Per vendere qualcosa ad un'azienda sono necessarie essenzialmente due cose: un buon prodotto e un'ottima reputazione. Le due cose sono strettamente relazionate, poiché l'una permette l'esistenza dell'altra e viceversa. Per quanto riguarda il prodotto, tutto sta nelle mani dell'azienda produttrice: dalla scelta del fornitore alla creazione dell'inventario, la qualità del prodotto è fondamentale per guadagnarsi una buona reputazione all'interno del proprio settore. Ma se per quanto riguarda la qualità del prodotto la responsabilità è unicamente del fornitore, per far sì che il brand goda di una buona fama non si può contare solamente su risorse interne o collaboratori: i giudizi di chiunque sia affiliato per qualche motivo all'azienda venditrice non sarà affidabile agli occhi di un potenziale cliente, poiché quest'ultimo crederà che ci sia dell'interesse personale a corrompere queste recensioni. E di chi dovrebbe fidarsi, dunque, un potenziale cliente? Semplice. Di chi ha avuto prova del buon servizio e dell'efficacia del prodotto venduto, e al contempo non ha nessun interesse personale nel promuovere a possibili acquirenti il nome dell'azienda venditrice: i clienti. Avete sentito bene: un cliente, infatti, non ha esaurito il suo valore per l'azienda una volta che è stato convertito e ha pagato per il prodotto/servizio, poiché può ancora raccontare la sua storia e aiutarti, così, a fare buona impressione sui prossimi interessati alla tua offerta. E, se questa strategia viene applicata a scopo puramente commerciale, assume un nome: case history, o case study - ovvero caso di studio. Che cos'è un case history La teoria che sta alla base di un case history è, in realtà, piuttosto semplice. Scegli un cliente con il quale hai avuto risultati elevati e tangibili, e prepara uno schema o una recensione che parli nel dettaglio del modo in cui il suo business è cresciuto grazie a te: dopodiché, pubblicalo su una tua pagina del sito, in modo che sia accessibile a tutti i visitatori che vi approderanno. In questo modo, verrà a crearsi una sorta di passaparola veicolato direttamente da te, ma reso più autorevole dal fatto che stiamo parlando di clienti veri e propri - che se dicono di essere soddisfatti lo fanno in modo disinteressato, non per pubblicizzare l'azienda. Inoltre, il case history deve narrare l'intero processo di sviluppo del piano d'azione per il cliente: questo significa che, mostrando come sono stati raggiunti determinati risultati, supporta le parole con i fatti, dando maggior valore al documento. Attenzione, però: il focus deve essere sul cliente, e non sull'azienda che ha svolto il servizio. Se il case history viene trasformato in un documento auto-celebrativo, perderà tutta la sua efficacia, poiché risulterà ai lettori come artificioso e inutile. Questo discorso ha un valore ancora maggiore quando si mira ad attrarre altre aziende: a loro non interessa il tuo nome, ma i risultati che puoi portare loro. Se noteranno che il discorso verte sulle tue qualità piuttosto che sui vantaggi che possono ottenere da un'eventuale collaborazione, non ci penseranno due volte a considerarti l'ennesimo venditore tutto fumo e niente arrosto e passeranno oltre. Ecco a cosa deve mirare un buon case history: conferirti maggior autorità nei confronti dei potenziali clienti; dimostrare ai tuoi clienti attuali che sei degno della loro fiducia; dare una spiegazione coerente del procedimento che sei in grado di attuare. L'importanza dei case history nella metodologia inbound marketing L'inbound marketing è una metodologia che punta tutto sul potere di attrazione dei contenuti del proprio sito-blog per portare potenziali clienti a leggere approfondimenti utili e che prova a convertirli in lead del proprio database con offerte di valore. L'inbound marketing individua 3 fasi nel processo di acquisto del cliente, che viene definito Buyer's Journey: 1) Consapevolezza, ovvero quella fase in cui il prospect diventa consapevole di aver bisogno di qualcosa per risolvere un problema o far fronte ad un'opportunità 2) Comparazione, cioè quella fase in cui prende in esame differenti possibili soluzioni / prodotti che potrebbero aiutarlo a risolvere il problema o far fronte all'opportunità 3) Decisione, la fase finale del percorso di acquisto, nella quale valuta quale prodotto o fornitore scegliere e a cui affidarsi. I case history, nell'inbound marketing, sono importanti perché permettono alle persone di individuare al meglio le aziende e i prodotti che hanno già risolto casistiche simili a quelle nelle quali si identificano: ecco quindi che nel buyer's journey, si collocano nella fase finale del processo, in quella decisionale, perché li aiuta a scegliere proprio il prodotto da acquistare o l'azienda alla quel rivolgersi. In quest'ottica deve anche essere scritto un buon case history: quella di tentare di spiegare il vantaggio e il problema risolto al cliente che ha acquistato, in modo che ci sia qualche altro prospect con problematiche simili che posa identificarsi nella storia raccontata. Case history per il B2B: come procedere Rivolgersi ad un'azienda, però, è decisamente diverso rispetto al parlare con il consumatore finale: i due buyer hanno diverse esigenze, diversi budget e, soprattutto, diversi obiettivi. Inoltre, un'azienda tende ad informarsi molto di più prima di accettare un servizio, ed è dunque molto più probabile che, nel suo processo di raccolta di informazioni, vada addirittura in cerca di documenti di questo genere. Per questo motivo, i case history di un'azienda che si occupa di B2B dovrebbero essere ancora più chiari, e contenere un maggior numero di dettagli rispetto alla norma. Vediamo quali passi sono imprescindibili - e quale mentalità è la più adatta - per creare un case history per il B2B. Intervista i tuoi clienti Essendo un case history una storia su un tuo cliente, la prima cosa da fare è sentire la sua opinione. In questo modo, aggiungerai preziosi commenti personali del titolare, o del responsabile interessato al progetto: così chi leggerà il tuo documento saprà che non sta ascoltando solamente la tua versione dei fatti - riducendo così al minimo quel fattore di auto-celebrazione del quale parlavamo poco fa. Riportare parola per parola delle citazioni del cliente riguardo il tuo operato è un'ottima idea, in quanto evidenzia alcune delle tue qualità riconosciute dal cliente intervistato - qualità che per il lettore potrebbero essere determinanti. Sii preciso nel tuo racconto Il tuo documento deve essere studiato per convertire nuovi potenziali clienti, e per farlo deve risultare utile e puntuale: utilizza uno stile espositivo limpido e consecutivo, dove l'ordine e la chiarezza dominano il testo. Non essere troppo prolisso, e concentrati sulle informazioni che ritieni utili per un potenziale cliente, per creare uno schema immediato e di facile lettura, cercando di impostare uno schema in cui il responsabile aziendale può riconoscere una consecutività presente anche nella sua realtà lavorativa. Più il tuo documento sarà confuso, meno efficace sarà per i tuoi lettori. Inserisci dati utili Per dare una solida credibilità ad un discorso professionale, nulla è meglio di un confronto tra dati. Sfrutta ogni informazione utile che hai raccolto durante il processo di sviluppo del business del cliente, e paragona i dati precedenti al tuo intervento a quelli successivi ad esso: dimostra in modo inconfutabile e matematico come hai migliorato il suo business, senza lasciare spazio a fraintendimenti o dubbi da parte di eventuali lettori. Per un'azienda, i dati sono tutto: qualunque rappresentante sarà molto più interessato ai numeri che vedrà - e probabilmente ti valuterà principalmente sulla base di essi. Sfrutta diversi contenuti Un testo senza interruzioni può risultare piuttosto sterile, o comunque non possedere il giusto grado di capacità attrattiva. Immagini, video, grafici: sfrutta tutto quello che hai a disposizione per spezzare il testo e rendere più fruibile il tuo case history. Non serve dire che questi media devono essere coerenti ed utili con ciò che argomenti nel testo - non semplici fronzoli per rendere più colorato il tutto. Se non possiedi nulla di adatto, evita di contaminare la logica del tuo discorso. Rendilo facilmente raggiungibile Tutti i tuoi case history dovrebbero essere riuniti in un portfolio, ovvero una pagina raggiungibile da chiunque sia interessato ad apprendere di più sul tuo business: per questo motivo, sarebbe bene far sì che l'accesso al portfolio sia il più semplice possibile - per esempio inserendolo tra le pagine principali nella tua homepage. Se solo in pochi riuscissero ad accedere al tuo portfolio, infatti, non avrebbe molto senso investirci tutto questo tempo! Conclusione Come abbiamo visto in precedenza, il case history entra in gioco verso la fase finale del processo di conversione del cliente - per parlare in termini inbound, durante il momento della decisione: all'interno di uno scenario B2B il loro valore è ancora più elevato, in quanto i rappresentanti delle aziende pongono molta più attenzione di un semplice privato nella scelta del servizio di cui hanno bisogno le loro imprese. Il case history, però, è solo uno strumento, e redarlo senza coscienza delle sue potenzialità tende ad avere poco senso, poiché la sua efficacia sarebbe limitata al caso - senza il giusto traffico al tuo sito, s'intende. E, se vuoi creare un flusso di visitatori verso il tuo website, nulla è meglio dell'inbound marketing. Ma questa metodologia è davvero adatta al tuo business e alla tua azienda? Scoprilo con il nostro ebook gratuito.
L'inbound marketing è una metodologia per gestire le attività di marketing digitale che si concentra sul presentare il tuo prodotto o servizio ai tuoi potenziali clienti solo nel momento in cui ne hanno bisogno e lo desiderano. L’inbound marketing offre una vasta scelta di nuove tecniche efficaci che consentono di portare una crescita senza precedenti alle aziende che lo applicano nel modo corretto. Le tradizionali campagne di marketing outbound, con le e-mail e le chiamate a freddo, accompagnate da fiere commerciali che raccolgono contatti in quantità ma che raramente portano alla chiusura, non sono più efficaci come una volta. I consumatori sono oggi bombardati dalle informazioni incessanti delle pubblicità continue su ogni canale e mezzo; distinguersi e farsi notare è sempre più difficile. E per le persone questi messaggi sono sempre più invasivi, fastidiosi e disturbanti. Il livello di tolleranza per una telefonata commerciale non richiesta è prossima allo zero per la maggior parte delle persone. Lo stesso possiamo oramai dire per le email che ci arrivano da servizi ai quali non ci siamo mai abbonati e che non abbiamo mai richiesto, che ogni giorno di più, riempiono le caselle di spam. Insomma… è diventato terribilmente difficile entrare in contatto con nuovi potenziali clienti. L’inbound marketing nasce come reazione a questi sistemi invasivi che irrompono nella vita delle persone, interrompendo le attività che stanno facendo; alla base dell’inbound la “convinzione” che il momento giusto per proporre a qualcuno di acquistare il nostro prodotto o servizio… è quando ne ha bisogno! L’inbound marketing utilizza tutti gli strumenti del digital marketing per riuscire a catturare nuovi lead e convertirli più facilmente in clienti: la SEO, il blog, i social, l’Adv online, le landing page, CRM, Marketing Automation, newsletter, chat e bot…nessuno dei quali prende il sopravvento sugli altri, solo vengono utilizzanti in differenti momenti del buyer’s journey di un potenziale cliente, per portare a casa il massimo risultato. Quali sono i vantaggi dell’inbound marketing? Perché è fondamentale per le aziende che vogliono crescere cominciare ad investire nell'inbound marketing? 1) È redditizio L’inbound marketing viene spesso paragonato ad altre forme di marketing digitale, comparandolo, sia per risultati che per metodi, al micromarketing di canale (come social media, landing page etc..) o al marketing tradizionale. Tuttavia, la metodologia inbound è molto più economica, e diventa praticabile e redditizia anche per le piccole imprese (purché con un mercato o un valore del cliente medio che giustifichi l’investimento). Creare un sito web, allegarci un blog, scrivere contenuti e fare SEO sono strumenti relativamente economici per iniziare e possono davvero funzionare. 2) Costruisce autorità e l’awareness del tuo marchio Strumenti come un blog che parla di contenuti utili per i tuoi Buyer Persona, Social media marketing e l’attività SEO sono fondamentali per dare al tuo marchio un vantaggio rispetto a prodotti simili nello stesso segmento di mercato. Questi canali aumentano la diffusione del nome del tuo brand, cosa particolarmente utile quando il cliente è alla ricerca di soluzioni per le proprie esigenze, poiché sarà già a conoscenza dei propri prodotti e potresti diventare la scelta più ovvia. 3) Aumenta credibilità e fiducia Poiché l’autorità e la diffusione del tuo brand portano, alla fine, una maggiore credibilità. Se fai SEO, ad esempio, significa che il tuo sito apparirà più alto nelle classifiche per la ricerca di Google, il che porta a una maggiore fiducia da parte del cliente. Se, inoltre, fai pubblicità online, il tuo prospect sarà più facilmente attratto da qualcosa su cui ha già riposto un certo grado di fiducia. L’aumento della credibilità del tuo marchio significa anche una maggior probabilità di chiudere le trattivi commerciali più facilmente o con un pricing più alto, visto che vieni “messo in discussione” più difficilmente. 4) Crea relazioni commerciali durature L’inbound marketing è una strategia a lungo termine. La presenza continua di blog o post sui social media e sulle pagine delle ricerche di Google, consente alla tua azienda di raggiungere ogni giorno clienti e prospect. Questo ti aiuterà a costruire una relazione continuativa, alimentando i contatti anche con newsletter, contenuti di valore o eventi. La relazione è la “conditio sine qua non” un venditore riesce ad entrare in un’azienda ed aprire nuove trattative commerciali. Senza nuove relazioni ogni azienda è morta: l’inbound da una visione strategica e metodologica per costruire relazioni in modo strutturato. 5) Porta e distribuisce valore Secondo Kissmetrics, circa il 96% delle persone che visitano un sito web non sono pronte per acquistare un prodotto o per chiedere preventivi, ma stanno facendo ricerche sulle opzioni disponibili, prima di prendere una decisione. L’inbound implica il il mettersi a disposizione di tali visitatori, cin informazioni utili e di valore per loro, in modo che, passo dopo passo, li si accompagni verso l’acquisto o la richiesta di preventivo.. 6) Con il blog porta popolarità Ogni 10 persone, 5 leggono un post di un blog o di un magazine più di una volta al giorno. E dal momento che il 79% delle aziende che hanno un blog segnalano un ROI positivo, è palese quanto il blogging sia diventato un metodo chiave da utilizzare per il marketing digitale, in quanto consente ai clienti di trovare le aziende che possono aiutarli, tramite dei post di blog e non delle offerte di prodotto. Il blogging, con i contenuti interessanti e di valore per il tuo buyer persona, è quello che ti aiuta a migliorare l’ottimizzazione per i motori di ricerca, il posizionamento dell’offerta e l’autorità della tua comunicazione. 7) Non rompi le scatole alle persone… e ne guadagna il tuo brand Le persone sono abituate agli annunci di marketing tradizionali, dove una pubblicità viene sbattuta in faccia al fruitore di un canale (tv, Outdoor, stampa…) anche se questo è completamente disinteressato al contenuto dell’offerta che gli si presenta. Negli anni le persone hanno sviluppato una corazza contro queste continui interruzioni (interruption marketing) e sono sempre meno accettate dalla sensibilità media. L’azienda che interrompe non fa del bene alla sua autorità, credibilità e fiducia. Chi fa Inbound marketing allinea il momento in cui viene presentato il prodotto o il servizio al potenziale cliente al momento del viaggio dell’acquirente in cui ci si aspetta - o si vuole - saperne di più. L’inbound marketing è il metodo che ti farà amare dai potenziali clienti.
Vengono definite elettromeccaniche tutte quelle aziende che si occupano della costruzione e della manutenzione di quei congegni meccanici basati su una fonte di energia elettrica, spaziando dai complessi macchinari nelle fabbriche di ogni tipo ai generatori d'energia pubblici. Il problema di queste aziende è che vendono un prodotto con un ciclo vitale estremamente esteso, e dunque non possono contare quasi mai su vendite multiple ad un solo cliente. Il contesto commerciale delle aziende del comparto elettromeccanico Le aziende dell'elettromeccanica sviluppano la loro attività commerciale all'interno delle grande macro categoria del Buyer To Buyer, denominato anche con la sigla B2B: questo tipo di aziende non trattano con il consumatore finale, ambito proprio delle aziende Buyer To Consumer, ovvero B2C, ma con altre aziende che a loro volta sono impegnate nel ciclo di produzione ed inseriscono i prodotti acquistati all'interno del loro processo. Quindi, è corretto pensare, che le aziende del comparto elettromeccanico, condividono delle problematiche e delle specifiche generali di tutte le altre aziende B2B, che hanno come cliente altre imprese. E vendere ad un'azienda - non ci stancheremo mai di ripetercelo - è molto più complesso che vendere ad un privato, poiché i fattori che vanno ad incidere sulla transazione sono decisamente molti di più ed entrano in gioco relazioni, opinioni, processi, indici di performance e budget, tra gli elementi che determinano una scelta. Oltre al fatto che, per acquisti di una certa entità, si deve superare l'approvazione di differenti figure all'interno dell'azienda, non tutte con gli stessi parametri di valutazione. Quando si parla di commerciale uno solo è il problema di ogni azienda elettromeccanica, come di tutte le aziende (B2B o B2C che siano): quello di avere dei nuovi contatti con i quali costruire relazioni, provare a farli diventare clienti e aumentare il loro fatturato con un'attività commerciale di vendita continua. La buona notizia è che, generalmente, nel settore dell'elettromeccanica, quando si trova un nuovo cliente questo ha un lifetime value elevato, vuoi per il valore delle commesse, vuoi per la periodicità con la quale continua a rivolgersi agli stessi fornitori. Il lifetime value (LTV) è quella metrica che indica in maniera piuttosto precisa quanto guadagno aspettarsi da un singolo cliente in un determinato periodo di tempo, basandosi sul contratto firmato e un ipotetico ciclo vitale. Conoscere il lifetime value di un cliente ci permette di pianificare investimenti e capire quanto possiamo spendere per acquisire un nuovo cliente. Nel settore dell'elettromeccanica questo valore è generalmente elevato. Ed è una buona notizia, ragazzi, davvero. Se questo valore fosse basso, non staremo qui a parlare di nuove strategie - che comunque sono un costo aggiuntivo - per trovare nuovi clienti. Un'altra buona notizia per le aziende del settore elettromeccanico è quella che tutti i clienti hanno bisogno di comprare il prodotto per le loro lavorazioni: i macchinari elettrici, che siano di vitale importanza per l'economia dell'azienda oppure per semplice comodità, sono presenti in ogni azienda, senza eccezioni. Perché partiamo da quello: è il cliente che ha bisogno del fornitore (il secondo ne ha bisogno in quanto fonte di reddito e fatturato, non per risolvere problemi contingenti legati al lavoro). Fermatevi a riflettere su questo passaggio perché è determinante nella nostra strategia di vendita e per la metodologia inbound marketing. L'inbound marketing è quella magia che ti permette di trovare nuovi contatti qualificati per l'acquisto. Ok, capisco che a volte questa frase sembra uno slogan da venditore di spettacoli al circo delle pulci, quindi è meglio partire dall'inizio e spiegare... Che cos'è l'inbound marketing? L'inbound marketing è un metodo che sfrutta gli strumenti del web marketing e del digital, per attrarre su un sito web dei visitatori realmente interessati ai contenuti proposti da un'azienda; il passo successivo è quello di provare a convertirli in contatti del proprio database e poi coltivare una relazione per arrivare, quando ne avranno davvero bisogno, con una proposta commerciale. Insomma, una metodologia meticolosa ma relativamente semplice, che prevede dei passaggi chiari e ben definiti. Ecco i momenti principali dello sviluppo di una strategia personalizzata adottando la metodologia inbound. 1. La definizione dei Buyer Persona. Il Buyer Persona è un modello proposto dai creatori dell'inbound marketing, per identificare in modo più ricco ed articolato, rispetto al concetto di target, un potenziale acquirente. E abbandonando il vecchio concetto impersonale di target, si inizia a pensare al proprio potenziale cliente in base ai problemi, ai desideri, alle opportunità e ai bisogni che lo muovono alla ricerca di soluzioni e che lo fa arrivare al nostro prodotto. Nel B2B, e nell'elettromeccanica in particolare, è determinante definire come e quanto il nostro prodotto può aiutare le varie figure che vengono coinvolte nei processi di acquisto a raggiungere i loro risultati lavorativi (diversi per ogni buyer persona), migliorare le performance della produzione, abbassare i costi, ridurre i tempi di consegna o qualunque altro valore positivo che aiuti a ridefinire un determinato processo. Differenti bisogni, differenti problemi, differenti obiettivi (nell'ambito in cui eroghiamo il nostro prodotto/servizio) definiscono differenti buyer persona. Come spesso accade nel B2B, il concetto di buyer persona tende a sovrapporsi ai differenti ruoli lavorativi, il che semplifica il lavoro (ruoli diversi hanno necessità diverse all'interno della fabbrica). 2. La creazione di offerte di valore per i nostri Buyer Persona Una volta che abbiamo capito chi sono i nostri buyer persona, si tratta di capire cosa possiamo dare loro, che possano considerare di valore, importante e utile; o, piuttosto, qualcosa che generalmente viene da loro cercato su Google o Bing quando hanno un problema; o, ancora, qualcosa in grado di attirare la loro attenzione se si trovano la proposta di lettura / scaricamento di quel contenuto mentre navigano sui social. Perché (squillo di trombe) la maggior parte delle persone con le quali dovete relazionarvi per vendere qualcosa hanno una loro vita: fanno ricerche su Google, guardano Facebook, hanno un account di Linkedin, guardano le foto degli amici su Instagram, si fermano a guardare qualche video di Youtube... voglio dire, hanno tutti uno smartphone e una sorta di vita digitale (non sottovalutateli) e sono tutti smaniosi di conoscenza - soprattutto quando risolve loro situazioni pratiche. La vera sfida è riuscire a dare loro qualcosa che possa aiutarli (ma, permettetemi la divagazione rasserenante-pubblicitaria, per questo ci sono aziende come ICT Sviluppo che possono gestire la governance di tutto il processo di acquisizione). Queste offerte di contenuti saranno articoli del blog, pagine di approfondimento, ebook, video, webinar, eventi... e qualunque altra cosa ci permetta di chiedere ai nostri potenziali clienti, alcuni dati in cambio dell'accesso a questi contenuti di valore (per loro). Quando si parla di contenuto, su web, può essere qualunque cosa. Anche il biglietto gratis per entrare in una fiera del settore, una campione gratuito, una consulenza gratis a per risolvere il problema... Una volta che si entra nel mood delle offerte di valore - e avendo identificato in modo corretto i propri Buyer Persona - diventerà sempre più facile pensarle. Per le aziende dell'elettromeccanica potrebbero trattarsi di video che spiegano come fare la manutenzione di particolari tipi di macchine, ebook o video che spiegano come ottimizzare dei processi di produzione, delle lezioni sulla gestione del risparmio energetico... attenzione: gli argomenti devono essere correlati a quanto vendiamo, non devono essere pubblicità di quello che vendiamo. Se è pubblicità diventa promozionale e non è più utile ed informativo. 3. La creazione di landing page con un form per catturare contatti Una volta che abbiamo ideato e sviluppato un'offerta di valore per il nostro potenziali clienti, qualcosa per la quale egli sia disposto a pagare qualcosa, passiamo alla fase più creativa, quella più frizzante, ovvero la creazione di una landing page. Una landing page è una pagina che ha un solo scopo - solo uno e quello: far compilare un form al navigatore, per permettergli di accedere a quel qualcosa di valore - per lui - che questa pagina dli propone. Quindi, una landing page è la porta d'accesso per arrivare ad ottenere qualcosa che per il potenziale cliente ha un particolare valore. Molte - o differenti - offerte di valore per i differenti Buyer Persona, significano molte landing page. Qui, come spesso accade nel mondo digital, entra in campo la tecnologia, per creare velocemente ed efficacemente delle landing page a supporto della propria strategia commerciale. Io utilizzo HubSpot, uno strumento che mi permette di duplicare infinite landing page, cambiando testi e documenti da scaricare, senza dover passare ogni volta dal marketing o dal reparto grafico. E quando il visitatore compila il form sulla landing? Ti ritrovi, all'interno del CRM, un lead e, forse, un potenziale cliente su cui lavorare. Come? Dipende... Se è arrivato per un'offerta commerciale puoi passarlo direttamente ai venditori per un contatto diretto one-to-one. Se invece ha scaricato un ebook che spiega come regolare in sicurezza i circuiti elettrici dei macchinari, si inizierà ad alimentarlo con altri contenuti in linea con i suoi potenziali interessi, in modo da costruire una relazione forte tra questo contatto e la nostra azienda, senza andare in spinta commerciale quando non è ancora pronto. La sequenza di proposte per nuovi contenuti di valore, può essere tarata per costruire una sorta di funnel, un imbuto verso cui portarlo, con argomenti sempre più vicini al nostro prodotto. 4. Il momento di portare i potenziali clienti sulle landing Quando la nostra landing page, con la promessa di accedere a qualcosa di valore che il potenziale cliente desidera, è online, si tratta solo di capire come farci arrivare persone interessate. Qui il gioco comincia a farsi duro, perché devo mettermi in gioco in mezzo ad altre migliaia di offerte che passano davanti agli occhi del prospect ogni giorno. a) Attrai usando le campagne su LinkedIn Appena si è online con la landing page si può partire a promuoverla pagando: su LinkedIn possiamo impostare campagne che puntano direttamente alle persone che occupano alcuni ruoli per noi importanti in segmenti di mercato ben definiti. LinkedIn è una manna per le aziende dell'elettromeccanica che vogliono vendere ad altre aziende, grazie alla segmentazione molto precisa che LinkedIn ci offre, utilizzando le informazioni che gli stessi utenti forniscono sul loro lavoro. Un sacco di manager, di responsabili di questa o quell'altra area hanno un account di LinkedIn dove dichiarano il loro vero lavoro, permettendo a questo social una segmentazione straordinaria, a vantaggio degli inserzionisti. Davvero: se siete dei commerciali di un'azienda del settore meccanico e volete far arrivare questa offerta di valore ai potenziali clienti, dopo aver allestito una landing page, impostate delle campagne su LinkedIn. Capire subito se quell'offerta valoriale è stata pensata correttamente o se dobbiamo metterne in piedi un'altra. b) Metti in piedi un blog per lavorare sulla SEO Un'altra tattica per portare i visitatori all'interno delle tue landing page è quello di catturarli dalle ricerche che effettuano su Google o su Bing, ovvero sui motori di ricerca. Ma cosa cercano i tuoi potenziali clienti su web, in ambito lavorativo? Beh, come risolvere particolari problemi di cui non conoscono la risposta, come fare meglio un'azione della quale non sono particolarmente convinti, come aggiustare o sistemare qualcosa che non funziona bene... Insomma, lo spettro è piuttosto ampio e qui l'analisi fatta sui buyer persona diventa importante. Solo se riesci a fornire delle risposte convincenti alla loro problematiche con articoli del blog puoi, nel tempo, costruire un database di risposte che riesce a farsi notare sui motori di ricerca. Partiamo da un assioma, che, per quanti sembri banale, non lo è troppo: se nel tuo sito non parli di un determinato argomento, quando qualcuno cerca su web quell'argomento troverà altre azienda ma non la tua. Corollario: più utile ed interessante sarà il post del blog per i tuoi potenziali clienti, più sarà letto, trovato, condiviso. Effetto: più di questi post hai, maggiore sarà l'autorità che i motori di ricerca conferiranno su un particolare macro argomento al tuo sito, e maggiore sarà l'autorità che anche il tuo brand acquisirà come esperto dei temi che tratterai. Ma portare le persone sui post del blog è solo un passaggio, che non basta a convertire i visitatori in contatti. Dal blog bisogna spostarli verso la landing page, dove possono compilare il form. Per questo si usa uno strumento, ovvero le Call-to-Action, le chiamate all'azione, cioè dei banner, pulsanti o testi che linkano alla landing page. Stile questa, per capirci: Quando si parte con un blog i risultati arriveranno nel tempo: infatti ci vuole pazienza affinché i motori di ricerca riconoscano l'importanza dei nostri contenuti, ci vuole costanza nel produrli e abilità nel promuoverli. Per iniziare a trovare potenziali clienti più velocemente il modo migliore è partire con delle landing page e sponsorizzarle direttamente sui canali a pagamento (ADWords, Facebook Ads, Linkedin ADS etc...) Per approfondimento leggi Cos'è il CRM. 5. L'uso di un CRM integrato con il marketing Una volta che il visitatore ha compilato un form sulla landing page è diventato un lead del nostro database e può essere lavorato o dal commerciale o dal marketing, a seconda che sia un contatto caldo, interessato ai nostri prodotti, o se ha solo scaricato qualcosa di informativo che con i prodotti che vendiamo non c'entra. Ma, attenzione... bisogna averlo, un database! No ragazzi, non sto parlando del foglio di Excel condiviso su Google Drive dove ognuno mette le note. Sto parlando un un CRM, un software in grado di raccogliere tutti i contatti e di tener traccia delle azioni che facciamo su di essi. Non tutti i CRM sono integrati con le landing page e predisposti ad accogliere un automatico i lead generati dalla compilazione dei form. E quasi nessun CRM è già nativamente agganciato ad un blog, per permetterci di gestire i nostri contenuti e le Call-to-Action che inseriamo all'interno dei post. Di fatto il CRM di cui abbiamo bisogno è un CRM che ci permetta anche di poter inviare email in automatico a chi compila un form per accedere all'azienda e ci permetta di distribuire i compiti automaticamente a seconda di che form è stato compilato (in quale landing page e per quale offerta è arrivato). Sto dicendo che un CRM tradizionale non ci aiuta a trovare nuovi clienti e non ci sostiene nel processo commerciale che vogliamo attivare con l'inbound marketing. Io la risposta ce l'ho, lo sto usando e me ne sono così innamorato che lo propongo anche ai miei clienti. Ma siccome non stiamo parlando di questo, vi inserisco qui sotto una Call-To-Action per scoprire cos'è HubSpot. Se la cliccate andrete su una landing page dalla quale potete scaricare un eBook gratuito che vi spiega cos'è HubSpot. Lavorando sul CRM, e facendosi aiutare da questo strumento per segmentare e qualificare i lead in base ai reali interessi, è la parte che demanda ai singolo venditore - commerciale il lavoro iniziato sui form e sui contenuti dal marketing. Questo procedimento può risultare molto utile ad un industria come quella meccanica. Come l'inbound marketing può aiutare aziende dell'elettromeccanica Cosa contraddistingue l'industria elettromeccanica dalle altre? L'elettromeccanica è, di fatto, una variante della meccanica, poiché sfrutta una fonte d'energia recente - relativamente parlando - come l'elettricità, invenzione che ha rivoluzionato drasticamente il nostro modo di vivere e lavorare: i nuovi utilizzi di questa tecnologia si sono estesi in maniera esplosiva, culminando nella commistione con l'industria meccanica, generando macchinari dedicati all'alimentazione delle più diverse strutture. Viene da sé che il settore elettromeccanico vanta una modernizzazione avanzatissima, derivante dall'essenza stessa della sua esistenza: del resto, è alla base del funzionamento di buona parte della società contemporanea, e per questo motivo viene considerata di importanza capitale - aggiudicandosi così un ingente dose di fondi, ricerche e attenzioni. Ma questa preparazione è estesa anche al contesto commerciale? La risposta è no. Gli sforzi di miglioramento di queste imprese sono sempre stati rivolti alle meccaniche interne all'azienda, come per esempio il processo di produzione: la clientela spesso ha un ciclo vitale molto esteso, e i nuovi contatti si ottengono attraverso le tradizionali - e costose - fiere di settore: queste, oltre ad assorbire una buona dose di risorse (stiamo parlando non solo di denaro, ma anche di tempo ed energie), sono eventi limitati nel tempo e nello spazio. Oppure il passaparola. Da qui la gestione di reti commerciali con venditori non sempre iperattivi e competitivi, che si adagiano su dei parchi clienti o zone di cui sono mandatari, che lavorano più d'inerzia, grazie alla forza del brand della casa madre, piuttosto che con azioni strutturate, continuative e capaci di dare una prospettiva di crescita a supporto di un piano aziendale di sviluppo, programmandolo con anni di anticipo. Il web, invece, non ha limiti, neppure quelli mentali e fisici dei venditori del settore meccanico che l'azienda si trova in pista: attraverso l'uso degli strumenti del digital, puoi raggiungere i tuoi potenziali clienti ovunque e, soprattutto, nel momento più adatto, ovvero in quello che dedicano alla ricerca di informazioni. Il tasso di conversione di una campagna di inbound marketing ben studiata e che funziona diventerà sempre più elevato (permettendo, nel tempo, di abbattere il costo di acquisizione di nuovi contatti), perché si diventerà sempre più empatici con i bisogni dei propri clienti e si riuscirà ad entrare in sintonia con il loro punto di vista. Non è una metodologia che rimane chiusa nelle stanze di chi fa marketing, ma si apre al mondo del commerciale, portando i venditori ad allinearsi al processo di acquisto del potenziale cliente, piuttosto che forza i prospect sul loro modello di vendita... se volete mi chiamate e questa ve la spiego :-)
Vengono definite meccaniche tutte quelle aziende che si occupano della costruzione delle apparecchiature meccanizzate finalizzate a svolgere processi automatizzati: al giorno d'oggi, i settori che utilizzano questo tipo di tecnologie non si contano più, e questo fatto la dice lunga sull'importanza delle imprese meccaniche. Il problema di queste aziende è che vendono un prodotto con un ciclo vitale estremamente esteso, e dunque non possono contare quasi mai su vendite multiple ad un solo cliente. Il contesto commerciale delle aziende del comparto meccanico Le aziende della meccanica sviluppano la loro attività commerciale all'interno delle grande macro categoria del Buyer To Buyer, denominato anche con la sigla B2B: sono aziende che non trattano con il consumatore finale, ambito proprio delle aziende Buyer To Consumer, ovvero B2C, ma con altre aziende che a loro volta sono impegnate nel ciclo di produzione ed inseriscono i prodotti acquistati all'interno del loro processo. Quindi, è corretto pensare, che le aziende del comparto meccanico, condividono delle problematiche e delle specifiche generali di tutte le altre aziende B2B, che hanno come cliente altre imprese. E vendere ad un'azienda - non ci stancheremo mai di ripetercelo - è molto più complesso che vendere ad un privato, poiché i fattori che vanno ad incidere sulla transazione sono decisamente molti di più ed entrano in gioco relazioni, opinioni, processi, indici di performance e budget, tra gli elementi che determinano una scelta. Oltre al fatto che, per acquisti di una certa entità, si deve superare l'approvazione di differenti figure all'interno dell'azienda, non tutte con gli stessi parametri di valutazione. Quando si parla di commerciale uno è il problema di ogni azienda meccanica, come di tutte le aziende (B2B o B2C che siano): quello di avere dei nuovi contatti con i quali costruire relazioni, provare a farli diventare clienti e aumentare il loro fatturato con un'attività commerciale, di vendita, continua. La buona notizia è che, generalmente, nel settore della meccanica, quando si trova un nuovo cliente questo ha un lifetime value elevato, vuoi per il valore delle commesse, vuoi per la periodicità con la quale continua a rivolgersi agli stessi fornitori. Il lifetime value (LTV) è quella metrica che indica in maniera piuttosto precisa quanto guadagno aspettarsi da un singolo cliente in un determinato periodo di tempo, basandosi sul contratto firmato e un ipotetico ciclo vitale. Conoscere il lifetime value di un cliente ci permette di pianificare investimenti e capire quanto possiamo spendere per acquisire un nuovo cliente. Nel settore della meccanica questo valore è generalmente elevato. Ed è una buona notizia, ragazzi, davvero. Se questo valore fosse basso, non staremo qui a parlare di nuove strategie - che comunque sono un costo aggiuntivo - per trovare nuovi clienti. Un'altra buona notizia per le aziende della meccanica è quella che tutti i clienti hanno bisogno di comprare il prodotto per le loro lavorazioni. Che sia un bullone, un macchina, una strumentazione, una struttura, un servizio di progettazione... senza quello che le aziende del settore meccanico vendono, si ferma il mondo. Perché partiamo da quello: è il cliente che ha bisogno del fornitore (il secondo ne ha bisogno in quanto fonte di reddito e fatturato, non per risolvere problemi contingenti legati al lavoro). Fermatevi a riflettere su questo passaggio perché è determinante nella nostra strategia di vendita e per la metodologia inbound marketing. L'inbound marketing è quella magia che ti permette di trovare nuovi contatti qualificati per l'acquisto. Ok, capisco che a volte questa frase sembra uno slogan da venditore di spettacoli al circo delle pulci, quindi è meglio partire dall'inizio e spiegare... Che cos'è l'inbound marketing? L'inbound marketing è un metodo che sfrutta gli strumenti del web marketing e del digital, per attrarre su un sito web dei visitatori realmente interessati ai contenuti proposti da un'azienda; il passo successivo è quello di provare a convertirli in contatti del proprio database e poi coltivare una relazione per arrivare, quando ne avranno davvero bisogno, con una proposta commerciale. Insomma, una metodologia meticolosa ma relativamente semplice, che prevede dei passaggi chiari e ben definiti. Ecco i momenti principali dello sviluppo di una strategia personalizzata adottando la metodologia inbound. 1. La definizione dei Buyer Persona. Il Buyer Persona è un modello proposto dai creatori dell'inbound marketing, per identificare in modo più ricco ed articolato, rispetto al concetto di target, un potenziale acquirente. E abbandonando il vecchio concetto impersonale di target, si inizia a pensare al proprio potenziale cliente in base ai problemi, ai desideri, alle opportunità e ai bisogni che lo muovono alla ricerca di soluzioni e che lo fa arrivare al nostro prodotto. Nel B2B, e nella meccanica in particolare, è determinante definire come e quanto il nostro prodotto può aiutare le varie figure che vengono coinvolte nei processi di acquisto a raggiungere i loro risultati lavorativi (diversi per ogni buyer persona), migliorare le performance della produzione, abbassare i costi, ridurre i tempi di consegna, azzerare i fermi macchina o qualunque altro valore positivo che aiuti a ridefinire un determinato processo. Differenti bisogni, differenti problemi, differenti obiettivi (nell'ambito in cui eroghiamo il nostro prodotto/servizio) definiscono differenti buyer persona. Nel settore della meccanica, come spesso accade nel B2B, il concetto di buyer persona tende a sovrapporsi ai differenti ruoli lavorativi, il che semplifica il lavoro (ruoli diversi hanno necessità diverse all'interno della fabbrica). 2. La creazione di offerte di valore per i nostri Buyer Persona Una volta che abbiamo capito chi sono i nostri buyer persona, si tratta di capire cosa possiamo dare loro, che possano considerare di valore, importante e utile; o, piuttosto, qualcosa che generalmente viene da loro cercato su Google o Bing quando hanno un problema; o, ancora, qualcosa in grado di attirare la loro attenzione se si trovano la proposta di lettura / scaricamento di quel contenuto mentre navigano sui social. Perché (squillo di trombe) la maggior parte delle persone con le quali dovete relazionarvi per vendere qualcosa hanno una loro vita: fanno ricerche su Google, guardano Facebook, hanno un account di Linkedin, guardano le foto degli amici su Instagram, si fermano a guardare qualche video di Youtube... voglio dire, hanno tutti uno smartphone e una sorta di vita digitale (non sottovalutateli) e sono tutti smaniosi di conoscenza - sopratutto quando risolve loro situazioni pratiche. La vera sfida è riuscire a dare loro qualcosa che possa aiutarli (ma, permettetemi la divagazione rasserenante-pubblicitaria, per questo ci sono aziende come ICT Sviluppo che possono gestire la governance di tutto il processo di acquisizione). Queste offerte di contenuti saranno articoli del blog, pagine di approfondimento, ebook, video, webinar, eventi... e qualunque altra cosa ci permetta di chiedere ai nostri potenziali clienti, alcuni dati in cambio dell'accesso a questi contenuti di valore (per loro). Quando si parla di contenuto, su web, può essere qualunque cosa. Anche il biglietto gratis per entrare in una fiera del settore, una campione gratuito, una consulenza gratis a per risolvere il problema... Una volta che si entra nel mood delle offerte di valore - e avendo identificato in modo corretto i propri Buyer Persona - diventerà sempre più facile pensarle. Per le aziende della meccanica potrebbero trattarsi di video che spiegano come fare la manutenzione di particolari tipi di macchine, ebook o video che spiegano come ottimizzare dei processi di produzione, delle lezioni sulla gestione degli scarti e dei rifiuti... attenzione: gli argomenti devono essere correlati a quanto vendiamo, non devono essere pubblicità di quello che vendiamo. Se è pubblicità diventa promozionale e non è più utile ed informativo. 3. La creazione di landing page con un form per catturare contatti Una volta che abbiamo ideato e sviluppato un'offerta di valore per il nostro potenziali clienti, qualcosa per la quale egli sia disposto a pagare qualcosa, passiamo alla fase più creativa, quella più frizzante, ovvero la creazione di una landing page. Una landing page è una pagina che ha un solo scopo - solo uno e quello: far compilare un form al navigatore, per permettergli di accedere a quel qualcosa di valore - per lui - che questa pagina dli propone. Quindi, una landing page è la porta d'accesso per arrivare ad ottenere qualcosa che per il potenziale cliente ha un particolare valore. Molte - o differenti - offerte di valore per i differenti Buyer Persona, significano molte landing page. Qui, come spesso accade nel mondo digital, entra in campo la tecnologia, per creare velocemente ed efficacemente delle landing page a supporto della propria strategia commerciale. Io utilizzo HubSpot, uno strumento che mi permette di duplicare infinite landing page, cambiando testi e documenti da scaricare, senza dover passare ogni volta dal marketing o dal reparto grafico. E quando il visitatore compila il form sulla landing? Ti ritrovi, all'interno del CRM, un lead e, forse, un potenziale cliente su cui lavorare. Come? Dipende... Se è arrivato per un'offerta commerciale puoi passarlo direttamente ai venditori per un contatto diretto one-to-one. Se invece ha scaricato un ebook che spiega come muovere i macchinari in sicurezza all'interno della fabbrica, si inizierà ad alimentarlo con altri contenuti in linea con i suoi potenziali interessi, in modo da costruire una relazione forte tra questo contatto e la nostra azienda, senza andare in spinta commerciale quando non è ancora pronto. La sequenza di proposte per nuovi contenuti di valore, può essere tarata per costruire una sorta di funnel, un imbuto verso cui portarlo, con argomenti sempre più vicini al nostro prodotto. 4. Il momento di portare i potenziali clienti sulle landing Quando la nostra landing page, con la promessa di accedere a qualcosa di valore che il potenziale cliente desidera, è online, si tratta solo di capire come farci arrivare persone interessate. Qui il gioco comincia a farsi duro, perché devo mettermi in gioco in mezzo ad altre migliaia di offerte che passano davanti agli occhi del prospect ogni giorno. a) Attrai usando le campagne su LinkedIn Appena si è online con la landing page si può partire a promuoverla pagando: su LinkedIn possiamo impostare campagne che puntano direttamente alle persone che occupano alcuni ruoli per noi importanti in segmenti di mercato ben definiti. LinkedIn è una manna per le aziende della meccanica che vogliono vendere ad altre aziende, grazie alla segmentazione molto precisa che LinkedIn ci offre, utilizzando le informazioni che gli stessi utenti forniscono sul loro lavoro. Un sacco di manager, di responsabili di questa o quell'altra area hanno un account di LinkedIn dove dichiarano il loro vero lavoro, permettendo a questo social una segmentazione straordinaria, a vantaggio degli inserzionisti. Davvero: se siete dei commerciali di un'azienda del settore meccanico e volete far arrivare questa offerta di valore ai potenziali clienti, dopo aver allestito una landing page, impostate delle campagne su LinkedIn. Capire subito se quell'offerta valoriale è stata pensata correttamente o se dobbiamo metterne in piedi un'altra. b) Metti in piedi un blog per lavorare sulla SEO Un'altra tattica per portare i visitatori all'interno delle tue landing page è quello di catturarli dalle ricerche che effettuano su Google o su Bing, ovvero sui motori di ricerca. Ma cosa cercano i tuoi potenziali clienti su web, in ambito lavorativo? Beh, come risolvere particolari problemi di cui non conoscono la risposta, come fare meglio un'azione della quale non sono particolarmente convinti, come aggiustare o sistemare qualcosa che non funziona bene... Insomma, lo spettro è piuttosto ampio e qui l'analisi fatta sui buyer persona diventa importante. Solo se riesci a fornire delle risposte convincenti alla loro problematiche con articoli del blog puoi, nel tempo, costruire un database di risposte che riesce a farsi notare sui motori di ricerca. Partiamo da un assioma, che, per quanti sembri banale, non lo è troppo: se nel tuo sito non parli di un determinato argomento, quando qualcuno cerca su web quell'argomento troverà altre azienda ma non la tua. Corollario: più utile ed interessante sarà il post del blog per i tuoi potenziali clienti, più sarà letto, trovato, condiviso. Effetto: più di questi post hai, maggiore sarà l'autorità che i motori di ricerca conferiranno su un particolare macro argomento al tuo sito, e maggiore sarà l'autorità che anche il tuo brand acquisirà come esperto dei temi che tratterai. Ma portare le persone sui post del blog è solo un passaggio, che non basta a convertire i visitatori in contatti. Dal blog bisogna spostarli verso la landing page, dove possono compilare il form. Per questo si usa uno strumento, ovvero le Call-to-Action, le chiamate all'azione, cioè dei banner, pulsanti o testi che linkano alla landing page. Stile questa, per capirci: Quando si parte con un blog i risultati arriveranno nel tempo: infatti ci vuole pazienza affinché i motori di ricerca riconoscano l'importanza dei nostri contenuti, ci vuole costanza nel produrli e abilità nel promuoverli. Per iniziare a trovare potenziali clienti più velocemente il modo migliore è partire con delle landing page e sponsorizzarle direttamente sui canali a pagamento (ADWords, Facebook Ads, Linkedin ADS etc...) 5. L'uso di un CRM integrato con il marketing Una volta che il visitatore ha compilato un form sulla landing page è diventato un lead del nostro database e può essere lavorato o dal commerciale o dal marketing, a seconda che sia un contatto caldo, interessato ai nostri prodotti, o se ha solo scaricato qualcosa di informativo che con i prodotti che vendiamo non c'entra. Ma, attenzione... bisogna averlo un database! No ragazzi, non sto parlando del foglio di Excel condiviso su Google Drive dove ognuno mette le note. Sto parlando un un CRM, un software in grado di raccogliere tutti i contatti e di tener traccia delle azioni che facciamo su di essi. Non tutti i CRM sono integrati con le landing page e predisposti ad accogliere un automatico i lead generati dalla compilazione dei form. E quasi nessun CRM è già nativamente agganciato ad un blog, per permetterci di gestire i nostri contenuti e le Call-to-Action che inseriamo all'interno dei post. Di fatto il CRM di cui abbiamo bisogno è un CRM che ci permetta anche di poter inviare email in automatico a chi compila un form per accedere all'azienda e ci permetta di distribuire i compiti automaticamente a seconda di che form è stato compilato (in quale landing page e per quale offerta è arrivato). Sto dicendo che un CRM tradizionale non ci aiuta a trovare nuovi clienti e non ci sostiene nel processo commerciale che vogliamo attivare con l'inbound marketing. Io la risposta ce l'ho, lo sto usando e me ne sono così innamorato che lo propongo anche ai miei clienti. Ma siccome non stiamo parlando di questo, vi inserisco qui sotto una Call-To-Action per scoprire cos'è HubSpot. Se la cliccate andrete su una landing page dalla quale potete scaricare un eBook gratuito che vi spiega cos'è HubSpot. Lavorando sul CRM, e facendosi aiutare da questo strumento per segmentare e qualificare i lead in base ai reali interessi, è la parte che demanda ai singolo venditore - commerciale il lavoro iniziato sui form e sui contenuti dal marketing. Questo procedimento può risultare molto utile ad un industria come quella meccanica. Come l'inbound marketing può aiutare aziende della meccanica Cosa contraddistingue l'industria meccanica dalle altre? Storicamente, la meccanica è uno dei settori più diffusi, quello che ha dato avvio alla rivoluzione industriale (combinare il vapore con una spoletta ha permesso la nascita del primo telaio meccanico in Inghilterra e, da lì, tutta la produzione industriale) e quello che fa da lepre nell'innovazione. Pensiamo ai piani statali a supporto dello sviluppo di industria 4.0 e l'ambito in cui riusciamo a vedere più applicazioni è forse il settore della meccanica: al giorno d'oggi tutte le aziende, da quelle conciarie a quelle meccaniche, possono contare su un grado di modernizzazione stupefacente, ma il settore della meccanica, per quantità di investimenti e per il ruolo cruciale all'interno dei processi di produzione di tutti gli altri settori, è la punta di diamante. Ma questa preparazione è estesa anche al contesto commerciale? La risposta è no. Gli sforzi di miglioramento di queste imprese sono sempre stati rivolti alle meccaniche interne all'azienda, come per esempio il processo di produzione: la clientela spesso ha un ciclo vitale molto esteso, e i nuovi contatti si ottengono attraverso le tradizionali - e costose - fiere di settore: queste, oltre ad assorbire una buona dose di risorse (stiamo parlando non solo di denaro, ma anche di tempo ed energie), sono eventi limitati nel tempo e nello spazio. Oppure il passaparola. Da qui la gestione di reti commerciali con venditori non sempre iperattivi e competitivi, che si adagiano su dei parchi clienti o zone di cui sono mandatari, che lavorano più d'inerzia, grazie alla forza del brand della casa madre, che non con azioni strutturate, continuative e capaci di dare una prospettiva di crescita a supporto di un piano aziendale di sviluppo, programmandolo con anni di anticipo. Il web, invece, non ha limiti, neppure quelli mentali e fisici dei venditori del settore meccanico che l'azienda si trova in pista: attraverso l'uso degli strumenti del digital, puoi raggiungere i tuoi potenziali clienti ovunque e, soprattutto, nel momento più adatto, ovvero in quello che dedicano alla ricerca di informazioni. Il tasso di conversione di una campagna di inbound marketing ben studiata e che funziona diventerà sempre più elevato (permettendo, nel tempo, di abbattere il costo di acquisizione di nuovi contatti), perché si diventerà sempre più empatici con i bisogni dei propri clienti e si riuscirà ad entrare in sintonia con il loro punto di vista. Non è una metodologia che rimane chiusa nelle stanze di chi fa marketing, ma si apre al mondo del commerciale, portando i venditori ad allinearsi al processo di acquisto del potenziale cliente, piuttosto che forza i prospect sul loro modello di vendita... se volete mi chiamate e questa ve la spiego :-)
Appartengono al settore chimico tutte quelle aziende che si occupano di trasformare materie prime in sostanze più complesse attraverso processi di natura, per l'appunto, chimica: possono creare materiali intermedi o prodotti finiti e questi prodotti sono destinati generalmente ad altre aziende, che utilizzano, rivendono o distribuiscono, a loro volta, il materiale trattato chimicamente. Il contesto commerciale delle aziende del comparto chimico In un contesto puramente commerciale, dunque, le aziende che si occupano della lavorazione chimica degli elementi grezzi rientrano nel settore del Buyer To Buyer, denominato anche con la sigla B2B: ciò significa che non trattano mai con il cliente finale, con il consumatore finale, quello che va a fare la spesa, per intenderci (quella tipologia di vendita viene invece chiamata Buyer To Consumer, ovvero B2C). Le aziende del settore della chimica, quindi, in qualunque ambito vogliamo considerarle, si rivolgono esclusivamente ad altre imprese. E vendere ad un'azienda è molto più complesso che vendere ad un privato - che, diciamocelo, con i tempi che stiamo vivendo, non è comunque una cosa semplice - poiché i fattori che vanno ad incidere sulla transazione sono decisamente molti di più ed entrano in gioco relazioni, opinioni, processi e budget. Il primo problema per ogni azienda - e quindi anche per tutte le aziende del reparto chimico - è anche, forse, il più impattante a livello di business: è ovviamente quello della ricerca dei clienti. Se il comparto del B2C può contare su una schiera ampissima di potenziali clienti e si tratta di capire come, dove e quando intercettarli (con tutte le difficoltà del caso), nel B2B, parlando ad altre aziende, i prospect si riducono notevolmente di numero. La buona notizia? Quella che valgono molto di più e che hanno comunque, come tutti, bisogno di comprare il nostro prodotto per le loro lavorazioni. Perché partiamo da quello: è il cliente che ha bisogno del fornitore (il secondo ne ha bisogno in quanto fonte di reddito e fatturato, non per risolvere problemi contingenti legati al lavoro). Fermatevi a riflettere su questo passaggio, perché è DETERMINANTE nella nostra strategia di vendita. La domanda da un milione di dollari dunque è: come fa un'azienda chimica a trovare nuovi contatti realmente qualificati all'acquisto? Rullo di tamburi...la risposta - per noi - è scontata: con l'inbound marketing! ...mai sentito, dici? Allora sarà meglio partire dall'inizio e illustrare brevemente di che si tratta e come funziona! Che cos'è l'inbound marketing? L'inbound marketing è un'insieme di strategie che sfruttano gli strumenti del web più performanti per attrarre sul tuo sito i contatti veramente interessati - e interessanti per te, nel senso ai quali puoi vendere - grazie ad una metodologia meticolosa ma relativamente semplice, che prevede dei passaggi chiari e ben definiti. 1. Definire i propri Buyer Persona. Il Buyer Persona è un concetto studiato dai creatori dell'inbound marketing, che identifica in modo molto approfondito e preciso che tipo di compratore è il migliore per la tua campagna. Si tratta di abbandonare il vecchio concetto impersonale di target, per cominciare a pensare e a categorizzare il cliente in base ai problemi per i quali viene attratto verso il nostro prodotto. Nel B2B è importantissimo definire come e quanto il nostro prodotto può aiutare il potenziale cliente a raggiungere dei risultati lavorativi, migliorare le performance della produzione, abbassare i costi di un determinato processo. Differenti bisogni, differenti problemi, differenti obiettivi (nell'ambito in cui eroghiamo il nostro prodotto/servizio) definiscono differenti buyer persona. Nel settore della chimica, come spesso accade nel B2B, tendono ad essere spesso sovrapposti a particolari ruoli lavorativi e, al massimo, segmentati per la macro-tipologia di cliente. 2. Pensare a delle offerte di valore per i nostri Buyer Persona Una volta che abbiamo capito chi sono i nostri Buyer Persona, si tratta di capire cosa possiamo dare loro che possano considerare di valore. Le offerte sono determinanti perché ci guideranno nella creazioni di ebook, video, webinar, eventi... e qualunque altra cosa ci permetta di chiedere loro alcuni dati personali in cambio dell'accesso a quel contenuto di valore. Quando si parla di contenuto, su web, può essere qualunque cosa. Anche il biglietto gratis per entrare in una fiera del settore, una campione gratuito, una consulenza gratuita per risolvere il problema. Una volta che si entra nel mood delle offerte di valore - e avendo identificato in modo corretto i propri Buyer Persona - diventerà sempre più facile pensare a queste offerte. Un'offerta facile da fare può essere un eBook (penso sempre ad un commerciale di un'azienda chimica che, qualche anno fa, mi inviò un'email con un testo Come risparmiare con il trasporto di materiale chimico, quando compri dall'Italia, pensato per tutti i buyer europei che acquistano dall'Italia, che diventò la base per un ebook comparativo NdR). 3. Creare landing page (con un form) Una volta che abbiamo ideato e sviluppato un'offerta, per permettere al nostro potenziale cliente di accedervi, dovremmo passare alla creazione di una landing page Una landing page è una pagina che ha un solo scopo: far compilare un form per permettere al navigatore di ottenere quello che questa pagina propone / promette. Quindi, una landing page ti fa accedere ad un'offerta di valore per il potenziale cliente. Molte offerte di valore per i differenti Buyer Persona, significa molte landing page. Qui, come spesso accade nel mondo digital, entra in campo la tecnologia. Io utilizzo HubSpot, uno strumento che mi permette di duplicare infinite landing page, cambiando testi e documenti da scaricare, senza dover passare ogni volta dal marketing o dal reparto grafico. E se il visitatore compila un form? Hai un lead e, forse, un potenziale cliente, su cui lavorare. Come? Dipende... se è arrivato per un'offerta commerciale puoi passarlo direttamente ai venditori per un contatto diretto one-to-one. 4. Attirare i potenziali clienti sulle landing Quando la nostra landing page, con la promessa di accedere a qualcosa di valore che il potenziale cliente desidera, è online, si tratta solo di capire come farci arrivare persone interessate. Qui il gioco comincia a farsi duro, perché devi metterti in gioco in mezzo ad altre migliaia di offerte che passano davanti agli occhi del prospect ogni giorno. a) Attrai usando le campagne su LinkedIn Appena si è online con la landing page si può partire a promuoverla pagando: su LinkedIn possiamo impostare campagne che puntano direttamente alle persone che occupano alcuni ruoli per noi importanti in segmenti di mercato ben definiti. LinkedIn è una manna per le aziende della chimica che vogliono vendere ad altre aziende, grazie alla segmentazione molto precisa che LinkedIn ci offre, utilizzando le informazioni che gli stessi utenti forniscono sul loro lavoro. Davvero: se siete dei commerciali di un'azienda del settore chimico e volete far arrivare questa offerta di valore ai potenziali clienti, dopo aver allestito una landing page impostate delle campagne su LinkedIn. Capire subito se quell'offerta è stata pensata correttamente o se dobbiamo metterne in piedi un'altra. b) Metti in piedi un blog per lavorare sulla SEO Un'altra tattica per portare i visitatori all'interno delle tue landing page è quello di catturarli dalle ricerche che effettuano su Google. Ma cosa cercano i tuoi potenziali clienti su Google? La risposta ad un sacco di domande che possono nascere nell'arco della giornata lavorativa. E se tu fornisci le risposte a queste loro problematiche (sempre rimanendo all'interno del macro-ambito della tua offerta di business) ecco che puoi essere trovato dal prospect mentre effettua queste ricerche su Google. Il modo migliore affinché il tuo sito sia uno dei risultati che appaiono sulle pagine di Google è quello di sviluppare contenuti che rispondono alle domande utilizzando un blog. Ma non ci basta che atterri su un post del tuo blog: in quel caso, se ci fermiamo lì, abbiamo fornito un aiuto e un servizio (e questo è sicuramente bello, interessante e aiuta la visibilità dell'azienda). Ma noi vogliamo di più: vogliamo potenziali clienti da contattare e a cui vendere. Pe quello negli articoli del blog inseriamo una Call-To-Action, un invito all'azione, che non è altro che un link per andare verso una landing page (perché, ricorda: è nella landing che avviene la magia della conversione). Ma con il blog andiamo più piano: i risultati pratici di una tattica che passa dalla pagina di Google per farsi trovare, hanno bisogno di tempo. tempo affinché Google riconosca la validità e l'autorevolezza dei tuoi contenuti. Quindi all'inizio il blog sarà un investimento, che porterà in futuro contatti senza dover attivare campagne a pagamento. Ma per partire, partiamo dal traffico generato da LinkedIn, pagando. 5. L'uso di un CRM integrato con il marketing Una volta che il visitatore ha compilato un form sulla landing page è diventato un lead del nostro database e può essere lavorato o dal commerciale o dal marketing, a seconda che sia un contatto caldo, interessato ai nostri prodotti, o se ha scaricato solo qualcosa di informativo che con i prodotti che vendiamo non c'entra. Ma, attenzione... bisogna averlo un database! No ragazzi, non sto parlando del foglio di Excel condiviso su Google Drive dove ognuno mette le note. Sto parlando un un CRM, un software in grado di raccogliere tutti i contatti e di tener traccia delle azioni che facciamo su di essi. Non tutti i CRM sono integrati con le landing page e predisposti ad accogliere un automatico i lead generati dalla compilazione dei form. E quasi nessun CRM è già nativamente agganciato ad un blog, per permetterci di gestire i nostri contenuti e le Call-to-Action che inseriamo all'interno dei post. Di fatto il CRM di cui abbiamo bisogno è un CRM che ci permetta anche di poter inviare email in automatico a chi compila un form per accedere all'azienda e ci permetta di distribuire i compiti automaticamente a seconda di che form è stato compilato (in quale landing page e per quale offerta è arrivato). Sto dicendo che un CRM tradizionale non ci aiuta a trovare nuovi clienti e non ci sostiene nel processo commerciale che vogliamo attivare con l'inbound marketing. Io la risposta ce l'ho, lo sto usando e me ne sono così innamorato che lo propongo anche ai miei clienti. Ma siccome non stiamo parlando di questo, vi inserisco qui sotto una Call-To-Action per scoprire cos'è HubSpot. Se la cliccate andrete su una landing page dalla quale potete scaricare un eBook gratuito che vi spiega cos'è HubSpot. Lavorando sul CRM, e facendosi aiutare da questo strumento per segmentare e qualificare i lead in base ai reali interessi, è la parte che demanda al singolo venditore - commerciale il lavoro iniziato sui form e sui contenuti dal marketing. Questo procedimento può risultare molto utile ad un industria come quella chimica. Come l'inbound marketing può aiutare aziende chimiche Cosa contraddistingue l'industria chimica dalle altre? Storicamente, la chimica è uno degli ambiti più tecnologicamente avanzati, poiché per maneggiare e trattare le sostanze è necessario essere dotati di una strumentazione all'avanguardia: al giorno d'oggi tutte le aziende, da quelle conciarie a quelle meccaniche, possono contare su un grado di modernizzazione stupefacente, ma il settore chimico mantiene saldamente il suo vantaggio. Ma questa complessità si ripercuote anche sul contesto commerciale? La risposta è no. Gli sforzi commerciali delle aziende chimiche sono legati a metodi del passato (fiere, telefonate ed email a freddo...) Gli sforzi di queste imprese sono sempre stati rivolti principalmente alle operations interne all'azienda, come per esempio il processo di produzione: la clientela spesso ha un ciclo vitale molto lungo, con un alto valore, e i nuovi contatti si ottengono attraverso le tradizionali - e costose - fiere di settore e il passaparola. Le fiere poi, oltre ad assorbire una buona dose di risorse (stiamo parlando non solo di denaro, ma anche di tempo ed energie), sono eventi limitati nel tempo e nello spazio, che producono liste di contatti solo in piccola parte commercialmente utilizzabili. La maggior parte dei contatti della fiera, quelli che non richiedono subito un preventivo, finiscono come scheda morta all'interno di CRM o di fogli di Excel sparpagliati per i server aziendali. D'altro canto il passaparola, non strutturato e sistematizzato con sistemi tecnologici e metodologie adeguate (si pensi al concetto del volano della crescita) è lento e frutto del caso. Non può essere considerato una strategia sistematica per la crescita aziendale tale da costruire un asset che porta valore costante nel tempo. Il web, invece, non ha limiti spazio-temporali: con internet, puoi raggiungere i tuoi potenziali clienti ovunque e, soprattutto, nel momento più adatto, ovvero in quello in cui si dedicano alla ricerca di informazioni o sono più sensibili all'offerta di informazioni non pubblicitarie. Con l'inbound si va in senso opposto all'outbound marketing, ovvero alle informazioni che vengono date alle persone quando a queste informazioni non sono interessate. Perché, al di là di fiere e passaparola, l'altro sistema utilizzato da molte aziende chimiche per trovare nuovi clienti sono le email e le telefonate a freddo, che è proprio una casistica tipica dell'outbound. Raccogliere (in qualunque modo, dall'acquisto alle ricerche lunghe e laboriose su web) una serie di contatti (siano indirizzi email o numeri di telefono associati a nomi di persone) in maniera casuale (che tu pensi siano potenziali clienti interessati) per poi contattarli (anche qui, in maniera casuale, perché in quel preciso istante staranno facendo altre cose per loro più importanti in quel momento) porta a tassi di conversione molto bassi e che pregiudicano la reputazione aziendale (praticamente, con email e telefonate a freddo passate per dei rompico@#!$). Diventa un'attività frustrante per il commerciale che deve farla e, anche se porta qualche risultato grazie al buon rendimento e valore di quel cliente occasionale con il quale si riesce a chiudere (grazie all'alto valore medio dei clienti nel settore della chimica), è una pratica che veicola una brutta reputazione per tutti quei contatti che invece trovano fastidiosi ed inopportuni i messaggi (telefonate ed email). La pratica delle email a freddo, inoltre, rischia di far finire le vostre email in spam, visto il basso tasso di apertura e il rischio di segnalazione più alto di fronte a mittenti che non si conoscono e che si presentano con proposte commerciali. Perché l'inbound marketing per le aziende della chimica Con l'inbound marketing, invece, si raggiungono i potenziali clienti nel modo corretto e nel momento più opportuno: il tasso di conversione di una campagna di inbound marketing ben studiata è elevato soprattutto per questo motivo. Si parla spesso di contextual marketing, ad indicare che con l'inbound si vuole proporzionare the right content to the right person at the right time (il giusto contenuto, alla giusta persona, nel giusto momento). Il grande vantaggio per le aziende della chimica sta nel valore del cliente: mediamente questo valore, nell'arco di tempo in cui il cliente fidelizzato compra, permette un investimento per portarselo a casa. L'inbound marketing ha bisogno di un investimento, come ogni azione commerciale. Innanzitutto un investimento per la tecnologia: abbiamo detto che senza tecnologia non riusciamo a segmentare i potenziali clienti in base ai bisogno, non riusciamo ad alimentari con email automatiche, non riusciamo a farci avvisare quando sono pronti per essere chiamati dalle vendite. Ci vuole insomma un CRM smart, come Hubspot, che possa raggruppare strumenti per il marketing e per le vendite, allineando ogni azione che viene fatta allo stesso obiettivo, ovvero aumentare i contatti all'interno del database dei potenziali clienti, segmentarli, qualificarli commercialmente e contattarli nel momento più opportuno. E poi un investimento sul pensiero: ci vuole un project manager, qualcuno dietro alla gestione del progetto inbound che costruisca i framework di monitoraggio, aiuti l'azienda a costruire i buyer persona, analizzare i buyer's journey, individuare i contenuti, costruire gli automatismi... insomma, senza un cervello che sappia mandare avanti e gestire tutto il processo, le aziende non abituate a questi metodi, rischiano di perdersi per strada. La buona notizia? Beh, noi siamo qui per questo e possiamo supportarvi per gestire un progetto completo di inbound marketing. Un investimento importante va sui contenuti e sulle offerte di valore: qualcosa da dare in cambio al visitatore per attirarlo, qualcosa da dare in cambio al navigatore per convertirlo in lead, e un valore utilitaristico nella presentazione del nostro prodotto sono tutte indispensabili. Senza contenuti non si attiva nessun progetto di inbound marketing. La bella notizia è che i contenuti, nel settore della chimica, sono TANTI, hanno a che fare con la produzione, l'uso, l'efficienza, i vantaggi, gli svantaggi. Quella difficile? Che bisogna cambiare il mindset aziendale. Ogni azienda deve diventare un EDITORE per proporre conoscenza, aiuto, supporto... ai potenziali clienti. Ma in fondo, se ci pensate bene, il più bravo dei commerciali nel settore della chimica è quello che entra dal prospect e gli da consigli su come migliorare processi e operazioni... anche quando non strettamente collegati al prodotto che vende! Perché? Perché costruisce FIDUCIA e RELAZIONE: ecco come l'inbound ha a che fare con la fiducia e le relazioni.
Vendere non è questione di intuito o charme, ma di metodologia: per carità, una buona capacità oratoria non guasta mai, ma è inutile prepararsi un bel discorso o saper far sorridere il cliente se poi non si è in grado di concludere la transazione. E, per farlo, sono necessarie un'organizzazione ferrea e una capacità previsionale, che vanno gestite attraverso uno strumento apposito: il piano editoriale. Questo, largamente utilizzato nell'inbound marketing, è un documento che racchiude la strategia che hai deciso di attuare per raggiungere un determinato obiettivo sul web, che deve essere scandito da precise scadenze e step intermedi: il piano editoriale è una risorsa irrinunciabile per operare online, da consultare e implementare in continuazione - non si tratta infatti di un foglio statico, scritto con inchiostro indelebile, ma piuttosto di una tabella da compilare con matita e gomma sempre a portata di mano. (Per approfondire l'argomento sull'importanza dei contenuti nella strategia di marketing puoi scaricare l'ebook: Content marketing: introduzione) Questo non significa che il piano editoriale va variato in continuazione, ma semplicemente che può essere soggetto a cambiamenti di rotta, se necessario: per esempio, nel caso appaiano nuove opportunità o sorgano imprevisti improvvisi è sensato applicare delle modifiche. Il piano editoriale al servizio del commerciale Il piano editoriale non va confuso con il piano di vendite, sebbene siano due concetti strettamente connessi: il piano editoriale è quel tipo di documento che si occupa della stesura dei contenuti e della loro pianificazione teorica, concentrandosi dunque sul contenuto e sulla forma. Per esempio, quando decidi di attuare una strategia di web marketing, il tuo piano editoriale indicherà quali canali utilizzerai, il messaggio dei tuoi annunci e le note di sviluppo, il tutto definito entro determinate date; il piano di vendite è uno schema che sintetizza tutte le informazioni che convergono al fine della vendita, ponendo il suo focus su obiettivi finali, risorse a disposizione, scadenze e analisi di mercato. Esso è strutturato in funzione di un budget iniziale, e mira ad un ROI - Return On Investment - che deve giustificare la messa in piedi dell'intera campagna pubblicitaria. Se si vuole comporre un piano editoriale per un commerciale, dunque, non si può non tener conto del suo piano di vendita: da quest'ultimo infatti partiranno gli spunti per la scelta dei canali e del taglio dei contenuti, così come da esso verrà dettata la frequenza della creazione dei documenti. Il primo passo per la creazione di un buon piano editoriale per un venditore è dunque mettere le mani sul piano di vendite del commerciale, o di richiederne la stesura nel caso non esista ancora: vediamo ora quali sono gli step successivi allo studio della strategia di vendita. Scegli gli argomenti dei tuoi contenuti Prima di tutto, devi decidere quali temi affronterai nella tua campagna: pensa ad essi in relazione al tuo brand e al tuo buyer ideale, assumendo un tone of voice adatto e ponendoti come una fonte di informazioni affidabile e competente, e dimostrati disponibile e aperto al dialogo. Una buona idea è anche informarsi sulle novità e sulle tendenze del settore nel quale vuoi farti vedere, soprattutto se stai bersagliando una nicchia: partire da un argomento più generale che sta generando interesse per poi andare a focalizzarsi sul tuo ambito è una valida strategia, utile per entrare in contatto con un pubblico più ampio e generare brand awareness. Individua le tempistiche di realizzazione Una volta che avrai definito gli argomenti che tratterai, definisci quale sarà la tua scadenza finale, e organizza l'uscita dei contenuti su questa base, calcolando in quali giorni - e in quali orari, se serve - pubblicherai il tuo materiale: le giornate saranno dettate dalla scadenza finale, mentre per quanto riguarda gli orari potrai fare affidamento sugli strumenti di analisi dei canali che hai deciso di sfruttare (Google Analytics, Facebook Insights, ecc). Spesso è molto utile suddividere la tua tabella di marcia per sotto-obiettivi, in modo da non perdere di vista i processi operativi a causa della complessità della campagna: per esempio, traccia un mini-piano mensile all'interno di un progetto annuale, oppure suddividi per settimane un procedimento che durerà qualche mese. Suddividi i contenuti per canali Un buon contenuto è creato in funzione di due variabili: il buyer e il canale di divulgazione. A volte si decide di investire su un solo canale a causa della particolarità del prodotto, ma quasi sempre si opera su diversi piani contemporaneamente, adattando il contenuto al contesto generale in cui si decide di sponsorizzarlo. Ogni canale funziona meglio di altri in determinate situazioni: Google serve per ottenere risultati velocemente, facendoti notare sull'omonima rete di ricerca nel momento in cui gli utenti digiteranno determinate keywords; Facebook mostra ad un pubblico specifico le tue inserzioni, scegliendo eventualmente le varianti più efficaci; LinkedIn è il miglior canale per entrare in contatto con professionisti e trovare contatti altamente qualificati; Instagram, infine, è perfetto per mostrare al tuo pubblico diverse immagini del tuo prodotto, e creare engagement partendo dall'estetica del prodotto stesso. Monitora i risultati costantemente È piuttosto difficile creare la campagna perfetta al primo colpo: ci saranno sicuramente dei testi da cambiare, degli argomenti da modificare e delle variabili da ottimizzare. Può anche succedere di sbagliare canale, oppure di approcciarsi al pubblico sbagliato: potrai renderti conto di tutti questi imprevisti solamente in un modo, ovvero controllando in maniera continua l'andamento della tua campagna. In realtà, questo ultimo step non è propriamente parte della creazione e dello sviluppo del piano editoriale, ma è fondamentale per la sua gestione: infatti, verificare se i risultati sono in linea con le previsioni permette di gestire il budget per massimizzare i risultati oppure ottenerne di migliori. Conclusione Il piano editoriale risulta essere indispensabile per qualsiasi tipo di iniziativa commerciale basata sui contenuti online: esso va redatto in funzione del business ed è dunque personalizzato - lo schema strategico può subire variazioni, così come la cronologia di alcuni step dello sviluppo, ma l'essenza (e lo scopo) del piano editoriale non cambia; per ottenere visibilità e, di conseguenza, contatti, l'organizzazione derivante da un modello di questo genere è fondamentale. Senza di esso, si verrebbe prevaricati da tutti quei siti che se ne avvalgono, e grazie ad esso pubblicano con costanza e senno i loro contenuti: non cedere alla concorrenza, e ritagliati il tuo spazio sul web!
Perché l'inbound marketing è così efficace? La risposta è piuttosto semplice: perché procura al commerciale dei contatti caldi, cioè interessati e molto inclini all'acquisto ancor prima di aver parlato con lui. In questo modo, la probabilità di chiudere un affare è molto più elevata, e il commerciale avrà vita molto più semplice. Ma come funziona l'intero processo? E perché non è possibile svolgerlo senza relazionarsi al commerciale? Diamo una risposta a queste domande, partendo dalla definizione di inbound marketing e degli strumenti che utilizza. Che cos'è l'inbound marketing L'inbound marketing è una metodologia di marketing ideata dall'azienda statunitense HubSpot, fondata nel 2006 a Cambridge, nel Massachusetts. Atta all'attrazione spontanea dei clienti, sfruttando unicamente strumenti propri del web, è una metodologia che raggruppa tutti gli strumenti e tattiche che sono proprie dell'online marketing (sito web, blog, Socia Media, SEO, Adwords, ADS, landing page...) con l'obiettivo di attrarre i visitatori sul sito, convertirli in contatti del database (lead generation), segmentarli in base alle interazioni con i contenuti che presentiamo sul sito, sui social network e nelle newsletter, per alimentarli successivamente nel modo corretto (lead nurturing), con l'obiettivo di trasformali in clienti, aumentando il fatturato dell'azienda e facendola crescere. L'inbound marketing prevede una struttura teorica ben definita, costituita dai seguenti passaggi. Creazione del Buyer Persona Tutta la strategia di marketing viene studiata in funzione del Buyer Persona: egli è il cliente tipo al quale dedicheremo l'intera campagna di marketing, con tutti gli annessi e connessi del caso. Affinché le nostre strategie abbiano successo, è importante essere il più specifici possibile nell'ideazione del Buyer Persona, oltrepassando il concetto classico di target - che si mantiene su un contesto molto ampio e decisamente incentrato sull'interesse commerciale che lo stesso genera per l'azienda - e andando a riflettere sugli interessi, sulle problematiche e sugli obiettivi del nostro immaginario potenziale cliente, senza sottovalutare le influenze della sua vita privata e lavorativa sulla sua psiche. Ideazione del Buyer's Journey Il Buyer Persona ideale dovrebbe seguire un percorso particolareggiato e segmentato, che parte da contenuti molto generali, volti a catturare l'interesse dei lettori, e arriva a iniziative sempre più incentrate sul servizio o sul prodotto proposto, fino al passo immediatamente precedente alla trattativa commerciale: affinché tutto ciò accada è fondamentale che i contenuti scritti siano incentrati sugli interessi del nostro Buyer Persona, e adatti a dare una svolta alla sua situazione. Questi documenti sono strutturati secondo uno schema ad imbuto, che li rende disponibili agli utenti in base al loro grado di interesse: Top of the Funnel: la prima e più estesa zona del nostro imbuto, nel quale gli utenti troveranno documenti che tratteranno il prodotto/servizio finale molto alla larga, accennandolo solamente verso la parte finale e senza fare pubblicità esplicita. L'obiettivo è risvegliare la consapevolezza di un problema del visitatore - un problema che noi possiamo risolvere. Questo perché in questa zona si opera una prima, grande scrematura dei possibili clienti: chi si imbatterà nei nostri articoli, ebook o video e darà un seguito al suo interesse sarà promosso a lead, e lo terremo d'occhio per eventualmente contattarlo più avanti; Middle of the Funnel: qui approderanno coloro che avranno dimostrato un interesse attivo nei confronti dei nostri contenuti, palesato attraverso la concessione dei loro dati personali: inizieremo a parlare effettivamente del prodotto/servizio (ma non della nostra azienda), confrontandolo con altre soluzioni e dimostrando i suoi punti di forza. È la fase della considerazione, nel quale l'obiettivo è fornire effettivamente una soluzione ai problemi del lead: utilizzeremo webinar, schede di valutazione e confronti tra diverse soluzioni; Bottom of the Funnel: la parte più ristretta e importante del funnel, nel quale arrivano solamente i contatti veramente interessati all'acquisto: un lead che arriva a questo livello è altamente qualificato alla promozione a cliente, ed è dunque lo step più delicato dell'intero suo viaggio. Per questo motivo, la mossa migliore è sfoderare i migliori case history relativi ai clienti più soddisfatti che hai avuto: dimostra come sai occuparti di loro, e che lui può diventare uno di essi. Le cose non vanno forzate - non sei il commerciale, sei lì per fornire tutte le informazioni di cui ha bisogno e non per vendere: devi solo intuire in quale momento passare la palla al team di vendita, in modo che possa concludere l'affare in tranquillità e senza problemi. Divulgazione su diversi canali Come far sì che i giusti utenti entrino in contatto con i contenuti più adatti a loro? Sempre in base alle preferenze del nostro Buyer Persona, lavoreremo su più canali, sperimentando e variando man mano che la campagna prosegue: è attivo principalmente su Facebook o su LinkedIn? Che tipo di motore di ricerca utilizza per trovare risposta alle sue domande? Dove si informa generalmente? Poniti come obiettivo di trovare una risposta a queste domande nelle fasi iniziali della campagna, per accertarti di lavorare sul canale giusto: del resto, a cosa serve produrre contenuti eccezionali se poi i tuoi Buyer Persona non li visualizzano? Registrazione e segmentazione dei contatti Una volta che un visitatore decide di affidarci i suoi dati, è nostro compito processarli ed essere sicuri di archiviarli in maniera corretta e sicura. Inoltre, è fondamentale riconoscere che tipo di contatto abbiamo per le mani: è incline all'acquisto già adesso? Oppure è semplicemente un curioso? O ancora, è un buon contatto che però è ancora in cerca di informazioni? Capire a che stadio del Buyer's Journey si trova è di importanza capitale, perché se è vero che un buon lead non va perso, è altrettanto vero che non va bene investire tempo per i contatti fuori target. Prendersi cura dei clienti ottenuti Infine, ecco una delle particolarità dell'inbound marketing. Una volta concluso con un cliente, egli non va abbandonato, anzi: investire su di esso, proponendogli nuovi contenuti e facendo del nostro meglio per renderlo felice di essere un nostro acquirente, è un vero e proprio step previsto dal processo di conversione. È emerso infatti, nel corso del 2018, che il miglior strumento di attrazione e conversione dei contatti è il passaparola, poiché non c'è promessa che vale di più di quella di un cliente affezionato che ha avuto un'esperienza di acquisto effettiva. E il modo migliore per ottenere un buon passaparola è, quindi, una buona gestione del cliente, cosicché egli non possa che parlare bene di noi ogniqualvolta venga interrogato da un conoscente. Per questo, gli esperti di inbound marketing hanno tutti concordato quando Halligan, CEO di HubSpot e co-fondatore, ha affermato l'importanza del servizio clienti, proponendo di spostare parte degli sforzi dedicati all'attrazione di nuovi lead alla gestione dei clienti già acquisiti. Perché il commerciale è fondamentale per l'inbound Come si può notare, il team di inbound marketing lavora a stretto contatto con i clienti per tutto il loro ciclo vitale, dal loro primo approccio da visitatori alla fase post vendita: pur non trattando di preventivi e contratti, esso è un elemento che non si limita all'attrazione e alla pubblicità, e necessita di informazioni relative al business del contatto ideale sin dalla creazione del Buyer Persona. Allo stesso modo, il commerciale stesso darà il suo contributo nelle fasi di studio della strategia, garantendo un profilo molto più efficace del Buyer Persona - e aiutando, eventualmente, nella segmentazione dei contenuti all'interno del funnel. Conclusione Ecco come i confini tra i due team iniziano a sbiadire, pur mantenendo il loro scopo originale: il commerciale consiglia e monitora la creazione del Buyer Persona, mentre il l'esperto di marketing porta contatti altamente qualificati all'acquisto nelle sue mani - occupandosi anche del customer care. Tutti lavorano per semplificare il lavoro altrui, in un meccanismo ben oliato che vede tassi di conversione elevatissimi, una clientela soddisfatta e fedele e dei costi di attuazione molto inferiori a quelli richiesti dai metodi tradizionali.
Diciamocelo: parlare di economia del dato, valore dell'informazione, o delle potenzialità derivanti dalla misurabilità del digital marketing & sales, è un parlare a vanvera se non si mescolano metodologia e tecnologia. Secondo il poligrafo Francesco Serdonati l'uso dell'espressione parlare a vanvera deriva i suoi termini dalla “piritera”, chiamata anche, appunto, “vanvera”: un oggetto utilizzato dagli aristocratici veneziani e napoletani del Seicento, simile all’antico prallo, utensile adibito all’espulsione dell’aria dall’ano per problemi gastrointestinali. Ok, non è l'unica teoria sull'origine dell'espressione, ma a me piace immaginarla così. Quindi, quando sento e leggo qualcuno che spiega che basta un sito web, un blog, pubblicare le news sui social, guardare Google Analytics, così, in ordine sparso, per far evolvere la strategia di business di un'azienda, mi immagino proprio il rumore smorzato di una scoreggia all'interno di un qualcosa che ne attutisce rumore ed odore. Ma, per dirla con un altro proverbio, Quando la merda monta in cattedra o fa puzza o fa danno. Metodologia non è strategia o tattica Quando parlo di metodo e di tecnologia non sto usando due parole a caso. Non sto usando la parola strategia e neppure tattica. La strategia è generalmente differente per ogni azienda, dipendendo dal mercato, dagli obiettivi, dalla situazione contingente e moltissime altre variabili. La strategia ha a che fare con il grande disegno che mostra, da lontano, gli obiettivi e il percorso da percorrere per arrivarci. La tattica è la pratica, quelle che porta a pianificare, all'interno di ogni singolo canale, quando si parla di digital, come dovrà essere messa a terra l'esecuzione. La metodologia è altro ancora. È lo schema, il framework, il quadro generale delle azioni da svolgere in sequenza, che, indipendentemente dalla strategia è sempre valido. Poi, a seconda del caso e dalla strategia, cambiano le tattiche per svolgere le campagne e le azioni. Ma il metodo che si adotta può essere sempre quello. Ad esempio: la scienza, qualunque scienza, poggia sul metodo scientifico sperimentale inventato da Galileo Galilei: osservazione di un fenomeno, formulazione di un'ipotesi, esperimenti per verificare se l'ipotesi si ripete, formulazione delle conclusioni. I passaggi sono chiari e se vuoi fare lo scienziato non ci scappi. Possono cambiare le discipline, gli obiettivi, le tattiche e le pratiche, ma il metodo da il quadro comportamentale per portare a casa dei risultati. Proprio perché si adotta un metodo è possibile stabilire se una ricerca funziona, non funziona, se si hanno fatto degli errori o meno. Se non si adotta un metodo si va a farfalle, inventando ogni volta pratiche delle quali non si può dimostrare l'efficacia. La metodologia inbound L'inbound marketing è una parola sulla bocca di molti operatori che si occupano di comunicazione, perché, ad oggi, è l'unico metodo che si può applicare a qualunque strategia, tarando le tattiche su campagne, canali e strumenti. L'inbound marketing è un metodo che si basa sulla constatazione - scientifica - che la pubblicità e il commerciale hanno rotto le balle, con le loro continue interruzioni ed invasioni del tempo libero o lavorativo delle persone. E che queste rotture di scatole sono sempre meno accettate da quando, con il web, possiamo andare ad informarci su qualunque prodotto o servizio presente sul mercato quando ne abbiamo bisogno. La gente (noi) adora comprare ma è sempre più insofferente a chi vuole vendergli qualcosa: i venditori hanno perso il loro potere di intermediari nel momento in cui online si trovano informazioni su tutto e su tutti, informazioni e recensioni di qualunque genere. E quando non se ne trovano si possono utilizzare canali per chiedere ad altri e discuterne. L'inbound è una metodologia che poggia su una tecnologia In questo mondo le metodologie classiche di vendita e di comunicazione traballano, vengono scosse dalle fondamenta. I pionieri di questa ricerca ed intuizione sono stati Brian Halligan e Darmesh Shah, i fondatori di HubSpot, un'applicazione software pensata e sviluppata totalmente per supportare in ogni passaggio l'applicazione della metodologia inbound al marketing e al sales. Senza la tecnologia che permette, alle spalle del metodo di raccogliere i dato e si seguire le procedure necessarie, non stai facendo inbound marketing. Un passo indietro. Ecco la metodologia inbound, in una famosa immagine che, credo, tu possa avere già visto decine di volte (e se è la prima volta non scoraggiarti, vedrai che da oggi in poi ti perseguiterà): Attrazione (di uno sconosciuto che arriva sul nostro sito / blog) grazie ai post del blog, come questo, la SEO, la distribuzione dei contenuti sui social, il traffico a pagamento. Conversione del visitatore in un contatto (lead) del proprio database grazie alla Call-to-Action all'interno del sito o dei post del blog, le landing page e i form. Qui la magia della tecnologia è determinante. Grazie ai cookie si può sapere quale azioni compia sul sito / blog il nostro contatto e queste azioni, grazie allo schema con il quale vengono sviluppati e proposti i contenuti sul sito, ci permetteranno di riconoscere gli interessi, i problemi e i desideri del nostro lead, oltre che individuare in quale fase si trovi del suo processo di acquisto (detto buyer's journey). Su questo meccanismo si basa quindi l'alimentazione successiva (grazie alla marketing automation), la qualificazione del lead e il passaggio al commerciale (dalle azioni 1:N del marketing, alle azioni 1:1 del venditore), per arrivare più facilmente alla Chiusura. Ma non basta. Una volta che un lead è stato qualificato come cliente, può iniziare tutta la fase di customer support, al fine di Deliziarlo con sondaggi, recensioni e un'assistenza puntuale che conosce ogni dettaglio della sua vita di interazioni con la nostra azienda. Ok, siamo alla punta dell'iceberg della metodologia inbound. Ma il concetto mi sembra chiaro: è un metodo e ha bisogno della giusta tecnologia, senza la quale tutto questo processo non può essere messo in pista. Oddio. Anche sì, ma senza costruire un valore con il dato, che possa diventare un asset aziendale che porta l'azienda nell'economia dell'informazione. Il passaggio chiave è questo: l'inbound, con HubSpot, ti permette di far entrare la tua azienda nella società dell'informazione dove il dato, oltre ad avere un valore monetizzabile, ti permette di chiudere con i clienti prima e meglio, arrivando a conoscere i loro problemi, desideri e opportunità. Tutto ciò si traduce in una potente arma a disposizione delle vendite e della tua brand identity per condurre i rapporti con i clienti. La digital transformation inizia dall'inbound marketing e da un CRM avanzato come HubSpot.