Come gestire un cliente arrabbiato o insoddisfatto? Una domanda che negozianti e marketer devono porsi perché un’azienda che non riesce a gestire le lamentele o le rimostranze dei clienti non potrà mai crescere. In questo articolo ti spiego come gestire un cliente insoddisfatto, ma prima facciamo una piccola premessa. Si dice che il cliente ha sempre ragione ma in realtà non è così, soprattutto se si mostra maleducato o se fa delle richieste assurde. Questo però non significa che tu debba voltare le spalle ad un cliente insoddisfatto, anzi, devi sfruttare tutti i mezzi a tua disposizione per risolvere il problema. Come? Sorprendendolo! Il cliente insoddisfatto è già molto nervoso dal disservizio che ha ricevuto, quindi probabilmente è pronto alla guerra. Il tuo obiettivo è “disarmarlo” e per farlo non devi mostrarti annoiato, litigare o insistere sul fatto che non è colpa tua, ma piuttosto ammettere le tue responsabilità, ascoltarlo e assicurando che farai di tutto per risolvere il problema. Il cliente, che magari si attende un atteggiamento bellicoso e poco accomodante da parte tua, sarà sorpreso dalla tua sincerità. Se quindi risolverai il problema trasformerai un cliente insoddisfatto in un cliente felice, che innescherà un passaparola positivo per la tua azienda che a sua volta vedrà crescere la sua reputazione. Non ci resta che capire quali step adottare per gestire un cliente insoddisfatto, quali mezzi sfruttare e quali strumenti utilizzare. Come gestire un cliente insoddisfatto: 4 consigli preziosi Per gestire un cliente insoddisfatto devi seguire 4 step che ti aiuteranno a superare brillantemente la situazione di difficoltà: Ascolta attentamente il cliente. La prima fase è sicuramente la più delicata, poiché il cliente è arrabbiato per un disservizio e una parola sbagliata o fuori posto da parte tua potrebbe mandare a monte il delicato processo diplomatico che stai per avviare. Quindi ascolta le sue motivazioni senza contraddirlo; Ammetti le tue colpe. Nel momento in cui ammetti che c’è un problema e che le colpe sono tue il cliente già inizierà a calmarsi, poiché si sente ascoltato e preso in considerazione. L’indifferenza dell’azienda è ancora peggio del disservizio che si è palesato. Adotta un atteggiamento gentile e sincero, così da creare un rapporto di empatia; Assicurati di risolvere il suo problema. Una volta ascoltata la sfuriata del cliente, assicurati di attivarti per risolvere il problema nel minor tempo possibile. Eventualmente proponi un regalo, come un buono sconto, un gadget in omaggio o un rimborso per calmare ulteriormente il cliente; Ringrazialo. Ringrazia il cliente per aver palesato il problema poiché, grazie alla sua segnalazione, farai in modo che quel disservizio non si verifichi più. Questo è il percorso da seguire, poi ovviamente puoi personalizzare ogni situazione con frasi e messaggi differenti anche a seconda della tua tipologia di attività. Non preoccuparti di perdere un po’ di soldi se opti per il rimborso o per uno sconto, poiché un cliente insoddisfatto è estremamente pericoloso dal momento che parlerà male di te e del tuo brand, facendo crollare la tua reputazione. Per migliorare la qualità delle conversazioni, sono utili strumenti come i CRM che ti consentono di tenere traccia di tutte le conversazione e segnalazioni date dai clienti, in modo da fornire loro le informazioni giuste al momento giusto. Tutto ciò consente inoltre di rispondere in maniera completa alle richieste degli utenti. Come gestire un reclamo: 7 frasi d’oro per rispondere ad un cliente arrabbiato Esistono delle frasi d’oro, vere e proprie parole magiche, che riescono a far calmare i clienti che non devono vedere in te un nemico, ma un alleato che sta dalla loro parte. Eliminare tutti i problemi e i disservizi, nonostante i tuoi sforzi, è quasi impossibile ma puoi lavorare molto per migliorare il tuo servizio di assistenza. Ecco di seguito una lista di frasi da memorizzare che puoi usare per rispondere ai tuoi clienti, tenendo presente anche il canale utilizzato per la comunicazione. Alcune frasi hanno un impatto maggiore se dette per telefono, via chat o tramite social e quindi puoi personalizzarle come ritieni più opportuno. Eccole: Grazie per averci contattato. Qualunque sia lo stato d’animo del cliente, ringrazialo per la sua segnalazione grazie alla quale hai preso coscienza che c’è un problema che va risolto; Anche io sarei deluso. Come già accennato precedentemente è fondamentale creare una situazione di empatia tra te e il cliente per instaurare subito un clima cordiale ed evitare sentieri minati. Mettiti realmente nei suoi panni per capire la frustrazione che sta vivendo, così il tuo atteggiamento empatico sarà autentico; Verifico subito, attenda per favore. Quando un cliente presenta un problema si attende una risposta immediata, ma non sempre hai la soluzione a portata di mano. Per rassicurare il cliente che prenderai in carico la sua richiesta pregalo di attendere per avere il tempo di verificare qual è il problema e da dove nasce; Può darmi qualche informazione in più? Dopo aver svolto le dovute verifiche non sempre è possibile individuare subito il problema, in tal caso puoi chiedere al cliente di darti maggiori informazioni. La cosa potrebbe ulteriormente spazientirlo, ma puoi girare la situazione a tuo favore spiegando che con maggiori dati e informazioni a tua disposizione hai più probabilità di risolvere velocemente il problema; Posso sicuramente aiutarla. Hai finalmente individuato il problema? Allora tranquillizza il cliente, scusati per il disagio arrecato e garantisci che il problema è stato individuato e sarà risolto nel minor tempo possibile; Non possiamo esaudire la sua richiesta, ma in alternativa possiamo… Uno degli scenari più temuti per un venditore è quello di non poter risolvere un problema o soddisfare la richiesta di un cliente. Un “no” categorico non è mai accettato di buon grado dal cliente, quindi affrettati a proporre subito un’alternativa valida o a fornire un regalo, un omaggio o uno sconto per ripagarlo del danno subito. In questo modo dimostri che, anche se non hai i mezzi per risolvere il problema, hai comunque preso a cuore la situazione del cliente; Apprezziamo la sua pazienza e grazie per averci contattato. Nel momento in cui la situazione è stata finalmente risolta non dimenticarti di ringraziare il cliente per la sua pazienza, lasciando intendere che proprio grazie al suo feedback puoi ulteriormente migliorare il tuo servizio. Come rispondere alla domanda di un cliente quando non conosci la risposta? Le tecniche infallibili Cosa fare quando non sai rispondere alla domanda del tuo cliente? Potrebbe essere un lapsus momentaneo o una domanda che ti spiazza totalmente, ma in entrambi i casi non faresti una bella figura se non sai come rispondere. Non farti prendere dal panico e non fornire risposte approssimative. Piuttosto snocciola meglio la richiesta del cliente, che magari è stata posta male, e cerca di raccogliere ulteriori informazioni ponendo domande a tua volta. Può capitare che il cliente ti tartassi di domande, ma non hai la risposta a tutto. Fatti furbo e seleziona quelle domande di cui conosci bene la risposta, prendendo del tempo per capire come uscire fuori da quella situazione. In ogni caso cerca di reindirizzare l’argomento su qualcosa che conosci, senza ovviamente allontanarti troppo dal cuore del problema, altrimenti il tuo atteggiamento si configurerebbe come una fuga palese. In ogni caso non mentire mai ad un cliente, poiché prima o poi se ne accorgerà e quando capiterà la tua credibilità crollerà verticalmente. Meglio prenderti qualche minuto in più per rispondere piuttosto che raccontare una frottola. Customer care, esempi di strumenti utili in Hubspot Nella gestione dei clienti HubSpot CRM è uno dei migliori alleati ai quali affidarti, grazie ai vari tool che mette a tua disposizione per migliorare ulteriormente l’assistenza. Ecco l’elenco di tutte le funzioni di HubSpot Service Hub: Conversations. Gestisci tutte le conversazioni dei clienti in un’unica casella di posta; Ticket. Registra i problemi dei tuoi clienti tramite un ticket tracciabile da tutti i membri del team; Feedback. Utilizza sondaggi per migliorare l’esperienza dei tuoi clienti; Automation & Routing. Automatizza i processi di servizio clienti tramite la creazione di ticket e incarichi; Live chat. Chatta direttamente e in tempo reale con i clienti; Conversational Bots. Sfrutta i chatbot per rispondere alle domande dei clienti 24h; Reporting. Valuta l’impatto del tuo servizio clienti tramite strumenti di report. Conclusioni Sorprendere un cliente insoddisfatto con un atteggiamento accomodante e pacifico è il miglior modo per farlo sentire realmente ascoltato e preso in considerazione. Devi quindi essere bravo a mantenere la lucidità e usare le parole giuste al momento giusto per calmare il cliente e portarlo dalla tua parte, facendogli capire che il suo desiderio di risolvere il problema è pari alla tua volontà di soddisfarlo. In quest’operazione può tornarti utilissimo HubSpot che, grazie alle sue innovative funzioni, ti mette nelle condizioni di conoscere i tuoi clienti e trovare in anticipo le domande alle loro possibili risposte. Per conoscere meglio tutte le funzioni offerte da HubSpot scarica subito l’ebook gratuito sottostante, così imparerai le basi di questo preziosissimo CRM che ti aiuta nella gestione dei clienti e nella costruzione di un rapporto solido e duraturo nel tempo. Image by wayhomestudio on Freepik
In questo articolo ti spiego come fare lead generation su Linkedin, due termini diventati di utilizzo quotidiano nel linguaggio di tutte le aziende moderne che vogliono espandere i loro confini e aumentare il loro pubblico. Che la digitalizzazione sia una strada necessaria per imporsi nel proprio settore, qualunque esso sia, è pacifico. Ma perché puntare sulla lead generation? E perché usare Linkedin? La lead generation, che possiamo tradurre con “generazione di contatti”, è il frutto dei cambiamenti delle abitudini di acquisto dei consumatori e del loro approccio al mercato. Si tratta infatti di un insieme di tecniche di marketing che permettono ad un’azienda di attirare contatti ma in modo assolutamente naturale, quindi senza essere invadenti o insistenti come potevano essere le tradizionali campagne pubblicitarie. Acquisire nuovi clienti tramite la lead generation significa quindi costruire relazioni solide con loro, nutrire il rapporto giorno per giorno e guadagnarsi la loro fiducia. Perché questo processo trova la sua perfetta attuazione su Linkedin? Perché questa piattaforma è nata proprio per il business come strumento per generare contatti e clienti. Le campagne Linkedin permettono di raggiungere contatti potenzialmente interessati ai propri servizi e possono essere ulteriormente potenziate e rafforzate grazie ai dati provenienti dal tuo CRM. Approfondiamo maggiormente il discorso per capire chi sono i lead Linkedin e come attuare una strategia di lead generation vincente. Perché la lead generation su Linkedin è la strada vincente? Prima di capire come applicare la lead generation su Linkedin, facciamo un piccolo ripasso. Acquisire i clienti è l’obiettivo di ogni azienda e la strada per farlo nell’ambito della lead generation prevede 3 step: Awareness: il primo passo è evidenziare ad un potenziale cliente un problema, una necessità o un desiderio di un servizio o un prodotto; Consideration: il potenziale cliente comincia a valutare l’acquisto di un servizio o un prodotto per soddisfare un bisogno o un’esigenza; Decision: spingere il cliente ad acquistare il prodotto o il servizio presentato. Il percorso si svolge in modo del tutto naturale, ma ha bisogno di due cose fondamentali: il tempo e la fiducia reciproca. Ogni lead potrebbe avere tempi diversi: c’è chi viene convinto subito dell’acquisto e chi invece deve prima fidarsi. La lead generation, secondo gli step precedentemente indicati, “nutre” il potenziale cliente con dati e informazioni utili consolidando e costruendo un rapporto di fiducia. Il risultato finale è un lead fidelizzato che con ogni probabilità si trasformerà in cliente. Perché scegliere proprio Linkedin e non qualche altro social? Per rispondere a questa domanda facciamo riferimento ad una statistica pubblicata da HubSpot, secondo la quale il tasso di generazione associabile a Linkedin è più alto di qualsiasi altro social network. Inoltre i marketer che operano nel B2B hanno eletto Linkedin come miglior piattaforma in assoluto per reperire contatti, lead e clienti. L’utente, attirato da un post su Linkedin, entra in un funnel di vendita molto ampio che però, tramite mirate azioni di lead nurturing, si restringe sempre più. Nella parte finale dell’immaginario imbuto arrivano solo lead realmente interessati a quanto proposto, quindi diventa molto più facile e quasi naturale convertirli in clienti fidelizzati. Strategie su Linkedin: come aumentare l’engagement Il tuo obiettivo su Linkedin è generare lead qualificati, cioè realmente interessati a quello che proponi. Per farlo hai a disposizione due strade: L’approccio inbound, che consiste nel farsi trovare dai potenziali clienti e attirarli sulla tua pagina con contenuti di valore; L’approccio outbound, che invece richiede una maggiore proattività in quanto prevede di connettersi con i potenziali clienti tramite Linkedin. In entrambi gli approcci devi dimostrare la tua affidabilità e competenza, affinché tu possa rappresentare un punto di riferimento per i lead e invogliarli a connettersi con te, e sviluppare relazioni consolidate e durature. Preferisci seguire la strada dell’approccio inbound come imposto dai principi dell’inbound marketing? Allora per prima cosa devi ottimizzare il tuo profilo Linkedin. Eccoti alcuni consigli che ti torneranno utili: Scegli un’immagine del profilo professionale e inserisci logo e colori aziendali nella copertina; Scegli un job title che definisca al meglio il tuo ruolo in azienda; Nel riepilogo del profilo inserisci le giuste keyword per farti trovare; Nella sezione “in primo piano” inserisci contenuti di valore, anche esterni, come magari un video di presentazione, una landing page del sito aziendale o un case study di successo; Fai emergere subito le tue competenze che meglio rappresentano la tua professionalità e il focus della tua attività. Se farai tutto nel modo corretto saranno i potenziali clienti a inviarti una richiesta di collegamento. Hai optato per il secondo approccio, quello dell’outsourcing? Allora devi essere ancora più proattivo e metterti alla ricerca di potenziali lead con i quali avviare contatti e relazioni fino ad ottenere un appuntamento. In tal caso devi conquistare prima l’attenzione e poi la fiducia dei tuoi lead. In entrambi i casi devi essere bravo a toccare le corde giuste, dimostrandoti come un punto di riferimento affidabile del tuo settore e puntando su caratteristiche come solidità, professionalità e serietà, il tutto “spolverato” da ottime conoscenze e competenze digitali. Campagne linkedin: 5 consigli per pubblicare nel modo corretto Cosa pubblicare su Linkedin? E quando? La modalità di pubblicazione e naturalmente i contenuti rivestono un ruolo molto importante per la tua strategia, quindi ti forniamo 5 consigli preziosi al momento della scelta. 1- Meglio un articolo o un post? Ecco la differenza Hai due opzioni per postare i tuoi contenuti: un articolo o un post. Se non hai un sito o un blog gli articoli su Linkedin sono un’ottima soluzione per migliorare il tuo personal branding o per rafforzare il tuo status di esperto. Hai a disposizione ben 40.000 caratteri e puoi aggiungere titoli, sottotitoli, link, video e immagini. Gli articoli però non hanno lo stesso livello di engagement dei post, che a loro volta sono meno personalizzabili poiché consentono solo di utilizzare il maiuscolo e gli spazi. Nei post puoi comunque inserire immagini, video, ricerca di personale, un sondaggio o celebrazioni di un evento. Per i post hai a disposizione fino a 3.000 caratteri, quindi devi attingere a piene mani dalla tua capacità di sintesi. Se sei un'azienda in questo senso possono esserti utili strumenti per programmare la pubblicazione dei post, come Hubspot CRM. Questo strumento oltre alla pubblicazione programmata dei post, compresa la ricondivisione dei post dei blog del tuo sito Hubspot, ti consente di avere sottomano la scheda di un determinato lead con tutte le conversazioni avvenute, pagine web che ha visitato precedenti chiamate effettuate ed eventuali note prese e molte altre funzionalità. 2- Hashtag e video: come sfruttarli? Alla fine di un post è sempre una buona mossa inserire degli hashtag, ma devi farlo secondo una strategia ben precisa per rafforzare il tuo brand. É consigliabile usare fino a 5 hashtag, equamente suddivisi tra il tuo brand e quelli che identificano l’oggetto del post. In alternativa al post puoi aggiungere un video, che in questo periodo performano davvero bene. Ricordati di usare video nativi, cioè caricati sulla piattaforma stessa e non esterni. I video devono avere una lunghezza massima di 10 minuti e preferibilmente essere dotati di sottotitoli, permettendone la fruizione anche a chi è in ufficio e quindi non può attivare l’audio. 3- Quando pubblicare su Linkedin? Eccoci ad un’altra domanda importante: quando pubblicare su Linkedin? Teoricamente ogni momento è buono, ma devi conoscere bene le tue buyer personas per capire quali sono le loro abitudini. Potresti pensare che la pausa pranzo o il tragitto casa-lavoro siano i momenti migliori per pubblicare i tuoi contenuti, ma non è sempre così. Linkedin è un social professionale, quindi i tuoi lead potrebbero tranquillamente usarlo anche durante gli orari lavorativi, cioè dalle 8:00 alle 13:00 e dalle 14:30 alle 17:00. Ad ogni modo gli orari migliori di pubblicazione per le attività B2C sono dalle 11:00 alle 14:00, mentre per le attività B2B gli orari migliori sono quelli al di fuori dell’intervallo che va dalle 9:00 alle 17:00. Da evitare invece il sabato e la domenica, poiché Linkedin è poco frequentato da aziende e professionisti nel weekend. 4- Quanto pubblicare su Linkedin? Anche la quantità delle pubblicazioni è importante e in tal caso basta seguire due semplici regole: Non pubblicare troppo; Non pubblicare troppo poco. Pubblica solo quando hai davvero qualcosa di interessante da comunicare al tuo pubblico, altrimenti rischi di essere ridondante. Allo stesso modo cerca di non “sparire” dal social, altrimenti rischi di perdere la visibilità acquisita. Un calendario editoriale ti aiuterà sicuramente ad essere sempre sul pezzo. 5- Chi può vedere i post? Puoi modificare la privacy dei tuoi post, scegliendo così chi può leggerlo. Nella parte alta del post puoi selezionare le seguenti opzioni: anyone, tutti possono accedere al tuo contenuto; condividi direttamente con il profilo Twitter; visibile solo alle persone direttamente in contatto; condivisione all’interno di un gruppo di cui fai parte. Conclusioni La lead generation su Linkedin si basa sui concetti e sui principi-cardine dell’inbound marketing, quindi devi portare avanti le tue strategie con pazienza e abnegazione. Nel corso dell’articolo abbiamo fatto riferimento a HubSpot, che ha un’integrazione specifica con Linkedin per gestire al meglio gli annunci e sfruttare al massimo le potenzialità di entrambe le piattaforme. Per approfondire maggiormente il discorso sulla lead generation scarica l’ebook gratuito sottostante, una guida completa per i neofiti della materia per trasformare i tuoi visitatori in lead per il tuo business. Image by asier_relampagoestudio on Freepik
L’email può ancora essere considerata uno strumento di marketing efficace in grado di convertire in lead i clienti? Una domanda precisa alla quale diamo una risposta altrettanto secca: sì. Si potrebbe pensare che, alla luce dell'esplosione di nuovi servizi e canali digitali, come chatbot, social e quant’altro, sia arrivato il momento di recitare il “de profundis” delle email, ma sarebbe un grave errore. C’è una strategia che valorizza al massimo e che automatizza i messaggi della posta elettronica: l’email marketing automation. Potresti pensare che in un mercato sempre più “customer-centric”, cioè che mette il cliente al centro di tutto, sia un errore affidarsi ad un processo automatizzato e apparentemente “freddo”. In realtà bisogna fare due considerazioni. Innanzitutto l’automazione dei processi è un passaggio praticamente obbligato per le aziende moderne che vogliono restare al passo coi tempi. Secondariamente l’email marketing automation non è affatto un processo “freddo”, anzi aiuta a rafforzare ulteriormente i rapporti con lead e clienti, purché si abbia alla base un software come un CRM. L’email marketing automation nel B2B e nel B2C offre tantissimi vantaggi e opportunità, scopriamo come sfruttarli al massimo. Cos'è l'email marketing automation? Fino a qualche anno fa le email venivano inviate secondo la logica “one-shot”: ogni campagna veniva creata e poi inviata manualmente a tutti i contatti presenti nel database. Una strategia obsoleta che richiedeva tanto tempo e che non consentiva di intercettare le reali esigenze del pubblico. Tutto è cambiato con l’email marketing automation, un insieme di attività con le quali programmare, gestire e inviare le campagne email tramite automatismi ben oliati. In pratica ogni email non viene spedita a caso, ma è mirata per conseguire precisi obiettivi a seconda del cliente tramite le regole preimpostate di un software che suggerisce azioni specifiche quando si verificano determinate condizioni. Cosa fa nello specifico l’email marketing automation? Raccoglie e si nutre di tutti i dati relativi ad ogni singolo cliente e, di volta in volta, invia contenuti personalizzati secondo i comportamenti, le abitudini d’acquisto degli utenti e tanti altri dati significativi come dati anagrafici o rapporto con il brand. Come puoi ben vedere le campagne di email marketing automation non sono affatto fredde e anonime, anzi sono fortemente personalizzate secondo i dati e le abitudini del lead o del cliente. Come applicare l’email marketing automation? L’email marketing automation sposa perfettamente i principi dell’inbound marketing, dove sono i clienti ad interessarsi e avvicinarsi alle aziende in modo naturale e non viceversa. L’inbound marketing si basa proprio su questo concetto: farsi trovare dal cliente nel momento del bisogno. Le email invasive e inviate a chiunque senza un progetto definito non portano ad alcun risultato, anzi, nella maggior parte dei casi finiscono nello spam con un cattivo ritorno d’immagine per il brand che viene percepito come noioso, invasivo e fastidioso. Con l’email marketing automation puoi invece mettere in atto un’attenta e intelligente strategia di lead nurturing nutrendo il cliente di dati e informazioni, inviando messaggi personalizzati ad un pubblico specifico, targetizzandolo nel momento in cui ne hai maggior bisogno. Esempi di applicazione dell’email marketing automation Per avere un’idea più ampia eccoti alcuni esempi per sfruttare i benefici dell’email marketing automation, che puoi tranquillamente applicare anche per la tua attività: Invia un’email di benvenuto ai nuovi iscritti. A tutte le persone fa piacere sentirsi parte di un gruppo o di una community con la quale condividere gli stessi valori e le stesse passioni. Non c’è niente di meglio quindi di una calorosa email di benvenuto per accogliere nel migliore dei modi i nuovi iscritti, facendoli sentire importanti e parte integrante del tuo brand. Affinché il benvenuto non sia eccessivamente formale puoi anche dare consigli su come sfruttare al meglio gli articoli e i servizi che proponi, o anche regalare un piccolo omaggio come un bonus sconto sul primo acquisto; Manda contenuti secondo una sequenza temporale precisa. I contatti a volte hanno bisogno di essere guidati per eseguire le operazioni necessarie per portare a termine un’iscrizione o un acquisto o per partecipare ad un concorso o ad una campagna di marketing. Inviando delle email a cadenza temporale puoi dare il giusto supporto al cliente, senza essere invadente; Contatta gli utenti che hanno abbandonato il carrello. L’abbandono del carrello è uno dei fenomeni più diffusi e più temuti dai marketer. Tuttavia puoi recuperare tutti quei carrelli abbandonati e trasformarli, almeno una parte, in acquisti. Come fare? Devi inviare un’email chiedendo con garbo e discrezione quali sono i motivi che hanno spinto gli utenti ad abbandonare il carrello. Magari non hanno trovato il colore o le misure delle scarpe desiderate, non sono convinti delle politiche di reso o non sono presenti le modalità di pagamento preferite. Una volta capito qual è la criticità che ha bloccato la vendita, puoi proporre soluzioni alternative per aggirare il problema e favorire la conclusione dell’acquisto; Invia un’email personalizzata di auguri nel giorno del compleanno. A tutti piace ricevere gli auguri nel giorno del suo compleanno, perché allora non inviare una bella email di auguri ai tuoi clienti? Per rendere il tuo augurio davvero speciale e dare un valore aggiunto alla tua email sarebbe un’ottima idea aggiungere un buono sconto o qualche simpatico premio. In questo modo ti differenzi dai competitor e regali al tuo cliente un’esperienza davvero unica e speciale. 4 vantaggi dall’email automation L’email marketing automation ha consentito a tantissime aziende di migliorare le loro prestazioni, aumentando le vendite e ampliando di conseguenza il loro pubblico. Di seguito ecco alcuni dei vantaggi più immediatamente tangibili derivanti dall’utilizzo di questa strategia: Aumento della produttività e riduzione dei costi di marketing. Prima dell’automazione i processi dovevano essere svolti manualmente dal personale, costretto a svolgere azioni noiose e ripetitive. Tutto questo determinava un calo evidente della produttività, poiché le risorse interne erano impegnate su processi che non riguardavano strettamente il core business aziendale, senza dimenticare i costi aggiuntivi necessari per ottimizzare le azioni di marketing. Con l’automazione questi problemi vengono cancellati con un colpo di spugna e i vari dipendenti possono concentrarsi sulle operazioni sulle quali sono maggiormente specializzati; Aumento dei lead e delle relative conversioni. L’email marketing automation coccola i clienti ma soprattutto i lead, cioè persone potenzialmente interessate ai tuoi servizi e ai tuoi prodotti. Se “nutri” il lead con informazioni preziose e dettagliate, spiegando cosa fai, cosa proponi e in che modo le tue soluzioni possono rappresentare un valore per lui, le probabilità di convertirlo in cliente salgono vertiginosamente; Con l’email automation puoi intercettare più facilmente prospect grazie ai contenuti automatici. Questo vantaggio va letto sempre nell’ottica dell’inbound marketing, che ti consente di individuare i prospect interessati alla tua azienda e quindi di rivolgerti e concentrare su di loro le tue attenzioni; Maggiore efficienza e risparmio prezioso di tempo. Ridurre i costi, raggiungere il massimo risultato col minimo sforzo e ottimizzare tempi e risorse sono “mantra” che si ripetono nella mente di marketer e gestori di e-commerce. Tutti obiettivi che possono essere conseguiti con una solida e attenta strategia di email marketing automation. Per beneficiare di tutti questi vantaggi puoi abbinare il marketing automation con HubSpot CRM, che ti consente di personalizzare le tue campagne e rivolgerti ad un pubblico specifico e targettizzato. L’importanza dei workflow (...con Hubspot) Per capire come sfruttare al meglio l’email marketing automation è opportuno comprendere il concetto di workflow, che significa flusso di lavoro e viene usato per identificare il modello digitale di un processo tramite la sua applicazione e la suddivisione in differenti attività. I task, se non richiedono un intervento decisionale, possono anche essere automatizzati per snellire i processi. Con i workflow, che possono essere costruiti in Hubspot tenendo conto dei dati presenti di tutta la parte CRM, puoi creare in pochi minuti una campagna automatica profilata, tenendo presente gli interessi, le preferenze e i dati dei destinatari, che si attiva nel momento in cui vengono soddisfatti determinati criteri di partenza. Per comprendere il tutto schematizziamo in questo modo un workflow: Scegli un evento che dà il via al lancio della campagna; Costruisci un flusso di email automatiche e consequenziali; Seleziona delle restrizioni e filtri per gruppi, oppure per data e ora. In questo modo sei sicuro di raggiungere le persone che vuoi e all’orario che desideri; Controlla i risultati della tua campagna in tempo reale o crea un report. Workflow preconfigurati I workflow preconfigurati sono modelli di campagne automatiche già preimpostati, che puoi però personalizzare secondo le tue preferenze. Hubspot offre una grande varietà di workflow adatti a numerose esigenze, sia dal lato marketing, sia lato sales che variano dal rapporto con il cliente al lato operativo. I modelli più diffusi sono: Workflow di benvenuto; Workflow di ringraziamento; Workflow per recuperare carrelli abbandonati; Workflow per creare il flusso di onboarding. Workflow personalizzati I workflow personalizzati danno invece l’opportunità di partire da una condizione di partenza, chiamata trigger. In Hubspot sono numerose gli eventi trigger che si possono inserire per iniziare la campagna di email automatizzata. In particolare menzioniamo: Evento, che si basa su un campo anagrafico comprensivo di una data; Data di iscrizione, basato appunto sulla data di iscrizione del destinatario finale; Condizione campo, che si basa sul verificarsi di una condizione specifica di un campo anagrafico del destinatario; Condizione gruppo, che si basa sul fatto che il destinatario esca oppure entri in un gruppo specifico; Attività destinatario, che si basa sulle differenti azioni e interazioni che il destinatario ha con il programma. Conclusioni L’email marketing automation è una grandissima risorsa per la tua attività, ma devi comunque preparare una strategia completa e dettagliata secondo il tuo target per convertire i tuoi lead senza sforzi eccessivi. In questa sfida può essere un valido alleato HubSpot e per comprendere meglio come sfruttarlo e come funziona ti consiglio di leggere l’ebook gratuito scaricabile a fondo pagina.
Le startup, le nuove aziende e gli e-commerce neonati devono coniugare due esigenze non sempre compatibili tra di loro: la necessità di crescere rapidamente e utilizzare un budget limitato. Come conseguire questo obiettivo? Facendo esperimenti continui per migliorare il prodotto o il servizio e renderlo sempre più fruibile e appetibile per la clientela. Questo processo si chiama growth hacking marketing, o più semplicemente hacking marketing, ed è già molto diffuso negli Stati Uniti e da un po’ di tempo è sbarcato anche in Europa e in Italia. Che cos’è l’hacking marketing? Come facilitare la crescita rapida di un business e metterlo subito in relazione con il marketing digitale? In questo articolo forniamo una risposta a tutte le domande che ti stai ponendo sull’hacking marketing. Come nasce l’hacking marketing? Prima di entrare nel cuore del discorso facciamo un passo indietro per capire come e quando nasce l’hacking marketing. Questo termine è stato coniato per la prima volta nel 2010 da Sean Ellis, un consulente di marketing americano diventato famoso nel suo settore per la capacità di lanciare startup e di farle crescere vertiginosamente in poco tempo, permettendo ad alcune di loro addirittura di quotarsi in Borsa. Una volta che la startup aveva preso il volo, Ellis definiva le linee guida che l’azienda avrebbe dovuto seguire dopo la conclusione della collaborazione. E proprio qui subentravano i problemi poiché la startup, senza l’ausilio di Ellis, non era in grado di autogestirsi e di fornire le stesse prestazioni. Lo stesso Ellis faceva fatica a reperire sul mercato persone che potessero continuare il suo lavoro. Durante la selezione dei curricula notò che, tra i vari professionisti di marketing, spiccavano diverse figure specializzate nella vendita o nella gestione dei clienti, ma mancava una figura specializzata e focalizzata sulla crescita dell’azienda. Da qui nacque l’idea di modificare gli annunci di lavoro inserendo il termine “growth hackers”, per l’appunto persone che si occupassero esclusivamente della crescita di un’azienda. Che cos’è il Growth Hacking marketing? Il growth hacking marketing, in sinergia con un buon CRM che consente di allineare tutte le procedure di marketing, commerciali e di assistenza clienti, può essere definito un processo che si pone come unico obiettivo la crescita aziendale. La crescita diventa fondamentale, o meglio vitale, per startup e aziende appena nate poiché hanno bisogno di produrre subito risultati per sopravvivere in un mercato sempre più competitivo e spietato. Tale processo viene affidato ai growth hackers, che hanno il compito di ottimizzare il prodotto e renderlo subito competitivo sul mercato adottando modalità e strategie creative e fantasiose. Generalmente si tratta di prodotti nuovi, non ancora consolidati nel loro settore commerciale e che devono fare presa sul mercato in breve tempo, quindi bisogna eliminare quanto prima le possibili criticità e i difetti per migliorare la customer experience. Il growth hacker deve anche individuare i canali e gli strumenti di marketing più adeguati per conseguire l’obiettivo di crescita aziendale e di rapida diffusione del prodotto sul suo mercato di riferimento. Possiamo individuare tre tipologie di canali dove testare, sperimentare e lanciare i prodotti o i servizi: Earned Media: pubbliche relazioni, SEO o il tradizionale passaparola; Paid: sponsorizzazioni o pubblicità online e offline; Owned Media: email, pagine social, app e pagine aziendali. Digital marketing e Growth Hacking: quali sono le differenze? Che relazione ha il growth hacking con il marketing digitale? Sono la stessa cosa? In effetti sono due termini che hanno molto in comune, come la sperimentazione, la creatività e le analisi per conseguire gli obiettivi prefissati e finalizzati alla crescita aziendale. Lo fanno però seguendo strade e modalità diverse, anche se orientate sempre all’inbound marketing, cioè una strategia costruita intorno ai clienti per creare contenuti di valore ed esperienze su misura per loro. Per comprendere le differenze dobbiamo capire cosa fanno i growth hackers, che puntano sulla crescita di tutto il business e non di un solo reparto marketing. Inoltre creano strategie innovative e alternative per acquisire e fidelizzare i clienti con un budget ristretto. Al di là del tradizionale marketing quindi il growth hacking marketing comprende anche: Analisi dei dati e sperimentazioni; Marketing creativo; Automazione. Il marketing digitale prevede l’utilizzo di determinate piattaforme online, dai social fino ai siti, per acquisire nuovi lead e rafforzare la relazione tra brand e aziende, operazione che può essere portata magistralmente a termine con il CRM di HubSpot. In sostanza va ad inserirsi nella prima fase del funnel di vendita e si basa sulle seguenti strategie: Content marketing; Ottimizzazione delle strategie SEO; Costruzione di relazioni sui social; Miglioramento della brand awareness; Ricerca a pagamento; Email marketing. Possiamo così riassumere le differenze principali tra growth hacking marketing e digital marketing che, benché accomunati sotto alcuni punti di vista come l’utilizzo di strategie creative per rafforzare l’identità del marchio e l’appetibilità dei prodotti e dei servizi, differiscono per molti aspetti: L’Hacking marketing si riferisce a tutte le fasi del funnel di vendita per favorire la crescita del business; il digital marketing si riferisce principalmente alla commercializzazione dei servizi e dei prodotti tramite piattaforme online; L’Hacking marketing punta alla crescita generalizzata di tutti i reparti dell’azienda; il digital marketing si concentra sull’affermazione del brand, sull’acquisizione di nuovi clienti e sulla loro fidelizzazione; I Growth Hackers hanno competenze e conoscenze tecnologiche che i marketer digitali potrebbero non avere; L’Hacking marketing valuta i risultati e i dati ottenuti tramite test continui; i marketer digitali formulano ipotesi e strategie per ottimizzare i processi di marketing. Una strategia perfetta di Growth Hacking marketing: i 5 step fondamentali Come mettere in atto una strategia vincente di growth hacking marketing? In realtà la risposta non è univoca, poiché le dinamiche potrebbero variare sensibilmente a seconda del mercato di riferimento. Ci sono tuttavia 5 step fondamentali che ogni azienda e startup, indipendentemente dal settore in cui opera, deve seguire. Li elenchiamo di seguito: Identificare le metriche chiave per il proprio business. Proprio perché ogni azienda deve personalizzare la sua strategia di growth hacking marketing, è importante concentrarsi su quelle metriche che hanno un valore effettivo per la propria attività; Giusta scelta dei canali di marketing da testare. Il growth hacking marketing parte dal presupposto che il budget a disposizione è limitato, quindi non è possibile testare tutti i canali di marketing. A monte quindi bisogna fare un processo di selezione, scegliendo quei pochi canali da testare tenendo conto del proprio mercato, del pubblico di riferimento e della tipologia di prodotto e di servizio; Test A/B ed esperimenti. Una volta selezionati i canali che ritieni più produttivi per la tua azienda, devi effettuare esperimenti e test A/B per sondare quale risulta effettivamente più efficace. In questa fase diventano fondamentali i commenti degli utenti, soprattutto quelli negativi, poiché ti consentono di individuare le eventuali criticità; Analisi dei dati. Tutti i dati raccolti durante i test devono essere analizzati per individuare le priorità e ottimizzare il processo di crescita. Per farlo c'è il bisogno di una struttura di data integration che consenta di immagazzinare dati provenienti da più fonti tutti in un'unica piattaforma; Scalabilità. Dopo che hai individuato i processi che contribuiscono concretamente alla crescita della tua azienda, devi essere in grado di replicarli su scala sempre più grande. Growth hackers: chi sono e cosa fanno Li abbiamo nominati per tutto l’articolo, ma chi sono i growth hackers? Possiamo identificarli come figure che nascono a supporto delle aziende, delle startup, delle PMI innovative e dei professionisti per una rapida crescita. Il loro obiettivo è valorizzare al massimo le risorse a disposizione e ottimizzare le potenzialità del marketing e del digital, così da aumentare il numero di lead e clienti e di conseguenza delle vendite. Il growth hacker ragiona al di fuori degli schemi consolidati per raggiungere tramite vie alternative il suo obiettivo e proprio da qui nasce il concetto di hacking, che nel corso del tempo ha assunto diverse sfumature ma che principalmente sottolinea una situazione in cui è necessario affidarsi all’immaginazione e alla creatività. Sono diverse le hard e le soft skills richieste a questa figura, come le competenze multi-tasking in diversi campi che devono essere sapientemente combinate e mixate per favorire il processo di crescita in collaborazione con gli altri professionisti delle aree aziendali. Il growth marketer ha principalmente competenze tecniche e ingegneristiche, ma deve avere confidenza anche con argomenti specifici come l’analisi dei dati, la comunicazione, il content management e le vendite. Pur utilizzando i tradizionali strumenti di marketing, ha sempre un occhio vigile sui metodi innovativi per proiettare verso l’alto un business. Conclusioni É interessante sottolineare che il growth hacking marketing, pur essendo nato principalmente per startup, PMI e aziende giovani, è sempre più apprezzato anche dalle multinazionali e dalle grandi aziende già consolidate. L’hacking marketing rappresenta la nuova frontiera del business moderno, quindi non puoi certo ignorarlo a maggior ragione se hai lanciato da poco la tua attività. Nel corso dell’articolo ti abbiamo invitato ad implementare un CRM per gestire la tua intera attività. Non sai cos’è? Allora faresti bene a scaricare la risorsa gratuita disponibile alla fine dell’articolo e di leggerla subito per capire come un buon CRM può aiutare il tuo reparto marketing e commerciale a gestire alla perfezione le relazioni con i clienti a beneficio della crescita della tua attività. Image by liuzishan on Freepik
Oggi l’ecologia è un valore importante, anzi fondamentale, e i consumatori nella scelta dei prodotti considerano anche l’attenzione all’ambiente. Come fare a riconoscere le realtà davvero green da quelle che sono solo coperte da una pennellata di verde? Un fenomeno sempre più frequente negli ultimi anni è il Greenwashing, un termine che indica le aziende, le istituzioni e le organizzazioni che usano strategie promozionali e di inbound marketing, finalizzate a costruire un'immagine ingannevolmente positiva sotto l’aspetto dell’impatto ambientale. In questo modo, il consumatore ecosostenibile viene attratto da un aspetto non reale e potrebbe essere invogliato ad acquistare prodotti o servizi fidandosi di un racconto “farlocco” di sostenibilità ambientale nei processi produttivi o nei prodotti. Nei casi più gravi quest’atteggiamento delle aziende ha la finalità di nascondere all’opinione pubblica gli effetti negativi per l’ambiente imputati alla propria attività. “Se fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio”, in questo articolo cercheremo di capire come riconoscere le false aziende verdi che adottano politiche di greenwashing. Esempi di Greenwashing tra le aziende che hanno fatto scalpore Come emerge da un articolo del Corriere della Sera che analizza il fenomeno del Greenwashing in Italia, il 42% dei nostri connazionali non si fida delle azioni green delle aziende. La ricerca evidenziata è di The Fool, e afferma che il greenwashing è il primo disincentivo all’acquisto dei prodotti di un marchio per quasi un italiano su due. Molti pensano che la sostenibilità sia diventata una moda e per rispondere alle esigenze dei consumatori cadono nel greenwashing. Ad apparire sostenibili senza esserlo sono stati anche brand importanti che purtroppo hanno visto scendere la loro green reputation a causa di una pubblicità ingannevole. Ecco qualche esempio celebre: Marketing ingannevole della Coca Cola: il noto marchio della bevanda più famosa al mondo nel 2021 è stato citato in giudizio dall’Earth Island Institute, accusato di pubblicizzarsi come sostenibile, mentre è una delle aziende più inquinanti al mondo, la principale produttrice di rifiuti plastici generando 2,9 milioni di tonnellate all’anno. Sotto accusa soprattutto le iniziative “Every Bottle Back” e “World Without Waste” Falsi Claim Green di Eni: nel 2021 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha emesso un provvedimento contro il colosso energetico italiano per greenwashing. In particolare sono stati accusati di usare claim ingannevoli relativi a “ENIdiesel+”, presentato come diesel bio, green e rinnovabile, con addirittura la possibilità di abbattere le emissioni di CO2 fino al 40%; Scarsa chiarezza sulla sostenibilità di H&M: nel 2019, il marchio svedese è stato accusato dalla Norwegian Consumer Authority di pubblicità ingannevole. Ad essere esaminata è stata la collezione Conscious, identificata e pubblicizzata dall’azienda come Green. In realtà H&M non darebbe informazioni precise sull’effettiva sostenibilità di questi prodotti; Illusoria pubblicita di San Benedetto: nel 2010 l’azienda italiana è stata multata per avere presentato nelle promozioni la sua bottiglia di plastica come amica dell’ambiente. Le indagini hanno rilevato che i pregi ambientali riportati erano di gran lunga superiori alla realtà; Uso di legname abbattuto in modo illegale per Ikea: nel 2020, l’azienda che si fa baluardo della sostenibilità, è stata incolpata da Earthsight di aver utilizzato legno abbattuto in maniera non legale. Il legname, proveniente dall'ucraina, era stato abbattuto senza rispettare le norme sulla provenienza, in particolare abbattendo alberi senza le necessarie valutazioni di impatto ambientale e disboscando oltre i confini autorizzati. Alcune aziende investono più capitali in comunicazione per mostrarsi il più green possibile che nelle pratiche stesse. L’ecosostenibilità diventa solo di facciata e si riduce in un modo semplice per guadagnare di più. Le aziende conoscono davvero i rischi del falso green? Un’azienda, attraverso strategie di Greenwashing può ottenere consensi, ma il gioco vale la candela? Nel momento in cui vengono svelate le vere intenzioni e l’ingannevolezza della promozione, l’immagine verrà offuscata. Le pratiche di greenwashing possono, infatti, arrecare gravi danni alla reputazione del marchio e alla sua competitività nel mercato. Crederesti ad un’azienda che ti ha detto di essere sostenibile, invece non lo è affatto? L’affidabilità e la fiducia crollano sia nei confronti del consumatore che degli investitori a causa della poca trasparenza e di comportamenti non responsabili. Per questo, le aziende stanno imparando a stare attente alla propria attività di marketing e se vogliono presentarsi come sostenibili stanno cercando di esserlo per davvero. Greenwashing come riconoscerlo: quando un prodotto non è davvero green Capire se ci si trova di fronte a pratiche di greenwashing non è sempre semplice a causa della poca trasparenza delle aziende. Ma ci sono dei particolari ai quali si può fare attenzione per smascherare i falsi green. Ecco alcune cose che devi considerare prima di scegliere un’azienda per le sue politiche ecosostenibili: Assenza di prove: un’azienda si vanta di essere sostenibile, ma mancano esempi pratici, certificazioni o dati accessibili; Informazioni imprecise: i dettagli sul prodotto in questione sono vaghe o parziali; Non lasciarti fuorviare dallo spot: utilizzare il colore verde o frasi ad effetto nascondono spesso trappole; Usare la rete e App: ci sono sia siti che app che permettono di conoscere all’istante la reale impronta ecologica dell’azienda. Greenwashing o green marketing? Quando si dichiara di essere sostenibili bisogna fare attenzione a non fare false promesse. Nel campo dell’ecommerce oggi si presta molta attenzione alle questioni ambientali e a seguire azioni virtuose per ridurre l’inquinamento ed i materiali non riciclabili. L’ecommerce sostenibile offre notevoli vantaggi: Risparmio energetico; Attrarre più utenti e fidelizzarli; Aumento della rispettabilità del brand; Accedere ad agevolazioni fiscali. Una strategia all’insegna della sostenibilità, quindi, non ha benefici solo sull’ambiente che ci circonda, ma comporta importanti vantaggi per il business stesso in termini di immagine e notorietà del brand, vantaggio competitivo e riduzione dei costi nel lungo periodo. Questi aspetti positivi sono tali se la sostenibilità è effettiva e non fittizia. Se si pratica il greenwashing tutte le azioni avranno l'effetto contrario. Le false aziende verdi, infatti, hanno durata breve e sono penalizzate dai clienti che le abbandonano facendo anche una cattiva pubblicità. Come difendersi dall’ambientalismo di facciata Ma allora quali sono le azioni pratiche per difendersi? Proteggersi dal greenwashing diventa sempre più complesso, anche per un vuoto normativo che la disciplina. Ma la crescente attenzione per il mondo green a causa delle catastrofi ambientali ha portato le istituzioni ad occuparsene, considerando il greenwashing al pari della pubblicità ingannevole. Oltre alle azioni europee, che vedremo in seguito, in Italia il fenomeno è salvaguardato dall’Autorità Garante della Concorrenza e Del Mercato (AGCOM). Questo ente ha iniziato una battaglia contro le aziende che usano strategie di Greenwashing inserendo, anche nomi di brand noti, in una lista nera. Altra novità importante è l’inserimento nel Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale dell’articolo 12, che prevede la verifica di ogni claim a tema green e ne regolamenta la veridicità. La prima sentenza di Greenwashing in Italia è del novembre 2021 da parte del tribunale di Gorizia che ha accolto il ricorso presentato dalla società Alcantara nei confronti dell’azienda Miko. Questa azienda si pubblicizzava come “amica dell’ambiente”, “scelta naturale” e “microfibra ecologica”. Tutti claim riconosciuti come pubblicità ingannevole. Anche il Web rappresenta una valida difesa all'ambientalismo di facciata. La rete permette di raccogliere informazioni e di entrare in siti che denunciano il greenwashing, come il Fatto Alimentare e Green Wikia. Le azioni dell’’Europa contro il Greenwashing La tutela dal Greenwashing, in Europa, è assicurata dalla Tassonomia Ue. Si tratta di un catalogo che classifica e definisce quali sono le attività economiche che possono essere qualificate come sostenibili. Bisogna sottolineare che di recente, l’Ue è stata fortemente criticata per la volontà di inserire nello strumento della Tassonomia il gas naturale e l’energia nucleare come investimenti sostenibili. Questa pratica, inserita nell’ambizioso progetto del Green Deal europeo, ci allontana dalla transizione ecologica e disincentiva gli investimenti verso fonti energetiche alternative e poco impattanti. Nonostante questo la battaglia contro il Greenwashing sembra dare i suoi frutti. Ogni Stato europeo ha emanato normative specifiche per affrontare il problema e si moltiplicano le sentenze. Ecco due tra gli esempi più interessanti: In Spagna nel 2009 è stato emanato il Còdigo de Autorregulaciòn sobre argumentos ambientales en comunicaciones comerciales, che inserisce i principi di veridicità e oggettività nelle promozioni commerciali. In Francia il governo ha recentemente introdotto una sanzione, in forza della quale le imprese accusate di greenwashing e ritenute responsabili di pubblicità ingannevole saranno multate con una sanzione pecuniaria di importo fino all’80% del costo totale della campagna pubblicitaria ingannevole, con l’obbligo di correzione. Conclusioni Ora che sai tutto sul Greenwashing poi capire l'importanza della sostenibilità ambientale per un’azienda. L'impatto ambientale è un valore da non sottovalutare, anzi si tratta di un aspetto che può sancire il successo di un’azienda… soprattutto se è reale. E’ fondamentale essere onesti con i propri clienti e mettere in atto anche poche azioni sostenibili senza rischiare di cadere nel greenwashing. Il nostro consiglio è quindi di evitare investimenti in un marketing furbo perché in un mondo ipercompetitivo, passare dalle stelle alle stalle è questione di un attimo. Investire in software, come possono essere i CRM, e pratiche di inbound marketing serie e non di facciata, rispettando gli ideali dei tuoi clienti, può veramente essere un vantaggio competitivo per la tua impresa. E' molto difficile così cadere in basso perché la relazione con un cliente deve essere come quella tra due persone: vera e deve basarsi sulla fiducia da parte di tutti e due i soggetti. Solo così i clienti saranno fidelizzati e non avrai conseguenze economiche nella tua impresa (l'implementazione di un crm infatti serve a questo). Se vuoi iniziare una campagna di marketing senza commettere errori, scarica il nostro ebook gratuito che ti indicherà come organizzare la tua strategia, scegliere e impostare gli strumenti migliori e monitorare i risultati. Image by rawpixel.com on Freepik
Per un’azienda la prima cosa da fare in chiave marketing è fidelizzare i clienti già acquisiti, poiché rappresentano lo zoccolo duro della tua azienda. Questo però non significa che tu non debba cercare e trovare nuovi clienti, un’operazione che per quanto dispendiosa non va comunque ignorata. Se è vero che acquisire nuovi clienti richiede risorse e sforzi maggiori, è anche vero che esistono tecniche semplici, efficaci e soprattutto economiche che consentono di ampliare il tuo pubblico. Ne sono un esempio perfetto le cold mail, che letteralmente significano “email fredde”. Concettualmente possono essere paragonate alle cold call, cioè le telefonate “a freddo” effettuate verso un pubblico generico, ma risultano molto meno invasive e più efficaci. Benché all’apparenza le cold mail nel marketing appaiano lontane dal concetto di inbound sales, una metodologia per creare un processo di vendita sincronizzato con il modo in cui i clienti comprano il tuo servizio o il tuo prodotto, in realtà sono strumenti che consentono di avvicinarsi alla potenziale clientela in modo discreto e senza essere troppo invasivi come nelle chiamate telefoniche. Cosa sono le cold mail: tre caratteristiche per riconoscerle Le cold mail hanno l’obiettivo di stabilire un primo contatto con una persona e guadagnare un lead, benché precedentemente non ci sia stato alcun contatto. Una cold mail vincente deve presentare almeno tre caratteristiche: Creare subito un collegamento con il destinatario. Non servono tanti giri di parole che rischiano di annoiare l’utente, che già si vede recapitare decine di messaggi promozionali nella sua casella di posta. Vai dritto al punto e comunica il tuo messaggio in modo diretto e senza fronzoli; Evidenziare il valore aggiunto. Devi subito far emergere il valore aggiunto della tua azienda, in poche parole devi spiegare all’utente perché dovrebbe sceglierti e cosa offri di diverso rispetto agli altri competitor. Puoi ad esempio offrire la possibilità di testare il prodotto tramite una demo, un acquisto in promozione o la promessa di assistenza futura; Presentare subito la filosofia e la mission dell’azienda. Le cold mail sono inviate a persone che non ti conoscono e quindi, esattamente come quando ti presenti ad uno sconosciuto, devi spiegare chi sei, cosa fai e che cosa proponi. Usa esempi che attestano la tua credibilità, magari indicando le aziende che hanno già collaborato con te oppure i risultati che hai ottenuto. Come impostare una cold mail Ecco una serie di tratti distintivi delle cold mail che devi tenere a mente: Il pubblico destinatario è selezionato. A differenze delle cold call, le cold mail non vengono inviate indistintamente ad un pubblico generico ma a persone opportunamente selezionate. Se ad esempio operi in ambito B2B, le cold mail possono essere indirizzate a quelle aziende che operano nel tuo stesso settore. All’occorrenza puoi inviare una sola mail alla volta oppure ad un gruppo ristretto di potenziali clienti; L’oggetto deve indicare sin da subito il contenuto dell’email. Come già spiegato le persone si vedono recapitare ogni giorno decine di email, che inevitabilmente finiscono nello spam. Per evitare questo rischio rendi ben noto nell’oggetto di cosa parla la tua email, scrivendo quelle parole chiave in grado di accendere la lampadina della curiosità nella mente dei destinatari. Ad esempio, se intendi promuovere un webinar, rendilo subito noto nell’oggetto; Scrivi un testo chiaro e coerente. Se parli di webinar nell’oggetto, non puoi certo proporre una vendita o uno sconto all’interno del testo. L’utente non troverebbe ciò che gli hai promesso e si sentirebbe addirittura preso in giro. Sii coerente con quanto prometti nell’oggetto, usando parole comprensibili e testi brevi e diretti, concludendo con una call to action altrettanto trasparente e accattivante; Firma dell’email completa. Per dare ulteriore autorevolezza alla tua email dovresti inserire il nome, il cognome e il ruolo che il mittente svolge all’interno dell’azienda con tanto di firma, allegando preferibilmente anche i contatti e l’indirizzo fisico. L’utente avrà così la possibilità di verificare l’esistenza della tua azienda e consultare il sito di riferimento per reperire informazioni utili; Follow up. Devi seguire l’utente e questo non vuol dire mandare una pioggia di email simili, ma inviarne un’altra dopo un periodo di tempo ragionevole per testare le volontà del potenziale lead o come semplice reminder. Come sfruttare le cold mail per acquisire contatti Come impostare una cold mail per acquisire contatti? Per implementare questo progetto può risultare un valido alleato HubSpot CRM, che ti selezionare al meglio i clienti in base ai loro interessi e organizzare ordinatamente tutte le attività collegate al settore marketing e vendite. Devi partire dal presupposto che la cold mail non nasce per vendere, quanto piuttosto per fare la conoscenza di nuove persone e sondare il terreno per capire se possono diventare futuri clienti o meno. In un certo senso possiamo considerare la cold mail come un caffè preso con una persona interessata ai tuoi servizi. La chiacchierata può portare o meno ad un nuovo contatto commerciale, ma principalmente è un modo per conoscere e farsi conoscere. Considera infatti che le cold mail sono rivolte a persone che non conoscono la tua azienda e quindi, anche se in quel momento non sei riuscito a stabilire un contatto, ti sei fatto comunque conoscere. In futuro quindi, se quella persona avrebbe bisogno di un servizio che offri, potrebbe decidere di rivolgersi proprio a te se gli hai fatto una buona impressione. La cold mail quindi ha l’obiettivo principale di creare una connessione ed eventualmente “scaldare” un lead che in quel momento è ancora freddo. Come impostare una campagna di cold mail La tua campagna di cold mail deve raggiungere un elevato livello di “deliverability”, cioè deve essere aperta dal maggior numero di persone senza finire nello spam. Per inviare una cold mail correttamente devi seguire una lista di controllo chiamata VESC, acronimo di: Validate prospect list; Ensure clear CTA; Set follow-ups; Check your email spam score. Analizziamo ognuno di questi punti. Convalidare la lista dei potenziali lead Per prima cosa devi convalidare la lista dei potenziali lead, cioè assicurarti che gli indirizzi di posta elettronica dei prospect siano corretti e autenticati. Questo è un passaggio fondamentale e se non lo fai rischi di inviare l’email alle persone sbagliate, bruciando fondi e tempo prezioso. Rendi chiara e trasparente la tua CTA Precedentemente ti ho indicato che la tua cold mail dovrebbe concludersi con una CTA chiara e ben distinguibile. In pratica l’utente deve avere ben noto quale azione avvierà nel momento in cui decide di cliccare sulla CTA. Ecco perché è preferibile usarne una sola, poiché troppe manderebbero in confusione il tuo lead. Imposta i passi successivi Puoi impostare i passi successivi per decidere come e quando inviare le tue cold mail. Tra le condizioni da impostare ci sono ad esempio: non connesso e nessun messaggio inviato. Se selezioni la prima opzione il tuo messaggio sarà inviato a tutte quelle persone che non hanno ancora avuto alcun contatto con te; se invece attivi la seconda opzione la tua email sarà inviata ad un contatto anche se non hai parlato con lui tramite un messaggio diretto. Impostando i passi successivi puoi personalizzare la tua campagna e renderla più efficace secondo gli obiettivi che ti sei prefissato. Controlla il tuo punteggio spam Che livello di “spammosità” ha la tua cold mail? Ci sono appositi programmi che ti consentono di registrare il rischio che la tua mail finisca nella casella dello spam, uno scenario catastrofico per la tua campagna e assolutamente da evitare. Se la tua email rischia di essere configurata come spam, allora devi cambiarne i “connotati” e renderla molto più fruibile per i tuoi utenti. Per evitare lo spam ci sono delle pratiche da evitare che abbiamo approfondito in un nostro precedente articolo. Cold mail: esempi di scrittura Eccoti alcuni piccoli suggerimenti che possono rendere la tua cold mail ancora più efficace. I clienti non amano molto essere chiamati… clienti. Rivolgiti a loro chiamandoli per nome, così da creare subito un rapporto diretto e quasi amichevole. Questo tocco personale ti farà guadagnare sicuramente punti. Come già specificato non devi girare intorno all’argomento, presentati e introduci subito la tua proposta in modo chiaro e coerente. Congedati con un tono cordiale e rilascia i tuoi contatti. Infine segui il prospect con un attento follow-up, che deve risultare discreto e mai invasivo. Gli svantaggi delle cold mail che portano all'inbound marketing Con sé le cold mail però portano alcuni svantaggi. Sebbene non siano da considerarsi spam, comunque risultano pratiche di marketing molto push e potrebbero recare del fastidio nei confronti dell'utente finale, senza dimenticare che questo tipo di strategia porta in genere a risultati più bassi rispetto ad adottare strategie di inbound marketing. In tutto ciò non va dimenticato tutto il tema della privacy: l'invio della mail, in Europa, è subordinato al consenso che la persona dà all'azienda, senza questo ad un invio di mail senza il consenso il destinatario potrebbe intraprendere azioni legali (...giustamente). Come ovviare a questi problemi? La soluzione è sempre l'adozione di strategie di inbound marketing, che ti permettono di fare lead generation in maniera naturale, senza infastidire l'utente. Con ciò sarà possibile inoltre mirare la comunicazione a persone realmente interessate ai tuoi prodotti o servizi, senza sparare nel mucchio infastidendo l'utente finale. Conclusioni Se segui le indicazioni presenti nell’articolo vedrai che le tue cold mail produrranno risultati rapidamente, dandoti l’opportunità di entrare in contatto con nuovi prospect. Non tutti diventeranno clienti, ma una parte di loro sì e così avrai un pubblico più ampio al quale rivolgerti. Ricordati di dotarti di un buon CRM per gestire al meglio e velocizzare tutte le operazioni. Se invece vuoi implementare la tua strategia di email marketing, ti consiglio di scaricare l’ebook gratuito a fondo pagina per avere esempi dai quali trarre spunto. Image by creativeart on Freepik
Viviamo in un’epoca sempre più digitalizzata con i cosiddetti assistenti digitali che fungono da compagni abituali delle nostre vite: da Siri a Google Assistant passando per Alexa fino ad Amazon Echo. Sono presenti nelle nostre case ma anche sui nostri dispositivi digitali, come smartphone e tablet, quindi sono costantemente a portata di mano. Proprio per questo motivo si è diffusa sempre di più la ricerca vocale, con la quale gli utenti invece di digitare le parole nel motore di ricerca le pronunciano direttamente a voce. Questo è il motivo per cui i siti devono essere ottimizzati per la ricerca vocale, in modo da intercettare gli intenti di ricerca, i desideri e le necessità degli utenti. La popolarità delle ricerche vocali è dovuta soprattutto alla loro immediatezza: con un semplice clic gli utenti possono fare la domanda e ricevere una risposta in pochi secondi. Del resto l’utente moderno è sempre più “pigro”, quindi sono in netta crescita le preferenze per la ricerca vocale piuttosto che per la classica ricerca che prevede la digitazione di parole. Inoltre, la ricerca vocale non richiede l’uso delle mani, quindi è ideale per chi è impegnato al lavoro o in semplici faccende domestiche e ha bisogno di ricevere informazioni immediate. Come installare la ricerca vocale? Come ottimizzare il proprio sito? Quali leve bisogna spingere per proiettare la propria piattaforma nei primi posti di Google? Come attivare la ricerca vocale? Domande alle quali rispondiamo nei prossimi paragrafi. Cos’è la voice search La voice search è appunto la ricerca vocale che richiede un profondo ripensamento strutturale delle strategie SEO di siti ed e-commerce. Google riesce a comprendere sempre meglio il linguaggio naturale delle persone grazie all’intelligenza artificiale e soprattutto al machine learning, una branca dell’AI (Artificiale Intelligence) che giorno dopo giorno con l’esperienza incamera nuovi dati per prendere decisioni future. Tutto questo in totale autonomia e seguendo le abitudini e le preferenze dell’utente. Se ad esempio hai una marca di scarpe preferita, il sistema salverà questa informazione e la utilizzerà in futuro. Nel momento in cui imposterai una ricerca vocale per acquistare un paio di scarpe, il sistema in automatico ti fornirà prima i modelli del tuo brand preferito. Entrando più nel tecnico la VEO, acronimo di voice engine optimization che può essere considerato la “cugina” della SEO, richiede due cambiamenti fondamentali in un sito: Le query vocali rispetto a quelle scritte sono più lunghe, mediamente da 2 a 7 parole; Le keyword singole vengono sostituite dalle keyword long-tail. La maggior parte delle richieste degli utenti prevedono delle domande, per questo è opportuno basarsi sulle question words. In pratica, i contenuti di un sito web devono essere pensati e ottimizzati per rispondere alle domande più frequenti che gli utenti possono porre. La rivalutazione di questi parametri è importante per le tue strategie di inbound marketing perché permettono ai tuoi contenuti di essere trovati dagli utenti nelle loro fasi del customer journey. Una volta trovati i tuoi contenuti l'utente potrebbe diventare un lead e, con una buona campagna di lead nurturing, diventare a sua volta un cliente finale. Come ottimizzare siti per le ricerche vocali Prima di capire come funziona la ricerca vocale Google o su altri motori di ricerca è opportuno ricordare una cosa: innanzitutto il sito deve essere ottimizzato in chiave SEO. In caso contrario ogni altra strategia basata sulla ricerca vocale risulterebbe fallimentare. Un altro aspetto fondamentale è la velocità di caricamento del sito che deve essere scattante e reattivo, Hubspot CMS rappresenta una piattaforma sicuramente in grado di offrire tutto ciò. L’utente medio non solo è pigro ma anche impaziente, quindi la sua soglia di tolleranza è di massimo 4-5 secondi. Se il tuo sito non si apre in tempi brevi, stai pur certo che l’utente andrà a cercare altrove ciò di cui ha bisogno. Riguardo all’utente medio, tieni a mente un’altra cosa: è “infedele”. Cosa significa? Che se trova un sito più veloce, performante e completo non ci impiegherà molto per abbandonarti e lanciarsi nelle braccia dei competitor, soprattutto se gli forniscono ciò che sta cercando. Per questo motivo il tuo sito deve essere ricco di contenuti pertinenti e di qualità, che diano davvero un valore aggiunto al tuo sito e che conferiscano autorevolezza al tuo brand, facendolo risaltare come un punto di riferimento nel settore. I testi devono essere suddivisi in paragrafi con titoli H1, H2 e H3 e avere una lunghezza adeguata di parole, che mediamente oscilla tra le 500 e le 800 (molto dipende anche dal settore in cui operi). In questo senso un sito Hubspot garantisce sia la velocità di caricamento, il fatto di poter impostare facilmente gli heading tag ma soprattutto di essere desing responsive ossia di essere ottimizzato anche per la versione mobile. Ciò è fondamentale per la vocal search visto che la maggior parte delle ricerche vocali attualmente provengono dagli smartphone. L’importanza degli snippet e del mark-up Che sia una ricerca vocale Android o Apple, un fattore fondamentale per il successo è rappresentato dagli snippet in primo piano. Lo snippet è un elemento introdotto da Google per fornire in poche righe una risposta rapida all’utente e si trova nella pagina superiore dei risultati dei motori di ricerca. Google in automatico prende le informazioni necessarie da una pagina web ben strutturata e considerata affidabile, per poi mostrarle al visitatore. Lo snippet riveste quindi un ruolo di primaria importanza, dal momento che viene visualizzato addirittura prima degli annunci. Se il tuo sito viene inserito in uno snippet in primo piano, ci sono maggiori probabilità di apparire anche nei primissimi risultati della ricerca vocale che vengono poi suggeriti agli assistenti digitali. Di pari importanza è il mark-up dello schema, che possiamo considerare una sorta di glossario globale che i motori di ricerca utilizzano per comprendere meglio i contenuti presenti all’interno della pagina di un sito. Questo schema trasmette ai motori di ricerca tutte le informazioni necessarie per capire di cosa si occupa e di cosa tratta un sito o un ecommerce. Così facendo il lavoro dei motori di ricerca è molto più veloce e immediato, anche per quanto riguarda le ricerche vocali. Consigli per ottimizzare la ricerca vocale Ci sono delle “best practices” che consentono di ottimizzare il sito per la ricerca vocale e di proiettarlo verso le prime posizioni dei motori di ricerca. Le strategie possono variare a seconda del business ma, per una panoramica più ampia, ecco alcuni consigli che ti saranno sicuramente molto utili: Focus sulle parole chiave a coda lunga; Usa le schede di Google My Business; Migliora la leggibilità dei contenuti. Focus sulle parole chiave a coda lunga Le parole chiave possono essere a coda corta oppure a coda lunga. Le parole chiave a coda corta sono generalmente composte da uno o due termini, risultano piuttosto generiche e hanno una concorrenza molto alta. Questo significa che per il tuo sito diventa piuttosto complesso e problematico imporsi e posizionarsi con quella specifica parola chiave a coda corta. Il discorso cambia se facciamo riferimento alle parole chiave a coda lunga, note anche come long-tail keywords, che invece sono più descrittive, dettagliate e caratterizzate da un tasso di conversione più elevato. Le long-tail keywords sono quelle sulle quali devi lavorare per intercettare le ricerche vocali, poiché sono più conversazionali e in un certo senso gli utenti durante la vocal research “conversano” con i dispositivi, ai quali rivolgono domande estremamente specifiche. Per ottimizzare i tuoi contenuti per la ricerca vocale devi: Utilizzare molte parole chiave a coda lunga; Rispondere alle domande in varie “salse” introducendo parole quali: come, perché, dove, quando, cosa, chi ecc.; Usa parole di riempimento, come del, per, tra, sul ecc. che vengono usate nel linguaggio colloquiale e che quindi con ogni probabilità saranno utilizzate anche dagli utenti durante le loro ricerche vocali. Usa le schede di Google My Business per il local marketing Se fai local marketing, quindi i tuoi servizi sono rivolti in un’area geografica limitata e ristretta, le schede di Google My Business rappresentano un validissimo alleato poiché comunicano a Google che la tua attività è operativa in un determinato luogo. Nel momento in cui un utente cerca un negozio specifico in una zona, la tua attività potrebbe classificarsi per quella determinata query di ricerca se lavori correttamente. Google My Business a sua volta fornisce agli utenti tutti i dati della tua attività, inoltre ti aiuta a migliorare la SEO a livello locale. Ricordati di inserire nella scheda la cosiddetta NAP (nome, indirizzo e telefono), fornendo ai potenziali clienti tutti i dati per trovarti e per contattarti. Se lo desideri, per una questione di completezza delle informazioni, puoi aggiungere ulteriori dettagli utili sui servizi e sui prodotti offerti, news, aggiornamenti, eventi, sconti, promozioni, offerte ecc. Migliora la leggibilità dei contenuti Più volte abbiamo sottolineato la necessità di scrivere articoli corretti in italiano, di facile comprensione per gli utenti e in grado di fornire informazioni e dati realmente utili. Tutto questo è ancora valido, ma i contenuti devono essere rivisti per soddisfare i nuovi standard delle ricerche sempre più colloquiali e vicine al linguaggio quotidiano di tutti i giorni. All’interno dei contenuti devono quindi essere inserite preferibilmente domande e risposte brevi e concise, più adatte ad una tipologia di ricerca vocale. Ecco una serie di piccoli consigli per migliorare ulteriormente la leggibilità dei contenuti: Usa un linguaggio colloquiale, inserendo anche parole utilizzate maggiormente nella quotidianità di tutti i giorni o addirittura appartenenti ad uno slang specifico di quel settore; Usa elenchi puntati per rendere più veloce e facile la lettura e un concetto molto più chiaro e accessibile; Includi una sezione specifica dedicata alle FAQ (Frequently Asked Questions), cioè le domande più frequenti che pongono gli utenti così da consentire a Google di estrarre i contenuti più pertinenti secondo la ricerca e usarli come snippet. Conclusioni Se hai un sito o un e-commerce e vuoi migliorarne le prestazioni, non puoi certo ignorare le nuove tendenze come appunto la ricerca vocale destinata a dominare gli anni futuri. La VEO dovrà però camminare di pari passo con la SEO, per intercettare quanti più intenti di ricerca possibili su qualsiasi dispositivo. Poiché tutto parte comunque dalla SEO, ti consigliamo di scaricare l’ebook gratuito disponibile a fondo pagina che ti spiega i falsi miti che ruotano attorno al mondo SEO. Image by user18526052 on Freepik
Oggi si parla sempre più spesso di NFT, un concetto che sfugge ancora a molti ma che ha avuto una straordinaria crescita in tutti i tipi di mercati digitali. Ne è una dimostrazione il fatto che moltissimi brand di primo piano, da Adidas a Gucci fino a Coca Cola, hanno sperimentato la strategia del marketing NFT che si è diffusa a macchia d’olio nei settori della moda, del food & beverage, dell’hi-tech, del gaming ecc. Anche se ogni brand persegue la sua personale strategia NFT, l’obiettivo per tutte le aziende è sempre lo stesso: migliorare la brand awareness e naturalmente incrementare i profitti. Gli NFT sono nati nel 2018 con CryptoKitty, ma hanno visto la loro fama e la loro reputazione crescere vertiginosamente nel giro di pochi anni e secondo le previsioni continueranno ad essere di tendenza anche in futuro. Quali sono le motivazioni che hanno consentito agli NFT di diffondersi così rapidamente? Ne possiamo individuare principalmente 3: Blockchain, che rappresenta la tecnologia di base e che assicura la massima sicurezza; Adesione immediata agli NFT da parte dei principali marchi del mondo nei più disparati settori; La community creata dagli NFT, che soddisfa la necessità delle persone di far parte di una comunità e condividere con essa modi di essere e di pensare e anche beni fisici e digitali. Conosciamo meglio gli NFT: cosa sono, come funzionano e come sfruttarli al meglio. Cosa sono gli NFT? Quando parliamo di NFT facciamo riferimento ai cosiddetti “Non-Fungible Token”, vale a dire un bene non fungibile e che non può quindi essere né replicato né tanto meno sostituito. Si tratta di un pezzo unico nel suo genere e proprio l’unicità è considerata la sua caratteristica principale. Esempio classico è un oggetto come può essere un tubetto di dentifricio, il cui valore è esattamente identico ad un altro dentifricio. Se chiedessimo inoltre a due persone di scambiare i propri tubetti, probabilmente accetterebbero perché non noterebbero alcuna differenza. Lo stesso discorso, con ragionamento inverso, può essere fatto per un NFT che, come specificato, è un pezzo assolutamente unico e non può essere mai sostituito. L’unicità viene garantita dalla tecnologia blockchain, che gli conferisce tracciabilità e autenticità. Gli NFT sono sostanzialmente contenuti digitali che, grazie alla tecnologia blockchain, sono costantemente tracciati in modo da poter sempre risalire alla loro identità e verificare così la loro autenticità. NFT e marketing: le strategie a disposizione Le opportunità con gli NFT sono tantissime per le aziende che possono adottare strategie differenti a seconda degli obiettivi che vogliono perseguire. C’è la possibilità di creare personalmente gli NFT per poi lanciarli sul mercato con l’obiettivo di rafforzare la propria brand identity, ingaggiare influencer o sfruttare l’email marketing. Analizziamo di seguito le strategie più efficaci soprattutto nell’ambito dell’inbound marketing, capace di creare interesse e valore attorno ad un brand e fare in modo che siano i clienti ad avvicinarsi spontaneamente ad un marchio e non viceversa. Realizzare autonomamente un NFT Chi acquista o possiede un NFT non ne diventa automaticamente il proprietario, dal momento che l’opera è stata comunque creata da terzi. Tuttavia è possibile creare in totale autonomia il proprio NFT, come hanno fatto importanti brand, per poi rivenderli sui marketplace appositi a prezzi anche molto interessanti. Oggi esistono tante piattaforme sicure dove creare i propri NFT, da OpenSea a SuperRare, da Binance NFT a Rarible ecc. La creazione con queste piattaforme, può risultare un’ottima strategia per generare dei profitti, ma anche per veder accrescere la propria brand awareness. Le strategie degli NFT influencer marketing Gli influencer ricoprono un ruolo predominante nell’economia delle strategie aziendali, considerando il grande ascendente che hanno sui consumatori. Potrebbe quindi essere un’ottima idea ingaggiare influencer specializzati negli NFT che sappiano guidare adeguatamente gli utenti in questo mercato nuovo e ancora in fase embrionale. Sempre nell’ottica dell’inbound marketing un bravo influencer sa catalizzare l’attenzione del tuo target di pubblico. Un esempio perfetto è l’NFT targato NBA che ha creato Top Shot, una piattaforma realizzata e gestita da importanti influencer dove è possibile acquistare i momenti topici e più spettacolari del campionato di basket statunitense sotto forma di GIF. Collaborare con influencer per la creazione di nuovi NFT, potrebbe essere una strategia vincente per la tua impresa. NFT social media marketing I social naturalmente rappresentano canali privilegiati da sfruttare per lanciare le proprie campagne basate sugli NFT, tramite le quali comprendere e intercettare desideri e aspettative del pubblico, soprattutto quello che rientra nel proprio target. Alla base dell’NFT marketing c’è la formazione di una community, dove gli utenti possano rispecchiarsi, riconoscersi e creare legami con lo stesso brand. Il possesso di un NFT testimonia l’appartenenza di un utente a quella community e il desiderio di acquistare beni digitali particolarmente rari e preziosi sta diventando un fattore sempre più importante per chi è fidelizzato al brand. NFT e Shopify: un binomio utile alla tua strategia di marketing Uno dei modi per attirare nuovi clienti è certamente quello di personalizzare il prodotto e dare un'esperienza di acquisto unica al cliente. In questo senso con Shopify c'è la possibilità di vendere direttamente sul proprio ecommerce prodotti personalizzati con NFT e NFT stessi. Inoltre una delle novità presentate da poco dalla piattaforma ecommerce, è quella di dare la possibilità ai propri utenti di sviluppare il proprio ecommerce prevedendo un accesso esclusivo, a sezioni apposite del sito Shopify, ai possessori di determinati NFT. Ciò è stato definito da Shopify tokengated commerce. In questa tipologia di ecommerce, è importante sottolineare la possibilità da parte dei merchant di stringere partnership con i creatori di NFT in modo da offrire contenuti in esclusiva, aumentando così il valore percepito dal cliente, vendite e ricavi derivanti dei prodotti. Co-branding e co-marketing, ricordiamo, sono strategie che molto spesso utilizzano le imprese per aumentare il proprio bacino di utenza, cercando logiche che possano avvantaggiare tutte e due le parti nell'acquisizione di nuovi clienti o nuovi lead. Questa sarà la base di partenza su cui costruire la propria strategia di marketing. Per fare ciò può risultare molto utile Hubspot CRM, che consente una facile integrazione con Shopify. Tutto questo permette di avere una conoscenza completa del cliente finale migliorando così i risultati delle tue campagne di marketing. I vantaggi di usare gli NFT nel digital marketing Gli NFT ti consentono di essere competitivi nel mercato digitale, ma dovrai essere bravo a sfruttarli nel modo più opportuno ed efficace. Puoi usarli ad esempio per migliorare la brand experience, rendendola unica per differenziarti dagli altri competitor agli occhi dei tuoi potenziali clienti. Poiché sempre più brand stanno volgendo lo sguardo agli NFT, è importante ingaggiare artisti e content creator di alto livello professionale per conferire unicità all’esperienza e raggiungere il tanto desiderato effetto wow. Queste figure hanno il compito di promuovere il tuo brand nei marketplace offrendo un’esperienza unica che sappia coinvolgere attivamente il tuo pubblico, con il quale comunicare in modo interattivo e originale. Gli utenti moderni preferiscono avere una comunicazione diretta con il brand, con il quale desiderano creare un rapporto sempre più intimo. Proprio per questo motivo devi essere bravo a creare una community coesa e compatta che rispecchi le aspettative e i desideri degli utenti. In questo modo puoi creare una base di clienti fidelizzati, che rappresentano lo zoccolo duro del tuo pubblico sul quale costruire e rafforzare il tuo brand. Soffermandoci su questo concetto è importante capire che gli utenti preferiscono i brand che mostrano il loro volto umano e perciò fornire un’esperienza coinvolgente alla tua community online significa generare in automatico interesse attorno al tuo brand. In questo modo diventa molto più semplice incrementare le conversioni e di conseguenza le vendite. Risulta quindi essenziale iscriversi ai marketplace NFT già avviati, così da accedere a nuove fasce di pubblico interessate a questo particolare tipo di mercato. Collezionisti d’arte, creators digitali, giovani e imprenditori sono solo alcune delle figure che fanno parte della community NFT che cresce sempre di più giorno dopo giorno. Gli utenti interagiscono con i tuoi NFT brandizzati e, contemporaneamente, puoi ampliare il tuo raggio d’azione e raggiungere un pubblico sempre più ampio ed eterogeneo. CryptoKitties e il futuro del marketing con gli NFT Infine per far capire meglio le potenzialità a livello marketing degli NFT analizziamo Cryptokitties, uno dei primi giochi in assoluto basato sulla tecnologia blockchain lanciato nel 2018. Il funzionamento per certi versi è molto simile a quello del vecchio Tamagotchi: i giocatori possono comprare gatti digitali per realizzare la loro colonia felina e poi rivenderli. Fin qui sembra un gioco come tanti, ma la differenza risiede nel fatto che il mercato dei cripto-gattini viene gestito tramite Ethereum e un portafoglio digitale da usare direttamente nel marketplace. Ogni CryptoKitty è unico nel suo genere e quelli più rari possono essere venduti a cifre astronomiche. Un raro esemplare di cripto-gattino è stato venduto ad oltre 100.000 dollari e il mercato ha fruttato qualcosa come oltre 3 milioni di dollari. Il gioco in questione dimostra come in un futuro, strategie di marketing basate sugli NFT possano spaziare in più settori, come quello del gaming. Pensate solamente di inserire il vostro brand all'interno di questa tipologia di gioco e ai risultati che questa strategia può portare nell'ambito del marketing esperienziale. Conclusioni Se è vero che il mercato degli NFT è in uno stato embrionale, è anche vero che la sua crescita in pochi anni è stata esponenziale. Sarebbe un errore quindi non sfruttare al volo quest’opportunità, destinata ad essere uno dei nuovi trend dei prossimi anni, perché dopo sarebbe complicato e dispendioso recuperare il terreno perduto. Durante questo articolo abbiamo parlato anche di Hubspot: per questo ti consigliamo il contenuto scaricabile gratuitamente a fondo pagina che ti spiega in dettaglio cosa sia Hubspot e come ti può aiutare a pianificare e attuare strategie di inbound marketing. Image by starline on Freepik