L'utilità delle emozioni nel marketing

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Nel mondo della pubblicità, ciò che fa vendere di più un prodotto può essere riassunto in una semplice parola: emozione.

Non è poi così strano: del resto, le emozioni sono ciò che più condiziona il nostro modo di pensare e di agire, siano esse positive o negative. Perché, dunque, non puntare su di esse quando si compiono decisioni di marketing? Associare un brand ad un'emozione forte è una strategia efficacissima, soprattutto se espressa con un video, strumento che più si avvicina alla rappresentazione della realtà.

Basti pensare ai video con più visualizzazioni su Youtube, o ai contenuti più visti sui social: si tratta sempre di materiale che fa leva su un'emozione facilmente condivisibile, oppure su una controversa e sorprendente.

Inoltre, la pubblicità è comunque soggetta a tendenze: nel momento in cui un canone si afferma, un'eccezione che rompa gli schemi farà molto più successo di qualcosa già visto, procurando al brand che l'ha messa in circolazione un grosso aumento di visibilità. Questo è particolarmente vero se consideriamo il contesto sociale degli ultimi quindici anni: la digitalizzazione sempre più accentuata della quotidianità può portare un contenuto ad una fama praticamente nazionale (se non addirittura internazionale, in alcuni casi) in tempi ridottissimi.

Le emozioni di base che ognuno di noi prova con una certa frequenza sono essenzialmente: felicità, tristezza/preoccupazione, rabbia e sorpresa. Vediamo alcuni esempi di spot pubblicitari che hanno fatto leva - con successo - su questi stati d'animo.

 

1. Felicità

La felicità è forse il sentimento più importante per l'uomo, che definisce la sua condotta e guida le sue intenzioni.

Del resto, nel corso della storia innumerevoli persone, dai filosofi ai matematici, dai poeti ai politici, si sono domandate con che cosa coincidesse la felicità e se ci fosse un modo per raggiungerla nella sua forma più pura. Le pubblicità non hanno questa pretesa: a loro basta far sorridere il consumatore, per far sì che il loro prodotto sia associato al buonumore derivato dal relativo spot: questo farà sì che la merce pubblicizzata guadagni punti a prescindere da cosa offrirà all'acquirente, che potrebbe decidere di effettuare la sua scelta d'acquisto proprio in base a ciò che più lo ha fatto ridere.

Eccellente sotto questo punto di vista sono state, per esempio, le pubblicità della RedBull: l'animazione volutamente poco curata dei personaggi, le comiche vicende surreali e il motto finale "Red Bull ti mette le aaaali" hanno strappato almeno un sorriso a chiunque.

Una tecnica molto utilizzata è anche presentare un prodotto come portatore di allegria e buonumore: un esempio perfetto sono praticamente tutte le pubblicità della Coca Cola, nelle quali la famosa bevanda porta sorrisi e unisce le persone sotto lo slogan "Taste the Feeling".

 

2. Tristezza/preoccupazione

Dopo aver parlato della felicità, non si può non affrontare il suo contrario, l'altro sentimento che da sempre caratterizza l'uomo, in maniera diametralmente opposta: la tristezza.

In termini di marketing, la tristezza si traduce in commozione finale, oppure in un forte sentimento di apprensione.

In questo caso, gli esempi più riusciti non rappresentano un prodotto (il rischio di "rovinare" uno spot intenso con una mossa troppo commerciale è veramente alto), quanto piuttosto campagne od eventi.  

Basti pensare ai video diffusi in occasione delle Olimpiadi: particolarmente toccante il video realizzato per Londra 2012, in cui il ruolo della madre, fondamentale per i futuri atleti, viene definito "the best job", cioè il lavoro migliore.

 

La multinazionale Procter & Gamble ha guadagnato moltissimi consensi a livello mondiale con video come questi, occupandosi di promuovere eventi o sensibilizzare nei confronti di determinate problematiche.

Lo stesso vale per il sentimento di apprensione: l'obiettivo è spesso sensibilizzare rispetto a vizi o cattive abitudini, scioccando il pubblico e impressionandolo, così da imprimere bene nella sua mente le eventuali conseguenze di azioni che ci sembrano distantissime, eppure fanno parte della realtà di ognuno, come bere un bicchiere di troppo o l'eccedere i limiti di velocità stradali.

Raggelante nella sua efficacia è la pubblicità progresso neozelandese "Mistakes", sulla responsabilizzazione al volante, che evidenzia il potenziale distruttivo di una semplice disattenzione alla guida.

 

 

Il messaggio, con l'ansia crescente dovuta al fatto che già sapremo come andrà finire - in particolare a causa del dettaglio dello "scatto" della vettura nell'immobilità del paesaggio - colpisce come un maglio lo spettatore.

 

3. Rabbia

Suscitare un sentimento di ira, o al limite di fastidio, negli spettatori è un'altra tecnica molto particolare per coinvolgere emotivamente il pubblico. È decisamente meno utilizzata delle due precedenti, anche perché di più difficile realizzazione: per definizione, la rabbia è il sentimento più difficile da controllare, movente di reazioni molto spesso avventate e irrazionali

Il trucco, in questo caso, è la compensazione: prima attiri l'attenzione del pubblico stuzzicandolo con qualcosa che sai troverà fastidioso o addirittura inaudito, e poi ribalti la situazione, concludendo la pubblicità con un evento che dia un forte senso di soddisfazione all'utente, valorizzato dai forti sentimenti appena provati e da un senso di "giustizia è fatta".   

Il rischio di creare un contenuto del genere è, appunto, perdere un utente prima del momento di svolta: per questo motivo è consigliabile studiare dei tempi molto marcati, intorno al minuto o anche meno. 

Riprende magistralmente queste linee lo spot rilasciato dalla Commissione dei Diritti Umani portoghese in occasione dei 15 anni della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

 

 

Chiunque, nei primi 40 secondi di video, non può non provare fastidio per il comportamento sprezzante della donna. Allo stesso modo, la sensazione di giustizia derivante dal vedere il ragazzo di colore, sorridente, spostarsi verso la prima classe è decisamente soddisfacente.

 

4. Sorpresa

Chiudiamo la nostra carrellata con un'emozione che, per definizione, stupisce: la sorpresa.

Una pubblicità eccezionale è una pubblicità che viene ricordata: e una pubblicità sorprendente, che rompe i canoni, che spiazza il suo pubblico resterà sicuramente impressa nella memoria di coloro che l'hanno guardata.

Una propaganda può essere stupefacente per diversi motivi: infatti sotto l'insegna dello stupore possono rientrare tutti i video condivisi su quest'articolo, che sono partiti dalle loro basi comiche, commoventi e controverse per concludersi in un finale memorabile, che possiamo definire sorprendente. 

Un video definito tale, generalmente, esce dagli schemi, stravolgendo le aspettative dello spettatore: ne è l'emblema lo spot per Kenzo World, un profumo da donna che vuole essere audace, libero e prorompente. 

 

 

Ecco cosa intendo per "uscire dagli schemi". Sapendo di star per guardare un video promozionale di un profumo, vi aspettereste di vedere questo condensato di espressività, azione e follia? 

L'audace manovra commerciale è stata premiata: il video ha riscosso milioni di visualizzazioni, e, seppur non esente da critiche (inevitabili quando si decide di sfidare un modello ben saldo come quello del "bello classico" nel mondo della profumeria) il profumo è stato sulla bocca di tutti - l'obiettivo di ogni pubblicità - per un bel pezzo.

 

Conclusione 

Ed ecco come le diverse emozioni, sapientemente suscitate dagli esperti di marketing, possono indurre ad apprezzare un prodotto, un servizio o un evento, oppure - come nel caso del video sulla sicurezza stradale o sull'intolleranza razziale - rendere più cosciente il pubblico su alcune tematiche forti.

In qualsiasi caso, l'obiettivo è scuotere il tuo pubblico: che ciò avvenga facendolo ridere, commuovendolo o provocandolo dipende dalla tua strategia e da quello che intendi proporre. 

La visibilità su Internet può anche crescere grazie ad un solo contenuto sensazionale: segui questi esempi, ottimizza i tuoi video e conquista il web!

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Francesco Gremes

Francesco Gremes

Inbound Specialist Figlio di una maestra e di un medico, sin da piccolo ho subito un’attrazione irresistibile nei confronti delle parole. Prima ancora di saper leggere, restavo incantato dalla voce di mia madre o di mio padre che mi leggevano qualcosa, e quando ho appreso come decifrare quei curiosi segni chiamati lettere il mio mondo si è tinto di nero su bianco. A scuola, l’italiano si è subito imposto sulle altre materie, specie quando si trattava di scrittura creativa: però, per qualche strano motivo - probabilmente un adolescenziale miscuglio di testardaggine e orgoglio - ho deciso di frequentare il liceo scientifico, nonostante la mia mediocrità nelle matematica. Conclusosi quello strazio durato sei anni - nei quali ho collezionato il mio 5 in matematica con regolarità ammirevole - ho deciso di concedermi alla mia vera passione, e mi sono iscritto a Lettere Moderne a Padova, immergendomi in un cosmo in cui regnavano sovrani il Medioevo e il Trecento italiano. Come sono arrivato qui? Per puro caso, mentre mi dedicavo alle ripetizioni con il quale cercavo di tirar su qualche soldo da spendere prontamente il weekend stesso: da sempre un pò diffidente della tecnologia (datemi carta e penna e sarò felice, mettetemi di fronte ad uno schermo e lo sarò un pò meno), non credevo che sarebbe stato un lavoro adatto a me. Beh, errare è umano, e quanto mi sbagliavo. Adoro quello che faccio in azienda - copywriting, produzione dei contenuti, creazione di campagne pubblicitarie e consulenza su strategie di marketing - e penso seriamente di voler continuare a farlo per molto, mooolto tempo.