Dopo aver venduto un servizio o un prodotto a un cliente o averlo convinto ad eseguire l’azione desiderata, come dare l’ok alla ricezione di una newsletter o la sottoscrizione di un abbonamento, non devi assolutamente pensare che il tuo lavoro sia finito lì. Anzi, possiamo dire che quello è solo l’inizio di un percorso che deve portare alla completa e totale fidelizzazione del cliente. E in questo discorso si inseriscono perfettamente le email di follow up, un tipo di comunicazione che avviene tramite posta elettronica dopo un evento per mantenere vivo il rapporto con il cliente e con il lead e valutare di volta in volta il suo livello di soddisfazione. Le email di follow up sono utilissime anche in ambito lead generation perché possono essere utili per ringraziare oppure inviare un messaggio di benvenuto al lead. Cosa sono le mail di follow up? Prima di addentrarci nel discorso delle email di follow up nell’ambito del marketing, è opportuno capire cosa sono e come utilizzarle. Il concetto di follow up nasce fondamentalmente in ambito medico. Per i dottori è infatti prassi seguire un paziente dopo un’operazione per valutare il decorso post-operatorio o per monitorare i risultati ottenuti dopo aver seguito una terapia. Con lo stesso concetto sono nate le email di follow up, che consentono di tastare il polso del livello di soddisfazione delle persone dopo un evento. Si possono ad esempio inviare dopo un meeting o un seminario per capire se l’evento è stato di interesse dei partecipanti. E poi, entrando più nello specifico nel settore del marketing, aiutano a conoscere le valutazioni dei clienti dopo l’utilizzo di un servizio o l’acquisto di un prodotto. L’intera strategia deve essere affiancata da un efficace CRM, così da poter gestire tutti i rapporti e le interazioni che si verificano tra un’azienda e un cliente, che così non si sente abbandonato, ma anzi percepisce la vicinanza e il supporto del brand. Questo è un aspetto molto importante per consolidare i rapporti con i clienti ed aumentare il tasso di fidelizzazione. Come scrivere una mail di follow up? Passiamo adesso all'aspetto più pratico della questione: Come impostare un’email di follow up? Per prima cosa bisogna fare una considerazione: l’email di follow up per l’appunto “segue” ad una prima email oppure ad un avvenimento già compiuto dal lead, quindi dovrebbe esserne una sorta di integrazione e non risultare troppo lunga o pesante. 2 o 3 paragrafi sono più che sufficienti. La comunicazione quindi deve essere leggera e veloce, così da non annoiare il tuo cliente. Proprio per questo motivo anche l’oggetto deve essere breve ma efficace e contenere informazioni veritiere e non fuorvianti. L’oggetto deve essere chiaro e spiegare in maniera coerente cosa troverà l’utente dopo aver aperto il messaggio, senza false promesse o toni troppo sensazionalistici che creano grande attesa e che alla fine rischiano di deludere. Occhio anche a non usare key spam o troppo commerciali, che potrebbero restare intrappolate nella rete dei filtri antispam. Per quanto riguarda le domande e il contenuto, molto dipende dalla tipologia di follow che intendi applicare. Magari potresti voler inviare un’email di follow up per ravvivare l’interesse spento di potenziali acquirenti, per chiedere informazioni e feedback dopo un’assistenza ricevuta, oppure per dare al cliente ciò per cui ha compilato un form (ad esempio nelle strategie di content marketing è frequente dare un ebook gratuito in cambio della compilazione di un form). Scegli con cura il contenuto, poiché le email di follow up fungono anche da volano per l’inbound marketing, cioè una strategia che attira in modo naturale lead e clienti verso l’azienda tramite contenuti di valore ed esperienze su misura. Altro aspetto importante riguarda il timing: quando inviare un’email di follow up? Una tempistica precisa non c’è, dipende dai casi, ma in ogni caso non è consigliabile inviare un’email di follow up pochissimi giorni dopo il primo contatto oppure il prima possibile, nel caso il contatto abbia compilato un form. Prima di insistere, col rischio che la tua email venga cestinata senza neanche essere aperta o peggio ancora finire nello spam, cerca di capire perché il tuo cliente non ha risposto. L’importanza dell’email marketing per gli e-commerce Perché le email di follow up sono così importanti per aziende ed e-commerce? Come già accennato queste email consentono di tenere vivo il rapporto tra azienda e cliente, o lead, e all’occorrenza richiedere feedback dopo l’acquisto di un prodotto, dopo aver usufruito di un servizio o dopo aver ricevuto assistenza. Puoi capire se i servizi offerti sono di gradimento per i tuoi clienti, oppure se ci sono delle criticità sulle quali è necessario intervenire. Inoltre puoi inviare messaggi mirati a lead e clienti, adattandoli in base al punto del funnel in cui si trovano. Questo non significa che devi scrivere email personalizzate per ogni singolo cliente, poiché puoi affidarti a software efficaci come Hubspot che integrano eccellenti programmi di email automation per coltivare il rapporto con i tuoi clienti in modo efficace senza eccessivi stress o dispendio di tempo ed energie. Email follow-up: esempi da cui trarre spunto Sei pronto per iniziare una strategia di follow up, ma non sai come partire? Allora eccoti una serie di esempi da cui trarre ispirazione e che puoi usare di volta in volta a seconda delle circostanze e delle finalità. Acquisto Ipotizziamo che tu sia aspettando la risposta di un cliente sull’acquisto di un prodotto che non ha dato segni di vita dopo un primo contatto. Potresti inviare un promemoria del tipo: “Salve (nome cliente), la contatto nuovamente dopo il primo messaggio relativo all’acquisto di (nome prodotto). Non mi sembra di aver ricevuto risposta da parte sua, forse ha qualche domanda o qualche dubbio sul prodotto? In tal caso sarei felice di aiutarla e fornire le informazioni di cui ha bisogno. Cordiali saluti (nome e cognome e posizione in azienda)”. Usa un oggetto accattivante, qualcosa del tipo “Il tuo (nome prodotto) ti sta ancora aspettando!”. L’esempio va chiaramente adattato al “tone of voice” della tua azienda. Se magari utilizzi generalmente un linguaggio fresco e giovanile, dando del tu, fai la stessa cosa nell’email di follow up. In ogni caso cerca di non essere troppo invasivo e martellante, inviando ad esempio email a cascata, poiché rischi di ottenere l’effetto contrario. Carrello abbandonato Tra le tante criticità per gli e-commerce c’è quello del carrello abbandonato, una problematica che può verificarsi per tanti motivi: dimenticanza, perdita di interesse o prezzo troppo alto. Ecco un buon esempio da usare in questi casi: “Salve, il suo (nome prodotto) è ancora nel carrello di (nome e-commerce), forse si è dimenticato di concludere l’acquisto o non ha avuto tempo? Non si preoccupi il (nome prodotto) è ancora lì! Per non pensarci più offriamo la consegna gratuita per le prossime 48 ore”. Una buona idea per l’oggetto potrebbe essere “Forse ti sei dimenticato di me?”. In tal caso per spingere il cliente a compiere l’azione desiderata puoi giocare sul concetto di urgenza e di scarsità (ma con moderazione), proporre uno sconto sull’acquisto o sulla spedizione, offrire un codice promozionale o aggiungere un’immagine che descriva ancora più dettagliatamente il prodotto. Per questo tipo di email, Shopify mette a disposizione Shopify Email che consente di realizzare email di follow up, carrello abbandonato e molte altre tipologie di email. Sollecito pagamento Le email di follow up possono riguardare anche situazioni poco piacevoli, come ad esempio un cliente o un partner in ritardo con i pagamenti. In tal caso puoi scrivere un’email del genere “Gentile (nome) a quanto pare ci risulta che la fattura (numero fattura) datata (data) non è stata ancora pagata. A meno che non ci sia stato un errore da parte nostra, la preghiamo di procedere al pagamento. Se il pagamento è invece stato inviato prima di questa email, la preghiamo di ignorarla. La ringraziamo per la sua collaborazione. Team di (nome servizio oppure nome e cognome)”. L’oggetto in tal caso non ha bisogno di tanti giri di parole ed è sufficiente un semplice “Sollecito di pagamento”. La cosa migliore è fornire il maggior numero di informazioni possibili, come importo della fattura, eventuali penali, le coordinate bancarie e i sistemi di pagamento. Quali tool usare? Ci sono diversi tool e strumenti che puoi usare per automatizzare l’invio delle tue email di follow up. Ecco un elenco degli strumenti più efficaci disponibili sul mercato: Drip: uno dei più popolari software di email marketing automation focalizzato soprattutto sulle attività di e-commerce; Autopilot: il grande vantaggio di questo strumento è quello di riuscire a automatizzare le email, annotando anche sequenze di automazione con tanto di emoji, adesivi e spiegazioni che rendono il lavoro molto più facile a tutti i team coinvolti; Sendinblue: piattaforma di email marketing che propone strategie multi-channel, combinando la marketing automation con sms, live chat, Facebook ads ecc., che offre diversi piani di pagamento; Mailchimp: piattaforma di marketing all-in-one pensata soprattutto per le piccole aziende che fornisce anche utili consigli per aumentare i tassi di apertura, di clic e di vendite. Hubspot CRM: è sicuramente la piattaforma più completa tra tutti. Si integra benissimo con i vari ecommerce e utilizza la marketing automation per inviare email di follow-up automatiche a chi compila un form. Permette inoltre di trargetizzare le altre tipologie di email in base alle azioni compiute dal contatto. Conclusioni Per un corretto utilizzo delle email follow-up è necessario che ci sia una perfetta coordinazione tra tutte le tue azioni, per non risultare invasivo e procedere all’invio con il giusto timing. Risulta fondamentale sfruttare le funzionalità di un buon CRM, come Hubspot CRM, che ti aiuta a migliorare la gestione dei tuoi clienti. In questo modo puoi verificare se già c’è stato un primo contatto, ricordare se c’è stata risposta e monitorare tutte le eventuali conversazioni ancora aperte. In basso ti diamo la possibilità di scaricare il nostro ebook sulla marketing automation e come riuscire a coltivare i contatti con le email, per riuscire a farli diventare clienti finali. Image by rawpixel.com on Freepik
In questi mesi il ruolo dell’intelligenza artificiale nel mondo del digital marketing, e non soltanto, è divenuto sempre più preponderante. L’AI ha dimostrato la sua abile capacità di riadattare tutti i processi e l’operatività in un’ottica molto smart nel digital marketing, portando importanti innovazioni ed evoluzioni nel modo di lavorare. Perché l’AI sta conquistando il mondo? La risposta è semplice: perché semplifica l’operatività, rendendo più semplici i processi. La raccolta dati e la loro consultazione diventa più facile e immediata nel CRM. Lo strumento che attualmente desta parecchio stupore per il suo funzionamento è ChatSpot. ChatSpot è lo strumento d’intelligenza artificiale di Hubspot, ideato su misura per semplificare ancora di più i processi del CRM. Approfondiamo nel prossimo paragrafo di cosa si tratta nello specifico. Cos’è ChatSpot? Siamo decisamente in tema di avanguardia e innovazione quando parliamo di ChatSpot, in particolare quando pensiamo che questo strumento AI di Hubspot, rende ancora più semplice il completamento di varie attività del CRM, semplicemente con l’utilizzo di una chat. ChatSpot si basa, in sostanza, su tecnologie artificiali avanzate come Chat GPT e DALL-E2, che semplificano processi e operazioni nel CRM. Utilizzando ChatSpot.ai, chiunque del team potrà aggiungere dati al CRM, senza dover navigare nel menu. Non sarà più necessario compiere azioni di ricerca in modo manuale, con la chat AI di Hubspot, si potrà fare tutto e in meno tempo, semplicemente digitando la richiesta sulla Chat. ChatSpot è una rivoluzione anche per i non addetti ai lavori che utilizzano il software per consultare i loro dati. Sono in molti i clienti che ad esempio entrano nel loro Hubspot per visionare in modo autonomo i dati di conversione di un articolo di blog, di una campagna di marketing o di una landing page. Attualmente ChatSpot è disponibile solo per alcuni utenti ad accesso limitato, si può dire che è ancora in una fase di sperimentazione, per cui le sue funzionalità probabilmente aumenteranno. Con ChatSpot tutto questo è ancora più facile e immediato. Ma come può aiutare ChatSpot il marketing e la gestione del CRM? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. Chatspot: come può aiutare marketing e gestione del CRM di Hubspot ChatSpot, lo strumento di intelligenza artificiale di Hubspot, come precisavamo poco fa è in versione Alpha 2, ma le potenzialità dello strumento sono già facilmente intuibili. Vediamo di seguito come questa innovazione può aiutare le attività di marketing e la gestione del CRM. In merito al CRM e alle vendite, utilizzando la Chat AI di Hubspot puoi domandare informazioni in merito al tuo database, relativamente al numero, alla tipologia di contatti presenti nel CRM e puoi anche aggiungere dati nuovi, evitando di farlo manualmente. In merito alle attività di marketing una funzionalità di ChatSpot importante è quella della creazione di un CRM. Il tool ti aiuta nella creazione di report, l’importante è stabilire quali sono i dati fondamentali da visionare e analizzare con il cliente. Una volta creati, i report possono essere esportati e inseriti in Google docs. Un’altra funzionalità importante per il marketing è che con ChatSpot puoi anche incrociare i dati del CRM con quelli esterni, forniti da altri tool, così da avere una panoramica più completa e dettagliata. Con ChatSpot puoi quindi raccogliere tutti i dati fondamentali per orientare meglio la tua strategia di marketing. Tra le altre funzionalità che offre ChatSpot, c’è quella di creare articoli, post sui social media e inserzioni pubblicitarie, sebbene chiaramente sia sempre necessaria la visione finale di un professionista. Tutte le funzioni di marketing con ChatSpot possono essere estinte con la massima resa e il minimo sforzo, sempre ovviamente contando che la verifica finale dell’essere umano sull’operatività, ci sia. Il mondo che viviamo attualmente è in evoluzione e ChatSpot non è altro che il primo strumento che apre la strada dell’avanguardia e della semplificazione. In un processo di Inbound Marketing, ChatSpot di sicuro rappresenta un modo per semplificare le azioni ed essere più veloci operativamente. ChatSpot, inoltre, rappresenta un ottimo modo per automatizzare le azioni di lead generation. A questo proposito riassumiamo cosa può fare ChatSpot per ogni reparto: Marketing Crea contenuti; Analizza le strategie di marketing; Costruisce strategie SEO oriented; Analizza le performance. Vendite È in grado di gestire l’interazione tra CRM e azienda; Segue il processo di vendita del lead; Ottiene informazioni sui potenziali clienti. CRM Automatizza i processi nel CRM; Personalizza le interazioni con i clienti sulla base dei dati; Monitora il database. Attività di report Crea report dettagliati; Monitora le performance; Identifica i trend del mercato e le opportunità. Ora che conosciamo tutte le iniziali potenzialità di ChatSpot, parliamo dei Pro e dei Contro dell’integrazione tra ChatGPT e Hubpsot nel prossimo paragrafo. Pro e Contro dell’integrazione tra ChatGpt e Hubspot I Pro di adottare Chatspot derivano dalle sue funzionalità che abbiamo indicato nel paragrafo precedente e, in particolare, possono essere riassunte in: Automazione di processi routinari; Semplificazione delle attività di CRM tramite l'inserimento rapido di contatti, task e deal con la possibilità di impostare rapidamente azioni di data cleansing; Semplificazione delle attività commerciali e di marketing, specialmente quelle di content marketing grazie alla scrittura automatica di email, landing page e altri contenuti; Facilità di analisi grazie all'incrocio rapido dei dati che ci sono all'interno del CRM; Miglioramenti SEO con l'ottenimento delle keyword adatte, con le previsioni di ricerca ecc...; Siamo ovviamente ancora in una fase iniziale di ChatSpot, visto che il suo sviluppo è attualmente in fase Alpha, quindi possono verificarsi tranquillamente dei problemi e infatti ecco alcuni Contro che è bene conoscere in questa fase iniziale. ChatSpot potrebbe non avere sempre tutte le risposte che si cercano; Gli accessi allo strumento, al momento, sono tanti e quindi non sempre potrebbe essere accessibile; Il tool non è ancora un esperto in tutti i campi, quindi potrebbero esserci ancora delle lacune dal colmare. Uno dei Contro più evidenti, quando si parla della creazione dei contenuti, è la creatività. ChtaSpot è in grado di creare articoli di blog, post social e copy di altro genere, ma ciò che non è in grado di fare quanto un essere umano è di essere creativo. Conclusioni su Hubspot AI L’evoluzione è sempre dietro l’angolo e bisogna essere preparati al cambiamento, così come lo è stato Hubspot CRM, sperimentando questo nuovo tool. Bisogna essere pronti a sperimentare strumenti innovativi che migliorino il lavoro e i processi, tanto nel digital marketing che in altri settori. HubSpot, con queste nuove introduzioni a tema intelligenza artificiale (si parla di Hubspot AI) si conferma una piattaforma sempre al passo con le innovazioni del mercato e, soprattutto, pronta a garantire ai suoi utenti tutto il necessario per migliorare i processi aziendali, il loro marketing e le loro strategie commerciali. Ti consigliamo inoltre di scaricare la risorsa gratuita che ti darà una panoramica di che cos'è Hubspot, delle sue caratteristiche e del perché è utilizzato da molte imprese che vogliono crescere per vendere di più e in maniera migliore.
Cosa si intende per customer loyalty? Volendo dare una definizione, si può dire che è quando si instaura una relazione continua tra il cliente e l’azienda, basato sulla fiducia del primo verso la seconda. Per far sì che il rapporto tra cliente e azienda duri nel tempo, è necessario però fare un investimento e questo può essere il programma fedeltà, che può declinarsi in diversi modi: possibilità di entrare in un club esclusivo solo per coloro che restano fedeli all’azienda; opportunità di vincere dei premi, in seguito per esempio a una raccolta punti; accesso a vantaggi specifici per i possessori di una carta fedeltà. Quando si pensa ai programmi fedeltà, la mente va subito alle raccolte punti dei supermercati o a quelli che si fanno in farmacia. Il principio infatti non è diverso e questo perché si tratta di un modello di marketing che funziona. Ecco perché si ripropone anche per altri tipi di aziende. La capacità di un’azienda di fidelizzare i propri clienti però non si misura soltanto in base a quello che offre al cliente, né tanto meno ai prezzi bassi, ma prevalentemente in base al modo in cui quest’ultima interagisce e si rende disponibile con il cliente. Per aumentare poi la customer loyalty vi sono poi strumenti e strategie specifici che approfondiremo nel corso di questo articolo. Ma prima ancora di questo vogliamo soffermarci sull’utilità del customer loyalty. Continua la lettura per approfondire. Customer loyalty marketing e Loyalty program: a cosa servono? L’obiettivo della customer loyalty è quello di costruire relazioni di qualità e durevoli con i clienti, riuscendo così a conquistare la loro fiducia, aumentando così la customer retention. Sebbene la tendenza sia quella sempre di pensare al target meramente come a un numero, la verità è che sono persone che hanno bisogno di sentirsi coccolate e apprezzate, ma soprattutto hanno necessità di sapere che l’azienda si prende cura delle loro richieste ed è disponibile quando ne hanno bisogno. È questo che fa la differenza nel rapporto tra impresa e clienti. Da qui nasce il concetto di programma fedeltà. Il programma fedeltà si basa principalmente su alcuni punti di forza, ovvero: opportunità di raccogliere dati sui consumatori in modo sia quantitativo che qualitativo; possibilità di creare campagne personalizzate sulla base dei dati raccolti; opportunità di trasformare i clienti stessi in brand ambassador, proprio sulla base della loro fedeltà all’azienda. A questi si aggiunge la capacità di coinvolgere il cliente dal punto di vista emotivo, riuscendo a generare sempre un sentiment positivo. Si pensi per esempio alla soddisfazione del cliente quando vede arrivare nella sua casella mail la comunicazione un’offerta destinata a lui, grazie alla sua partecipazione al programma fedeltà. Indubbiamente questo genera positività nella persona e la predispone bene nei confronti dell’azienda. Questa sarà poi la base dalla quale l’azienda potrà partire per fare attività di upselling e vendere quindi altri prodotti, magari correlati a quelli precedentemente acquistati con facilità. La customer loyalty parte dal presupposto che per riuscire a mantenere saldo il rapporto con il cliente nel tempo, bisogna puntare sulla personalizzazione dell’offerta e quindi garantire sempre un prodotto o un servizio specifico in base alle esigenze del target. Molto importante nel discorso del Customer loyalty marketing è impostare bene anche il follow up post acquisto. Un errore comune è quello di inviare delle offerte al cliente che ha già visto in precedenza, anche dopo l’acquisto. Allo stesso modo, un altro modo sbagliato di fare follow up con il cliente è quello di inviare delle offerte subito dopo che egli ha fatto il primo acquisto sull’e-commerce. Per questo segmentare la propria clientela in base ai gusti, dotandosi quindi di un CRM, è molto importante per fidelizzare il cliente. La sensazione che il cliente ha è che l’azienda lo voglia pressare per fare altri acquisti. Per far sì che questo avvenga, come nelle migliori relazioni, bisogna dare tempo al tempo e far sì che il cliente interagisca con l’azienda tramite i social magari, affezionandosi sempre di più al brand. Come fare quindi per aumentare la customer loyalty? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. Come si aumenta la customer loyalty La customery loyalty non termina quando il cliente è acquisito e apparentemente fidelizzato, anche perché quest’ultimo può restare con l’azienda anche per motivi diversi da quelli legati a come percepisce il brand. Ad esempio, i prezzi bassi non rappresentano un motivo ideale per essere fedeli a un’azienda, così come la varietà di prodotti offerta. La vera differenza la fa il modo in cui l’azienda tratta e interagisce con il cliente. Fondamentali sono anche: customer experience; follow up di valore; recensioni e segnalazioni. Customer experience Offrire un’esperienza di acquisto personalizzata e positiva porta i clienti a ritornare sul tuo ecommerce. Più conosci il cliente, più è facile far sì che il suo percorso di acquisto sia piacevole. Follow up di valore Come accennato anche in precedenza in questo articolo è importante costruire un funnel di mail post acquisto personalizzate, sulla base dell’esperienza di acquisto che il cliente ha già fatto sul negozio online. Recensioni e segnalazioni Trasforma il tuo cliente nel tuo miglior venditore. Un’azienda deve essere capace di chiedere recensioni e segnalazioni a suoi clienti, in quanto queste rappresentano una parte importantissima per il processo di acquisizione di nuovi clienti. Come il CRM può diventare un vantaggio per la customery loyalty? Investire in un progetto CRM in questo panorama riveste un ruolo importantissimo, in quanto permette all’azienda di avere un panorama completo dei dati raccolti tramite gli strumenti e le strategie per fidelizzare il cliente. Il concetto di loyalty parte proprio dalla conoscenza che si ha del target, ma soprattutto del suo comportamento di acquisto. Hubspot ad esempio, permette di consultare in modo dettagliato tutti i dati rispetto a determinate azioni di marketing. Avere a disposizione un CRM ti permette anche di concentrarti sulle future azioni di marketing che intraprenderai per continuare la fidelizzazione dei tuoi clienti, in quanto dai dati puoi capire facilmente cosa ha funzionato di più e cosa di meno. Ma soprattutto sai cosa puoi implementare e cosa invece conviene lasciar perdere. Conclusioni Per gestire bene il rapporto con il cliente è fondamentale imparare a conoscerlo. Un CRM in questo ti può aiutare perché è in grado di fornirti dati dettagliati sul tuo target. Un CRM valido fa la differenza in un’azienda, ecco perché consigliamo HubSpot che ti offre una panoramica completa dei dati raccolti. Affidati a un’agenzia HubSpot per costruire la base del tuo successo. Image by rawpixel.com on Freepik
Un qualsiasi progetto per raggiungere il successo, ha bisogno di pianificazione, organizzazione del lavoro e gestione di tempo e risorse. Il ruolo designato per tutte queste attività è il project manager, ovvero colui che si occupa del project management. Cos'è il project management Il project management è appunto quella attività di programmazione, organizzazione e gestione di risorse e denaro, atte a raggiungere degli obiettivi. Il project manager è colui che gestisce le risorse economiche e si preoccupa di realizzare una strategia efficace, ma che sia compresa nel budget preventivato. Allo stesso modo il project manager si occupa di analizzare i risultati delle attività, individuandone punti di forza e debolezza. Sulla base degli obiettivi raggiunti, il project manager pianifica le nuove attività di marketing. Indubbiamente in questo panorama di pianificazione e organizzazione, vi sono dei problemi che intervengono e che minano le abilità del project manager, il quale deve, a volte, rivedere i piani e creare una nuova strategia, sulla base dei nuovi elementi. Scopriamo nel prossimo paragrafo quali sono i problemi più comuni dell’attività di project management. I 7 problemi più comuni del Project management Solitamente i problemi più comuni di un project manager si palesano quando non si raggiungono gli obiettivi prefissati. Questa condizione si verifica quando vi sono i seguenti problemi: poca chiarezza degli obiettivi iniziali: se gli obiettivi non sono chiari sin dall’inizio, è possibile che lo start del progetto subisca uno slittamento, determinando quindi dei possibili ritardi sulla tabella di marchia dello stesso; rischio di basso rendimento del progetto: questo problema si verifica quando tutte le parti in causa, operanti nel progetto, non collaborano come dovrebbero e modificano i requisti iniziali; superamento del budget previsto: quando il budget inizialmente prestabilito viene superato; problemi di tempo per la realizzazione di attività: quando i tempi del progetto non vengono rispettati, procrastinando attività già prestabilite e determinando così ritardi nelle consegne; quando le risorse sono insufficienti: questa è una condizione che si verifica quando le risorse inizialmente preventivate per svolgere determinate attività non sono sufficienti, magari per via del carico di lavoro eccessivo; cambiamenti imprevisti nel team: quando uno o più membri del team, inizialmente preventivato per il progetto, cambia e inevitabilmente si possono determinare dei ritardi; cattiva comunicazione tra le parti interessate: una condizione che si può verificare quando la comunicazione tra i membri del team e l’azienda non son è chiara e non porta quindi a risultati. Per ovviare a problemi come questi, è necessario creare un project plan efficace, ovvero un programma di lavoro ben delineato e orientato agli obiettivi. Come creare un project plan efficace? Un project plan o anche business plan è un documento formale con il quale sarà possibile gestire, organizzare e ovviamente monitorare tutte le attività atte al raggiungimento di un obiettivo. In linea di massima un project plan è classificabile come la guida che il project manager segue per il suo progetto. Qualora si verifichino dei cambiamenti nel piano, egli ha l’obiettivo di occuparsene, ideando una nuova strategia. I criteri affinché un project plan possa reputarsi efficace sono i seguenti: identificare chiaramente gli obiettivi del progetto; pianificare le attività singolarmente; avere un’idea chiara del team che si occuperà del progetto; gestione del rischio in caso di cambiamenti non previsti; pianificazione degli incontri e quindi delle comunicazioni del progetto. Gli obiettivi di un progetto devono sempre essere molto chiari, altrimenti è molto facile - per qualsiasi persona nel progetto - modificare priorità, consegne e requisiti. In un progetto che nasce non si possono improvvisare le azioni, né tanto meno le risorse fisiche ed economiche, in special modo perché i costi potrebbero cambiare. Bisogna avere sempre un’idea chiara di tutto quello che verrà fatto e soprattutto di come. I tempi sono fondamentali da rispettare, altrimenti si modificano anche quelli degli obiettivi da raggiungere, andando a stravolgere il budget. Avere le idee chiare comporta dei vantaggi in un progetto nascente, ma è necessario avvalersi degli strumenti giusti per crescere, come ad esempio il CRM. Scopri nel prossimo paragrafo come un crm può aiutare il project management. Come gestire l'attività di project management con il CRM? Il CRM rappresenta una soluzione nella gestione di un progetto e di cui un project manager deve imparare ad avvalersi. Come può un CRM aiutare praticamente un project manager? Lo aiuta nella gestione delle task dei vari reparti. Pensiamo ad esempio ad Hubspot e a come sia possibile avere una panoramica sempre aggiornata di tutto quello che accade, in seguito all'avvio di un funnel. Con Hubspot CRM per esempio è possibile capire da dove arrivano i nuovi visitatori di un sito e qual è il loro comportamento d'acquisto; un CRM è un ottimo strumento per analizzare i risultati delle decisioni di marketing prese, quindi soffermarsi su quali di queste hanno generato più conversioni - e quindi risultati; il CRM permette di non perdere mai nessun dato raccolto e di creare un database clienti, distinguendo tra clienti dormienti e clienti attivi. È sulla base di questa distinzione che infatti vengono prese delle decisioni. In aggiunta a questi di punti, importanti soprattutto per chi gestisce un progetto, c'è anche da dire che un CRM è utile anche per i clienti stessi, che possono entrare nel software e visionare l'andamento del loro business. Il CRM rappresenta una metodologia di lavoro, oltre che uno strumento, che migliora il rapporto interno e tra clienti e azienda. Indubbiamente, una piattaforma come Hubspot, rappresenta uno strumento importante per il project management. Vantaggi di una gestione efficace di un progetto I vantaggi di un progetto ben gestito, che quindi rispetti tempi, risorse fisiche ed economiche sono così classificabili: soddisfazione delle aspettative del cliente, che si traduce quindi in fidelizzazione di quest’ultimo; budget rispettato e quindi nessuna spesa in eccesso che comporti preoccupazione al cliente; ridotta possibilità di fallimento. Un progetto ben seguito, con obiettivi chiari, riduce di molto la possibilità di fallire. Un project plan e quindi un’attività di project management rappresentano i punti basi tramite i quali è possibile raggiungere obiettivi soddisfacenti. Conclusioni Per raggiungere degli obiettivi soddisfacenti è sempre importante affidarsi a chi può davvero aiutarti. Bisogna avere ben chiaro cosa e come si vuole fare. Per gestire i tuoi progetti con un CRM ti consigliamo di affidarti ad un'agenzia Hubspot che saprà aiutarti a mettere in piedi un progetto CRM. Nel frattempo puoi sempre scaricare gratuitamente il nostro ebook che parla di cosa sia la piattaforma di Hubspot. Image by tirachardz on Freepik
Le aziende ogni giorno raccolgono un quantitativo straordinario di dati, che contengono informazioni preziose che a loro volta possono fornire utili spunti per adottare le future strategie aziendali. Si ha così a disposizione un database da consultare periodicamente per capire se una campagna pubblicitaria sta funzionando, se ci sono aumenti di vendite o se al contrario ci sono dei cali. Ma di che natura sono questi dati? Come si raccolgono? Proprio perché i dati hanno assunto un’importanza rilevante nell’ambito di ogni strategia aziendale, sono sempre più strutturati. E in tale contesto si inseriscono i First Party Data, detti anche dati di prima parte che sono di proprietà esclusiva di un’azienda. Sono diventati ancora più importanti soprattutto dopo che le normative sulla privacy sono diventate sempre più restrittive, ponendo un limite ai cosiddetti third party cookie, cioè dati derivanti da terze parti. Il discorso è piuttosto articolato e quindi per sapere i first party data cosa sono, come funzionano, perché sono così importanti e in cosa si differenziano dai third party data abbiamo realizzato questa guida apposita. First party data: la definizione Per prima cosa è importante capire il significato di first party data, cioè dati di proprietà di un’azienda. Tra questi rientrano i dati relativi all’andamento di una campagna pubblicitaria o al comportamento specifico degli utenti in fase di acquisto. Benché la raccolta dei dati sia importante, non bisogna considerare che sia l’obiettivo finale. I dati raccolti, se non vengono interpretati correttamente, rischiano di risultare inutili e configurarsi come un dispendio di energie e di risorse. Se ad esempio i dati raccolti su una campagna di marketing non sono soddisfacenti, modificarla non è sufficiente. Bisogna capire quali sono i punti critici che hanno tarpato le ali alla campagna, comprendere come intervenire e come risolvere gli errori, per poi valutare il successivo andamento della campagna. Questo è un esempio virtuoso per sfruttare e soprattutto interpretare i dati, la cui raccolta è il mezzo ma non il fine. First Party Data, Second Party Data e Third Party Data: facciamo chiarezza Ad inizio articolo abbiamo parlato di una struttura molto articolata dei dati, che si suddividono in 3 categorie: first party data, second party data e third party data. Comprendere le differenze è il primo passo per interpretarli nel modo corretto. First Data I First Data sono quelli raccolti sui clienti e in generale su tutti i team interni. L’azienda che li raccoglie tramite software o sistemi interni ne è l’unica proprietaria e anche responsabile. Cronologia degli acquisti, interazioni dei clienti con gli e-commerce o comportamento e abitudini sono alcuni dei dati che possono essere raccolti. Second Data I Second Data sostanzialmente sono simili ai First Data, con la differenza che non provengono direttamente dall’azienda ma da un partner di fiducia. Sono dati importanti poiché non possono essere acquisiti o condivisi da tutti, ma solo dalla tua azienda. Un esempio perfetto è il titolare di un sito web che condivide i suoi dati con un inserzionista che decide di pubblicare un annuncio pubblicitario per conoscere le prestazioni e valutare se sia un investimento proficuo. Third Data E poi ci sono i Third Data, dati di terze parti che non sono interni ad un’azienda ma provengono da una terza parte. Non c’è un rapporto diretto tra l’azienda e il cliente poiché i dati aggregati, e poi venduti alle aziende per uso pubblicitario, provengono da una moltitudine di fonti sul web. Esempi concreti di Third Data Party sono le campagne pubblicitarie di Google Ads o le inserzioni su Facebook. Come cambia l’analisi dei dati con le nuove normative sulla privacy Finora le aziende hanno dato scarsa importanza ai first data party, poiché potevano raccogliere facilmente dati da fonti esterne come Facebook o Google. Oggi però le normative sulla privacy si sono fatte sempre più severe e stringenti, rendendo più difficile per le piattaforme esterne raccogliere dati personali. Si è così assistito ad un graduale abbandono dei third party cookie, che di fatto non potevano essere così precisi nella raccolta dei dati, col rischio di fornire informazioni sbagliate o incomplete. Le aziende hanno quindi dovuto rimboccarsi le maniche e utilizzare strumenti appositi, come i CRM, per raccogliere i vari dati interni, conservarli in un database e leggerli nel modo giusto in base alle strategie aziendali. La raccolta dei dati interni deve quindi essere finalizzata a due attività specifiche: misurare le prestazioni delle campagne di marketing e analizzare il comportamento dei clienti per fornire loro servizi sempre più personalizzati. Strumenti come Hubspot, possono essere perfetti per questo tipo di analisi. La raccolta dei dati deve essere estremamente minuziosa e dettagliata, ma allo stesso tempo è necessario capire come interpretarli. Così facendo è possibile intercettare i comportamenti positivi, quindi sapere ad esempio quando un cliente è pronto all’acquisto, e quelli negativi, cioè capire quali clienti si perderanno. Sarà così possibile adottare le contromisure necessarie per contenere i danni o per aumentare i propri profitti con azioni mirate. Perché i First Party Data sono così importanti? Le impostazioni sempre più stringenti imposte dal Garante della Privacy, che di fatto ha reso obsoleti i third data party, paradossalmente sono state un vantaggio per le aziende alle quali hanno fornito un assist importante. Costruirsi i dati “in casa” è molto più vantaggioso poiché consente di raccogliere informazioni più dettagliate, così da poter conoscere meglio i propri clienti e offrire prodotti e servizi sempre più personalizzati. In un mercato così competitivo la personalizzazione dei servizi è la chiave per differenziarsi e fidelizzare la clientela. Va sottolineato che la fidelizzazione dei clienti ha un costo minore in termini di risorse economiche e di energie mentali rispetto all’acquisizione di nuovi clienti. Ecco perché una delle prime regole del mercato impone di fidelizzare i propri clienti, prima ancora di andare alla ricerca di nuovi. Inoltre, con l’abbandono dei third data party, le aziende sono state costrette a modernizzarsi e a dotarsi delle tecnologie necessarie per raccogliere nel modo corretto i first data party. I first data party sono economici, facili da raccogliere e affidabili poiché provengono da fonti interne. I third data party invece non sempre sanno spiegare qual è stato il percorso di acquisto del cliente e non sono unici, dal momento che sono disponibili per tutti, competitor compresi. Attenzione però: non bisogna ignorare totalmente i third data party, poiché i first data party da soli potrebbero fornire una panoramica non completa al 100%. Cosa fare quindi? La soluzione migliore sarebbe integrare i dati di prima, seconda e terza parte così da avere un quadro complessivo del proprio business e adottare le contromisure strategiche più adeguate. Quali sono le fonti principali? Ora che hai una panoramica più ampia sui first data party, non resta altro che comprendere quali sono gli strumenti più adeguati da adottare che possiamo così elencare: CRM; email ed sms; sito e app. CRM Il CRM è forse la risorsa più importante che le aziende hanno a loro disposizione per identificare e conoscere i propri clienti tipici, le cosiddette buyer personas, e monitorare il loro comportamento. Basandosi sulla cronologia degli acquisti, ma anche sulle preferenze e sulle abitudini, l’azienda può fornire servizi personalizzati e su misura per il cliente tenendo presente come, dove e quando acquista. Email ed sms Alla luce delle nuove tecnologie sempre più avanzate le email e gli sms potrebbero sembrare strumenti obsoleti, ma non è assolutamente così. In una campagna di email marketing puoi raccogliere dati importanti relativi ai tassi di apertura, di clic e di rimbalzo, misurabili con strumenti come Hubspot CRM. Analizzandoli e interpretandoli correttamente puoi capire se la tua email promozionale funziona o presenta qualche criticità, riuscendo a comprendere dove e come intervenire in modo mirato per rendere più performante la tua campagna e naturalmente ottimizzare i tuoi investimenti. Lo stesso discorso si può fare con gli sms, una forma di comunicazione ancora più “intima” che rivela il desiderio del cliente di interagire in modo approfondito e con un elevato grado di interesse. Sito e app Il sito è il cuore pulsante della tua attività, è qui che i clienti vengono a fare shopping online e i loro comportamenti possono dirti tanto sull’efficienza della tua piattaforma. Puoi raccogliere dati molto accurati sui clienti, dai loro nomi alla loro residenza fino alla loro professione, così da stilare un identikit completo sulle tue buyer personas. Se i clienti decidono di scaricare la tua app, vuol dire che sono realmente interessati a quello che offri. I clienti che “frequentano” le app sono probabilmente fidelizzati, un aspetto di cui sicuramente tenere conto nel momento in cui svisceri, snoccioli e analizzati i dati. Avere un sito in HubSpot ti consente di raccogliere una grande quantità di dati per le tue campagne di marketing perché, tramite l'utilizzo della piattaforma di HubSpot CMS, hai compreso molte delle funzionalità del CRM di HubSpot. Conclusioni I dati raccolti ogni giorno rappresentano una miniera d’oro sulla quale è seduta la tua azienda, devi solo trovare la chiave per aprire lo scrigno e accedere ad una serie di informazioni preziosissime. Il primo passo è dotarti di un valido CRM, che ti consente di raccogliere i dati dei clienti, monitorarli e confrontarli così da creare strategie personalizzate per ogni tipologia di utente. A proposito di CRM, ti suggeriamo di scaricare la guida gratuita al termine dell’articolo che ti indica almeno 4 buoni motivi per sfruttare questo strumento, migliorando le interazioni con i tuoi contatti e facendo crescere rapidamente la tua attività. Image by rawpixel.com on Freepik
Uno dei principi basilari dell’inbound marketing è quello di non infastidire la gente. Perché quindi molti siti sono pieni di elementi che i visitatori hanno dimostrato da molto tempo di non apprezzare? Forse l’emozione e l’estasi (o il terrore) che mettete dentro alla progettazione del vostro sito web vi fa dimenticare tutte le nefandezze che criticate sui siti degli altri? Attenzione: l’esperienza utente povera porterà ad alti tassi di abbandono e questo abbattere i vostri tassi di conversione: tradotto, in parole semplici, se sbagliate a progettare il sito non troverete nuovi contatti da web. Le caratteristiche che un sito web aziendale non deve avere Di seguito elenchiamo una serie di caratteristiche, alcune anche tecniche, che un sito web non deve avere per garantire un alto livello di user experience dei suoi utenti ed evitare che questi abbandonino prematuramente il sito. Realizzare un sito in HubSpot, generalmente, evita questo tipo di problematiche, che molto spesso vengono a galla quanto invece il sito è realizzato con Wordpress. Se dovessimo rispondere alla domanda Quali sono le caratteristiche di un sito web che favoriscono l'abbandono del cliente? risponderemmo con i seguenti punti: Ci mette un'eternità a caricarsi; Non è ottimizzato per mobile; Offre una navigazione povera; Usa troppi pop-up; Presenta contenuti multimediali che si eseguono in automatico; Vanta animazioni che disorientano l'utente; Ci sono immagini generiche o di bassa qualità; C’è un modulo di contatto ma non ci sono ulteriori informazioni; C’è un’incomprensibile pagina chi siamo; Non è chiaramente spiegato quello che fa la tua azienda; È pieno di parole chiave; Si è perso i pulsanti di condivisione social nei contenuti; Non c’è il blog; Utilizza titoli e frasi incongruenti con i contenuti; Mostra delle call-to-action che non sono in linea con l’offerta; Contiene link interni che non sono user-friendly; Utilizza slider che si prendono il loro tempo a caricarsi; Andiamo ora ad analizzarne uno ad uno. 1. Ci mette un’eternità a caricarsi I nostri tempi di attenzione sono corti e si abbassano costantemente quando facciamo cose ripetitive o siamo in attesa che succeda qualcosa. Prendiamo in mano il nostro telefono centinaia di volte al giorno e se poi ci troviamo di fronte ad un sito per il quale dobbiamo attendere il caricamento, non ci gira tanto bene. Secondo un rapporto di KISSmetrics il 47% dei visitatori si aspetta una pagina che si carica in meno di due secondo. il 40% abbandona un sito che ci impiega più di 3 secondi. Anche 1 secondo di ritardo influisce sul 16% di possibili clienti. Il tempo di caricamento lento frustra i visitatori e colpisce il tasso di conversione e la percezione del brand, in particolare dagli utenti mobile, che nelle loro connessioni continue e segmentate vogliono - si aspettano - la reattività. Se un sito è lento a caricarsi per il visitatore, secondo uno studio di Ericsson, la colpa non è del provider ma del proprietario del sito. Se vuoi che la gente resti sul tuo sito web, devo ottimizzare le sue prestazioni per ogni pagina. Il tempo di criticamente può essere influenzata dalla dimensione dell’immagine, dal codice e da molti altri fattori. 2. Non è ottimizzato per il mobile Durante la navigazione su internet con telefono cellulare, sei mai stato costretto a scorrere da lato a lato per leggere una pagina del sito? Ingrandire e ridurre le dimensioni del sito per vederlo da lontano e da vicino e capire cosa c’è sulla pagina? Spostare la vista per poter fare click? Questi sono esempi di dolorosi esperienze con l’interfaccia di navigazione quando i sito non sono ottimizzati per il mobile. Google nel 2015 ha fatto un importante aggiornamento per penalizzare nelle ricerche i siti che non sono ottimizzati per i dispositivi mobile. Questo perché Google vuole fornire la migliore esperienza utente a chi clicca i primi risultati sulle ricerche. Ma, al di là di Google, prova a pensare all’esperienza tri il brand e l’utente che visita il sito non ottimizzato. Puoi davvero permetterti tutto questo? Utilizzare HubSpot CMS per la realizzazione del proprio sito web ovvia questa problematica perché la piattaforma mette a disposizione, oltre ad un editor drag and drop, anche la possibilità di creare un sito responsive, che si adatta cioè ai dispositivi con cui viene visualizzato. 3. Offre una navigazione povera Quando qualcuno arriva sul tuo sito non sa cosa fare? Non sa dove andare? Non sa quale dovrebbe essere il prossimo passo? No, non è un gioco o una presa in giro. Una ricerca di Small Business Trends suggerisce che l’80% dei siti aziendali di B2B non hanno inviti all'azione (una ricerca del 2013, per intenderci). Si perdono clienti perché non si dice al cliente dove andare e cosa fare. Spesso non c’è neppure una frase che parla del valore di quello che si fa e qualcosa che spinga a scoprire di più, come una demo, una sottoscrizione, un’analisi gratuita… Anche sulla barra di navigazione spesso si sono voci che non chiariscono dove si deve andare (“prodotti-servizi-catalogo” per il visitatore potrebbero essere la stessa cosa e non capisce perché tu l’abbia splittato in 3 voci, per esempio). La funzionalità principale di un sito web deve essere legata alla possibilità, oltre di informare il cliente, anche quella di applicare strategie per fare lead generation. Se il sito è caratterizzato da scarsi contenuti, questa possibilità inevitabilmente viene meno. 4. Usa troppi pop-up Troppi poppo interrompono l’esperienza di lettura e possono essere seriamente fastidiosi. Il modo giusto per usare i popup è questo Usali con moderazione; Rendili intelligenti (che mostrano differenti informazioni a seconda del tipo di utente abbiamo davanti); Monitora l’efficacia; Se uno non funziona rimuovili; Usa un linguaggio educato e cerca di deliziare con i testi che presenti; HubSpot, piattaforma pensata per affiancare alla realizzazione del sito aziendale anche la possibilità di utilizzare il CRM, concede ai suoi utenti la possibilità di utilizzare i pop-up in base alle interazioni degli utenti: caratteristica fondamentale per non infastidirli e farli abbandonare il sito. 5. Presenta contenuti multimediali che si eseguono in automatico Shhhhh! non posso navigare su questo sito mentre lavoro! Se qualcuno sta godendo di una navigazione silenziosa e viene bombardato con una canzone o qualcuno inizia a parlare senza premere play e con grosse difficoltà a trovare il pulsante stop…cos pensi farà il tuo visitatore? Alcuni potrebbero essere così veloci nel premere il pulsante “mute” del computer da far loro tirare un sospiro di sollievo. A patto che sappiano individuarlo così velocemente. Per dire, anche Facebook può far partire in automatico un video, ma va sempre in mute e saremo noi a decidere se attivare il volume o meno. Estendi la stesa cortesia che vorresti tu quando navighi altri siti anche sul tuo. Fai scegliere al visitatore se giocare, ascoltare ed interagire. 6. Vanta animazioni che disorientano l'utente Lo sai che sei un beta tester, vero? Un utente deve orientarsi in tre secondi sulla pagina, sennò clicca sul tasto per tornare indietro. Animazioni, video che vanno in automatico, pubblicità ad intermittenza e altri “cazzilli” possono sembrare cool a prima vista, ma se sono troppo invadenti o disorientanti, possono sminuire l’attenzione del visitatore sui vostri contenuti veri. Tenete le animazioni semplici ed evitate di usare pratiche di interruption marketing. 7. Ci sono immagini generiche o di bassa qualità L’utilizzo delle immagini è importante per l’inbound marketing, specialmente se la maggior parte di questa strategia riguarda in particolar modo il content marketing. Così quando si tratta di aggiungere immagini al tuo sito troviamo, nella pagina del chi siamo o del tema, gioielli come questa: Mah…La gente deve pensare che queste persone lavorino nella tua azienda? E che sono sempre felici al lavoro? Questo è un brutto esempio di utilizzo di immagini da banca immagini. Nella migliori delle ipotesi sono immagini generiche. Nel peggiore dei casi sono inutili e non chiariscono nulla al visitatore, non aggiungendo nulla al vostro business. Meglio mostrare immagini reali di clienti, dipendenti, uffici, produzione… E se non ce le hai, seleziona dalle banche dati immagini che abbiano a che fare, in qualche modo, con te e con la tua attività. 8. C’è un modulo di contatto ma non ci sono ulteriori informazioni Il form “contattaci” può sembrare un modo semplice per generare una lista di contatti, ma è davvero meno preziosa di lead generation per i visitatori di un sito. Innanzitutto è terribilmente generica e non indica se il contatto vuole ricevere altre informazioni da voi. Viene compilata solo se loro vogliono un preventivo o delle informazioni su cosa vendete. Ma poi, una volta affrontata la richiesta, il contatto è perso. Soprattutto se non diventi immediatamente un cliente. Non c’è nulla di male ad avere il form “contattaci” sul vostro sito, solo che non dovrebbe essere l’unico canale di comunicazione con i visitatori. È molto probabile infatti che il tuo visitatore non abbia subito bisogno di un aiuto, che non debba chiederti oggi un preventivo. Dai modo alle persone di entrare in contatto con la tua azienda in molteplici modi: il sito web, i social media, Skype, i commenti… più occasioni di contatti generi più probabile sarà attirare l’attenzione, intercettando varie motivazioni. Anche qui ciò che è utile abbinare al proprio sito web è un progetto CRM che ti consenta di avere sempre sottomano le interazioni del contatto con i vari canali di comunicazione aziendale, integrandoli in un'unica piattaforma. Ciò è utile per personalizzare i contenuti del proprio sito, in modo che siano allineati con le esigenze dei clienti. 9. C’è un’incomprensibile pagina chi siamo Hai una pagina che spiega la tua azienda infarcita di luoghi comuni e frasi usati da molte altre aziende o hai inserito un incredibile balbettio sugli affari? Ahi. Pensiamo al chi siamo di HubSpot. “HubSpot aiuta le organizzazioni di diversi paesi a ridurre il tasso di abbandono del sito e ad aumentare quello di conversione per generare ricavi da clienti ad alto valore. Utilizziamo un software per integrare in maniera innovativa tutti i canali di marketing per dare una visione sinergica e strategica dei dati, che determina la priorità delle attività ad alto valore di marketing” Ah?!? Cosa? Il chi siamo vero invece fa così: “Le persone hanno trasformato il modo in cui consumano informazioni, prodotti e servizi, prendere decisioni di acquisto e di condividere le loro opinioni ed esperienze. Il cliente oggi ha il controllo come non mai e bisogna sincronizzare il vecchio modo di vendere con i messaggi di marketing che il cliente incontra. Eppure le aziende si basano ancora sui vecchi metodi di marketing digitali che hanno usato per oltre 10 anni (anzi, a volte proprio niente NdR). La mancanza corrispondenza tra i comportamenti dei clienti e le tattiche delle aziende, è quello che ha portato Brian Halligan e Dharmesh Shah ad iniziare lo sviluppo di HubSpot nel 2006 ed inventare la visione dell’inbound marketing” Va meglio così? E perché va meglio? Perché è scritto come si parla generalmente con le persone. 10. Non è chiaramente spiegato quello che fa la tua azienda Allo stesso modo di una brutta pagina chi siamo, è davvero frustrante arrivare sul sito di una società e non capire rapidamente di cosa si occupano. Ok, diciamocelo: se sei la Coca-Cola magari non ne hai bisogno. Ma tu non sei la Coca-Cola (e se sei la Coca-Cola, chiamami, ho delle idee bellissime per te :) NdR ). La maggior parte delle aziende ha bisogno di rispondere alla domanda del visitatore: “ma sono nel posto giusto per trovare quello che cercavo?” Se i visitatori non identificano quello che fa l’azienda in 15 secondi se ne andranno dal sito. 11. È pieno di parole chiave Ricordate i primi anni 2000 quando andavi in un sito e trovavi paragrafi e paragrafi di testo che ti travolgevano, densi di keyword che venivano ripetuti all’ossessione? Che valore ti davano? Cosa ti dicevano che già tu non sapessi? Quanto ti stancavi prima di trovare l’informazione che cercavi? Beh, molto erano fatti con dei bot automatici che combinavano testi incrociandoli. A volte si ha l’impressione che non sia cambiato molto. I testi riempiti di keyword per tentare di scalare le posizioni della SEO - non funzionano - restituiscono un’esperienza utente pessima. Pensate ai motori di ricerca, ma mettete in primo piano le persone: state parlando con loro. 12. Si è perso i pulsanti di condivisione social nei contenuti Se scrivi davvero per gli esseri umani, è probabile che alcuni dei tuoi contenuti siano davvero interessanti per il visitatore che ci arriva. E se sono davvero ben fatti e utili, è probabile che questo visitatore senta la voglia di condividerli con la sua rete social. E se una persona ha voglia di farlo, nulla di più fastidioso che non trovare i pulsanti di condivisione. Soprattutto in mobile, dove il copia e incolla dell’indirizzo e il cambiare pagina per poi condividerlo, potrebbe non essere l’operazione più comoda. I pulsanti di condivisione social, permettono ai tuoi lettori di condividere i contenuti sui social network, senza copiare l’URL, aprire una nuova finestra per collegarsi con - per esempio - Facebook, incollare e condividere. La facilità della condivisione si tramuta spesso in maggiore visibilità, più traffico al sito, aumento dell'engagement del tuo sito, migliore posizionamento del sito web e più opportunità di lead generation. 13. Non c’è il blog Se non hai un blog, stai perdendo l’opportunità di fornire ai visitatori una tonnellata di informazioni preziose (e hai meno possibilità di posizionarti sulle pagine delle ricerche di Google). I visitatori cercano su Google informazioni sulle questioni che li interessano prima ancora di decidere cosa comprare. Se trovano il tuo blog che spiega loro qualcosa, li aiuta dando un valore, è molto più facile legare questo futuro cliente al tuo brand. Hai mai sentito parlare di inbound marketing? Per approfondimenti ti consigliamo il nostro articolo sull'uso del blog nell'inbound marketing oppure scarica la nostra risorsa gratuita. 14. Utilizza titoli e frasi incongruenti con i contenuti Se sei un appassionato creatore di contenuti, sai bene quanto improntate sia un titolo ben fatto. I grandi titoli sono quelli che inducono le persone a scegliere di leggere quello che hai scritto. Ma se il titolo fa promesse che non contenuto non mantiene, sarà una delusione per il visitatore. Abbandonerà il sito e si farà una pessima idea su di te. Questo è il motivo per cui il click-bait (la pratica molto diffusa sui social di farmi venir voglia di cliccare su un link scrivendo cose al limite dell’incredibile per stimolare la curiosità, salvo poi trovare nel sito un contenuto povero o completamente differente dalle aspettative create) non è il modo giusto di attirare la gente al tuo sito. Se vuoi utilizzare questa tattica, dovresti poi per lo meno produrre post altrettanto incredibili e stupefacenti come le aspettative che hai generato con il titolo. La lezione è: mentre è importante catturare l’attenzione con il titolo, bisogna assicurarsi che non sia fuorviante e non disilluda le attese. 15. Mostra delle call-to-action che non sono in linea con l’offerta Sulla stessa linea dei titoli, potremmo dire la stessa cosa per le Call To action: dovrebbero essere allineate con quello che il visitatore riceve quando ci clicca sopra. Non c’è nulla di più frustrante della promessa di un 50% di sconto nella call to action per poi trovare l’avviso “Se spendi 1000 € 50% di sconto”. Se la condizione è “devi spendere 1.000 €” devi dirmelo già nella call-to-action. Non è solo una presa per i fondelli ai tuoi visitatori ma anche un male per la tua reputazione e non potrà che abbassare i tassi di conversione. 16. Contiene link interni che non sono user-friendly Se fatti correttamente i link interni sono utili per i lettori e per il sito web allo stesso modo. Mostrano ai lettori altre informazioni pertinenti per approfondire i temi sviluppati nella pagina e aiutano a migliorare il posizionamento organico delle pagine importanti del tuo sito. Ma alcuni siti combinano frasi forzate - per i motori di ricerca - con pagine che poco c’entrano con il contesto della pagina da cui partono. Il contenuto diventa difficilmente leggibile con queste forzature, così come risultano inutili gli approfondimenti se si fa click su queste frasi volutamente forzate per attirare l’attenzione dei motori di ricerca. Si dovrebbero includere link interni solo alle pagine del sito che potranno migliorare l’esperienza utente del tuo lettore, per permettergli di comprendere meglio quello di cui si sta parlando. I testi di ancoraggio dei link dovrebbero essere del tutto naturali all’interno. 17. Utilizza slider che si prendono il loro tempo a caricarsi Slider di immagini, conosciuti anche come caroselli, sono un modo per mostrare più immagini nello stesso spazio. Bisogna stare attenti a questi slider, perché, come tutte le cose, c’è un modo corretto e un modo sbagliato di utilizzarli. Modo corretto: il caricamento delle immagini è rapido e non si ricavi tutto ogni volta che si cambia pagina o c’è un click. Le immagini sono pertinenti con quello che il visitatore si aspetta nella pagina e permettono di approfondire il tema trattano in pagine di destinazione a cui ogni immagine è linkata. Modo sbagliato: ogni volta che si fa click sulla freccia per andare all’immagine successiva si carica una pagina completamente nuova. Le immagini sono molto pesanti e ci vuole tempo per caricarle. I contenuti a cui rimandano non sono interessanti per il visitatore della pagina nella quale sono inseriti. Ricorda: più tempo ci impiega una pagina ad essere caricata, più saranno le persone che lo abbandoneranno. Assicurati che le tue pagine si carichino velocemente e che non ci siano degli slider che carichino le immagini insieme alle pagine. I visitatori ci mettono un attimo a decidere di andarsene. Conclusioni Realizzare un sito web con determinate caratteristiche può essere utile non solo a far conoscere la propria azienda e i propri prodotti ma anche di vendere di più e fare lead generation. I siti in Hubspot solitamente hanno un ritorno sull'investimento maggiore perché la piattaforma consente, oltre alla creazione del sito, anche l'abbinamento al CRM per impostare strategie di marketing basate sul comportamento degli utenti per aiutare a far vendere di più. Quello che resta da fare a chi vuol realizzare il proprio sito con caratteristiche che aiutino a vendere i propri prodotti, essere trovati facilmente nella SERP di Google e dare ai propri utenti un livello di user experience elevato è quello di affidarsi ad un'agenzia Hubspot per farsi sviluppare il proprio sito. Image by DCStudio on Freepik
Per processo di vendita, noto anche come ciclo di vendita, si intendono tutte le azioni che un’azienda svolge per proporre i suoi prodotti ai potenziali clienti. Un processo di vendita include una serie di step che devono essere seguiti con attenzione, tutti finalizzati a generare conversione. Per far sì che ci sia però un passaggio da lead a cliente, è necessario che tutte le azioni siano ben ottimizzate. Nulla deve sfuggire al controllo e monitoraggio, ergo tutti i dati delle persone, che potenzialmente interagiscono con l’azienda, devono essere salvati correttamente in un CRM, facilmente consultabile e analizzabile in ogni momento e da tutti i reparti. I processi di vendita possono essere aiutati nelle automazioni anche nei progetti ecommerce. In questo caso lo strumento ideale è l'ecommerce CRM. È fondamentale questo aspetto, perché soltanto attraverso un’analisi dei dati dettagliata, si possono individuare i successivi step da compiere. Ma come riuscire a fare tutto questo? Sicuramente l’automazione può rappresentare un valido aiuto. Approfondiamo ora quali sono le fasi del processo di vendita. Quali sono le fasi del processo di vendita? Ogni azienda, come specificato anche prima, deve seguire delle fasi per la vendita. Essa non può più essere diretta come avveniva in passato, poiché deve seguire il processo di consapevolezza del cliente rispetto a brand e prodotto. Allo stesso modo, quindi, un’azienda, per riuscire a riconoscere i prospect (i clienti potenziali), ha bisogno di tempo, ma soprattutto di dati da analizzare. È un processo di conoscenza reciproca, dove l’azienda conosce meglio il suo target, valuta il suo potenziale e la sua frequenza di acquisto sul sito e, in base a questa, costruisce una o più offerte. Le fasi quindi più importanti di un processo di vendita sono le seguenti: analisi dei clienti potenziali - quali servizi potrebbero interessargli, quali sono i suoi dubbi o problemi; primo incontro con i clienti potenziali - stabilire le modalità del primo incontro (via social o blog) è fondamentale per creare connessione, conoscere meglio il target e capire come costruire l’offerta migliore per lui; creare una strategia di lead nurturing - i prospect diventano potenziali lead con il tempo e se vengono nutriti con mail interessanti, condivisione di offerte personalizzate è più facile fidelizzarli. Questa fase è di accompagnamento nel percorso di decisione di acquisto; condivisione di un’offerta personalizzata - l’offerta deve essere sempre personalizzata sulle esigenze del cliente; gestione del sentiment del cliente - il cliente è sempre mosso da dubbi, incertezze e talvolta sensi di colpa. Bisogna imparare a gestire questa fase, rassicurandolo; vendita - se le fasi precedenti sono state seguite bene, la vendita si farà da sola e senza ulteriori strategie. Come puoi leggere, per vendere un prodotto o servizio a un cliente, bisogna aver costruito una strategia che tenga conto di tutti i punti appena descritti. Come fare però per migliorare il processo di vendita? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. Come migliorare il processo di vendita In un’azienda che genera un fatturato importante potrebbe essere necessario gestire il processo di vendita usufruendo dell’automazione. O almeno questo è il consiglio che diamo a tutte le aziende che desiderano crescere e generare più fatturato. Le piattaforme di marketing automation ti permettono di ridurre i tempi di lavoro, gli errori umani e puoi avere un miglior monitoraggio di tutte le attività svolte in un determinato periodo di tempo. In un processo di vendita ben strutturato, lo studio dei dati e l’analisi delle attività diviene fondamentale per comprendere come muoversi in futuro. Certamente, questa fase diviene più facile se gestita con l’utilizzo di un CRM, in grado di dare una panoramica sempre aggiornata di quello che accade sul sito, sulle piattaforme social e post lancio di una campagna di advertising. Le caratteristiche che un software CRM deve avere sono la capacità di: tracciare le attività dei lead nei diversi canali; gestire il lead score, in linea con i diversi canali; mantenere sempre aggiornati i dati; tracciare le attività commerciali dirette; avere un sistema integrato che permetta di avere una panoramica aggiornata di tutti i dati. Usare questi dati per offrire comunicazioni e offerte personalizzate, in linea con le esigenze dei lead. Hubspot segue questa linea di processo, essendo essa una piattaforma all in one. Utilizzando un CRM come Hubspot, sicuramente il processo di vendita può essere implementato e migliorato. Un progetto CRM ti permette di far crescere la tua azienda, aiutandoti a generare conversioni sulla base di una personalizzazione delle offerte. Questa è possibile soprattutto se hai a tua disposizione tutte le informazioni che ti occorrono per gestire al meglio il tuo lead. Quanto aiuta oggi l’automazione nelle aziende? Automazione Vs processo di vendita L’obiettivo di ogni azienda è generare nuovi lead, ma indubbiamente anche di fidelizzare i contatti già acquisiti. Due attività che devono andare in parallelo e a cui l’azienda deve porre sempre la medesima attenzione. Come riuscire quindi a svolgere queste due operazione in modo ottimale? L’automazione è indubbiamente la risposta. L’automazione ha cambiato e di molto il panorama del marketing e in particolare CRM come Hubspot, hanno saputo introdurre l’Inbound marketing nelle aziende, portando a quest’ultime enormi vantaggi in termini di organizzazione e fatturato. (Riguardo al rapporto tra inbound marketing e vendite ti consigliamo di leggere il nostro articolo sull'inbound sales) Con Hubspot è possibile creare dei funnel mirati, prevedendo reazioni e risposte del target, allo scopo di creare offerte sempre più personalizzate. Conclusioni L’automazione è il prossimo passo verso una crescita importante che puoi far fare alla tua azienda. Un progetto ecommerce CRM potrebbe essere la soluzione a cui affidare il successo del tuo business. Affidarsi a partner Hubspot per iniziare un percorso mirato alla marketing automation è una soluzione. Image by Freepik
Per gestione dei lead o anche lead management si intendono tutti quei processi e quelle attività che hanno l’obiettivo di aumentare il numero di clienti. Ma non soltanto, perché uno degli aspetti poi più importanti della gestione lead è quello di riuscire a mantenere i contatti acquisiti. Per farlo sono necessarie strategie di lead nurturing e converstional marketing di cui parleremo in questo articolo. In questo panorama, nei processi di lead management hanno un ruolo specifico i lead manager. Cosa fa il lead manager? È colui che aiuta l’azienda a capire quale strategia sta ottenendo migliori risultati e come è possibile ottimizzare tutte le attività di marketing, al fine di ottenere risultati efficaci ed efficienti. Il segreto, se così si vuole definire, per non perdere i contatti acquisiti è in realtà poi sempre e solo uno: farli sentire coccolati, dedicargli attenzioni continue e avere sempre pronta una risposta alle loro domande o dubbi. Come fare per gestire i lead senza dedicarsi manualmente a ciascuno di essi? Indubbiamente il CRM può dare un grande aiuto. A questo proposito infatti si parla di processo di automazione, molto importante da introdurre in un’azienda che non ha il tempo di seguire ogni risorsa singolarmente. Approfondiamo nei prossimi paragrafi perché è così importante il lead management. Lead Management: perché è così importante Ogni azienda deve avere consapevolezza dei suoi processi e quindi dei suoi risultati, in modo da essere capace di intervenire, implementando nuove strategie che generino risultati efficaci. La gestione dei lead diviene quindi fondamentale per monitorare il percorso dell’utente, andando a correggere quelle attività di marketing che non generano risultati . Questa attività parte dal presupposto che si deve conoscere bene il lead e assegnargli un punteggio, ovvero una classificazione numerica del valore del lead, nota anche come attività di lead scoring. Cosa si intende per lead scoring? In pratica è uno strumento di marketing che assegna un punteggio a ciascun contatto del database, basandosi su criteri prestabiliti, in modo da poter valutare meglio la sua propensione all’acquisto. Avere una buona conoscenza del lead permette di sapere realmente quali strategie di marketing stanno funzionando e possono portare alla conversione, rispetto a una determinata categoria di persone che interagiscono con l’azienda. Ecco quindi spiegato il perché imparare a gestire i propri lead, diviene importantissimo per un qualsiasi business. Per saperne di più ti consigliamo di leggere il nostro articolo sull'inbound marketing. Ma come riuscire a gestire i lead in modo efficace? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. Gestione dei lead efficace, consigli Una gestione dei lead efficace presuppone, innanzitutto l’adozione di un processo di automazione, che permetta così di rendere ogni attività di marketing - come ad esempio il lead nurturing, la programmazione delle pubblicazioni di blog e social - monitorata. In secondo luogo le attività di lead management sono importantissime per gestire l’avanzamento del ciclo di vendita e quindi il passaggio da lead a clienti potenziali. Ma come fare per gestire i lead efficacemente? Avviare un progetto CRM che permetta di avere sempre sotto controllo il database; allineare reparto vendite e marketing - acquisire un lead è solo la prima fase del processo, chiaramente bisognerà essere capaci di vendergli il servizio o prodotto; affidarsi a un CRM per mantenere puliti i dati. Uno strumento che li mantenga sempre aggiornati è fondamentale per evitare errori che potrebbero decretare la perdita di quel contatto faticosamente acquisito; affidarsi a un CRM per lavorare sui lead in modo efficace. Il lead scoring, in questo panorama, può aiutare molto; affidarsi sempre a un CRM per monitorare le attività di lead generation. Conoscere i canali di marketing dai quali provengono, aiuta a capire più velocemente quali sono più efficaci per l’azienda. Ora che ti abbiamo guidato in questo contenuto verso una maggiore consapevolezza della gestione dei lead, concentriamoci su quali strumenti adottare per aiutarti con il lead management. Strumenti per la gestione dei lead. Non perderti dati importanti Indubbiamente per gestire efficacemente i lead è fondamentale affidarsi a uno strumento che ti permetta di avere sempre tutto sotto controllo, Hubspot CRM rappresenta una valida opzione da prendere in considerazione. Hubspot, come probabilmente avrai letto sul nostro blog ma non solo, è un software di marketing automation all in one, che permette alle aziende di creare, gestire e monitorare le loro strategie di automazione. In un’unica piattaforma si integrano perfettamente le strategie di marketing e vendita. Con Hubspot puoi gestire efficacemente più attività in contemporanea, dal blogging all’advertising e tutto avendo sempre sotto controllo ogni dato. Conclusioni È molto importante non perdersi mai dati preziosi per il successo di una strategia di marketing. Con Hubspot questo pericolo è scongiurato e tutti i tuoi dati sono sempre al sicuro! Affidarti a un’agenzia Hubspot può sicuramente aiutarti a sfruttare tutte le potenzialità di questo incredibile strumento di automazione. Image by ijeab on Freepik