Inbound marketing: il marketing attrattivo, il love marketing, il marketing non invasivo. Molti sono gli aggettivi che sono stati attribuiti alla metodologia concepita dai fondatori di HubSpot nel lontano 2009, e tutti hanno in comune un concetto: l'inbound marketing, che mette il cliente al centro del suo sistema di attrazione e di vendita di prodotti e servizi. Non significa che il cliente è semplicemente l'obiettivo finale (quello è ovvio e lo è sempre stato): il cliente è anche la risorsa che l'azienda affiancherà in un do ut des per crescere ed espandersi - rendendolo felice di essere un suo cliente e ricevendo da lui il denaro per prosperare. Ed è intorno a questo concetto che ruota l'intera efficacia della metodologia inbound: la riflessione di base è che un cliente non è un'occasione una tantum, bensì un potenziale alleato, che porterà non solo entrate immediate, ma anche vari benefici, di diversa natura, nel corso del tempo. Tutto questo, ovviamente, può accade se egli continuerà a mantenere una relazione con il l'organizzazione di cui è cliente: e chi più di un cliente soddisfatto vorrà avere a che fare nuovamente con la tua azienda? Il growth flywheel Questo meccanismo si basa su un concetto strategico molto recente - per la precisione, risalente a settembre 2018 - ideato da Brian Halligan, cofondatore e CEO di HubSpot, nel momento in cui egli si è reso conto che un lead presta sempre meno attenzione - e ripone via via meno fiducia - nei contenuti di marketing che trova sul web: la scelta a sua disposizione è così ampia che egli vuole assicurarsi di compiere la miglior transazione possibile e dunque acquistare dal venditore più adatto ai suoi bisogni. Per questo motivo, il nuovo approccio proposto da Halligan prevede di assottigliare il flusso di fondi destinato ad alimentare il materiale di marketing puramente attrattivo, ovvero da tutti quei contenuti che si trovano nelle diverse zone del content funnel: e dove andranno a confluire, queste risorse? La risposta chiude il cerchio aperto all'inizio: nel cliente. E non su quello potenziale, ovvero il lead altamente qualificato che si contatta sul web: stiamo parlando del cliente effettivo, quello che ha già acquistato e provato il nostro prodotto/servizio. E questo non significa solamente mantenere un buon atteggiamento nella fase di vendita: l'idea è di coltivare una relazione professionale tramite un continuo interesse proattivo da parte del venditore, che proporrà contenuti e concederà privilegi a coloro che si riveleranno clienti fedeli. Ecco come il flywheel parte dal cliente per innescare una serie di reazioni positive per il business, che crescono in funzione della soddisfazione dei clienti. Il passaparola Ma come può rendere felici i propri clienti portare dei benefici concreti ad un'azienda? La risposta è molto semplice: vi ricordate quando ho parlato del fatto che i prospect non si fidano più dei contenuti di marketing del web? Questo perché reputano migliore una prospettiva imparziale e senza interesse diretto, che parli dei pro e dei contro del tuo prodotto/servizio in maniera disinteressata. E il modo migliore per farlo - se non l'unico - è ascoltare l'opinione di colui che è già cliente dei brand che più lo intrigano. Una figura di questo tipo è ideale per il nostro lead per i seguenti motivi: ha esperienza: avendo già comprato il prodotto - o avendo già usufruito del servizio - il cliente potrà rispondere alle domande del lead basandosi su dati di fatto, che egli avrà raccolto personalmente; è imparziale: il cliente non è parte dell'azienda, quindi non ha diretto interesse a vendere per lei il suo prodotto. Per questo motivo, il lead riporrà molta più fiducia nelle sue parole piuttosto che nei tuoi contenuti - che del resto sono realizzati con l'intento di vendere; non implica aspettative: non essendo un contatto commerciale, il cliente non sottoporrà a nessun tipo di pressione il lead, ma si limiterà a dargli le informazioni più rilevanti e oneste che gli verranno in mente: sono, in altre parole, informazioni informali e disinteressate. Questo processo che ho appena descritto altro non è che il caro, vecchio passaparola. Halligan, parlando direttamente con i suoi clienti, si è reso conto che questa tipologia di informarsi è diventata, poco alla volta, la più quotata negli ultimi anni, e anche quella più efficace: nel 2018 il passaparola si è dimostrato lo strumento di attrazione e conversione più potente, per quanto riguarda la clientela di HubSpot. Ma... come deliziare un cliente? Dunque, abbiamo spiegato perché i clienti già acquisiti sono fondamentali per un'azienda, come funziona il meccanismo teorico - basato su di loro - che fa crescere il tuo business e in che modo essi incrementano il valore della tua attività. Ma... come deliziarli per ottenere tutto questo? Un vago trattandoli bene non basta: HubSpot ha individuato quattro atteggiamenti che racchiudono tutto ciò che occorre fare per farti amare dai tuoi clienti, che a primo impatto potrebbero sembrare banali ma, stando ai dati raccolti grazie a questionari e sondaggi, non sono così comuni nelle aziende. Questi comportamenti sono incentrati sul miglioramento del business del cliente, e sull'atteggiamento da mantenere nei suoi confronti: Rispondere alle loro domande: non si tratta semplicemente di rispondere a telefonate, mail o messaggi in chat: stiamo parlando di assistere in modo puntuale e approfondito un cliente che si rivolge a te per una domanda, mettendo a disposizione per ogni dubbio o curiosità inerente all'argomento. È fondamentale essere reattivi e disponibili, e quindi non dare risposte in ritardo e sbrigative. Risolvere i loro problemi: nel momento in cui il cliente ha un problema, tu devi essere il primo a muoverti per risolverlo. Affiancarlo nelle difficoltà, fargli capire che non è solo di fronte alle complicazioni e offrirgli soluzioni o anche solo supporto è ciò che distingue un buon imprenditore da un semplice venditore: se il tuo unico interesse è vendere il tuo prodotto e guadagnare denaro, il cliente lo percepirà e non si affezionerà. Aiutarli a raggiungere i loro obiettivi: risolvere le problematiche a breve e brevissimo termine è un buon modo per aiutare il cliente e guadagnarsi la sua fiducia, ma ciò che davvero fa la differenza è impostare un supporto che gli sia utile anche a lungo periodo, e che porti benefici al suo business. Questo significa dimostrare un genuino interesse per i progetti e gli obiettivi del cliente, e contribuire al loro raggiungimento. Essere proattivi ed entusiasti: se vuoi veramente conquistare il tuo cliente, le azioni sono importanti, ma ciò che conta davvero è il tuo atteggiamento. Puoi aiutarlo concretamente in vari modi, ma se lo fai in modo svogliato o dopo qualche insistenza varrà la metà dello stesso supporto proposto in maniera entusiasta o propositiva. La parola chiave, in tutto ciò, è interesse: dimostra di essere coinvolto nei suoi affari e sarai apprezzato, e otterrai così un cliente fedele e ricorrente. Oltre alla certezza di un guadagno ciclico, questo tipo di buyer assorbe molte meno risorse all'azienda - sempre grazie ai dati raccolti da HubSpot, si stima che il mantenimento di un cliente già acquisito costi mediamente 6/7 meno dell'attrarne uno nuovo.
Le università e gli enti di formazione superiore possono trarre un grande vantaggio, in termini di risultati di business, applicando la metodologia dell'inbound marketing e dotandosi degli strumenti per gestire il progetto. Chi si occupa di formazione ad un livello medio-alto, ha un grande tesoro dal quale si può attingere: la capacità di erogare conoscenza è già nel DNA delle organizzazioni, il sapere, i contenuti che costituiscono la base per avviare un progetto inbound sono già all'interno della scuola. Un passo indietro: come funziona il modello di business che utilizza la metodologia inbound marketing per puntare all'aumento del fatturato? La metodologia inbound marketing Si utilizza un sito (un blog) per pubblicare materiale che risulti interessante per il nostro potenziale cliente, che faccia cultura, che sia utile, che sia dilettevole... a seconda dell'obiettivo, politica del brand e finalità dell'organizzazione. Si lavora sulla distribuzione di quel materiale (post del blog) per raggiungere il potenziale fruitore del nostro servizio attraverso i social, il posizionamento organico sui motori di ricerca, le sponsorizzate (ADS, AdWords...) e catturare la sua attenzione. Gli si fornisce, quindi, qualcosa di gratis, per portarlo sul nostro sito (blog) per poi proporgli qualcos'altro, questa volta di valore un po' superiore: per accedere a questa offerta gli si chiedono le informazioni di base (nome, cognome, email, ruolo...). Questa azione/flusso ci permette di portare all'interno del nostro database (CRM) le informazioni sul potenziale cliente e di andare, quindi, grazie all'impiego di tecnologie che monitorano il comportamento sul nostro sito (cookie), a segmentarlo in liste differenti basate sia sull'anagrafica, che sul contenuto scaricato/visto, ma anche in base ai contenuti gratuiti visti (gli articoli del blog). In questo modo, il contenuto gratuito, oltre che per attrarre il contatto, serve anche a segmentare in base agli interessi. Perché abbiamo iniziato il giro del fumo spiegando che il blog si usa per pubblicare materiale interessante per il nostro potenziale cliente, giusto? E sarà proprio il contenuto che viene visto a farci capire che problemi/interessi/opportunità lo attraggono. E questa... diventa un'informazione commerciale da utilizzare per fare proposte o offerte di altri contenuti gratuiti o con un peso commerciale La metodologia inbound marketing per le università e gli istituti di formazione Spero che sia abbastanza chiaro, anche dopo questa breve presentazione della metodologia inbound, dove sia il vantaggio, nell'applicarla, per un'università o un ente di formazione. La produzione di materiale, motore dell'inbound Produrre materiale interessante per i propri potenziali acquirenti, generalmente, è uno dei grossi ostacoli per le organizzazioni economiche - presenti sul mercato - che non sono ben strutturate per diventare enti che irradiano cultura: per una scuola, proprio per il personale docente che ci lavora, proprio per la mission connaturata nella sua ragione d'essere, può facilmente trasformarsi in editore, per seguire una strategia di marketing che permette di: migliorare la brand awareness: diffondere la conoscenza diventa un veicolo per attirare maggiori attenzioni sul proprio brand da parte di tutti quelli interessati agli argomenti che vengono trattati; aumentare la brand authority: l'autorevolezza viene dalla capacità di fare formazione presso i soggetti che sono interessati agli argomenti proposti; avere una voce: avendo dei contenuti di peso, la presenza sui social media avviene in modo più mirato, andando a condividere cose potenzialmente utili per il proprio pubblico di riferimento; costruire un database di potenziali clienti: i contenuti attirano, i contenuti convertono; segmentare i propri contatti in base agli interessi: a seconda dei comportamenti... grazie alla tecnologia (cookie), si possono clusterizzare i contatti; alimentare i contatti in base agli interessi: sempre grazie alla tecnologia (marketing automation) si possono inviare email, sms, distribuire task all'interno dell'organizzazione in base agli interessi o ai comportamenti dei contatti. Parliamoci chiaro: se un'ente di formazione strutturato come un'università o una scuola che forma figure professionali di rilevo non riesce a produrre contenuti per sostenere la sua crescita, forse è meglio si faccia qualche domanda. La fiducia Perché l'inbound marketing spacca quando è il motore di business di un'università o un ente di formazione? Per il discorso della fiducia che le persone ripongono in una scuola. Voglio dire: una conversione buona, per un blog nel settore industriale, è l'1% dei visitatori. Funziona così: si pensa ad un'offerta per la quale si richiedono i dati delle persone e si produce una Call-to-Action da inserire negli articoli del blog, che vengono scritti già pensando al potenziale interesse - di qualcuno che lo sta leggendo - all'offerta di conversione. Il primo obiettivo è che il 5% dei lettori del post del blog siano interessati e clicchino sulla Call-to-Action per andare all'offerta. La Call-to-Action porta ad una pagina con il form (landing page) e l'obiettivo di conversione (ovvero di visitatori di quella pagina che compilano il form) è del 20%. Ho visto Enti Fiera e Università che superano, in alcuni casi, il 90% di conversione sui visitatori della landing e che arrivano al 3-4% di conversione dei navigatori sul blog strutturato per contenere, nei post, le CtA con un allineamento tra contenuto del post e offerta presentata (cosa molto chiara a chi studia i fondamentali dell'inbound marketing). Il target (o meglio: i buyer persona) Studenti, ovvero chi è desideroso di apprendere. Genitori, ovvero chi vuole essere sicuro che i figli apprendano bene, si trovino a loro agio e, soprattutto, che - una volta finita l'università - si apra loro un mondo di opportunità. Nel caso degli enti di formazione privati, da quelli che formano i manager a quelli che preparano le figure professionali dedite più a lavori manuali, c'è anche l'interesse diretto degli iscritti a portarsi a casa un bagaglio di conoscenze utili nel lavoro. Potremmo aggiungere i titolari di aziende, nel caso di scuole di formazione e, sicuramente, altri target a seconda del caso specifico di ogni scuola o ente. Cosa hanno in comune tutte queste figure? Che cercano informazioni online prima di iscriversi a chissà cosa. Risolvono i loro dubbi, comprano piani formatici, cercano sicurezze. Vuoi farti trovare prima degli altri ed essere tu a spiegare i vantaggi di scelte differenti, come si fa a trovare un lavoro usciti dal tal corso di laurea e dove si mangia bene - a portata di studente - in città? Inizia con l'inbound marketing! Il mercato Ci sono enti e scuole blasonati, che hanno impiegato decenni - o centinaia d'anni - a costruire una credibilità accademica. Grazie ai docenti che hanno avuto, la loro storia e le specializzazioni acquisite. Vuoi sovvertire lo status quo? Dimostra che ne sai di più. Fornisci materiale gratuito d'eccellenza, fai divulgazione delle tesi e dei lavori dei docenti, fai venir fuori tutto quello che sai e mettilo a disposizione del mondo. Le persone più ricche, oggi, sono quelle che condividono la loro conoscenza, non certamente quelle che la nascondono. Non sarà questione di qualche mese e, probabilmente, ci vorrà qualche anno per lavorare così forte sul posizionamento. Ma intanto ti stai portando a casa lead su cui lavorare per portarli ad iscriversi. E generi fatturato che ti permette di investire sempre di più sulla tua autorità. Conclusione Davvero: non vedo alcun motivo perché un ente di formazione o un'università non debba fare inbound marketing. Ci aggiungerei una chicca: HubSpot ha un programma partner per le Università che iniziano con l'inbound marketing ed acquisiscono la licenza, che permette loro di accedere a tutti i materiali dell'accademia e al know-how dell'azienda per avviare corsi di inbound all'interno delle loro strutture, fornendo la piattaforma gratuitamente agli studenti in versione educational per la durata del corso di studio. Se volete approfondire questo aspetto potete fissarvi un appuntamento direttamente sul mio calendario.
La trasformazione digitale del modello di business di un'azienda oggi può fare la differenza per le aziende che vogliono crescere, aumentare il fatturato ed espandersi in nuovi mercati. Bisogna abbandonare la conforto zone delle telefonate a freddo, dei venditori portata a porta che suonano i campanelli, delle liste di email comprate e dei pacchi di elenchi morti raccolti ad una fiera. Bisogna avere coraggio ed investire un budget - anche solo per un progetto pilota di 20-30mila euro - per esplorare un nuovo linguaggio, aprirsi a nuovi territori e capire un nuovo modo - e mondo - di fare business. Il connubio della tecnologia e delle metodologia, un modello che Brian Halligan e Darmash Shah hanno presentato con il nome di inbound marketing, può portare l'economia del dato all'interno della piccola, media e grande azienda italiana. Sul digital, nel mondo del web, pensare di operare senza strumenti adeguati è miope, illusorio, fallimentare. L'evoluzione tecnologia dell'ultimo decennio ha permesso di abbassare notevolmente il costo di questi strumenti e di renderli accessibili alla maggior parte delle tasche delle aziende minimamente strutturate. Ma la tecnologia, senza un conducente, è una schermata bianca di un software. Ci vuole il metodo. Ecco quindi che HubSpot fornisce anche il metodo, l'inbound marketing, e una piattaforma per per gestire tutto il processo, dal marketing (blog, form, landing page, call to action, social media, newsletter, sito web, marketing automation...), passando dal CRM (gestione dei contatti, task, opportunità, prodotti, preventivi...), per arrivare al servizio post vendita con il service (soddisfazione del cliente, bot, ticket di assistenza...). Parliamo di un connubio destinato a cambiare radicalmente il modello di business di un'azienda, proiettandola direttamente nei prossimi anni: non solo industria 4.0, ma inbound marketing e sales per continuare a vendere e ad aumentare gli ordini delle aziende che abbracciano questa innovazione.
Per le aziende, vendere - e quindi crescere - non è mai stato difficile come in questo periodo. Con il web ormai a portata di chiunque - e in qualsiasi momento, luogo e situazione - il marketing è passato dal gioire delle possibilità che gli venivano offerte a lottare per ottenere uno straccio di attenzione. Infatti, come una civiltà che raggiunge il suo massimo splendore e, per definizione, l'istante successivo inizia a decadere, il marketing si è ritrovato intrappolato nel suo stesso gioco: la sfida di poter vendere ovunque e in qualsiasi momento è stata raggiunta, e paradossalmente questo ha messo in crisi il marketing stesso. Pensateci: tutte le informazioni che girano sul web hanno poco a poco temprato un nuovo tipo di cliente medio, molto più attento a quello che può acquistare online - e molto più sospettoso nei confronti degli annunci e delle pubblicità: sa che su Internet può trovare qualsiasi cosa di cui ha bisogno, e per questo è deciso ad acquistare solo l'opzione migliore. Nulla di strano: siamo tutti clienti, del resto, e non ci piace accontentarci. Il punto è che questa forma mentis ha portato il marketing ad un livello di difficoltà decisamente superiore rispetto a qualche anno fa, e lo stesso vale per le vendite: insomma, un'azienda necessita di un team di marketing eccezionale, e di una squadra vendite di pari efficacia. Ma queste due formazioni, oggigiorno, non bastano a mandare avanti un business: ormai non si può pensare di mantenere fedeli i propri clienti con semplici contratti reiterativi, e le spese localizzate sulla creazione di contenuti per attrarre nuovi lead si fanno ogni anno più gravose. Per questo, si è sentito il bisogno di ricercare nuovi motori di traino per le proprie azioni di marketing. HubSpot ed il volano della crescita Meno di un mese fa, HubSpot ha cambiato le carte in tavola, annunciando una svolta epocale nei suoi intenti di marketing: l'abbandono del funnel dei contenuti in favore di uno strumento nuovo, che Brian Halligan - CEO e cofondatore dell'azienda - ha definito flywheel, ovvero volano; per esplicitare il suo scopo, in italiano si è deciso di definirlo volano della crescita. L'idea che ha portato a questa innovazione è partita proprio dal bisogno di trovare un nuovo motore di alimentazione per la struttura aziendale: Halligan, tramite un'intuizione scaturita da una sua buona abitudine - discutere faccia a faccia con clienti casuali sulle loro situazioni una volta a settimana - ha capito che cosa poteva risolvere il suo problema. La risposta è semplice e geniale: il cliente stesso, oltre al vantaggio conferito all'azienda concludendo una vendita, può essere una risorsa per lo sviluppo dell'impresa stessa. Che cos'è il Customer Success Per far fruttare una risorsa, spesso è necessario investire del tempo e del denaro in essa: non fa eccezione il cliente. Per questo, la nuova politica di HubSpot prevede lo stanziamento di più fondi nel servizio ai clienti, e addirittura creare un nucleo lavorativo mirato a sostenere il cliente e provvedere a tutti i suoi bisogni prima ancora che chieda: il Customer Success. Questo team, formato da individui con una preparazione trasversale, opera a stretto contatto con marketing e sales, al fine di generare un passaparola efficace, creare situazioni favorevoli per il cliente e incrementare l'up selling e il cross selling. Passaparola Oggigiorno, solo una percentuale minima di buyer si fida degli annunci pubblicitari e delle iniziative di marketing: con la crescita della domanda e dell'offerta, la caccia ai clienti è diventata una sfida sempre più difficile da vincere per le aziende. In un panorama così affollato e composito, l'unica figura di riferimento per un consumatore è un suo simile, che però ha già intrapreso l'azione di acquisto: ciò che un quasi cliente cerca è un feedback affidabile e neutrale, che solo un cliente effettivo può dare. Questo altro non è che passaparola: e, per far sì che esso sia positivo e continuativo, è necessaria una continua attenzione nei confronti dei clienti già acquisiti, affinché essi siano felici di essere tali e ne parlino con i loro conoscenti o con chiunque chieda loro un consiglio. Situazioni favorevoli Ci sono diverse situazioni che possono far giudicare un fornitore in maniera positiva o negativa: tempi di reazione alle richieste, capacità di risolvere i problemi, metodi di comunicazione e modelli comportamentali. Il ruolo del Customer Success è predisporre le migliori basi per far sì che l'azienda fornitrice appaia eccezionale agli occhi del cliente: uno dei compiti fondamentali è, dunque, monitorare continuamente che tutti gli asset precedentemente elencati siano ottimali. Questo prevede un contatto frequente con i team di marketing e sales, l'allineamento costante con tutti i clienti e la conoscenza - almeno di base - dei procedimenti utilizzati dai colleghi. Up selling e Cross selling Anche la conoscenza del prodotto è una dote fondamentale per il Customer Success: saper come mettere in luce prima i pregi - e in un secondo momento anche i difetti - di ciò che si vende è decisamente utile in ottica di effettuare upgrade o migliorare le condizioni. Questi due termini anglofoni significano rispettivamente queste due: immaginate il mercato dei cellulari. Vi contatta un lead interessato all'acquisto dell'iPhone X. Voi concludete la vendita, ma non finisce lì: tenetelo informato, mandategli materiale informativo, aggiornatelo sulle novità dello scenario iPhone. Potrebbe decidere, in futuro, di comprare l'Xs (Up selling), o potrebbe aver bisogno di auricolari, caricabatterie o cover (Cross selling): mantenete un contatto, fate capire lui che siete grati di averlo come cliente, e lui tornerà da voi per quel genere di acquisti. Differenza tra Customer Success e Customer Service Il Costumer Success è proattivo: il team si muove prima del cliente, e anticipa eventuali problemi, prevenendo fastidi e regalando un'esperienza di acquisto piacevole e fluida. La strategia adottata è dunque ben ponderata e a lungo termine: gioca sulla previsione, e a soddisfare il cliente PRIMA che esso contatti direttamente lo staff. Propone opportunità di crescita per il cliente, con l'obiettivo di far crescere il suo business. Il Customer Service è invece reattivo: esso risponde ai bisogni diretti del cliente, risolvendo i suoi problemi e trovando soluzioni a situazioni scomode. Il loro scopo è supportare il cliente, e occuparsi velocemente dei problemi che vengono esposti: deve essere un team efficiente e pronto, abituato a raggiungere un obiettivo a breve o brevissimo termine. Conclusione Il Customer Success, procurando opportunità per i clienti, crea opportunità anche per le aziende: mettendo al primo posto la soddisfazione del cliente viene a crearsi un solido nucleo di acquirenti fedeli che sosterranno l'azienda tramite un buon passaparola, condivisioni dei contenuti social e reazioni positive ad eventuali eventi sponsorizzati. Ed ecco come l'investimento sul cliente già acquisito ritorna positivamente all'azienda: una pubblicità genuina, non invasiva, che raggiunge potenziali clienti tramite fonti attendibili e neutrali, sicuramente più meritevoli di fiducia di uno slogan.
Ultimamente mi sono trovato a parlare piuttosto spesso del servizio rivolto ai clienti. Che sia per l'annuncio di HubSpot sul nuovo modello di crescita aziendale, basato sul flywheel, o per via del fatto che sto scoprendo poco a poco quante opzioni di assistenza e gestione clienti offra il suo CRM, anche oggi ho optato per un articolo sull'importanza di un buon supporto clientelare, in particolare sull'utilizzo dei questionari. Cosa NON fare in un questionario Ma, per cambiare un pò, ho variato punto di vista: se di solito il focus è su cosa inserire all'interno di una lista di domande, vediamo invece oggi quali errori frequenti sarebbe meglio evitare. 1. Definire in modo poco chiaro l'obiettivo del questionario Nel momento in cui crei un questionario, deve essere ben chiaro quale sia il suo scopo. Non è raro, infatti, imbattersi in questionari che infilano una domanda dietro l'altra senza pensare alla correlazione che esse dovrebbero avere con l'obiettivo finale: per questo, è fondamentale - ancor prima di iniziare la bozza del documento - fare un brainstorming generale, per poi setacciare le domande e mantenere le migliori, escludendo quelle che non hanno relazioni con il topic che intendi affrontare. Infatti, dietro ogni questionario si nasconde un solo, grande quesito: tutte le altre domande che poni devono essere subordinate ad esso, e concorrere a formare una risposta approfondita ed articolata. 2. Non analizzi nel modo corretto il background del cliente Un questionario deve essere localizzato e coerente: per questo motivo, non può interessare l'intero ventaglio dei clienti del tuo database, che sia per via dei loro diversi interessi, dati personali o posizioni all'interno della loro azienda. Può essere un problema e sottoporlo al pubblico sbagliato, facendo così in modo che si guadagni un'altissima bounce rate. Se invece è tua intenzione diffonderlo tra tutti i tuoi clienti, accertati di inserire le opzioni di scelta corrette: chiedi età, nazionalità, sesso ed occupazione. E assicurati che nelle domande più personali siano presenti le caselle Altro o Preferisco non rispondere, in modo da dare validità anche a quei quesiti (una domanda lasciata in bianco indebolirà l'autorità del questionario). Inoltre, è meglio avere un dato meno preciso piuttosto che far sentire il compilante non a suo agio - potrebbe anche decidere, per questo, di interrompere il questionario. 3. Includi troppe - o troppo poche - domande aperte Alcuni questionari non pongono domande aperte, perché preferiscono essere brevi e concisi: a mio avviso un numero minimo di domande aperte - due o tre, al massimo quattro - danno l'opportunità al cliente di spiegarsi e dire la sua, e sono dunque apprezzate. È anche vero, però, che ha deciso di regalarvi una parte della giornata, e se quel lasso di tempo rischia di espandersi troppo lui preferirà fermarsi prima della conclusione. Inoltre, le domande chiuse hanno alcuni effetti positivi sui compilanti: possono aprirli a riflessioni che non avevano considerato, o anche solo dar modo di rispondere ad una domanda che non si erano mai posti. Insomma, è importante trovare un giusto bilanciamento: dai loro l'opportunità di esprimersi, ma non far perdere loro troppo tempo. 4. Le tue domande sono troppo vaghe A volte, una domanda troppo semplice può non avere una risposta altrettanto facile. Se non caratterizzi i tuoi quesiti, correrai il rischio di mettere in difficoltà - oppure di irritare - il tuo cliente: lo scopo delle tue domande deve essere riscontrare un'opinione, e per questo è fondamentale che siano chiare e dirette. Se chiedi qualcosa in modo vago, otterrai una risposta altrettanto vaga o addirittura non ne riceverai alcuna. Inoltre, una domanda posto in modo vago non ti servirà a nulla: è a tutti gli effetti uno spreco di tempo, per te e per il tuo cliente. 5. Poni domande troppo complesse Se è vero che una domanda vaga è una perdita di tempo, è ancor più vero che una complessa rende il tuo questionario artificioso e poco fluido. Una domanda modello deve essere mediamente lunga, chiara e deve presupporre una risposta immediata, al limite leggermente ponderata: state chiedendo un parere, non interrogando un alunno. Inoltre, renderanno nebuloso il risultato che otterrete: se è una domanda aperta, il cliente potrebbe tagliare parte del contenuto per fare prima o andare fuori tema, se invece è a risposta multipla è facile che non avrà la possibilità di dirvi tutto quello che desidererebbe. 6. La lunghezza del questionario non è adatta all'argomento Un questionario troppo lungo difficilmente verrà completato - o portato a termine in modo consono; inoltre, l'analisi dei risultati sarà veramente lunga da eseguire, e probabilmente alcuni dati saranno inattendibili o inutili. Allo stesso modo, un questionario troppo breve difficilmente vi conferirà informazioni utili o esaustive. Se decidi di investire il tuo tempo - e quello dei clienti - in un questionario, assicurati che sia funzionale e funzionante: tu hai bisogno di dati, loro di domande precise e semplici. 7. Influenzi le risposte dei compilanti Può essere che un cliente ti adori per il tuo servizio, ma cerca di non influenzare la sua risposta alle domande del questionario. Se, per esempio, domandi qualcosa come Quanto trovi eccezionale che la nostra chat abbia sempre una persona pronta ad aiutarti quando hai bisogno di supporto?, stai chiaramente spingendo l'utente verso una risposta positiva. Questo tipo di auto-celebrazione è piuttosto inutile: hai investito del tempo nella creazione di un questionario, non cercare di forzare delle risposte che non ti sarebbero di alcun aiuto. Conclusione Il tuo questionario, in fondo, non è che l'ennesimo contenuto che offri ai tuoi clienti, messo a disposizione per dare voce alle loro idee e ai loro problemi: è dunque materiale di supporto, e per questo non deve essere troppo impegnativo o realizzato con leggerezza. Del resto, anche se studiato per i tuoi acquirenti, il suo scopo finale è portarti informazioni utili su come migliorare la loro esperienza di clienti, e in questo modo accrescere la loro stima di te. Come visto all'inizio - flywheel, HubSpot, crescita...ricordate? - la felicità dei tuoi clienti porta all'espansione della tua azienda: essi, parlando di quanto bene sono stati trattati da te, spargeranno voci e commenti positivi sul tuo brand. E, al giorno d'oggi, il passaparola - catalizzato da social, blog e affini - ha molto più valore della pubblicità, in quanto quest'ultima proviene da te che vuoi vendere, mentre un'impressione positiva di qualcuno che ha sperimentato i tuoi servizi è qualcosa di personale. In definitiva, se vuoi creare un buon questionario, devi sapere come metterti nei panni dei tuoi clienti, e ipotizzare cosa passa per la loro testa, anticipando così le loro domande: HubSpot ti fornisce tutto quello di cui hai bisogno per farlo, dalla strategia di inbound marketing iniziale fino agli strumenti di supporto interni al CRM. Vuoi saperne di più?
Fare soldi online con l'inbound marketing sembra oramai la cosa più facile del mondo, la nuova panacea che centinaia di agenzie di comunicazione - sia partner di HubSpot che non partner - propongono. Ora, lasciando la parte la polemica che non si può fare inbound marketing senza il software che l'ha inventato - e quindi sapere che cazzo vendono... - c'è un problema che viene avanti, molto più grande: l'onda di clienti disillusi quando avranno capito che sono stati abbindolati con qualcuno che gli ha venduto l'ultima moda del momento. Con una ricaduta certamente negativa su quanti, invece, cercano di fare le cose per bene, allineare il cliente alla triste realtà, spiegandogli che, anche con l'inbound e con HubSpot, è difficile fare soldi online, bisogna sgomitare, lavorare, sbagliare ed investire. Ma d'altronde la maggior parte di queste agenzie sono passati dal fare cataloghi cartacei (sui quali erano ovviamente i più bravi del mondo) al realizzare siti web nell'arco di una notte... questo passaggio, dal farti il sito web aziendale, gestirti i social e scrivere qualche post del blog (perché sono anche grandi copy, quelli che sono partiti dai cataloghi, me ne ero dimenticato), a farti un progetto di inbound marketing... cosa vuoi che sia! Il danno maggiore lo ricevano i clienti, che vengono convinti di essere impegnati in una attività inbound marketing & sales destinata a cambiare il volto della loro azienda e invece andranno incontro ad una cocente delusione, arrivando a mettere in discussione tutto il modello (e questa poi diventa la ricaduta negativa sul settore. Ma dopo questa introduzione, andiamo nel cuore della questione con questi argomenti: Fare soldi online con l'inbound: mito o realtà? L'inbound non è sempre e comunque Fare inbound senza HubSpot, la frontiera del fai da te La tua azienda ha davvero bisogno dell'inbound? Una premessa, prima di continuare, per chi si fosse trovato catapultato a leggere di inbound marketing senza sapere di cosa stiamo parlando.L'inbound marketing è una metodologia che raggruppa tutti gli strumenti e tattiche che sono proprie del web marketing (sito web, blog, Socia Media, SEO, Adwords, ADS, landing page...) con l'obiettivo di portare i visitatori sul sito web, convertirli in contatti del database (lead generation), segmentarli in base alle interazioni con i contenuti che presentiamo sul sito, sui social network e nelle newsletter, per alimentarli successivamente nel modo corretto (lead nurturing), con l'obiettivo di trasformali in clienti, aumentando il fatturato dell'azienda. Il termine è stato coniato nel 2009 da Brian Halligan, co-fondatore e CEO di HubSpot, una società che si occupa di software per il marketing: è di quell’anno la pubblicazione del libro Inbound Marketing: Get Found Using Google, Social Media and Blogs scritto dallo stesso Halligan, Dharmesh Shah (uno dei creatori della società) e David Meerman Scott. Il libro è stata una grande campagna di pubbliche relazioni per far conoscere al mondo questo nuovo modo di fare marketing, un modo che sarebbe stato presto implementato in un gran numero di aziende. Pe approfondire l'argomento sul che cos'è l'inbound marketing potete leggere questi articoli: L'inbound marketing: cos'è e come funziona Inbound marketing: la spiegazione definitiva L'inbound marketing, il libretto delle istruzioni di HubSpot HubSpot, che cos'è e cosa fa 1. Fare soldi online con l'inbound marketing: mito o realtà? Fare soldi online è il grande mito di questa generazione: chi produce qualcosa, chi vende qualcosa, chi ha dei servizi che può fornire ad ampio raggio è spesso solleticato dall'idea di andare su web e trovare nuovi clienti o potenziali tali, un mercato enorme e globale di acquirenti che stanno cercando proprio quello che tu offri. L'inbound marketing cade a fagiolo su questa realtà spinta dal miraggio di poter aumentare i guadagni, uscire dalla crisi o partire con un nuovo business. D'altronde l'inbound promette di darti un metodo per trovare nuovi potenziali clienti, lavorarli commercialmente, segmentarli e riuscire a vendere loro qualcosa prima e meglio. Ma l'inbound poco ha a che fare con la voglia di vendere di più e subito: l'inbound marketing è un nuovo modo di avvicinarsi e gestire il marketing digitale di un'azienda dove la parola d'ordine non è vendere, vendere, vendere, ma ascoltare, aiutare, affiancare. Si, sto parlando di cultura aziendale e di una differente attitudine e propensione di avvicinamento al potenziali cliente. Non è più una mucca da mungere ma una persona che ha bisogno di qualcosa e che - forse - il nostro prodotto o servizio può aiutare ad ottenerlo. Fare soldi online non è l'obiettivo dell'inbound, semmai una conseguenza, una conseguenza di un cambiamento radicale nel modello di business, rispetto alle tecniche di promozione e di vendita del XX° secolo. Vendere il tuo prodotto o servizio a chi ne ha bisogno significa certamente riuscire a guadagnare, ma il focus non è sul fare soldi online. So che per chi è concentrato a trovare una soluzione veloce e subito alla questione guadagnare subito grazie al web può sembrare un cavillo, ma non è affatto così. Fare soldi online è la conseguenza di un progetto di business chiaro, investimenti importanti, studio e abnegazione, non basta dire faccio inbound e cominciare a scrivere un blog, offrire qualche pdf o video a cui accedere tramite una landing page e la compilazione di un blog. Stiamo proprio giocando partire differenti. Conoscere il proprio potenziale cliente, per poter vendere di più e meglio. Ma il focus è tutto sulla conoscenza, sul costruire un'azienda e un business che ha a cuore i bisogni degli altri, in un mondo più etico. ATTENZIONE: non significa che chi fa inbound regala soluzione, al contrario: le aziende che falliscono e vanno in bancarotta non rendono felici i propri clienti. I clienti sono contenti di pagare un prodotto o un servizio se questo funziona bene, se li sta aiutando, se si sentono seguiti. Insomma: è un po' piò variegato e complesso del guadagnare online. 2. L'inbound (ed HubSpot) non è sempre e comunque Ci sono casi in cui l'inbound non è proprio un affare per te. E non serve spendere 100mila € in tre anni per capire che, alla fine, i conti non torneranno. Partiamo da definire quanto costa fare inbound marketing. Il costo dell’inbound marketing non è un elemento accessorio di cui discutere a margine della definizione del progetto. Fare inbound marketing richiede si una strategia e degli strumenti, ma, sopratutto, richiede risorse economiche – sia che per l’operatività ci si rivolga a un partner HubSpot, sia che si preferisca gestire la grossa mole di lavoro all’interno. L'investimento per fare inbound marketing parte da un budget di almeno 30.000 € l’anno per un progetto pilota tra ore interne, software, consulenze estere e e formazione e acquisto spazi pubblicitari. Per approfondire il tema dei costi puoi leggere il post del blog Il costo dell'inbound marketing, perché in questo articolo il costo, seppur rappresentando una discriminante, non è il focus del discorso. Già questo definisce in partenza che per provare a fare inbound marketing bisogna mettere sul piatto un 30k l'anno e, sapendo che si tratta di andare a correre una maratona (posizionamento SEO, costruzione base affezionata sui social e di iscritti alla newsletter, autorità generale non si conquistano in pochi mesi), moltiplichiamo pure per - almeno - 2 questo costo. Non vuoi mettere sul piatto almeno 60.000 € in due anni? Lascia perdere! Continua a fare quello che stai facendo, che va benissimo! Ma non è solo la voglia di mettere sul piatto un gettone che può essere considerato corposo, che fa la discriminante tra fare inbound oppure no (voglio dire: con 3-5.000 € l'anno non fai nulla...). Può essere che un'azienda sia animata dalle più buone intenzioni ed abbia il portafoglio pronto a svuotarsi per la campagna di comunicazione con inbound marketing più bella della storia, ma... MA... MA non sia affatto una buona idea. Cioè: fare cultura, attrarre lead, alimentare lead...ò tutto questo ha un costo, che potremmo definire costo a contatto: devi sempre chiederti, cin la spesa messa in campo, quante probabilità avrai di attirare un numero sufficiente di clienti, il cui fatturato giustificherà la spesa sostenuta. Se spendi 50.000 € ma per guadagnarli devi trovare 50.000 nuovi clienti... boh, non mi sembra lo strumento più adatto. A volte potresti avere budget e valore del cliente, ma la tua attività si concentra in un territorio così poco esteso da rendere superfluo ogni investimento su web che si trovi a travalicare i confini della zona, finanche a costituire un problema come quantità di contatti generati e da gestire (tutto ha un costo!). 3. Fare inbound senza HubSpot, la frontiera del fai da te HubSpot e inbound marketing & sales sono un connubio imprescindibile: non sapremo mai se nella testa di Brian Halligan e di Darmesh Shah sia nato prima l’uovo a la gallina. Ovvero possono anche raccontarci di avere pensato e codificato questa nuova metodologia, l‘inbound marketing, perché delusi dai risultati sempre meno performanti delle tecniche tradizionali e per cambiare il volto della comunicazione, per renderla meno intrusiva e fastidiosa. E fino a qui ci sta. Ma io non ho capito davvero se avessero in mente, fin da subito, di costruire un software per gestire questa nuova metodologia e trasformarlo in un’azienda globale. Vado diretto al punto: non si può fare inbound marketing senza utilizzare HubSpot e il fatto che in Italia ci siano un sacco di agenzie e consulenti che propongano inbound marketing & sales senza far riferimento alla piattaforma – senza neppure sapere che esiste – è una situazione generata dall’assenza di HubSpot in Italia nei primi 10 anni in cui il termine inbound marketing & sales e la metodologia inbound, hanno travalicato i confini nazionali degli Stati Uniti per arrivare qui. In altre parole: non usare HubSpot per fare inbound marketing, in assenza nel mercato di una piattaforma che “pensi” e “ragioni” come HubSpot, offrendo i servizi che offre HubSpot, significa in parole povere non fare inbound marketing. Se hai capito la metodologia inbound marketing e inbound sales tutto si basa su attrazione, conversione, segmentazione, qualificazione commerciale e chiusura. Per fare questo hai bisogno (e prendete un bel respiro perché la frase è lunga) di un software che ti permetta di gestire contenuti, ottimizzarli, gestirne la distribuzione (l’ottimizzazione SEO, mobile, la condivisione sui social), che ti permetta una raccolta di lead e la loro gestione in liste a seconda delle interazioni che questi hanno con i contenuti (post, pagine, landing, call-to-action, social, email, referral, link), che queste liste si aggiornino e siano fluide e dinamiche per accogliere i cambiamenti di interessi e necessità dei lead, che ti permetta di capire – attraverso una mappatura dei contenuti digitali dell’azienda – quando il contatto è qualificato commercialmente, in modo da procedere alla fase di smarketing e, con la marketing automation, curare l’alimentazione del lead e portarlo verso la chiusura, quando non si reputi necessario la creazioni di attività dirette dei commerciali. No, comunque, non sto dicendo che se vi hanno venduto “l’inbound marketing” senza HubSpot vi hanno truffato. Ma c’è speso un misunderstanding comune attorno a questa metodologia. Moltissime persone che “la vendono” o che sono convinti di farla. Ma io so che non mi credete proprio fino in fondo. Ecco quindi che vi ho preparato due approfondimenti: Alternative ad HubSpot per provare a fare inbound marketing Frankenspot: trasformare Wordpress in un mostro mutante per provare a fare inbound 4. La tua azienda ha bisogno dell'inbound (e di HubSpot)? Oramai dovresti avere incamerato abbastanza informazioni per capire se pre te ha senso investire in una campagna di digital marketing e se l'inbound marketing è in grado di farti guadagnare online, permettendoti di trovare nuovi clienti. Se ancora non l'ha fatto, ti invito a scaricare l'ebook gratuito Che senso ha l'inbound per la tua azienda. Ora, vuoi davvero tagliare la testa al toro? Fissa una call introduttiva con me, per una breve consulenza e capire insieme se ha senso l'inbound - con HubSpot - per la tua azienda e come possiamo aiutarti. Semplicemente clicca sul giorno che preferisci e verifica le mie disponibilità, puoi prenotare direttamente qui sotto:
Cos'è la cosa più importante per un business? Ponete questa domanda ad un gruppo di imprenditori e riceverete le risposte più disparate: un fatturato alto, i membri dell'azienda, la fama del brand. Ma, sebbene tutte queste cose abbiano un'importanza notevole nell'economia di un'impresa, ciò che veramente fa la differenza sono i clienti. In fondo, ci sono loro alla base del guadagno dell'azienda e al riconoscimento del tuo marchio, quindi la cosa migliore che puoi fare per il tuo business è riconoscere che loro sono la cosa più importante. E con loro non mi riferisco solamente ai quasi clienti, ovvero coloro che ti stai lavorando per concludere un affare: come ci insegna Brian Halligan, cofondatore e CEO di HubSpot, il motore che porta lontano un'azienda sono i clienti già acquisiti, e il volano di quel motore è il loro amore per te. Non ho utilizzato questa similitudine meccanica a caso, o perché sia un fanatico delle automobili. Anzi, di motori e veicoli in generale ci capisco personalmente gran poco, e mi va benissimo così: pensate che un mese fa neppure sapevo cosa fosse un volano. Fino al momento in cui Halligan, all'evento Inbound 2018, ha annunciato che il celebre funnel - l'imbuto che per anni ha rappresentato il fondamento teorico per la creazione dei contenuti per un determinato Buyer Persona, basandosi sul suo livello di coinvolgimento all'interno di una precisa campagna - si è rotto, e che è emerso un tool molto più efficace per far fiorire il proprio business. E questo famigerato tool *squillo di trombe* è proprio il volano - o flywheel, per citare letteralmente Halligan. Il volano della crescita Ostentando indifferenza per mascherare la mia ignoranza, tra un articolo e l'altro ho aperto la pagina di Wikipedia relativa alla voce volano: ho scoperto così che si tratta di uno strumento metallico dalla forma circolare, il cui scopo è ottimizzare l'energia cinetica dell'albero a cui è applicato, alimentando in questo modo un intero veicolo. Dopo questa breve lettura, ho subito compreso la genialità dell'intuizione di Halligan. Applicato ad un modello aziendale, il volano prevede un piccolo investimento di fondi iniziale, per poi lavorare su ciò che hai ottenuto per ingrandire il tuo business, senza spendere cifre eccessive sulla ricerca di nuova benzina. Il piccolo investimento iniziale altro non è che la spesa per attrarre i primi clienti tramite un buon utilizzo degli strumenti di marketing: una volta ottenuti i risultati iniziali, non puntare tutto sulle tattiche di aggancio, ma rivolgi le tue attenzioni agli acquirenti già conquistati e fidelizzali. Omnia vincit amor E, credeteci o no, è qui che le cose si fanno romantiche. Una volta conquistato il cliente, il suo fascicolo è tutt'altro che da archiviare: è giunto il momento di fargli capire quanto tenete a lui. Dedicate una parte del vostro tempo e del vostro budget al miglioramento delle sue condizioni: ascoltate i suoi problemi, scoprite di cosa ha bisogno e fate ciò che è in vostro potere per soddisfarlo. Insomma, dimostrate di amarlo, e fatevi amare: otterrete così un cliente fedele con il quale condividere una connessione emozionale, che si tradurrà in amore per il vostro brand. E questo porterà un maggior interesse in tutto ciò che è inerente ad esso, come la presenza sui social e le ultime news: se ce ne sarà l'occasione, inoltre, parleranno bene di voi e vi difenderanno se qualcuno farà obiezioni sulla vostra attività. Ma l'amore non si conquista facilmente: ecco qualche consiglio per espugnare il cuore del vostro cliente. 1. Proponi i loro case history Proporre i case history dei tuoi clienti ha un valore doppio: primo, mostrerai al web la tua efficacia nel risolvere i problemi dei tuoi clienti, secondo, farai inorgoglire coloro che citerai. Anzi, triplo: entrambi i brand ne godranno, il tuo perché acquisirà autorità e il loro perché si verrà a configurare come un servizio più qualificato. 2. Dai loro accessi esclusivi Conferire accessi privilegiati è un'ottimo modo per far sentire speciale un cliente e stringere un legame più stretto: fallo sbirciare all'interno della tua azienda, fai sì che sia il primo ad usufruire di un servizio sperimentale, concedigli sconti perché è un cliente pagante, per farlo sentire più intimamente parte del tuo meccanismo; si sentirà più di un semplice acquirente, e il suo giudizio su di te sarà sicuramente positivo. 3. Sii presente sui social I social network sono il luogo ideale per farsi amare: condividi contenuti e posta le tue novità, ma soprattutto interagisci con chi commenta. In questo modo, darai una personalità al tuo brand, e ti distinguerai come raggiungibile e disponibile. Inoltre, ti stai muovendo in un campo informale: questo ti permetterà di relazionarti in modo più naturale ai tuoi follower, creando un clima di complicità e serenità. 4. Dai l'opportunità di apparire sul tuo blog Il blog è uno strumento imprescindibile per ogni azienda con mire sul web: offri la possibilità ai tuoi clienti di dire la loro sul tuo, e loro si sentiranno onorati di poter calcare il tuo palcoscenico. Tu guadagnerai contenuti extra, e loro potranno dare visibilità ai loro link e alle loro pagine. 5. Offri supporto Non fermarti alla vendita: assicurati periodicamente che le condizioni de tuo cliente siano soddisfacenti, e sii disponibile ad aiutarlo, sia che te lo chieda apertamente sia che lo stia domandando in modo silente. 6. Ringrazia Può sembrare banale, ma un grazie è sempre gradito. Sei stato scelto in mezzo alla concorrenza, e ciò è lusinghiero: non pensare che basti ringraziare solo una volta, e approfitta di ogni occasione, senza esagerare ovviamente. Fallo sia di persona sia attraverso gli strumenti di marketing automation, e accertati di farlo per ogni acquisto o rinnovo di contratto. Ed ecco come il cliente già acquisito permette alla tua azienda di espandersi: fallo innamorare di te ed entrambi godrete di vari benefici.
Il blog è uno degli strumenti di punta dell’inbound marketing, non il solo, naturalmente, e non da solo. Gestire un blog è un modo efficace per pubblicare e promuovere con costanza contenuti che fanno riferimento al settore industriale in cui opera la tua azienda e che trattano di problematiche che i tuoi prospect potrebbero avere. Scegliere i giusti contenuti, presentarli nella maniera corretta e avere chiaro il ruolo del blog nel processo di attrazione e conversione, sono passi necessari per mantenere un blog che possa supportare l’attività commerciale della tua azienda. Il blog nell’inbound marketing Fare inbound è fare in modo che la tua azienda sia facilmente trovata da quelle persone che hanno bisogno del tuo aiuto. La metodologia inbound è suddivisa in tre stadi che il marketing, le vendite, il supporto al cliente utilizzano per creare e mantenere le relazioni con i clienti/prospect: stadio di attrazione, coinvolgimento e delizia. Riguarda tutta l’azienda: l’attrazione non è solo opera del marketing, il coinvolgimento non è solo compito del commerciale e la delizia non è solo compito del supporto. Il blog supporta la tua strategia di inbound marketing in tre modi: aiuta ad attrarre nuovi visitatori aiuta a convertire i visitatori in lead aiuta a farti riconoscere come esperto. 1. Attrarre nuovi visitatori Per capire come il blog ti aiuta ad attirare visitatori, pensa a come una persona ricerca informazioni online: ha domande, dubbi o problemi che stanno cercando di risolvere. Potrebbe andare online e digitare la sua domanda nella barra di ricerca di Google (o chiederlo a Siri, Cortana e Google). Se un post del tuo blog è in grado di fornire la risposta alla domanda posta, questi utenti sconosciuti (o meglio, ai quali la tua azienda o il tuo prodotto sono sconosciuti) potrebbero trovarti e venire a visitare il tuo sito web. Inoltre, ogni nuovo articolo del blog è una nuova, unica, pagina del tuo sito. Questo significa aumentare le possibilità di posizionarsi sui motori di ricerca, ottenere link da altri siti internet, ottenere condivisioni sui canali social. Grazie a queste peculiarità, il blog assume un ruolo chiave nella fase di attrazione della metodologia inbound. 2. Supportare la conversione in lead Quando qualcuno viene a leggere un tuo articolo del blog hai già ottenuto il grande obiettivo di cogliere la sua attenzione. Ma non puoi fermarti a questo: devi essere pronto e saper promuovere in modo strategico offerte correlate, di qualunque tipo o formato, dal video di un webinar ad una guida gratuita. Se il tuo lettore vuole approfondire l’argomento trattato, gliene dai l’opportunità, indirizzandolo verso la landing page e il tuo contenuto. 3. Ottenere riconoscimento Il blog può aiutare la tua azienda e le persone che di proprio pugno firmano gli articoli ad ottenere riconoscimento nel settore. Più si pubblica nel blog, più gli utenti ti vedranno come una fonte affidabile di informazioni nel particolare ambito in cui operi. Come creare un articolo di successo per il tuo blog Un blog ben fatto è un asset importante, quindi non si può improvvisare e serve invece pianificare una valida strategia di creazione di contenuti e seguire le migliori pratiche. Ecco come creare il tuo piano di contenuti per il blog. a) Scegli di cosa scrivere: argomento Il primo passo è la scelta di un argomento di cui parlare. Un punto di partenza, che garantirà al tuo blog un valore, è scegliere contenuti educativi. Per poter attirare qualcuno sul blog, devi saper rispondere alle domande e ai problemi per i quali sono alla ricerca di soluzioni. Chiediti quindi: Cosa ricercheranno? Di cosa vogliono essere messi a conoscenza? Che argomento interessa e ha rilevanza per loro? Qual è l’intento di ricerca? In un blog parte della strategia Inbound Marketing, considera anche il tuo buyer persona, i suoi bisogni, necessità e aspirazioni, quando prepari un elenco di argomenti di cui scrivere. Un punto fondamentale nella scelta dei contenuti del blog, indipendente dalla metodologia inbound, è questo: parla del tuo settore, non di te stesso (la tua azienda o prodotto). Questo perché il tuo obiettivo è quello di attirare persone che non hanno sentito parlare della tua azienda e dei tuoi prodotti. Se parli di te, non ti troveranno facendo una ricerca su Google. Realizzare una lista di argomenti per il blog Se non hai molto chiaro quali contenuti, collegati alla tua azienda, possono essere più utili al tuo pubblico, chiedi ai colleghi che maggiormente hanno a che fare con i clienti, come quelli del reparto commerciale e assistenza. Sono i primi a dover rispondere alle domande dei prospect, che sanno quali argomenti suscitano interesse nei loro interlocutori, hanno sviluppato nel tempo una strategia di comunicazione delle informazioni e di approccio al cliente che rappresenta un preziosissimo bagaglio di informazioni. Alcune delle domande che puoi far loro per raccogliere interessante materiale: quali sono le domande che i clienti/prospect ti fanno più spesso? di cosa hanno generalmente bisogno? che cosa vorresti che le persone conoscessero del tuo settore? qual è l'argomento caldo del settore? quali sono le obiezioni comuni? Di cosa si lamentano? di cosa non vogliono sentire parlare o quali sono i luoghi comuni che devi combattere? Ricerca inoltre di cosa parlano i tuoi concorrenti e gli argomenti trattati nei blog e canali social del tuo settore. Definire il tuo argomento Parti da un argomento generico e poi stabilisci i dettagli per definire l’approccio con cui tratterai l’argomento nell’articolo corrente, inerente all’intento di ricerca. Facciamo un esempio per ICT(digitalthink): un argomento generale per il nostro blog, in linea con la nostra proposta di servizi è “inbound marketing”. Alcuni degli argomenti trattati negli specifici articoli sono però: cos’è l’inbound marketing, Agenzia inbound marketing: come scegliere quella giusta?, Perché l’inbound marketing sostituirà l’outbound marketing, Perché scegliere HubSpot se fai inbound marketing … e molti altri che potete leggere nel nostro blog se selezionate il topic “inbound marketing”. Questi articoli, seppur parlando tutti di inbound marketing, rispondono a differenti intenti di ricerca degli utenti, rispondono a domande diverse che potrebbero digitare su google. Pensare alle parole chiave Le parole chiave sono i termini o le frasi che vengono digitate (o dette) sui motori di ricerca ed indicano le questioni per le quali le persone stanno cercando informazioni. Pensare in chiave SEO è importante per il successo del blog nel medio-lungo periodo. Come sapere cosa ricercano le persone? Beh, chiediamolo a Google: Tutti questi termini rappresentano ricerche con intenti ben diversi e specifici sull’argomento inbound marketing. Ce ne possono essere molti altri e ciascuno può essere trattato in post del blog differenti. Starà a voi essere abili nel trattare questo argomento nel modo più adatto ad esprimere la visione della vostra azienda sull'argomento. Una buona regola da seguire quando si prepara il piano editoriale del blog è proprio quella di focalizzarsi su una sola parola chiave a coda lunga per articolo del blog, questo per poter mantenere il focus del post e ottimizzare l’articolo per quella keyword. Vantaggi della long-tail keyword: mantengono il focus su uno specifico argomento di interesse per il pubblico aiutano ad ottenere un traffico più qualificato che ha maggiori possibilità di convertirsi in lead. Pensare a promuovere la tua offerta di contenuti per la conversione In fase di creazione di idee, considera anche il contenuto che hai realizzato (o stai realizzando) e il cui download devi promuovere: crea una lista di articoli del blog che potrebbero supportare il contenuto della guida/webinar/ecc. In questo modo, se qualcuno atterra sul tuo articolo del blog e trova il contenuto interessante, aumentano le chance che clicchi sulla tua call-to-action per accedere al tuo contenuto. B) Definisci il titolo La scelta del titolo non è da trascurare: è la prima cosa che legge un utente e deve essere in grado di catturare l’attenzione. Trovare subito quello più adatto, non è cosa facile, è bene quindi partire con un titolo provvisorio che verrà poi perfezionato dopo la stesura dell’articolo completo e prima della pubblicazione. Come scrivere un titolo efficace: includi nel titolo la tua keyword a coda lunga definisci chiaramente nel titolo il valore del post e stabilisci le giuste aspettative mantieniti nei 60 caratteri, la lunghezza ideale di un titolo per il blog inserisci la tua keyword all’inizio o nella prima parte del titolo. C) Formatta correttamente il post Se il titolo cattura l’attenzione e stabilisce le giuste aspettative, il corpo del testo deve consegnare nel modo migliore quanto promesso: deve invogliare il lettore a leggere il tuo contenuto ed essergli utile, almeno un po’. L’introduzione: scrivi un’introduzione accattivante: usa lo humor, trasmetti empatia o interessa il lettore con fatti e statistiche d’effetto descrivi subito il contenuto del post e spiega in che modo tratterai il tema presentato nel titolo: nessun climax nel blog! Fai in modo che chi legga le prime righe abbia voglia di continuare a leggere. Il corpo dell’articolo: la lunghezza dell’articolo varia a seconda del tema trattato, non c’è una regola. L’importante è coprire interamente l’argomento proposto nel titolo e risolvere il problema indicato. usa la formattazione ed elementi visuali per rendere il post più accattivante ed agevolare la lettura e la comprensione del tema: immagini o contenuti multimediali spazi bianchi titoli di paragrafi (h2 e h3) elenchi puntati e numerati paragrafi non troppo lunghi utilizzo mirato del grassetto. Immagine di copertina (feature image): L’immagine di copertina, di solito riportata in cima all’articolo, serve ad attirare l’attenzione del lettore e ad invogliare la lettura. L’immagine dovrebbe riflettere il tema dell’articolo, intrigare o provocare il lettore. Non deve necessariamente illustrare ciò di cui tratta l’articolo, ma essere comunque in tema con l’argomento. Certo, trovare l’immagine giusta non è facile. Gli utenti HubSpot hanno a disposizione una selezione di più di 5000 immagini da utilizzare per i propri articoli del blog. In alternativa si possono utilizzare portali specializzati che mettono a disposizione migliaia di immagini gratuite. D) Promuovi l’offerta sul blog per aumentare la lead generation Se vuoi che la tua strategia di inbound marketing ottenga i risultati sperati, allora è cruciale che il blog promuova strategicamente un’offerta di contenuto corrispondente e rilevante. L’obiettivo è quello di attirare un visitatore, fornirgli un contenuto interessante relativo all’argomento di ricerca e offrirgli un ulteriore aiuto che lo porti a compiere il passo successivo. Inserisci sempre una call-to-action alla fine dell’articolo per proporre un’azione successiva. Se un articolo è molto lungo, si possono inserire più call-to-action. Tuttavia, per non interrompere troppo l’esperienza di lettura, si possono inserire della call-to-action sottoforma di link ipertestuali. E) Ottimizza per i motori di ricerca L’ultimo passo è quello dell’ottimizzazione il post per i motori di ricerca. Significa controllare che la parola chiave a coda lunga scelta per il blog sia presente anche nel: titolo url corpo del testo alt-text delle immagini meta description Infine, aggiungi all’interno dell’articolo link interni (ad altre tue pagine del sito/blog) ed esterni (a pagine di terze parti). F) E considera anche… Di inserire la possibilità di condividere il post sui social. Di ottimizzare il post per i dispositivi mobile. Di scrivere con costanza e frequenza.