Quante volte dopo innumerevoli telefonate andate a vuoto, finalmente qualcuno risponde ma solo dopo 10 secondi la conversazione è già finita perché il possibile cliente ti liquida con un “non ho tempo”, “mandami le informazioni via email”, “non mi interessa” ?! Come sanno bene i commerciali, per cercare di vendere qualcosa a qualcuno, devi prima riuscire ad ottenere un appuntamento con lui. Ed è più facile a dirsi che a farsi. Ecco alcuni consigli per chiudere una chiamata esplorativa con un appuntamento in tasca. Quali sono gli step per ottenere un appuntamento da una chiamata esplorativa? Durante la gestione di una telefonata per ottenere un appuntamento con un prospect, possiamo individuare generalmente 3 passaggi cruciali ai quali prepararsi in modo appropriato per trasformare un’eventuale risposta negativa in un successo. 1. Vinci la sua ritrosia e guadagnati un pò della sua fiducia Nel momento in cui un possibile cliente risponde al telefono, conosci già di sicuro una cosa: stava facendo altro nel momento in cui lo hai chiamato! In questa situazione, si è visto che il cliente che vede riconosciuto il fatto che lo stai interrompendo dalla sua attività, a sua volta, riconosce la tua attenzione nei suoi confronti e quindi ti attribuisce un pò di attendibilità (quasi come in un gioco di specchi). Tenendo questo bene in mente, il commerciale dovrà quindi presentarsi, presentare l’azienda di cui fa parte e appunto… con una frase riconoscere che il suo interlocutore è stato interrotto nella sua attività del momento. Già questo abbassa le difese dell’interlocutore e nel momento in cui, poi, il commerciale dice apertamente chi è e da dove chiama, l’attenzione del chiamato si concentra su chi sei e non più sul fatto che lo hai disturbato. 2. Spiega chiaramente perché stai chiamando Al di là del fatto che si dovrebbe scegliere il modo migliore per contattare un nuovo possibile cliente, sostanzialmente i commerciali chiamano per avere un appuntamento di vendita; questo è lo scopo della chiamata, ma sorprendentemente molti tergiversano sull’obiettivo reale. Dire apertamente ad un prospect che è stato chiamato per avere 20/30 minuti della sua attenzione per discutere con lui di come, per esempio, ridurre i costi di gestione della fatturazione del 30% o aumentare l’efficienza, è il modo migliore per veicolare limpidità e chiarezza nei suoi confronti, quindi dimostrarsi credibili. Ovviamente si dovrà anche palesare il vantaggio che ne ricaverà dal concederti un appuntamento. Sembrano dettagli ma fate attenzione anche sul range di minuti per cui chiedete l’appuntamento: 20/30 minuti è stato scelto per dare l’idea che sia una proposta seria ma che non faccia perdere troppo tempo se non in linea con le aspettative del cliente. Il range di tempo sarà poi diverso da azienda ad azienda, secondo il business. Diversamente, chiedere un appuntamento di 5/10 minuti, potrebbe invece dare l’idea che stai “vendendo” qualcosa di poco importante, quindi il possibile cliente non ti darà credito e lo percepirà come una perdita di tempo. 3. Termina la conversazione con una domanda specifica Il consiglio è di essere sempre limpidi quindi se il tuo obiettivo è ottenere un appuntamento, chiudi sempre la tua telefonata esplorativa con una domanda specifica: “ Potrebbe andare bene sentirci con calma martedì alle 10.00 oppure preferisce mercoledì alle 13.00?”. E comunque mai finire con una domanda aperta (Quando possiamo risentirci?) oppure con una domanda la cui risposta possa essere o si o no (potrebbe essere interessato?). Per chi obiettasse che il cliente potrebbe comunque voler chiudere la conversazione in modo frettoloso e farsi spiegare lì al momento il contenuto dell’appuntamento, generalmente si consiglia di riportare il dialogo alla fase iniziale per sottolineare come ci sia bisogno di un tempo dedicato. E se ancora il cliente perdura nella sua idea … si opta per l’invio di materiale informativo ma inserendo anche un esplicito invito a prenotare un appuntamento sul calendario del commerciale. Possono sembrare passaggi quasi scontati, ma quanti commerciali li mettono in atto? E comunque non sono banali perché incidono sulla psicologia del possibile cliente spostando l’asticella della sua disponibilità dalla tua parte o lontana da te. Provate a metterli in pratica e vedrete incrementare la percentuale dei prospect che accetteranno di darti un appuntamento. Il successo nei dettagli Ci sono altri particolari a cui un bravo commerciale deve fare attenzione durante la telefonata esplorativa: Comprendere il livello di interesse del tuo interlocutore: riconoscere se il prospect è interessato o meno a ciò che stai proponendo permette di spostare allo step successivo la comunicazione o invece soffermarsi maggiormente sulle fasi iniziali. Dare valore all’appuntamento e comunicarlo bene al possibile cliente: tralascia un momento il tuo obiettivo di vendita e concentrati sul comunicare al prospect il valore che avrà se concorda quell’appuntamento, cosa guadagnerà accettando l’appuntamento con te, o la riunione o la telefonata. Se invece utilizzi l'email per concordare un appuntamento con il tuo possibile cliente, assicurati di: non esordire mai chiedendo subito un appuntamento (è maleducato di persona e al telefono, lo sarebbe anche via email) ma avvicinati in modo più soft magari facendo riferimento ad un evento che, sai, avrà luogo vicino al cliente. In pratica, personalizza il tuo approccio, anche via email! Ricorda che prima di iniziare qualsiasi dialogo con un possibile cliente, lo dovrai “studiare”, capire quali siano i suoi interessi di business etc. in modo da approcciarti in modo confidenziale ma professionale. Trova quindi il modo per costruire un rapporto umano con il tuo interlocutore, prima ancora che di business. sii breve e conciso; non far perdere tempo con una email lunga inserendo contenuti che non interessano o che puoi rimandare in un secondo momento; concentrati piuttosto sulle esigenze del possibile cliente e sul valore che potrà ottenere dall'accettare il tuo appuntamento. Anche in questo caso, come per le telefonate, invitalo a concederti un pò di tempo per parlare insieme di come poter per esempio incrementare il fatturato della sua azienda, oppure di come poter incrementare gli obiettivi aziendali nel prossimo trimestre etc. e invitalo sempre a fissare un appuntamento inserendo un link diretto al tuo calendario. Se imparerai ad applicare questi suggerimenti, informandoti prima sul tuo interlocutore in modo da creare un rapporto “personale” con lui, conquistare il suo interesse, un pò di attenzione e magari una piccola dose di fiducia, stai sicuro che avrai molte più chance di fissare un appuntamento e raggiungere tu il tuo obiettivo di vendita!
Fallire gli obiettivi di vendita può essere abbastanza comune in ambito commerciale e non sempre va visto negativamente soprattutto se si accoglie la logica che sbagliando s'impara. Spesso infatti si tende ad interpretare il fallimento come una sorta di “apprendimento” perché fin da piccoli siamo stati educati a ritenere che si impara anche facendo errori. Sotto certi punti di vista è vero: si impara a camminare cadendo a terra tante volte, a guidare la bicicletta cadendo, a scuola si impara a fare i calcoli sbagliando le somme etc… Il principio che si impara attraverso il fallimento ha guidato i successi di molti uomini oggi famosi e riconosciuti per essere stati capaci di comprendere i loro errori e da quelli ripartire. Basti citare Steve Jobs che, a seguito del fallimento di Apple III viene estromesso dalla società che lo stesso aveva fondato, apre una nuova società e continua per la sua strada fino a diventare ciò che tutti sappiamo. Come lui, tanti altri uomini che hanno avuto successo perché sono stati capaci di imparare dai loro errori. Ma cosa succede se un errore non viene risolto positivamente? Cosa succede se un fallimento porta ad un altro fallimento e magari ad altri ancora? Cosa succede quando questa persona non riesce a reagire positivamente al fallimento? Esistono studi, come quello condotto da un professore dell’Università di Houston che mostrano come fallire un obiettivo di vendita per un commerciale possa inibire la sua capacità di raggiungere poi dei successi. E questo è molto pericoloso. Quando un fallimento conduce ad altri fallimenti Lo studio dimostra come un venditore che commette un errore (cioè mancata di chiudere la vendita), se non ha accanto un responsabile Vendite capace, spesso ripete l’errore che ha portato al fallimento la prima volta. Lo scenario può diventare abbastanza catastrofico per un venditore che non ha accanto un responsabile forte e carismatico. Questo per esempio può spiegare l’alto turnover di giovani venditori in certe aziende dove non c’è un leader che possa indirizzare correttamente i venditori. Il ruolo del responsabile Vendite diventa spesso decisivo quando si tratta di correggere gli errori di un venditore; proprio come tuo padre ti spronava a rimontare in bicicletta quando cadevi e ti mostrava come fare per restare in equilibrio e riuscire poi a correre. Viceversa, i giovani venditori che non possono contare su un manager forte, nel momento in cui raggiungono scarsi risultati, tendono a cambiare il tipo di approccio verso i clienti; ritenendo che quello tenuto in precedenza fosse la base del loro fallimento. Quindi da un approccio orientato al cliente spostano il loro stile di vendita verso un approccio orientato alla “vendita ad ogni costo”, in modalità push; con risultati ancora peggiori. Comportamenti orientati al cliente VS comportamenti orientati alla vendita Orientati alle vendite L’esempio di una situazione tipica che induce al comportamento orientato alla vendita potrebbe essere quella del venditore che lavora in un negozio e che durante l’arco della giornata non ha visto entrare alcun cliente. Se verso l’orario di chiusura del negozio entrasse un possibile cliente, con molta probabilità cercherebbe di chiudere almeno una vendita prima della chiusura delle casse. La necessità di fare almeno una vendita porterebbe ad un approccio al cliente frettoloso, senza il tempo di ascoltare le reali esigenze e senza approfondire la situazione del cliente, spingendolo all’acquisto in modo palese. Nella maggioranza dei casi, se il cliente è garbato potrebbe al più prendere il tuo biglietto da visita, ma non avere grandi prospettive che ritorni, tanto meno a comprare. Nella peggiore delle ipotesi potresti anche sentirti rispondere dal possibile cliente “ma davvero pensa, dopo due minuti di conversazione, di sapere cosa è meglio per me?” senza ovviamente concludere alcuna vendita. L’esperienza ti insegnerà che gli approcci orientati alle vendite minano la fiducia del possibile cliente e, senza fiducia, è davvero difficile vendere. Orientamento al cliente Un approccio invece orientato al cliente si distingue proprio per mettere le esigenze del cliente in primo piano, riuscire a farle emergere e quindi cercare di dare una risposta esaustiva o comunque cercare di “personalizzare” il rapporto. Come riconoscere un approccio orientato al cliente? Se dopo una vendita un commerciale sa rispondere a queste domande, probabilmente è sulla buona strada: Quale era l’esigenza primaria del cliente? Se un venditore sa dire cosa rendeva unico quel cliente rispetto ad altri suoi cliente, dimostra di aver avuto un approccio personalizzato e la capacità di aver esplorato in profondità le esigenze del cliente. Spesso, in questi casi, agli occhi del cliente, il commerciale non viene percepito come un mero venditore ma una persona che lo sta aiutando a risolvere il suo problema. Come puoi risolvere l’esigenza del cliente? Saper trovare una soluzione su misura che soddisfi le esigenze di un cliente, saper scegliere tra i prodotti disponibili quelli che meglio rispondono alle sue domande, significa mettere al centro i desideri del cliente e quindi saper personalizzare la tua proposta commerciale. Tanto più sarai in grado di proporre questo tipo di soluzione, tanto più la vendita sarà probabile e vicina. Se non hai concluso la vendita, perché il cliente non ha acquistato? Riuscire a rispondere a questa domanda, aiuta il venditore nel suo processo di apprendimento perché essere in grado di identificare i motivi per cui un cliente non ha acquistato, sviluppa una maggiore capacità empatica, utile per il prossimo contatto commerciale. Queste domande aiutano il venditore a mettersi nei panni del cliente quindi a comprendere da quali necessità profonde nasca il suo intento di acquisto. Condividere poi l’esperienza con un vostro collega o responsabile e confrontarvi con loro e ascoltare un punto di vista altro… è un ottimo modo per crescere commercialmente ed essere più preparati per i futuri approcci di vendita. Il ruolo del responsabile Vendite Soprattutto per un nuovo venditore, avere un responsabile Vendite attento e capace di indirizzare verso un approccio commerciale centrato sul cliente, può fare la differenza tra il ricevere una formazione costruttiva (soprattutto quando succede un fallimento di vendita) piuttosto che affondare come venditore errore dopo errore perché si sbaglia l'approccio. E' importante quindi un lavoro di coaching da parte del responsabile e di formazione sulla gestione delle diverse fasi di vendita. Un bravo responsabile non lascia il suo commerciale in balia dei fallimenti, ma affronta con lui un percorso di coaching alla prima mancata vendita. Attendere troppo nel fornire un supporto, significa lasciare che il commerciale trovi da sé un approccio alternativo che spesso rende ancora più difficoltosa una vendita. Come un bravo responsabile Vendite può aiutare un commerciale in difficoltà: Indicando obiettivi raggiungibili e limitati a breve termine Oltre agli obiettivi di budget che sono standard per i commerciali, un buon modo per ridare fiducia e stimolare un venditore che abbia avuto dei fallimenti di vendita è indicare degli obiettivi intermedi e più “comportamentali”, per esempio: - contattare un certo numero di nuovi clienti - un certo numero di chiamate di follow-up - un numero di presentazioni di vendita E’ importante che il responsabile formuli degli obiettivi raggiungibili e personalizzati alle prestazioni effettive di un venditore piuttosto che di un altro; e poi col tempo procedere a scalarli. Mostrando un comportamento orientato al cliente Il responsabile dovrà seguire il commerciale nelle sue fasi di contatto al cliente, sia durante le telefonate iniziali, che nelle telefonate di follow-up etc. insegnando per esempio le domande da porre per conoscere meglio la situazione del cliente, le esigenze... insomma mostrando cosa significhi un approccio centrato sull’ascolto attivo del cliente. Importanti sono anche le analisi post contatto, utili per far comprendere al commerciale quali siano gli approcci corretti da quelli sbagliati. In questo modo potrà imparare attraverso l’esperienza guidata dal suo responsabile. Incoraggiando gli errori Sembra quasi un paradosso, ma non è così. Un responsabile che, (calcolati i rischi) seppur preveda che un suo commerciale incorrerà in un errore, lo lascia fare anziché intervenire prima… e ad errore commesso ne valuta la dinamica insieme, sta insegnando al suo venditore due cose importanti per il suo apprendimento: 1. che quel venditore può fare affidamento sul suo responsabile per risolvere eventuali problemi; 2. che avendo un responsabile che lo supporta può sentirsi “libero” di assumersi più rischi. Naturalmente perché questa modalità di coaching abbia un risultato positivo è necessario che il commerciale sia responsabile comunque delle azioni che porta avanti, che sia ricettivo e che il responsabile sia persona competente e generosa. Il ruolo del responsabile è basilare perché è suo compito istruire correttamente e offrire al commerciale opportunità di apprendere un comportamento orientato al cliente fruttuoso. La via del successo commerciale è fornire prodotti e servizi personalizzati, e focalizzarsi sulla risoluzione delle esigenze del singolo cliente; cosa possibile solo se si percorre un approccio al cliente e non quello alla vendita.
Ogni impresa, specialmente start-up, pensa di dover crescere velocemente quindi spinge molto sul reparto Sales per aumentare le vendite quanto più possibile, a volte però senza essere preparata a scalare il proprio business. Questa tendenza a voler crescere in fretta a tutti i costi, può però altrettanto in fretta portare a crisi aziendali anche pericolose. Piuttosto quindi che crescere velocemente, un’azienda dovrebbe mirare a crescere meglio! Molte aziende vedono negativamente il loro crescere lentamente. In verità bisogna distinguere se si sta crescendo lentamente perché ci sono problemi nel far funzionare il business o se si sta crescendo lentamente in quanto strategia pianificata per appunto crescere meglio. Crescere meglio per vendere di più Crescere meglio significa avere il tempo di ragionare sugli aspetti che possono essere migliorati, su come gestire nel modo più utile e fruttuoso personale e processi produttivi, piuttosto che strategie; insomma significa avere il tempo di monitorare costantemente come sta reagendo l’azienda e se sta andando verso gli obiettivi prefissati. Se veloci si deve essere… siate veloci a comprendere se la crescita lenta sia dovuta a problemi interni. Ogni azienda sa che nell’arco dell’anno le vendite possono accelerare oppure rallentare, quale affetto di un processo fisiologico e dipendente dal settore in cui un’azienda opera. Per esempio un’azienda che produce gelati, avrà un picco di vendite nel periodo primaverile/estivo. Ma se la tua azienda si trova in un periodo di rallentamento delle vendite, utilizza questo tempo per capire come e dove puoi migliorare il team Sales. Utilizza cioè questo momento per verificare tutte quelle attività che ti permetteranno di crescere meglio! Cosa fare per migliorare il tuo Team di vendita? Ecco qualche suggerimento che tutte le aziende dovrebbero seguire per migliorare le performance dei commerciali: Analizzare il tuo CRM Ti darà un sacco di informazioni! Durante un periodo di rallentamento del tuo business, puoi prenderti il tempo di analizzare le performance del team Sales. Ciascun commerciale può controllare se i dettagli dei contratti inseriti siano completi, se le schede cliente contengono tutte le informazioni necessarie per esempio ed eventualmente integrare. Può verificare le sue performance personali: quante vendite riesce a portare a buon fine rispetto al tempo impiegato o rispetto alla quantità dei prospect contattati. Il responsabile Vendite può invece verificare il tempo di chiusura di un contratto, dal momento del primo contatto alla firma del preventivo; può controllare la percentuale di clienti acquisiti in rapporto ai contatti “lavorati”; ancora, può verificare quali siano i canali di contatto da cui “arrivano” i prospect; e tanto altro. L’analisi di questi dati è importante per prendere decisioni su quale sia la strategia migliore per il team Vendite. Raccogli nuovi contatti Abbiamo sempre consigliato un’assidua collaborazione tra il team Sales e il team Marketing, perché lo scambio di informazioni apre sempre a nuove considerazioni e migliorie. Un commerciale ha modo di ascoltare i prospect o i clienti e magari può captare qualche difficoltà nel processo di vendita, nel prodotto stesso, oppure ancora nel post vendita e tanto altro. Essere in grado di interfacciarsi con coloro che a livello di marketing possono rendere migliore l’esperienza di acquisto del cliente è una grande opportunità. Ridurre quindi gli attriti nel processo di avvicinamento al lead, spesso permette di “conquistare” nuovi contatti e possibili clienti. Verifica i tuoi processi di vendita Nei momenti più calmi puoi studiare assieme ai tuoi commerciali i processi di vendita per capire quali possono essere gli intoppi o i passaggi problematici sia dal punto di vista del team Sales che da parte del possibile cliente. Il tutto per rendere la vendita più semplice e lineare. Avere infatti una comprensione globale del processo di vendita permette di capire quello che funziona da quello che non funziona. Non solo, bisogna avere un piano di vendita che definisca strategie di vendita specifiche e applicabili al tuo team Sales e quindi obiettivi, tattiche, target di riferimento e potenziali ostacoli è sicuramente un aspetto importante per migliorare le vendite. Non sovraccaricare di stress i tuoi commerciali Capita spesso che i commerciali si sentano stressati per varie ragioni, o perchè hanno una mole di lavoro eccessiva, perchè gli strumenti a disposizione non sono giusti o perchè non sono abbastanza motivati. Non si dovrebbe mai arrivare ad avere collaboratori esauriti e quando si arrivasse a tali punti, è bene trovare con loro una soluzione, incoraggiarli a prendersi un pò di riposo in caso. Seguire corsi di formazione, ottenere certificazioni, informarsi su aggiornamenti di prodotti, partecipare a conferenze… sono tutte attività formative ma che permettono di rallentare le attività proprie della vendita e rivelarsi anche defaticanti, quindi utili per allentare i ritmi. Brainstorming per nuovi prodotti I commerciali sono le persone che meglio degli altri possono sapere come la pensano clienti e non clienti sui pro e i contro dei tuoi prodotti. Fare riunioni per capire come poter migliorare prodotti o servizi, comprendere le tendenze del mercato, come si muovono i tuoi concorrenti, è sicuramente un’attività da farsi in quei momenti di calma. Da queste analisi si può capire se ci sono delle lacune tra le offerte che proponi sul mercato, lacune che magari vengono sfruttate dai concorrenti oppure lacune nel modo di comunicare il tuo prodotto e quindi trovare le strategie per aiutare i tuoi commerciali a vendere meglio. Conosci meglio i tuoi clienti Durante i periodi di rallentamento delle vendite, dedica del tempo a conoscere meglio i tuoi clienti attraverso interviste o facendoti raccontare le loro storie. Sono tutte informazioni importanti che puoi usare, con il consenso dei protagonisti ovviamente, come case history per convalidare la bontà del tuo prodotto/servizio, oppure come punti di forza che i tuoi commerciali possono usare per acquisire credibilità e fiducia nei confronti del possibile cliente. Dalle interviste dei clienti puoi anche comprendere quali sono ritenuti punti di forza e quali punti di debolezza, e lavorare per aumentare ulteriormente gli uni e migliorare gli altri. Automatizza più che puoi il processo di vendita Utilizzando sistemi informatizzati che gestiscono i processi di vendita, puoi verificare se i tuoi commerciali hanno automatizzato le parti del processo automatizzabili e che possono alleggerire il loro lavoro: per esempio tutto ciò che riguarda l’invio di email di nurturing o di follow-up. In questo modo il commerciale potrà concentrarsi maggiormente sulle parti del processo che investono più la sfera umana e il contatto diretto col possibile cliente. Fai delle esercitazioni di vendita Poichè un processo di vendita prevede delle fasi e quindi delle attività in ciascuna di queste fasi, proponi ai tuoi commerciali di esercitarsi in ciascun step: dalla ricerca dei possibili prospect, alle tecniche per il primo contatto, l’eventuale presentazione del prodotto o del sevizio… fino alla chiusura finale della vendita. Sono momenti importanti perchè si possono sperimentare strategie e operatività; come valutare quali sono i canali social più performanti per le ricerche, oppure provare le mail personalizzate per il contatto col possibile cliente o la chiamata esplorativa. I commerciali poi hanno modo di esercitarsi nelle presentazioni o parlare in pubblico testando il gioco del cambio di ruolo, e testare le diverse tecniche di chiusura. Ogni commerciale può trovare il proprio personale modo di interpretare il processo di vendita, utilizzando gli strumenti più idonei e studiando le tecniche più congeniali al suo carattere. Collabora realmente con i colleghi del team Sales Durante i periodi di rallentamento delle vendite, si può trovare il tempo di relazionarsi davvero con i propri colleghi con attività che possano portare a feedback reciproci: per esempio momenti di tutoraggio tra commerciali esperti e nuovi assunti, condivisione di idee e consigli. Sono momenti che rafforzano il senso di comunanza del team e aiutano a crescere e a migliorare individualmente nella veste di commerciale e migliorare le performance del team. Crescere sempre velocemente non è possibile, forse non è neppure salutare per un'azienda; quindi se succede che si attraversa un periodo in cui le vendite rallentano, nessun allarmismo: utilizziamo questo tempo per rivedere il processo di vendita, strategie e obiettivi e prendiamoci il tempo per scoprire dove e come possiamo migliorare. Migliorare è sempre possibile!
Le email di marketing sono tutte quelle email che partono in automatico o che sono scadenzate in particolari occasioni per promuovere un’attività aziendale, in modalità 1 ad N. contatti (quindi si differenziano dalle email 1-to-1 che sono inviate singolarmente ai singoli contatti). L’invio di email di marketing era diventata una pratica aziendale talmente diffusa e indiscriminata da renderla a poco a poco agli occhi degli utenti fastidiosa e invadente, soprattutto perché arrivavano sulla casella di posta quantità assurde di email con contenuti che nessuno aveva richiesto e privi di interesse per il destinatario. Era questo un modo di proporre i propri prodotti o servizi assolutamente invasivo e indiscriminato tanto da diventare irritante per chi riceveva queste email. Molti all’epoca avevano così decretato la morte dell’email, anche perché il profitto economico per un’azienda per questo massiccio invio di email a database di perfetti sconosciuti era col tempo diventato pari a zero. L’invio di email di marketing nell’era digitale 4.0 Dalle ceneri di questa esperienza, lo strumento email ha saputo evolversi e riconquistare uno spazio importante nelle strategie di marketing delle aziende. Se inviate alle persone giuste, con contenuti rilevanti per quelle persone e nel momento giusto, le email possono diventare uno strumento di marketing estremamente importante. In questa nuova veste diventa necessario che l’email sia pensata come una componente vera e propria dell’attività online di un’azienda e come tale è bene rientri in una strategia digitale di più ampio respiro. Se prima l’invio indiscriminato di email aveva dato solo problemi, ora non pensiamo neppure di mandare una email all’anno e pretendere riscontri. Ha poco senso inviare email una tantum, secondo l’estro del momento o perché viene detto di informare i propri clienti che per esempio è arrivato quel nuovo prodotto o che si farà quel particolare evento… due volte l’anno. A livello di contenuto possono essere comunicazione anche interessanti, forse, ma difficilmente hanno grandi impatti a livello di business. Perché lo strumento email funzioni, è necessario che vi si dedichi del tempo; il tempo per definire gli obiettivi di invio, il tempo per definire i contenuti idonei ai diversi Buyer Persona nei loro diversi stadi del Buyer Journey, il tempo di strutturare in maniera pertinente e persuasiva i testi, il tempo per studiarne poi i dati di riscontro ecc. Come funziona l’invio di email di marketing? Chiariamo subito che, con l’entrata in vigore del nuovo GDPR nel 2018, i contatti email che abbiamo nella nostra lista aziendale, sono stati raccolti con il loro consenso, anzi, di più, ci hanno fornito anche la tipologia di contenuti email per la quale desiderano essere contattati. Abbiamo quindi ottenuto il consenso dei nostri cliente o lead ad inviare loro le nostre email, usiamo bene questa possibilità unica di marketing! Quando quindi ci si appresta a studiare una campagna DEM ( di Direct Email Marketing) bisogna definire sostanzialmente 3 aspetti: selezionare i contatti in modo opportuno secondo contenuti e stadio del Buyer Journey, ideare contenuti interessanti e pertinenti per quel Buyer Persona, pianificare la frequenza di invio. Esistono molti aspetti che possono influenzare i risultati di una campagna DEM; spesso ci si sofferma sui contenuti perché siano perfetti, ma la realtà è che un ruolo importante lo gioca la corretta pianificazione della frequenza di invio, perché se invii email troppo spesso diventi fastidioso e rischi che l'utente si cancelli dalla mailing list, se invii troppo raramente l'utente si dimentica di te rendendo vana qualsiasi comunicazione. I software per l’invio di email di marketing Per inviare email di marketing ci vuole un software differente rispetto al browser di posta. La soluzione migliore è quella di utilizzare un servizio SaaS esistente, in abbonamento - gratuito o a pagamento - che permetta di gestire l’invio e le procedure GDPR compliance, senza rischiare di far bloccare il dominio e il server aziendale per pratiche di SPAM. Dal mio punto di vista le soluzioni possono essere due: Mailchimp Lo strumento email di HubSpot Tra i due, Mailchimp è forse quello più conosciuto: é in pratica un servizio online che permette di creare delle liste di contatti alle quali inviare periodicamente delle newsletter. Sono disponibili template email gratuiti e nella versione base la possibilità di inviare fino a 12 mila email al mese e un massimo di 2000 contatti. A seconda poi del piano di abbonamento Mailchimp prevede delle funzioni ulteriori come la possibilità di schedulare gli invii oppure avere dei dati statistici e ancora la segmentazione delle liste, fare gli A/B test ecc. Lo strumento Email di Hubspot invece è parte integrante della piattaforma HubSpot quindi con l’integrazione diretta dei contatti dal CRM di Hubspot. Offre la possibilità di utilizzare template email e un editor di testo per la costruzione dei contenuti, creare liste di contatto segmentate secondo i criteri più utili all’obiettivo di marketing e rendere più pertinenti le comunicazioni. Inoltre le email sono automaticamente ottimizzate per mobile o altri dispositivi, si possono schedulare gli invii e personalizzarli, effettuare gli A/B test e misurare i dati di performance. Attraverso una piattaforma integrata insomma puoi gestire comodamente tutte le funzionalità dell’email marketing entro una strategia più ampia. Perché serve pianificare l’invio di email? Sostanzialmente per avere una comunicazione continuativa col tuo cliente tanto da fargli piacere nel ricevere contenuti interessanti a cadenze regolari ma non troppo ravvicinati da rendere le tue email alla fine eccessive. Obiettivo ambizioso vero?! ma raggiungibile, se teniamo a mente una regola: mandare comunicazioni ogni volta che si dispone di contenuti davvero interessanti e utili per il tuo interlocutore! Non è necessario cioè mandare una email a settimana perchè si è deciso di pianificare quella frequenza di invio e devi assolutamente rispettare quelle scadenze; se non hai contenuti interessanti non infastidire il destinatario; piuttosto basati sulla rilevanze dei contenuti che vuoi trasmettere. Ciò premesso, in linea generale puoi pianificare l’invio delle tue newsletter secondo 3 frequenze, a seconda delle caratteristiche del tuo business e degli obiettivi di marketing: invio quotidiano: è la frequenza più “delicata” da gestire perchè rischia di infastidire il destinatario per il suo approccio un pò troppo aggressivo, con la conseguenza che decida anche di cancellarsi dalla mailing list. Non solo, spesso si rischia anche di danneggiare l’immagine del brand. invio settimanale: frequenza maggiormente gettonata da molte aziende perché consente di essere presenti alla propria clientela senza essere eccessivi, quindi alimentano il rapporto inviando sempre nuovi suggerimenti o consigli o informazioni a seconda dell’interesse del destinatario. invio mensile: anche questa frequenza sta rivelandosi interessante soprattutto per aziende che non hanno sempre contenuti rilevanti da inviare ma comunque sanno di dover farsi presenti alla loro clientela per consolidare i rapporti tra brand e pubblico. Naturalmente non esistono formule che possano applicarsi a tutti indistintamente. Ogni azienda deve testare e avere il sentore di quanto può comunicare al suo pubblico e quali contenuti siano maggiormente apprezzati. Nessuno vieta di inviare newsletter con una frequenza di 2 settimane o 3 settimane se l’azienda crede opportuno questa pianificazione. L’importante è mantenere il rapporto tra azienda e pubblico sempre fresco e stimolante, mantenendo una continuità dei contatti. Quale è la giusta frequenza di invio di e-mail? Per capire qual è la frequenza giusta di invio delle email di marketing non c’è un manuale tascabile pronto all’uso: devi assolutamente monitorare cosa succede delle tue email una volta che vengono inviate, per poi capire qual è la strada giusta. E’ importante conoscere dati come il bounced rate (quelle non consegnate all’indirizzo email), l’open rate (cioè i messaggi effettivamente aperti dal destinatario) o il clickrate (quelle che hanno ricevuto una qualche interazione) delle e-mail che invii. Questi dati ti permettono in primis di tenere pulite e ordinate le tue liste di email marketing dagli indirizzi non più attivi, ma soprattutto ti permettono di avere un riscontro sull’effettivo interesse dei contenuti che invii ed anche dedurre se la frequenza è quella corretta. Esistono vari software che possono monitorare questi dati, naturalmente la piattaforma Hubspot è quella a nostro parere più completa perchè attinge i contatti direttamente dal CRM nativo e attraverso la Marketing Automation si possono pianificare sia gli invii temporizzati ma anche - e soprattutto - gestire email ed attività che seguono - e mescolano - i comportamenti, le scelte e le informazioni anagrafiche dell’utente (grazie appunto alla tecnologia dei cookie che permette le interazioni dei navigatori abbinata al database CRM che raccoglie tutte le informazioni). Senza poi considerare tutta la parte relativa al monitoraggio appunto degli invii. Voglio dire: con la marketing automation mandi l’email giusta, alla persona giusta, nel giusto momento, perché sarà attivata da determinati comportamenti (click su Facebook, la vista su una determinata pagina, l’essere trascorso un tot di tempo dall’ultima visita etc…). In questo caso il focus si sposta dalla frequenza di invio a “quante email mando” in corrispondenza di determinati eventi che le giustificherebbero. Se vuoi capirne di più puoi scaricare “cos’è HubSpot” una risorsa gratuita che abbiamo messo a disposizione per approfondire questo tema. Insomma inviare email aziendali è una cosa importante che non va sottovalutata né considerata un’attività estemporanea. L’invio di email, quando fatto bene e all’interno di una strategia ben ideata e strutturata, può davvero dare ottimi risultati sia in termini di brand awareness sia in termini di lead generation e quindi di business. La presenza costante e non invadente “lega” le persone all’azienda ed è un rapporto che va coltivato e curato attentamente.
Oggi vogliamo parlare delle alternative ad Hubspot, cercando di spiegare i punti di forza e di debolezza di questa suite rispetto ai concorrenti. Parlare di HubSpot significa fondamentalmente parlare di inbound marketing – e non solo di marketing automation. Questa è già una caratteristica che differenzia HubSpot dai competitor: i creatori di HubSpot hanno coniato il termine inbound marketing e definito i principi di questa metodologia, sviluppando un software che potesse aiutare le persone a gestirla nel lavoro quotidiano. Fare marketing automation significa automatizzare specifici processi di marketing e commerciali, ma non tutti i software di marketing automation dispongono necessariamente degli strumenti che servono per sviluppare e gestire un’azione di inbound marketing (o, anche se li hanno integrati, spesso non sono tutti all’altezza delle nostre aspettative di inbound markers). Un’azienda che sceglie la strada dell’inbound marketing, ha come obiettivo principale l’aumento del fatturato proveniente dall’azione di web marketing e grazie alla sinergia tra le operazioni di comunicazione e quelle commerciali (il processo viene definito “smarketing, ovvero sales+marketing). Uno dei primi passi da mettere in piedi è quello quello di attrarre persone verso i propri asset digitali (sito, blog, social…) offrendo calore e conoscenza ai prospect. E’ l’inizio di un percorso che porterà poi quei lead, attraverso varie fasi, a d essere trasformati in clienti. E se è vero che fare inbound marketing comporta dei processi di marketing automation (nella fase di nurturing e di smarketing), non è altrettanto vero il contrario, e cioè, adottare processi di marketing automation non significa necessariamente fare inbound marketing. Direi che il post sulle alternative ad HubSpot potrebbe benissimo chiudersi qui, tanto avete capito benissimo che dipende tutto dalle reali intenzioni – e che per me non esiste un’alternativa REALE ad HubSpot se si vuole fare inbound marketing. Esistono invece se si vogliono fare altre cose, dove ci sono software che possono fare cose specifiche anche meglio di HubSpot. Bisogna quindi essere consapevoli di cosa vogliamo quando valutiamo quale software usare in azienda per fare web marketing e quali risultati vogliamo ottenere. Strumenti di marketing automation Un software di marketing automation, per essere efficace e non essere un software che non può vivere da solo, dovrebbe gestire una serie di funzionalità quali per esempio: creazione di landing page, contact form per catturare eventuali lead creazione di email e newsletter per alimentare i lead in modo automatico ottimizzazione SEO delle pagine del sito web gestione e monitoraggio delle performance sui Social CRM che gestisca i contatti Cosa può fare la suite di HubSpot HubSpot non si limita a fornire gli strumenti di marketing automation appena visti ma ti consente, proprio perchè è stato concepito in un’ottica inbound, di personalizzarli ah hoc per ogni lead. HubSpot “conosce” ogni singola persona che viene in contatto con la tua azienda/prodotto perchè riesce a segmentare i tuoi lead in base alle attività che compiono sui tuoi contenuti, secondo liste di contatto: puoi creare liste in base alle pagine visitate del tuo sito, ai link aperti, alle email lette e non lette, alle interazioni sui Social, e molto altro grazie alla possibilità di combinare le varie opzioni delle liste contatti. Grazie a queste sue caratteristiche HubSpot consente di mostrare a ciascun lead il contenuto che sta cercando nel momento in cui lo sta cercando the right content to the right person at the right time; ciò significa che può mostrare immagini, informazioni, contact form … diversi a seconda della lista contatti a cui un certo lead appartiene. E proprio perchè HubSpot conosce ogni lead, si possono attivare processi di nurturing del contatto proponendo contenuti che lo interessano e mantenendo così viva l’interazione di questo con l’azienda. Alternative ad HubSpot Vediamo anche cosa possono fare alcuni software concorrenti di HubSpot; software che ricordiamo fanno solo marketing automation: PARDOT Acquistato nel 2012 da Salesforce, include ora anche il CRM di Salesforce e questo ne fa un software completo di marketing automation. Tuttavia potrebbe non essere così semplice padroneggiarlo completamente: alcune recensioni di chi lo ha utilizzato sottolineano un interfaccia non troppo intuitivo, ciò significa che potrebbero volerci mesi prima di comprenderne il funzionamento. >> vai al sito di PARDOT >> vedi la comparazione tra PARDOT e HUBSPOT MARKETO Software che permette di gestire in modo ottimale l’email marketing, i contact form, le landing page, nonché smart content, sebbene i suoi strumenti non sempre gestiscono azioni di automation marketing in modo organico. >> vai al sito di MARKETO >> vedi la comparazione tra MARKETO e HUBSPOT ORACLE ELOQUA Anche questo software permette di pianificare e gestire le campagne personalizzandole a seconda delle liste clienti attraverso l’email marketing, landing page, contact form, gestione dei Social ecc. Alcuni responsabili marketing che lo hanno utilizzato evidenziato un’interfaccia non sempre facile da comprendere, strumenti per l’ottimizzazione SEO non adeguati e qualche difficoltà a girare con il browser Chrome. >> vai al sito di ELOQUA ACT-ON Software accostabile ad HubSpot per la tipologia di strumenti che mette a disposizione per fare marketing automation. Dispone anche di un tool molto potente per l’ottimizzazione SEO del sito web, sebbene non disponga di un hosting e ciò non permette di utilizzare smart content per intercettare il possibile cliente al momento giusto con il contenuto che gli interessa. >> vai al sito di ACT-ON Conclusioni Abbiamo visto solo alcuni degli innumerevoli software che fanno marketing automation, con caratteristiche diverse e potenzialità diverse. Il costo poi di queste suite hanno un peso rilevante nella decisione di cosa scegliere per la propria azienda. Teniamo comunque in mente che, al momento, nessuno dei software di marketing automation è in grado di fare tutto ciò che fa HubSpot e farlo soprattutto nel modo in cui lo fa HubSpot (quando si parla di inblound marketing è la sola opzione che hai!) Questo non significa che HubSpot sia la soluzione giusta per tutte le aziende che vogliono incrementare il proprio fatturato on line. Probabilmente un’azienda che dispone di molte persone che si occupano di marketing e vendite (Stile un ufficio marketing iperspecializzato con una quindicina di dipendenti) potrebbe gestire più software di marketing automation ciascuno dei quali con processi e obiettivi specifici, analizzando i dati e intrecciandoli per profilare i lead (Voglio dire: Se hai questo megaufficio marketing probabilmente Marketo o Pardot sono la risposta ai tuoi bisogni).
La lead generation è una serie di azioni di web marketing finalizzate ad acquisire contatti commercialmente interessati ai prodotti, servizi o attività dell’azienda. Questi contatti, nel medio o lungo termine, possono trasformarsi in clienti, che in ottica aziendale significa aumentare il fatturato. Ecco quindi che una strategia di lead generation ti permette non solo di trovare questi contatti ma di condurli lungo il loro percorso di acquisto fino alla fase finale. Vista in questo modo, una strategia di lead generation si lega strettamente con l’approccio inbound al digital marketing, considerando che i processi di acquisto sono molto cambiati col web. Il mondo della lead generation Già in queste poche righe abbiamo introdotto alcuni concetti che entrano in gioco e si intersecano in una strategia di lead generation: lead, percorso di acquisto ed inbound marketing. Vediamoli e partiamo dall’ultimo: L’inbound marketing Di definizioni su che cos’è l’inbound marketing se ne trovano in quantità online e tutte più o meno imperniate sul fatto che sia una metodologia per attrarre visitatori interessati sul tuo sito web. L’inbound però è molto più che una serie di nozioni su come fare web marketing oggi per avere successo. L’inbound marketing è una metodologia di approccio al cliente, è uno status mentale e quindi comportamentale che tutta la tua azienda dovrebbe maturare. A me piace pensare che sia una evoluzione culturale del fare marketing sul web. Un’evoluzione culturale perché se dobbiamo attrarre qualcuno, dobbiamo metterci nella lunghezza d’onda mentale e fattiva del cliente per risolvere i suoi obiettivi, desideri, volontà e necessità; e farlo in modo sincero e reale. Il lead è un visitatore del tuo sito che ha lasciato almeno i dati basilari di contatto perché si possa poi eventualmente ricontattarlo, quindi indirizzo email e nome. Il lead quindi è normalmente un contatto nella sua fase iniziale. Attraverso varie fasi del processo di Lead generation potrai qualificarlo maggiormente da un punto di vista commerciale fino a farlo diventare a tutti gli effetti un cliente. Il percorso che “spingerà” il lead verso una maggiore qualificazione commerciale è collegata con il percorso di acquisto che il lead dovrebbe compiere. Il percorso di acquisto (Buyer's Journey) Agli occhi del team marketing e sales, viene visualizzato nel funnel (imbuto) di destra, qui sotto. Attraverso i passaggi visualizzati il lead può arrivare al bottom of the funnel dove diventa cliente; a sinistra lo stesso percorso, visto però attraverso gli occhi del visitatore in un processo che porta all’acquisto del prodotto/servizio. Questi due visioni del percorso di acquisto del lead sono fondamentali per capire i contenuti che si dovranno produrre a seconda dello stadio in cui si trova il lead. Lo scopo? cercare di condurlo a compiere il percorso completo. In termini aziendali… farlo diventare un nuovo cliente, quindi aumentare il fatturato. La strategia di lead generation perciò prevede una comprensione profonda di chi vogliamo attrarre (vedi come si identificano i Buyer Persona secondo la metodologia inbound di Hubspot), perché sapendo chi sono i nostri possibili clienti e in quale stadio del loro percorso di acquisto si trovano possiamo articolare contenuti ad hoc, cioè proprio quei contenuti che stanno cercando. E questa è la parte “contenutistica”, diciamo. Dall’altra parte abbiamo bisogno di strumenti che permettano il processo di lead generation perchè dopo aver attratto un visitatore sul sito aziendale attraverso la pubblicazione e lo sharing del contenuto idonea, come ti lascia i suoi dati? Attraverso quel meccanismo di Call-To-Action > Landing page > Thank You Page e naturalmente un contenuto o offerta di maggior valore che giustifichi le informazioni di contatto che il visitatore lascia sul form. Le offerte di maggior valore ricadono in quella fase della lead generation che tratta il nurturing, cioè quelle azioni che servono a coltivare, appunto nutrire, per qualificare il lead in modo regolare e secondo le sue esigenze in modo da trasformarlo in cliente effettivo. Ciò che differenzia la fase iniziale della lead generation e la lead nurturing sono, non tanto gli strumenti, quanto gli obiettivi che hanno. Una strategia di lead generation ha l’obiettivo di generare un lead, cioè trasformare un visitatore in lead; la lead nurturing ha l’obiettivo di qualificare il lead e portarlo alla fase finale del percorso di acquisto. Forse non serve ma ricordiamo che questi strumenti devono essere “costruiti” secondo una struttura, regole visive e di design, nonché di buonsenso che facilitino la conversione in modo naturale. Beh diamo per scontato che il sito web e ogni singola pagina sia ad alto gradimento per User Experience, mettici pure che sia esteticamente accattivante. Checché se ne dica… anche l'occhio vuole la sua parte. HubSpot: il miglior software per la lead generation Altro tassello fondamentale per fare lead generation è un software che sia in grado di segmentare i lead secondo gli interessi espressi e che tracci tutte le interazioni che hanno sia sul sito aziendale sia con le azioni di marketing che abbiamo messo in atto; per esempio le pagine che ogni lead vede, i contenuti da cui è maggiormente attratto, se clicca su certi link piuttosto che su certe CTA oppure se apre le email... e tanto altro. Un software così fatto consente di segmentare con maggiore precisione i nostri contatti e qualificarli commercialmente secondo i vari stadi del percorso di acquisto che stanno compiendo. Un software che sia capace di fare tutte queste azioni e soprattutto sia in grado si fornire dati e informazioni interconnessi e confrontabili è HubSpot; la piattaforma creata appositamente per fare inbound marketing, sales, marketing automation, con un CRM potente e versatile (e gratuito). Se poi invece volete fare un’assemblagio di software diversi, che forniscono informazioni discordanti e avete tempo e impegno per codificarli, combinarli, scremarli… e alla fine trarre delle ipotesi più o meno suffragate… nessuno ve lo vieta. Ma rischiate di avere un Frankenspot e le ripercussioni cadranno sul vostro business. Quindi pensiamoci bene prima di scegliere, perché in palio c'è la buona riuscita del vostro progetto di lead generation...e anche qualcosa di più.
Trovare i giusti modi per iniziare un approccio di vendita è sempre difficile e le tecniche tradizionali ormai danno sempre meno riscontri. Come avvicinarsi ad un nuovo cliente nel B2B? in pratica, come trovare nuovi clienti? Alcune tecniche possono fare la differenza tra successo e insuccesso. Tecniche semplici - spesso snobbate perchè considerate appunto semplici nell'accezione di banali e quindi erroneamente ritenute inefficaci - sono in realtà sottili leve per innescare meccanismi psicologici che necessitano di maestria.Niente è campato in aria, le basi di tutto ciò risiedono su strategie di web marketing centrate sulla metodologia inbound che focalizza ogni sua azione sull'attrarre in modo naturale il cliente verso il prodotto. E per attrarre un nuovo cliente, bisogna conoscerlo! Fare prospecting, ovvero la raccolta delle informazioni sul potenziale cliente – e dell’azienda per cui lavora – è una delle attività fondamentali per qualsiasi commerciale che voglia puntare al successo delle sue azioni di vendita. Perché? perchè i dati raccolti permettono di conoscere, a volte anche abbastanza a fondo, la persona con la quale andremo poi a dialogare e ci consentiranno di impostare quelle attività di vendita in modo mirato e personalizzato. Il tuo interlocutore si sentirà “conosciuto”, come se già foste sulla stessa lunghezza d’onda. Questa è una sensazione che allenta un po’ di barriere mentali che normalmente si alzano invece tra sconosciuti. Ricorda anche che chiamare per nome il prospect, al momento giusto, cementa ulteriormente in lui la sensazione che tu stia parlando proprio con lui; e non con Tizio, Caio o Sempronio. Una volta ottenute le informazioni sul possibile nuovo cliente, ci sono molti utilizzi che se ne possono fare. Tra questi vediamo qualche “trucchetto” da usare quando contatti i tuoi prospect attraverso le email (o il telefono al limite). Concludere una email con una domanda, spesso mette in moto involontariamente i pensieri dell’interlocutore; ti permette di dimostrare una certa competenza e padronanza sull’argomento - quindi ai suoi occhi potresti già guadagnarti la sua attenzione – e spesso aiuta a iniziare una conversazione significativa. Ma ciò che è più importante è sapere cosa rende quella domanda più incisiva (e quindi più pregnante e degna di essere ricordata) nella mente dell’interlocutore. A questo proposito, in psicologia si parla di effetto Zeigrnik: le persone si focalizzano su compiti non conclusi, pertanto congedarsi con una domanda, nella mente del prospect, ha l’effetto di indurlo a pensare alla tua email, involontariamente, anche molto tempo dopo averla letta. Quindi, quali possono essere le domande più intriganti per concludere una email indirizzata al prospect? Cosa puoi chiedere di stimolante al tuo acquirente per fare in modo che pensi a quella email anche dopo averla letta? Ecco 7 domande che puoi usare nelle email di Vendita quando contatti un prospect. E che dovrebbero avere l’effetto desiderato… di averti sempre in testa! 1. Vuoi sapere quale opportunità che si è fatto scappare X (dove in X andrai a inserire il nome del competitor del prospect) ? Niente per un businessman è più stimolante della competizione (economica). Il Buyer non sa se tu hai davvero delle informazioni reali da offrirgli – e non ti permettere di deluderlo - ma con molta probabilità vorrà saperlo. Ciò che il suo competitor si è fatto sfuggire potrebbe essere per lui/l’azienda un fattore per emergere o per differenziarsi. Inoltre quando citi un competitor del prospect, dimostri che non stai mandando email a tutti indistintamente, ma conosci l’interlocutore e stai parlando proprio con lui. Nota anche come certe domande ti danno l’opportunità di approfondire ulteriormente la conoscenza degli obiettivi di business del prospect… e a tua volta potrai rielaborare la tua conversazione e il tuo approccio grazie a queste ulteriori informazioni. 2. Vedo che la tua società X (nominarla! È quella del prospect) usa questa Y strategia. Perché? come mai? Tu non solo avrai informazioni preziose sul perché il Buyer sta usando questo approccio, ma potrai fare in modo chelo stesso ti chieda se conosci una strategia migliore. 3. Vedo che la società X (inserire quella del prospect) non sta investendo nell’area Y. Perché non lo fa? Questa domanda può essere una variante della n. 2. La risposta che ne riceverai ti dirà se il prospect non sta investendo in Y area perché non è a conoscenza di questa opportunità oppure non sa come far fruttare al meglio l’opportunità o, ancora, non ha le risorse per fare questa cosa. In verità, la risposta insè non ha grande importanza, ma è importante il fatto che tu ti trovi nella posizione di aiutarlo. E questo, dal punto di vista del prospect, è la prova che l’opportunità vale il (tuo e) suo tempo, perché la tua intenzione è aiutalo a creare un strategia, oppure hai modo di mostrargli come il tuo prodotto semplifica una certa attività dell'azienda del prospect. 4. Quella sfida o opportunità (nominarla) è una priorità per il “boss”/responsabile del prospect? Usa LinkedIn, per esempio, per scoprire chi è il diretto superiore del tuo prospect (o a chi risponde il suo responsabile). È importante fare qualche ricerca per capire quali sono i desideri principali – forse hanno scritto un post sul blog dove hanno dichiarato le loro priorità, hanno parlato in un webinar del loro successo in una certa area oppure di come vorrebbero inserirsi in una certa nicchia di mercato etc. Poi potrai usare queste informazioni per fare la tua domanda. Il tuo prospect sarà impaziente di sapere se tu puoi aiutarlo a far colpo sul loro “boss”. 5. Ti interessa contattare il nostro esperto (scrivere il nome dell’esperto della tua azienda) per discutere degli obiettivi/priorità di business del tuo “boss”? In questo modo offri al prospect l’occasione (perché avrai nel frattempo fatto percepire la competenza della tua azienda nell’essergli utile) di contattare un esperto interno alla tua azienda. Per esempio se il prospect lavora nelle vendite, potresti scrivere: “il nostro Sales manager ha recentemente sviluppato un nuovo programma per il lead scoring. Ti interessa contattarlo per parlare con lui di una strategia di lead scoring per la tua azienda [scrivere il nome azienda] ?”. Ti distinguerai dagli altri venditori! Perché gli altri cercheranno, molto probabilmente ancora fermi alle tradizionali tecniche di approccio, di avere un appuntamento con lui per parlare dei loro prodotti; diversamente da loro, tu gli stai facendo capire di potergli essere utile - in vari modi - e ai suoi occhi, stai così guadagnando valore sin dall’inizio. Naturalmente è difficile riuscire a fare questo lavoro per ogni contatto perché richiede tempo e non sempre si trovano informazioni utili, quindi riserva questo sforzo per prospect che davvero valgono tale dispendio di energie. 6. Hai mai pensato di usare X tecnica per raggiungere Y obiettivo ? Se conosci una soluzione facile e che si adatta bene al tuo prospect, suggeriscila già nella prima email. È facile che il prospect si sentirà in debito con te per l’aiuto avuto e ciò favorirà l’inizio di una relazione basata su solide fondamenta, oltre a renderlo più attento ad ascoltare futuri suggerimenti. Facciamo un esempio: Supponi di vendere una piattaforma per promuovere eventi. Il tuo prospect gestisce oltre 2 eventi a settimana, ma hai notato che li promuove solo via email. Potresti chiedere “Hai mai considerato di pubblicizzare i tuoi webinar su Twitter? Un mio cliente ha raddoppiato la partecipazione con un budget di tot. per i tweet sponsorizzati. 7. Vuoi che riservi un posto anche per te? Un collega ha ricevuto l’invito a partecipare ad un webinar che lo interessa molto, ma non aveva programmato di parteciparvi. Quando ha scoperto quanto fosse prestigioso e richiesto quel webinar, si è iscritto subito”. Provocare nel tuo prospect la paura di perdere l’occasione di partecipare a qualcosa che lo interessa molto, può rivelarsi una mossa vincente. Anche perché mostri attenzione verso i suoi interessi e gli fai la cortesia di permettergli di accedere a quegli argomenti. Certo è che gli dovrai proporre qualcosa che per lui abbia davvero valore perché sia apprezzata l’opportunità che gli offri. Naturalmente la proposta non deve necessariamente riguardare un webinar, potrebbe trattarsi di pubblicità sul network di eventi della tua organizzazione (riprendendo l’esempio precedente), oppure della tua comunità online, oppure una conferenza, un workshop etc Attenzione però; quello che gli offri deve essere un valore reale, non fuffa! Così come tutto ciò di cui parlate. Ne vale della tua credibilità e della sua fiducia. E i rapporti duraturi, anche nel business, si basano sulla reciproca soddisfazione e reciproco beneficio. In fondo, se si vuole vederla in una prospettiva più ampia, altro non è che un'applicazioni della strategia win-win. Una volta che sei riuscito ad allacciare un rapporto con questo prospect, avrai l’occasione di saperne di più sulle necessità, desideri, obiettivi del Buyer e anche delle contestazioni che può contrapporre al prodotto o servizio che devi vendere. Il grande vantaggio tuo sarà di poter costruire un’offerta o un’argomentazione appropriata e tagliata su misura per lui; farai in modo che non possa avere altre obiezioni al tuo prodotto. E le porte saranno aperte per farlo diventare tuo cliente a tutti gli effetti. Fonte: 7 Intriguing Questions to Include in Your Prospecting Email [Infographic]
Le aziende che si trovano nella fase iniziale dell’attività B2B, in particolare, quando cominciano a cercare i primi clienti, fanno l’errore di voler “pescare” in tutto il mare possibile; con la conseguenza di mirare ad un pubblico target troppo vasto. Credono che più ampio è il numero dei clienti ideali e maggiori possibilità avranno di raccogliere qualcosa. Niente di più sbagliato, perché spesso inseguono persone che con molta probabilità non compreranno mai il loro prodotto/servizio perché semplicemente non sono interessate. Andranno così a perdere del tempo prezioso, denaro e naturalmente risorse, dietro a persone non disposte ad ascoltare perché non attratte dalla proposta. Senza considerare che finchè tu perdi tempo in questo, i tuoi concorrenti entrano nel mercato e ottengono clienti più rapidamente di te. Il primo passo dovrebbe essere quello di concentrarsi sugli interessi dei clienti; questo aiuta sicuramente ad accelerare il processo di vendita B2B; perchè concentrarsi sui clienti significa capire chi sono i potenziali clienti e cosa vogliono. Come? Ecco un approccio suggerito da HubSpot Sales per trovare i primi clienti B2B - e HubSpot... di Marketing e Sales in ottica Inbound ne sa decisamente! Step 1: Creare il Profilo del Buyer ideale Per comunicare nel modo corretto ad una persona dobbiamo sapere chi è e tanto più se vogliamo fare B2B perché ci troveremo, abbastanza sicuramente, di fronte ad una persona che saprà il “fatto suo”. Attenzione però a non confondere Profilo del Buyer ideale con il Buyer Persona. Il Profilo del Buyer ideale, quello che ora ci interessa, va a definire le nostre aziende target, mentre i Buyer Persona sono le persone con cui fisicamente di andrà a comunicare e che lavorano all’interno dell'azienda target. Per esempio un Profilo del Buyer ideale potrebbero essere le aziende che si occupano di assistenza sanitaria, con meno di 100 dipendenti che si trovano nel nord Italia. Entro questo target, si andranno poi a delineare i Buyer Persona che interessa contattare come, per esempio, il responsabile degli acquisti, o altri ruoli coinvolti nelle decisioni aziendali. Quindi ecco i 5 punti che compongono il Profilo del cliente ideale senza i quali fare Prospecting potrebbe essere molto difficile. Conoscere il fatturato annuo dell’azienda Il numero dei dipendenti dell’azienda (qui LinkedIn può essere di aiuto, per esempio) L’organigramma dell’azienda (e capire per esempio se c’è un team interno che si occupa di Social Media, piuttosto che un team sales…) La tipologia di business per quella produzione (per es. new technology, edilizia, ect. viene venduta direttamente al consumer, quindi hanno un business B2C, oppure viene venduta ad un’altra azienda, quindi fanno B2B? ) Un obiettivo aziendale condiviso (es. aumentare la brand awareness, aumentare i nuovi contatti etc.) Una volta creato il Profilo del Buyer ideale, sarebbe buona norma entrare nella testa dei professionisti che lavorano in questo Profilo aziendale, mettersi nei loro panni e pensare come penserebbero loro... per capire gli atteggiamenti mentali e comportamentali che mettono in atto per raggiungere gli obiettivi aziendali. Sarebbe importante qui porsi delle domande anche semplici, come per esempio “Lavorano nel team marketing?” oppure “nel team sales?”; “Attraverso quali mezzi comunicano?” etc. E cercare così le motivazioni anche profonde che guidano questi professionisti. Questa operazione, necessaria, conduce direttamente allo step successivo: Step 2: Creare i Persona Scegli i tre - ma il numero può variate - ruoli principali a cui vuoi vendere, quelli con i quali cioè intendi sviluppare i contatti per il B2B (per es. il responsabile dei Social Media, il responsabile del marketing e il responsabile advertising) e per ciascun ruolo aziendale sviluppa i seguenti argomenti: 2/3 responsabilità o pensieri che giornalmente il Persona Mario, responsabile del marketing, affronta durante il suo lavoro Individua 2/3 modi attraverso i quali la tua azienda può facilitare o alleviare le responsabilità quotidiane del Persona Indica 2/3 obiettivi a lungo termine del Persona Individua 2/3 modi attraverso i quali la tua azienda può aiutare il Persona a raggiungere più velocemente i suoi obiettivi a lungo termine. Come la tua azienda può favorire (naturalmente visto che lo aiuterà a raggiungere più velocemente gli obiettivi) un’eventuale promozione/avanzamento di carriera. Questo approccio, sebbene inizialmente dovrai dedicarci un po’ di tempo, aiuterà il tuo team commerciale a mettere a fuoco gli argomenti su cui far leva per comunicare con quei Persona. Ti permetterà di comprendere anche le caratteristiche del ruolo che ricoprono e il linguaggio e tono da usare. E avrai già chiari i punti di interesse dei tuoi interlocutori. Per un businessmen arrivare al “dunque” in modo preciso e tempestivo senza fargli perdere troppo tempo è sempre un elemento apprezzato. Ora che questi argomenti sono fissati, possono essere utilizzati per contattare il Persona che interessa cercando di stabilire fin da subito un certo feeling con l’interlocutore. Chi si sente riconosciuto nel linguaggio, negli obiettivi, negli interessi... è più disposto ad ascoltarti. Tutto ciò faciliterà il dialogo professionale e sarà di sicuro più positivo di una qualsiasi telefonata a freddo o di una mail anonima. Ed ecco l’ultimo passaggio. Step 3: Classificare i Persona da contattare facendo una graduatoria secondo questi elementi: Quanto sono in linea rispetto alla soluzione che proponi? Qual è il budget che hanno a disposizione? Che livello di influenza hanno i Persona all’interno dell’azienda rispetto alle scelte decisionali? Una volta che avete una classifica, organizzate una strategia per entrare in contatto con il primo Persona in classifica e poi a seguire. Sono forse dei piccoli suggerimenti, ma vi aiuteranno a relazionarvi in modo più efficace con le persone che desiderate e a trovare clienti in modo più produttivo, senza perdere tempo prezioso. Fonte: The B2B Outreach Strategy That Helped Us Win Our First 10 Customers
Basterebbe già sapere qual è lo scopo di una landing page per capire perchè sono così importanti per il B2B. Ma, facciamo tabula rasa e partiamo da zero.Una landing page, “pagina di atterraggio”, ha essenzialmente l’obiettivo di convertire i visitatori sconosciuti di un sito web in contatti/lead e, per l’e-commerce, ha l’obiettivo di facilitare e anche invogliare l’acquisto di un prodotto o servizio. Acquisto = aumento del fatturato aziendale.Avere un contatto significa avere nel database aziendale un nome e almeno un’email con la quale potrai ricontattare quella persona; potrai anche accrescere la qualità delle informazioni e dei dati di quel contatto in fasi successive. Ma in primis… sai che quella persona è interessata a quel tale prodotto o tipologia di prodotti o quelle informazioni etc. o alla tua azienda… perché per avere quei contenuti ha lasciato i suoi dati “personali”. E ben sappiamo quanto tutti noi siamo ritrosi a dare i nostri dati in giro. Ecco perciò la grande opportunità: avere un database di persone potenzialmente interessate a un “qualcosa” che la tua azienda può offrire. Sono aspetti decisamente interessanti, vero? Quindi avere una - o più - landing page sul proprio sito web è decisamente un’opportunità da non tralasciare per tutte le aziende che al pubblico devono la loro sussistenza; praticamente tutte, anche le no profit. Perchè le landing page aiutano il team commerciale a vendere di più e meglio. Le landing page dovrebbero essere maggiormente considerate soprattutto da quelle aziende che si occupano di B2B e che solitamente affidano, o comunque per anni hanno fatto affidamento, sui commerciali stile “porta a porta” per trovare nuovi contatti. Con questo non vogliamo assolutamente sminuire il lavoro duro che un bravo commerciale compie tutti i giorni per cercare il modo di allargare la lista contatti dell’azienda. O peggio insinuare l’idea che possano essere sostituiti. Assolutamente NO! Anzi… landing page e i commerciali dovrebbero lavorare assieme! La landing page “procura” i dati di contatto e informazioni di persone interessate, il commerciale cerca di concludere il contratto. Pensiamo quanta meno fatica potrebbe fare un commerciale se contattasse possibili clienti che già hanno espresso il loro interesse? anziché mettersi a fare telefonate a freddo o mandare email al mondo intero; se si rivolgesse a quei contatti proponendo loro già da subito il prodotto/servizio che gli stessi cercavano? Che maggiore successo avrebbe un approccio di questo tipo in cui il commerciale contatta quel possibile cliente sapendo già cosa Paolo cerca?! E poi consideriamo anche che un commerciale, giustamente, il sabato e domenica riposa, una langing page è attiva 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, 365 giorni l’anno! E può raccogliere dati di contatto sempre. Si, il web ha cambiato il mondo, soprattutto del business e l’inbound marketing è la risposta alle esigenze di trovare clienti nuovi e senza perdere tutto quel tempo e risolse che si spendevano un tempo con l’outbound marketing (sebbene qualche azienda lo usi ancora). La landing page si inserisce proprio in questa ottica! Perché è il punto di approdo del visitatore che è interessato alle proposte di un’azienda. È il punto di approdo perché a monte c’è tutto un lavoro di strategia inbound: cioè quella metodologia che ha come obiettivo quello di attrarre persone interessate sul sito web, convertirli in lead (ecco dove di colloca la landing page) e trasformarli poi in clienti. È inutile fare tanto lavoro a monte per creare contenuti che attraggano visitatori se poi li facciamo arrivare sulla homepage del sito aziendale o su una pagina qualsiasi! Una volta che sono lì che fanno? Si guardano intorno? Si mettono a cercare i contenuti che interessava loro e per i quali sono arrivati li? Sai quanto rimane in media un visitatore su una pagina di un sito per esplorarlo? In media 8 secondi, se ti va bene! E poi lascia il sito perché non ha trovato subito ciò per cui era giunto lì. Vogliamo perdere questa possibilità? No, dobbiamo indirizzarlo sulla landing page e cercare di farci lasciare i suoi contatti offrendogli il contenuto che lo interessava e per il quale è arrivato sul nostro sito. Il contenuto che gli interessava, ricordiamoci! Perché uno degli elementi che rende efficace una landing page, cioè per far si che converta i lead, deve necessariamente offrire il contenuto che è stato promesso a quel visitatore nella Call-to-Action. Per vedere meglio il processo di conversione da visitatore in lead con Call-to-Action, landing page e thank you page, nonche contenuti ad hoc e tutti gli altri elementi che concorrono al successo di questo passaggio fondamentale per una strategia di inbound marketing… prova a leggere Cos'è una Landing Page e perché è importante e Come funziona una landing page nell'inbound marketing Quindi… vogliamo o no usare le landing page per cercare di avere nuovi clienti interessati già a ciò che l’azienda propone?! E se ti sembra troppo complicato strutturare questo processo, anche dal punto di vista grafico, un software all-in-one come Hubspot può aiutarti in questi passaggi e in molte altre azioni per trasformare i tuoi contatti in clienti; d'altronde è stato progettato proprio per fare inbound marketing.