Avere una piattaforma che ti consenta di unire marketing e altre funzionalità in una sola piattaforma, è una delle cose più utili per le imprese. Questo permette considerevoli risparmi in termini di costo e di tempistiche. Ma andiamo ora nel dettaglio delle piattaforme all-in-one. Cos’è una piattaforma all-in-one? Le piattaforme all-in-one sono software in cui sono comprese tutte le azioni di marketing per la gestione di una strategia aziendale: quindi attività come: raccolta dati, lead nurturing, content e tanto altro. Perché una piattaforma di questo tipo può rappresentare la soluzione giusta per il tuo business? La logica con la quale devi pensare, in merito a questa opzione, è che con una piattaforma all-in-one tutte le attività di marketing che decidi di mettere in atto per il tuo business possono essere automatizzate e monitorate con più facilità con la possibilità di integrare dati da diversi touchpoint. Inoltre in un software all-in-one sono hai a disposizione tutti gli strumenti di cui hai bisogno in un unico pacchetto e questo, a sua volta, ti permette di seguire il marketing in modo molto più mirato e facile. Non devi fare accesso a 10 diverse piattaforme per sapere come procedono le visite al sito, quante persone stanno passando da lead a contatto, chi interagisce di più sui social e su quale in particolare. O ancora come vanno le campagne di marketing e le relative landing page. O per esempio non devi entrare in un altro di software per fare email marketing. Puoi avere tutti questi dati a portata di mano, in modo semplice, ma soprattutto puoi usare tutti gli strumenti che ti occorrono, semplicemente accedendo a una piattaforma. Indubbiamente di soluzioni all-in-one ce ne possono essere tante a disposizione, per cui la scelta da fare è ardua. Quello che sicuramente devi considerare sono i costi e l'accessibilità alla piattaforma di tutto il team. Valuta questi aspetti e poi scegli quella che meglio risponde alle tue necessità. I vantaggi delle piattaforme marketing all-in-one Cosa ti permette di fare una piattaforma all-in-one? Sono molteplici le attività che possono aiutare il tuo business a crescere, gestibili e monitorabili con una piattaforma che comprende tutti gli strumenti, ovvero: Blogging: Pubblicazione di contenuti sul blog in modo continuativo, seguendo tutte le regole della SEO copywriting; Landing page: Creazione di landing page, ovvero pagine pubblicitarie, mobile friendly, ottimizzate. Possibilità di eseguire A/B test e vedere le percentuali maggiori di open rate; E-mail: Creazione di un flusso di mail e di Newsletter programmabili, con possibilità di eseguire A/B test e vedere le percentuali maggiori di open rate; Markering Automation: Automazione di tutte le altre attività di marketing, al fine di risparmiare tempi e risorse impiegate. Lead Management: Gestione delle informazioni di ogni contatto, al fine di personalizzare campagne e contenuti. Analytics: Analisi dei dati per valutare tutte le azioni del funnel, quali attività stanno funzionando e quali no. CMS: Possibilità di curare il design del sito (e del tuo sito in Hubspot) in modo semplice con la funzione drag&drop. Social Media: Integrando anche i social aziendali, è possibile monitorare ogni azione e valutare l’efficacia dei post e poi ottimizzare le interazioni. Advertising: Monitorare e creare campagne di advertising. CTA: Call to action. Creare CTA, al fine di portare le persone a compiere un’azione specifica. Tutte queste attività sono più facili da monitorare e soprattutto è possibile averne una panoramica sempre aggiornata in ogni momento grazie alla loro gestione piattaforme all-in-one come Hubspot. Perché una soluzione all-in-one è la scelta migliore? Una scelta del genere, ovvero quella di poter utilizzare tutti gli strumenti di marketing senza fare accesso a più piattaforme diverse, ti permette di: ridurre i costi del personale - il tuo staff si dovrà specializzare solo nell'utilizzo di una piattaforma; ridurre i costi delle piattaforme - scegliendone soltanto una che però comprende a sua volta più strumenti, non dovrai sottoscrivere tanti abbonamenti e quindi impiegare del tempo a controllare anche i dati di ciascuna per poi compararli; avere sempre a disposizione un servizio di report aggiornato in tempo reale; controllare meglio la tua reputazione online - una piattaforma all-in-one ti permette di avere un migliore controllo di quello che succede nella tua azienda e di rispondere più efficacemente ai feedback dei clienti. Di solito sono facili da utilizzare, non è necessario conoscere troppo bene la tecnologia o i codici, come quello HTML; Con una piattaforma all-in-one puoi migliorare la user experience e aumentare le tue vendite; La possibilità di non perdere mai nessun dato e di custodirlo in sicurezza. Ma quali sono i vantaggi di una piattaforma di questo tipo? Scopriamolo nel prossimo paragrafo. La migliore piattaforma all in one Hubspot Hubspot rappresenta una delle migliori piattaforma all-in-one sul mercato, in quanto ti fornisce la possibilità di avere un completo controllo di quello che sta accadendo sul tuo sito e quindi nel tuo business. Con Hubspot marketing puoi personalizzare le azioni di marketing, riuscendo a trasformare i lead in clienti più facilmente. Se la tua domanda ora è perché dovresti scegliere Hubspot e non un’altra piattaforma all-in-one, ecco le risposte: Perché è indubbiamente una delle aziende con il maggior tasso di crescita, pronta sempre a lanciarsi in nuove sfide; La qualità interna dei contenuti, grazie a un team di marketer che condividono sempre informazioni utili con il lettore, è molto alta; Hubspot offre un’Academy che permette di formarsi costantemente e di essere sempre al passo con le novità del software; Una cultura aziendale fondata sulla collaborazione e sull’organizzazione. Il motivo però principale del perché bisognerebbe scegliere Hubspot, è per iniziare a fare bene inbound marketing, gestendo tutti gli aspetti di una strategia in modo ottimale, monitorando costantemente i dati, analizzando i comportamenti dei lead e scegliendo, di conseguenza, le future azioni di marketing da impostare. Hubspot inoltre è usata da tutte le aziende che hanno l’obiettivo di crescere e che hanno capito che l’Inbound Marketing è la soluzione per ottenere risultati. Hubspot è la piattaforma all in one giusta per misurare il ROI - ritorno dell’investimento. Questa piattaforma all-in-one mette a disposizione anche un CRM, che permette di amministrare informazioni e automatizzare processi in modo immediato e semplice. Ma soprattutto permette di risparmiare tempo e risorse in attività di marketing. Conclusioni Per le aziende che vogliono essere competitive sul mercato è necessario dotarsi di piattaforme all-in-one che permettano una facile gestione di tutto ciò che ruota attorno al dato in azienda. Avere a disposizione un grande ecosistema di dati derivanti da sito, social, ecommerce, email marketing e molto altro permette a tutte le imprese di migliorare per aumentare vendite e fatturato. Ti lasciamo inoltre questa risorsa gratuita su Hubspot, di cui abbiamo parlato durante l'articolo.
Nel marketing, specialmente nell'inbound, ha sempre più rilevanza il concetto di buyer persona, esso è importante per targetizzare le strategie di marketing e comunicazione dell'impresa, per evitare che vengano sprecate risorse e tempo con prospect che non avranno la minima possibilità di diventare lead, e di clienti. Che cosa sono i buyer personas? Il Buyer Persona è definito come la rappresentazione di un cliente ideale di una impresa, attorno al quale ruotano tutte le azioni di inbound marketing. La sua rappresentazione non è generica ma anzi, particolareggiata e puntuale. Tradotto invece alla lettera, Buyer Persona significa “personaggio acquirente”, e anche se Buyer Persona suona decisamente meglio, la parola personaggio ci permette di comprendere meglio di cosa si tratta. Come uno scrittore identifica i personaggi del suo romanzo per dar vita ad azioni e pensieri credibili, così il tuo ufficio marketing e i tuoi commerciali devono definire accuratamente e verosimilmente i personaggi a cui rivolgersi per costruire offerte di contenuti che catturino la loro attenzione e il loro interesse. Quindi definire bene quali possono essere i Buyer Personas della tua azienda ti permette di capire quali sono i tuoi attuali clienti e soprattutto quali potrebbero essere i potenziali nuovi clienti. E come spesso capita ai personaggi che troviamo nei romanzi, per capire chi sono i nostri Buyer Personas dobbiamo ascoltare, conoscerne interessi, sapere quali sono i bisogni e i comportamenti. Bisogna cioè partire da parole reali di acquirenti reali. Lo scopo del Buyer Persona è di dirci cosa stanno pensando e cosa stanno facendo i tuoi acquirenti, delineando anche come questi si avvicinano alle informazioni sui prodotti e servizi che vende la tua azienda. Ma, capisci, non è semplicemente la descrizione di un acquirente. Un Buyer Personas è il tuo acquirente. Ed è ben più della sua rappresentazione iconografica. Devi trattarlo come un personaggio reale. Devi mettere una foto che lo rappresenti, scrivere delle frasi che lui direbbe, descrivere la sua giornata tipo, parlare della sua demografia e di come vive, dei suoi gusti e dei suoi canali prediletti. Il Buyer Persona vive. Esattamente come vive il personaggio dell’ultimo romanzo che hai letto. Solo che anziché vivere mirabolanti avventure ai confini della realtà, il Buyer persona si muove attorno a te per cercare informazioni sui prodotti o soluzioni che hanno a che fare con il tuo settore. Se si dovesse esprimere quindi con una parola il concetto che sta alla base del Buyer Persona è “archetipo”. Esattamente: i Buyer Persona sono archetipi e rappresentano modelli di comportamento. Limitarsi a dire che sono personaggi inventati non rende giustizia alla figura del Buyer Persona. Come fa un Buyer Persona a rappresentare i tuoi acquirenti? Beh, partiamo con il dire che la tua azienda non ha solo un Buyer Persona ma ne ha molti. Un Buyer Persona per ogni differente profilo di cliente a cui ti rivolgi. Quindi devi concentrarti su un singolo Buyer Persona alla volta. Che non è poi così poco o così facile. Ok, ma come è possibile che un buyer personas rappresenti davvero il cliente tipo? Qui gioca molto la tua esperienza e la tua intuizione. Tua inteso come la somma degli addetti al marketing e alle vendite della tua azienda. Non può che essere un lavoro congiunto a più mani e a più teste. Immagina di essere uno scrittore e dover inventarti la storia del personaggio del tuo libro. Molto probabilmente preparerai una scheda raccontando tutti i particolari della sua vita, molti dei quali, magari, non finiranno mai nelle pagine del tuo libro. Come creare un Buyer Persona Il fondamento principale per creare il Buyer Personas è la ricerca dei suoi comportamenti di acquisto. Non è una profilazione ma una ricerca sull’etnografia, l’antropologia del business e digitale. Lo si deve ricercare il Buyer Personas perché non nasce per magia. Si tratta di uno sforzo d’astrazione e di grande intuizione basato sulla realtà. Dove la realtà non è data dai singoli clienti, ma dai dati che li rappresentano. Lo scopo della ricerca e della moderazione di questi personaggi è quello di aiutarci ad acquisire una comprensione più profonda dei nostri acquirenti e sui loro comportamenti di acquisto o di acquisizione di conoscenza sul settore in cui operiamo. Comprendere i Buyer Personas significa guidare le decisioni strategiche dell’azienda, non solo il commerciale o il marketing. Non stiamo parlando del marketing a freddo o di profilazione di un target (ti consigliamo il nostro articolo sulle differenze tra target e buyer persona). Questa è la storia di un acquirente. È il cliente immaginario con il quale interloquire quando pensi ad un prodotto, a una offerta o a un contenuto che potrebbe essere interessante per lui. O per lei, ovviamente. E per costruire una storia, le domande sono semplici: Chi; Cosa; Dove; Quando; Come; Perché; Cosa dobbiamo cercare nel Buyer Personas? Ci si deve focalizzare nell’identificazione e nella comunicazione degli archetipi delle persone che rappresentano i tuoi attuali target di clienti. Il modo di procedere può essere differente a seconda dei settori e dei mercati. L’essenziale è modellare degli archetipi di ciò che i tuoi acquirenti stanno cercando di realizzare attraverso le loro responsabilità, aree di interesse, iniziative e strategie. E quello che i Buyer Personas dovrebbero rappresentare, alla fine, è uno spaccato di comportamenti orientati all'acquisto dei nostri prodotti o servizi. Gli obiettivi personali e gli obiettivi di business, nel mondo digitale si fondono spesso. Ed è per questo che bisogna stare molto attenti, perché gli obiettivi non sono sempre chiari come possono sembrare. Riusciamo nel nostro intento di individuare un modello collettivo di atteggiamenti, credenze, percezioni e motivazioni, se riusciamo ad andare oltre - con i dati che riusciamo a raccogliere e con la nostra intuizione - a quelli che possono essere i comportamenti e le ragioni palesi, quindi capire perché i buyer personas sono interessati a qualcosa, perché acquistano quel qualcosa. I consumatori oggi hanno acquisito meccanismi di difesa molto forti ai messaggi pubblicitari e diventa spesso difficile comprendere nel profondo il cuore delle loro motivazioni. Ma il contenuto, come sappiamo, ha bisogno di un contesto, per funzionare: il cliente potenziale potrebbe non essere in questo momento propenso all’acquisto. Capire in che momento si trova il buyer persona con il quale comunichiamo è importante tanto quanto comunicare i contenuti corretti. Come disegnare un Buyer Personas? O i tuoi Buyer Personas... perché un'azienda ne può avere più di uno. Ne può avere tanti quanti sono le tipologie di clienti a cui vuole rivolgersi. Attenzione però che poi bisogna concentrarsi su uno alla volta per farne un identikit convincente. Iniziamo. Intanto tieni ben presente qual è il prodotto che vendi o il servizio che proponi, e prova a ragionare su quali sono le figure a cui vuoi comunicare, a cui rivolgi questa campagna. Immagina a chi vorresti venderlo e chi potrebbe essere interessato ad averlo. Sarebbe bene procedere per punti, magari usando uno schema da compilare, cercando di mettere su carta le caratteristiche che andrai ad individuare. Nel procedere in questo lavoro, ti sarà sicuramente utile l'esperienza dei tuoi commerciali e dei tuoi uomini di marketing (se entrambi i team sanno ascoltare i clienti), così come dare un'occhiata al tuo CRM. Potresti trovare spunti interessanti sulla tipologia di clienti attuali e anche su quelli che potrebbero essere interessati ma ancora non sono tuoi clienti effettivi. Dati anagrafici del Buyer Persona Proviamo ora a compilare i dati che andranno a identificare il Buyer Persona a cui vuoi rivolgerti. Queste domande ti aiuteranno a raffigurarti in concreto il tuo Persona e costituiscono altrettanti punti dello schema da compilare: quali sono le caratteristiche demografiche? (quanti anni ha? Vive in centro? in periferia? È sposato o single? Ha figli? Di che età? ecc. e se ti può aiutare... scegli anche una foto che lo rappresenti e dagli un nome). Che lavoro fa e dove lavora? (è dipendente? Libero professionista? Qual è il suo stipendio? Il suo ruolo professionale? La dimensione dell'azienda: Quanti dipendenti ha la sua azienda? Fatturato annuo? In che settore opera? ecc.) qual è la sua giornata tipo? Prova ad immaginartela. Che obiettivi professionali ha? Come cerca di raggiungerli e quali sono i problemi che deve risolvere? Qual è il suo approccio ai servizi o fornitori del tuo settore? Quali sono le richieste? Le aspettative? E quali sono le motivazioni per preferire te o gli altri? Come tu, il tuo prodotto, la tua azienda può soddisfare o risolvere le sue necessità, problematiche, desideri, difficoltà? Ma anche quali obiezioni potrebbe fare al tuo prodotto? Comportamento digitale del Buyer Persona Oltre a ciò, poiché tu cercherai di intercettarlo sul web, sarà importante capire qual è il suo comportamento digitale: come cerca le informazioni su web? Da notebook o smartphone? Quali parole potrebbe usare per fare ricerca? Quali Social usa e come li usa (per lavoro o per divertimento)? Acquista online (per lavoro o extra-lavoro) oppure si fida solo del venditore in carne ed ossa ? Non sottovalutare poi gli interessi che ha: sia professionali che extra professionali. Possono rivelarsi utili per un approccio soft/amicale anche su Linkedin per esempio. Considera anche che a seconda del Buyer persona che hai individuato e a seconda del prodotto che vuoi vendere... avrai altre domande a cui rispondere per dettagliare il Persona. Provo a fare un esempio: tu sei un'azienda che produce mobili d'ufficio, sarà ben diverso vendere ad un mobilificio piuttosto che al responsabile acquisti di un'azienda che deve rifare gli uffici?! Magari al primo interessa che i mobili siano ben rifiniti ed eleganti; al secondo può interessare che siano funzionali. Quindi due Buyer Persona che saranno attratti da caratteristiche dei mobili diverse perché hanno esigenze diverse; e tu azienda questo lo devi aver chiaro. Per riassumere: per individuare in modo corretto il tuo Buyer Persona, dovresti creare una scheda e, con ordine e metodo, rispondere alle domande per riempire con le corrette informazioni. Quale sono le sue informazioni demografiche? Che tipo di lavoro fa e che posizione occupa nella sua azienda? Come si svolge un giorno tipo della sua giornata lavorativa? Quali sono i suoi obiettivi e come prova a conseguirli? Quali problemi potrebbe incontrare? Come potresti risolverli tu? Dove va in cerca delle informazioni per raggiungere i suoi obiettivi e per risolvere i suoi problemi? Come si approccia, generalmente, ai tuoi servizi e ai fornitori del tuo settore? Cosa chiede a loro? Quali sono i motivi che gli fa preferire gli uni agli altri? Quali sono le obiezioni più comuni che potrebbe presentare alla tua offerta di prodotti o servizi? A cosa servono i buyer personas? Nel sito di Hubspot, che con la metodologia dell’inbound marketing ha contribuito in modo determinante alla diffusione dell’utilizzo dei Buyer Persona, viene definito così: “Un Buyer persona è la rappresentazione semi-immaginaria del vostro cliente ideale, basata sulle ricerche di mercato e sui dati reali che avete sui clienti esistenti. Quando si crea un buyer Persona si devono prendere in considerazione la demografia dei clienti, i modelli di comportamento, le motivazioni che hanno e i loro obiettivi di business. Più dettagliata è questa descrizione, meglio è. I Buyer persona forniscono un grande aiuto per la comprensione della vostra azienda. Il Buyer Persona vi aiuterà a focalizzarvi per non perdere tempo con offerte e contenuti che non sono per lui interessanti. Il risultato sarà invece quello che riuscirà ad attrarre visitatori più importanti, che possono diventare lead e clienti per la vostra attività”. I Buyer Personas quindi ci servono per costruire le nostre offerte, non solo di prodotti (il prodotto giusto per quella tipologia di persone) ma anche di contenuti (i contenuti interessanti per quella tipologia di persone), per fare in modo che siano loro a venire da noi. Hanno quindi molta utilità anche per quello che viene definito content marketing. Se noi non segmentiamo la nostra offerta sui Buyer Persona, non c’è inbound marketing. O hai chiaro a chi ti rivolgi quando offri un qualche tipo di valore oppure puoi lasciare perdere. Quindi, per attivare una strategia di comunicazione digitale nel segno dell’inbound marketing devi creare dei Buyer Personas. Ovviamente, a seconda del settore in cui operi e dei prodotti e dei servizi che presenti, ti interesseranno maggiormente alcuni aspetti rispetto ad altri. Ma non per questo “gli altri” si devono tralasciare. Come dicevo prima, a chi fa inbound marketing interessa particolarmente capire dove il Buyer Persona trova le notizie sul suo settore; dove va a scoprire nuovi prodotti o fornitori; cosa ricerca su Google; a quali argomenti è più attento quando naviga su Facebook; che giornali legge. Insomma, non ci può essere inbound marketing senza il Buyer Persona. Dopo essere stati identificati, i buyer persona saranno anche segmentati secondo lo stadio in cui si trovano del loro Buyer’s Journey, cioè del percorso di acquisto (considerato secondo il loro punto di vista). Buyer Personas e inbound marketing Come abbiamo detto, la finalità principale dei buyer persona è essere utili alla segmentazione e per questo si deve considerare anche il Buyer’s Journey. Quest'ultimo inizia con la fase della consapevolezza da parte del buyer persona, in cui manifesta un problema o un bisogno. Successivamente passa attraverso la fase della considerazione delle possibilità che ha di soddisfare quella necessità o di risolvere quella problematica. Infine arriva alla fase della decisione in cui, avendo individuato quali sono le soluzioni per lui ottimali, decide quale sarà la sua prescelta e diventerà, si spera, cliente dell'azienda. Si comprende che uno stesso buyer persona sarà interessato ad un certo contenuto, informativo, didattico… se si trova nella fase di consapevolezza, mentre sarà interessato ad un contenuto completamente diverso se si trova nella fase di decisione. 1. La consapevolezza Il Buyer Persona che si trova in questa fase iniziale del suo percorso di acquisto sente di avere una necessità, un problema o un desiderio che non ha ancora bene identificato. • Questo status viene esplicitato sul web con ricerche di tipo generico. Spesso il Buyer Persona inserisce parole di ricerca abbastanza sommarie perché sta tentando di informarsi per identificare meglio ciò che va cercando e le opzioni che può trovare per soddisfare questa ricerca. Non vuole pareri di parte ma informazioni che lo aiutino a direzionarsi. • Quindi per te marketer, che devi creare dei contenuti per questa fase, del Buyer’s Journey sappi che dovrai fornire notizie utili, educative, opinioni da esperto… tutto ciò che serve perché il tuo Buyer possa acquisire maggiori nozioni riguardo o al problema o necessità o desiderio che ha insito. Non devi proporgli il tuo prodotto; devi renderlo consapevole che il tuo mondo può soddisfare la sua ricerca online, devi coinvolgerlo! E se decide di approfondire la conoscenza con il tuo mondo… allora inizia il vostro rapporto. E potrai condurlo verso la fase finale del Buyer’s Journey. 2. La considerazione In questa fase il Buyer Persona ha già ben identificato la sua necessità, ha chiaro il problema o identificato il desiderio. • Ora lo vuole raggiungere e si informa su quale sia o siano le soluzione che vanno bene a lui, vaglia le opportunità che gli interessano maggiormente, quelle più soddisfacenti. È la fase della valutazione di come meglio può raggiungere ciò che desidera. Generalmente qui ha già ristretto il suo campo di ricerca a una lista piuttosto ristretta di aziende che possono soddisfarlo e normalmente torna altre volte sul tuo sito per approfondire. • Per il marketer è il momento di creare contenuti che siano di approfondimento, che insegnino perché quell’opzione può meglio confacersi alle esigenze del possibile cliente, come risolve il suo problema ecc. Quindi offrigli contenuti che dimostrino cosa tu puoi fare per lui e come lo puoi fare, nel modo migliore che riesci. 3. La decisione Il Buyer Persona ha capito qual è la soluzione giusta per lui e in questa fase cerca di capire meglio quale prodotto/soluzione risponde meglio alle sue esigenze specifiche (per esempio rapporto prestazioni-budget, qualità-budget, eventuali implementazioni, utilità avanzate…). • É la fase in cui le ricerche online del nostro Persona sono mirate e specifiche… diciamo che è diventato quasi “esperto”. Si sta già orientando su pochissime aziende/prodotti e si informa nel dettaglio quindi ritorna sul sito ad approfondire. • Il marketer qui deve assolutamente consentire al lead di avere riscontri sull’effettivo valore del prodotto/azienda. Quindi metti a disposizione test di confronto con competitor, case history di chi ha provato quella soluzione, le opinioni dei tuoi clienti, fornisci dati e risultati rilevanti. E lascia decidere a lui se sei tu l’azienda che lo può soddisfare. Il lead è arrivato alla fase conclusiva del suo percorso di acquisto… Il contatto diretto con lui potrà avvenire con la sua azione spontanea di acquisto online, oppure ti chiederà un contatto oppure il tuo commerciale può sentirlo direttamente proprio in questo momento in cui è nello status giusto per acquistare, magari. Come si fa a sapere in che fase del Buyer’s Journey si trova quel Persona? Monitorando le interazioni che ha con i contenuti che l’azienda ha pensato per lui. Fin da subito i contenuti creati sono “etichettati” secondo la fase TOFU (consapevolezza), MOFU (considerazione) o BOFU (decisione). Seguendo le interazioni del buyer persona con i contenuti si riesce a capire in che fase del Buyer's Journey si trova e possiamo così andare a proporgli ulteriori contenuti in linea con le necessità che ha, per poi cercare di fargli fare uno step ulteriore nel viaggio di acquisto. Come è possibile gestire tutto ciò? Monitorare le interazioni, segmentare i buyer personas secondo la fase del Buyer’s Journey, alimentarli con contenuti rispondenti ai loro interessi… e condurli alla fine fino ad essere clienti? Serve necessariamente uno strumento che riesca a decifrare più dati contemporaneamente e sappia gestirli secondo l’obiettivo dell’azienda. Qui si usa HubSpot, una piattaforma nata appositamente per gestire sia il marketing che il sales di una strategia inbound, oltre che dà la possibilità ai suoi utenti di iniziare un progetto CRM gratuito e altri tools a disposizione per la lead generation, la marketing automation, smart content e molto altro. Con Hubspot inoltre puoi gestire direttamente dalla piattaforma i buyer persona e utilizzarli, ad esempio, all'interno dei workflow per segmentare e inviare azioni automatizzate solamente alle persone desiderate. Un esempio di buyer persona Di seguito riportiamo un esempio di buyer persona, che può essere utile nella pianificazione di una strategia di inbound marketing. Partiamo ad esempio dalla volontà dell'impresa di vendere prodotti per la casa, costruiamo in base alle analisi del pubblico un buyer personas, per poi pianificare tutta la strategia di marketing. Anagrafica e famiglia Nome: Anna Massaia; Età: 50-80 anni; Residenza: Italia; Professione: casalinga / pensionata; Reddito medio: 15k - 30k annui; Nucleo Famigliare: vive col marito e con un figlio, l'altro si è sposato e vive da solo; Carattere È solare, ama stare in pubblico e conoscere persone nuove. In caso di problematiche cerca da sola una soluzione e se non la trova cerca l'aiuto di altre persone. Allo stesso tempo però è competitiva nei confronti delle altre persone. Abitudini Nel tempo libero: Passeggia con le amiche - Viaggia con il marito; A casa: si occupa della pulizia della casa - Maniaca dell'ordine; Ama andare ad eventi culturali, teatri e cinema; Influenze Spesso nella decisione di acquisto viene influenzata dalle amiche e dagli spot televisivi. Comportamenti nel digital Social: Facebook usato frequentemente tramite l'iscrizione in gruppi locali; navigazione sul web: utilizzata solamente su siti dedicati all'informazione quotidiana; Comportamento di acquisto Acquista prevalentemente offline; Frequenta negozi in cui ha la possibilità di parlare con i commessi; Per gli acquisti online usano i marketplace principali (Amazon ed eBay) mentre non si fidano di acquistare da siti ecommerce; Principali Pain Point Riuscire ad agevolare la sua vita per avere più tempo libero; Le dà fastidio essere giudicata dalle altre persone; Cosa ricerca in un prodotto Sicurezza; Nuove possibilità di apprendimento; Facilità d'uso; Queste indicazioni esempio relative al buyer persona, servono a chi si occupa di marketing di pianificare successivamente una strategia che tenga tutto ciò in considerazione, in modo che la giusta comunicazione sia effettuata alla persona giusta al tempo giusto: vero obiettivo dell'inbound marketing. Tutti questi punti, inoltre, nelle presentazioni di marketing possono essere riassunti con uno schema grafico. Per questo al termine dell'articolo hai la possibilità di scaricare gratuitamente un template per iniziare a creare il buyer persona. Conclusioni Tutte le strategie di marketing dovrebbero passare per la creazione di un buyer persona, per evitare di perdere tempo a usare strategie, magari anche valide, di marketing massivo, a persone che non diventeranno mai un lead e non acquisteranno mai dalla tua impresa. L'obiettivo è utilizzare i Buyer Persona per dialogare con loro, identificando poi in quale stadio del Buyer's Journey si trovano (nella fase della Consapevolezza, della Considerazione o della Decisione). Migliore sarà il lavoro svolto con i Buyer Persona, meglio sapremmo orientare la nostra azione di web marketing, per una strategia inbound di successo. Image by Freepik
Oggi la sfida di ogni impresa passa dal web. Sapersi muovere, ma soprattutto promuovere, su internet fa la differenza nella competizione con la concorrenza e nell'acquisizione di nuovi clienti. Ma acquisire clienti non è facile, con la moltitudine delle offerte concorrenti che possiamo incontrare. Diventa allora fondamentale catturare l'attenzione e l'interesse del possibile cliente offrendo dei contenuti digitali di qualità in grado di attrarre il visitatore, educarlo sul prodotto, fornire approfondimenti, spiegazioni pertinenti, magari intrattenerlo anche in modo divertente. In breve, il content marketing si occupa proprio di questo tipo di contenuti. Sposare la logica dell'inbound marketing per attirare visitatori al proprio sito è una scelta assennata e che punta ad un marketing differente rispetto alle logiche tradizionali, che fa uso di tutti gli strumenti che mette a disposizione il digital marketing: SEO, social media, sito web e... contenuti. Perché tutto parte dai contenuti. Senza contenuti è difficile avere qualcosa da dire, da condividere ed attirare utenti verso il proprio sito Ma andiamo con ordine. Cos'è il content marketing? Per content marketing, per dirlo in italiano marketing dei contenuti, si intende la creazione di contenuti capaci di attirare nuovi lead, catturando l'attenzione di chi è interessato ad essi. I contenuti nel content marketing, infatti, devono differenziarsi da quelli già presenti sugli altri siti web, cercando quindi di provare ad emergere tramite l'espressione delle caratteristiche di un servizio, di un prodotto o di un contesto. Tutto ciò deve essere fatto in maniera diretta, originale ed in grado di mantenere alta l'attenzione del lettore, invogliandolo a voler saperne di più sull'azienda che presenta quel contenuto o prodotto. Le regole base del content marketing Per iniziare a fare del content marketing bisogna considerare prima alcune regole fondamentali, per non creare un contenuto che sia esclusivamente una pubblicità commerciale (ricorda sempre che si sta facendo inbound e non outbound). Con il content marketing il contenuto deve essere di valore Il contenuto di una campagna di content marketing deve essere di qualità, che possa dare un valore per il navigatore. Può essere utile puntare, quando si crea un contenuto, ad obiettivi quali: l'educazione del lettore ad un argomento; la spiegazione di un determinato argomento; dare del divertimento; dare informazioni ai lettori; Questo significa che con il marketing dei contenuti si può facilitare l'aumento dei contatti, facendo quindi lead generation, e vendite, perché una volta attirato il potenziale cliente, poi lo si può anche guidare nel suo Buyer's Journey, per farlo giungere all'acquisto di ciò che viene proposto dal sito, sia che si tratti di un servizio, sia che si tratti di un prodotto. Grazie all'utilizzo sapiente del content marketing per il proprio sito, legandolo alla distribuzione dei contenuti prodotti sui social network ed ottimizzando la sua presenza sui motori di ricerca con la SEO, è possibile rendere il lettore un vero e proprio testimonial dell'azienda, portandolo a condividere i contenuti prodotti. Questo effetto moltiplicatore, aumenta la visibilità e le possibilità di contatto. Quali sono i contenuti che possono funzionare per una campagna di content marketing? La risposta è qualsiasi contenuto e qualsiasi cosa di digitale che rappresenti un valore per il navigatore: non sono solo testi, ma anche immagini, filmati, podcast, applicazioni, configuratori... Il marketing dei contenuti deve andare oltre all'offerta dell'azienda I contenuti, per avere un valore, devono diventare qualcosa di più della semplice descrizione della merce offerta e di un invito a comprarla. Per fare content marketing un contenuto deve piuttosto essere un suggerimento per la soluzione di problematiche della vita quotidiana, un testo informativo su un luogo o un'informazione che può riguardare aspetti della vita delle persone. Il tutto ovviamente deve essere legato al settore in cui si opera, ai prodotti o ai servizi che, alla fine, si vogliono commercializzare. Il contenuto deve essere qualcosa di utile, da cui il navigatore può ottenere informazioni e notizie per rispondere alle sue esigenze. Solo così il content marketing può diventare uno strumento per attirare e fidelizzare i clienti. E non serve solo chi ha avviato un progetto e-commerce, anzi. È uno strumento perfetto per un sito che mira a raccogliere lead da web. Il marketing dei contenuti è una strategia preferenziale per le aziende che fanno B2B. Se si vuole attirare l'attenzione delle imprese, si possono scrivere contenuti che propongono informazioni su procedure e soluzioni, certamente legate ai prodotti e servizi offerti, ma che possano migliorare la vita di chi lavora all'interno dell'impresa di chi li cerca su web. (Puoi anche scaricare l'ebook gratuito Introduzione al Content Marketing) Esempi di content marketing (storici) La storia di questa tecnica non è recente, ma soprattutto non nasce nel web. Infatti i primi esempi di content marketing dimostrabili hanno più di 120 anni. Ci sono ottimi esempi che risalgono all'inizio del Novecento, come Michelin. L'impresa francese di pneumatici aveva realizzato una guida con percorsi e consigli utili per viaggiare in Francia, per visitare il paese. Nella guida erano presenti tutti i consigli utili per la manutenzione dell'automobile, anche durante i viaggi. Un modo per dare alle persone qualcosa di utile, avvicinandoli ad un prodotto. Tra gli esempi che si possono fare, si può anche citare Procter & Gamble, che per promuovere il proprio sapone, fece mandare in onda una serie radiofonica sponsorizzata. Oltre a promuovere il prodotto, era il 1930, fece nascere un nuovo genere, le Soap Opera. La Nike, negli anni '60, aveva diffuso un libro per promuovere il jogging come attività fisica nuova, da diffondere. Coinvolse un cardiologo per includere suggerimenti medici e dati scientifici sui benefici. Mentre promuoveva una nuova disciplina, Nike ha fatto conoscere i propri prodotti, presentandoli come abbigliamento adatto al jogging. Sono molte le aziende che con il tempo hanno utilizzato il content marketing, che con il web ha fatto passi in avanti, permettendo anche di ridurre i costi e diventare alla portata di tutti. Negli ultimi anni il marketing dei contenuti ha preso piede sul web, diventando una vera e propria regola da seguire per avere successo. Al punto che la maggior parte degli addetti al marketing oggi è convinta che senza contenuti non si possa avere un web marketing. Dal 1895 sono state riviste, guide e libri a nascere per raccontare storie alla gente ed avvicinarle così ai prodotti. Negli ultimi cinque o sei anni, il content marketing ha dato avvio a nuove strategie online, sempre basate sullo storytelling, ovvero sul raccontare alla gente qualcosa di utile, interessante ed attrattivo, con l'obiettivo di promuovere un prodotto senza che le persone pensino di avere in mano o davanti agli occhi una pubblicità. In realtà il content marketing è sempre esistito... per il commerciale Se con la storia dell'advertising moderno possiamo risalire ad esempi documentati di content marketing anche nell'epoca pre-internet, è impossibile pensare ad aziende - soprattutto B2B - che riescano a vendere senza entrare con consigli, suggerimenti, ottimizzazioni, all'interno dei processi produttivi dei clienti. Il content marketing è già una strategia di vendita efficace per centinaia di migliaia di commerciali che, per promuovere il loro prodotto, si occupano della risoluzione o del miglioramento dei processi produttivi delle aziende. Il miglior commerciale, definito come inbound sales, non è spesso quello che ti abbassa di un centesimo il costo del prodotto, ma quello che, con la sua consulenza, ti permette di migliorare l'efficenza e la redditività grazie all'uso del prodotto che vende. Chi può usare il content marketing? Riguardo al chi, va detto subito che tutte le imprese possono utilizzare il content marketing, perché tutte hanno una storia da raccontare, la propria. E tutte hanno dei prodotti da spiegare: i loro. E se un'azienda non ha argomenti da utilizzare per aiutare i proprio clienti, ha un grosso problema, che non è solo quello di non poter sviluppare una strategia di marketing dei contenuti. Perché usare il content marketing? Il marketing dei contenuti riguarda la progettazione e la creazione di contenuti digitali che offrano un valore aggiunto a chi ne fruisce. Grazie alla SEO, ovvero all'ottimizzazione continua dei contenuti per i motori di ricerca, il sito dell'azienda può trovare spazio sul web, acquisendo autorevolezza su determinati argomenti ed aumentando il traffico in entrata. La creazione di contenuti è un investimento continuo che ha l'obiettivo di aumentare la brand awareness dell'azienda e aiutarla a trovare nuovi lead. Se inserito all'interno della giusta metodologia di inbound marketing, aiuta l'azienda anche a trasformali in clienti. Dove usare i contenuti per fare marketing? Questa domanda è basilare, perché una volta creato il contenuto, dobbiamo diffonderlo. Il sito internet dell'impresa è solo un canale e non l'unico veicolo. Bisogna lavorare per la distribuzione dei contenuti, magari partendo dai social network, come Facebook, Twitter, LinkedIn, Youtube, Instagram ed altri. Perché i social network, se il contenuto è di valore ed interessante, permettono di avere un effetto moltiplicatore grazie a ricondivisioni e invio ad altre persone. Quando fare contenuti per il marketing? Bisogna anche sapere quando pubblicare. Garantire una cadenza costante (1 contenuto alla settimana o 2, 1 al giorno o più, a seconda della strategia scelta dall'azienda) permette di migliorare il flusso di contenuti nei confronti del sito, dei social dove il contenuto viene condiviso, della newsletter. A differenza di qualche anno fa, dove la quantità degli aggiornamenti del sito incideva pesantemente sul rendimento, oggi si tende a prediligere la qualità: sia per differenziare il contenuto offerto da altri centinaia di bassa qualità presenti su web, sia perché, una volta condiviso sui social, non sempre è facile trovare la giusta visibilità (e quindi si tende a sponsorizzare ogni aggiornamento importante). Cosa si pubblica nel content marketing? Il cosa è un argomento interessante, perché è possibile creare una moltitudine di contenuti, anche combinando temi, obiettivi e metodi. Bisogna però decidere la strategia. Si deve avere qualcosa da raccontare e poi saperlo raccontare, con elementi originali, che possano attrarre l'attenzione e convincere il lettore. Si possono produrre: post testuali; gallerie di immagini; infografiche; presentazioni; filmati; audio; programmi con funzioni specifiche; tutto quello che può aiutare il vostro visitatore e lo possa avvicinare alla vostra azienda e ai vostri prodotti. Attenzione al budget e tagliate sempre i contenuti sul Buyer Persona a cui vi rivolgete (per personalizzare al massimo i contenuti offerti). Come fare marketing con i contenuti? Come si deve fare? Nel miglior modo possibile, all'interno della metodologia dell'inbound marketing. L'obiettivo non deve essere quello dell'aumento delle visite indiscriminate al sito ma quello della conversione. I passaggi da seguire per la creazione di un contenuto sono: pensare al proprio Buyer Persona; capire in che fase del Buyer Journey si trova; produrre esattamente quel contenuto; Mentre per la pubblicazione i consigli sono sempre: partire da un piano editoriale, fosse anche un foglio elettronico in Excel o Google Drive; Scadenzare settimana per settimana gli argomenti da trattare, qual è il target di ogni argomento, qual è l'obiettivo; programmare anche la successiva distribuzione sui social. L'organizzazione è tutto per chi si occupa di content marketing, perché il rischio è quello di vivere con l'ansia costante dell'ispirazione e dell'argomento da trattare. Nei prossimi paragrafi inoltre andremo molto più in dettaglio riguardo a questi punti. Content marketing e inbound marketing: come iniziare una campagna Il primo passo per costruire una campagna di content marketing è decidere un modello di compratore ideale: si crea una scheda contenente tutte le informazioni sulla vita del nostro Buyer Persona (questo è il termine tecnico per il target dell'inbound marketing). In questa scheda vanno quindi presentate informazioni riguardanti sia vita lavorativa che privata, si elencano i suoi obiettivi e i suoi problemi, delineando così la sua personalità. Questo primo passaggio permette di mettersi nei panni di chi può essere interessato al nostro prodotto: a questo punto, si idea il Buyer Journey (tradotto in italiano, viaggio dell'acquirente), ovvero le tappe tramite le quali ci si avvicinerà man mano al nostro sconosciuto potenziale compratore, trasformandolo prima in lead (contatto che ha deciso di fornirci i suoi dati) e in seguito in costumer, ovvero un cliente. Il passaggio da sconosciuto a cliente avviene quindi gradualmente, attraverso tre stadi di interesse che analizziamo in seguito: Il content funnel Questo progredire di qualità nelle informazioni date ai nostri visitatori-lead-clienti si traduce nel cosiddetto content funnel, ovvero un imbuto che, mano a mano che si stringe, fornisce contenuti via via migliori: i diversi livelli di profondità corrispondono ai tre stadi di consapevolezza del futuro cliente, che si sovrappongono alle tre fasi del suo Journey: Attrazione - Consapevolezza Il visitatore, quando entra in contatto con una possibile soluzione ai suoi problemi, passa dallo stato di inconsapevole a quello di consapevole: quei problemi forse neanche sapeva di averli, prima di intravedere la soluzione, o forse stava vagando in cerca di ausilio, ed è approdato sulla tua pagina web, sapientemente guidato dalla tua metodologia inbound. Dal punto di vista visivo, è la parte più estesa e superficiale del nostro funnel dedicato al content marketing, ed è per questo chiamata top of the funnel, cioè sommità dell'imbuto. In questa zona si propongono contenuti che non si riferiscono all'acquisto di uno specifico prodotto o servizio, ma danno informazioni interessanti sulle sue generalità, con l'intento di far conoscere la sua utilità ai visitatori. In modo generale, quindi, si parla di come risolvere un problema o soddisfare un bisogno, incuriosendo gli sconosciuti tramite articoli e l'uso sapiente di determinate keywords. Quali contenuti possono essere utili in questa fase? Esempi possono essere: Blog attivo con post aggiornati; Ebook informativi; Presenza sui social media con post frequenti; Infografiche; Newsletter informative; Interviste; Video e Podcast; Conversione - Valutazione Una volta che i curiosi saranno atterrati sulle nostre pagine, gli si propongono informazioni e news interessanti riguardo l'oggetto del loro interesse, garantendo loro che ne troveranno di più dopo la compilazione libera di form. In altre parole, si propone uno scambio di informazioni, ovvero i loro dati personali per altro materiale (ebook, altri articoli, pagine di approfondimento) più mirato. In questo è molto utile, ad esempio, l'inserimento delle call to action all'interno dei post dei blog, con un link ad una landing page con al suo interno un form da compilare per avere di più. Questo è il momento in cui avviene il primo guadagno reciproco, e il visitatore anonimo diventa lead. Una volta che ha compilato il form ed è diventato un lead è il momento di fornirgli tutte le informazioni su ciò che possono aiutarlo a risolverlo con materiali di approfondimento quali ebook, presentazioni, link utili: essi saranno determinanti nella fase finale della decisione. Per far conoscere questo tipo di contenuti sono utili i workflow, l'email marketing ecc... Quindi i contenuti per questa fase possono essere: Webinar; Risorse educative; Ebook Comparativi; Podcast; Articoli del blog sul come fare; Questa zona è definita come il middle of the funnel, ovvero metà dell'imbuto: contenuti qui presenti servono a portarlo alla convinzione che quel prodotto a lui serve, ed è per questo che si scende più nello specifico con le informazioni, nell'attesa del giusto momento per una proposta diretta. Potremmo inviare al lead contenuti mirati in base alle sue preferenze solamente monitorando le sue attività, il tutto è reso possibile da appositi strumenti dell'inbound marketing, primo tra tutti il CRM. Inoltre ci sono piattaforme come HubSpot che consentono una gestione perfetta della strategia di content marketing dell'impresa, immagazzinando dati da tutti i touchpoint che vengono toccati, quindi social, sito web, landing page ecc... Conclusione - Decisione In questa fase il nostro lead resterà tale oppure si trasformerà in un vero e proprio cliente tramite l'acquisto del prodotto finale, proposto dopo aver fornito tutte le informazioni necessarie nei primi due livelli del funnel ed aver riconosciuto il giusto momento per avanzare l'offerta. Siamo ora nel bottom of the funnel, il fondo dell'imbuto, cioè la zona più ristretta: i contenuti offerti in questa fase servono come colpo di grazia per persuadere il cliente ad acquistare il nostro servizio: saranno dunque proposte molto localizzate, create ad personam per il nostro cliente, al fine di convincerlo che non potrà trovare nessun altro così premuroso e interessato a lui sul mercato. I contenuti in questo caso possono essere: Recensioni di altri clienti; Webinar; Testimonianze; Demo; Prove Gratuite; Si può anche ricorrere all'anticipazione di alcuni contenuti propri della delizia, la fase extra del Buyer Journey nella quale si vizia il cliente appena acquisito con contenuti mirati e personalizzati. Il content funnel è ciò rende l'inbound marketing, e in questo caso il content marketing, una metodologia dinamica: queste due parole non sono scelte a caso, poiché la prima indica un procedimento preciso e rigoroso, che per definizione segue regole prefissate, mentre la seconda rimanda alla diversità tra una campagna di content marketing e l'altra, sempre varie per argomenti e personalità che si incontrano. L'ideologia alla base del content funnel Lo strumento del content funnel è, a tutti gli effetti, un tool utilizzato per una strategia di marketing dei contenuti, quindi con finalità di lucro: ma, come ti sarai sicuramente reso conto durante la lettura dei precedenti paragrafi, ha la sua vera forza nel cercare di soddisfare il cliente, nel cercare di capire i suoi reali bisogni e soddisfarli, il tutto senza pressarlo per l'acquisto di un prodotto, anzi accompagnandolo per mano ed essendo sempre a sua disposizione. Si pensi alla fase della delizia, espressione massima di questa simbiosi tra venditore e cliente: il primo si preoccupa di tenerlo aggiornato su ciò che lo interessa e gli serve, e l'altro si procura quei beni da lui, ricompensandolo per il suo lavoro. Si capisce che, oltre alla soddisfazione professionale del riuscire a chiudere un affare, questo tipo di rapporto che si instaura con un cliente porta anche ad una soddisfazione più personale, derivante dall'aver aiutato davvero una persona o un'azienda: si differenzia dunque dalle altre tipologie di marketing, ormai obsolete come l'outbound marketing, che puntano a vendere tramite telefonate a freddo o inviando email a spam, nella speranza di trovare, totalmente a caso, qualche possibile cliente. Neanche a dirlo, questi approcci infastidiscono tutti i non interessati, quindi la stragrande maggioranza delle persone. Al contrario la metodologia inbound applicata al content marketing porta vantaggi materiali (e non solo) ad entrambe le parti. Le campagne invasive generano solo nervosismo e malumori sia tra gli operatori che tra i destinatari. Conclusione L'avete capito vero? Il vostro futuro cliente non cerca su web delle pubblicità, ma informazioni e notizie utili, vuole raccogliere qualcosa di concreto, non leggere slogan. Egli è interessato a qualcosa che possa migliorare la sua condizione. Informazioni. I tuoi futuri clienti non vogliono interruzioni pubblicitarie, ma qualcosa che li gratifichi e soddisfi. Le dimensioni dell'azienda che si impegna in una strategia di content marketing sono relative, tutti, con un'adeguata metodologia, possono aspirare a raccogliere lead dal sito web offrendo qualcosa che non sia solo la loro pubblicità. Un'agenzia HubSpot certificata può consigliarti sulla migliore strategia di content marketing e inbound marketing per la tua realtà. Inoltre ciò che ti consigliamo, oltre alla programmazione di una strategia di content marketing, è di pensare ad affiancare il tutto con un progetto CRM, che può essere sicuramente utile per capire ciò di cui i lead hanno bisogno. Image by rawpixel.com on Freepik
Ne avrai sicuramente sentito parlare, i meme usati nel marketing sono un modello comunicativo immediato, diretto e dinamico che le aziende utilizzano per comunicare con il proprio target. Ma partiamo dall'inizio. Cos'è un meme? Per spiegare brevemente il significato di meme: il meme è un’immagine che riprende la scena famosa di un film o di un cartone animato, con una scritta che sintetizza il concetto di quello che si vuole comunicare, molto spesso usata nell'ambito dei social network con una finalità ironica. Questa categoria di meme sono gli Image macro. Poi ci sono i Dank meme, ovvero quelli che hanno solo frasi - senza quindi immagini - e che all’apparenza non hanno senso, ma che invece sono comprensibili da uno specifico target. In ottica strategica il meme marketing funziona molto bene, in quanto le immagini possono diventare virali e portare molta notorietà al brand. Un punto di forza importante del meme marketing è la sua capacità di integrarsi all’interno di altri contenuti, come ad esempio un articolo, in modo naturale e nativo. Imparare a capire come sfruttare il meme marketing nella propria strategia di marketing vuol dire raggiungere più facilmente importanti risultati comunicativi. Approfondiamo nei prossimi paragrafi come e perché funziona il meme marketing. Perché funziona il meme marketing? I meme nel marketing funzionano particolarmente bene in quanto utilizzano l’umorismo per esprimere un concetto. Riuscire a far ridere il target e allo stesso tempo a passargli un concetto è un obiettivo arduo da raggiungere, ma con il meme marketing ci si riesce benissimo. Suscitare un’emozione positiva nel target, facendolo ridere, vuol dire migliorare il suo rapporto con l’azienda, ma soprattutto significa che le persone si ricorderanno di quest’ultima in modo ancora più immediato. Tutti amano ridere e se, allo stesso tempo, riusciamo anche a favorire la comprensione di un messaggio, allora abbiamo fatto centro. Se nel content marketing la strategia di meme marketing funziona, nell’advertising può creare ancora più vantaggi, sebbene bisogni porre molta attenzione a quello che si fa e a come si comunica. Non sempre il meme marketing è la strategia migliore da adottare. Esempi di marketing con i meme che hanno funzionato Riportiamo qualche esempio di alcune aziende che hanno utilizzato i meme marketing e hanno aumentato l'engagement sui propri social network grazie a ciò. Taffo e la sua ironia Taffo è sicuramente l'esempio italiano più significativo. Taffo è un brand di un'agenzia che si occupa di funerali e ha costruito una forte brand awareness in tutta Italia, tanto da aprire successivamente molte sedi in tutta la penisola. La loro politica di marketing sfrutta molto l'instant marketing ed ironizza su temi come la morte. Nella foto presentano un meme che ironizza sul modo di vestire dell'ex presidente Americano Donald Trump e la sua moglie all'incontro con il papa, paragonando la foto ad un funerale. Gucci e la campagna TFWGucci Gucci, famoso brand di oggetti e abiti di lusso, con la campagna TFWGucci ha pubblicato una serie di meme in collaborazione con artisti famosi, diventati subito meme di successo. ClioMakeup ClioMakeup, famoso brand per la vendita di prodotti per la bellezza, nei loro canali social pubblicano spesso meme invitando i propri utenti ad accedere allo shop online. Di seguito presentiamo un esempio di meme marketing relativo al loro brand, nei commenti molte persone si ritrovano nella situazione scatenando la loro ilarità e reagiscono commentando. Durex e la sensibilizzazione Prendiamo l’esempio di Durex, con i meme marketing è riuscita a trasmettere molti messaggi importanti al pubblico più giovane in modo diretto ma, soprattutto utile. Nell'esempio il post dedicato alla sensibilizzazione all'indossare la mascherina durante la pandemia di Coronavirus del 2020. Questi appena elencati sono dei meme realizzati da altre aziende, integrati in una strategia di content marketing. Sono comprensibili a prima vista, senza troppo sforzo. Allo stesso tempo sono virali, ciò vuol dire che sono in grado di girare sul web in modo veloce ed efficace. Vantaggi di fare meme per il marketing I vantaggi dell’utilizzare la strategia di meme marketing sono i seguenti: Maggiore coinvolgimento degli utenti: i meme solitamente riescono ad aumentare l'engagement degli utenti che spesso reagiscono con like e commenti, magari taggando un loro amico; Maggiore viralità dei contenuti: spesso i post divertenti vengono condivisi tra gli amici che a loro volta li ricondivideranno con i loro amici. Se il post fa parte di una politica di marketing di un brand, questo verrà conosciuto ancor più in larga scala. Questo è particolarmente utile in caso l'obiettivo di marketing sia l'aumento della brand awareness; Pubblicità gratuita: fare meme non comporta costi, se non quelli relativo al tempo di realizzazione. Spesso quindi rappresentano una pubblicità gratuita efficace; Migliora la comunicazione tra target e azienda: questo è molto legato al primo vantaggio. È molto più semplice comunicare ad un target coinvolto perché si riesce molto più facilmente a capire i loro bisogni, manifestati più chiaramente; Aiutano a fare lead generation: chi si occupa di marketing e deve trovare un contenuto per aumentare il numero di lead all'interno del proprio CRM, i meme, se studiati appositamente, possono essere usati come arma per convertire le persone e farsi lasciare il contatto; Consigli su come fare marketing con i meme Porre attenzione al linguaggio utilizzato; Puntare sempre a un target specifico; Ricordare di mantenere sempre il TOV aziendale; Fare molta attenzione al messaggio che si distribuisce; Realizza sempre contenuti in trend; Porre attenzione al linguaggio utilizzato Contrariamente a ciò che si crede è importante utilizzare un linguaggio pulito nei meme, quindi evitare parolacce o espressioni poco coerenti con la personalità del brand. Diversamente il pubblico, da sempre abituato a una certa comunicazione, potrebbe indisporsi. Ricordare di mantenere sempre lo stesso Tone Of Voice Punto che va a braccetto con il primo che abbiamo analizzato. Cambiare tono di voce può essere un’opzione del brand a seconda del social che utilizza ad esempio, ma non deve mai distanziarsi troppo da quello utilizzato sul web in generale per il marchio, in quanto questo non lo renderebbe riconoscibile. Fare molta attenzione al messaggio che si distribuisce Il meme sul web, soprattutto se ben fatto, va alla velocità della luce in quanto a condivisioni e apprezzamenti, per cui non c’è posto per una virgola sbagliata, un refuso o una parola fuori posto. Non ci vuole nulla a rovinare la reputazione di un marchio online. Realizzare sempre contenuti in trend Un brand deve sempre ricordarsi che, per quanto i meme marketing sono contenuti prettamente ludici di base, è sempre fondamentale che il tipo di immagine o nonsense utilizzato sia in trend. Aspettarsi di rendere virale un contenuto con un’immagine che non rispecchia il trend concept del momento, può significare un fiasco a livello comunicativo. Pertanto è sempre da tenere in considerazione il real time marketing. Conclusioni sul fare meme marketing Il meme marketing è una strategia che funziona a livello comunicativo, sebbene sia molto importante avere chiara la propria strategia di inbound marketing, in modo tale da integrarlo efficacemente nella strategia. Indubbiamente la strategia del meme marketing, così come comporta innumerevoli vantaggi comunicativi, allo stesso tempo - se non si fa attenzione al messaggio -, può creare problemi al brand. La regola aurea sicuramente è sempre di pensare al meme marketing come a un qualsiasi altro tipo di contenuto, ragionando quindi bene sull’obiettivo e sul target. Vuoi generare meme anche tu per il tuo marketing? Ecco alcuni tool che puoi usare: Meme Generator Livememe Imgur In alternativa puoi sempre scaricare la nostra risorsa gratuita. Image by wayhomestudio on Freepik
Il CRM, acronimo di Customer Relationship Management, è un insieme di tecnologie che mirano a migliorare il rapporto tra aziende e clienti e a conoscerne gusti, abitudini e preferenze così da offrire loro un’esperienza estremamente personalizzata e cucita su misura. Non bisogna però dimenticare che il CRM, pur nascendo per ottimizzare le relazioni e i rapporti con i clienti con l’obiettivo di renderli più saldi e duraturi, è un efficace strumento anche per la comunicazione interna tra i vari team. Per avere una comunicazione chiara ed efficiente verso l’esterno, è necessario costruirla prima all’interno. E in questo articolo ci concentriamo proprio sulle dinamiche e sulle meccaniche dei CRM da sfruttare per migliorare la comunicazione interna di un’azienda, in modo da snellire e velocizzare il lavoro dei diversi team che possono lavorare su un progetto condiviso da tutti. Comunicazione aziendale interna: come un CRM gestisce i flussi lavorativi Il CRM mira a gestire e migliorare le relazioni con clienti, lead e prospect con l’obiettivo di fidelizzarli e fornire un’esperienza personalizzata. Il principale punto di forza di un CRM è quello di sapersi adattare ai contesti circostanti e alle differenti esigenze e richieste degli utenti, diventando parte integrante dell’azienda stessa. Altro obiettivo di un CRM è proprio favorire lo scambio di informazioni tra i diversi team aziendali, a sostegno di un flusso comunicativo continuo e benefico che alleggerisce il lavoro di tutti. Vengono migliorati tutti i flussi lavorativi poiché gli strumenti digitali di un CRM: Tengono traccia dei movimenti dei clienti, delle loro abitudini, delle loro preferenze e della loro cronologia degli ordini, per creare uno storico personalizzato per ognuno di loro e disponibile ad ogni team; Identificare nuove opportunità di business, nuove fette di mercato da esplorare e nuovi potenziali clienti che devono essere attratti e poi conquistati grazie alla possibilità di inserire dati al suo interno da parte di ogni membro del team; Ridurre le attività manuali e ripetitive per consentire ai vari team di concentrarsi unicamente sul core business aziendale, ottimizzare tempo e risorse e velocizzare il processo di vendita. Tutto questo tramite strumenti di automazione; Fornire un servizio clienti ulteriormente migliorato e personalizzato per un’esperienza sempre più efficiente. Con un CRM le aziende, a volo d’uccello, si possono visionare dall’alto tutti i flussi lavorativi così da individuare subito criticità o punti di forza e intervenire nel modo ritenuto più opportuno per apportare ulteriori miglioramenti. La comunicazione in azienda: migliorarla con un CRM Concentrandosi sulle principali funzionalità di un software CRM, che devono poi essere messe al servizio delle aziende, se ne possono individuare 3: Azioni di marketing. Servono per analizzare i dati e le informazioni derivanti da studi di mercati per implementare la marketing automation; Gestione delle vendite. Ogni vendita ha le sue dinamiche differenti, ma può essere automatizzata tramite strumenti moderni che snelliscono i flussi operativi dei team di vendita; Gestione del post vendita. Se la vendita è importante, il post vendita lo è ancora di più. Tramite un efficace call center il CRM consente di rispondere velocemente e proattivamente alle richieste e alle domande dei clienti. Queste sono le 3 principali categorie di funzionalità di un CRM, ad ognuna delle quali sono riconducibili specifiche attività che migliorano sia la comunicazione interna che quella esterna con i clienti. Una di queste è il funnel di vendita, poiché il CRM dà l’opportunità di seguire tutti gli sviluppi e gli step delle vendite e definire le varie fasi commerciali dell’azienda. È poi possibile monitorare le varie attività di contatto, tracciando in ordine cronologico le telefonate, le email e le note per stilare uno storico completo di ogni singolo cliente. Tutti i team hanno accesso a questo storico, così da poter condividere informazioni in tempo reale senza confrontarsi continuamente a beneficio dei flussi lavorativi che risultano decisamente più snelli e veloci. Sempre riguardo alla comunicazione interna dei team, HubSpot CRM consente ai propri utenti di assegnare task agli altri membri dei vari team, inviando loro anche notifiche via mail. Il CRM integra nativamente la posta elettronica di Google e Microsoft, così tutto è perfettamente connesso e i vari team possono consultare i file di contatto senza uscire dalla loro casella di posta. Eventualmente è possibile introdurre nuove funzionalità personalizzate come ad esempio il monitoraggio del tasso di apertura e di clic delle email stesse, funzione utilissima per monitorare l’andamento delle campagne di marketing e non solo. Inoltre un CRM, come HubSpot, può integrarsi anche con gli ecommerce per avere sotto mano tutti i dati dell'ordine in caso di gestione del reclamo. Hubspot CRM si integra nativamente con ecommerce come Shopify, mentre per l'integrazione con BigCommerce l'integrazione è possibile previo sviluppo di un connettore. E ancora un CRM ottimizza la gestione dei contatti, poiché consente di memorizzare dati, informazioni e follow-up così da intraprendere le azioni necessarie come l’invio di un’email, una telefonata o fissare un appuntamento. I vantaggi di un CRM per far comunicare i singoli team aziendali Il CRM offre diverse funzionalità, ognuna delle quali si mette al servizio dei vari team aziendali per migliorarne le prestazioni e ottimizzarne la produttività. I team aziendali che possono trarre grande beneficio dai servizi del CRM sono: Team di vendita; Servizio clienti; Team di marketing; Supply chain; Analizziamo i vantaggi e i benefici per ogni singolo team. Team di vendita I responsabili delle vendite possono accedere ad informazioni relative ai singoli venditori, alle loro prestazioni e ai risultati che stanno ottenendo le varie campagne di marketing (questo fenomeno viene definito s-marketing). Risulta più facile capire a che punto sono gli obiettivi di vendita e quali azioni adottare eventualmente per incrementare le vendite, tenendo presenti i dati oggettivi a disposizione. In questo modo gli inbound sales possono ridurre significativamente le attività amministrative e le noiose gestioni manuali dei dati, situazione che si traduce in una maggiore produttività e più tempo da dedicare ai clienti per conoscerli più a fondo e venire incontro alle loro esigenze. Servizio clienti Tutti i team all’interno di un’azienda hanno la stessa importanza, ma il servizio clienti merita forse un’attenzione in più perché è quello a più stretto contatto con i consumatori, che sono linfa vitale e benzina del serbatoio delle attività e delle imprese. Le aziende oggi devono essere omnicanale, poiché un cliente potrebbe iniziare il suo “viaggio”, ponendo una domanda ad esempio su un social, per poi concluderlo risolvendo la questione privatamente tramite email o telefono. Un buon CRM ti consente di tenere traccia di tutte le informazioni, indipendentemente dal canale utilizzato, le comunica al team di competenza che poi potrà risolvere il problema o fornire al cliente la risposta che attendeva. Essere privi di una piattaforma del genere, significa inevitabilmente restare al palo mentre i competitor corrono veloci. Team di marketing I team di marketing non hanno la palla magica per leggere il futuro ma, grazie alle funzioni del CRM, possono avere una visione più chiara delle opportunità da sfruttare o tracciare meglio il percorso di vendita del cliente, dall’inizio fino alla fine. In questo modo riescono a comprendere meglio se e dove ci sono criticità e quindi intervenire di conseguenza. Tra l’altro con un valido CRM i team di marketing possono anche includere le migliaia di dati e informazioni provenienti dai social, come i contenuti che piacciono o che non piacciono oppure i feedback rilasciati dai consumatori per tracciare le strategie future con cognizione di causa. Internamente, il team di marketing può valutare anche le informazioni derivanti dal team sales, in modo da verificare la correttezza del target delle campagne: se un contatto non è in target comunicarlo al team marketing può essere utile per evitare di sprecare tempo cercando di vendere qualcosa ad un cliente che non comprerà mai. Supply chain L’intera supply chain può essere migliorata grazie alla creazione di report da confrontare per comprendere meglio l’efficienza dei fornitori e dei partner. La reportistica inoltre può mettere insieme le indicazioni dei vari team aziendali. Inoltre sfruttando le funzioni del CRM è anche possibile registrare le chiamate, le call e le riunioni, aggiungere note e pianificare i successivi follow-up per creare flussi di lavoro proattivi e sempre aggiornati. Le piccole aziende hanno bisogno di un CRM per migliorare la comunicazione interna? Quando si parla di CRM generalmente si pensa che possa essere adottato solo dalle multinazionali o comunque da aziende di grandi dimensioni che devono gestire un pacchetto clienti molto ampio e variegato e di conseguenza un enorme flusso di dati e di informazioni. Ma è proprio così? Il CRM per piccole aziende è inutile? Teoricamente si potrebbe rispondere che le piccole aziende possono anche fare a meno di un CRM, ma in tal caso dovrebbero compilare a mano fogli di calcolo, condividere dati tramite email, attendere l’arrivo di queste email, correggendone eventuali gli errori, comunicare con altri membri del team nei modi più disparati. E allora viene da chiedersi: perché complicarsi la vita quando c’è uno strumento efficace come il CRM, adattabile ad aziende di qualsiasi dimensione? Operare senza un software CRM significa partire da una posizione di grande svantaggio rispetto ai competitor, senza considerare tutti i costi da affrontare in termini di tempo, soldi e risorse umane. Un buon CRM invece risolve diversi grattacapi, migliora la gestione dei clienti, ottimizza la comunicazione interna e aumenta anche le vendite. Ecco perché, anche le piccole aziende, devono dotarsi quanto prima di un valido CRM per crescere e per essere competitive nel loro mercato di riferimento. Conclusioni Un software CRM per piccole aziende, per PMI o per grandi aziendale è vitale per la crescita e lo sviluppo interno. I vari dipartimenti hanno la possibilità di lavorare congiuntamente su un progetto comune, grazie ad una comunicazione interna veloce e immediata che migliora le prestazioni di tutti i vari team e consente di personalizzare l’esperienza cliente in ogni tipologia di business. Per approfondire il discorso ti consigliamo di scaricare la risorsa gratuita disponibile alla fine dell’articolo, che ti spiega perché vale la pena iniziare un progetto CRM per migliorare le interazioni con i contatti e i clienti e far crescere la tua attività. Image by rawpixel.com on Freepik
Social Selling è oggi un metodo determinante per il successo del team commerciale per comunicare con i propri prospect. E le aziende non possono più ignorarla. Ecco cos'è la Social Selling e come funziona. Una definizione di Social Selling Social Selling è quando un commerciale utilizza i social media per interagire direttamente con i propri prospect. Il commerciale fornirà un valore rispondendo a questioni poste dal prospect e offrendo loro consigli utili, finché questo non sarà pronto a comperare. L’utilizzo dei social media nelle vendite permette al commerciale di deliziare i suoi prospect invece che interromperli durante la giornata lavorativa con chiamate o email a freddo. Possiamo così riassumere le attività principali dei social seller: Interagire direttamente con i prospect in modo professionale; Fornire risposte pertinenti alle loro domande così da offrire un valore aggiunto reale; Pubblicare contenuti di qualità e di interesse per il prospect, che così può venire convertito più facilmente in cliente. Il social selling prevede una serie di attività concatenate tra di loro che, se fatte bene, portano naturalmente alla conversione del cliente. Il primo passo è quindi creare un brand affidabile per poi individuare le opportunità di vendita, monitorare i potenziali clienti e creare con loro relazioni di valore, ad esempio ottenendo i loro dati ed i loro contatti. Il rapporto con i prospect diventa quindi fondamentale e va costruito giorno dopo giorno con azioni mirate e studiate a tavolino. Il social selling non si improvvisa e soprattutto richiede una notevole pazienza. Social Selling: il significato non è Social Marketing Social Selling non va confuso con il social marketing, sono due cose molto differenti e ci sono due differenze fondamentali. La prima è che il Social Selling è focalizzato sui professionisti delle vendite, piuttosto che sui professionisti del marketing. La seconda è che la Social Selling mira alla costruzione di relazioni uno a uno, piuttosto che fermarsi ai messaggi mandati uno a molti. Tra le cose da non fare quindi sicuramente è non approcciare con una vendita push sui social, cioè proponendo in maniera quasi maniacale un prodotto o un servizio ad un cliente sperando di prenderlo per sfinimento! Questa tecnica è molto simile alle “cold call”, cioè “telefonate fredde” che un commerciante fa ad un potenziale cliente con cui non ha avuto alcun contatto e di cui non conosce nulla. Altra cosa da non fare è avere un approccio troppo informale, come ad esempio cercare clienti sui social aggiungendoli tra i propri contatti del profilo personale. Queste tecniche sono sbagliate, antiquate e anacronistiche e contrarie a quelli che sono i principi dell'inbound marketing: non portano pertanto a nessun risultato e anzi possono trasformarsi in un boomerang. Presupposti della Social Selling Ormai è innegabile, il marketing è diventato qualcosa di sempre più informale. Siamo passati dall'epoca del venditore in giacca e cravatta, che manteneva un rigido e professionale distacco con il cliente per far la migliore impressione possibile, alla possibilità di acquistare qualcosa semplicemente scrivendo un messaggio, magari condito da emoticon e smile. Come mai il rapporto tra venditore e cliente è cambiato così profondamente? La risposta risiede in un'unica parola: il web. Grazie ad esso, tutto è raggiungibile in qualsiasi momento, store inclusi: il fatto che questi ultimi si mettessero al passo con l'evoluzione della rete era solo questione di tempo. Un pubblico vastissimo, migliaia di possibilità ogni giorno, un sacco di strumenti per guadagnare visibilità: Internet incarna tutto ciò che serve ad un commerciante per fare fortuna, a patto che egli sappia come muoversi. Ed è a questo proposito che molte realtà online sono mutate, adattandosi a quello che è diventato il web marketing: Facebook, Twitter e LinkedIn, AdWords, ecommerce, hanno tutti sviluppato funzionalità extra per implementare pubblicità e informazioni di vendita, avvicinandosi sempre di più al potenziale cliente facendo in modo di essere sempre raggiungibili e disponibili. Ma, soprattutto, tutti si stanno rendendo conto che il discorso diretto, ovvero la forma di comunicazione più basica e primordiale, è ciò che più desidera l'utente: la possibilità di chiedere, chiarire e discutere è ciò che vuole il cliente, e di conseguenza anche ciò che vuole il venditore. Perché le aziende dovrebbero fare social selling? Le aziende devono imparare ad allinearsi con le nuove abitudini dei clienti, che sono profondamente cambiate in un contesto di digital transformation. Ecco perché le aziende dovrebbero fare social selling. I canali social non vanno intesi solo come piattaforme dove concludere unicamente le vendite, ma finalizzate ad ascoltare le esigenze del proprio target, individuare i prospect, monitorare le attività dei competitor e analizzare in generale i nuovi trend e opportunità di mercato. Uno dei principali obiettivi è entrare in contatto con persone realmente interessate alla tua offerta, proponendo soluzioni efficaci che risolvono in modo concreto un loro problema o che soddisfano uno specifico bisogno. Così facendo è possibile incrementare il numero di contratti commerciali sia nel B2B che nel B2C. L’approccio ai potenziali clienti deve essere quanto più personalizzato possibile, proprio perché gli utenti cercano soluzioni specifiche per i loro problemi. Il legame di fiducia è fondamentale e bisogna costruirlo prima così il processo di acquisto risulta molto più naturale e fluido. Un utente che è stato seguito con grande attenzione dai primi contatti con un’azienda sarà più invogliato ad acquistare. La fidelizzazione del cliente determina una reazione a catena favorendo altre iniziative virtuose come l’up-selling, il cross-selling ed il passaparola. Non sei solo tu ad analizzare i potenziali clienti, ma anche loro fanno ricerche mirate su Internet per capire quali sono i brand che possono fare al caso loro. Ecco perché è importante individuare i buyer personas per il proprio business e fornire un servizio personalizzato e su misura. Altrettanto importante è porsi come punto di riferimento per quello specifico mercato, perciò è necessario lavorare molto sul concetto di brand di valore. I clienti vanno comunque seguiti anche dopo l’acquisto, altrimenti il rapporto di fiducia cade e si perde quanto di buono fatto fino a quel momento. 5 motivi per fare social selling 1. Con il social selling generi empatia e stima su di te e sul tuo brand Professionisti di successo condividono problematiche e soluzioni sui canali social e interagiscono con altri imprenditori. Condividere problemi suscita empatia, proporre soluzioni riconosciute e supportate da altri utenti ti fa guadagnare fiducia. Ed è un modo naturale di far ricordare, ai potenziali clienti, il nome della tua azienda, del tuo prodotto: sarai uno dei primi contatti a cui si rivolgerà quando sarà pronto a comprare. Chi compra ha a disposizione molte notizie per decidere, ma a volte ciò che manca è una semplificazione. E a chi porre una domanda che risolva i dubbi se non alla persona presente e disponibile sui social e ai quali anche altri si sono rivolti con soddisfazione? 2. Con il social selling non infastidisci le persone ma crei conversazioni I bravi venditori, spesso ti raccontano che il segreto del loro successo è la capacità di conversare con i clienti o potenziali clienti che stanno incontrando. Che spendono tempo a parlare del più e del meno, non solo del motivo lavorativo dell’incontro. Il processo di compravendita diventa più facile se non si cerca di vendere direttamente ma se si fornisce una soluzione all’interno di una conversazione interessante. Ti aiuta inoltre a mantenere i contatti anche con i clienti acquisiti, quando non ci sono scadenze contrattuali o altre attività di business. Non ti servirà fare la classica telefonata di aggiornamento ma sarai sempre in qualche modo in contatto con loro. Ricorda però che fare social selling non significa bombardare sconosciuti di messaggi privati non richiesti. Questo è spam, della forma meno tollerata dagli utenti. 3. Il social selling è (quasi) gratuito e lo puoi fare ovunque Per aprire account social non serve pagare. Alcune piattaforme offrono utilità avanzate gratuite, altre a pagamento, come LinkedIn Sales Navigator. Il “costo”, o meglio l’investimento, più grande è quello di tempo che dedichi a curare i tuoi contenuti, la condivisione di post e news interessanti, di commento e contatto con altre persone nella rete. Un aiuto lo può offrire il reparto marketing dell’azienda, con la generazione di documenti e altri materiali da condividere on line. E non hai bisogno di essere in ufficio: puoi essere produttivo in qualunque luogo. 4. Il social selling ti fa scoprire a cosa sono interessate le persone Utilizzare i social per monitorare le conversazioni di importanza per il tuo settore ti permette di identificare quei contatti che hanno dimostrato interesse per la tua azienda, per il tuo ambito di attività, per i tuoi competitor, in modo da entrare lentamente in contatto con loro e fornire informazioni utili quando il momento è più adatto. Ti aiuta inoltre ad identificare a quali questioni sono interessati e in che termini. 5. Chi compra lo fa normalmente O meglio, fa l’inverso del social selling, il social buying. Gli acquirenti utilizzano normalmente i social per trovare possibili venditori, trovare informazioni e farsi un’opinione in merito a chi propone la soluzione migliore per il loro problema. Statistiche aggiornate, riportano che il 57% della decisione di acquisto viene preso prima ancora di contattare un responsabile vendite. Se non fai social selling attivamente, non comparirai tra i risultati delle loro ricerche e perderai occasioni molto interessanti. Le componenti della Social Selling a. Social prospect: comporta il monitoraggio e/o la ricerca sui social network di segnali di clienti interessanti, intenzioni di acquisto o prospect qualificati, basando l’analisi sul settore, il ruolo, la posizione geografica o altro. Per esempio, per un venditore di servizi finanziari potrebbe essere interessante monitorare i cambiamenti importanti nella vita di una persona (la nascita di un figlio, un cambiamento nello status lavorativo, la morte di un parente…) per correlarlo al bisogno di un investimento. In modo simile nel B2B i commerciali possono individuare i potenziali acquirenti dal profilo di LinkedIn. b. Personal Branding: è l’utilizzo dei social media per rafforzare la reputazione o la credibilità di un individuo. In genere questo viene fatto attraverso la creazione di profili personali interessanti che mettono in risalto le competenze, la credibilità e l’integrità di un commerciale. Nel personal brand ci sta anche la condivisione di informazioni personali per trovare un terreno comune di interesse con i potenziali acquirenti e partner. c. Employee advocacy: è quando il commerciale, o altro personale, utilizza i propri profili social per condividere alla sua rete di contatti notizie positive - storie, risultati, novità… - dell’azienda per la quale lavora. Significa condivisione di contenuti, risposta alle domande, collegamento e relazione con i leader del settore e utilizzo degli hashtag relativi all’azienda o agli argomenti della categoria. Alcune aziende lasciano libertà di condivisione ai dipendenti, altre stabiliscono delle linee guida o, in alcuni casi, contenuti specifici. d. Social Relationship Management: la gestione delle relazioni sociali è l’utilizzo delle reti digital come canali per coltivare relazioni con i clienti. Il Social Relationship Management - a volte indicato come Social CRM - è un’estensione delle relazioni tradizionali che si concentra sulla comunicazione e sui feedback dei clienti. Esempi di Social Relationship management sono la risposta sui social di domande o problemi dei clienti con i prodotti/servizi dell’azienda o la condivisione dei contenuti degli utenti che interessano l’azienda. Il Social Relationship Management enfatizza i collegamenti autentici e genuini delle persone con l’azienda. Social seller: 7 consigli utili per vendere sui social network Esistono diversi step che i commerciali possono intraprendere per iniziare a fare social selling. Se sei un commerciale che vuol diventare un social seller ecco per te alcuni pratici consigli: 1) Ottimizza i profili social media Devi innanzitutto assicurarti di ottimizzare i profili prima di fare qualsiasi altra cosa. Se vuoi partire con iniziative di social selling con un profilo datato o non aggiornato i tuoi sforzi potrebbero essere inutili. Non buttare via il tempo così, sii preparato. 2) Entra a far parte dei gruppi di LinkedIn o di altri forum pertinenti Controlla i profili dei tuoi clienti e prospect. A quali gruppi appartengono e in quali partecipano attivamente? Scoprilo e seguili! È una buona idea entrare a far parte di gruppi di un grande settore così potrai restare aggiornato sulle sfide che i tuoi compratori stanno affrontando. Se hai informazioni di valore con cui contribuire su una discussione, fallo. N.B: Ricordati di non utilizzare i gruppi come un’opportunità per spingere i tuoi prodotti e servizi. I commenti a scopi commerciali sono indesiderati e infastidiranno i membri del gruppo così come infastidisce una chiamata o una email a freddo. ► Intavola una conversazione nel modo appropriato, o rimani in silenzio e osserva solo. 3) Imposta notifiche di social listening Usa google alert o uno strumento di social listening (i clienti HubSpot possono utilizzare Social Inbox) per impostare notifiche per quando i prospect o i clienti faranno determinate azioni. Per esempio, se un prospect menziona un problema che sta avendo e tu commerciale hai informazioni pertinenti e utili che potrebbero aiutarlo, aver impostato un alert ti permetterà di intervenire velocemente nella conversazione. Utile vero? 4) Iscriviti ai blog Come potresti sapere di cosa parlare con i tuoi prospect sui social media? Leggendo! Controlla che contenuti stanno condividendo e iscriviti alla loro newsletter o utilizzando l'RSS. ► Poi puoi condividere gli articoli che potrebbero essere particolarmente interessanti per i tuoi buyer su LinkedIn o twittarli. 5) Cerca referenze Una volta che avrai identificato gli stakeholder specifici ai quali vorresti presentarti, fermati un attimo sui loro profili LinkedIn e vedi se hai qualche connessione in comune. ► Chiedi a un vostro collegamento in comune di essere presentato. Scalda il contatto bloccato. 6) Abbonati a LinkedIn Sales Navigator - opzionale LinkedIn sales Navigator è un servizio premium a pagamento. Lo strumento Sales Navigator di LinkedIn può aiutare gli inbound sales ad identificare nuovi lead in base alla location, al settore, alla dimensione dell’azienda e altri attributi al fini di costruire una lista di prospect. 7) Blog - opzionale I commerciali non hanno bisogno di un blog per utilizzare i contenuti in maniera efficace nella social selling. Tuttavia i commerciali che vogliono creare contenuti originali per attrarre i loro prospect dovrebbero farlo. Ecco alcuni consigli per creare un post che attirerà l’attenzione dei tuoi prospect: Scegli un tema che interesserà loro Scrivi un titolo accattivante Non fare del tuo post solo un modo con cui vendere Includi la tua prospettiva e opinione Assicurati di pubblicizzare i tuoi post su Twitter e LinkedIn, includendo tutti gli hashtag più pertinenti per assicurare che siano facilmente trovabili. Tecniche per fare social selling Ora che hai una conoscenza delle basi per poter fare del social selling, possiamo entrare nel cuore della questione. Gli step fondamentali che un social seller deve fare per vendere online sono i seguenti: Dai valore al tuo brand; Informati e fai ricerche; Sii attivo sui social; Avvia interconnessioni con i clienti; Usa gli strumenti più adeguati alle tue necessità. Creare un brand di valore Quando un prospect atterra sulla tua pagina o comunque interagisce con la tua azienda, deve subito capire quali sono i vantaggi che offri e l’ambito in cui operi. In tale ottica LinkedIn è un ottimo strumento per dare valore al tuo brand, inserendo le informazioni personali, le tue esperienze, le competenze e in generale tutti quegli elementi che conferiscono credibilità e aumentano la reputazione del tuo brand in quel settore. Fare ricerche specifiche Se da un lato l’obiettivo è cercare potenziali clienti, d’altro lato il social selling ti aiuta anche a migliorare le conoscenze nel tuo mercato, perché c’è sempre da imparare in un mondo digitale in cui tutto scorre e tutto si evolve. Fai quindi continue ricerche specifiche per capire su quale terreno ti stai muovendo per ottimizzare le interazioni con i potenziali clienti. Partecipare alle discussioni sulle piattaforme online Iscriviti ai gruppi, alle newsletter ed alle piattaforme che interessano il tuo brand e partecipa attivamente alle discussioni online. Puoi fornire informazioni utili che aiutano a risolvere i problemi degli utenti e allo stesso tempo individuare nuove interessanti opportunità. Stringere relazioni con i clienti Stringere relazioni con i clienti non significa provare in ogni modo e a tutti i costi a vendere qualcosa, ma piuttosto a costruire un rapporto di valore e creare un terreno favorevole per la vendita, che diventa quindi una naturale conseguenza del tuo lavoro se svolto correttamente. Usare gli strumenti adatti Per migliorare la tua attività di social selling impara ad usare gli strumenti giusti, come HubSpot che ti invia delle notifiche quando i prospect o i clienti fanno determinate azioni. In questo modo sai perfettamente come e quando agire in modo mirato, ottimizzando le tue azioni e il tempo a disposizione. Hubspot però non è solamente questo ma c'è dietro di esso un mondo di funzionalità studiate appositamente per chi vuol vendere i propri prodotti. Come interagire con i prospect sui Social Network Veniamo al dunque, la Social Selling riguarda l'interagire, ma tieni bene a mente il fatto che non ha nulla a che fare con lo spam. Le tue interazione devono essere ragionate, pertinenti, di valore e personalizzate. L'interazione social avviene principalmente in quattro forme: la condivisione di contenuti, il mettere mi piace, il commentare e il connettersi. Condivisione di contenuti Posta contenuti interessanti per i tuoi potenziali clienti e fallo spesso. Ma non linkare solamente ai contenuti della tua azienda, condividi contenuti di terze parti. Mettere mi piace Quando noi hai tempo per commentare o non hai nulla da aggiungere agli altri commenti, un consiglia di LinkedIn o un mi piace di Twitter funziona bene lo stesso. I like funzionano come un grazie quando altri condividono o retwittano i tuoi contenuti. Facile, veloce e immediato...non essere avaro! Commentare Un commento non dovrebbe essere solo una spinta commerciale verso la tua azienda o un link al suo sito internet. Dovrebbe essere una risposta ragionata e che possa incentivare altri commenti a un articolo. Connettersi Su twitter puoi seguire tutti i prospect che desideri dal profondo del tuo cuore. Ma su LinkedIn dovresti essere molto più prudente. Una buona norma è quella di non richiedere il contatto a qualcuno finché non si hanno avuto interazioni significative in persona o online. Solo dopo ti consigliamo di inviare un invito personalizzato spiegando perché ti piacerebbe entrare nel suo network. Potresti magari far riferimento a un post che la persona ha scritto o a un articolo che ha recentemente condiviso per mostrare che hai fatto le tue ricerche. HubSpot e la sua chat (integrabile con qualsiasi sito) Chiariamo una cosa: nonostante social e app di messaggistica siano ottimi strumenti per guadagnare visibilità, fare social selling e trattare a tu per tu con i clienti, questi strumenti restano dei surplus applicati ad un business. La base per impostare una strategia di marketing online deve essere uno strumento personale dell'azienda, in grado di ospitare il tuo sito, gestire i dati dei tuoi lead e dei tuoi clienti e produrre contenuti da posizionare sul web. Molti di voi saranno d'accordo quando affermo che la soluzione migliore per fare tutto ciò è partire con un progetto CRM. Uno dei suoi punti di forza è appunto una chat versatile e scalabile, in grado di utilizzare bot per le risposte automatiche e assegnare determinati membri del team alle conversazioni: questo permette una presenza costante e ben selezionata del personale sulla chat, garantendo un supporto tempestivo e qualificato. Per una gestione più semplice delle pubblicazioni sui social e sul blog aziendale e per poter creare contenuti armonici tra i diversi canali, quindi consigliamo di valutare l'implementazione di una software per il marketing, come HubSpot marketing, o di un CRM. Nel frattempo ti lasciamo una risorsa gratuita che ti sarà utile per capire come costruire una strategia omnicanale. Image by Freepik
Il web marketing è una strategia promozionale che mira a ottenere visibilità attraverso la pubblicazione di articoli e banner per la vendita di un prodotto o di un servizio. L’Inbound marketing è una metodologia che non assale l’utente, ma pone al centro dell’attenzione i suoi desideri e le sue necessità. Per questo pratiche come l'interruption marketing oppure ogni tipo di marketing invasivo è da considerarsi superato perché il principio base è che l'utente non vuole essere infastidito! Cos'è l'interruption marketing? Una corretta definizione di interruption marketing può essere: l'insieme di tutte quelle pratiche invasive, che colpiscono una persona mentre sta svolgendo le proprie attività routinarie, finalizzata alla promozione di prodotti o servizi. Queste pratiche possono consistere nell'invio di messaggi, telefonate o altre comunicazioni, contro la volontà dell'utente e senza che esso abbia mostrato dell'effettivo interesse. Le pratiche di interruption marketing erano molto diffuse negli anni 80/90 quando l'obiettivo delle aziende era vendere a tutti i costi. Con il customer centrismo però le aziende hanno sempre più messo il cliente e le sue necessità al centro dei loro business model, avendo in cambio fedeltà dei cliente e l'ottimizzazione delle risorse all'interno del loro ciclo produttivo. Questa tipologia di marketing, che rientra tra le pratiche di marketing outbound, non si riferisce quindi ad un target specifico ma cerca di sparare nel mucchio nella speranza che qualcuno diventi un lead. Esempi di interruption marketing Andiamo ora analizzare alcuni esempi di interruption marketing, quelli più diffusi tra chi prevede questo tipo di marketing. Il primo esempio è legato alle pubblicità televisive, o quelle che si trovano all'interno dei video nel web. In questo caso l'utente viene interrotto dall'inserzione e, anche se ultimamente sono sempre più targetizzate nel mondo dell'online grazie all'utilizzo dei cookies, difficilmente l'utente sarà interessato. L'esempio più classico di questa tipologia di marketing invasivo è rappresentato dalle telefonate dei call center. Questa è il mezzo considerato più fastidioso perché molte persone la considerano come una violazione della propria sfera privata e, molto spesso, vengono eseguite chiamate di marketing senza avere le giuste autorizzazioni. Questo tipo di marketing può essere limitato inserendo il proprio numero di telefono all'interno del registro delle opposizioni. Altro esempio che andiamo a trattare è quello delle email di marketing (le cosiddette DEM - Direct Email Marketing). Partiamo dal presupposto che secondo la GDPR non si possono inviare comunicazioni di marketing senza il consenso da parte del contatto (software come HubSpot rappresentano una manna dal cielo per chi vuol fare email marketing in sicurezza da questo punto di vista). Ricevere una mail a cui non si è interessati può avere due conseguenze: la disiscrizione dell'utente alla newsletter oppure l'eliminazione della mail e la conseguente segnalazione come spam. L’inutilità del marketing invasivo Approfondiamo ora l'esempio fatto in precedenza sull'email marketing per trarne le conclusioni sull'efficacia di questa tipologia di marketing. Il ragionamento che segue può quindi essere applicato ad ogni tipologia di esempio fatto in precedenza. La comunicazione tramite pratiche di interruption marketing che colpisce l’utente attraverso dei piani di e-mail marketing, nel tentativo di vendere e di proporre un servizio, finisce quindi con ogni probabilità nella casella dello spam, senza nemmeno essere letta. Se un’e-mail riesce ad aggirare i filtri e a inserirsi in una casella di entrata, aumenta le possibilità di essere letta: ma se contiene una pubblicità inopportuna, oppure recapitata in un momento sbagliato, finisce cestinata. Stessa cosa può essere applicata alla pubblicità tramite video, in cui si aumenta la probabilità che l'utente non guardi nemmeno il video ed esca dal sito e, nel caso delle telefonate dei call center, riattacchi la cornetta. L’utente medio è quindi ormai assuefatto da questo tipo di promozione: poteva forse essere più efficace negli anni passati, ma ai giorni nostri, dove il grado di attenzione è mediamente calato a pochi secondi, questo tipo di marketing risulta spesso controproducente. Il marketing è sempre invasivo? Chiaramente, se il tentativo di raggiungere un contatto finisce nel cestino, anche il lavoro per tentare di presentare un prodotto, o un servizio, risulta vano. E nessuna azienda può permettersi di lavorare a vuoto. Il marketing è invasivo quando è utilizzato come strumento di contatto forzato e non richiesto, quando è un’azione a senso unico e offre un servizio solo a se stesso, mirato alla vendita diretta. Questo però non è l’unico modo di promuovere qualcosa e, probabilmente, nemmeno il migliore. Il principio del “do ut des”, frase latina che viene tradotta con “io do affinché tu dia”, esce dai canoni della forzatura e punta a creare dei contenuti veramente validi, che possano risolvere un problema. La fine dell'interruption marketing: perché attrarre è diverso da imporre Se il marketing tradizionale sul modello dell'interruption impone un punto di vista al potenziale cliente, l’Inbound marketing attrae le persone offrendo i contenuti che queste desiderano trovare, creando delle relazioni. Quando un utente web è soddisfatto, perché ha risolto un suo problema, sarà interessato a leggere altri articoli che possono aiutarlo a superare altri fastidi. L’attrazione costa però un investimento in termini di lavoro, a differenza dell'interruption marketing che costa in termini monetari. Per semplificare il concetto, basti pensare al periodo estivo: come si affronta la classica prova costume? Come si costruisce un corpo tonico, con una bassa percentuale di cellulite, con una pelle elastica e seducente? Solo grazie al lavoro in palestra, alla costanza e all’impegno, a un obiettivo preciso ben chiaro in mente. A quel punto, quando il corpo sprigiona un buon livello di fascino, quando soddisfa le esigenze estetiche personali, diventa motivo di attrazione anche per le altre persone: saranno loro a inseguirci, perché conquistati da quello che stanno cercando. Interruption marketing e pratiche invasive: le strategie per superarlo L’intuizione sull’importanza della creazioni dei contenuti è arrivata per la prima volta da Bill Gates, nel 1996, oltre vent’anni fa, con la sua frase “Content is the King”. Un’epoca che sembra lontanissima, in termini web, eppure che già aveva tracciato un percorso futuro: internet è un immenso calderone, letteralmente una rete di collegamenti infinita, rinnovata quotidianamente. Ciò che oggi è nuovo, sarà vecchio e superato domani. Un utente naviga in rete per divertirsi e informarsi, alla ricerca di soluzioni: l’abbinamento informazione e divertimento, complicato da ottenere, è un aspetto fondamentale per creare una relazione. Conquisti l’attenzione di una persona quando sai essere utile, ma anche divertente, costruendo un’immagine autorevole senza essere troppo serioso. Il contenuto è premiato anche dai motori di ricerca, che privilegiano i link posizionandoli nelle prime posizioni della pagina: la SERP. Ciò significa che le pratiche di marketing invasivo, come l'interruption marketing, sono certamente superate dai contenuti e dalle strategie di quello che viene definito inbound marketing, che riescono ad attirare l'attenzione molto di più che pubblicità fastidiose ed indesiderate. La chiave non è solo nelle parole L’Inbound marketing funziona al meglio quando le parole di ricerca (keywords) veicolano gli utenti ai contenuti. Questi ultimi hanno come casa di appartenenza i blog: in un post è possibile spiegare, in modo esauriente, la funzionalità e l’utilità di un servizio o di un prodotto. È basilare scrivere titoli con le keywords, da ripetere anche all’interno degli stessi articoli. Ciò permette di essere trovati con maggiore facilità dagli utenti senza infastidirli, ma non è sufficiente: un internauta soddisfatto, emozionato, da quanto ha trovato avrà un incentivo maggiore a condividere il post sui profili dei social media personali. Grazie all’autorevolezza conquistata e al gradimento raccolto tra gli utenti, si creano nuovi collegamenti e si diventa virali: le persone inizieranno a consumare i contenuti proposti e ne vorranno di nuovi. L’utente consapevole di trovare le risposte che desidera, tornerà alla ricerca di nuove soluzioni. Avrà l’impulso di iscriversi al blog, per rimanere aggiornato sui nuovi post a cui prevede di essere interessato e per farlo fornirà, attraverso apposito modulo, il proprio nome e l’indirizzo e-mail. Un altro metodo, per ottenere il recapito di posta elettronica, è offerto dalle call to action, dalle landing page e da form specifici che hanno la possibilità di veicolare l’internauta anche sui nostri obiettivi di vendita. Ottenere l’indirizzo e-mail di un utente è una delle opportunità migliori per mantenere il contatto con lui. I dati raccolti, grazie all'uso dei CRM, permettono di conoscere le preferenze di una persona e di targetizzarla con contenuti sempre più mirati. Nome e indirizzo e-mail sono soltanto i primi passi: seguendo la logica “do ut des” dobbiamo imparare a comprendere il nostro lettore. L’offerta di un contenuto utile, da consumare liberamente, deve procedere di pari passo con l’acquisizione di altre informazioni: età, luogo geografico di appartenenza, hobby, stato sociale ecc. Identificare, in modo preciso, il proprio target di riferimento consente di ideare le giuste leve per approfondire il rapporto e renderlo proficuo, da ambo le parti. Tiriamo le somme sull'interruption marketing e sull'inbound L'interruption marketing e tutte le pratiche di marketing invasive sono quindi superate perché si rischia di infastidire troppo l'utente. Per questo viene in aiuto a chi si occupa delle strategie di marketing delle imprese il concetto di inbound. Un piano di Inbound marketing è in costante evoluzione, perché ogni azione richiede la verifica della sua efficacia o meno. I social media, i servizi di e-mail marketing e l'implementazione di un CRM mettono a disposizione degli strumenti di analisi che consentono di capire, rapidamente, cosa funziona e cosa non funziona nel progetto di marketing. L’Inbound marketing è una forma di promozione che funziona nel tempo, che costruisce relazioni, autorevolezza e affidabilità: è l’amico in grado di risolvere le esigenze di un utente attraverso contenuti specifici e utili. Con la giusta agenzia Hubspot, specializzata in inbound marketing, al tuo fianco nulla potrà impedire alla tua azienda di decollare. Image by master1305 on Freepik
Se provi a chiedere a 10 persone che escono da un cinema la loro opinione sul film appena visto, riceverai 10 risposte diverse. C’è chi si commuove, chi si diverte, chi piange e chi riflette dinanzi a determinate scene. Questo perché ogni persona vive una sua esperienza personale e interpreta le cose a modo suo. Questo esempio ci aiuta per introdurre il discorso sulla customer experience dei clienti, che è cambiata tantissimo negli ultimi anni grazie all’avvento di nuove tecnologie e nuove strumentazioni. Il mercato è in costante evoluzione e i consumatori non solo sono più preparati, ma anche più esigenti. Le aziende, per dare un valore aggiunto ai loro servizi, non devono limitarsi a fornire un’esperienza discreta o buona, ma deve essere impeccabile. Qui entra in gioco il concetto di agile CX proprio perché l’esperienza cliente deve essere agile, nel senso che deve sapersi adattare alle diverse esigenze di mercato in modo rapido e scattante, cambiando direzione, accelerando o rallentando a seconda del contesto. Le aziende possono così imparare dalle precedenti esperienze, adattandosi ai mutamenti sul breve, medio e lungo periodo. Nei seguenti paragrafi analizziamo meglio cos’è l’agile CX, come ottimizzarla, cosa fa alla customer experience e quali sono le strategie che le aziende possono mettere in atto. Gestione delle relazioni con i clienti (CX): i 3 punti chiave Se è vero che ogni azienda deve offrire esperienze personalizzate e diversificate in base al contesto, al mercato in cui opera e ai suoi singoli clienti, è anche vero che esistono 3 punti cardine, sui quali si basa la customer experience agile, validi per ogni settore. Analizzando questi 3 concetti, validi universalmente per multinazionali, start-up, PMI e piccole aziende locali le aziende possono concentrare meglio tempo e risorse, così da offrire un’esperienza realmente valida e cucita su misura secondo le esigenze dei clienti. I 3 punti chiave sono i seguenti: Approccio proattivo. Per una CX agile le aziende devono essere proattive e quindi anticipare le possibili obiezioni, le lamentele o le domande dei clienti. Prendiamo come esempio la customer journey, dove il viaggio del consumatore durante l’acquisto si snoda in diverse fasi. Se tanti utenti bloccano il processo di acquisto al momento della transazione finale, è evidente che c’è qualche problema. Potrebbe dipendere da una politica di reso poco chiara, oppure dall’assenza di determinati sistemi di pagamento. Prova ad analizzare le domande più frequenti dei clienti, poiché possono fornirti utili indicazioni sui problemi e sulle criticità riscontrate. Questa fase può essere considerata esplorativa, poiché ti consente di capire dove e come intervenire per snellire i flussi e i processi aziendali. Se ad esempio molte persone si lamentano della poca trasparenza della politica dei resi, prova allora a renderla più chiara e intuitiva. Se invece il problema è la mancanza di determinati sistemi di pagamento, aggiungine di nuovi così da soddisfare una platea quanto più ampia possibile; Revisione delle problematiche e ottimizzazione dei processi. Dopo questo primo processo, puoi passare al secondo step di natura “interventista”. In questa fase infatti devi revisionare e risolvere da un punto di vista pratico le problematiche, intervenendo in modo mirato. Considera che i vari team aziendali che lavorano sull’ottimizzazione dei processi devono operare in sinergia tra di loro ed essere ben focalizzati sulle problematiche effettive. Devono quindi coordinarsi tra di loro e ricevere continuamente i feedback, le recensioni e le opinioni dei clienti affinché possano toccare con mano le problematiche riscontrate e agire di conseguenza; Esperienze personalizzate. La CX agile trova la sua massima espressione con la differenziazione delle offerte per garantire la massima soddisfazione del cliente. Adattare nuovi approcci in base alle diverse esigenze consente anche di capire quale strategia funziona e quale no. Naturalmente, così come ricordato all’inizio con l’esempio del cinema, bisogna sempre tenere presente che ogni cliente è un “mondo a sé” e quindi ha le sue preferenze, le sue abitudini e le sue attitudini. Sperimentando si possono trovare varie tipologie di soluzioni, alcune delle quali fondono l’online e l’offline, per creare esperienze tarate su misura per ogni cliente che possono realmente essere considerate agili. Come si misura la Customer Experience? I 6 KPI fondamentali Precedentemente abbiamo accennato al fatto che i team aziendali e gli sviluppatori devono avere in mano dati oggettivi sui quali lavorare per rendere l’esperienza quanto più agile possibile. Questi dati li forniscono i KPI (Key Performance Indicators), cioè metriche che sono: operative: consentono di ottimizzare tempi e risorse per migliorare la produttività con un occhio rivolto al budget; qualitative: si misurano la qualità e la sicurezza del servizio proposto dal team, apprendendo ed evitando di ripetere gli errori del passato e instaurando un ponte diretto tra cliente e azienda; di valore: il lavoro dei team è finalizzato a creare un servizio in grado di soddisfare lo scopo e conseguire i risultati desiderati. Si migliora così la collaborazione tra i team e l’assistenza al cliente risulta immediata ed efficace. Esaminiamo più nello specifico i 6 KPI principali che i team di sviluppo e progettazione devono considerare: CSAT (Customer Satisfaction Score). Si tratta di una sorta di misuratore della soddisfazione del cliente e può essere sfruttato per valutare la soddisfazione complessiva o la soddisfazione di un’interazione specifica; NPS (Net Promoter Score). Questo KPI quantifica quanto un cliente è disposto a consigliare il prodotto ad un amico o un parente su una scala da 1 a 10; Customer Retention Rate. Misura la capacità di un’azienda di trattenere e fidelizzare i propri clienti, evitando quindi che possano rivolgersi alla concorrenza; Tasso di abbandono. Al contrario della customer retention rate, il tasso di abbandono misura invece la perdita dei clienti in un determinato lasso di tempo e bisogna studiarne il perché; Tasso di risposta della campagne di marketing. Un indicatore che monitora e valuta la comunicazione di un’azienda con i clienti, che sia automatizzata, digitalizzata o umanizzata, soprattutto durante le campagne di marketing; Acquisti ripetuti. Un KPI che misura la fidelizzazione di un cliente e che ti mostra quali sono i motivi per i quali un cliente acquista ripetutamente da te. Le 4 strategie fondamentali per un’efficace strategia agile CX Alla parte teorica deve naturalmente seguire la parte pratica che si concretizza nelle strategie che le aziende devono poi mettere in atto. Di strategie possibili ne esistono almeno 4: Creare relazioni solide e durature. Intessere interazioni e connessioni sui social o su altri canali con i clienti sicuramente è importante, ma non è sufficiente per ottenere delle conversioni. Quelle interazioni devono trasformarsi in relazioni stabili e durature e i clienti devono percepire il tuo brand come un punto di riferimento affidabile al quale rivolgersi per trovare soluzioni alle loro problematiche. Per questo esistono strumenti come i CRM, in grado di aiutare le aziende a gestire i loro contatti e i loro clienti, in modo da avere una conoscenza completa. Avviare un progetto CRM può essere estremamente utile; Ottimizzazione dell’engagement. Talvolta le aziende si concentrano esclusivamente sul profitto, cioè sulla vendita del prodotto. Per quanto essenziale, la vendita non deve essere però l’unico obiettivo delle aziende. Bisogna infatti sottolineare l’importanza dell’engagement, cioè la capacità di creare una community attiva e fidelizzata che risulta ancora più valida di una vendita una tantum. Una clientela fedele e ben disposta a tornare sul tuo sito per altri eventuali acquisti inoltre ti fornisce più dati e materiali sui quali lavorare per costruire una CX agile ancora più efficiente e personalizzata; Porre il cliente al centro del progetto. Alcune persone commettono l’errore di focalizzarsi esclusivamente sui risultati e quindi di concentrarsi unicamente su loro stesse, perdendo di vista le esigenze del cliente, che invece deve essere al centro del progetto. Bisogna invece creare un rapporto “win-win”, dove i benefici e i vantaggi siano tangibili tanto per il cliente quanto per l’azienda; Massima flessibilità. Essere agili significa essere flessibili, cioè modificare le strategie in corso a seconda delle dinamiche. Ipotizziamo che un cliente chieda il rimborso di un prodotto al di fuori della garanzia: Come comportarsi in questi casi? Qual è la mossa giusta? La politica dell’azienda vieterebbe il rimborso ma, a seconda dei casi, potrebbe essere più conveniente concederlo al cliente. Tale situazione potrebbe determinare una piccola perdita economica, ma innalzerebbe notevolmente la tua reputazione. Il cliente magari non è rimasto soddisfatto dell’esperienza ma, se ti comporti in modo comprensivo e accogli la sua richiesta di rimborso, sicuramente apprezzerà e probabilmente tornerà ad acquistare sul tuo e-commerce dandoti una seconda chance. Conclusioni Adottare da subito pratiche e strategie di agile CX ti consente di instaurare un rapporto più empatico e diretto con i tuoi clienti, ma anche di aumentare la produttività e migliorare i processi interni. In un mondo così frenetico, dove tutto è in costante evoluzione, le aziende devono essere dinamiche e pronte ad adattarsi ai cambiamenti del mercato e alle richieste sempre più disparate e diversificate dei clienti. L’agilità diventa così una caratteristica fondamentale per ogni azienda moderna con la capacità di cambiare pelle a seconda delle circostanze. Per la costruzione di una customer experience agile, che deve portare ad un consolidamento dei rapporti con i clienti, è necessario dotarsi di strumenti efficaci come HubSpot, uno dei migliori CRM del mercato che consente di raccogliere velocemente dati e informazioni sulla clientela per poi studiare le strategie future. Per saperne di più di questo strumento ti basta scaricare l’ebook disponibile gratuitamente a fine articolo. Image by Freepik