La seconda fase dell'inbound marketing (secondo Brian Halligan che l'inbound l'ha inventato)

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Il 2016 è il 10° anniversario dalla nascita di HubSpotda quando cioè Brian Halligan e Dharmesh Shah hanno iniziato a parlare di inbound marketing.

Sì, lo so che sembra strano, ma a dispetto di quello che vi hanno dato spesso ad intendere qui in Italia l’Inbound Marketing, negli USA, è un concetto fortemente legato ad Hubspot, visto che la metodologia inbound marketing e la piattaforma per gestirla si rimpallano a vicenda concetti, tattiche ed azioni. E no, non è stato inventato dai nostri divulgatori nostrani.


L’inbound marketing è diventato famoso, al punto che con un misunderstanding comune, viene spesso cambiato per SEO + content marketing + attenzione alla conversione sulla pagina. E’ molto di più, sia dal punto di vista dell’approccio, che da quello filosofico, per arrivare a quello pratico. Ci entra il Buyer Persona, che compie un Buyer's Journey e che viene coinvolto con la metodologia inbound. E con lo strumento per gestirla, HubSpot.

 

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Per Brian Halligan è tempo di bilanci, di considerazioni, di nuovi punti di vista da introdurre. Lo fa con un post a cuore aperto, in cui tocca diversi temi, ricchi di spunti.

Quello che dice l’inbound marketing è fondamentalmente ancora corretto, ma molti canali specifici che utilizziamo per trovare, valutare e comprare, sono cambiati in 10 anni. A partire dalla quantità dell’offerta a cui potere accedere: se nel 2006 i prospect potevano scegliere tra 4-5 possibilità per accedere ad un determinato servizio, oggi, nel 2016, potrebbero essere 14/16  o più."

 

La seconda fase dell'inbound marketing

I cambiamenti sono tanto grandi al punto che per Halligan è tempo di parlare del “Secondo atto dell’inbound marketing”

Innanzitutto perché è. Cambiato il modo cui cui fruiamo le ricerche: “Nel 2016 Google aiutava gli acquirenti trovando le risposte alle loro domande e servendo i link per arrivare alle informazioni rilevanti. Pensando ad oggi, non c’è bisogno di alcun click — Google spesso ci fornisce le risposte attraverso un box di testo formattato con immagini. I numeri variano a seconda della tipologia di ricerca, ma già oggi tra il 20 e il 35% delle ricerche trovano risposte già sulla SERP di Google, senza entrare nelle pagine”.

Per adattarsi le aziende non devono più solo pensare al posizionamento ma anche ad educare i clienti direttamente sulla SERP.

 

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Ma non è l’unico cambio di Google. Pensiamo ad ADWords: “Finché erano sulla colonna di destra - spiega Halligan - i risultati a pagamento occupavano al massimo un 50% dello schermo. Ma ora, spostando i risultati a pagamento sopra, si arriva a volte al 100% della pagina occupata dal pagamento e altri risultati, sia da desktop che da mobile. Tutto questa significa una cosa: se avete budget, pensate all’integrazione delle Ads nella vostra strategia inbound. Ma come fare Ads in maniera "inbound”? Sempre cercando di essere utili. Se un contenuto utile viene tagliato fuori dalle ricerche organiche, valuta se è una buona idea spingerlo con una sponsorizzazione. Suggerisco di dare il budget ai contenuti di qualità che funzionano bene anche da soli sui social media.”

E comunque, caro Halligan, ricordati delle code lunghe, chiavi che meno probabilmente saranno invase dalle risposte in SERP o dalle ADWords. Credo si spieghi nel primo corso di Inbound dell’Accademia di HubSpot. Succede che, se prima pagavi un editor e un SEO, oggi ci aggiungi alle le ADWords per le keyword più competitive. Non è proprio una rivoluzione Copernicana, ma possiamo essere d’accordo che di rivoluzione, rispetto al 2016, si tratta.

E a proposito di social anche Facebook è cambiato. Brian Halligan ci ricorda che "ora ci sono i Lead ADS di Facebook, che permettono ai clienti di completare un form direttamente nel newsfeed “aprendo nuove opportunità e livelli di trasparenza sulla reale efficacia di una campagna AD. Dove prima avevamo il PPC, nel 2016 siamo arrivati a pagare il Pay Per Lead.

 

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Ricordando il report sullo stato dell’Inbound del 2016,  il blocco della pubblicità su mobile cresce del 90% annuo. Quindi la pubblicità occupa più spazi nei risultati delle ricerche, e tutto questo, inevitabilmente, influenza i modi in cui i potenziali clienti trovano la tua azienda”.

Amen.

Il modo in cui la gente cerca risposte e scopre le aziende sta cambiando, e anche il formato dei contenuti:

La lettura è in calo - spiega Brian -  il video cresce. 10 anni fa, il potere del content marketing era ricerche + contenuti scritti. Ora è social media + video. L’incremento dell’uso del mobile ha dato una spinta alla crescita della popolarità dei video. Per chi si occupa di contenuti, il risultato qui è facile. Mentre il testo resta molto importante, potresti smettere di  cercare il prossimo blogger e cominciare a cercare un  produttore di video. L'anno prossimo, il 50% dei tuoi contenuti dovrebbe essere un contenuto video, sia ospitati nativamente sui social o crearlt avendo in mente di distribuirli sui social”.

 

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Un’osservazione interessante di Halligan riguarda il modo in cui passiamo il nostro tempo libero: “il nostro tempo libero è dominato da Facebook. 4 delle applicazioni più usate - Facebook, Messenger, WhatsApp e Instagram - sono proprietà di Facebook. Oggi, gli acquirenti sono legati al mondo di Mark Zuckerberg tutto il giorno. Se non li incontri qui, rischi di perderli”.

Fa un po' impressone messa così? Vabbeh allora consolatevi, non siete cinici marker che vogliono approfittare di questa ghiotta occasione per intercettare il pubblico :)

Un ultimo aspetto individuato da Brian Halligan riguarda il ruolo del sito web: “10 anni fa il tuo sito web sopportava il commerciale. I clienti potevano navigare il sito per capire il necessario e poi prendevano in mano il telefono per parlare con il commerciale. Oggi è l’opposto: il commerciale supporta il sito web. I clienti vogliono sempre di più arrangiarsi e contattare direttamente il commerciale quando sono pronti per fare l’acquisto - magari per farsi spiegare meglio quanto letto online NdR -. Solo un 19% degli acquirenti dice di volere parlare con un commerciale durante la fase della considerazione del buyer’s journey, tutti preferiscono parlarci quando stanno decidendo l’acquisto.”

 

Halligan chiude con i suoi consigli per gli inbound marker per il prossimo anno - e oltre:

 

  1. Investi sui video. Diversifica il tuo piano di contenuti per includere social + video in aggiunta di testo + ricerca.

  2. Vivi nei social. Non c’entra B2B o B2C. Le persone usano Snapchat, Instagram, Messenger e le altre piattaforme social. Cercale là.

  3. Accelera i tuoi contenuti. Combina il content marketing e il marketing a pagamento. Riproponi i tuoi contenuti di maggior successo su differenti canali e dai loro una spinta con del budget.

  4. Automatizza i tuoi processi di vendita. Gli acquirenti si aspettano di poter procedere al completamento del buyer’s Journey con o senza interazione con altre persone, a seconda delle loro necessità.

 

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Giovanni Fracasso

Giovanni Fracasso

COO e CMO @ICT Sviluppo