Gli AdWords sono uno strumento efficacissimo per catalizzare il proprio business online: particolarmente funzionale è la loro sinergia con l'inbound marketing, la miglior metodologia per convertire online i visitatori in clienti. L'inbound marketing è una metodologia composita, che prevede diverse fasi prima di giungere alla vendita: richiede pazienza, empatia e, soprattutto, strategia. Ed è proprio per questo che gli AdWords si adattano così bene alla mentalità inbound, in particolare nella fase finale: per sfruttare appieno i vantaggi di un Ad bisogna attendere, mettersi nei panni dei lead e, in particolar modo, progettarli a dovere. Che cos'è un AdWords? Innanzitutto, introduciamo Google AdWords. Si tratta di un servizio online di advertising che ti consente di apparire con degli annunci personalizzati tra i risultati di ricerca nelle pagine di Google, con priorità sui siti non a pagamento (ciò significa che appariranno sempre sopra questi). Essi possono mostrarsi per un massimo di quattro annunci per volta, selezionati in base alla qualità dell'annuncio stesso: il loro rank è determinato dall'offerta dell'annunciatore, dalla rilevanza del messaggio dell'annuncio, dalla landing page alla quale verrà indirizzato colui che cliccherà e al formato utilizzato per creare l'Ad. Gli AdWords possono essere di diverse tipologie: Ad text: semplici annunci testuali, che si presentano con un'headline, un URL e un testo descrittivo Ad extension: Ad text arricchiti da informazioni addizionali quali numero di telefono, indirizzo, ecc... Ad responsive: annunci di testo che si adattano alla ricerca per generare più influenza tramite l'uso d'immagini, comparendo all'interno di siti che trattano di argomenti simili alle keyword impostate Ad shopping: Ad text che offrono prezzi e contenuti, collegati direttamente allo shop online o al sito Ad image: semplici immagini che sponsorizzano un prodotto particolare; Ad video: video informativi su un servizio o una merce, possono comparire anche su Youtube e altri siti; Ad promotion: particolari Ad che compaiono in app store e altri siti, proponendo di scaricare un'app Ad call only: annunci che offrono solamente un contatto telefonico Ad rich media: Ad contenenti animazioni o altri generi di motion Ognuno di questi formati si adatta alle diverse esigenze dell'annunciatore, voglia egli aumentare il traffico al sito, le chiamate dirette o le vendite. I benefici degli AdWords Perché dovresti usare gli AdWords? Essi offrono diversi vantaggi, tra cui: controllo totale sui costi, che non presentano un minimo e possono essere cambiati in ogni momento; contattano un lead nel momento migliore, ovvero mentre compie una ricerca inerente a qualcosa che lo interessa; offrono strumenti di controllo delle performance accurati ed utili, in quanto analizzano tutte le statistiche fondamentali per una buona conversione. Inoltre, è possibile creare più gruppi e campagne di Ad, al fine di gestire diversi prodotti, aree e offerte sul web. Sarà possibile anche scegliere determinati gruppi di persone, aree localizzate e liste di keyword. La sinergia con l'inbound marketing Ora che abbiamo visto come agiscono gli AdWords sulle ricerche sul web, ragioniamo sul perché funzionano così bene quando intrecciati alle meccaniche dell'inbound marketing. 1. Inbound e AdWords richiedono una strategia accurata Il fatto che l'inbound marketing parta da un Buyer Persona e gli AdWords possano mirare a specifici gruppi di persone avvicina molto le due pratiche: l'attenzione all'efficacia dei messaggi, il capire di che cosa abbia bisogno un potenziale cliente e il palesarsi al momento della ricerca online accomunano il tipo di mentalità ideale per svolgere al meglio la parte teorica di entrambe le strategie. 2. Entrambi confidano molto sul concetto di landing page Di capitale importanza, tanto per l'inbound quanto per gli AdWords, è la landing page di riferimento: un grande contenuto o un messaggio fenomenale valgono zero se lo strumento di conversione non ne è all'altezza. Basti pensare che le landing page possono essere considerate il dispositivo più importante dell'inbound (come appena detto, sono il fulcro della conversione), e sono anche uno dei quattro parametri di giudizio per posizionare un Ad. Un trucco molto intelligente, nel caso si sfruttino gli AdWords e si ricorra all'inbound marketing, sarebbe linkare la stessa landing page, quella di punta, per due campagne con lo stesso fine, in modo da innalzare l'autorità della pagina e, di conseguenza, anche il posizionamento di entrambi i tipi di contenuti. 3. Sia l'inbound che gli AdWords sfruttano l'analisi delle performance Uno dei principali punti di forza di queste due linee d'azione è la dinamicità. Sperimentano diverse keyword, osservano le statistiche, determinano quali sono le migliori e quali le peggiori e variano le loro liste e i loro approcci in base alle analisi. Google ha un suo strumento di analisi per valutare le performances degli Ad, consentendoti di di vedere: quali ricerche innescano i tuoi Ad quali sono le zone geografiche a più alta densità di click come si comporta la tua landing page sul web cosa porta più traffico al tuo sito il sentiero compiuto dai tuoi lead per raggiungerti L'inbound, invece, è legato a doppio filo dal software HubSpot, e quindi al suo sofisticato CRM: quest'ultimo analizza keyword, visite, conversioni, visualizzazioni dei post, andamento dei social e percentuale di conversione di articoli del blog, post social, landing page e form. 4. Le keyword sono fondamentali per tutti e due Come già accennato in precedenza, le keyword e lo studio del loro posizionamento sono alla base della strategie di entrambe le metodologie. L'inbound le sfrutta per il posizionamento SEO dei suoi contenuti, mentre gli Ad per vincere l'asta che Google fa partire ogniqualvolta una determinata keyword viene digitata sulle sue ricerche. 5. Entrambi contattano il prospect al giusto momento Una delle filosofie dell'inbound è: Il giusto contenuto, al momento giusto, alla giusta persona, e gli AdWords si trovano d'accordissimo. Ok, è vero che essi appariranno, un pò prepotentemente, davanti a tutti gli altri risultati informativi, ma è altrettanto vero che essi saranno innescati da una ricerca inerente: insomma, un Ad ben studiato - che fa uso delle giuste keyword, evita le negative words e offre la giusta proposta - è ciò che chi sta cercando informazioni, prodotti o ispirazione vuole. Conclusione Tutte queste similitudini tra inbound marketing e AdWords li rendono compagni ideali per le tue campagne di attrazione e conversione online: infatti, gli AdWords sono particolarmente efficaci se implementati ad una strategia inbound proprio nella parte finale del processo di trasformazione di un lead in cliente, ovvero la decisione; immaginate come funzionerebbe bene far apparire un vostro annuncio di vendita ad un particolare target bene informato, semplicemente indeciso su chi scegliere per l'acquisto.
I tempi stanno cambiando, e così il marketing: in una ventina d'anni, esso ha subito profonde mutazioni, la più grande delle quali è stata l'adozione del web come campo di lavoro. Il marketing ha visto diverse correnti di pensiero influenzarlo, passando dall'essere una pratica lineare e pay to win al trasformarsi in una sfida basata sulla psicologia e sull'inventiva. L'apice di quest'ultima filosofia è stata raggiunta con l'inbound marketing, metodologia che in questo 2018 ha subito a sua volta un grande cambiamento: il suo concetto di base, il funnel, è stato soppiantato da un nuovo strumento teorico, il flywheel, tradotto con il termine volano, ovvero quello strumento che genera l'energia necessaria per alimentare automobili, treni e impianti elettrici. Il volano in questione sostiene un macchinario ben più complesso e vasto di un veicolo qualsiasi: esso fornisce alla tua azienda ciò di cui ha bisogno per funzionare, ovvero nuovi contatti da tradurre in clienti, che significano crescita del fatturato e del tuo business. Il funnel puntava tutto sul migliorare la propria presenza sul web, con l'obiettivo di raggiungere un pubblico interessato il più vasto possibile: come ha però intuito Brian Halligan (cofondatore e CEO di HubSpot, azienda creatrice e promotrice dell'inbound marketing), il potenziale compratore ha man mano perso fiducia in venditori ed aziende. Cosa significa questo? In parole povere, significa che convincere qualcuno a cliccare una call to action, compilare un form o firmare un contratto è diventato più difficile che mai: Halligan se ne è reso conto ascoltando di persona i suoi clienti, che si convincevano di acquistare da HubSpot solamente su passaparola di clienti già affermati e soddisfatti. E da qui, l'illuminazione: se non siamo in grado noi di convincere un lead a comprare, forse potranno farlo i nostri clienti già acquisiti. Del resto, essi hanno provato con mano i nostri servizi o i nostri prodotti, sono sinceri, critici e, soprattutto, imparziali. Diranno quello che veramente pensano dell'acquisto portato a termine, tanto a noi quanto ai loro conoscenti. Come sfruttare, dunque, questa informazione a favore dell'azienda? Semplice: facendo innamorare i nostri clienti del nostro marchio. La forza del volano della crescita: l'auto-alimentazione Il funnel investe tutte le sue energie nell'attrazione di nuovi contatti con potenzialità di conversione: in questo è estremamente efficace, ma ha il grosso difetto di essere lineare, quindi monouso. Infatti, un funnel nasce per un particolare buyer persona, e per lui solamente: questa sua grande forza (targetizzazione e proposta personalizzata) è anche la sua principale debolezza, che ha portato a delle fratture sempre più gravi nell'economia delle aziende inbound, soprattutto se consideriamo il fattore sfiducia precedentemente citato. Il flywheel segue un presupposto quasi inverso: una piccola spinta iniziale e poca energia per alimentarlo portano un notevole guadagno finale. Ovviamente, in termini aziendali, è necessario dirigere da qualche parte tutte quelle risorse che il funnel impiegava nella lead capture. Come già anticipato precedentemente, il volano punta molto sui clienti già acquisiti, investendo tempo e denaro per deliziarli e renderli soddisfatti non solo di aver fatto quel primo acquisto, ma anche di essere ancora in contatto con la tua azienda. Questo tipo di approccio consente di sfruttare al massimo la potenzialità del passaparola: non solo i tuoi clienti parleranno positivamente di te se interrogati, ma saranno anzi proattivi nel diffondere la voce di quanto tu li tratti bene! Ed ecco come il meccanismo del volano si autoalimenta: una volta ottenuti i primi clienti, un'azienda dovrebbe investire risorse e fondi nel tenersi in contatto con loro, pensando a come risolvere i loro problemi e facendoli sentire accompagnati ed accuditi anche - se non soprattutto - dopo l'acquisto. Conclusione Per un business, poter contare sui propri clienti per diffondere la voce di quanto si è bravi e buoni è un punto oggi valido più che mai. Inoltre, non è indifferente il fatto che i vantaggi del flywheel sono reciproci: tu guadagnerai una buona fama e un'ottima reputazione, per non parlare di nuovi lead interessati (per davvero) a firmare con te; i tuoi clienti, d'altro canto, beneficeranno di un trattamento di una qualità superiore alle loro aspettative.
Brian Halligan (cofondatore e CEO di HubSpot) ha lasciato tutti a bocca aperta quando, all'evento annuale dedicato all'inbound marketing&sales - organizzato dalla sua azienda nel 2018 - ha annunciato che funnel, il concetto base per rappresentare gli stadi di trasformazione di un potenziale cliente in cliente, diventato famoso prima con i CRM e poi con l'inbound marketing, deve essere abbandonato, perché antiquato e superato.Com'è possibile che un concetto così caratterizzante di una metodologia (l'inbound, ma anche alla base dell'uso della maggior parte dei CRM) venga messo da parte? Perché il marketing è in costante evoluzione, segue la tecnologia, la società, gli usi, i costumi e i desideri delle persone. E questa evoluzione ha portato ad un rivoluzionario modo di considerare il Buyer's Journey di un visitatore: il difetto principale del funnel è il suo essere a colpo singolo, ovvero una volta raggiunta la Bottom of the Funnel (la Fine dell'Imbuto, ovvero la fase decisionale e aver scelto da chi comprare), l'intera costruzione del funnel perde efficacia. Una volta che il lead diventa un cliente acquisito, con il classico chiuso vinto del CRM, il funnel prevede una generica fase di delizia non meglio definita: in essa, sappiamo che dobbiamo creare contenuti addizionali per soddisfare i clienti acquisiti e seguire le loro problematiche... ma nulla più. Insomma, la linearità del funnel è la sua più grande debolezza, perché lo rende uno strumento usa e getta, in cui tutto il lavoro di attrazione e conversione del cliente è fine a se stesso: tutta quella fatica per generare un climax che poi si spegne improvvisamente, e non può più essere riutilizzato, rendendo i nostri sforzi sempre all'altezza del risultato. Una volta che il cliente diventa tale, il suo funnel è da buttare, in quanto personale e incentrato sulla sua particolare figura. In altre parole, un funnel non si autoalimenta, e una volta che ha raggiunto il suo risultato perde la sua efficacia. Ben diverso è il Flywheel, ovvero il Volano della crescita, l'idea che a detta di Halligan spazzerà via il concetto di funnel. Il volano della crescita Per chi non sapesse cos'è un volano, ecco un piccolo accenno pratico preso in prestito da Wikipedia. Un volano è uno strumento meccanico dalla forma circolare, opportunamente sagomato per aumentare il momento d'inerzia dell'albero cui è applicato. In altre parole, catalizza l'energia cinetica prodotta dal movimento della ruota, incamerandola e poi rilasciandola per alimentare un organismo più complesso. Utilizzano un volano le auto, i treni, le macchine agricole e gli impianti energetici. Il quantitativo di energia prodotta dipende da tre fattori fisici: la velocità di rotazione del disco; la quantità di frizione presente; il peso e le dimensioni del volano stesso. Il volano della crescita agisce esattamente come uno di questi strumenti di alimentazione energetica. a. La velocità di rotazione del disco è la crescita del tuo business, ed è influenzata dalla forza che imprimi lui: esso continuerà a girare anche dopo aver ricevuto la spinta iniziale, decelerando ad un ritmo molto lento ma costante. I tuoi sforzi di attrazione lo alimentano, così come le risorse che dedicherai ai clienti già acquisiti: ma approfondiremo questa parte quando parleremo dell'ultima caratteristica. b. La frizione è il grado di insoddisfazione dei tuoi clienti. Ciò significa che più clienti hai, più velocemente girerà il tuo volano, e quindi più energia (ovvero fatturato) produrrà: la frizione va evitata continuando a creare contenuti di prima qualità per i clienti anche dopo la loro conversione, per far sì che il risultato ottenuto vada ad incidere sull'alimentazione dell'intero meccanismo. Infatti, se è vero che un cliente insoddisfatto rallenta il nostro volano, è altrettanto vero che coloro che hanno sperimentato un'esperienza di vendita positiva alimenteranno la sua rotazione: ed è proprio in questo che risiede la vera forza del volano della crescita. c. La qualità della vendita si identifica nel terzo fattore fondamentale che abbiamo citato prima, ovvero la composizione del disco, che determina il peso e le dimensioni: più si migliorano le caratteristiche del flywheel, più esso sarà efficiente e più aumenterà la sua efficacia. Quindi, più clienti saranno soddisfatti, più peserà il tuo disco e dunque più energia produrrà il tuo volano: dedicare tempo ed energie ai tuoi clienti farà sì che il tuo volano non solo non smetta mai di girare, ma anzi che aumenti la sua efficacia. Il cambiamento della prospettiva di attrazione Ma com'è venuto in mente ad Halligan di sostituire il suo storico funnel con qualcosa di nuovo? Come ha spiegato lui stesso, sin dalle prime fasi di espansione di HubSpot ha iniziato con una buona abitudine: una volta alla settimana - accompagnato dal suo fedele cane Romeo - Halligan incontra di persona un cliente, intervistandolo su come sia venuto a conoscenza della sua azienda. Nei primi anni, le risposte erano sempre le stesse: ricerche organiche o articoli portavano al sito o al blog, e dopo essersi informati sui servizi e sulle offerte, decidevano di comprare. Ma, negli ultimi due anni, Halligan (e magari lo stesso Romeo a furia di sentirla raccontare) ha notato che una nuova voce emergeva sempre più spesso nelle risposte dei clienti, al punto da diventare quella più frequente: il passaparola. Altri clienti, soddisfatti del servizio ricevuto, parlavano della loro esperienza di acquisto con amici, parenti e colleghi, i quali - fidandosi della parola del loro interlocutore - decidevano di procedere all'acquisto. Ecco da dove è nata l'ispirazione di Halligan: il cliente non è solo un obiettivo, ma anche una risorsa per l'azienda. Utilizzare tempo e risorse per rendere il cliente felice non è solo una buona abitudine, ma anche una tattica commerciale: è, insomma, un vero e proprio ritorno d'investimento. Conclusione Nonostante si tratti di un concetto nuovissimo (l'annuncio di Halligan risale al 5 settembre 2018), il fatto che il CEO di HubSpot in persona abbia fatto un'affermazione così rigorosa la dice lunga sull'impatto che avrà il volano della crescita sull'inbound marketing & sales: di fatto, cambierà il modo di gestire le risorse delle aziende, dirigendo parte del flusso di lavoro direttamente verso la clientela già acquisita e puntando dunque molto di più sul passaparola. In un'epoca in cui il prospect medio è così esigente e capriccioso, recensioni positive e una buona parola sulla tua azienda sono diventati molto più importanti dello sforzo di essere notati su web: Halligan lo ha intuito, ed è verso questa direzione che ha deciso di dirigere la sua azienda. PS Che poi il passaparola diventano i consigli personali, gli articoli del blog che parlano di te, il commento positivo sui social, le recensioni dei clienti su Amazon o in qualunque altro canale digitale... oltre ovviamente, le telefonate e i consigli di colleghi su un determinato prodotto, servizio o azienda. Succede anche tra le agenzie partner di HubSpot in Italia che, con il nostro bel gruppo di Whatsapp, ci chiediamo informazioni sul tal servizio o soluzioni e gli altri ci diano risposte, orientando le nostre decisioni di acquisto.
Stai pensando di creare un blog per la tua azienda? È un'ottima idea e una scelta intelligente. Il blogging non solo ti aiuta a posizionarti nei risultati della ricerca, ma dimostra che sei un esperto nel tuo settore, aumentando la tua autorità su determinati argomenti inerenti al tuo business. Quando decidi di fare il grande passo del blogging, devi fare una scelta. Scrivi tu stesso i contenuti per il blog (utilizzando le risorse che hai a disposizione o assumendo qualcuno ad organico) o ti rivolgi ad un'agenzia esterna, a qualcuno che lo faccia per te? Diamo uno sguardo più da vicino ai vantaggi e agli svantaggi per ognuno dei due approcci. Scrivere sul blog: perché dovresti farlo internamente Nessun altro sa quello che sai, e nessuno conosce la tua area disciplinare meglio di te. Ecco perché ha molto senso scrivere il tuo blog aziendale da solo. a. Benefici del fai da te Quando crei contenuti internamente, puoi mettere in evidenza la tua esperienza e e la tua competenza in ogni articolo. Non è qualcosa che un autore di blog in outsourcing può fare - non aiuta i veri clienti a risolvere i loro problemi ogni giorno. Sarai in grado di fare riferimento alle conversazioni effettive dei clienti mentre scrivi, il che aggiunge profondità e un contesto ai tuoi contenuti. Anche la scrittura di blog “fai da te” dà autenticità ai tuoi contenuti. I tuoi post del blog sono scritti con parole che usi effettivamente, e narrano di storie nate dalla tua esperienza personale. Mentre leggono, i tuoi clienti si sentiranno come se ti stessero davvero conoscendo. Anche in questa era di Internet, i rapporti umani contano davvero. Le persone vogliono lavorare e comprare da persone con cui sentono un 'affinità. Un altro importante vantaggio del fai da te è che non stai pagando qualcuno che dovrà in aggiunta mettersi al passo con te. Anche se assumi uno scrittore che è già profondamente immerso nel tuo settore, dovrà dedicare del tempo a imparare a conoscere le tue offerte, i case study e il modo in cui lavori. b. Sfide del fai-da-te A meno che tu non sia già uno scrittore esperto, non è facile iniziare a scrivere un blog. Devi imparare e capire cosa serve per scrivere un buon post, quindi esercitarti abbastanza per migliorare la tua scrittura. All'inizio ci vorrà molto tempo per un singolo articolo. Inoltre, per assicurarti che il tuo tempo sia dedicato alle attività giuste, dovrai conoscere le migliori pratiche di marketing digitale, SEO e inbound marketing. Infine, dovrai trovare il tempo per scrivere effettivamente. Non è possibile buttare giù un buon post in pochi minuti: aspettati di mettere da parte come minimo un paio d'ore per scrivere, specialmente se sei un “novellino” o vuoi includere molte ricerche. Scrittura sul blog: perché dovresti affidarti ad un professionista esterno Se stai rimandando il lancio di un blog perché non hai il tempo di occupartene personalmente, la soluzione è trovare qualcuno che possa concentrarsi sulla creazione dei tuoi contenuti. Non ti preoccupare, questo non è barare: molte aziende che pubblicano regolarmente grossi articoli articoli spesso affidano a degli esperti il loro blog di scrittura. a. Benefici dell'outsourcing Uno dei principali vantaggi dell'outsourcing è che ti porta via molto meno tempo. Non è necessario imparare come scrivere o educare te stesso sulle migliori pratiche di digital marketing, né devi passare una giornata intera a scrivere un post sul blog. Invece, puoi periodicamente (ogni mese o settimana) incontrare il tuo “scrittore” e parlare del tuo piano editoriale. Quindi potrai tornare al tuo lavoro pianificato regolarmente mentre altri inizieranno a creare i tuoi contenuti sulle tue indicazioni. Una volta terminato, basta rivederlo per apportare eventuali modifiche ed ecco fatto. Facile, no? Quando si opta per l’outsourcing , si beneficia anche di lavorare con qualcuno che sa davvero come sfruttare i blog per ottenere risultati. Un esperto sa scrivere articoli interessanti che attireranno i tuoi lettori: inoltre sa come identificare le parole chiave da seguire, può scrivere titoli e meta description che verranno cliccate nei risultati di ricerca e possono interpretare le tue analisi per vedere quali tipi di post sono più efficaci per raggiungere i tuoi potenziali clienti. Possono anche scrivere messaggi social accattivanti e sono in grado di caricare il contenuto nel tuo sito web senza causare errori HTML (un'attività spesso dispendiosa in termini di tempo e stress). Infine, l'outsourcing è ottimo perché garantisce il regolare aggiornamento del blog, il che è fondamentale per aumentare il posizionamento nelle ricerche. Si presume che il professionista esterno sia esperto anche di SEO e che ottimizzi i testi e i link tra gli articoli per ottenere il massimo del rendimento per i motori di ricerca. Quando affidi a esterni la scrittura del blog, poi, sei il cliente. Ciò significa che terminare i tuoi contenuti in tempo è la priorità dell’autore dei tuoi articoli e che hai la garanzia di pubblicare i contenuti in tempo e con regolarità (indipendentemente da ciò che sta succedendo nella tua azienda!). b. Sfide dell'outsourcing Ad essere sinceri, un bravo scrittore può essere difficile da trovare. L'ultima cosa che vuoi nel tuo blog sono articoli scritti male che non generano interesse o traffico, poiché non presentano un contenuto interessante o sono andati fuori tema, facendo perdere così prestigio al tuo blog sul web. Molte aziende si scoraggiano perché non sanno come valutare se uno scrittore è in grado di soddisfare le loro esigenze. L'outsourcing richiede anche che tu abbia una solida conoscenza del tuo settore e che sia in grado di comunicare le esigenze dei tuoi buyer persona. La colpa per lo scarso risultato di un blog in outsourcing può dunque dipendere da te, e non dall'autore: offrigli contenuti e spunti interessanti, e soprattutto informazioni pertinenti sui tuoi clienti ideali, o i risultati non si faranno vedere. Vuoi mettere insieme le due cose? Fortunatamente, è possibile ottenere il meglio di entrambe queste due pratiche utilizzando una tecnica chiamata outsourcing strategico. Se vuoi che qualcuno trasformi le tue parole in articoli, considera l'abbinamento con uno scrittore che è anche un buon intervistatore. Una conversazione di 15 minuti può essere trasformata in un post sul blog, mentre una chiamata di mezz'ora potrebbe trasformarsi in diversi articoli più piccoli, oppure in uno più vasto ed approfondito. La collaborazione con un intervistatore esperto rende i tuoi contenuti più personali perché lo scrittore riesce a percepire che cosa vuoi trasmettere, e sarà in grado di chiederti esempi specifici da includere nell'articolo. O se vuoi scrivere tu stesso gli articoli, ma hai bisogno di aiuto per assicurarti che tu stia facendo bene, prova a lavorare con uno stratega di Inbound Marketing: egli può aiutarti a scegliere le parole chiave su cui concentrarti e guidarti ad analizzare l'impatto dei tuoi sforzi sul blog. Può anche correggere i tuoi articoli per assicurarsi che siano più convincenti, avere gli elementi SEO di cui hanno bisogno e aderire alle migliori pratiche di marketing dei contenuti. Conclusione Sia che tu decida di scrivere da solo il tuo blog, sia che tu preferisca affidarlo ad esterni, la cosa più importante è iniziare per poter iniziare a beneficiare dei vantaggi di una propria voce sul web. E per lanciare il blog, non fare le cose a caso... inserisci il tuo blog all'interno di una strategia di inbound marketing, per generare lead, segmentarli e qualificarli commercialmente, aiutando i venditori a chiudere di più e meglio.
Che cos'è un piano di marketing? Ogni imprenditore dovrebbe porsi questa domanda, poiché senza un buon piano marketing, non attiri clienti. E senza clienti, non porti a casa il pane. E per realizzare un piano di marketing che dia buoni risultati, un buon punto di partenza sarebbe sapere COS'È un piano di marketing. Innanzitutto, distinguiamo bene dei termini che potrebbero essere ingannevoli. Strategia di marketing: sebbene intimamente legata al concetto di piano, la semantica della parola strategia ne ribadisce l'astrattismo; in altre parole, il piano di marketing è l'attuazione pratica - o per lo meno l'ufficializzazione dell'intenzione di attuare - una strategia di marketing, che è dunque una semplice stesura teorica. Piano di business: il piano di marketing è uno step di un progetto più grande, il piano di business appunto; immaginiamoci il progetto di costruzione di una casa (business), e quello di una camera dell'abitazione stessa (piano di marketing). Ora che abbiamo chiarito cosa NON è un piano di marketing, possiamo proseguire. Cos'è un piano di marketing Come abbiamo anticipato, un piano di marketing è l'attuazione pratica di una strategia studiata a tavolino con la finalità di raggiungere determinati obiettivi di marketing , e allo stesso tempo parte di un programma di business più ampio: ha quindi dei presupposti teorici da rispettare, e delle linee guida molto più vaste a cui fare riferimento. Nella pratica, si configura come un documento che contiene le indicazioni necessarie per portare avanti un'azione di marketing: un piano ideale dovrebbe avere termine nell'arco di un anno, una tempistica abbastanza estesa da permettere di raggiungere obiettivi importanti ma abbastanza breve da cambiare direzione nel caso ci sia necessità di rivedere alcuni dettagli. Quest'ultimo punto apre una tematica importante: un piano di marketing dev'essere necessariamente dinamico per funzionare, poiché è da mettere in conto che ci saranno degli imprevisti o degli errori di calcolo: l'importante è aggirarli, e rimanere ancorati alla propria strategia di base è un ottimo modo per NON riuscirci. Ora che abbiamo chiarito, vediamo quali sono le basi necessarie per impostare un piano di marketing a prova di bomba. Definisci la strategia di marketing Tutto, nel marketing, parte dalla teoria. Uno dei capisaldi del marketing è la previsione di come andranno le cose: le frasi che scrivi, i colori che scegli, le mosse che prepari, tutto è studiato in funzione di determinate aspettative. Un piano di marketing non può esistere senza una precedente strategia teorica, che va ad analizzare dati generali, preferenze del pubblico di riferimento, ipotesi di budget massimo e possibili offerte finali. Per definizione, la strategia è ipotetica: sarà sicuramente soggetta a variazioni, quindi non è importante soffermarsi sui dettagli quanto piuttosto dare una forma generale al futuro piano di marketing che ne scaturirà, in modo da avere una linea generale da seguire. Conosci il tuo business Nessuno conosce il tuo business quanto te: sfrutta questa potenzialità. Prendi in esame ciò che offri, il tuo ambito di riferimento, la struttura della tua azienda: sulla base di queste caratteristiche, preparati il campo e scegli una linea d'azione. Inoltre, una visione generale del tuo business ti aiuterà a verificare le debolezze e i punti di forza della tua attività, così saprai su cosa lavorare ancora e dove invece puntare forte. Non a caso, è in questa fase che molti imprenditori si autoesaminano tramite un esame definito SWOT, ovvero l'analisi dei propri punti di forza (Strenghts), delle proprie debolezze (Weaknesses), delle opportunità (Opportunities) e delle possibili minacce (Threats): esso darà un'idea dello stato del proprio business, e indicherà eventuali modifiche al piano e genererà consapevolezza dei propri limiti. Costruisci il tuo Buyer Persona Essenzialmente, un piano di marketing vincente gira tutto intorno ad un solo focus: il tuo cliente ideale. Il tuo obiettivo è vendere. E a chi devi vendere? Al tuo cliente. A chi deve piacere il tuo prodotto? Al tuo cliente. Chi deve attrarre il tuo piano di marketing? Il tuo cliente. Tutto gira intorno a lui, poiché ci troviamo in un'era in cui egli è il direttore dei giochi: se fino a vent'anni fa era il venditore l'unica parte attiva nel processo di vendita, al giorno d'oggi - principalmente a causa della diffusione a macchia d'olio di Internet - a dominare è il cliente. Ha a disposizione informazioni dettagliate su qualsiasi prodotto gli serva, e questo lo ha reso più selettivo, più capriccioso, e anche un pò più arrogante: per far sì che compri da te, hai bisogno prima di tutto di catturare la sua attenzione. E per conquistarlo, la cosa migliore è pensare come lui. Dunque, dobbiamo pensare come il nostro cliente di riferimento: obiettivo non facile come sembra, poiché per essere coerenti in questo passaggio occorrerà mettersi nei suoi panni - letteralmente. Di cosa ha bisogno? Perché? Come vive la sua quotidianità? Quali sono i suoi obiettivi a lungo termine? E i suoi problemi? Insomma, chi è? Per rispondere a questa domanda, l'inbound marketing ha sviluppato una nuova figura che trascende il tradizionale concetto di target, approfondendolo e dandogli spessore: sto parlando del Buyer Persona. Quest'ultimo è un personaggio immaginario, certo, ma l'idea di considerarlo come una persona reale è il fulcro dell'attività di immedesimazione: dargli un nome, un'età, contestualizzarlo, sono tutti passaggi che aiuteranno a capire quali saranno le proposte giuste da fargli. Osserva la concorrenza In qualunque ambito tu sia attivo, avrai sempre dei rivali sul mercato. È fondamentale tenere queste aziende sotto controllo, per sapere come si muovono e poter rispondere alle loro mosse strategiche con il giusto tempismo: non preoccuparti, non si tratta di giocare sporco, e senza ombra di dubbio anche loro controlleranno i tuoi movimenti. Perdere d'occhio la concorrenza può essere fatale: tutti i mercati sono mutevoli, e spesso l'accorgersi di queste variazioni è frutto di pura casualità: non seguire queste maree può comportare grossi svantaggi nei confronti dei propri competitors, se essi sono attenti agli andamenti del mercato e tu no. Anche sbirciare alle loro strategie e ai loro contenuti è utile per saper come gestire i propri prodotti e servizi: aggiustare i prezzi, fare offerte più succulente e proporre servizi esclusivi porterà ad un netto vantaggio nei loro confronti, e questo non è possibile nel momento in cui non si tiene d'occhio la loro strategia. Stabilisci un budget Ovviamente, prima di parlare di prezzi e offerte è fondamentale fare una considerazione importante: che budget hai a disposizione? I tuoi fondi totali vanno quantificati per un semplice motivo: andranno spezzati in molte frazioni, che a loro volta andranno a finanziare vari altri progetti minori. Non individuare una somma di partenza comporta il rischio di sforare il tetto massimo e andare in perdita nel caso in cui la tua campagna o, in ogni caso, non soddisfare le aspettative. Questo passaggio non è semplice come può sembrare: richiede attenzione, pianificazione e saper stimare le somme in base a fattori commerciali ed economici. Lancia un'offerta che interessi al tuo buyer persona L'ultimo passo, quello che va ad incidere sulla parte immediatamente precedente alla chiusura, è composto dalla formulazione di un'offerta succulenta. Ora che hai ipotizzato una strategia, identificato il tuo Buyer Persona, spiato cosa offre la concorrenza e definito il tuo budget totale, è il momento di farsi avanti di persona e proporre a chi è interessato ai tuoi contenuti una proposta allettante: devi assicurarti la loro attenzione con qualcosa di atipico e coerente, che si differenzi dalle altre offerte sul mercato. Ad un potenziale cliente interessano principalmente due fattori quando si tratta di acquistare: la qualità di un servizio/prodotto e il suo prezzo. Con la crescita del web marketing e della diffusione degli ecommerce sono entrati in gioco altri fattori, come la modalità di presentazione e le condizioni di consegna, ma il rapporto tra qualità e prezzo è da sempre l'elemento determinante per concludere un affare. Conclusione I fattori che determinano la riuscita di un piano di marketing sono diversi, e basta che solo uno di questi venga trascurato per mettere a rischio l'intero procedimento: per questo motivo, un piano efficace deve coinvolgere varie persone, prevedere una buona divisione dei compiti e avere dei punti di riferimento ben chiari. Come emerge da tutto ciò, creare un piano di marketing geniale non è uno scherzo, e avanzare con un business senza seguirne uno porterà solamente ad uno spreco di soldi e tempo: se hai bisogno di consulenza, o di qualcuno che sviluppi un piano efficace per la tua attività, scegli i migliori sulla piazza.
Scegliere un'agenzia per l'inbound marketing, che supporti il lavoro del tuo team marketing interno o che sia in grado di sviluppare e gestire il progetto: è un punto con il quale sempre più aziende che vogliono cambiare il loro modello di business si confrontano. Ma non è facile capire a chi affidarsi: all'agenzia che da 10 anni mi segue il sito? Al freelance che mi gestisce i social media? All'azienda specializzata in SEO? Già qui mi verrebbe da dire: a nessuna di queste! Il che ci porta all'elenco di elementi da valutare per scegliere un'agenzia per l'inbound marketing. Premessa: cos'è l'inbound marketing Intanto, per chi si è perso le puntate precedenti, definiamo cos'è l'inbound marketing: L'inbound marketing è una metodologia che raggruppa tutti gli strumenti e tattiche che sono proprie del web marketing (sito web, blog, Socia Media, SEO, Adwords, ADS, landing page...) con l'obiettivo di portare i visitatori sul sito web, convertirli in contatti del database (lead generation), segmentarli in base alle interazioni con i contenuti che presentiamo sul sito, sui social network e nelle newsletter, per alimentarli successivamente nel modo corretto (lead nurturing), con l'obiettivo di trasformali in clienti, aumentando il fatturato dell'azienda. Semplice, no? Ok, magari non tantissimo, ma diamo comunque per scontato che, se stai cercando un'agenzia che faccia inbound marketing - e per questo motivo stai leggendo questo articolo - sai più o meno di cosa si tratta. Puoi comunque approfondire il tema su altri articoli del nostro blog: La metodologia inbound marketing La differenza tra inbound marketing e outbound marketing La differenza tra lead generation e inbound marketing La parola fuffa del momento è inbound marketing, attenzione! Andiamo quindi agli aspetti da valutare per scegliere un'agenzia di inbound marketing. Un'agenzia specializzata in inbound marketing Devi andare da un'agenzia che sia specializzata e si proponga per una cosa specifica. Gli anni '90 sono passati da un pezzo, quando un webmaster costruiva e gestiva il sito web in tutto e per tutto e il mondo si fermava al sito web. Oggi internet è una realtà complessa: ci sono i social media, la SEO, il blog, le landing page, le campagne AdWords, le sponsorizzate su Facebook, Instagram e LinkedIn, le campagne Adv di banner, l'email marketing, la gestione delle offerte per la conversione... e anche il sito web. La prima cosa che mi viene in mente di dire è che se hai intenzioni di imbarcare la tua azienda aa bordo del viaggio dell'inbound marketing, destinato a cambiare il modo in cui la tua azienda pensa lo sviluppo commerciale e l'apertura di nuovi mercati, devi andare da qualcuno che sa di cosa parla, che domina il tema e che sa gestire un processo di trasferimento di know-how... e soprattutto che faccia lui, per la sua azienda, inbound marketing. Perché il discorso del calzolaio con le scarpe rotte non mi è mai andato giù più di tanto. Se devo scegliere un'agenzia brava a fare inbound marketing, per prima coso posso valutare l'efficacia e le capacità su campo sul progetto più visibile: il loro sito web! Non dimenticarti quindi di farti mostrare i loro numeri: quanti lead convertono al mese con il loro sito? Quanti si trasformano in clienti? Da che canale arrivano? Quanto scrivono? Con che keyword si sono posizionati? Come gestiscono il cliente? Insomma, spesso le agenzie non mostrano i numeri delle campagne inbound dei loro clienti, perché, giustamente, può esserci o del pudore o - meglio ancora - un giusto rispetto sulla privacy del business altrui. Ma la loro strategia, i loro numeri... dovrebbero per lo meno mostrarli per dimostrare cosa sanno fare, come lo fanno e che risultati si portano a casa. Un'agenzia che usi HubSpot per fare inbound marketing Il termine INBOUND MARKETING è stato coniato nel 2009 da Brian Halligan, co-fondatore e CEO di HubSpot, una società che si occupa di software per il marketing: è di quell’anno la pubblicazione del libro Inbound Marketing: Get Found Using Google, Social Media and Blogs scritto dallo stesso Halligan, Dharmesh Shah (uno dei creatori della società) e David Meerman Scott. Il libro è stata una grande campagna di pubbliche relazioni per far conoscere al mondo questo nuovo modo di fare marketing, un modo che sarebbe stato presto implementato in un gran numero di aziende. [Il libro è stato aggiornato nel 2014 e ora viene proposto con il titolo: Inbound Marketing, Revised and Updated: Attract, Engage, and Delight Customers Online, a riprendere le fasi della metodologia proposta. Disponibile anche in lingua italiana per Kindle, col titolo Inbound Marketing. Attirare e soddisfare i clienti online.] Io credo nel modo più assoluto che non si possa fare inbound marketing senza utilizzare HubSpot: il fatto che in Italia ci siano un sacco di agenzie e consulenti che propongano inbound marketing & sales, senza far riferimento alla piattaforma – senza neppure sapere che esiste – è una situazione generata dall’assenza commerciale di HubSpot in Italia, nei primi 10 anni in cui il termine inbound marketing ha preso piede in tutto il mondo, anni nei quali la metodologia inbound si è dimostrata vincente e ha travalicato i confini nazionali degli Stati Uniti per arrivare qui. A differenza degli USA, qui non c'era la multinazionale che ha inventato il termine e che ha registrato (con copyright) la parola Inbound, perché nessun altro possa utilizzarla negli eventi. In Italia la rincorsa a chi si accaparrava il termine l'avevano vinta i consulenti SEO. Poi però, dal 2016 in poi, il sempre maggior numero di agenzia partner di HubSpot in Italia, ha leggermente riequilibrato la questione, e oggi sembra molto più chiara: la SEO è solo UNO degli elementi dell'inbound marketing (uno dei tanti e neppure, forse, il più importante). In altre parole: non usare HubSpot per fare inbound marketing, in assenza nel mercato di una piattaforma che “pensi” e “ragioni” come HubSpot, offrendo i servizi che offre HubSpot, significa in parole povere non fare inbound marketing. Ti mancherà sempre un pezzo, o molti pezzi, se ti manca il software. Se ti manca HubSpot. La lead generation, nell'inbound, ha senso nella misura in cui porti a casa informazioni sui lead che ti permettano di segmentarli ed alimentarli, qualificarli commercialmente e passare la palla al sales. Ecco che diventa indispensabile una piattaforma software che ti porta, all'interno del contatto, le informazioni sulla navigazione sul tuo sito e blog, comportamento con le Call-to-Action, interazioni avute sul social (click ricevuti sulle piattaforma) e con le newsletter/email, e che ti permette dunque di sapere da quale condivisione sui social sei riuscito a generare il tal contatto... per arrivare poi a sapere quali diventano clienti e attraverso che tipo di interazioni commerciali di contatto one to one. HubSpot è l'unico software che, nella pratica, ti chiede di impostare i Buyer Persona (leggi Cos'è un Buyer Persona) prima di iniziare ad usarlo. Ora, si può fare inbound senza impostare prima i Buyer Persona? No. E un software che non te li fa impostare non è un software che fa inbound marketing. Da tutto ciò: se un'agenzia non è un partner HubSpot non è un'agenzia che fa inbound marketing. Un'agenzia con le competenze per fare inbound marketing Quali sono le competenze di un'agenzia che fa inbound marketing? Essendo l'inbound marketing una metodologia che utilizza tutti gli strumenti del digital marketing con lo scopo di generare lead, segmentarli, alimentarli e chiudere commercialmente, dire che quante più competenze di ambito digital ci sono all'interno di un'agenzia, quanto più può funzionare l'attuazione di questa impostazione. Quindi, oltre al prerequisito di dominare HubSpot e saperlo piegare alla strategia di ogni singolo cliente (conditio sine qua non), ci dovrebbero essere, per lo meno, all'interno dell'agenzia che si propone come una specialista dell'inbound, delle competenze radicate in questi ambiti: Realizzazione grafica web: realizzazione di siti, analisi e costruzioni di landing page, sviluppo di blog. Creazione e sviluppo contenuti: per il sito, per il blog, per le landing page, per le newsletter, per la realizzazione di ebook e altri contenuti da far scaricare. SEO e campagne a pagamento: dovrebbe esserci la capacità di impostare una strategia di ottimizzazione SEO del blog, del sito, delle landing, sia attraverso l'ottimizzazione on site che off site (link building); ma altresì la capacità di gestire campagne pubblicitarie su quanti più canali possibili (Facebook, Instagram, LinkedIn, banner...). Gestione Newsletter: la capacità di creare un funnel dei contenuti, tramite alimentazione via email, è determinante una volta che si è iniziato a generare lead da web. Marketing automation: per la corretta alimentazione dei contatti, dominare le tecniche base di marketing automation è determinante. Ecco che senza specialist all'interno che si possono occupare di questo aspetto, risulta difficile, in prospettiva, gestire una campagna di inbound marketing. Un'agenzia umile Un'agenzia che fa inbound marketing deve essere umile. Quando uso il termine umiltà lo utilizzo nell'accezione più positiva che possiate immaginare: l'inbounder è uno che sa di non sapere e che saprà le cose mano a mano che avrà dati per poter analizzare la realtà. Non è l'agenzia ad esser brava, se l'inbound marketing funziona e ti permette di trovare nuovi clienti. Quello bravo sei tu, il cliente: la strategia di business è quella tua, tuo il prodotto, tua la definizione dei mercati e del posizionamento del tuo prodotto e servizio. Sei tu che fai funzionare l'inbound marketing: io posso aiutarti, affiancandoti con il mio know-how e le competenze che metto a disposizione, ma tu le paghi e le fai fruttare. L'agenzia è uno strumento, come HubSpot, al servizio della crescita del business della tua azienda. Si parla spesso di processo di vendita consultivo (o consulenziale) quando si parla di aziende che fanno inbound marketing: il venditore non va più in spinta da commerciale e vuole aiutare il cliente a fare l'acquisto più consapevole della sua vita, anche quando questo dovesse significare farlo andare da qualcun altro. Mai più azienda leader del settore, mai più pagine su pagine che parlano dell'azienda: tutto viene rivolto ai bisogni, ai problemi e alle necessità del potenziale cliente. Se un'agenzia che fa inbound marketing parla più di se stessa e dei suoi clienti, che non ascoltare i bisogni di chi ha di fronte o che arriva a visitare il suo sito, stanne alla larga! Conclusione Mi verrebbe troppo semplice concludere l'articolo con una frase come se stai cercando un'agenzia che fa inbound marketing, perché non provi a scoprire ICT (digitalthink)? Certo, sarebbe facile e scontato. Ma a volte le cose facili e scontate sono quelle che ci vengono meglio... quindi: se stai cercando un'agenzia che fa inbound marketing, perché non provi a scoprire ICT (digitalthink)?
L'inbound marketing per la PMI: è qualcosa di possibile? Come la PMI può usare HubSpot per portare a casa risultati con la metodologia inbound? Proviamo a rispondere a queste domande frequenti, che passano - giocoforza - attraverso i costi e le possibilità di guadagno che una PMI ha, nel momento in cui accarezza l'idea di fare inbound marketing e dotarsi di HubSpot. HubSpot è il programma per la gestione completa degli strumenti che ti permettono di fare inbound marketing e gestire la comunicazione digitale della tua azienda. Il binomio HubSpot-Inbound marketing è molto stretto, essendo stato, il termine inbound marketing, coniato dai due fondatori di HubSpot, in un libro del 2009 dal titolo “Inbound Marketing, attirare e soddisfare i clienti online” (lo puoi acquistare su Amazon facendo click qui). Per approfondire puoi scaricare l'ebook Cos'è HubSpot o leggere il post del blog Hubspot, che cos'è. La metodologia inbound prevede alcuni passaggi quasi obbligatori: dall’analisi dei buyer persona a quella dei buyer’s Journey che essi compiono per avvicinarsi all’acquisto del tuo prodotto, per arrivare alla produzione di contenuti di valore per questi archetipi, la distribuzione dei contenuti su web, la conversione dei visitatori del sito in lead, l’alimentazione con contenuti successivi alla conversione, fino alla qualificazione commerciale del lead e il successivo passaggio alle vendite. Forse è più chiaro leggendo il post “la metodologia inbound marketing”, visto che qui, quello che dobbiamo capire è come una PMI può avvicinarsi al tema inbound marketing, facendo quadrare costi e risultati. Ma vediamo i due punti con cui deve confrontarsi una PMI prima di rivolgersi ad un'agenzia di inbound marketing. A. I costi dell’inbound marketing per la PMI Partiamo dai costi: Quanto costa HubSpot Quanto costa la formazione HubSpot ed inbound Quanto costa produrre contenuti Quanto costa la distribuzione dei contenuti 1. Quanto costa HubSpot per la PMI? HubSpot ha un prezzo che mescola funzionalità (crescenti a seconda del prezzo) e numero di contatti che si possono gestire (il costo, ogni mille, diminuisci all’aumentare el costo della piattaforma). Partiamo dalle funzioni base di HubSpot: Gestione dei contatti e delle aziende Gestione delle opportunità Blog interno ad HubSpot Landing Page interne ad Hubspot Possibilità di realizzare il sito all'interno di HubSpot Design manager per gestire la grafica del blog e delle landing page Form con cookie per chi li compila Le liste per segmentare in base ai comportamenti sul sito o ai dati anagrafici Gestione della Call-to-action Newsletter con sistema di creazione modelli drag & drop Gestione dei popup con i form (lead flow) Vari strumenti di analisi e gestione della strategia Il pacchetto base (HubSpot CMS + HubSpot Starter) Quindi diciamo che la piattaforma software si porta a casa attorno ai 4.000 € annui (che diventano 10.000 € nel caso del professional con la marketing automation) 2. Quanto costa la formazione per la PMI? Per implementare un progetto con Hubspot di inbound marketingv(che miri a portare dei risultati concreti) ed imparare ad usarlo, parliamo di 15.000/25.000 € l'anno, con l'esclusione di tutta la parte di produzione dei contenuti, per la quale si potrebbero aggiungere altri 10.000-20.000 € Per la PMI si può pensare ad una formazione HubSpot CRM (per gestire i contatti) e ad un costo di affiancamento del cliente continuativo al quale sommare poi la gestione pratica del progetto. Un progetto, con degli interni che si caricano il coso dei contenuti, attorno ai 10-20.000 € totali. 3. Quanto costa produrre contenuti per la PMI Produrre contenuti di valore per i potenziali clienti costa. Costa in termine di ore lavoro. Fondamentalmente bisogna produrre articoli del blog per attirare visitatori ed rapporti/ebook/webinar per offrire qualcosa di scaricabile in cambio dei dati. Bisogna scrivere le email di ringraziamento e gestire i testi nelle Landing page che ospitano il form, Il costo principale è quello di produrre articoli di un blog che si qualificano come utili per il nostro target. Quanto costa produrre un post del blog? Quanto costa produrre contenuti? Una domanda affascinante vero? I contenuti devono essere utili, ma anche la scrittura deve essere abbastanza semplice, con costrutti sintattici che favoriscono una lettura piacevole… il tutto ottimizzato SEO. Bisogna inserire questi contenuti all’interno del software, formattarli con titolati e link, trovare un’immagine da abbinare…Insomma, quanto ci mettiamo? Tutto dipende dal tipo di contenuto che si vuole produrre. Immaginiamo un titolo “Quanto costa aprire uno studio medico in città”. Potrebbe volerci una settimana per recuperare tutte le informazioni per scrivere un articolo anche semplice. Quindi, quanto costerebbe - in termini di risorse/ore - produrre un contenuto simile? 20 ore? 30 ore? Ovviamente bisogna combinare l’interesse dei contenuti, mixarlo con il know-how disponibile in azienda e trovare il modo di non complicarsi troppo la vita. Immaginiamo 5-6 ore di lavoro per ogni post del blog e una 20-25 ore ogni ebook in pdf (compresa la grafica). Un paio di ore per ogni nuova landing page e qualche ora di analisi o accounting. Quanti materiali vogliamo produrre? Beh, meno di un paio di post al mese e un ebook con relativa Landing page ogni due mesi, difficile. Portiamo 12 ore al mese per il blog, 10/15 per l’ebook (uno ogni due mesi, quindi prendiamo le ore totali e dividiamole per due, per calcolare un monte ore lavoro al mese), 4-5 ore di Accounting, distribuzione sui social, ottimizzazione SEO dei contenuti. 4. Quanto costa distribuire i contenuti Con il tempo, la quantità e la qualità dei contenuti prodotti del blog, ci faranno arrivare dei lead anche senza muovere un dito. Ma nella fase di startup del progetto non facciamoci conto. Bisogna pagare per raggiungere il proprio pubblico, per trovare chi cerca le nostre offerte. In un progetto pilota di massima, senza saper ne leggere ne scrivere, ovvero senza sapere di che progetto stiamo parlando, potremmo stanziare un budget di circa 200/300 € al mese. Al che ci porta la spesa di distribuzione a circa 2.500/3.000 € il primo anno. Totale dei costi annuali del progetto inbound per la PMI La somma dei costi pone il progetto inbound marketing per la PMI al livello di una piccola fiera, tra i 25.000 € e i 30.000 € per i primi 12 mesi. Ma ora veniamo alla parte interessante… B. Quando conviene fare inbound marketing per la PMI Il conto è semplice: conviene fare inbound marketing quando l’obiettivo di ottenere nuovi clienti, tanti quanti siano sufficienti a coprire i costi di acquisizione, non sembri un miraggio. Come si fa a capirlo? Ragioniamo sul margine operativo che si ha su un cliente e quanto questo cliente può “valere”. Esempio 1 Vendi macchine da 10.000 € e porti a casa 1.500 di margine sulla vendita della macchina, il cliente medio ne compra due e poi c’è una manutenzione ed assistenza di 1.000 € all’anno per 10 anni, sul quale c’è un margine del 20% (ovvero 200 € l’anno per 10 anni) Il cliente ci permette di guadagnare, nel suo ciclo di vita, mediamente 1.500 sulla macchina e 2.000 € sulla manutenzione ed assistenza, per due macchine. Ovvero 7.000 €. Per far quadrare i conti dell’inbound - nel corso del progetto pilota - devo trovare 5 clienti in più, che mi farebbero portare a casa 35.000 di margine e un fatturato di 200.000 €. Vi sembra qualcosa di fattibile? A me sì. 5 clienti in più iniziando a fare le cose per bene non è un’impresa impossibile, ma deve essere un punto di partenza: tarando leggermente pesa ed obiettivi, prima del terzo anno bisogna capire come portarne a casa 10, alzando l’asticella. Ovvero puntare a spendere 40.000 € di inbound per portare a casa 500.000 € di fatturato. Esempio 2 Vendi macchine da 1.000 € e ci guadagno 100 €. Non c’è alcuna manutenzione. Per far quadrare i conti devi trovare 400 nuovi clienti per aumentare i fatturato di 400.000 € e portarti una marginalità addizionale di 40.000. 400 nuovi clienti con 6 ebook e 25 post del blog? Difficile. Poi, ovviamente, dipende dai contesti: se non hai nessuno nel tuo settore che ne parla, se si può gestire con un ecommerce per abbattere i costi di gestione e lavorare sulla marginalità… insomma, va analizzato il contesto. Ma avere dei clienti che valgono di più e che ti permettono di marginalizzare cifre interessanti, rendono il progetto di inbound marketing per la PMI decisamente più abbordabile.
L'inbound marketing si distingue dal marketing tradizionale per diverse caratteristiche (per maggiori informazioni a questo proposito, vedi Inbound marketing e outbound marketing: qual è il migliore?), ed una di quelle che maggiormente hanno concorso al suo successo nello scenario del marketing è la premeditazione di qualsiasi azione: dall'ideazione del Buyer Persona, ai contenuti che vengono proposti nelle diverse fasi del Buyer's Journey, fino al momento di passare un sales qualified lead al team di vendita, tutto è frutto di un ragionamento basato sui dati ottenuti. Grazie a questa preparazione, l'inbound permette a chi lo applica di arrivare a trattare solo con possibili clienti realmente interessati al prodotto: ma vediamo nei dettagli ogni passaggio che porta un semplice visitatore a trasformarsi in cliente. La creazione del Buyer Persona Ogni campagna inbound parte allo stesso modo: con l'ideazione del soggetto ideale interessato al nostro prodotto. Ma attenzione, non stiamo parlando solo di interesse professionale o probabilità d'acquisto aziendale: qui si considerano anche la sfera emotiva, le abitudini, i traguardi prefissati e le difficoltà del nostro personaggio, che sarà per questo un Buyer Persona e non un semplice target. Questa puntualizzazione è la chiave di tutto: il cliente a cui miriamo è una persona in carne ed ossa, che ragiona, vive e lavora, ha degli obiettivi di vita e dei problemi quotidiani. Tutte queste variabili ci porteranno alla creazione di una figura verosimile per la quale dovremo creare contenuti interessanti e mirati, contenenti tutte le possibili informazioni a proposito del prodotto che gli proporremo solo subito prima di presentarla al team di vendita: man mano che il nostro lead accetterà i nostri contenuti aumenteranno anche le possibilità che ci contatti lui stesso, e a quel punto si creerà un situazione di confidenzialità che aiuterà moltissimo nella fase della chiusura. Il Buyer's Journey e gli step decisionali Anche senza un contatto diretto, potremo seguire l'evoluzione di un lead (viaggio definito Buyer's Journey) osservando i contenuti che scaricherà: analizziamo i passaggi cruciali e i cambi di mentalità del Buyer Persona man mano che egli si avvicina al momento della nostra proposta. Inconsapevolezza Non tutti i visitatori che approdano sul tuo sito o che si imbattono su un tuo documento online possiedono la cognizione di un particolare bisogno: spesso è proprio il primissimo contatto con un contenuto inbound che risveglia in loro la consapevolezza di un problema o di un possibile miglioramento di condizione esistenziale. Questa fase non è canonicamente inserita negli step di conversione in cliente proprio perché non è comune a tutti: più della metà dei compratori online, infatti, navigano su internet con le idee chiare a proposito del loro obiettivo o con la consapevolezza di ricercare qualcosa che soddisfi i loro bisogni. Consapevolezza (TOFU) Nel momento in cui scatta la realizzazione del problema o del bisogno, ecco che viene a crearsi la prima metamorfosi del nostro visitatore: egli è ora un potenziale cliente, un candidato per il traguardo finale della vendita, un prospect. Se il nostro contenuto si rivela essere adatto ed efficace, egli scaricherà altro materiale, fornendoci i suoi dati e creando il primo rapporto tra noi e lui: sarà considerato un lead, che inizieremo a tenere d'occhio in attesa del momento adatto per farci avanti. Considerazione (MOFU) Un lead realmente interessato all'argomento non si limiterà a scaricare un documento, leggerselo e poi continuare come se niente fosse. Continuerà invece a cercare informazioni sempre più approfondite sul prodotto di cui ha bisogno, scaricando tutto ciò che riterrà utile, iniziando a verificare da altre fonti se quello che ha letto è corretto e valutando se quello che gli si trova davanti è adatto alla risoluzione del suo problema; comincierà anche a dare un'occhiata ai prezzi, per farsi un'idea degli eventuali costi nel caso decidesse di comprare. Decisione (BOFU) Un lead che arriva a questo livello è tenuto in enorme considerazione dal team marketing, che inizierà a segnalarlo anche al team di vendita: infatti, un utente che si sta interessando ai contenuti di questo stadio sta cercando informazioni che lo convincano a comprare, come possono essere case history o descrizioni dell'efficacia del prodotto. Si trova infatti nella fase della decisione: molti dei potenziali clienti giunti fin qui sono indecisi, e aspettano solo l'ultima spintarella che li convinca a comprare. Delizia Un cliente acquisito non è, per l'inbound, un cliente consumato: al contrario, è forse in questo momento che si concentreranno maggiormente su di lui le attenzioni del team marketing, che lo terranno aggiornato e gli forniranno documenti aggiuntivi. Perché? Perché un cliente affezionato è un cliente che, se dovesse aver bisogno di qualcos'altro, tornerà da chi lo ha trattato bene. Preparazione per la vendita Ma focalizziamoci sul momento critico di ogni strategia di marketing: il momento di persuadere il quasi cliente a comprare, e affidarlo al team di vendita. Se il team di marketing ha successo, il reparto sales si troverà di fronte ad un compito estremamente semplificato: avrà dinnanzi a sé un lead ad un passo dal diventare cliente, già ben informato sulle caratteristiche e sulle potenzialità del prodotto e deciso ad acquistarlo. L'unica cosa che dovrà fare è accordarsi per definire i termini di vendita o, nel caso, gli estremi di un contratto. Questo non è assolutamente un fattore da sottovalutare: il venditore tradizionale doveva destreggiarsi tra la presentazione di un articolo presentato per la prima volta ad un cliente che poteva essere interessato come no (il più delle volte incline alla seconda ipotesi) e il tentativo di chiudere il prima possibile la vendita, senza nessun tipo di vantaggio sulla persona seduta davanti a lui, e soprattutto senza nessun tipo di informazione. Per questo, si puntava interamente sulle qualità del prodotto, non conoscendo nulla della figura al quale s'intendeva vendere e non avendo dunque nessuna leva da utilizzare per facilitare la transazione; il venditore inbound, invece, ha potuto osservare l'evoluzione del futuro acquirente, saprà quali saranno i suoi maggiori interessi e potrà dunque creare un ponte che lo aiuterà a fare centro. Conclusione Ed ecco come l'inbound marketing aiuta un'azienda a vendere di più: Primo, seleziona ed attira solamente clienti adatti all'acquisto, limitando i fastidi ai non interessati e facendo risparmiare tempo sia ai marketer che ai venditori. Secondo, segue passo passo il lead durante l'intero Buyer's Journey, affiancandolo con consigli e informazioni extra, chiarendo i suoi dubbi e creando un rapporto di confidenzialità. Terzo, prepara il futuro cliente alla fase di chiusura, accompagnandolo mano nella mano fino alla vendita. Quarto, mantiene i contatti con ogni cliente acquisito con possibilità di reiterare l'acquisto, assicurandosi una folta rete di sostenitori del brand e fondando una solida base per il passaparola. Insomma, l'inbound semplifica la vita a tutti: i clienti sono attratti e non strattonati, il team di marketing lavora in maniera più rilassata e dinamica, il reparto di sales vede il suo compito semplificato di molto. E la cosa migliore è che l'inbound è praticabile da chiunque: l'efficacia di una campagna di inbound marketing dipende molto di più dalla creatività di chi la produce piuttosto che dal suo budget, a patto che sia supportata dalla giusta agenzia. Cosa ne dici, sei pronto ad iniziare la tua prima campagna di inbound marketing?