La newsletter è un messaggio che un’azienda o un e-commerce invia settimanalmente, mensilmente o con cadenza bimestrale al suo database di contatti. Generalmente il suo obiettivo è quello di comunicare con il cliente e di aggiornarlo in merito a novità, promozioni ed offerte. La DEM è una mail che un’azienda invia non con cadenza settimanale o mensile, ma principalmente in momenti in cui si ha necessità di promuovere uno o più prodotti e/o servizi. Il suo obiettivo è infatti principalmente di comunicare un messaggio commerciale. Una DEM efficace impone un testo ben scritto, una grafica ben fatta e se si tratta di promuovere offerte su prodotti, di belle immagini. L’invio della newsletter non esclude quello della DEM, in quanto come si può dedurre gli scopi sono differenti, così come sono diverse le tipologie di newsletter e DEM che si inviano al proprio database. Approfondiremo nei prossimi paragrafi tipi di newsletter e DEM e obiettivi di ciascuna. Newsletter e DEM: come possono aiutare la tua attività Newsletter e DEM possono certamente aiutare il tuo business, come? La risposta è semplice: mantenendosi in contatto con il potenziale cliente, cercando di nutrire la sua curiosità e stimolandolo a compiere azioni specifiche mediante sconti, promozioni e offerte. La newsletter, a seconda che la sua cadenza sia settimanale, mensile o bimestrale fa sì che l’azienda si mantenga in costante contatto con il proprio database di contatto, mantenendolo informato e aggiornato su prodotti o servizi che l’azienda vende. L’azienda ne ha bisogno se vuole mantenere attivi i suoi clienti, anche perché la newsletter è un ulteriore strumento per valutare quali sono i clienti così definiti “caldi”, quindi quelli attivi e quali quelli “freddi”, ovvero quelli definiti dormienti. In base a questa distinzione è possibile anche programmare le successive operazioni di marketing e tra queste possono rientrare anche le DEM. La DEM ha l’obiettivo specifico di aiutare il potenziale cliente a prendere una decisione su di un offerta o una promozione e utilizza tutti gli escamotage possibili per far sì che questo avvenga. Tipologie di newsletter Esistono diverse tipologie di newsletter, a seconda chiaramente dell’obiettivo della comunicazione e delle risorse a disposizione. Newsletter e-commerce; Newsletter focalizzate sul prodotto; Newsletter specifiche sul brand; Newsletter informative. Newsletter e-commerce. Se hai un e-commerce è importante inviare una newsletter settimanale o mensile sui prodotti che hai in promozione, più apprezzati o indicati in un particolare periodo dell'anno. Ad esempio se hai un e-commerce di biancheria per la casa e nel mese di dicembre vuoi promuovere la vendita di articoli natalizi, come ad esempio tovaglie per la tavola di natale, decorazioni per la casa o biancheria da letto particolare, inviare una newsletter settimanale partendo da metà novembre, potrebbe essere un’ottima strategia per far aumentare gli acquisti sul tuo negozio online. L’importante per questo tipo di newsletter è creare un bel layout con grafiche natalizie, ma ancora più importanti sono le immagini dei prodotti. Il testo in questo caso deve essere breve e d'impatto. La newsletter può essere inviata settimanalmente, promuovendo di volta in volta una categoria specifica di articoli natalizi. In questo modo si manterrà sempre vivo l’interesse delle persone durante le settimane che precedono il Natale. Fondamentale per un e-commerce è la gestione dei dati in merito alle visite degli utenti sul negozio online, agli open rate e CTR di newsletter e DEM per verificare l’efficacia delle azioni di marketing. Un e-commerce CRM come Hubspot può darti una grande mano nella gestione e nel monitoraggio dei dati. Newsletter focalizzate sul prodotto. Anche in questo caso il riferimento potrebbe essere fatto per gli e-commerce. Se ad esempio si vuol vendere un prodotto nello specifico, come ad esempio un orologio da polso, si può pensare di costruire una newsletter che si focalizzi specialmente su di esso, andandone a descrivere caratteristiche, varianti di colori, tipologie di cinturini, di quadranti e così via. Potrebbe essere utile allegare anche un articolo che parli del prodotto, per approfondimento. Ovviamente all’interno dell’articolo è necessario inserire un link che riporti alla scheda prodotto per finalizzare l’acquisto. Come per la newsletter ecommerce, anche qui sono importantissime le immagini e il layout della mail. Newsletter specifiche sul brand. Questa tipologia di newsletter è focalizzata nello specifico su brand dell’azienda, quindi potrebbe essere pensata come una mail bimestrale, dove magari si aggiorna il cliente sulle iniziative aziendali. In questo caso il brand deve essere forte sul mercato e conosciuto dai clienti, così che l’interesse sia maggiore nei confronti dell’azienda. Newsletter informative. Questa tipologia di newsletter prende solitamente spunto da un blog interno dell’azienda, che si concentra per esempio su informazioni relative alle categorie di prodotto o ai prodotti nello specifico, quindi sulle loro caratteristiche e su come poterli utilizzare. Diversamente se il blog è a supporto di un’azienda che fornisce servizi, vi saranno articoli di approfondimento su quest’ultimi o su come essi possano risolvere un problema consapevole o meno del potenziale cliente. In questa tipologia di newsletter il layout deve essere semplice, non deve distogliere l’attenzione dal messaggio. Si consiglia di scrivere un’introduzione differente di mese in mese, in modo che si percepisca sempre il duro lavoro che c’è dietro ogni comunicazione aziendale. La cadenza delle newsletter informative sarebbe consigliabile fosse mensile, così da raccogliere più articoli di blog insieme. Ok, ma come si crea una newsletter efficace? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. Come creare una newsletter efficace Per scrivere una newsletter efficace e cioè che abbia un alto open rate e ottimo CTR, è consigliabile seguire questi punti: Scrivi un oggetto semplice, diretto e breve; Non utilizzare mai nell’oggetto parole come GRATIS, REGALO, CHIAMA, COMPRA ORA; Non usare nell’oggetto punti esclamativi, eccessive emoticon o parole tutte in maiuscolo; Utilizza software di mailing che riprendano sempre il nome del cliente, così si sentirà più coinvolto. In tal caso vi consigliamo Hubspot CRM; Evita di usare come mittente un nome impossibile da ricordare o uno generico, come REDAZIONE, AMMINISTRAZIONE e simili; Scrivi un testo breve, ma utile; Utilizza i grassetti e la formattazione; Usa il tono of voice dell’azienda, non utilizzarne uno differente da quello solito; Inserisci delle CTA chiare che consentano all'utente di effettuare ulteriori azioni; Fai sempre le dovute verifiche prima d'inviare una newsletter, come la lista dei destinatari che deve essere corretta e profilata. Prima d'inviare la tua newsletter valuta sempre se il tuo pubblico di riferimento è attivo e interessato all’azienda. Ora che sappiamo come dovrebbe essere strutturata una newsletter efficace, andiamo ad approfondire le tipologie di DEM e come scriverne di efficaci. Tipologie di DEM Come specificato all’inizio di questo articolo, una DEM è una mail di solito con fini espressamente commerciali che si invia non con una cadenza fissa, di fatti il proposito è quello di vendere uno specifico prodotto o servizio. Una DEM può essere di varie tipologie, ovvero: focalizzata su sconti e offerte speciali; promozioni stagionali (estive, natalizie etc.); con focus su un lancio di eventi se l’azienda si occupa di quello; una mail che periodicamente invita i clienti a fare l’upgrade di un servizio. Ciascuna di questa tipologia di DEM deve ovviamente essere supportata da una grafica personalizzata in base all’offerta che si sta lanciando. Come creare una DEM efficace Una DEM è efficace quando, come accade per le newsletter, è strutturata con: Un oggetto parlante che invogli ad aprire la mail, quindi niente di scontato o che sia seguito da parole come OCCASIONE, SCONTO, OFFERTA; Delle CTA molto ben ideate che portino a far cliccare l’utente e quindi a compiere un’azione; Un layout che conquisti l’occhio di chi apre la mail mettendo in risalto il tema principale, senza però distrarlo troppo; Un’offerta commerciale molto ben costruita, che appaia realmente vantaggiosa. Una DEM è una mail che si invia una volta ogni tanto e di conseguenza l’attenzione a come viene realizzata deve essere quasi maniacale. Se vuoi creare Newsletter e DEM efficaci hai bisogno di un ottimo supporto, una piattaforma come Hubspot può esserti di grande aiuto per impostare adeguatamente la tua comunicazione via mail. Hubspot è un CRM avanzato, in grado di darti una panoramica completa delle tue azioni di marketing nel tempo e della conseguente risposta del pubblico. Come newsletter e DEM possono aiutare la tua attività? Scopriamolo nella prossimo paragrafo. Conclusioni Newsletter e DEM, insieme chiaramente anche ad altre azioni di marketing, contribuiscono all’aumento delle conversioni, ma è anche importante affidarsi a una piattaforma che possa aiutare a monitorare tutte le attività efficacemente. Hubspot CRM può offrirti questo supporto, permettendoti ad esempio di creare un layout per la newsletter o DEM personalizzato, verificando se nel tempo dati come Open rate e CTR. Per sapere di più su come ottimizzare le newsletter, scarica il nostro ebook gratuito
Né Instagram, né TikTok, né Facebook: il social del momento si chiama BeReal. Possiamo definirlo il social anti-influencer, poiché il suo obiettivo non è conquistare follower, né ottenere like ma semplicemente raccontare un momento qualunque della giornata in tempo reale senza filtri e senza trucchi. Il social BeReal nasce quindi in aperta contrapposizione con piattaforme come Instagram o Facebook, dove possono essere ritoccate le foto proprio con l’obiettivo di ottenere più like e di eliminare tutte le imperfezioni che però fanno parte della vita reale. In che modo l’app BeReal può essere utile alle aziende? Per rispondere a questo domanda dobbiamo prima capire come nasce il social e come funziona così da comprendere perfettamente come sfruttarlo a proprio vantaggio. Come nasce il social BeReal? Il social BeReal è online dal 2020 ma, come un diesel, ci ha messo un po’ di tempo prima di carburare. Oggi però è popolarissimo e vanta ben 3 milioni di utenti che quotidianamente ne fanno uso. L’idea è stata partorita in Francia dalla mente di due sviluppatori, Alexis Barreyat e Kevin Perreau. L’intenzione era quella di creare un social network dove le persone apparissero realmente per quello che sono, senza filtri o ritocchi. Molti giovani sono infatti stanchi di social come Instagram, Facebook o Snapchat dove tutti appaiono perfetti e senza difetti, perciò un social come BeReal che offre esperienze nuove e soprattutto reali ha avuto un così grande successo. L’obiettivo degli sviluppatori è creare un luogo online dove le persone possano mostrarsi per quello che sono, vere, trasparenti e senza interventi in post-produzione. Si creano così dei legami reali e autentici. A tal proposito nella descrizione dell’App Store si legge che il social “non ti renderà famoso” e “se vuoi essere un influencer, resta pure Instagram e TikTok”. Sin da subito il social è fedele alle stesse regole che “impone” ai suoi utenti: chiarezza e trasparenza. BeReal app: cos’è e come funziona Come funziona BeReal? Il social ha seguito un percorso diverso rispetto agli altri competitor, probabilmente più tortuoso ma sicuramente più originale. Il funzionamento è semplice: il social invia una notifica sullo smartphone all’utente, che ha tempo fino a due minuti per scattare una foto con entrambe le fotocamere e poi pubblicarla sul social. Perché tutto questo? Perché in questo modo non c’è il tempo per truccarsi, per sistemare i capelli fuori posto o per mettersi qualcosa di carino addosso. Gli utenti appaiono come sono in quel preciso istante, e quindi così come sono realmente. Inoltre si azzera il rischio di foto fake, poiché la doppia foto contestualizza l’ambiente dove è stato effettivamente eseguito lo scatto. Naturalmente l’utente non è obbligato a pubblicare la foto, questa è una sua scelta. Quando arrivano le notifiche? Ogni giorno ma in orari diversi, così l’utente non ha il tempo di prepararsi e non c’è il rischio di scattare foto costruite o preparate. E se qualcuno prova a fare il furbo postando una foto oltre i 2 minuti consentiti? In tal caso l’app oscura il feed dell’utente e gli impedisce anche di visualizzare i post degli altri amici fino a che non si posta la foto. Nel momento in cui si posta la foto in ritardo però gli altri utenti vengono avvisati tramite una notifica. Al massimo è possibile scattare più foto, ma l’app indicherà quanti tentativi sono stati fatti prima di pubblicarla. Non ci sono like veri e propri, poiché dopo aver superato i 50 amici si leggerà un generico +50. Al massimo è possibile reagire con le RealMoji, cioè le emoticon reali del proprio volto. Una strategia per certi versi coraggiosa ma che, per il momento, sta pagando e sta trovando terreno fertile soprattutto tra i giovanissimi della Generazione Z. BeReal app: come possono sfruttarla le aziende? Le aziende moderne sempre attente alle ultime novità, soprattutto quando si tratta di social, hanno naturalmente rivolto le loro attenzioni a BeReal, diventato un fenomeno impossibile da ignorare. Soprattutto in un’ottica di inbound marketing, dove è necessario attirare i potenziali clienti in modo naturale e senza forzature, non c’è niente di meglio di uno strumento trasparente come BeReal. Il discorso però non è così facile come sembra per le aziende, dal momento che sul social non è possibile sponsorizzare alcun contenuto. Anzi tra le clausole previste tra i termini e condizioni d’uso c’è proprio il divieto di usare la piattaforma con finalità commerciali o pubblicitarie. Al bando anche vetrine promozionali, spam o raccolta dei dati degli utenti. E allora come possono autosponsorizzarsi le aziende su BeReal? In realtà quello che sembrerebbe un punto di debolezza potrebbe trasformarsi in un punto di forza. Non si possono creare contenuti autopromozionali? Meglio! Le aziende possono essere ancora più trasparenti e mostrare tutti i processi produttivi che ci sono dietro i prodotti o i servizi finali offerti alla clientela. Il titolare di un ristorante potrebbe mostrare cosa succede in cucina o come fa la spesa, così come un barista potrebbe scattare una foto mentre prepara un cocktail. Non sempre è possibile scattare una foto entro due minuti, per motivi di sicurezza o di privacy, ma questo rende ancora più reale il rapporto che si viene a creare tra le aziende e i suoi clienti. In ogni caso, per ottimizzare le prestazioni di BeReal, si può usare e integrare con altri social così da dare diverse prospettive della propria azienda tramite una strategia di marketing più ampia che assicura una presenza online robusta e continuativa. Quali brand hanno concentrato le loro attenzioni sull’app? Sono tanti i brand di una certa fama che hanno adottato strategie innovative di grande successo per sfruttare al massimo le potenzialità di questo nuovo strumento social. Uno di questi è Chipotle, una catena statunitense di ristoranti di cucina messicana che ha adottato una strategia molto efficace per evidenziare l’autenticità dei contenuti e allo stesso tempo la trasparenza dei servizi offerti. Chipotle ha postato una foto che ritrae un suo dipendente a Times Square, mentre promuove la campagna “Buy the dip. Eat the dip”, cioè “Compra la salsa. Mangia la salsa”. Inoltre il brand da qualche mese ha lanciato sulla piattaforma codici sconto disponibili solo per un minuto e inoltre i primi 100 clienti hanno potuto ricevere un omaggio nei ristoranti del brand. Questo è un sistema intelligente per coinvolgere i propri clienti, essere costantemente visibili e restare “sempre sul pezzo”. Ci sono altri brand che non si sono ancora iscritti a BeReal, ma hanno iniziato a cavalcare la tendenza del “real è bello”. Netflix Canada, Trident Gum e Sour Patch Kids ad esempio hanno aperto le porte ad una collaborazione con BeReal. Teletubbies invece ha pubblicato su altri social delle foto con le stesse modalità previste da BeReal, cioè scattate con entrambe le fotocamere, per trasmettere quella sensazione di autenticità e di realismo che tanto piace agli utenti. BeReal in Italia: quali sono le previsioni future? Come è percepito oggi BeReal in Italia? A dire il vero il social non ha attecchito particolarmente in Italia, anzi, il Belpaese tra i paesi europei è quello che ha fatto registrare uno dei minori numeri di download. Negli Stati Uniti invece il social sta ottenendo un grandissimo successo. Sono dati che non devono sorprendere, poiché l’Italia è sempre stato un paese tradizionalista, conservatore e restio ai cambiamenti, mentre gli Stati Uniti sono da sempre pionieri delle innovazioni e non hanno paura a sperimentare. Ad ogni modo c’è da dire che, almeno per il momento, BeReal ha avuto una risposta piuttosto tiepida dai brand europei. Il boom di BeReal anche in Europa sembra essere però dietro l’angolo e proprio per bruciare i tempi, ottenere un vantaggio tangibile sui competitor e offrire un servizio innovativo ai propri clienti vale la pena iscriversi e sondare questo nuovo social. Non bisogna avere paura di osare, poiché i consumatori moderni si annoiano facilmente e sono continuamente a caccia di novità. In tal senso BeReal rappresenta sicuramente una novità e offre un’esperienza unica, originale e diversa rispetto ai social tradizionali. Sempre per quanto riguarda le previsioni future, bisognerà vedere inoltre se questo social potrà avere integrazioni con sistemi CRM. Instagram, Facebook sono infatti integrati con Hubspot CRM e possono essere usati per campagne di sponsorizzazione e strategie di lead generation. Al momento quindi è più un social per alimentare i contatti tramite lead nurturing piuttosto che fare lead generation. Se questo social avrà anche queste integrazioni, le possibilità delle aziende saranno ancora maggiori e si apriranno molteplici scenari su come conquistare nuovi clienti. Conclusioni BeReal può essere definito ancora in uno stato embrionale, poiché ha solo 2 anni di vita e ha ancora molti margini di miglioramento. Il suo successo è però innegabile così come le sue potenzialità, del resto anche altri colossi come TikTok e Instagram stanno “copiando” BeReal offrendo funzionalità molto simili ai loro utenti. Con una strategia ragionata e intelligente i brand possono sviluppare contenuti finalizzati a migliorare la brand awareness e la brand reputation, cioè la notorietà e la reputazione del brand che oggi sono aspetti fondamentali per essere visibili e risultare affidabili. Come accennato nel corso dell’articolo BeReal si sposa perfettamente con l’inbound marketing, un approccio nuovo al marketing digitale opposto a quello outbound che attrae clienti con contenuti ed esperienze di valore personalizzate. Poiché questo è un concetto importante che merita di essere approfondito per creare un business vincente e di successo, faresti bene a scaricare la risorsa gratuita disponibile alla fine dell’articolo per vedere come le altre aziende hanno fatto inbound marketing per aumentare le loro vendite.
L’online, e più nello specifico i social, rappresenta vetrine importanti per le aziende che desiderano farsi conoscere e promuovere i propri prodotti e servizi. Tuttavia gli stessi social espongono i brand e i marchi ad una sovraesposizione che, a seconda dei casi, può rivelarsi positiva o controproducente. Nel tritacarne dell’online finisce tutto: commenti, feedback e opinioni che possono apprezzare l’azienda aumentandone la brand reputation o al contrario criticarla aspramente determinando un dannoso ritorno d’immagine. In questo contesto si inserisce la sentiment analysis, che consente di capire il livello di apprezzamento raggiunto da un brand. Le emozioni e i sentimenti degli utenti vengono analizzati da sofisticati algoritmi che forniscono dati e informazioni da esaminare attentamente per pianificare le strategie future di marketing in relazione al proprio target di pubblico. Questa strategia si inserisce nell’ambito dell’inbound marketing, una metodologia di business che attira i clienti fornendo loro contenuti di valore ed esperienze costruite su misura per loro. Sentiment analysis: cos’è, da dove nasce e perché è importante La sentiment analysis è un’attività finalizzata a capire cosa dicono gli utenti in relazione al proprio brand, una sorta di microspia nascosta nel mondo online. L’indagine può concentrarsi anche sull’attività dei competitor, per poi fare un confronto e una valutazione generale di quella che è la reputazione della propria azienda nel settore di riferimento. L’habitat naturale dove è nata e si è sviluppata la sentiment analysis è rappresentato proprio dai social network, dove gli utenti si incontrano virtualmente, si interfacciano e si scambiano opinioni sull’utilizzo di un prodotto o sull’affidabilità di un brand. Un commento positivo può spingere un potenziale cliente all’acquisto, così come un commento negativo rischia di offuscare l’immagine del brand e far crollare le vendite. Le persone che rilasciano opinioni, commenti o feedback sui social sono chiamati “opinion holder” e rappresentano una schiera di soggetti che possono modificare la percezione di un brand. In un certo senso sono influencer che hanno un impatto decisivo sulla web reputation di un marchio. Benché sia difficile da un punto di vista tecnico tradurre le emozioni in dati da analizzare in chiave marketing, la sentiment analysis rappresenta un elemento fondamentale per le aziende. L’analisi infatti può essere eseguita in un determinato lasso di tempo, magari una settimana o un mese, e aiuta a comprendere quali sono le reazioni degli utenti. Le reazioni raccolte sono utili per capire se una determinata strategia di marketing sta funzionando o se un nuovo prodotto lanciato sul mercato possa piacere o meno. In base ai dati raccolti è più facile capire come calibrare meglio una strategia o una determinata forma di comunicazione, soprattutto nell’ambito del marketing emozionale. Come fare l'analisi del sentiment Prima si utilizzavano strumenti come sondaggi telefonici, sondaggi via email ed SMS per tastare la soddisfazione dei clienti. Questi canali oggi sembrano ormai obsoleti e sono stati superati appunto dalla sentiment analysis che consente di raccogliere dati preziosi per capire il grado di apprezzamento di una persona nei confronti del tuo brand. Risulta comunque complesso fare un’analisi dei sentimenti, poiché bisogna considerare tantissimi aspetti a partire dalle piattaforme. I dati raccolti arrivano da social che operano in modo diverso, da TikTok a Facebook fino a Twitter e Instagram. Inoltre i dati possono essere estrapolati da commenti, recensioni, like, dislike, feedback ecc. In soccorso ci vengono i tool per la sentiment analysis, che analizzeremo più approfonditamente in un successivo paragrafo. Quello che maggiormente ci interessa è che il tool sia in grado di esaminare le seguenti caratteristiche: Tone of voice. L’analisi sembrerebbe piuttosto semplice: un tono di voce gioviale e amichevole lascerebbe supporre un feedback positivo, al contrario un tono di voce aggressivo e polemico lascerebbe intendere un feedback negativo. Tuttavia bisogna considerare che gli utenti potrebbero anche scrivere in modo ironico o satirico e il tool in questione deve essere in grado di interpretare il tone of voice adottato; Emotività. Un altro elemento importante che il tool deve valutare è l’emotività, che può essere dettata dalla quantità e dalla tipologia di emoticons usate, dalla punteggiatura o dagli aggettivi. Considera che l’emotività è uno degli aspetti più spinosi e può essere considerata un’arma a doppio taglio. Un utente, se vive un’esperienza positiva, tende subito a riversare la sua gioia e la sua felicità sui social. La stessa cosa però succede se vive un’esperienza negativa, che viene puntualmente raccontata sulle principali piattaforme online; Intensità. Il tool deve prendere in considerazione anche l’intensità di un commento, una frase o un feedback. Un utente potrebbe usare un tono molto acceso e focoso, o al contrario blando e quasi disinteressato. Questo ci dice molto di quanto sia stata impattante la sua esperienza con il brand; Rilevanza. Nell’online ci finisce di tutto, anche commenti completamente fuori luogo e slegati dal contesto o messaggi di troll volutamente provocatori. Un buon tool deve essere in grado di capire anche la rilevanza e quindi la pertinenza di un commento. Sentiment analysis e machine learning: un binomio perfetto Raccogliere, filtrare e interpretare il flusso enorme di commenti e recensioni che provengono dal web sarebbe impossibile per un essere umano, perciò è necessario fare affidamento all’intelligenza artificiale e più nello specifico al machine learning. Il machine learning è una branca dell’intelligenza artificiale che crea sistemi in grado di apprendere e migliorare le prestazioni in base ai dati che raccolgono. Gli algoritmi di machine learning, tenendo presenti le precedenti esperienze, sono in grado di adattarsi nelle successive analisi. Per intenderci all’inizio l’algoritmo del machine learning è come un bambino che impara a identificare i dati e li incamera nel corso del tempo. Di volta in volta adatta il suo comportamento in base al contesto identificando processi e schemi complessi grazie ad una banca dati da cui può attingere, migliorando e perfezionando sempre di più le sue prestazioni. Nel corso dell’analisi l’algoritmo tiene conto del contesto, riuscendo a capire se una frase può essere contrassegnata come positiva o negativa o a rilevare espressioni dialettali o modi di dire. Il testo scritto viene interpretato e rielaborato secondo gli schemi tipici del parlato degli esseri umani dall’algoritmo, che tramite il machine learning ottiene un miglioramento progressivo delle capacità di interpretazione. Uno dei limiti di questi strumenti però lo si trova nell'analisi delle frasi, in quanto questi tool non sono ancora abbastanza avanzati da capire quando una persona scrive con ironia o sarcasmo, questo può quindi risultare un problema in fase di analisi. L’azienda può così stilare una sorta di identikit delle sue buyer persona così da ottimizzare le strategie di fidelizzazione, ottenendo un vantaggio fondamentale rispetto agli altri competitor. I migliori tool di sentiment analysis Posto che aver pianificato un progetto CRM ti aiuta ad immagazzinare tutte le interazioni che un lead ha con la tua impresa, analizziamo adesso quali sono i migliori tool di sentiment analysis attualmente disponibili che possiamo così riassumere: IBM Watson; MonkeyLearn; Lexalytics; MeaningCloud; Repustate; Clarabridge. IBM Watson IBM Watson è una piattaforma multi-cloud che offre diversi strumenti da utilizzare nei più disparati ambiti. Il Watson Tone Analyzer ad esempio analizza i ticket di supporto e i sondaggi di soddisfazione dei clienti e consente di capire se gli operatori del team di assistenza approcciano in modo corretto e se hanno risolto il problema. Il tool è molto apprezzato poiché ha un approccio completo e flessibile all’analisi dei testi, adattandosi a qualsiasi settore commerciale. Monkey Learn MonkeyLearn parte da un modello preimpostato che però può essere personalizzato secondo le proprie necessità. Puoi scegliere l’algoritmo e i parametri da usare per analizzare il testo, ottenendo risultati affidabili e precisi. Lexalytics Lexalytics ha un approccio molto singolare poiché spezzetta le frasi per poi analizzare la semantica e la sintassi. Con questo sistema il tool non solo interpreta i sentimenti dei clienti, ma valuta anche stati d’animo ed emozioni che possono celarsi dietro le parole. MeaningCloud Per chi opera in un contesto globalizzato MeaningCloud è la soluzione ideale, poiché è in grado di eseguire analisi dei sentimenti multilingue. E non è tutto, poiché il tool analizza se i testi sono positivi, negativi o neutrali o se si cela del sarcasmo o dell’ironia dietro le parole utilizzate. Repustate Se operi in un mercato internazionale puoi usare Repustate, che fornisce informazioni in ben 23 lingue diverse e che può anche analizzare il sentimento interpretando gerghi tipici o emoticons. Questo tool è utile per chi si rivolge ad un pubblico abbastanza giovane che usa slang e linguaggi specifici che vanno correttamente interpretati. Clarabridge Clarabridge può essere considerato un tool multi-tasking, poiché analizza lo stato d’animo dei clienti tenendo presenti email, sondaggi e chatbot aziendali. Inoltre il tool esamina anche la Speech Analytics, cioè l’analisi dei sentimenti su dati audio. Può rivelarsi preziosissimo se offri un servizio di assistenza tramite call center per capire l’intonazione di voce del cliente e interpretare le parole usate. Conclusioni Da come hai potuto capire la sentiment analysis è un’attività importantissima per la tua azienda, perciò prima di scegliere il tool più adeguato è consigliabile testarne più di uno in base al tuo settore commerciale. Un’altra carta vincente per instaurare relazioni sempre più durature con i clienti, aumentare il loro livello di soddisfazione e fidelizzarli è il CRM. A tal proposito ti consiglio di scaricare gratis l’ebook presente alla fine dell’articolo che ti spiega come può essere d’aiuto un CRM per la tua azienda.
Si prospetta un grande cambiamento per internet, i servizi e il mercato che nasce e prospera nel web, nei prossimi due anni. L'Unione Europea ci entra a gamba tesa in questo mondo, con una legislazione che mira a ripristinare condizioni favorevoli di mercato per i nuovi player, che in una condizione come quella attuale, rischiano di essere asfissiati dallo strapotere delle grandi piattaforme ed erogatori di servizi online. Proviamo a parlare assieme. E se avete note, spunti, approfondimenti sull'interpretazione dei punti del DMA, potete scrivermi una email, per integrare (con relativa citazione), correggere o altro. Un nuovo spazio online garantito dalla legge La Commissione Europea ha proposto due iniziative legislative per aggiornare le norme che disciplinano i servizi digitali nell'UE: il Digital Services Act (DSA) e il Digital Markets Act (DMA). La Commissione ha presentato le proposte nel dicembre 2020. Parliamo quindi di una legge sui servizi digitali e una legge sui mercati digitali. Il 25 marzo 2022 è stato raggiunto un accordo politico sulla Digital Markets Act (DMA) e il 23 aprile 2022 sul Digital Services Act (DSA). Le due leggi, insieme, sono intese per formare un insieme unico di nuove regole applicabili nell'Unione Europea, per creare uno spazio digitale più sicuro e più aperto per tutti i player economici, e che dovrebbe portare vantaggi tangibili nella vita dei cittadini. Le norme specificate nel DSA riguardano principalmente gli intermediari e le piattaforme online. Ad esempio, mercati online, social network, piattaforme per la condivisione di contenuti, app store e piattaforme di viaggio e alloggio online. Le norme del DMA puntano invece sui gatekeeper, piattaforme digitali con un ruolo sistemico nel mercato europeo, come marketplace, le piattaforme che permettono di erogare i servizi. Questo l'iter del Digital Market Act: 12 dicembre 2020 la proposta è arrivata in commissione 25 marzo 2022 si è avuto l'accordo politico per il DMA 1 novembre 2022 è stato reso operativo 2 maggio 2023 applicazione delle regole contenute nella legge 3 luglio 2023 inizio delle verifiche (data di scadenza massima) 6 settembre 2023 definizione dei gatekeeper che dovranno adeguarsi (data di scadenza massima) Marzo 2024 obbligo per tutti Le motivazioni dell'Unione Europa Perché l'Unione Europea ha ritenuto di intervenire con queste due leggi che avranno un impatto molto forte su tutta l'internet che utilizziamo ogni giorno, sia come fruitori che come player economici? Perché, se da un lato le piattaforme online hanno creato notevoli vantaggi per i consumatori, contribuendo a rendere più efficiente il mercato e hanno facilitato gli scambi transfrontalieri all'interno e all'esterno dell'Unione Europea, sono, dall'altro lato, sorte una serie di criticità. I problemi che sono nati hanno numerose conseguenze per la nostra società e l'economia. La preoccupazione fondamentale dell'Unione europea è il commercio e lo scambio di beni, servizi e contenuti online sia equo e non provochi distorsioni nella crescita e nel continuo miglioramento delle positività che ricovavamo nel precedente capoverso. I servizi online vengono anche abusati da sistemi algoritmici manipolativi per amplificare la diffusione della disinformazione e per altri scopi che sono dannosi - ad avviso della UE - per l'intera collettività. Le sfide della digitalizzazione e il modo in cui le piattaforme le affrontano, hanno un impatto significativo sui diritti fondamentali dei cittadini. Si legge nel sito dell'Unione Europea che L'accelerazione della digitalizzazione della società e dell'economia ha creato una situazione in cui alcune grandi piattaforme controllano importanti ecosistemi nell'economia digitale. Sono emersi come gatekeeper nei mercati digitali, con il potere di agire come governanti privati. Tali norme talvolta comportano condizioni ingiuste per le imprese che utilizzano tali piattaforme e una minore scelta per i consumatori. Ed è proprio per questi sviluppi che l'Europa vara un quadro giuridico che mira a garantire la sicurezza degli utenti online, a stabilire una governance con la tutela dei diritti fondamentali e mantenere un ambiente online equo e aperto per tutti i player. La novità di base sta nel fatto che oggi tutte le violazioni sulla concorrenza o sull'uso dei dati vengono perseguite, in base alle regole dell'antitrust, vengono perseguite dopo che sono avvenute. Con IL DMA e il DSA, si va a mettere per iscritto una normativa che prevede sanzioni per chi non adempie alle regole. Cos'è il Digital Markets Act (DMA) Per comprendere il Digital Marketing Act dobbiamo capire quali sono i soggetti per i quali questo regolamento si rende necessario e quali sono i vantaggi che dovrebbe portare. Quindi parliamo di: I destinatari: i gatekeeper Il Digital Markets Act (DMA) stabilisce una serie di criteri per qualificare una grande piattaforma online e la definisce gatekeeper, una parola con la quale diverremmo tutti molto familiare in futuro. Individuando in maniera precisa i gatekeeper il DMA si concentra a stabilire le regole le grandi piattaforme online sistemiche. Un gatekeeper è un'azienda che soddisfa precisi criteri: L'azienda ha una forte posizione economica, un impatto significativo sul mercato interno ed è attiva in più paesi dell'UE. L'azienda assume una forte posizione di intermediazione, il che significa che collega una vasta base di utenti a un gran numero di altre aziende. L'azienda ha (o sta per avere) una posizione, al riguardo dei primi due punti, radicata e duratura nel mercato, ovvero soddisfa le due condizioni non in maniera temporanea ed occasionale (e per definire questo, ci si basa sugli ultimi 3 bilanci/esercizi fiscali annuali presentati). In soldoni, i gatekeeper sono piattaforme digitali con un ruolo sistemico nel mercato europeo che fungono da strozzature tra imprese e consumatori per importanti servizi digitali. Alcuni di questi servizi sono disciplinati anche dal Digital Service Act, ma per motivi diversi e con diversi tipi di disposizioni. L'UE, nell'elenco dei gatekeeper (attesa entro il 6 settembre 2023) terrò conto anche di altri elementi, analizzando, fondamentalmente, l'impatto che queste aziende esercitano sul mercato: a. Dimensioni: Nella valutazione del gatekeeper si valutano quindi le dimensioni, compresi fatturato e capitalizzazione di mercato, le attività e la posizione di tale impresa. Sulla dimensione il riferimento preciso è per introiti annuali, uguali o superiori a 7,5 miliardi di euro negli ultimi 3 anni o valore totale delle azioni di mercato di almeno 7,5 miliardi nell’ultimo anno b. Numero di utenti: Il numero di utenti commerciali che utilizzano il servizio di piattaforma per raggiungere gli utenti finali e il numero di utenti finali è un parametro essenziale per definire il gatekeeper. L'UE la individua nella registrazione di almeno 10.000 utenti europei attivi durante l’ultimo anno e più di 45 milioni di utenti europei finali attivi al mese. c. Uso del dato Si prendono in esame gli effetti di rete e i vantaggi basati sui dati, sulla capacità dell'azienda di raccogliere dati e analizzarli; d. Portata Viene valutato l'eventuale effetti di scala e in termini di portata di cui usufruisce l'impresa, anche per quanto riguarda i dati, e, ove pertinente, le sue attività al di fuori dell'Unione Europea; e. Forza di attrazione Un altro elemento che costituisce una forza per il gatekeeper, è il lock-in degli utenti commerciali o degli utenti finali, compresi i costi del passaggio ad altri fornitori e i pregiudizi comportamentali che riducono la capacità degli utenti commerciali e degli utenti finali di cambiare fornitore o ricorrere al multihoming; f. Conglomerazione e verticalizzazione una struttura aziendale conglomerata o l'integrazione verticale di tale impresa, che consenta per esempio all'impresa di praticare sovvenzioni incrociate, combinare dati da diverse fonti o sfruttare la propria posizione dominante. Aggiornamenti periodici della lista dei gatekeeper La Commissione Europea, al fine di non trovarsi, dopo un po' di tempo, con elenco di gatekeeper obsoleto ha stabilito che procederà all’adeguamento periodico delle soglie quantitative indicate (in base agli sviluppi tecnologici e di mercato) e che andrà a riconsiderare e riesaminare la designazione di “gatekeeper” ciclicamente. Multe per i gatekeeper Per il DMA, se un gatekeeper non adempie agli obblighi, rischia una sanzione fino al 10% del fatturato totale dell'azienda, il 20% in caso di comportamento recidivo. Se non collabora con la commissione Europea per gli accertamenti l'ammenda non può superare - solo per questo - l'1% del fatturato. Sono previste anche sanzioni straordinarie nel caso di violazione sistematica delle norme, I principali obblighi dei gatekeeper Andiamo a spulciare nell'articolo 5,6 e 7 del DMA, che elencano gli obblighi che avranno i gatekeeper da Marzo 2024 e andiamo a vedere i principali obblighi a cui deve sottostare un gatekeeper. QUESTO il testo completo del Digital Market ACT, consultabile sul sito della UE. Profilazione ed utilizzo dei dati personali a) Il gatekeeper non può trattare, ai fini della fornitura di servizi pubblicitari online, i dati personali degli utenti finali che utilizzano servizi di aziende terze, che si stanno avvalendo dei servizi di piattaforma di base del gatekeeper; OVVERO, per come la leggo: prendendo ad esempio Amazon, questo non potrà utilizzare per targetizzare le suepubbljcità, le informazioni personali dei clienti che acquistano i prodotti di un'azienda che sta vendendo tramite Amazon b) il gatekeeper non può combinare dati personali provenienti dal pertinente servizio di piattaforma di base con dati personali provenienti da altri servizi di piattaforma di base o da eventuali ulteriori servizi forniti dal gatekeeper o con dati personali provenienti da servizi di terzi; c) Il gatekeeper non può utilizzare in modo incrociato dati personali provenienti dal pertinente servizio di piattaforma di base in altri servizi forniti separatamente dal gatekeeper, compresi altri servizi di piattaforma di base, e viceversa; OVVERO, sui punti B e C: prendendo ad esempio Amazon, non potrà combinare i dati personali dei clienti dei suoi vari servizi (ovvero i dati personali degli utenti Amazon Prime Video con quegli degli utenti che acquistano i prodotti di Amazon Basic sulla piattaforma o con quelli del cliente del mercante che vende i suoi beni e servizi tramite Amazon. Ma neppure quelli di vendita su Amazon, con quelli dell'abbonamento offerto da Amazon Prime). d) Il gatekeeper deve far accedere con un'unica registrazione gli utenti finali a tutti gli altri servizi che eroga, e dovrà pensare a più registrazioni per non combinare i dati personali (a meno che sia stata presentata all'utente finale la scelta specifica e quest'ultimo abbia dato il proprio consenso a nuove raccolte di dati o combinazione degli stessi). Parificazione delle condizioni di servizio l gatekeeper non può impedire agli utenti commerciali di offrire gli stessi prodotti o servizi agli utenti finali attraverso servizi di intermediazione online di terzi (o attraverso il proprio canale di vendita diretta online) a prezzi o condizioni diversi da quelli offerti attraverso i servizi di intermediazione online del gatekeeper. OVVERO: prendendo ad esempio Shopify, questi non potrà aggiungere delle commissioni di piattaforma agli operatori ecommerce che, costruendo il sito ecommerce con Shopify, scelgono dei gateway di pagamento terzi rispetto a Shopify Payments. Quindi, per esempio, la commissione del 2% addizionale, fatta ricadere sul merchant, se un utente sceglie di pagare con PayPal, diventerà una pratica da dimenticare. Il dato del cliente, patrimonio del venditore Il gatekeeper deve consentire agli utenti commerciali, a titolo gratuito, di comunicare e promuovere offerte, anche a condizioni diverse, agli utenti finali acquisiti attraverso il proprio servizio di piattaforma di base o attraverso altri canali, e di stipulare contratti con tali utenti finali, a prescindere dal fatto che, a tal fine, essi si avvalgano dei servizi di piattaforma di base del gatekeeper. OVVERO: prendendo di nuovo come esempio Amazon, questi non potrà impedire a chi vende sulla sua piattaforma, di comunicare direttamente con il cliente finale. Oggi Amazon, nasconde l'email del cliente finale a chi utilizza Amazon per vendere i propri prodotti e non permette alle aziende di promuoversi con offerte nel packaging o qualunque tentativo di far diventare quel cliente patrimonio dell'azienda venditore. Con il DMA Amazon dovrà comunicare ai sui venditori i contatti del cliente finale, raccogliendo in fase di registrazione o vendita, il consenso - ai fini della GDPR - per passare le informazioni a terzi per scopi di marketing. Ma, banalmente, se tale norma venisse vista in maniera estesa, anche per gli utenti privati che utilizzano servizi di vendita online, utilizzando piattaforme come Vinted o Ebay, la pratica di scambiarsi i contatti di far promozione ai propri prodotti - per evitare le commissioni di piattaforma legate alla vendita - potrebbe non essere più penalizzata dalle piattaforme. Vedremo come evolverà, i questo senso. Lo stesso servizio, ovunque Il gatekeeper deve consentire agli utenti finali di accedere a contenuti, abbonamenti, componenti o altri elementi e di utilizzarli attraverso i suoi servizi di piattaforma avvalendosi dell'applicazione software di un utente commerciale, anche se tali utenti finali hanno acquistato tali elementi dall'utente commerciale in questione senza utilizzare i servizi di piattaforma di base del gatekeeper. OVVERO: prendendo come esempio la Apple, questa deve permettere di utilizzare l'abbonamento ad un software / app, anche se questo è stato acquistato o viene venduto al di fuori dell'Apple Store. Ovviamente la Apple ha dei vantaggi a vendere attraverso l'Apple store, perchè marginalizza sulla rivendita di questi abbonamenti/servizi/licenze. Ecco, anche Apple non potrà più vincolare gli utenti all'acuqisto di una determinata licenza solo tramite Apple Store. Libertà di contestazione Il gatekeeper non può impedire e no può limitare la possibilità, per le aziende o i clienti finali, di sollevare questioni in materia di inosservanza del pertinente diritto dell'Unione o del diritto nazionale da parte del gatekeeper presso qualsiasi autorità pubblica competente, compresi gli organi giurisdizionali nazionali, per quanto riguarda le pratiche del gatekeeper. Ciò lascia impregiudicato il diritto degli utenti commerciali e dei gatekeeper di fissare nei loro accordi le condizioni d'uso dei meccanismi legittimi di gestione dei reclami. OVVERO: negli accordi contenuti nelle condizione di uso e per la gestione dei resi, che un merchant sottoscrive quando vende - per esempio - all'interno di un marketplace, non ci possono essere limitazione (per i clienti finali o per la aziende che vendono attraverso quel marketplace) per poter procedere con denunce per violazione di diritti comunitari o nazionali. Libertà di scegliere servizi di accesso/pagamento/navigazione Il gatekeeper non può imporre ai suoi utenti finali di utilizzare e non può costringere i commercianti ad utilizzare, offrire e essere interoperabili con il suo/suoi: - servizo di identificazione, - motore di rendering dei browser web, - servizi di pagamento, - servizi tecnici funzionali alla fornitura dei servizi di pagamento (come i sistemi di pagamento per gli acquisti in-app) nel contesto dei servizi forniti dagli utenti commerciali che si avvalgono dei servizi di piattaforma di base di tale gatekeeper. OVVERO: ad esempio la Apple non può impedire che le app presenti nello store utilizzino altri sistemi di pagamento esterni all'Apple Store per gli acquisti in App. Oppure non può impedire che per l'accesso a servizi terzi lo sviluppatore/venditore dell'app utilizzi un suo sistema di riconoscimento. I dati dei venditori non possono essere usati contro di loro Il gatekeeper non può utilizzare, in concorrenza con gli utenti commerciali della piattaforma, dati non accessibili al pubblico generati o forniti da tali utenti commerciali nel quadro del loro utilizzo dei pertinenti servizi di piattaforma di base, dei servizi forniti contestualmente o in ausilio ai pertinenti servizi di piattaforma di base, compresi i dati generati o forniti dai clienti di tali utenti commerciali. I dati non accessibili al pubblico comprendono tutti i dati aggregati e non aggregati generati dagli utenti commerciali che possono essere ricavati o raccolti attraverso le attività di vendita degli utenti commerciali o dei loro clienti. OVVERO: per esempio Amazon, non può utilizzare i dati che raccoglie dalle vendite dei prodotti dei suoi venditori per costruire un sistema di informazioni che serve a far concorrenza agli stessi venditori, per vendere i suoi prodotti direttamente. Libertà di disinstallare le applicazioni di sistema Il gatekeeper deve consentire, anche a livello tecnico, agli utenti finali, di disinstallare con facilità qualsiasi applicazione software presente nel suo sistema operativo, fatta salva la possibilità di limitare tale disinstallazione in relazione alle applicazioni software essenziali per il funzionamento del sistema operativo o del dispositivo e quelle di terzi la cui fornitura come standalone è impossibile a livello tecnico. OVVERO: ad esempio la Apple, dovrà rendere possibile la disinstallazione di tutte le sue Applicazioni non essenziali per far funzionare un iPhone. Libertà di installazione Il gatekeeper deve consentire, anche a livello tecnico, l'installazione e l'uso effettivo di applicazioni software o di negozi di applicazioni software di terzi che utilizzano il suo sistema operativo o che sono interoperabili con esso e consente l'accesso a tali applicazioni software o negozi di applicazioni software con mezzi diversi dai pertinenti servizi di piattaforma di base di tale gatekeeper. Il gatekeeper non può impedire che le applicazioni software scaricate, o i negozi di applicazioni software di terzi, chiedano agli utenti finali di decidere se desiderano impostare come predefiniti tale applicazione software scaricata o tale negozio di applicazioni software. Il gatekeeper consente, a livello tecnico, agli utenti finali che decidono di impostare come predefiniti tale applicazione software scaricata o tale negozio di applicazioni software di effettuare facilmente tale modifica. Il gatekeeper ha facoltà di adottare misure volte a garantire che le applicazioni software o i negozi di applicazioni software di terzi non presentino rischi per l'integrità dell'hardware o del sistema operativo fornito dal gatekeeper, a condizione che tali misure non vadano oltre quanto strettamente necessario e proporzionato e siano debitamente giustificate dal gatekeeper. OVVERO: quindi, ad esempio, la Apple dovrà dare la possibilità di installare qualunque software, anche un altro marketplace (in concorrenza con l'Apple Store) per scaricare ed acquistare applicazioni. E dovrà dare la possibilità agli utenti di poter decidere se questo nuovo store installato è quello di default per scaricare ed acquistare applicazioni. Di più: dovrà permettere facilmente il cambio di preferenze. Le misure che Apple potrà adottare per preservare la sicurezza delle applicazioni e del dispositivo non potranno essere ingiustificabili. Parificazione dei servizi offerti per stimolare la concorrenza Il gatekeeper non deve riservare un trattamento più favorevole, in termini di posizionamento e relativi indicizzazione e crawling, ai servizi e prodotti offerti dal gatekeeper stesso, rispetto a servizi o prodotti analoghi di terzi. Il gatekeeper applica condizioni trasparenti, eque e non discriminatorie a tale posizionamento. OVVERO: per esempio Google, deve riservare ai suoi servizi, la stessa logica di posizionamento sulla SERP che riserva a tutti gli altri. E Le condizioni di questo posizionamento devono essere trasparenti... ora non credo che significa che Google deve divlgare il suo algoritmo (essendo un segreto aziendale che tiene in piedi il suo modello di business) ma qualche impatto ci sarà anche in questo punto. Concorrenza sugli abbonamenti Il gatekeeper non può limitare, a livello tecnico o in altra maniera, la possibilità per gli utenti finali di passare, e di abbonarsi, a servizi e applicazioni software diversi, cui hanno accesso avvalendosi dei servizi di piattaforma di base del gatekeeper. Vabbeh, questa non ha bisogno di tanti esempi o spiegazioni, possiamo passare al gran finale :-) I vantaggi per il mercato Ora, pur senza elencare tutti gli obblighi dei gatekeeper (ma ce ne sono altri sull'interoperatività dei sistemi, sul posizionamento nei motori di ricerca da parte di servizi concorrenti, sull'editoria e i dati accumulati, tra gli altri....) risulta, a mio avviso, molto chiaro l'intendo del legislatore, ribadito in diversi - Molte aziende ed esercizi commerciali che utilizzano o che dipendono dai gatekeeper per offrire i loro servizi online in questo mercato globale, devono poter operare in un ambiente imprenditoriale più equo rispetto a quello che c'è oggi. - Le aziende che portano innovazione e le start-up tecnologiche avranno nuove opportunità per competere e portare cambiamenti nel mondo online, senza dover rispettare termini e condizioni sleali che ne limitano oggi lo sviluppo, per regole unilaterali che i Gatekeeper hanno creato per il loro esclusivo vantaggio, in un mercato senza alcuna regolamentazione. - I consumatori devono avere più e migliori servizi tra cui scegliere, maggiori opportunità di cambiare fornitore se lo desiderano, accesso diretto ai servizi e prezzi più equi. - I gatekeeper manterranno tutte le opportunità per innovare e offrire nuovi servizi. Semplicemente non sarà loro consentito utilizzare pratiche sleali nei confronti degli utenti aziendali e dei clienti che dipendono da loro per ottenere un vantaggio indebito. Esempi attività che le piattaforme gatekeeper dovranno fare: consentire a terzi di interagire con i servizi del gatekeeper; consentire ai propri utenti aziendali di accedere ai dati che generano durante l'utilizzo della piattaforma; fornire alle aziende che fanno pubblicità sulla propria piattaforma gli strumenti e le informazioni necessarie per effettuare la propria verifica indipendente degli annunci ospitati dal gatekeeper; consentire ai propri utenti business di promuovere la propria offerta e concludere venite con i propri clienti (acquisiti all'interno della piattaforma) al di fuori della piattaforma del gatekeeper; trattare servizi e prodotti offerti dal gatekeeper allo stesso di quelli dei loro clienti business; permettere ai consumatori di collegarsi alle aziende inserzioniste al di fuori delle loro piattaforme; asciare la libertà agli utenti di disinstallare qualsiasi software o app preinstallato se lo desiderano .... e non potranno tracciare gli utenti finali al di fuori del servizio della piattaforma principale dei gatekeeper ai fini della pubblicità mirata, senza che sia stato concesso un consenso effettivo. Insomma, a partire dal 2023 avremo un mondo molto diverso online, dove la politica arriva regolamentare un settore che è cresciuto con regole scritte dai fornitori di servizio e decisamente parificare delle condizioni su un mercato che questi fornitori hanno creato e plasmato per aver vantaggi assoluti.
Cos'è il social customer care, cos’è? Un’evoluzione del servizio di assistenza clienti, dove al centro di tutto il discorso c’è il rapporto del cliente con il brand che deve essere curato e costante ai fini della conversione, in special modo se si parla di aziende come e-commerce. In particolare per gli ecommerce, gestire il rapporto con il cliente è fondamentale per aumentare la conversione. Ricordiamo sempre l’esperienza offline di quando andiamo in un negozio per fare un acquisto. Di quella esperienza cos’è che il cliente tende a ricordare di più? La risposta è semplice: come si è sentito quando ha parlato con la commessa, se lei è stata sorridente e disponibile o se si è dimostrata scontrosa e infastidita. Questi sono dettagli importantissimi, perché è in base all’esperienza del cliente che si crea un legame con il brand. Se in un negozio quando si entra ci si sente ben accolti, le commesse sono gentili e ci si dimentica del tempo che passa, sicuramente ci si tornerà per fare altri acquisti. Diversamente, se non è così, la compera magari non verrà nemmeno conclusa e in quel negozio non ci si tornerà più. A risentirne sarà il brand. Lo stesso accade online, motivo per il quale il social customer care è così importante. Perché è diverso dall’assistenza clienti? Anche qui la risposta è semplice, perché non si tratta solo di rispondere a delle lamentele, ma d'instaurare un rapporto con il cliente tramite lo strumento social. Ma come fare per offrire un buon servizio di social customer care? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. Come fare social customer care in modo efficiente Un servizio di social customer care nei vari media efficiente è uno che tiene in considerazione: i tempi di risposta dell’azienda; il tono di comunicazione dell’azienda; il giusto strumento per fare customer care; la creazione di un protocollo in casi di problemi; la scrittura di documenti di approfondimento da inviare al cliente, in caso di domande frequenti. I tempi di risposta È provato che i clienti si aspettano tempi di risposta molto rapidi, anche perché la loro consapevolezza in merito alla presenza di un team che si occupa del customer care è alta. Sanno benissimo che c’è uno staff predisposto ad occuparsi dei clienti, per cui non rispondere al massimo entro un’ora a un messaggio del cliente, non è un buon segno per il brand. Non lo abbiamo inserito tra i punti, ma è scontato che bisogna sempre rispondere al cliente. Mai lasciare un commento senza risposta, di qualsiasi tipo esso sia. Tono di comunicazione dell’azienda Un dettaglio non da poco questo del tone of voice quando si fa social customer care. Non è raro che le aziende utilizzino un tono di comunicazione differente tra quello che per esempio è presente sul sito e quello sui social. È un errore, in quanto i social, sebbene si classifichino come degli strumenti di comunicazione informali, in realtà sono fondamentali per un brand per comunicare con il cliente, a patto che tutto ricordi l’azienda. Dalle grafiche della pagina social al modo di rispondere, avere un tono di comunicazione coerente tra sito e social è ritenuto fondamentale. Software per fare social customer care Ci sono degli strumenti che più di altri possono aiutare nella gestione della comunicazione con il cliente. Hootsuite - una piattaforma molto diffusa, ideale se a occuparsi del social customer care è soltanto una persona; Sparkcentral - uno strumento che permette di comunicare con i clienti su Facebook - Twitter e Instagram in tempo reale. Ma non solo perché è utile anche per parlare tra i membri del team in modo istantaneo; Spinkler - una soluzione dedicata più alle grandi aziende, che aiuta a costruire relazioni con gli utenti, mediante il monitoraggio, l’ascolto e il servizio clienti. Hubspot, forse lo strumento migliore tra questi, che non solo aiuta a gestire l’aspetto social di un brand, ma offre anche un ottimo strumento di monitoraggio e analisi per verificare l’interazione del target con l’azienda. Hubspot offre un CRM che aiuta ad analizzare ed immagazzinare i dati di ogni utente tenendo traccia delle conversazioni avute (anche nei vari social network), pagine web visitate, ticket aperti e molto altro. Perché è uno degli strumenti migliori? Perché offre la possibilità di tenere un rapporto e una conversazione con il cliente avendo a disposizione informazioni complete sulle interazioni avute con l'azienda. Creazione di un protocollo per i clienti Un ottimo modo per offrire un servizio di social customer care efficace è l’invenzione di un protocollo per affrontare eventuali problemi che possono insorgere con il cliente. Pensiamo ad esempio agli e-commerce e alle volte in cui un ordine non arriva in tempo. Avere un protocollo di risposta e di azioni da compiere può essere molto utile per gestire il rapporto con il cliente. Documenti di approfondimento da condividere con il cliente La condivisione con il cliente di documenti PDF per esempio, dove inseriamo le domande più comuni e le risposte più utili, può diventare un modo molto efficiente di gestire il rapporto con le persone, aumentando la loro fiducia verso. In questo modo lo staff del brand dimostra di essere sempre disponibile, preparato e pronto a dare risposte utili. Scopriamo quanto bene può fare a un’azienda un buon servizio di social customer care nei prossimi paragrafi. Quanto influisce un buon servizio di care marketing per un’azienda Indubbiamente curare con attenzione il rapporto con il cliente, vuol dire garantirsi la fidelizzazione di quest’ultimo. Se il cliente si sente coccolato, se percepisce che i suoi commenti sui social sono tutti ascoltati con attenzione, il suo rapporto di fiducia con il brand aumenterà. Se il cliente si approccia per la prima volta a un brand e questo si mostra disponibile nelle risposte e presente tramite i social, è chiaro che la possibilità che il target torni sul sito e interagisca con il brand su Facebook o su Twitter è molto alta. Aumentare la fiducia nel cliente è fondamentale per generare conversione. A questo proposito approfondiamo nel prossimo paragrafo come questo aspetto aiuti ad aumentare gli acquisti su un negozio e-commerce. E-commerce e social customer care: come aiuta la conversione Per comprendere quanto la relazione tra e-commerce e social customer care sia importante, dobbiamo un attimo ritornare all’introduzione di questo articolo e cioè a quando abbiamo parlato del rapporto che c’è tra offline - commessa e negozio fisico - e online - social customer care e negozio online. Il rapporto tra i due mondi ci fa capire subito quanto una buona gestione del social customer care possa aumentare notevolmente la conversione. Pensiamo ad esempio al servizio che offre Amazon, ma anche altri e-commerce in realtà, al cliente quando deve tracciare un pacco. Il servizio di tracciamento del pacco è preciso e informa il cliente in merito a tutti i vari passaggi, aumentando quindi la fiducia del target nel brand. Molti negozi online questo lo hanno compreso e infatti offrono il medesimo servizio. Questo semplice dettaglio contribuisce molto a far tornare il cliente sull’e-commerce. Allo stesso modo sui social, quando si tratta di fare customer care, è fondamentale che il brand dia sempre delle risposte rassicuranti al cliente, offrendogli soluzioni che lo tranquillizzino. Si sa che i clienti online sono sempre densi di preoccupazioni e bisogna diventare bravi ad aggirarle. Ma come può ancora essere utile il social customer care? Un altro modo in cui può essere utilizzato è per aiutare a convertire il lead in cliente. Come? Facciamo un esempio. Poniamo il caso che una persona stia visitando un ecommerce e in particolare si soffermi su di una pagina per qualche minuto. Un chatbot può interagire con il lead, cercando d'instaurare una conversazione iniziale e aiutandolo a scegliere il prodotto che più risponde alle sue esigenze. In un secondo momento si può domandare al cliente d'interagire con la pagina social in quanto lì si potranno trovare consigli utili per gli acquisti futuri o possibili sconti. Facendo così ci si ritaglia l’opportunità di avere un follower in più che commenta i post del brand e magari lascia una recensione. E sappiamo bene quanto può valere una recensione ben fatta per aumentare il valore di un brand. Queste sono piccole strategie fondamentali per generare affidabilità nel brand. Ulteriore menzione in questo caso va fatta per Hubspot che è integrabile nativamente con piattaforme ecommerce come Shopify oppure può integrare i dati tramite connettori con altre piattaforme, come BigCommerce. È per questo che Hubspot può essere definito come un ecommerce crm [ti invitiamo a leggere il nostro approfondimento]. Social customer care efficace: 3 best practise Ora che abbiamo affrontato il tema del social customer care da più punti di vista, ecco alcuni semplici consigli che condividiamo per offrire sempre un servizio efficace ed efficiente. Garantisci la presenza dello staff online, non deve mai trascorrere più di un’ora per dare una risposta; ascolta l’opinione dei clienti anche quando non menzionano il brand; traccia e gestisci sempre tutti i commenti, non mancarne mai nessuno. L’ultimo consiglio, il più importante forse: prenditi cura del cliente. Conclusioni Il social customer care come avrai potuto dedurre dal nostro articolo è fondamentale, ma ovviamente è solo un piccolo tassello dell’enorme macchina che deve girare intorno a un progetto digitale. Hubspot CRM per questo motivo rappresenta una fantastica soluzione per gestire e monitorare efficacemente il rapporto con il cliente, sia tramite i social che mediante il sito. Vuoi saperne di più su Hubspot CRM? Consulta la nostra guida
Non c’è rosa senza spine e anche il tuo e-commerce o sito web, per quanto ben strutturato e studiato con meticolosità fin nei minimi dettagli, potrebbe presentarne qualcuna. A tal proposito è opportuno approfondire il discorso sui pain point. Ne hai mai sentito parlare? La traduzione letteraria di pain point è “punto dolente” o “punto di sofferenza”, cioè un elemento che incide negativamente sull’esperienza del cliente. Più nello specifico i pain point sono quegli elementi che il consumatore interpreta come limiti o debolezze dei servizi e dei prodotti che l’azienda offre. In pratica sono problemi e ostacoli che incidono negativamente sull’esperienza del consumatore e potrebbe ostacolare la costruzione delle relazioni tra brand e clienti. Tuttavia lavorando bene, magari con l’aiuto di un ottimo CRM che può aiutarti a tenere traccia di questa tipologia di problemi, potresti non solo eliminare i pain point ma addirittura trasformarli in punti di forza per la tua attività. Un vecchio detto recita che dalle crisi nascono opportunità, quindi partendo da questo concetto scopriamo più in dettaglio cosa sono i pain point nel marketing, come identificarli e come trasformarli in punti di forza. Cosa sono i pain point I pain point sono quelle situazioni e quei elementi che un consumatore percepisce come criticità e che incidono negativamente nella loro esperienza d’acquisto. Detto in altre parole, sono limiti e debolezze dei prodotti o dei servizi forniti dalle aziende. I pain point sono molto complessi e diversi tra di loro, poiché complessi e diversi lo sono gli stessi consumatori. Quello che rappresenta un punto di debolezza per un utente potrebbe paradossalmente essere percepito come un punto di forza da un altro. Un esempio perfetto è il prezzo. Un utente che vuole risparmiare percepirà negativamente un prezzo troppo alto; un utente che invece punta ad acquistare un prodotto di pregevole fattura percepirà positivamente un prezzo alto poiché sinonimo di qualità. Come puoi capire il tuo compito non è semplice e per facilitarti i pain point sono stati suddivisi in due grandi categorie: Consapevoli: il potenziale cliente conosce il problema, ne è consapevole e desidera risolverlo; Inconsapevoli: il potenziale cliente non è consapevole del problema che sta vivendo, ma questo lo porta ad avere un’esperienza meno piacevole di quanto potrebbe essere. I pain point inoltre vengono raggruppati in macro-categorie: Finanziari: il cliente sta spendendo troppo e cerca una soluzione più economica; Di produttività: il cliente perde troppo tempo nell’utilizzo di un prodotto o un servizio. Questa perdita di tempo si traduce in un calo della produttività. Devi quindi dimostrare che il tuo prodotto è in grado di risolvere quella problematica. Considera che oggi il tempo è un elemento fondamentale per ogni tipo di attività, perciò è necessario offrire soluzioni veloci ma altrettanto efficienti; Dell’assistenza: il supporto ricevuto dal servizio assistenza non soddisfa il cliente, che vorrebbe essere meglio assistito. Quest’ultimo punto è fondamentale soprattutto in chiave in inbound marketing, che invece si basa proprio sulla massima soddisfazione del cliente. Facendo questa divisione ti risulta più facile individuare i principali punti di debolezza e adottare le strategie più adeguate per risolvere i problemi e trasformarli in punti di forza. Come identificare i pain point e trasformarli in punti di forza Una volta compreso cosa sono i pain point, ti risulta più facile individuarli. Ma come? Tramite una ricerca qualitativa che si rivolga direttamente ai tuoi clienti. Puoi sottoporre ai tuoi consumatori dei questionari ai quali rispondere, raccogliere feedback sui servizi ricevuti, leggere le recensioni dopo l’utilizzo di un prodotto, analizzare il loro percorso sul sito o semplicemente usare conversazioni social per raccogliere dati preziosi. Se oltre all’e-commerce hai anche un negozio fisico ascolta e osserva il cliente e non temere di porre domande dirette circa la sua soddisfazione sul servizio aggiunto. Così facendo raccoglierai un grande quantitativo di dati e informazioni da sfruttare con intelligenza per le tue campagne di marketing o per i tuoi annunci social. I social in particolare, affrontano in modo diretto i pain point di un cliente e risultano molto più persuasivi ai fini delle loro risoluzioni. Questo succede perché gli utenti sui social si sentono in un ambiente meno formale e più sciolto, dove poter esprimere liberamente la loro insoddisfazione e le loro lamentele. Adesso però è arrivato il momento di capire come sfruttare i pain point e trasformarli in punti di forza. Il primo passo è individuare le tue buyer persona e poi profilarle e suddividerle ulteriormente. La tua offerta è chiaramente rivolta ad un target specifico di pubblico, ma anche le tue buyer persona hanno esigenze e necessità diverse. A questo punto però è doveroso fare una precisazione: non puoi pensare di accontentare sempre e comunque tutti i clienti. Le richieste dei tuoi utenti a volte sono fin troppo pretenziose o semplicemente non hai gli strumenti adatti per soddisfarle. Quello che devi fare è invece raccogliere i pain point, esaminare quali hanno una percentuale piuttosto elevata e agire di conseguenza per provare a risolverli. Prendiamo come esempio un cliente che non riesce a pagare con uno specifico metodo di pagamento, un errore comune che rappresenta un ostacolo al processo di conversione. Il pain point può: Essere segnalato direttamente dal cliente che non riesce a portare a termine l’operazione. Si tratta di una problematica chiara ed evidente del sito che richiede un’immediata risoluzione; Essere analizzato da test o da esperti che, analizzando il sito, potrebbero effettivamente notare qualche criticità nel processo di pagamento e intervenire in modo mirato; Essere individuato tramite il comportamento del cliente che non lascia alcuna segnalazione all’azienda, ma semplicemente sospende l’acquisto e abbandona il carrello. Studiando le motivazioni dei carrelli abbandonati puoi individuare e risolvere i pain point. Può trattarsi di problemi tecnici o strutturali, o magari il sistema di pagamento risulta troppo articolato per il cliente. Devi quindi risolvere il problema e capire come sfruttarlo a tua favore, magari inserendo più metodi di pagamento così da accontentare una platea di consumatori ancora più ampia e raggiungere un maggiore target di pubblico. Questo è solo un esempio di come sfruttare i pain point, ovviamente devi adottare le strategie più adeguate secondo il tuo business. Blog copywriting: come sfruttare i pain point nei contenuti e nei testi? Sai che puoi sfruttare un pain point anche nel copywriting? I contenuti sono elementi fondamentali in un e-commerce o in un sito web, benché viviamo nell’epoca dell’apparire, quindi vanno sfruttati con grande intelligenza. Landing page La landing page di un sito rappresenta il suo biglietto da visita, perciò deve essere sfruttata per evidenziare da subito i punti forti e rassicurare i clienti. Tra i primi aspetti da sottolineare ci sono la praticità, la facilità d’uso, l’intuitività e la sicurezza dei tuoi servizi, caratteristiche che rispondono a qualsiasi pain point. Ovviamente le caratteristiche vanno personalizzate in base alle peculiarità dell’attività. Se ad esempio l’unicità o la convenienza sono i tuoi punti di forza, vanno immediatamente sottolineati nella landing page per accogliere nel migliore dei modi gli utenti che atterrano sulla tua pagina. Se c’è qualche elemento che potrebbe rappresentare una criticità per gli utenti potresti pensare che tacere su di loro sia la cosa migliore. In realtà non è così, poiché il problema se c’è prima o poi uscirà fuori. Cosa fare allora? Devi capire come metterlo in evidenza, ma trattandolo come se fosse un vantaggio. Prendiamo come esempio un hotel che però non offre il servizio di ristorazione, una mancanza che teoricamente rappresenta un pain point. Tale problema si può però aggirare parlando della cucina in appartamento, che offre la massima libertà ai clienti di mangiare quando vogliono, o suggerendo i migliori ristoranti della zona dove gustare squisiti piatti locali. Come vedi non nascondi la mancanza, ma la trasformi addirittura in un vantaggio con un abile uso delle parole. SEO copywriting e content marketing Sempre più aziende affiancano agli e-commerce un blog, cosa che ti consiglio caldamente per mantenere un rapporto sempre vivo con i tuoi clienti con contenuti aggiornati periodicamente. Il blog è il luogo dove fornisci utili informazioni, dai esempi pratici o idee simpatiche dalle quali prendere spunto. Come individuare i pain point ai quali dare una risposta? Nelle keyword a coda lunga e nelle domande che gli utenti inseriscono nei motori di ricerca. Puoi individuarle con appositi strumenti, ma anche Google ti dà una grande mano in questa operazione. Nello specifico puoi usare: Le ricerche correlate che compaiono alla fine della SERP; I box “Le persone hanno chiesto anche”, dove sono visibili domande frequenti relative ad un determinato tema; Google Suggest, cioè i suggerimenti che compaiono dopo aver digitato la query. I microcopy Mai sentito parlare di microcopy? Sono testi brevissimi che danno informazioni utili a chi legge e li guida alla scelta di un prodotto o un servizio. Un esempio classico è Booking, il sito di prenotazione delle strutture ricettive che vengono descritte con testi brevissimi ma che danno informazioni utilissime come: colazione inclusa o esclusa, distanza dalle attrattive turistiche principali, modalità di prenotazione e di cancellazione ecc. A volte basta davvero poco per cancellare i dubbi dei clienti ed eliminare così i principali pain point col copywriting. Per ulteriori approfondimenti abbiamo scritto un articolo dedicato al mondo dei microcopy. Conclusioni Ora hai una panoramica più ampia dei pain point, di come individuarli e di come trasformarli in punti di forza. Non porre limiti alla tua creatività, anzi, rompi le regole e guarda le cose da un’altra prospettiva per sfruttare a tuo vantaggio i pain point e rendere ancora più appetibili i tuoi servizi e i tuoi prodotti puntando sull’unicità e sull’esclusività. Come già segnalato nel corso dell’articolo, non puoi fare a meno di iniziare un progetto CRM che ti consente di instaurare relazioni durature con i clienti e fidelizzarli più facilmente. Proprio per questo motivo ti suggerisco di leggere l'ebook gratuito a fine articolo che ti illustra quali altri problemi può risolvere brillantemente un ottimo CRM.
Per traffico di un sito web, cosa si intende? Una domanda che probabilmente in molti si pongono se non sanno quanto è fondamentale fare un’analisi dettagliata del proprio sito internet. Quando parliamo di traffico di un sito web, intendiamo il numero di persone che mensilmente visitano il nostro negozio online per esempio. Monitorare il traffico di un sito web ti permette di migliorarlo e ottimizzarlo in base alle statistiche. In questo articolo di oggi, oltre a spiegare il perché è fondamentale monitorare un sito web, ci soffermeremo anche sugli strumenti che dovresti assolutamente conoscere per analizzare le visite sul tuo ecommerce o sito. Perché monitorare il traffico di un sito Conoscere il numero di persone che visita il nostro sito web orienta meglio il lavoro SEO che abbiamo fatto, quindi i testi SEO oriented che abbiamo scritto, così come tutte le altre ottimizzazioni SEO inerenti. In particolare, analizzare le statistiche di un sito web ci aiuta a: conoscere e prevedere poi il comportamento di chi lo visita; definire meglio alcuni parametri che ci saranno utili per la costruzione della nostra strategia (età, sesso, geolocalizzazione); capire a quale servizio o categoria è interessato. L’obiettivo di un sito web è convertire i visitatori in clienti mediante una duplice operazione come si può capire da questa premessa, ovvero SEO optimization e marketing. È sempre importante lavorare su entrambi i fronti e quindi definire anche una strategia di marketing efficiente, creando un funnel adeguato. Tornando però all’importanza dell’analizzare un sito web, andiamo a conoscere i 3 strumenti principali dei quali proprio non possiamo fare a meno per monitorare l’andamento. 3 principali strumenti per fare l’analisi del tuo sito web L’analisi di un sito web occorre sempre farla in modo professionale, quindi valutare l’utilizzo anche di più strumenti insieme, per confrontare i dati e capire cosa è necessario fare per aggiustare il tiro e trasformare i visitatori in clienti. Gli strumenti per fare l’analisi del tuo sito web che consigliamo sono: Google Analytics Semrush o SEOzoom (dipende da che tool usi per aiutarti con la SEO); Hubspot, con cui puoi sviluppare il tuo sito comprensivo di tutta la parte CRM. Google Analytics è gratuito ed è a disposizione del motore di ricerca, se ovviamente hai un account Google. SEMrush o SEOzoom sono due tool che possono divenire integrativi di Google Analytics, a pagamento, molto utili per confrontare le statistiche di Google. Hubspot CRM è una piattaforma integrativa può aiutare ad avere una panoramica ancora più completa del tuo sito web. Ha una sezione apposita per monitorare il comportamenti dei contatti, molto facile da consultare. Hubspot come SEMrush o SEOzoom sono strumenti a pagamento. A questi si unisce anche un altro importante strumento di analisi, che però potrebbe essere più complesso da comprendere per un neofita, ovvero Screaming Frog. Screaming Frog è uno strumento che può aiutare molto a dare una panoramica SEO del sito, andando a capire su cosa lavorare e cosa migliorare come ad esempio le meta description o le immagini che possono essere troppo pesanti, rallentando così il caricamento della pagina web. Tutti questi sono dettagli assolutamente da valutare, che possono fare seriamente la differenza per il successo di un sito web. Conosciamo ora da vicino ogni singolo strumento di monitoraggio. Google Analytics Come strumento è tra quelli più apprezzati e diffusi, sia perché è gratuito e sia perché ti dà la possibilità di avere una panoramica completa dei dati che contano davvero. In prima battuta è necessario ottenere l’ID di monitoraggio, ovvero un codice alfanumerico da inserire nelle pagine del sito per consentirne l’analisi. È importante sapere che il processo di analisi si può seguire sia da mobile che da desktop. Vediamo come è strutturata la home page di Google Analytics. Ci sono 5 sezioni che bisogna imparare a leggere e cioè: In tempo reale, che restituisce una fotografia del tuo sito in diretta; Pubblico, che ti dà le informazioni in merito al tuo pubblico (età, sesso, provenienza geografica); Acquisizione, che individua i canali dai quali viene il traffico; Comportamento, che ti aiuta a capire quali pagine sono più visitate; Conversioni, che monitora obiettivi settati nell'account (es. l'iscrizione alla newsletter oppure l'acquisto di un prodotto in caso venga Analytics venga integrato con un progetto ecommerce). Ogni sezione è poi articolata in altre sottosezioni, di cui una in particolare - Panoramica - riepiloga i dati salienti di ciascun report. Le sottosezioni che generalmente destano più interesse sono quelle in merito ai dati geografici > località, pubblico, tutto il traffico, sorgente/mezzo. I dati chiaramente devono essere letti in un intervallo di tempo di riferimento. Ok, immaginiamo che ora tu voglia sapere come leggere i dati di Google Analytics. Vediamolo. Iniziamo con il dire che i dati che ti interessano sono i seguenti: Visualizzazioni di Pagina: indica il numero di volte con cui la pagina viene visualizzata. Se il numero è alto è un ottimo segno, vuol dire che molte persone visitano il tuo sito web. Sessioni: Indica il numero di raggruppamenti di tutte le azioni svolte dall'utente in un determinato periodo di tempo. Se un utente lascia il sito per più di 30 minuti e poi accede nuovamente, viene contata una nuova sezione. Frequenza di Rimbalzo: Questa sezione indica il numero di visitatori che lasciano il tuo sito dopo aver visitato una sola pagina. In caso di frequenza di rimbalzo alta, bisogna fare valutazioni sul motivo per cui le persone abbandonano il tuo sito. Sorgenti di traffico e Canali: Questa sessione ti aiuta a capire da quali canali arriva il traffico del tuo sito web. Pagine più visitate: Questa sessione ti mostra le pagine più visitate sul tuo sito web. Flusso di comportamento: In questa sessione puoi vedere il comportamento degli utenti sul tuo sito web. Conversioni: La sessione forse più importante del tuo sito web, in cui viene mostrato se le azioni di SEO e marketing che hai studiato per la tua strategia, funzionano e riescono a raggiungere gli obiettivi prefissati. Fino ad ora abbiamo analizzato lo strumento gratuito di Google che ti permette di venire a conoscenza di molte informazioni utili. Ma se a questo uniamo anche SEMrush e Hubspot, la nostra azione di monitoraggio sarà ancora più dettagliata. Semrush In questa sede analizziamo nello specifico SEMrush, in quanto è il tool a cui per prima noi facciamo riferimento. SEMrush è un ottimo strumento per analizzare la SEM del tuo sito internet, ma anche per valutare le azioni dei siti concorrenti. Come abbiamo specificato, si tratta di un tool a pagamento, che però rappresenta un investimento assolutamente da fare se si decide di lanciarsi nel mondo dell’online. Vediamo come funziona e come ti può essere utile. SEMrush come anche SEOzoom ti presenta una Dashboard - pagina panoramica - suddivisa in sezioni, ovvero: Analisi Dominio - ti dà una panoramica completa sul dominio d'interesse; Analisi Keyword - effettua il monitoraggio delle keyword posizionate in ottica SEO; Progetti - se chiaramente hai inserito qualche progetto sulla piattaforma, ti restituisce l’analisi delle performance del sito; I miei report - ti crea report dettagliati in base ai dati che ti occorre conoscere e che hai filtrato tu. Tutte queste voci possono essere consultate singolarmente o tutte insieme in una sezione denominata Panoramica. SEMrush ti permette di analizzare pagina per pagina ciò che andrebbe migliorato, anche tenendo presente quello che fanno i competitor. Proprio l’analisi del traffico del sito concorrente e delle keyword sulle quali essi lavorano, ti permette di capire come aggiustare il tiro nel tuo caso. Se ti interessa approfondire l’argomento, ti consigliamo la lettura dell’articolo su come funziona SEMrush che ti spiega passo dopo passo come fare per monitorare bene il tuo sito. Hubspot Ultimo ma non meno importante è Hubspot. Hubspot è un software di marketing automation che aiuta le aziende a promuovere il loro business. La parte dell’analisi e del monitoraggio del sito è molto importante e ti offre una panoramica completa dell’andamento del sito. La knowledge base di Hubspot ti dà la possibilità di capire a fondo questo software di analisi, andando così a ottimizzare le tue azioni di marketing. Preliminarmente però c'è da fare una distinzione: in caso di siti sviluppati con piattaforme esterne, c'è la necessità di inserire manualmente il codice tracciamento all'interno delle pagine per avere la reportistica completa. In caso di un sito Hubspot, invece, la reportistica è già inclusa all'interno di tutto il comparto CRM. Con Hubspot puoi filtrare con attenzione i dati che ti interessa monitorare e valutare, in un determinato intervallo di tempo. Non andremo a spiegare le singole funzioni in quanto nella knowledge base trovi sicuramente tutto ciò che ti occorre per impostare il corretto monitoraggio dei tuoi dati. La piattaforma di Hubspot è facile e intuitiva e ti dà la possibilità di venire a conoscenza di tutti i dati che ti interessano in pochi click. È studiata appositamente per chi non ha una grande conoscenza della SEO, ma vuole sapere come funziona il lavoro SEO e marketing impostato all’inizio e se bisogna fare delle correzioni. Conclusioni L’analisi del tuo sito web è fondamentale per far sì che tutte le azioni di marketing e SEO raggiungano l’obiettivo di trasformare i visitatori in clienti. Riuscire a creare una panoramica completa, grazie all’incrocio dei dati di queste piattaforme, ti permette di costruire una strategia davvero efficace, che non lascia spazio all’improvvisazione, ma che si basa esclusivamente sui dati. Hubspot indubbiamente è il software di automazione più completo e intuitivo che puoi utilizzare per la tua analisi del sito web. Scopri come funziona, scarica l’ebook gratuito.
Per alcune aziende vige il profitto a tutti i costi, anche adottando azioni truffaldine o poco trasparenti che danneggiano addirittura i loro stessi clienti. Una pratica bocciata e assolutamente non ammessa dal cosiddetto marketing etico, che per l’appunto richiede una condotta morale ed etica impeccabile a tutti i dipendenti e ai vertici di un’azienda. L’etica nel marketing digitale è un concetto che si sta diffondendo sempre di più in tutti i tipi di business, partendo dall’idea che il profitto non può e non deve essere l’unico obiettivo delle aziende. Il marketing etico può essere considerato una vera filosofia aziendale alla quale ispirarsi per costruire l’immagine di un brand pulito, trasparente e affidabile. Nessun cliente vorrebbe scoprire che il marchio che ama lo ha ingannato o gli ha raccontato bugie da anni, poiché lo abbandonerebbe subito. Il marketing etico si può essere integrato perfettamente anche nelle strategie di inbound marketing, che attrae i clienti in modo del tutto naturale fornendo contenuti chiari e che forniscono informazioni pertinenti e trasparenti. Analizziamo più in dettaglio cos’è il marketing etico e come applicarlo alle proprie strategie aziendali. Una definizione di marketing etico e in cosa si differenzia dal dirty marketing Una definizione di marketing etico è stata introdotta da Emmanuele Macaluso, divulgatore scientifico e studioso, che ha redatto una sorta di manifesto del marketing etico. Questo concetto è definito come l'operare dell'impresa quando rispetta 4 regole d’oro: Rispettare i consumatori; Mantenere un elevato standard di affidabilità e veridicità; Distinguere in modo chiaro i contenuti pubblicitari dall’intrattenimento; Tutelare la privacy dei consumatori. Il marketing etico inoltre si contrappone al dirty marketing, cioè al marketing “sporco” o marketing immorale. Non necessariamente il dirty marketing è illegale, ma le sue iniziative o campagne pubblicitarie sono spesso al limite della legalità e ben oltre i limiti della moralità. Alcune aziende ad esempio sono portate a screditare i competitor piuttosto che valorizzare i propri prodotti e servizi, mentre altre assicurano risultati straordinari e miracolosi cavalcando l’onda emotiva di una promessa ambigua e impossibile da mantenere. Questi comportamenti, a metà strada tra la frode e i comportamenti immorali, fanno parte appunto del dirty marketing e rischiano di avere ripercussioni sull’immagine del brand. Le bugie hanno le gambe corte e prima o poi usciranno fuori, quindi l’azienda potrà ottenere profitti solo nel breve periodo. Oggi i consumatori sono molto più attenti a tematiche calde come inclusività, tolleranza e ambiente e per questo motivo è consigliabile adottare pratiche virtuose e trasparenti non solo per una questione etica e morale, ma proprio di marketing. Per questo, pratiche come il greenwashing, sono sempre più condannate dai consumatori e hanno un impatto fortemente negativo nei confronti delle imprese che decidono di intraprendere queste strategie. Marketing etico e dirty marketing sono due facce della stessa medaglia: sta a te decidere come impostare le tue strategie e quale strade perseguire per raggiungere più facilmente il cuore dei tuoi clienti e toccare le giuste corde emotive. Cos’è il marketing etico tra sociale e ambiente Il marketing etico a sua volta si suddivide in varie branche, tra le quali spiccano il marketing sociale e il marketing ambientale. Per un’azienda è importante coltivare tutti questi aspetti per creare un’immagine solida e credibile agli occhi dei consumatori. Il marketing sociale può essere inteso come quell’insieme di strategie e iniziative finalizzate a sensibilizzare le persone su una determinata tematica o diffondere e far conoscere una causa sociale. In tal caso l’obiettivo non è tanto spingere l’utente a effettuare un acquisto, ma esercitare pressioni su di lui affinché cambi alcuni atteggiamenti e comportamenti poco ortodossi o si interessi maggiormente ad una causa sociale fino a diventare egli stesso un ambasciatore. Ne sono un esempio perfetto le campagne anti-fumo che invitano a dire addio alle “bionde” o le campagne per la sicurezza stradale che suggeriscono caldamente di non usare il cellulare e di non bere quando ci si mette alla guida. Tra le campagne sociali rientrano anche quelle a favore di gruppi specifici di persone, come donne vittime di violenza, minoranze etniche, bambini ecc. Il marketing ambientale è un’altra “costola” del marketing sociale e si rivolge principalmente a tutte quelle azioni finalizzate a salvaguardare l’ambiente circostante. In questo caso l’azienda può evidenziare e spingere sulla vendita di prodotti realizzati secondo logiche ecosostenibili in ogni ambito: dalla produzione al packaging fino alla possibilità di riciclarli. Il marketing ambientale è conosciuto anche come green marketing e rappresenta una vetrina perfetta per un brand che vuole avvicinarsi all’idea di sostenibilità per guadagnare punti agli occhi dei consumatori. Hanno sempre più importanza, in questo senso, gli ecommerce sostenibili che hanno l'obiettivo di vendere i propri prodotti online con un occhio di riguardo alla sostenibilità ambientale, integrando quindi il mondo economico e quello naturale. Come impostare una strategia etica nel marketing digitale? Per l’impostazione della propria strategia etica nel marketing digitale il primo passo da fare è quello di dotarsi di un buon CRM, grazie al quale puoi allineare tutti i processi e consentire ai vari team aziendali di lavorare all’unisono grazie ad una banca dati completa e consultabile per tutti in ogni momento. Resta però il “dilemma” delle aziende: come perseguire il profitto e mantenere un profilo altamente etico e morale? Bisogna essere bravi “equilibristi” e adottare comportamenti etici e virtuosi che garantiscono comunque un buon ritorno economico all’azienda. Gli studiosi dell’etica aziendale ritengono che ci sono 3 step necessari per far coesistere marketing ed etica: Individuare il problema; Identificare uno standard etico di riferimento; Applicare lo standard etico individuato nel processo decisionale. Tuttavia quando si ragiona in ottica di etica bisogna per un attimo sganciarsi dalle dinamiche del marketing poiché, per costruire un contesto morale riconoscibile per tutti, è importante condividere i valori con altre aziende competitor. Questo è importante soprattutto perché nel marketing etico mancano condotte di morali nette e definite, perciò è necessario tracciare dei confini per arrivare ad una percezione della moralità e dell’etica universalmente riconosciuta da tutti. Per costruire una nuova identità di brand etico bisogna seguire questi step: Analizzare la situazione di partenza del mercato in cui si opera; Identificare i principi etici di riferimento per costruire la nuova identità del brand; Costruire una buona brand awareness; Consolidare la propria reputazione. Questo processo ha bisogno di tempo per svilupparsi e consolidarsi e soprattutto deve coinvolgere tutti i team aziendali. Armati dunque di pazienza e non pensare di ottenere risultati immediati. Quali sono i vantaggi per le aziende? Il marketing etico “pulisce” l’immagine di un’azienda e questo va a tutto vantaggio della brand identity e della brand reputation. Per ogni azienda è fondamentale fidelizzare un cliente e conquistare la sua fiducia, cosa che si può fare costruendo un rapporto basato sulla credibilità e sull’attendibilità del marchio stesso. Piuttosto che promettere la luna e prendere in giro il cliente, devi proporre soluzioni realistiche che possono risolvere un problema o soddisfare un desiderio. Il pubblico apprezzerà la tua sincerità, si fiderà realmente della tua azienda e tornerà ad acquistare da te poiché rappresenti un punto di riferimento credibile e affidabile nel tuo settore. Con questo atteggiamento fai capire che il tuo obiettivo non è vendere a tutti i costi, ma prenderti realmente cura degli interessi e delle necessità degli utenti. Mantenere una reputazione etica elevata rappresenta un punto di forza non solo per le multinazionali, ma anche per i piccoli shop online o per i negozietti sotto casa. Marketing etico: esempi di importanti brand Ci sono diverse iniziative che possono essere prese come esempio di marketing etico, arrivato anche nello sport. Diverse squadre di calcio hanno deciso di sponsorizzare sulle loro maglie gratuitamente organizzazioni ed enti di beneficenza. La Fiorentina ad esempio ha sponsorizzato gratuitamente l’associazione “Save the Children” e anche il Barcellona a lungo ha sfoggiato sulle sue maglie il brand dell’Unicef. Altro esempio famoso di campagna di marketing etico è stato l’Ice Bucket Challenge, una sfida social diventata virale dove importanti personaggi dello spettacolo, del cinema, dello sport e della politica si rovesciavano addosso una bacinella di acqua ghiacciata per sensibilizzare le persone sulla SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica). Una campagna che ebbe un successo straordinario alla quale parteciparono personaggi del calibro di Cristiano Ronaldo, Mark Zuckerberg, Bill Gates, Beyoncé e tanti altri vip. In appena due settimane furono raccolti ben 31,5 milioni di dollari per la ricerca. Conclusioni Il marketing etico si pone come obiettivo quello di costruire un’azienda virtuosa, permettendole di consolidarsi come una realtà affidabile e credibile agli occhi del pubblico. I consumatori, una volta convinti della moralità e delle logiche sane seguite da quell’azienda, sono più disposti a fidarsi. Un cliente soddisfatto diventa automaticamente un tuo ambasciatore e, oltre ad acquistare prodotti e servizi da te, sicuramente parlerà bene del tuo brand con amici, parenti e colleghi. Tieni a mente che la reputazione di un brand è parte integrante del tuo successo, quindi abbracciare un marketing etico significa ampliare gli orizzonti del tuo business e conquistare una fetta sempre più ampia di pubblico. C’è poi da fare un’ulteriore valutazione: i tuoi clienti si sentono parte integrante del cambiamento di cui ti fai promotore e percepiscono l’idea che stanno facendo qualcosa di positivo per la società e per il mondo in generale. Nel corso dell’articolo abbiamo sottolineato l’importanza di avviare un buon progetto CRM e per avere una panoramica più ampia e capire quanto sia importante un CRM e quali problemi può risolvere ti consigliamo di scaricare l'ebook gratuito a fondo pagina.