La generazione di contatti per le aziende B2B è diventata un problema da quando il commerciale non possiede più il potere del catalogo, quell’immensa fonte di conoscenza che prima di internet era l’unico modo per sapere quali erano le novità del settore in cui si operava e i prezzi a cui erano vendute. Il commerciale tutto d’un tratto non riesce più a farsi aprire la porta perché davanti a lui c’è il muro della conoscenza, il sapere acquisito su web da parte dei suoi potenziali clienti che non hanno più bisogno di lui. Come fare quindi, per riuscire a farsi aprire la porta dalle aziende a chi vuoi vendere il tuo prodotto? Come fare a costruire relazioni valoriali che ti permettano di essere in contatto “di fiducia” con il tuo prospect? “Il web è grande, il web ha ucciso i dinosauri” No non sto vaneggiando con una frase sparata “ad canis cazzum” ma è una citazione, ahimè poco colta, per dirla fuori dai denti: se è internet che ha messo in crisi i rapporti e le dinamiche cliente-fornitore nella fase commerciale, è dal web che puoi trovare la maniera per superare l’empasse e andare verso una nuova epopea commerciale e trovare nuovi contatti. Il marketing diventa spesso sinonimo di business strategy soprattutto in un ambito B2B in cui segmentare il mercato, posizionarsi e conoscere completamente il proprio cliente diventano elementi alla base della differenziazione competitiva e della crescita aziendale. Per fare marketing nel settore industria si deve: Conoscere approfonditamente il proprio pubblico e i suoi bisogni; Conoscere come i tuoi prodotti possano risolvere i problemi dei tuoi interlocutori ed essere in grado di comunicarne il valore aggiunto. La strategia di marketing industriale deve porre al centro dell’attenzione il cliente e il primo obiettivo è raggiungere la sua soddisfazione. Il marketing industriale fissa alcuni aspetti fondamentali: Soddisfazione del cliente Orientamento verso il cliente e le sue esigenze Marketing e ricerca al centro dei processi aziendali Conoscenza dei clienti e dei loro problemi Creazione di soluzioni innovative per aiutarli Comunicazione personalizzata verso pubblici specifici Una strategia di marketing industriale digitale, quindi, ti permette di ampliare il pubblico in target che puoi raggiungere, riducendo i costi legati alla forza vendita. La lead generation e lead qualification permettono ai tuoi venditori di concentrare le loro energie sui contatti più interessati all'acquisto andando così a ridurre i tempi di conversione e i costi legati ad un approccio a freddo. Il mercato B2B è in continua evoluzione e diventa sempre più saturo di nuove tecnologie. I nuovi acquirenti B2B sono sempre più informati sulle soluzioni che soddisfano le loro esigenze per cui le piccole imprese dovranno stabilire una forte presenza online per evitare di perdere opportunità e lasciare il campo ai loro competitor. Vediamo allora alcuni passaggi che potrebbero essere utili nella definizione di una efficace strategia di digital marketing industriale. Fissa gli obiettivi da perseguire Posizionati Il tuo brand ha un valore, sfruttalo Individua le attività da intraprendere L’importante è misurare Calcola il ritorno sull’investimento (ROI) 1. Fissa gli obiettivi da perseguire Senza obiettivi ben definiti non si possono misurare le performance della strategia di marketing e delle attività di vendita. Per fissare i tuoi obiettivi poniti alcune domande: Conosco la notorietà e la reputazione del mio marchio? E’ da migliorare? Com’è la mia visibilità online? Come posso aumentare il numero dei contatti per ottimizzare il lavoro della forza vendita? I contatti che creo sono di qualità per la mia forza vendita? Come posso fidelizzare i miei clienti? Gli obiettivi che definisci devono essere SMART. Specific (Specifici) Measurable (Misurabili) Achivable (Raggiungibili) Realistic (Realistici) Time-based (Legati al tempo) “Voglio aumentare i miei contatti”: è un obiettivo? Non proprio, perché non soddisfa tutti i requisiti sopraelencati. “Voglio incrementare del 10% i contatti nel mercato tedesco entro i prossimi dodici mesi”; questo, ad esempio, è un buon obiettivo perché presenta tutte le caratteristiche “SMART”. 2. Posizionati Crea il profilo ideale del tuo cliente perché così potrai definire meglio le strategie, le attività, i canali e gli argomenti più efficaci per raggiungerlo. Definisci una serie di buyer personas il più rappresentativi dei tuoi potenziali clienti perché ti aiuterà a comprendere quali sono i loro obiettivi e sfide ed il percorso che svolgono nel processo di acquisto di un determinato prodotto o servizio. Tanto più sarai preciso in questa fase tanto più la tua strategia sarà efficace e ti permetterà di distinguerti dai tuoi competitor. 3. Il tuo brand ha un valore, sfruttalo Fanne un uso corretto e strategico. Devi trovare sempre il modo più adatto per entrare in contatto con il tuo acquirente potenziale con l’attività e i contenuti ideali per aumentare la sua consapevolezza nei confronti della tua azienda. Prendendo a prestito il titolo di un famoso film di Spike Lee “Fa la cosa giusta” e aggiungo “al momento giusto”. 4. Individua le attività da intraprendere Nel mercato attuale devi riuscire a far interagire azioni offline e online perché gli acquirenti B2B sono più evoluti. Introduci novità all’interno della tua strategia di marketing industriale puntando sul tuo sito web. Il sito web ti servirà per veicolare il maggior numero di contenuti sulla tua azienda e settore merceologico in modo che diventi un riferimento credibile e un’esperienza positiva. Se raccogli le informazioni dei visitatori coinvolgendoli a vari livelli otterrai sicuramente un risultato migliore con le attività commerciali che intraprenderai. Crea landing page e form per portare il visitatore a compiere delle azioni e a lasciare i suoi dati che saranno poi a disposizione della divisione commerciale per concludere la vendita. I programmi di marketing integrato, come HubSpot, ti permetteranno di massimizzare la tua esposizione e opportunità di coinvolgimento, assicurandoti di raggiungere i tuoi potenziali prospect e clienti in ogni fase del loro processo di acquisto. 5. L’importante è misurare Con la scelta delle attività da compiere non si esaurisce il tuo lavoro, anzi forse è appena cominciato!! Quello che devi fare è misurare se le azioni intraprese hanno dato le performance che ti aspettavi. Confrontando i risultati raggiunti per attività o per canale potrai comprendere meglio su quali attività andare ad investire e quali invece lasciare indietro. 6. Calcola il ritorno sull’investimento (ROI) Definiti obiettivi e metriche puoi calcolare il ROI del progetto di digital marketing. Quante volte ti sarai fatto le seguenti domande: Quante vendite sono state generate con l’investimento effettuato? Ho raggiunto il mio obiettivo? Il fatturato generato è superiore all’investimento? Ci sono alcune attività su cui è più facile calcolare il ROI, altre invece necessitano di maggiori considerazioni prima di determinarne il ritorno d’investimento. Ad esempio l’attività di content marketing è quella su cui è più difficile calcolare un ROI preciso perché è un’attività prolungata nel tempo in cui l’interazione è realizzata da soggetti diversi. Si deve quindi attribuire, ad ogni momento di contatto, il giusto peso per ottenere il ROI più preciso e utile per capire quali attività mantenere e quali abbandonare. Il tuo sito web per creare, sviluppare e mantenere le relazioni Con la creazione di contenuti rilevanti e informativi per convincere i nostri interlocutori a compiere una scelta “consigliata” (senza però che si accorgano che gliel’abbiamo suggerita noi) è l’aspetto su cui dobbiamo concentrare gli sforzi maggiori. Un sito web anonimo non è più sufficiente, si deve sviluppare un canale attraverso il quale si soddisfano le esigenze di tutti i nostri potenziali acquirenti per portarli all’acquisto finale del nostro prodotto/servizio. Il sito web che ti servirà per sviluppare il tuo business dovrà essere: Costruito su un CMS flessibile che faciliti la gestione dei contenuti e la loro pubblicazione in maniera flessibile e user friendly; Responsive che garantisca una buona navigabilità da tutti i device mobili così da ottenere il massimo dalla tua presenza online; Ottimizzato con una buona strategia SEO che ti permetterà di essere sempre ai primi posti sui motori di ricerca; Ricco di punti di conversione come call-to-action, form e landing page per far ottenere ai tuoi visitatori le informazioni che cercano in cambio del rilascio dei loro dati di contatto; Collegato ad un sistema di CRM o marketing automation in modo che marketing e vendite siano sempre pronti ad agire in relazione alle opportunità di business che si generano. Come qualificare un lead Lo sviluppo di una strategia di qualificazione, scoring e nurturing nei confronti dei tuoi potenziali lead ti permetterà di raggiungere gli obiettivi di vendita che ti sei prefissato. Per essere in grado di realizzare un lead scoring dei tuoi clienti sarà necessario che marketing e vendite siano d’accordo sulla definizione di un lead qualificato. Ma come si fa a qualificare un lead? Il cliente ideale Per arrivare a definire il tuo cliente ideale devi essere in grado di raccogliere tutte le informazioni essenziali che ti permettano di capire se la persona che te le sta lasciando sia effettivamente quella con cui fare affari oppure no. Le informazioni da raccogliere, in linea di massima, possono essere: Settore industriale Area geografica Mercato di riferimento Dimensione aziendale (fatturato, dipendenti) I bisogni che soddisfano utilizzando il tuo prodotto. Dovrai integrare queste informazioni con l’analisi dei comportamenti che il potenziale lead ha quando entra in contatto con la tua azienda: Quali pagine del tuo sito visita Frequenza con cui visita il tuo sito web Data della prima e dell’ultima visita Come interagiscono con te sui social Come interagiscono con le mail che invii (aperture e click). Con i moderni sistemi di CRM e Marketing automation ci sarà un’effettiva interazione tra vendite e marketing, dove le prime si concentreranno sui contatti più interessanti mentre il marketing cercherà di far avanzare nel journey i contatti meno qualificati. Mai pensato al content marketing? I contenuti creati dal marketing devono tramutarsi in conversazioni per le vendite. Gli acquirenti di oggi sono molto più autonomi in gran parte del percorso di acquisto, per cui i contenuti dovranno essere creati per attirare i visitatori giusti, aumentare l’awareness, guadagnare la loro fiducia per generare lead di maggiore qualità. Conclusioni Tutti gli aspetti descritti nel post sono le domande che ti dovresti porre per capire a che punto sta il tuo progetto online. Riesci a generare contatti con il tuo sito? E questi contatti come sono? A che livello del processo di acquisto si trovano?
HubSpot è una piattaforma software per gestire il marketing digitale, il commerciale e il servizio clienti di un'azienda con un unico obiettivo, far crescere il business in uno sforzo congiunto cross-team, che arrivano a condividere le stesse metriche, lo stesso strumento e gli stessi numeri. HubSpot è molte cose Quello che all'apparenza sembra un software di CRM ed email marketing, in realtà, sotto ad uno sguardo superficiale è molto di più e riesce ad insinuarsi e ad entrare in intimità con tutte le dinamiche di business di un'azienda. Una piattaforma che si presenta in modo semplice e con un'interfaccia facile da imparare e da usare... ma che in realtà si rivela uno strumento molto potente che sta al mondo del marketing e delle vendite proprio come Mr. Grey entra nel mondo dell'immaginario erotico femminile con prepotenza. Entriamo quindi nella stanza del piacere di HubSpot, dando un'occhiata alle varie sezioni e quali strumenti vengano utilizzati (e come), per raggiungere il piacere del business, ovvero l'aumento del fatturato, come conseguenza di azioni coscienti che sono state fatte con quello scopo. HubSpot è conoscenza Perché farsi trascinare da HubSpot ed entrare nel suo magico mondo (molto poco perverso ma molto frizzante)? Una risposta semplice, sopra a tutto: perché ti permette di trascendere il modo in cui hai fatto digital marketing prima di utilizzarlo, perché ti fa cambiare il modo in cui dai importanza alle cose che accadono sul tuo sito, perché ti permette di conoscere i problemi delle persone che arrivano sul tuo sito e diventano contatti del tuo database, perché in questo modo capirai cosa e come vendere loro i tuoi prodotti o servizi. Rewind. Come funziona questa cosa? Innanzitutto, per rispondere, devo farvi una confessione: ho mentito. Oddio, in parte solamente, perché HubSpot c'entra - e molto - ma non fa queste cose da solo. Bisogna prima leggere il libretto delle istruzioni di HubSpot e capire cos'è l'inbound marketing prima di lasciarsi andare completamente. Mettiamola così: la tecnologia è HubSpot, il metodo su come far funzionare tutti questi strumenti e raggiungere il piacere di trovare nuovi clienti é l'inbound marketing. Non a caso la metodologia inbound è stata codificata da Dharmesh Shah e Brian Halligan nel 2009 con il libro Inbound marketing. Questi due sono i fondatori di HubSpot che, scrivendo questa guida al come usare HubSpot hanno scritto un libro che ha travalicato i confini della loro creatura ed è servito per lo sviluppo di tecnologie simili, per conto di altri player. Ma, come si dice, la copia non ha nulla a che fare con l'originale, perché è nella perdita delle cinquanta sfumature di HubSpot che rende molto difficoltoso provare a fare inbound marketing con altri software concorrenti. Da dove deriva la capacità del sistema HubSpot-Inbound di generare conoscenza? Innanzitutto da un cambio di prospettiva sul potenziale cliente: non si ragiona più a target ma a buyer persona: bisogna capire cosa può dare piacere, fastidio, astio o possa rendere felice una persona, per riuscire ad entrare in empatia, per riuscire ad essere intimi e per riuscire a portare a casa l'obiettivo. Sto sempre parlando di fatturato, se non si stesse capendo. Un buyer persona è una rappresentazione semi-ideale di un cliente tipo, con tutto il suo mondo di bisogni e desideri, che cerca risposte utilizzando soprattutto il web. Questi bisogni e desideri, quasi sempre, finiscono con il bisogno di comprare qualcosa. In questo senso il buyer persona sta facendo un buyer's journey, un percorso di avvicinamento al momento dell'acquisto, superando varie fasi che lo portano a fidarsi del partner (commerciale) a cui sceglierà di concedere (la fiducia / denaro) per completare (l'atto dell'acquisto). Questo incontro del bisogno e dell'offerta è l'essenza più vera di quello che è (o dovrebbe essere) il mercato, quello spazio-luogo dove l'offerta non ha bisogno di diventare una pratica molestatrice (outbound marketing) ma nel quale chi ha bisogno trova ciò che lo appaga, che viene dato da chi ha conquistato fiducia (cuore e cervello) del cliente. Si stiamo sempre parlando di inbound marketing che si basa sull'attrazione, come un marketing dell'amore che non ha più bisogno di violentare con messaggi ossessivi per far cedere la volontà dell'acquirente, ma lo vuole sveglio, cosciente e consapevole, che è il modo più etico con il quale consumare il rapporto (economico) e legare due entità da un contratto (la compravendita). Come funziona l'attrazione... con HubSpot Lasciando da parte lo strumento HubSpot CRM, che permette di gestire le relazioni con i propri contatti, HubSpot Marketing permette di gestire tutte le fasi della storia d'amore tra il potenziale cliente e chi possiede e vende quella cosa-servizio di cui egli ha bisogno. Form è possibile creare su HubSpot dei form per raccogliere i dati delle persone che arrivano sul sito Landing page Si possono creare delle landing page all'interno di HubSpot, che ospitano i form per raccogliere i dati Cookie Quando un potenziale cliente compila un form, grazie alla tecnologia dei cookie, possiamo andare a tracciarne i comportamenti, vedendo quali pagine del sito visita, cosa clicca, cosa non clicca etc... Offerte di contenuti premium Ok, non è un pezzo dello strumento, queste dovete farle voi, poi su HubSpot potete caricarle come video o pdf. I contenuti premium sono determinanti, perché saranno questi che spingeranno le persone a compilare i form per ottenerli. I contenuti premium non sono delle offerte di prodotto o servizio, ma qualcosa di valore che viene dato in cambio dei dati del navigatore a chi è interessato ad approfondire un determinato argomento. Ovviamente, a seconda del tipo di contenuto premium che viene scaricato, capiremo quali sono gli argomenti che interessano allo scaricatore. Quindi: i contenuti premium vengono presentati sulle landing page e vi si accede compilando un form. Del navigatore che compila il form, grazie ai cookie, non solo capiamo quale form ha compilato, ma anche quali altre pagine del sito ha visto. Ovviamente se avessimo delle pagine del blog che trattano argomenti diversi potremmo sapere molte più cose dei nostri navigatori e... e proprio per questo un altro strumento di HubSpot è... Blog All'interno di HubSpot uno dei strumenti più performanti è senza dubbio il blog: si possono costruire differenti blog con differenti template grafici, a seconda delle necessità aziendali. Call to Action Altro strumento degno di nota, in questa rapida carrellata di funzioni di HubSpot Marketing, è quello deputato alla creazione e al monitoraggio delle Call to Action (CtA). Infatti ogni articolo del blog che non termina con una CtA è un coitus interruptus nella via della costruzione di un database di contatti profilati. La CtA posta all'interno di post del blog dovrebbe portare verso una landing page che presenta un contenuto premium, in modo da poter veicolare traffico verso gli snodi che permettono di portare a casa il contatto del visitatore. SEO Vista l'importanza rivestita dai visitatori che cercano online soluzioni per i loro problemi o spunti per le opportunità da affrontare, non possiamo evitare di menzionare lo strumento che permette di classificare i post del blog su cluster verticali tematici, verificandone le performance (sia a livello di accessi che di contatti generati da ogni cluster, per arrivare a capire anche quanti e quali clienti sono arrivati a generare) Social Per raggiungere performance stupefacenti basandosi solo sul grado di attrazione dell'attività di contenuti e SEO del proprio sito, i tempi a volte possono dilatarsi. Una mano dai social fa sempre comodo, sopratutto se si investe su contenuti utili ed interessanti per i propri potenziali clienti. Ecco che la sezione social di HubSpot ci fornisce strumenti per condividere i post del blog, pubblicare contenuti originali, programmarne l'uscita... ADS Ma per un vero acceleratore di business digitale, la pubblicità a pagamento è una vera manna: ecco quindi che si possono tracciare e monitorare le performance delle campagne su Google, Facebook e Linkedin, così come pure su molti altri canali paid, grazie alla possibilità di creare link tracciati e di imputarli alle più svariate fonti. Ovviamente oltre a monitorare, per ogni annuncio a pagamento che viene lanciato, il rendimento in termini di traffico, si possono imputare quali contatti e quali clienti sono arrivati da quella determinata spesa su quel determinato canale. Mail Ma che succede ad un contatto che ha compilato un form per accedere ad un contenuto premium? Si incalza, nel tempo, con un'attività di nurturing, di alimentazione. No no, nessuna insistenza per concludere; dopo il consenso informato e sapendo quali sono i gusti del nostro contatto - grazie alla segmentazione contenuti/cookie - si continueranno a proporre contenuti interessanti per quella persona. Workflow Le cose diventano decisamente interessanti quando, grazie alla segmentazione data dai comportamenti, origine e anagrafica dei contatti, puoi iniziare a mandare in automatico delle email o distribuire compiti all'interno del tuo team. Benvenuti nella marketing automation e questo, beh, è spaziale :-) Detta molto velocemente, si possono impostare della azioni come conseguenza dei comportamenti delle persone sul tuo sito, mescolando questi comportamenti con altre informazioni che abbiamo sul database. Ovviamente, se utilizziamo HubSpot anche come CRM e come service software, la quantità di informazioni in nostro possesso su un singolo contatto possono crescere e, di conseguenza, pure la possibilità di segmentarlo e di alimentarlo in automatico, con i workflow. Questo ci permette di costruire dei funnel comportamentali per spingere le persone avanti nel buyer's journey e seguirli fino al momento dell'acquisto. Puoi scaricare la Guida alla marketing automation per saperne di più. E fermiamoci qua... Facendo un rapido sondaggio - molto poco scientifico a dire la verità - tra utilizzatori di HubSpot, associare il termine porno all'uso della piattaforma sembra molto più calzante che erotico. Per chi coglie l'importanza del dato nell'economia moderna e di come questo dato possa diventare di supporto per il marketing e il commerciale, HubSpot - che raccoglie queste informazioni grazie alla metodologia inbound - è veramente un portento.
Nella “Critica della ragion pratica” Immanuel Kant sta facendo esplicito riferimento all’inbound marketing. La ragione empirica e la ragione pura La “ragion pratica empirica” è quella che dirige il comportamento delle persone. L’esperienza forma la “ragione empirica, che è quella che ci porta a non tornare con le mani sul fuoco dopo che ce le siamo scottate la prima volta che abbiamo provato a toccarlo. Da questo dipendere dai fenomeni circostanti ne deriva una morale che varia individualmente, legandola così tanto all’esperienza che subordina la volontà. La “ragione pratica pura” è innata, è qualcosa che non dipende dall’esperienza, è una ragione a tratti socratica, che trascende l’esperibilità dell’individuo. Questa “ragione pura” è quella che può portarci ad una morale universale, slegata dall’esperienza variabile del singolo, che può portare a idee molto distanti tra loro su ciò che sia giusto e sbagliato. La ragione pratica empirica è quella che porta a desumere concetti universalmente validi, partendo dalla nostra parziale esperienza. Cosa che, evidentemente ci porta a sbagliare. Infatti la legge morale incondizionata deve avere due caratteristiche: Deve essere una scelta morale libera e autonoma Deve essere una legge morale uguale per tutti, indipendentemente dai contesti. Dalla ragione empirica alla ragion pura nel digital marketing La ragione empirica è quella che ci porta a smettere di mandare le email a freddo alle persone perché vediamo che la maggior parte di loro non le legge, ci segnala come spam e fa abbassare l’autorità del nostro dominio (e della nostra reputazione reale). Ma è anche quella che, nel caso ci sia un ritorno con le telefonate a freddo, fatto da un call center in qualche paese straniero a basso costo e che portano ad una redditività di qualche tipo, porta a far pensare che vada bene così. Ora, risulta chiaro che, se tutte le aziende del mondo, per tentare di vendere i loro prodotti, ricorressero alle telefonate a freddo da qualche paese straniero, passeremmo la giornata a rispondere al telefono e, forse, le ore del giorno non basterebbero. Al che si minerebbe l’essenza stessa della quotidianità e ci porterebbe ad abbandonare il telefono come mezzo di comunicazione. Possiamo tradurre il concetto con una domanda semplice: se tutti, in tutto il mondo, compissero quell’azione, sarebbe bene o male? Mi perdonerà Kant se quando parlava, ovviamente, dell’inbound marketing non faceva semplificazioni così estreme. Ma torniamo ai due pilastri della legge morale assoluta: incondizionata ed universale. Ora una legge morale assoluta nel marketing digitale potrebbe essere: non rompere le scatole a chi naviga su web per tentare di vendere i tuoi prodotti e servizi a persone alle quali, in quel momento, del tuo prodotto o servizio non importa nulla. La deduzione è semplice, perché, indipendentemente dall’esperienza del singolo, se tutti andassero in push sul loro blog, con le email, sui siti che navighi, sulle app che scarichi… internet diventerebbe davvero un brutto e fastidioso posto. Che già un po’ lo è, ma, appunto, perché molti individui ed aziende, sono convinti che quella sia la strada da percorrere, muovendosi su interessi personali e tornaconti individuali. Cos'è l'inbound marketing Ora, per i molti che conoscono a menadito l'opera omnia di Kant (e che avranno un sacco da ridire su questa semplificazione markettara della sua summa) ma che non sanno cos'è l'inbound marketing, trovandosi a leggere questo post del blog sulla fascinazione dell'accostamento, un piccolo approfondimento, al fine di erudire entrambi i pubblici, per quanto in modo parziale, su questa metodologia. L'inbound marketing è un metodo, una metodologia che mette insieme tutti gli strumenti - e le tecnologie del digital marketing, al fine di trovare nuovi clienti per le aziende. Lo differenzia da tutti gli altri strumenti di marketing la morale che sta alle spalle, quella su cui si basa il pensiero che ha dato origine a questo metodo, ovvero che le persone non devono essere aggredite con i messaggi pubblicitari delle aziende, ma devono essere i consumatori che si avvicinano a prodotti e a servizi quando - e se - ne hanno bisogno. Per riuscire a mettere in piedi un progetto di inbound marketing ci sono una serie di elementi di cui dotarsi e azioni da attivare. Iniziare a regalare qualcosa (contenuti) di valore alle persone, in modo da attrarle verso il tuo sito (ad esempio un blog); Inserire in questi contenuti delle Call to Action per spingere le persone a compiere delle azioni; Queste azioni portano le persone su landing page con un form da compilare per permettere loro di accedere a qualcosa con un valore maggiore rispetto a quanto di gratuito è servito per attrarle; Una volta che le persone hanno lasciato i loro dati per accedere a questo contenuto premium si iniziano a segmentare e a profilare per desumere interessi, problemi e desideri; Per permettere questa attività bisogna dotarsi di una piattaforma tecnologica, HubSpot, che permette questa segmentazione; Questi contatti vanno alimentati nel tempo, per costruire delle relazioni solide, basta sulla condivisione di ciò che per loro è di valore, con il fine di farle affezionare e dare fiducia al brand che propone questi valori; I loro comportamenti successivi li qualificheranno commercialmente e ci permetteranno di capire quando una di queste persone è pronta per un'offerta commerciale; L'offerta commerciale potrebbe essere un'email diretta al contatto o un task per uno dei nostri venditori, nel caso ci sia bisogno di una relazione uno ad uno; Il processo di nurturing, di qualificazione commerciale e di proposta (via email o con task al venditore) si può automatizzare con la marketing automation. Si segue poi il tradizionale processo di vendita, utilizzando la stessa piattaforma usata per la attività di marketing per tracciare anche le attività sales, allineando di fatto gli obiettivi della rete vendita con quelli del reparto che si occupa di comunicazione, utilizzando uno stesso strumento e le stesse metriche (inbound sales). L'inbound marketing è universale. L'inbound marketing è morale, come ci spiega Kant, perché è universalmente applicabile. Dove non ci arriva per tornaconto sui costi, ci arriva come approccio metodologico (che ne so, vendendo al pubblico finale ghiaccioli o avendo un piccolo bacino di utenza, se vuoi approfondire la questione puoi scaricarti l'ebook: Quando non conviene HubSpot e l'inbound marketing), ma resta universalmente valido perché, se tutte le aziende del mondo facessero inbound marketing per vendere, le informazioni a disposizione sui prodotti, utilizzo e consigli non farebbero che arricchire le nostre conoscenze e la possibilità di info commerce fatto con coscienza. Con un metodo che abbandona il concetto di target per lavorare sulle buyer persona (inteso come proiezione ideale di una persona alla quale, con il proprio marketing, bisogna risolvere problemi o dare risposte alle opportunità di cui è alla ricerca) e che sostituisce quello di funnel (imbuto / trappola all'interno del quale far cadere le persone per attivarle verso il fondo) con quello di viaggio verso l'acquisto, il buyer's journey, nel quale gli individui vanno alla scoperta delle soluzioni migliori per loro, il marketing moderno smette di rompere le palle e vuole diventare un aiuto e un supporto per gli acquirenti. C'è qualcosa di universalmente più morale? :-)
Hai presente quella sensazione di prurito o di fastidio che ti sale dopo il grande dispendio di risorse di una fiera di settore, a fronte di uno scarso risultato commerciale che hai portato a casa? Non ti preoccupare, succede a molti. La buona notizia è che, la maggior parte delle volte, non è colpa della fiera: è colpa tua! E se hai voglia di gestire la fiera in maniera differente, questa può diventare una fonte di business ancora più interessante. Il problema della fiera La tua azienda si è preparata per mesi: stand, materiale pubblicitario, area per gestire le relazioni, qualcosa da stuzzicare e sgranocchiare da far mettere in bocca ai visitatori che arrivi fresco e saporito ogni giorno. Hai preparato la squadra dei commerciali, i cataloghi e siete tutti pronti a ricevere le persone che verranno a farvi visita al vostro stand, tutti carichi come una molla per chiudere quante più vendite possibili. E invece... Torni a casa con una lunga lista di contatti e una bassa percentuale di prospect a cui mandare un preventivo. L'elenco dei contatti con i quali hai interloquito e dei quali hai portato a casa il biglietto da visita è lungo, ma pochi di questi ti hanno espressamente fatto capire che attendono una proposta commerciale. Nella migliore delle ipotesi tutti questi contatti vengono inseriti in un CRM, con un campo informativo che racconta l'origine del contatto (quella specifica fiera) e ti ricorderai di loro il prossimo anno, un mese prima dell'appuntamento fieristico, per provare a reinvitarli al tuo stand. Potrebbe comunque andare bene, se anziché un CRM, questi nomi li inserisci in un foglione di Excel, te li stampi e li metti sulla scrivania per chissà quali utilizzi futuri. Ecco quindi una serie di problemi associati alla gestione del contatto post fiera: non viene alimentato nel modo corretto non si differenzia nei vari stadi del Buyer's Journey non c'è una strategia per costruire una relazione con quelli più freddi Cosa puoi fare per migliorare le performance della fiera I problemi legati alle performance commerciali della fiera possono essere affrontati e risolti in maniera semplice, inserendo la gestione del contatto in un processo ordinato ispirato alle migliori pratiche della digital transformation. Se ti stai chiedendo Ma cosa sta dicendo questo? significa che stai leggendo il post giusto per te, perché ora andremo a vedere come puoi, passo passo, introdurre un metodo che ti aiuti a vendere di più (e meglio) ai contatti generati da una fiera. Dotati di strumenti tecnologici Prima di tutto, chiariamo una cosa: no, non puoi fare a meno di dotarti di strumenti digital in grado di gestire processi. Quindi partiamo dal definire il software di cui hai bisogno, che dovrebbe avere queste funzioni (non necessariamente nell'ordine di utilizzo): Un CRM in grado di gestire i contatti, le anagrafiche, tener traccia delle interazioni con i tuoi commerciali; Un software in grado di mandare email; Una piattaforma in grado di programmare l'invio delle email, automatizzando il processo di relazioni successive, nei giorni seguenti alla fiera (fino a mesi). Un'applicativo in grado di gestire landing page con form di contatto integrati, in grado di raccogliere informazioni e di matcharle con il nostro CRM/database. Uno strumento in grado di interfacciarci con il nostro calendario per poter fissare degli appuntamenti in modo automatico. In pratica cerchiamo qualcosa che sia in grado di mandare email ai visitatori dopo l'invio e che si basi o su delle programmazioni temporali o che sia in grado di analizzare i comportamenti successivi dei nostri contatti per scegliere che mail mandare loro, a seconda dei comportamenti (mescolando il dato con le anagrafiche). Ma ci torniamo tra poco. E che sia in grado di associare la compilazione di un form ad un contatto già presente nel CRM, quando viene sulle nostre pagine. Ai nostri clienti con queste esigenze noi proponiamo HubSpot, ma ora questo è un dettaglio... l'importante è che continui a seguirmi nel discorso. Definisci una procedura La tecnologia non basta... è chiaro che quando elenco le funzioni che dovrebbe avere la piattaforma software per gestire un processo di miglioramento dei rendimenti commerciali della fiera, io ho già in mente i passi da seguire. Il che, ovviamente, non è il Vangelo, ma solo uno schema di massima che si adatta, a seconda dei casi, alle differenti condizioni della tua azienda. Vediamo, metodologicamente, quali sarebbero gli step. Informa ed attira Crea delle landing page, differenti landing page, per andare ad intercettare i bisogni latenti ai quali la tua azienda potrebbe riuscire a dare risposta per i visitatori della fiera. Gestisci la pubblicità di queste landing page sui canali social a pagamento (LinkedIn, Facebook, Instagram...) e nella rete di Ricerca (Google e Bing). Converti prima della fiera (se ci riesci) Nella landing puoi mettere un form per richiedere informazioni e nella pagina di ringraziamento (a cui re-indirizzerai chi compilerà il form) potresti mettere il calendario dei tuoi venditori presenti in fiera, per dare la possibilità a chi ha compilato il form di fissare un appuntamento in maniera autonoma. Potresti prenderla anche più larga e proporre ai tuoi potenziali clienti lo scaricamento di un ebook utile per la fiera, che ne so... ad esempio 100 modi per fare business partecipando alla fiera di XXX o Guida ai migliori posti per andare a rilassarsi dopo la fiera di XXX, solo per citare due titoli molto generali che possono stare in questo post che parla di massimi sistemi, senza entrare nel dettaglio di un caso particolare. Inserisci i contatti nel CRM Durante le lunghe giornate della fiera i venditori, tra un appuntamento e l'altro, dovranno prendersi qualche minuto per travasare le informazioni raccolte dai biglietti da visita dei contatti nel CRM. Sempre che il visitatore non sia stato uno di quelli che ha compilato un form in precedenza o si è fissato un appuntamento (alla fin fine, sempre compilando un form) i venditori dovranno associare ogni contatto in modo diligente alla lista di quella fiera. E non dirmi che non hanno tempo. La fiera è piena di tempi morti. E se proprio proprio la tua fiera di settore è un continuo via vai di visitatori, porta con te una persona in più con questo esclusivo compito, che a quel punto, assocerà ogni singolo contatto anche con il venditore che ha sostenuto la conversazione con quel contatto. Alimentalo A questo punto il più è fatto perché a monte - prima della fiera, intendo - avrai preparato una serie di email automatiche per dare seguito alla visita di quel contatto in fiera. La prima email potrebbe partire 24 ore dopo l'inserimento del contatto e suonare più o meno così: Ciao Tizio, grazie ancora per essere passato in fiera da noi ieri, è stato un piacere conoscerti. Come promesso ti invio un link per scaricare il nostro catalogo bla bla bla. A proposito, se sei interessato ad approfondire l'argomento di cui abbiamo parlato abbiamo questi eBook che lo sviscerano e bla bla bla. Una questione di relazioni No, non prendere paura: con quello che ti costa una fiera non dirmi che non hai le risorse o il budget per mettere in piedi una serie di presentazioni e di ebook generici, delle liste di cose da fare ed altri contenuti utili, pensati per il tuo potenziale cliente? Sono questi contenuti che ti daranno la possibilità, il giorno dopo della fiera, di mantenere viva e salda una relazione costruita in modo occasionale da due chiacchiere al tuo stand. A quel punto, mescolando le informazioni sulle loro anagrafiche (quanto fatturano, in che settore lavorano, che profilo professionali hanno...), le informazioni sui loro comportamenti (se scaricano un ebook e non la check-list, se visitano la pagina dei prodotti e non quella dei contatti, quanti click ci hanno dato su LinkedIn...) e quelle sulle interazioni con i venditori (quelli che hanno ricevuto email e non hanno fissato appuntamenti, quelli con i quali il tal venditore ha avuto una telefonata etc...) continuerai ad alimentarli con contenuti successivi per tentare di rafforzare una relazione basata sullo scambio di valore e non sul tentativo spudorato di vendita. Perché la gente adora comprare ma odia quando provi a vendergli costantemente qualcosa. Vale per te. Vale anche per i tuoi prospect. Esiste un momento in cui potranno avere bisogno di questo benedetto preventivo, ma nel 99% dei casi non è ora. Se hai un buon rapporto e se hai coltivato una relazione di valore, saranno loro a venire da te quando il tuo prodotto / servizio potrà aiutarli ad affrontare una sfida o rispondere ad una opportunità che si presenta. Ora... Quello che ti ho raccontato non è certamente qualcosa che va ad esaurirsi in una chiacchiera virtuale di qualche minuto (lettura, non chiacchiera, mi dice il correttore di bozze NdR). Ma quello che conta è il concetto base che per fare una fiera e portare a casa un risultato non puoi continuare a farle come si faceva nel 1900 (sì, proprio, come si faceva nel XX secolo). La sensibilità delle persone, la società, la tecnologia, i consumi e le abitudini... TUTTO è cambiato rispetto a 15-20 anni fa. E tu puoi pensare di continuare a gestire la fiera come si faceva 50 anni fa? Ma lasciala perdere... Comunque, se tutta questa storia ti ha appassionato e hai trovato questi spunti minimamente utili, puoi fissarti un appuntamento per fare due chiacchiere (è graaaaaaaatis, non ti preoccupare, le due chiacchiere fanno parte di quella offerta di valore che anche noi offriamo ai nostri propect - e se stai leggendo questo post lo potresti essere...) e magari capiamo assieme come potremmo trasformare le tue fiere in un generatore di business, come non si vedeva da tempo ;-)
Mi trovo sempre più in difficoltà quando qualcuno mi chiede parlargli di HubSpot perché mi trovo in software selection e devo capire che applicazione introdurre nella mia azienda. Il fatto è che HubSpot è sempre stato diverso, ma negli ultimi due anni ha dato una notevole accelerata per trasformarlo in qualcosa più di un software, ma in un qualcosa per gestire un nuovo modello di gestione del business a 360°. L'evoluzione di HubSpot HubSpot è sempre stato diverso perché la sua evoluzione è legata in modo indissolubile al libro Inbound Marketing, scritto dai suoi fondatori, Brian Hallingan e Darmash Shah. Aver individuato una metodologia etica per acquisire nuovi contatti e trasformali in clienti - e il fatto che questa metodologia sia diventata una pratica diffusa a cui si tende, anche senza usare la loro piattaforma - ha fatto sì che l'evoluzione di HubSpot sia sta influenzata pesantemente da questo pensiero. Tutti gli strumenti della piattaforma sono votati e servono per fare in modo sequenziale, ordinato e composto inbound marketing, che poi diventa inbound sales e sfocia nella concezione inbound del service e dell'assistenza ai clienti. C'è, forse, ancora qualcuno che lo associa ad un software per gestire un blog e pubblicare sui social, ma il grosso investimento fatto sul CRM - e l'averlo reso accessibile al 100% in modo gratuito - hanno spinto HubSpot nel quadrante di Gartner sull'argomento gestione dei lead, assieme (nel 2018) ad Act-On, bpm’online, CRMNEXT, IBM, Impartner, Marketo, Oracle, Pegasystems, Salesforce, Salesfusion, SAP e Zoho. Ne quadrante dei frontrunner sul CRM è decisamente quello più gettonato, sempre secondo Gartner, il che dovrebbe rassicurare molti IT e responsabili Sales di grosse aziende che fino a poco tempo fa lo guardavano come un outsider a cui dare poca fiducia, visto la rapidità con cui è cresciuto ed ha acquistato quote di mercato: Il punto è che HubSpot è diventato un CRM e ha cominciato ad occuparsi della gestione dei lead (che grazie all'inbound marketing e alle sue funzioni si acquisiscono utilizzando i canali digital) solo recentemente, prima era considerato uno del leader della marketing automation e delle piattaforme per la gestione del digital marketing (social, blog, newsletter...) e veniva con un'integrazione nativa con Salesforce per chi voleva fare le cose fatte bene. Ma ora ha ingranato la marcia e la gestione del lead la fa in maniera eccellente - come dimostra la posizione nel quadrante Gartner - ma di più: permette di gestire i lead in maniera armonica seguendo il flusso dell'inbound marketing. Hubspot, un sistema per fare business Torniamo alle mie insofferenze quando mi trovo a parlare con qualcuno impegnato in una software selection, nella quale ha messo HubSpot e altri programmi, a volte più orientati alla marketing automation, altre volte sul CRM, altre volte sulla semplice gestione del digital marketing: già il fatto che si trovi in così tante tipologie differenti di software selection ci dice una cosa importante: è difficile inquadrarlo in un genere. Il motivo è semplice: HubSpot è un genere tutto suo, proprio perché si sviluppa sull'idea di inbound, attrazione del cliente e successiva alimentazione per trasformarlo in un cliente. HubSpot è un'azienda che fa cultura e fa della cultura il sistema per attrarre potenziali clienti e convertirli: hanno messo su un'accademia con corsi di formazione ed esami online - molto più di quella di Google, come sistema di certificazioni - e continuano a spingere sulla formazione degli uomini di marketing e dei manager per diffondere una sensibilità basata sull'etica e il modo di fare business sostenuto dall'inbound. La storia dell'inbound la conoscete? Ok, riassumiamola... L'inbound (marketing & sales) in pochissime parole L'inbound marketing è una metodologia che funziona così: 1. ATTRAZIONE Attrazione verso il tuo asset digital principale (il sito), con qualunque mezzo, dai post sui social alla SEO, dall'utilizzo dei QR code sulla stampa ai follow up ai contatti dopo una fiera, dalla pubblicità a pagamento online per arrivare all'ufficio stampa e alle PR. 2. CONVERSIONE Nel momento in cui un potenziale cliente è nel nostro sito, dobbiamo in qualche modo farlo diventare un contatto, trasformarlo da dato statistico (un visitatore che vede delle pagine) a dato di valore (contatto), in modo che possiamo dire che PINCO PALLINO ha visto quella pagina. Per fare questo utilizziamo le Call-to-Action nel blog, le landing page con i FORM e delle offerte di valore per il nostro potenziale cliente. Questa offerta può essere un ebook, un foglio di Excel che permette dei calcoli, un' app, un report... dipende a chi vogliamo parlare, perché persone diverse sono attratte da argomenti diversi. 3. CHIUSURA La chiusura è la parte che richiede una sensibilità e un coordinamento costante tra le due anime dell'azienda che si occupano di intercettare i potenziali clienti, il marketing e il sales. In questa fase il lead che ci è arrivato dal sito - del quale abbiamo iniziato a conoscere le necessità o problematiche in base ai suoi comportamenti (ad esempio le pagine del blog che ha visto o i contenuti che ha scaricato) - viene alimentato con contenuti altrettanto interessanti per lui e il commerciale entra nella fase di contatto one to one quando considera il lead abbastanza caldo per passare all'offerta. Gli strumenti a disposizione, per questa fase, sono il CRM, la marketing automation, le newsletter, i social... e tutto quello che ci può far rimanere in contatto e di coltivare una relazione con il nostro lead. 4. DELIZIA (o GIOIA) Avere dei clienti felici significa, fondamentalmente, due cose: la prima è che potranno continuare a compare, la seconda è che parleranno bene di noi e dei nostri prodotti/servizi con altre persone. Ed è lì che si innesta una delle chiavi più importanti per le vendite: il passaparola. Con HubSpot la parte della delizia viene gestita ancora una volta con newsletter, marketing automation, i canali social... ma anche con la possibilità di gestire ticket di assistenza, chatbot di supporto al cliente, survey per monitorare il grado di soddisfazione del cliente, FAQ, fino ai video sulle email one to one per spiegare ai destinatari meglio qualche concetto. Cosa desumiamo da questi 4 punti? Che l'inbound è un sistema completo di gestione del lead, da visitatore a prospect per arrivare a cliente, che mi permette di lavorare, attraverso i canali digital sulla relazione tra lui e l'azienda. L'evoluzione della metodologia inbound porta a ragionare su un modello completo di gestione del contatti, che HubSpot ha perfettamente integrato all'interno della piattaforma; parliamo del volano della crescita (growth flywheel) una visione olistica del lifecycle del cliente. Conclusione Quello che con questo post mi ero messo in testa di dire (e che per dirlo ho scritto tutto questo ricco preambolo) è che mi risulta estremamente difficile parlare di software selection tra HubSpot e altre piattaforme, perché, proprio per tutti i motivi riportati, non saprei da dove partire.
La digital transformation che sta investendo tutto il mondo, dal business ai rapporti personali, dalle abitudini di consumo a quelle lavorative, ha fornito ai venditori la possibilità di chiudere prima e meglio, allineandosi con gli acquirenti come mai era successo prima. Una storia commerciale Era la mio terzo demo del giorno e mi sentivo pieno di energia. Ho messo in fila tutto un programma di chiamate per discutere di un software - che oggi non ricordo più cosa facesse per le aziende - con una lunga lista di lead promettenti, per lo più manager e proprietari aziendali. Le prime due chiamate sono andate bene, sono state incoraggianti ed energizzanti: entrambe i prospect sembravano apprezzare il prodotto e mi hanno chiesto di mandare loro una quotazione. Ora che mi ero riscaldato, era giunto il momento per il mio pesce più grosso della giornata, una telefonata con un direttore generale di una grossa azienda B2B, che chiameremo Marco. Nei primi 30 secondi della telefonata, tutto il mia entusiasmo, si è sgonfiato. Desideroso di iniziare, mi sono tuffato nella presentazione, un terreno di gioco che conoscevo bene. Volevo sfruttare il tempo a disposizione il meglio possibile, ovviamente, ma lui rispondeva in modo freddo, sembrava persino un po' agitato. Mentre continuavo, mi interruppe e mi chiese da quanto tempo lavoravo nelle vendite. Ho dato un'occhiata all'orologio e, realizzando che ci mancavano solo 18 minuti, ho risposto rapidamente, “da troppo tempo” Ho provato a tornare in carreggiata con il discorso, ma ancora una volta mi ha fermato per fare domande che non avevano nulla a che fare con il prodotto. È stato davvero frustrante quella volta; mi sono sentito demoralizzato e sotto pressione perché non riuscivo a coprire tutti gli argomenti del mio script prima della fine dell’appuntamento. Quando sono arrivato ai prezzi, sembrava sorpreso, come se ne avessi parlato troppo presto. Gli ho chiesto quindi cosa pensava dei servizi che gli avevo presentato e lui ha esitato un po’ a rispondere. Poi gli ho chiesto come pensava si sarebbe potuto continuare, affinché la sua azienda acquistasse il software e un progetto di implementazione e, mentre non rispondeva direttamente alla domanda, ha fatto una lunga descrizione del processo di acquisto interno all'azienda, che coinvolgeva il reparto IT, il proprietario, il direttore commerciale e alcuni distributori internazionali particolarmente influenti… Mi ha spiegato che tutti loro avrebbero avuto bisogno di una demo e di essere allineati. Per me era un segnale chiaro di quanto non fossero molto interessati ed era davvero improbabile che si sarebbe potuto andare avanti. Era chiaro che questa chiamata non andava bene. L'unicità del rapporto venditore-cliente Perché ogni telefonata e riunione è così unica? Sebbene tu possa aver presentato la stessa idea o spiegato lo stesso prodotto centinaia di volte, ogni pubblico può percepire la tua presentazione in modo diverso. Senza uno sforzo di adattamento, è facile presentare la nostra idea o presentare un prodotto in un modo che per noi è familiare e ci piace. Il problema principale è che, con un'impostazione predefinita, trascuriamo di considerare in che modo gli altri useranno il nostro prodotto o come la nostra idea potrebbe adattarsi al contesto, trascuriamo le differenti personalità dei nostri interlocutori, non consideriamo la scala di valori differenti che potrebbero interpretare il nostro stile di comunicazione. Come possiamo farci ascoltare con tutto il rumore attorno alle persone ed essere rilevanti? Tutti noi, quando ci relazioniamo con gli altri, tendiamo ad assumere una prospettiva che semplifica i rapporti, ovvero idealizziamo un modello comportamentale che porterebbe tutti gli altri a comunicare nello stesso modo in cui lo facciamo noi. Psicologia, neuroscienze e esperienze del mondo reale ci insegnano, invece, che questo non potrebbe essere più lontano dalla verità. Le persone hanno background, sentimenti, pensieri, comportamenti e preferenze di comunicazione molto diversi, rendendo quasi impossibile comunicare in modo efficace con qualcuno senza tenere conto del loro stile di comunicazione preferito, senza pensare a chi abbiamo di fronte. Piuttosto che affrontare in modo ignorante qualcuno nel modo in cui noi vogliamo, dobbiamo imparare a comunicare nel modo in cui loro vogliono. In sintesi, dobbiamo imparare ad essere empatici. Ma, per comunicare in modo empatico, dobbiamo prima capire la personalità e lo stile comunicativo della persona che abbiamo dall'altra parte. Capire la personalità Storicamente, l'unico modo in cui ognuno di noi è in grado di comprendere appieno la personalità di qualcuno è conoscendolo veramente bene; questo però richiede molto tempo e una buona dose di intelligenza emotiva, a meno che non ai vogliano accelerare tempi facendolo sottoporre ad un test della personalità, procedura assai difficile con con un potenziale cliente. Il vero problema è che noi, che ci occupiamo di commerciale, stiamo spesso cercando di connetterci con nuove persone con le quali non abbiamo mai parlato prima. Come possiamo risolvere la questione e riuscire ad avere conversazioni, dimostrazioni, appuntamenti e rapporti che possono essere forieri di relazioni commerciali fruttuose, riuscendo a superare le barriere di ingresso ed entrando in empatia con le persone? Tecnologia e metodo ci danno una mano. Avete presente cosa fa Google? Google ci regala un sacco di cose gratuitamente. Alcune, come la ricerca tramite frasi per trovare i siti e le pagine che trattano gli argomenti che ci interessano, oppure la possibilità di guardare dei video su YouTube, sono davvero gratuite. Altre sono a pagamento. Di cosa sto parlando? Parlo di Gmail, Google Calendar, Google Documents, Android, il caricamento dei video... per utilizzare tutti questi servizi il pagamento è IL DATO. Per poter utilizzarli dobbiamo compilare un form con nome - cognome - email. Alcuni ci chiedono altri dati aggiuntivi. Quando paghiamo con le nostre informazioni personali siamo coscienti che verranno utilizzate in qualche modo per scopi di marketing e di sales, ma il valore di quello che Google ci offre vale la candela. Quindi non ci facciamo problemi a dare a Google i nostri dati. Questo è il metodo, poi c'è la tecnologia. La tecnologia sono i cookie. I cookie sono quelli che permettono a Google, una volta che una persona ha scritto il nome, il cognome e l'email su un form, di tracciare il comportamento successivo di quella persona su un sito (quindi, banalmente, Google sa chi è è persona che fa ricerche, quali ricerche e quali risultati clicca). Proviamo a portare questo processo all'interno di un'azienda di piccole, medie o grandi dimensioni che non è - ancora - un'azienda che ha abbracciato l'economia del dato e dell'informazione, che non ha abbracciato la digital transformation. Anche qui è questione di metodo e di tecnologia. Il metodo è simile a quello che fa Google: attiro potenziali clienti sul mio sito offrendo loro contenuti, strumenti o altro materiale che per loro è di valore. Un po' come la possibilità di cercare in che sito si trovano le cose che ti interessano se il tuo cliente è il navigatore del web, l'azienda fornirà cose utili e di valore ai suoi potenziali clienti. Saranno queste offerte ad attirarli sul sito, questi contenuti di valore, alcuni completamente gratuiti, altri a pagamento, ovvero accessibili solo compilando una form. Il caso scuola più semplice, il nostro L'azienda che produce contenuti del blog che parlano di argomenti interessanti per i propri potenziali clienti. Gli articoli del blog si posizionano su Google e vengono trovati da navigatori alla ricerca di soluzioni, nell'ambito di business dove quella azienda eroga il suo prodotto o servizio. Oppure attirano gli utenti dai social, visto che vengono condivisi anche sui canali social network più allineati ai contenuti proposti. O, infine, arrivano visitatori al post del blog dalla newsletter aziendale che distribuisce contenuti ai clienti, prospect, lead o iscritti al blog. Un po' come questo post del blog di Ict(digitalthink): se lo state leggendo siete arrivati da Google, da Facebook, da Linkedin o da una newslewtter. Una volta che l'utente è stato attratto dal post del blog, lo ha letto e - magari - lo ha trovato interessante, gli si propone di fare qualcosa in più, scaricare un ebook, partecipare ad un evento, vedere un webinar, una consulenza gratuita... Non si inventa nulla: è quello che fa anche Google quando, dopo essersi fatto conoscere per la ricerca, ti offre Gmail, Calendar, Android etc...in cambio della compilazione di un form per accedere al servizio. Si fa con quella che tecnicamente viene definita una Call-to-Action (CtA), una chiamata all'azione, che, invero, dovrebbe essere allineata al contenuto del blog che la ospita; ovvero se una persona ha trovato interessante il post del blog potrebbe essere interessata ad approfondire cliccando sulla CTA. Esattamente come quella che trovate in questo post del blog. La CtA fa il suo dovere reindirizzando i navigatori che la cliccano su una landing page, una pagina di atterraggio dove si trova il form per accedere a quell'offerta specifica. Il resto è magia della tecnologia: chi compila il form viene tracciato dai cookie. In questa maniera sappiamo che pagine del blog ha letto (se ogni post parla di un argomento, sappiamo quali sono i suoi argomenti preferiti), che problemi ha (se ogni post parla di soluzioni a problemi, sappiamo cosa lo sta muovendo nella sua ricerca), che CtA clicca e quali form compila. Insomma, cominciamo a conoscere la persona e a capire, in base ai contenuti di cui fruisce, in che punto del tunnel di acquisto si trova. Ecco come possiamo cambiare il modo di intrattenere le conversazioni con i nostri prospect: segmentandoli e profilandoli PRIMA grazie al loro comportamento e alle loro interazioni con i contenuti - di qualunque generare siano. Obiettivo empatia e relazioni Conoscere i problemi e le motivazioni che potrebbero portare le persone ad acquistare il nostro prodotto o servizio, capire come questo potrebbe aiutarli a raggiungere gli obiettivi personali o di business, capire il momento esatto in cui lo stanno facendo, è quello che ogni venditore deve avere nel suo bagaglio, per non andare allo sbaraglio. Stiamo però anche alzando il tiro: è vero che stiamo parlando di produrre contenuti per attirare i prospect verso il nostro sito, per convertirli in lead e per segmentarli in base ad interessi, opportunità e problemi. Ma facendo questo li stiamo aiutando, non ci stiamo ponendo, all'interno della dinamica del rapporto, come meri venditori senza cuore e senza anima, unicamente interessati al fatturato: aiutando le persone stiamo costruendo fiducia ed autorità e questo, alla fine, aiuta a creare una relazione di fiducia che anticipa ogni argomento commerciale. Non è un argomento che si esaurisce qui e abbiamo messo sul piatto cose molto grosse: la digital transformation, Google, migliorare il rapporto con i potenziali clienti... Ma è un incipit di qualcosa. Perché questo post del blog? Per spiegare a mia mamma cosa faccio, forse. E, spiegandolo a mia mamma, spiegarlo a tutti. La metodologia di cui vi ho parlato si chiama INBOUND (e tocca ogni aspetto del rapporto con il cliente, il marketing, sales & service). La tecnologia è HUBSPOT e serve per armonizzare e gestire tutto il processo che allinea comunicazione e vendite. L'unione tra metodologia inbound e il modo di fare dei commerciali dà vita alla figura dell'inbound sales. Costruire progetti che implementano l'utilizzo di questa metodologia e di questa tecnologia all'interno delle aziende è quello che facciamo. Hai capito mamma?
Ti sei mai chiesto se esiste un modo per ottenere lead di qualità? Succede spesso che un commerciale non concluda un affare non perché non sia in grado di fare il suo lavoro, ma perché il lead ottenuto non rientra nello spettro dei potenziali clienti per la sua azienda. In questo caso, la responsabilità è del reparto marketing: se arrivano molti contatti di questo genere significa che le iniziative di lead generation attuate non sono indirizzate al giusto pubblico. Del resto, selezionare il giusto pubblico nelle nostre campagne sui social o su Google non è affatto semplice: infatti, anche se eseguiremo un lavoro egregio a livello di pianificazione, succederà sempre che qualcuno tra i contatti generati non saranno in linea con le nostre aspettative. È però possibile ridurre al minimo questo rischio e migliorare la qualità dei lead ottenuti: vediamo qual è il miglior modo per farlo. L'inbound marketing Per fare questo è necessario cambiare radicalmente mentalità rispetto al tradizionale metodo di marketing: questo significa abbandonare i concetti di target pubblicitario, chiamata a freddo, fiera di settore e tutto quello che può rientrare negli strumenti del cosiddetto outbound marketing. La strategia che negli ultimi 10 anni sta sostituendo questa pratica - piuttosto fastidiosa per chi viene contattato - è l'inbound marketing: esso parte da un'attenta pianificazione che dipinge un cliente ideale, detto Buyer Persona (leggi qui se vuoi approfondire questo concetto), tenendo conto dei suoi interessi, delle sue abitudini e, soprattutto, dei suoi bisogni. Su queste basi creerà un ciclo di contenuti informativi studiato appositamente per lui, da proporre uno strato alla volta e in un ordine rigoroso (stiamo parlando del Buyer Journey: se cerchi maggiori informazioni a riguardo, dovresti provare a leggere questo articolo). Questi contenuti verranno pubblicati sul blog aziendale e sui social media, e verranno raggiunti - in tempi più o meno lunghi - solamente da potenziali clienti interessati, che si informeranno di loro spontanea volontà sul web, alla ricerca di una soluzione ad un loro problema o ad un loro bisogno (ipotizzato nella fase di creazione del Buyer Persona). Ecco perché questa metodologia è anche definita pull, cioè tirare a sé: non c'è nessun tipo di invasione della privacy del prospect, ma c'è invece una pianificazione attenta del campo, che mira a far avvicinare poco alla volta il contatto al nome dell'azienda e alla sua offerta finale, che non viene mai svelata prima di avere la certezza che può interessare al lead. La qualità dei clienti inbound Tutto il procedimento descritto nel paragrafo precedente si traduce nell'ottenimento di lead realmente interessati alla nostra offerta, il che ha diversi vantaggi nell'economia del tuo business. Semplifica la vita al tuo commerciale Un cliente che si aggiorna di sua spontanea volontà e passa attraverso un intero Buyer's Journey giunge alla conversazione commerciale consapevole di ciò che vuole e dunque già incline all'acquisto, elemento che giocherà enormemente a favore del tuo commerciale. Soddisfa maggiormente i tuoi clienti Un cliente informato è un cliente soddisfatto, poiché sa cosa sta per acquistare ed è consapevole del valore della nostra offerta in relazione ai suoi bisogni; inoltre, grazie alla metodologia inbound, non sarà stato tartassato e infastidito da iniziative di marketing fuori luogo e sarà dunque ben disposto al dialogo. Impiega meno risorse aziendali Una delle metriche più importanti del marketing è l'analisi delle risorse utilizzate per il lancio e per il mantenimento delle campagne pubblicitarie: in questo l'inbound marketing ha compiuto un grosso passo in avanti spostandosi completamente sul web, abbattendo drasticamente i costi di pubblicizzazione per attirare un numero di lead talvolta contenuto ma sempre in target. Conclusione Abbracciare la metodologia inbound comporta dunque una trasformazione profonda all'interno della propria azienda, poiché assieme agli strumenti utilizzati deve cambiare anche la mentalità dell'intero team: non è ovviamente un processo che può essere portato a termine da un giorno all'altro, e richiede una lenta implementazione. Del resto, ne vale ampiamente la pena: opportunità commerciali migliori, costi di gestione inferiori e un parco clienti più soddisfatto sono la chiave per migliorare il tuo business e far crescere la tua attività.
I chatbot sono in giro per il web da un bel po' di tempo, ma molte aziende si stanno accorgendo ora di questi piccoli tool che possono portare un grande supporto sia per il marketing digitale che per il servizio clienti. Strumenti come Manychat, HubSpot e Landbot ti danno la possibilità di progettare bot che possono fare molto di più che, semplicemente, salutare i visitatori del tuo sito web o porre un paio di domande fuori contesto. Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, sono anche super facili da usare. Al giorno d'oggi, non sono necessarie capacità di codifica per creare il proprio chatbot. Dovresti comunque prestare attenzione ad alcune semplici linee guida per trarne dei benefici concreti. Perché creare un chatbot Perché dovresti creare un chatbot per i tuoi clienti e i visitatori del tuo sito? Esistono diversi motivi per cui nel sito della tua azienda dovresti iniziare ad utilizzare un chatbot: - i chatbot non hanno bisogno di serate libere, né fine settimana lontani dal computer. Di conseguenza, consentono una disponibilità più o meno continua per i navigatori, che potrebbero arrivare in qualunque momento - gran parte del lavoro del servizio clienti consiste nel rispondere alle stesse domande più e più volte. Usando un chatbot, si risparmiano tempo e denaro e si liberano i dipendenti dalle attività ripetitive che possono diventare banali rapidamente - anche chi si occupa i servizio clienti può avere una brutta giornata, siamo tutti essere umani con le nostre lune storte. Al contrario, un chatbot è sempre amichevole, indipendentemente dalla situazione di stress che un cliente insistente può generare - con un chatbot, puoi raggruppare l'intero processo di vendita in un unico canale, riducendo così la frequenza di rimbalzo e mandando le persone verso le pagine dove si chiude Le migliori pratiche per creare un chatbot 1. Decidi il tipo di chatbot I chatbot possono adattarsi a svolgere diversi ruoli. Prima di crearne uno dovresti capire quale ruolo affidargli. E il ruolo dipende, ovviamente, dai tuoi obiettivi. Vuoi rispondere alla domande del servizio clienti? Vuoi generare lead? Vuoi presentare nuovi prodotti o servizi? Vuoi parlare di vendite e acquisti di prodotti? Prenditi del tempo per decidere che tipo di chatbot vuoi creare perché da questo dipenderà il successo del chatbot. 2. Decidi che piattaforma usare Una volta deciso quale deve essere il lavoro del tuo chatbot, è giunto il momento di scegliere il luogo dove dovrà lavorare. Si possono usare i Bot su Facebook Messenger su Twitter... ma la mia preferenza sono per i bot che creano l'unteti all'interno del database / com aziendale, in quanto è l'unico modo per creare un reale valore, un asset aziendale da sfruttare nel futuro. È comunque fondamentale considerare dove i tuoi (potenziali) clienti stanno trascorrendo tempo e cosa si aspettano che accada in quei luoghi. È probabile che i visitatori del tuo sito Web abbiano domande e desideri diversi rispetto a quelli che contattano la tua azienda tramite Facebook Messenger. Se stai usando Bot su piattaforme diverse, è quindi importante personalizzarli in modo specifico per quei singoli luoghi. 3. Dota il tuo Bot con una personalità Un chatbot non è un essere umano e voler far immaginare al visitatore che, invece, lo sia, non è esattamente quella che definirei una buona idea. Tuttavia è un'operazione intelligente dare al tuo chatbot alcuni tratti caratteriali, al fine di rendere la conversazione un po' più personale, piacevole e fresca. Assicurati di lasciare che questi tratti riflettano il tuo marchio e siano coerenti con il tuo brand. 4. Inizia con un saluto La prima impressione conta. Questo è il motivo per cui è fondamentale trovare un messaggio di benvenuto che sembri amichevole e che convinca i tuoi visitatori del fatto che riceveranno un aiuto competente se vorranno usare la chat. Aggiungere una domanda alla fine del primissimo messaggio è un ottimo modo per stimolare la conversazione. 5. Impostare il flusso Questo passaggio è probabilmente la parte più impegnativa nella creazione di un chatbot. Qui devi prevedere diverse sequenze conversazionali per favori idealmente un'esperienza utente positiva, recuperando le informazioni che ti servono o fornendo quelle cercate. Idealmente, questi sono i passaggi da seguire: Raccogli le possibili domande dei tuoi clienti. Raccogli le migliori risposte a queste domande. Costruisci varie sequenze di conversazioni basate su queste domande e risposte. Utilizzare strumenti come Google Draw prima di impostarle sul tool che andrai ad utilizzare. La precisione e la modalità con cui queste sequenze possono essere create differisce da strumento a strumento. In generale, puoi decidere come procede il chatbot a seconda delle risposte, delle scelte o della keyword usate dal navigatore. Presta attenzione ai seguenti suggerimenti A. Rapidità L'obiettivo dovrebbe essere quello di fornire le informazioni desiderate dagli utenti, nel modo più rapido possibile, al fine di promuovere una grande esperienza utente con il chatbot. Se la conversazione va troppo lunga, la frequenza di rimbalzo potrebbe aumentare (il prospect potrebbe stancarsi e staccare) B. Evita i vicoli ciechi conversazionali Soprattutto, questo significa dare ai clienti la possibilità di passare alla chat con una persona reale, se il tuo Bot non ha più nulla da offrire. C. Varia le risposte standardizzate, mantenendo viva la conversazione Cospargi le tue conversazioni con un pizzico di umorismo, con un lessico frizzante. Come esattamente metterlo in pratica è ovviamente fortemente dipendente dal tuo brand e dal tuo buyer persona.