodotti che stanno cercando e quindi hanno bisogno di un contatto diretto con gli operatori. Determinati programmi svolgono proprio questa funzione, dando la possibilità ai clienti di avere una corsia preferenziale. All’occorrenza la conversazione sulla chat può anche essere convertita in ticket, così da averne una traccia e risolvere repentinamente la questione. Ci sono poi alcuni programmi estremamente versatili e multifunzionali che si adattano alle necessità di piccole, medie e grandi aziende. Puoi verificare in tempo reale il percorso del visitatore, ed eventualmente contattarlo e avviare una conversazione. Una soluzione proattiva che fornisce il targeting geografico e un monitoraggio continuo degli utenti. In generale sono disponibili in commercio specifici programmi chat per iPhone, per i sistemi Android o per pc, tutti perfettamente personalizzabili secondo le proprie esigenze. HubSpot chatbot e chat live: perché tutti lo scelgono? Uno dei programmi per chat più gettonati, scelti da molte aziende e professionisti, è HubSpot. Perché è considerato uno dei migliori? Innanzitutto per la sua duttilità. L’azienda può rispondere al cliente con l’HubSpot chatbot o con l’HubSpot chat live a seconda delle esigenze. Può essere registrata l’email dell’utente che chiede supporto, così da poterlo contattare in un secondo momento. HubSpot è indicato per tutte le attività, soprattutto per gli e-commerce, in quanto è collegato ai principali strumenti di vendita come: form, siti web, email, telefonate, social media ecc. Tutti i processi vengono adeguatamente sviluppati per progettare CRM aziendali e raccogliere dati che contengono informazioni utilissime. Ormai è risaputo quanto è importante il CRM per le strategie di marketing, soprattutto nell’ottica del miglioramento della customer experience. Analizziamo di seguito le principali caratteristiche e funzionalità di HubSpot per capire come integrarlo con le proprie necessità. Sempre al fianco dei clienti con HubSpot Ogni azienda deve essere sempre disponibile per i suoi clienti, fornendo informazioni su prodotti e servizi o risolvendo in tempi rapidi eventuali diatribe. I canali di comunicazione sono diversi, ma buona parte degli utenti utilizza lo smartphone per chattare, navigare ed effettuare acquisti. Ecco perché è stata sviluppata anche una versione di HubSpot mobile chat, dando la possibilità di essere sempre al fianco dei clienti in mobilità. Con HubSpot puoi: Creare una casella di posta apposita per le richieste dei clienti; Impostare una chat dal vivo o un bot; Gestire e tenere traccia dei ticket di supporto; Creare un servizio tramite i quali i clienti possono risolvere in autonomia i piccoli problemi; Ricevere feedback dai clienti per comprendere come migliorare la qualità dei servizi o dei prodotti; Analizzare i dati di assistenza clienti, come il tempo medio di risposta ai ticket e la percentuale di soddisfazione. Generare vendite Oltre a fornire supporto e assistenza ai clienti in qualsiasi momento, HubSpot è anche un ottimo alleato per generare e aumentare le vendite. Come? Le metodologie sono tante. Si possono ad esempio centralizzare le comunicazioni di vendita, tra le quali email o chat, facendole confluire tutte in un widget di chat. Il team di vendita ha a disposizione i rapporti delle vendite in HubSpot, così da verificare quali sono le aree che generano ottimi risultati e quali invece vanno implementate e potenziate. HubSpot funge anche da “segretaria” ricordandoti i compiti da fare quotidianamente. Puoi ad esempio creare una lista di cose da svolgere, come inviare email o fare telefonate. Se preferisci puoi anche farti inviare un report delle attività in sospeso in un’email giornaliera. In questo modo non farai brutte figure con i clienti e sarai in grado di dare priorità alle urgenze principali. Una volta sbrigati i compiti puoi segnarli come completati e gestire tutte le attività comodamente dall’app mobile HubSpot dal tablet o dallo smartphone. Conclusioni HubSpot è uno strumento davvero molto facile da usare e ci vogliono poche ore per prenderne familiarità e sfruttarne tutte le funzionalità. Questo dà la possibilità a te e al tuo team di focalizzarsi sul core business dell’impresa, senza la necessità di perdere tempo a capire come usare un nuovo strumento. Per utilizzare al meglio il programma e conoscerne tutte le peculiarità puoi scaricare l’ebook sottostante che ti spiega cos’è HubSpot, a cosa serve e come sfruttarlo per aumentare il fatturato. Image by storyset on Freepik
A luglio 2021 mi sono ritrovata a fare uno stage in ICT Sviluppo per circa un mese per alternanza scuola e lavoro. Stando qui tutto il giorno sentivo parlare spesso di CRM. Spinta dalla curiosità sui discorsi che intercettavo sul fatto che questo software sia in grado di aiutare i commerciali/venditori di un’azienda a migliorare i loro processi di chiusura dei contratti, ho voluto approfondire. Ecco cos’ho capito durante le lettura che ho fatto in questo periodo. Partendo dalle basi, cos'è un CRM? Questo acronimo è difficile da comprendere per una persona inesperta nel tema del business. Io stessa ho faticato a comprendere cosa fosse ma sono qui per spiegartelo in pochi step. Customer Relationship Management o comunemente detto CRM è un software che permette di gestire le interazioni con i clienti, quindi l’azienda apprende più informazioni per quanto riguarda i comportamenti, desideri e bisogni dei clienti ma non solo, il CRM ha come intento quello di aumentare il fatturato aziendale garantendo allo stesso tempo un elevato livello di Customer Satisfaction. Che funzione ha il CRM Questo software nasce per aiutare l’azienda a mantenere lo sviluppo delle interazioni come telefonate, mail, contratti, trattative, incontri ecc… e apprendere le informazioni sui clienti e lead, tenendo tutto in una singola scheda, che può essere consultabile in qualsiasi momento tramite web app e mobile app con il cloud. Le informazioni vengono raccolte da vari canali di comunicazione, come e-mail, chat online, form e canali social, e vengono rese pronte ad un efficace uso di marketing. Dunque il CRM è come un database con dentro tutte le informazioni sui clienti e possibili clienti che l’azienda conosce e che si può integrare a software esterni come il sistema di posta e il calendario. Il CRM non è solo un software ma anche un modo di pensare dell’azienda, perché significa avere una visione che mette al primo posto il cliente. Da un lato si approccia al possibile cliente, incuriosendolo e informandolo dei vantaggi di un rapporto commerciale con la propria azienda; dall’altro migliora il livello di soddisfazione e di esperienza (customer experience) con il cliente. CRM per il B2B e B2C Vi sono delle differenze tra CRM per il B2B e il B2C come il dimensionamento dei database dei contatti e la durata delle relazioni. Le aziende B2B solitamente hanno un database di contatti più ristretto a quelle B2C perché generalmente il volume delle vendite B2B è piccolo e le relazioni in quell’ambiente sono più lunghe. Generalmente questo non è un problema e lo stesso software può rivelarsi buono per entrambe le necessità di business. Capita però, a volte, di integrare in azienda anche software che gestiscono, oltre che la parte di gestione dei rapporti one to one, ovvero i rapporti gestiti direttamente dalla rete vendita, anche la parte marketing, dando la possibilità di inviare ai propri contatti del database email di marketing o sms, segmentando i destinatari in base alle informazioni raccolte sui singoli contatti. Parliamo del caso di CRM di nuova generazione come Hubspot, che permettono strategie sopraffine di segmentazione e qualificazione dei contatti (con un potente motore di marketing automation alle spalle). Da ricordarsi comunque che il CRM è solo una piccola parte delle funzionalità della piattaforma e, pertanto, chi desiderasse approfondimenti su cos'è Hubspot, ci sono molti articoli nel nostro blog che ne parlano. A cosa serve un CRM? Il CRM supporta il reparto marketing perché permette di automatizzare azioni ripetitive, grazie al CRM Marketing Automation, come scrivere email in determinati momenti. Il suo obiettivo è quello di trasformare i lead in clienti. Come abbiamo visto prima, un CRM evoluto come HubSpot supporta anche la parte vendita (CRM sales force automation) per per seguire tutte le fasi della vendita. Dunque tiene traccia di tutte le azioni eseguite durante questa fase. Poi c’è il post-vendita, quindi il CRM per l’help center o customer service. Qui il software supporta il cliente attraverso diversi canali di comunicazione. Il CRM di nuova generazione si può usare anche per la parte dei social media perché li utilizza per coinvolgere i lead e i clienti. Qui il software può integrare i social per acquisire informazioni in modo da scegliere la strategia di vendita. Quali sono i vantaggi di un CRM di nuova generazione? I dati sono necessari nell’azienda, provengono da molti canali quindi non è utile averli disordinati e non analizzati. Il sistema CRM aiuta a raccoglierli, approfondirli e organizzarli. L e piattaforme CRM, a differenza di altri sistemi, possono vedere chi interagisce con l’azienda e come. Si può anche vedere come si interagisce con i clienti e lead, le vendite, l’assistenza clienti… Il CRM è utile per classificare le tre fasi di canalizzazione di vendita: lead, opportunità e vendite. I lead sono persone che hanno espresso un interesse per l’azienda. Le opportunità sono i lead che sono più vicini alla fase di acquisto. Per esempio hanno aggiunto un articolo nel carrello sul sito o hanno chiesto informazioni al team di vendita. Le vendite sono opportunità che diventano veri e propri clienti. Il sistema CRM ti dice da quale annuncio proviene un lead, di cosa ha bisogno quando contatta il servizio clienti, quanto spesso ha conversazioni con il team di vendita, a cosa fa clic una persona quando invii una email marketing, quante volte apre un’email e altro ancora. Questi report sono uno dei vantaggi delle piattaforme CRM soprattutto quando sono potenziate dall’IA. Dunque i dati consentono di comunicare in modo migliore con lead e clienti attuali. Questi dati hanno bisogno di essere pronti alla visualizzazione in qualsiasi momento. Il CRM crea più dashboard con tutti questi dati all’interno. Per esempio il team marketing è interessato alle metriche di email marketing e percentuali di ciascuna campagna, di conseguenza c’è una dashboard con questi dati. Dall’altra parte il team delle vendite vuole sapere quanti feedback sono stati appresi e che tipo di feedback sono, perciò viene creata una dashboard apposita. Acquisendo molti dati sul pubblico e settore, è importante creare messaggistica e sensibilizzazione personalizzata, sia con sforzi manuali sia nelle campagne automatizzate. Quindi vengono create drip campaigns per persone con interessi simili. Il CRM consente di impostare delle email automatizzate con contenuto specifico a quel pubblico. Per esempio se io ho un'azienda che vende articoli sportivi e so che ci sono dei lead interessati al calcio e altri interessati al tennis, il sistema CRM crea drip campaigns apposite per queste due tipologie di lead. Se un team di vendita sa ciò che interessa ad un particolare cliente, può soddisfare le sue esigenze e risolvere i suoi problemi in modo più proattivo. Quindi con i dati disponibili nella dashboard, senza andare a cercare informazioni e di conseguenza sprecare tempo, il rappresentante andrà a comunicare con il cliente in modo più diretto migliorando i profitti e avendo una maggiore soddisfazione del cliente. Il CRM è anche un registro di interazioni, note, esigenze, conversazioni e informazioni di contatto. Poi il sistema dispone anche di strumenti di collaborazione incorporati che consente a più utenti di lavorare su un file contemporaneamente. Conclusione Cos’ho capito in questo mio piccolo viaggio nel mondo delle informazioni che presentano il CRM? Che il CRM è essenziale per una buona strategia aziendale, che l’azienda sia B2B o B2C, non dimenticandosi che comunque l’obiettivo è quello di vendere e aumentare il fatturato e con questo software è possibile garantendo anche una customer experience. Image by vectorpouch on Freepik
Cos'è il Neuromarketing Il binomio “neuro-marketing”, coniato da Ale Smidts nel 2002, è piuttosto intuitivo, ovvero l’applicazione delle Neuroscienze al Marketing al fine di individuare e analizzare tutti quei processi inconsci che prendono vita nella mente del consumatore, coinvolgendolo sul piano emotivo e influenzando le sue scelte d’acquisto. Prova a riflettere: fino a che punto pensi di conoscere realmente il tuo potenziale cliente? In realtà molto poco! E il motivo è semplice: non siamo compartimenti stagni. La decisione che muove all’acquisto non è di natura meramente razionale; anzi forse rimarrai sorpreso di sapere che è irrazionale per circa il 95%, come dimostrato dal Prof. Gerald Zaltman. La Teoria dei 3 Cervelli Negli anni ‘70 il neuroscienziato statunitense Paul MacLean ha teorizzato la tripartizione del cervello individuando tre sistemi principali: il cervello rettiliano, così chiamato perché rimanda a quello dei rettili, è il cervello più antico e istintuale. Sede degli istinti primari come l’alimentazione, la sessualità, la difesa del territorio e la risposta attacco-fuga; il suo scopo è la sopravvivenza e la riproduzione della specie. Esso è legato alla nostra sfera inconscia. La maggior parte delle nostre attenzioni è infatti occupata nella scansione dell’ambiente in cui siamo inseriti alla costante ricerca di potenziali pericoli, perché l’istinto muove sempre verso la sopravvivenza. Il sistema limbico, o cervello mammifero, è il secondo sistema che si è sviluppato in termini evolutivi. É la sede delle emozioni e del preconscio; le sue funzioni sono legate alla sfera della comunicazione e dei bisogni sociali (collaborazione, appartenenza al gruppo, bisogni di stima e affetto). La neocorteccia, è il cervello più complesso, sede della ragione, del linguaggio e del pensiero critico e astratto esclusivo della specie umana. Recenti studi di neuromarketing hanno dimostrato che utilizziamo consapevolmente solo il 20% del nostro cervello. Questo perché, nonostante millenni di evoluzione e adattamenti, siamo ancora oggi controllati dal cervello rettiliano. Si tratta di un cervello pre-verbale, che predilige le scorciatoie mentali rispetto ai lunghi messaggi complessi. L’aspetto più potente del cervello rettiliano è il fatto che è in grado di elaborare gli stimoli visivi senza l'uso della corteccia visiva; pertanto preferiamo le immagini alle parole e le esperienze alle spiegazioni. Siamo sottoposti ad una media di 10.000 messaggi al giorno, la maggior parte dei quali risulta irrilevante a meno che non parli direttamente al cervello rettiliano. Tutta una questione di emozioni Per anni le ricerche di marketing hanno cercato di spiegare l’efficacia dei messaggi pubblicitari senza tener conto di quanto le emozioni fungano da mediatrici nel modo in cui il consumatore elabora e risponde ad uno stimolo pubblicitario. Sono proprio le emozioni, le sensazioni, i suoni, gli odori, i colori ai quali siamo sottoposti quotidianamente a far sorgere in noi determinati bisogni e a creare associazioni tra vari brand che portano poi all’acquisto. Si parla a questo proposito di emotional marketing, quella forma di marketing che si basa su 6 delle emozioni primarie (felicità, tristezza, sorpresa, rabbia, paura e disgusto) per coinvolgere in maniera profonda il pubblico a cui si rivolge, creando un legame emotivo tra brand e utente con prospettive di impegno a lungo termine. Esistono poi due tipi di intensità delle emozioni che influenzano le nostre decisioni: le emozioni immediate, che come ci suggerisce il nome stesso sono di natura automatica e molto intensa e pertanto hanno un peso maggiore sulle nostre scelte e le emozioni anticipate, meno intense e che anticipano appunto le aspettative. Queste ultime in termini di neuromarketing sono le più interessanti da indagare in quanto l’anticipazione può portare al coinvolgimento del cliente e ad una sua conversione. Strumenti di indagine Questi sono i principali test di cui il neuromarketing si avvale per apportare sempre nuove migliorìe nel campo del digital e della user experience: EEC (elettroencefalogramma): rileva le aree del cervello che si attivano in risposta a determinati stimoli. Questo strumento permette di tracciare le emozioni e gli stati d’animo di un utente mentre naviga su un sito web e il suo grado di coinvolgimento emotivo rispetto ad un brand, un’immagine o un video. ET (Eye tracker): misura la posizione e il movimento oculare di un utente durante la navigazione; è in grado di captare quanto tempo spende a visionare una determinata area di un sito, in quale ordine visiona le parti di un’interfaccia e in quanti secondi un elemento balza ai suoi occhi. GSR (Galvanic-Skin-Responce - Risposta galvanica della pelle): rileva le variazioni elettriche della pelle, come la variazione della sudorazione, che riflette lo stato emotivo del partecipante al test. FACS (Facial Coding System): analizza le risposte emotive dei soggetti attraverso i cambiamenti tensori dei muscoli facciali. Alla luce di tutto questo appare evidente quanto la componente irrazionale sia determinante nelle scelte d’acquisto; stilare un identikit delle buyer personas ideali e lo stadio del loro buyer’s journey diventa lo strumento per surfare le onde di quel 95% di mare dell’inconscio del potenziale cliente e aumentarne il tasso di interesse e conversione.