Per traffico di un sito web, cosa si intende? Una domanda che probabilmente in molti si pongono se non sanno quanto è fondamentale fare un’analisi dettagliata del proprio sito internet. Quando parliamo di traffico di un sito web, intendiamo il numero di persone che mensilmente visitano il nostro negozio online per esempio. Monitorare il traffico di un sito web ti permette di migliorarlo e ottimizzarlo in base alle statistiche. In questo articolo di oggi, oltre a spiegare il perché è fondamentale monitorare un sito web, ci soffermeremo anche sugli strumenti che dovresti assolutamente conoscere per analizzare le visite sul tuo ecommerce o sito. Perché monitorare il traffico di un sito Conoscere il numero di persone che visita il nostro sito web orienta meglio il lavoro SEO che abbiamo fatto, quindi i testi SEO oriented che abbiamo scritto, così come tutte le altre ottimizzazioni SEO inerenti. In particolare, analizzare le statistiche di un sito web ci aiuta a: conoscere e prevedere poi il comportamento di chi lo visita; definire meglio alcuni parametri che ci saranno utili per la costruzione della nostra strategia (età, sesso, geolocalizzazione); capire a quale servizio o categoria è interessato. L’obiettivo di un sito web è convertire i visitatori in clienti mediante una duplice operazione come si può capire da questa premessa, ovvero SEO optimization e marketing. È sempre importante lavorare su entrambi i fronti e quindi definire anche una strategia di marketing efficiente, creando un funnel adeguato. Tornando però all’importanza dell’analizzare un sito web, andiamo a conoscere i 3 strumenti principali dei quali proprio non possiamo fare a meno per monitorare l’andamento. 3 principali strumenti per fare l’analisi del tuo sito web L’analisi di un sito web occorre sempre farla in modo professionale, quindi valutare l’utilizzo anche di più strumenti insieme, per confrontare i dati e capire cosa è necessario fare per aggiustare il tiro e trasformare i visitatori in clienti. Gli strumenti per fare l’analisi del tuo sito web che consigliamo sono: Google Analytics Semrush o SEOzoom (dipende da che tool usi per aiutarti con la SEO); Hubspot, con cui puoi sviluppare il tuo sito comprensivo di tutta la parte CRM. Google Analytics è gratuito ed è a disposizione del motore di ricerca, se ovviamente hai un account Google. SEMrush o SEOzoom sono due tool che possono divenire integrativi di Google Analytics, a pagamento, molto utili per confrontare le statistiche di Google. Hubspot CRM è una piattaforma integrativa può aiutare ad avere una panoramica ancora più completa del tuo sito web. Ha una sezione apposita per monitorare il comportamenti dei contatti, molto facile da consultare. Hubspot come SEMrush o SEOzoom sono strumenti a pagamento. A questi si unisce anche un altro importante strumento di analisi, che però potrebbe essere più complesso da comprendere per un neofita, ovvero Screaming Frog. Screaming Frog è uno strumento che può aiutare molto a dare una panoramica SEO del sito, andando a capire su cosa lavorare e cosa migliorare come ad esempio le meta description o le immagini che possono essere troppo pesanti, rallentando così il caricamento della pagina web. Tutti questi sono dettagli assolutamente da valutare, che possono fare seriamente la differenza per il successo di un sito web. Conosciamo ora da vicino ogni singolo strumento di monitoraggio. Google Analytics Come strumento è tra quelli più apprezzati e diffusi, sia perché è gratuito e sia perché ti dà la possibilità di avere una panoramica completa dei dati che contano davvero. In prima battuta è necessario ottenere l’ID di monitoraggio, ovvero un codice alfanumerico da inserire nelle pagine del sito per consentirne l’analisi. È importante sapere che il processo di analisi si può seguire sia da mobile che da desktop. Vediamo come è strutturata la home page di Google Analytics. Ci sono 5 sezioni che bisogna imparare a leggere e cioè: In tempo reale, che restituisce una fotografia del tuo sito in diretta; Pubblico, che ti dà le informazioni in merito al tuo pubblico (età, sesso, provenienza geografica); Acquisizione, che individua i canali dai quali viene il traffico; Comportamento, che ti aiuta a capire quali pagine sono più visitate; Conversioni, che monitora obiettivi settati nell'account (es. l'iscrizione alla newsletter oppure l'acquisto di un prodotto in caso venga Analytics venga integrato con un progetto ecommerce). Ogni sezione è poi articolata in altre sottosezioni, di cui una in particolare - Panoramica - riepiloga i dati salienti di ciascun report. Le sottosezioni che generalmente destano più interesse sono quelle in merito ai dati geografici > località, pubblico, tutto il traffico, sorgente/mezzo. I dati chiaramente devono essere letti in un intervallo di tempo di riferimento. Ok, immaginiamo che ora tu voglia sapere come leggere i dati di Google Analytics. Vediamolo. Iniziamo con il dire che i dati che ti interessano sono i seguenti: Visualizzazioni di Pagina: indica il numero di volte con cui la pagina viene visualizzata. Se il numero è alto è un ottimo segno, vuol dire che molte persone visitano il tuo sito web. Sessioni: Indica il numero di raggruppamenti di tutte le azioni svolte dall'utente in un determinato periodo di tempo. Se un utente lascia il sito per più di 30 minuti e poi accede nuovamente, viene contata una nuova sezione. Frequenza di Rimbalzo: Questa sezione indica il numero di visitatori che lasciano il tuo sito dopo aver visitato una sola pagina. In caso di frequenza di rimbalzo alta, bisogna fare valutazioni sul motivo per cui le persone abbandonano il tuo sito. Sorgenti di traffico e Canali: Questa sessione ti aiuta a capire da quali canali arriva il traffico del tuo sito web. Pagine più visitate: Questa sessione ti mostra le pagine più visitate sul tuo sito web. Flusso di comportamento: In questa sessione puoi vedere il comportamento degli utenti sul tuo sito web. Conversioni: La sessione forse più importante del tuo sito web, in cui viene mostrato se le azioni di SEO e marketing che hai studiato per la tua strategia, funzionano e riescono a raggiungere gli obiettivi prefissati. Fino ad ora abbiamo analizzato lo strumento gratuito di Google che ti permette di venire a conoscenza di molte informazioni utili. Ma se a questo uniamo anche SEMrush e Hubspot, la nostra azione di monitoraggio sarà ancora più dettagliata. Semrush In questa sede analizziamo nello specifico SEMrush, in quanto è il tool a cui per prima noi facciamo riferimento. SEMrush è un ottimo strumento per analizzare la SEM del tuo sito internet, ma anche per valutare le azioni dei siti concorrenti. Come abbiamo specificato, si tratta di un tool a pagamento, che però rappresenta un investimento assolutamente da fare se si decide di lanciarsi nel mondo dell’online. Vediamo come funziona e come ti può essere utile. SEMrush come anche SEOzoom ti presenta una Dashboard - pagina panoramica - suddivisa in sezioni, ovvero: Analisi Dominio - ti dà una panoramica completa sul dominio d'interesse; Analisi Keyword - effettua il monitoraggio delle keyword posizionate in ottica SEO; Progetti - se chiaramente hai inserito qualche progetto sulla piattaforma, ti restituisce l’analisi delle performance del sito; I miei report - ti crea report dettagliati in base ai dati che ti occorre conoscere e che hai filtrato tu. Tutte queste voci possono essere consultate singolarmente o tutte insieme in una sezione denominata Panoramica. SEMrush ti permette di analizzare pagina per pagina ciò che andrebbe migliorato, anche tenendo presente quello che fanno i competitor. Proprio l’analisi del traffico del sito concorrente e delle keyword sulle quali essi lavorano, ti permette di capire come aggiustare il tiro nel tuo caso. Se ti interessa approfondire l’argomento, ti consigliamo la lettura dell’articolo su come funziona SEMrush che ti spiega passo dopo passo come fare per monitorare bene il tuo sito. Hubspot Ultimo ma non meno importante è Hubspot. Hubspot è un software di marketing automation che aiuta le aziende a promuovere il loro business. La parte dell’analisi e del monitoraggio del sito è molto importante e ti offre una panoramica completa dell’andamento del sito. La knowledge base di Hubspot ti dà la possibilità di capire a fondo questo software di analisi, andando così a ottimizzare le tue azioni di marketing. Preliminarmente però c'è da fare una distinzione: in caso di siti sviluppati con piattaforme esterne, c'è la necessità di inserire manualmente il codice tracciamento all'interno delle pagine per avere la reportistica completa. In caso di un sito Hubspot, invece, la reportistica è già inclusa all'interno di tutto il comparto CRM. Con Hubspot puoi filtrare con attenzione i dati che ti interessa monitorare e valutare, in un determinato intervallo di tempo. Non andremo a spiegare le singole funzioni in quanto nella knowledge base trovi sicuramente tutto ciò che ti occorre per impostare il corretto monitoraggio dei tuoi dati. La piattaforma di Hubspot è facile e intuitiva e ti dà la possibilità di venire a conoscenza di tutti i dati che ti interessano in pochi click. È studiata appositamente per chi non ha una grande conoscenza della SEO, ma vuole sapere come funziona il lavoro SEO e marketing impostato all’inizio e se bisogna fare delle correzioni. Conclusioni L’analisi del tuo sito web è fondamentale per far sì che tutte le azioni di marketing e SEO raggiungano l’obiettivo di trasformare i visitatori in clienti. Riuscire a creare una panoramica completa, grazie all’incrocio dei dati di queste piattaforme, ti permette di costruire una strategia davvero efficace, che non lascia spazio all’improvvisazione, ma che si basa esclusivamente sui dati. Hubspot indubbiamente è il software di automazione più completo e intuitivo che puoi utilizzare per la tua analisi del sito web. Scopri come funziona, scarica l’ebook gratuito.
Per alcune aziende vige il profitto a tutti i costi, anche adottando azioni truffaldine o poco trasparenti che danneggiano addirittura i loro stessi clienti. Una pratica bocciata e assolutamente non ammessa dal cosiddetto marketing etico, che per l’appunto richiede una condotta morale ed etica impeccabile a tutti i dipendenti e ai vertici di un’azienda. L’etica nel marketing digitale è un concetto che si sta diffondendo sempre di più in tutti i tipi di business, partendo dall’idea che il profitto non può e non deve essere l’unico obiettivo delle aziende. Il marketing etico può essere considerato una vera filosofia aziendale alla quale ispirarsi per costruire l’immagine di un brand pulito, trasparente e affidabile. Nessun cliente vorrebbe scoprire che il marchio che ama lo ha ingannato o gli ha raccontato bugie da anni, poiché lo abbandonerebbe subito. Il marketing etico si può essere integrato perfettamente anche nelle strategie di inbound marketing, che attrae i clienti in modo del tutto naturale fornendo contenuti chiari e che forniscono informazioni pertinenti e trasparenti. Analizziamo più in dettaglio cos’è il marketing etico e come applicarlo alle proprie strategie aziendali. Una definizione di marketing etico e in cosa si differenzia dal dirty marketing Una definizione di marketing etico è stata introdotta da Emmanuele Macaluso, divulgatore scientifico e studioso, che ha redatto una sorta di manifesto del marketing etico. Questo concetto è definito come l'operare dell'impresa quando rispetta 4 regole d’oro: Rispettare i consumatori; Mantenere un elevato standard di affidabilità e veridicità; Distinguere in modo chiaro i contenuti pubblicitari dall’intrattenimento; Tutelare la privacy dei consumatori. Il marketing etico inoltre si contrappone al dirty marketing, cioè al marketing “sporco” o marketing immorale. Non necessariamente il dirty marketing è illegale, ma le sue iniziative o campagne pubblicitarie sono spesso al limite della legalità e ben oltre i limiti della moralità. Alcune aziende ad esempio sono portate a screditare i competitor piuttosto che valorizzare i propri prodotti e servizi, mentre altre assicurano risultati straordinari e miracolosi cavalcando l’onda emotiva di una promessa ambigua e impossibile da mantenere. Questi comportamenti, a metà strada tra la frode e i comportamenti immorali, fanno parte appunto del dirty marketing e rischiano di avere ripercussioni sull’immagine del brand. Le bugie hanno le gambe corte e prima o poi usciranno fuori, quindi l’azienda potrà ottenere profitti solo nel breve periodo. Oggi i consumatori sono molto più attenti a tematiche calde come inclusività, tolleranza e ambiente e per questo motivo è consigliabile adottare pratiche virtuose e trasparenti non solo per una questione etica e morale, ma proprio di marketing. Per questo, pratiche come il greenwashing, sono sempre più condannate dai consumatori e hanno un impatto fortemente negativo nei confronti delle imprese che decidono di intraprendere queste strategie. Marketing etico e dirty marketing sono due facce della stessa medaglia: sta a te decidere come impostare le tue strategie e quale strade perseguire per raggiungere più facilmente il cuore dei tuoi clienti e toccare le giuste corde emotive. Cos’è il marketing etico tra sociale e ambiente Il marketing etico a sua volta si suddivide in varie branche, tra le quali spiccano il marketing sociale e il marketing ambientale. Per un’azienda è importante coltivare tutti questi aspetti per creare un’immagine solida e credibile agli occhi dei consumatori. Il marketing sociale può essere inteso come quell’insieme di strategie e iniziative finalizzate a sensibilizzare le persone su una determinata tematica o diffondere e far conoscere una causa sociale. In tal caso l’obiettivo non è tanto spingere l’utente a effettuare un acquisto, ma esercitare pressioni su di lui affinché cambi alcuni atteggiamenti e comportamenti poco ortodossi o si interessi maggiormente ad una causa sociale fino a diventare egli stesso un ambasciatore. Ne sono un esempio perfetto le campagne anti-fumo che invitano a dire addio alle “bionde” o le campagne per la sicurezza stradale che suggeriscono caldamente di non usare il cellulare e di non bere quando ci si mette alla guida. Tra le campagne sociali rientrano anche quelle a favore di gruppi specifici di persone, come donne vittime di violenza, minoranze etniche, bambini ecc. Il marketing ambientale è un’altra “costola” del marketing sociale e si rivolge principalmente a tutte quelle azioni finalizzate a salvaguardare l’ambiente circostante. In questo caso l’azienda può evidenziare e spingere sulla vendita di prodotti realizzati secondo logiche ecosostenibili in ogni ambito: dalla produzione al packaging fino alla possibilità di riciclarli. Il marketing ambientale è conosciuto anche come green marketing e rappresenta una vetrina perfetta per un brand che vuole avvicinarsi all’idea di sostenibilità per guadagnare punti agli occhi dei consumatori. Hanno sempre più importanza, in questo senso, gli ecommerce sostenibili che hanno l'obiettivo di vendere i propri prodotti online con un occhio di riguardo alla sostenibilità ambientale, integrando quindi il mondo economico e quello naturale. Come impostare una strategia etica nel marketing digitale? Per l’impostazione della propria strategia etica nel marketing digitale il primo passo da fare è quello di dotarsi di un buon CRM, grazie al quale puoi allineare tutti i processi e consentire ai vari team aziendali di lavorare all’unisono grazie ad una banca dati completa e consultabile per tutti in ogni momento. Resta però il “dilemma” delle aziende: come perseguire il profitto e mantenere un profilo altamente etico e morale? Bisogna essere bravi “equilibristi” e adottare comportamenti etici e virtuosi che garantiscono comunque un buon ritorno economico all’azienda. Gli studiosi dell’etica aziendale ritengono che ci sono 3 step necessari per far coesistere marketing ed etica: Individuare il problema; Identificare uno standard etico di riferimento; Applicare lo standard etico individuato nel processo decisionale. Tuttavia quando si ragiona in ottica di etica bisogna per un attimo sganciarsi dalle dinamiche del marketing poiché, per costruire un contesto morale riconoscibile per tutti, è importante condividere i valori con altre aziende competitor. Questo è importante soprattutto perché nel marketing etico mancano condotte di morali nette e definite, perciò è necessario tracciare dei confini per arrivare ad una percezione della moralità e dell’etica universalmente riconosciuta da tutti. Per costruire una nuova identità di brand etico bisogna seguire questi step: Analizzare la situazione di partenza del mercato in cui si opera; Identificare i principi etici di riferimento per costruire la nuova identità del brand; Costruire una buona brand awareness; Consolidare la propria reputazione. Questo processo ha bisogno di tempo per svilupparsi e consolidarsi e soprattutto deve coinvolgere tutti i team aziendali. Armati dunque di pazienza e non pensare di ottenere risultati immediati. Quali sono i vantaggi per le aziende? Il marketing etico “pulisce” l’immagine di un’azienda e questo va a tutto vantaggio della brand identity e della brand reputation. Per ogni azienda è fondamentale fidelizzare un cliente e conquistare la sua fiducia, cosa che si può fare costruendo un rapporto basato sulla credibilità e sull’attendibilità del marchio stesso. Piuttosto che promettere la luna e prendere in giro il cliente, devi proporre soluzioni realistiche che possono risolvere un problema o soddisfare un desiderio. Il pubblico apprezzerà la tua sincerità, si fiderà realmente della tua azienda e tornerà ad acquistare da te poiché rappresenti un punto di riferimento credibile e affidabile nel tuo settore. Con questo atteggiamento fai capire che il tuo obiettivo non è vendere a tutti i costi, ma prenderti realmente cura degli interessi e delle necessità degli utenti. Mantenere una reputazione etica elevata rappresenta un punto di forza non solo per le multinazionali, ma anche per i piccoli shop online o per i negozietti sotto casa. Marketing etico: esempi di importanti brand Ci sono diverse iniziative che possono essere prese come esempio di marketing etico, arrivato anche nello sport. Diverse squadre di calcio hanno deciso di sponsorizzare sulle loro maglie gratuitamente organizzazioni ed enti di beneficenza. La Fiorentina ad esempio ha sponsorizzato gratuitamente l’associazione “Save the Children” e anche il Barcellona a lungo ha sfoggiato sulle sue maglie il brand dell’Unicef. Altro esempio famoso di campagna di marketing etico è stato l’Ice Bucket Challenge, una sfida social diventata virale dove importanti personaggi dello spettacolo, del cinema, dello sport e della politica si rovesciavano addosso una bacinella di acqua ghiacciata per sensibilizzare le persone sulla SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica). Una campagna che ebbe un successo straordinario alla quale parteciparono personaggi del calibro di Cristiano Ronaldo, Mark Zuckerberg, Bill Gates, Beyoncé e tanti altri vip. In appena due settimane furono raccolti ben 31,5 milioni di dollari per la ricerca. Conclusioni Il marketing etico si pone come obiettivo quello di costruire un’azienda virtuosa, permettendole di consolidarsi come una realtà affidabile e credibile agli occhi del pubblico. I consumatori, una volta convinti della moralità e delle logiche sane seguite da quell’azienda, sono più disposti a fidarsi. Un cliente soddisfatto diventa automaticamente un tuo ambasciatore e, oltre ad acquistare prodotti e servizi da te, sicuramente parlerà bene del tuo brand con amici, parenti e colleghi. Tieni a mente che la reputazione di un brand è parte integrante del tuo successo, quindi abbracciare un marketing etico significa ampliare gli orizzonti del tuo business e conquistare una fetta sempre più ampia di pubblico. C’è poi da fare un’ulteriore valutazione: i tuoi clienti si sentono parte integrante del cambiamento di cui ti fai promotore e percepiscono l’idea che stanno facendo qualcosa di positivo per la società e per il mondo in generale. Nel corso dell’articolo abbiamo sottolineato l’importanza di avviare un buon progetto CRM e per avere una panoramica più ampia e capire quanto sia importante un CRM e quali problemi può risolvere ti consigliamo di scaricare l'ebook gratuito a fondo pagina.
Nell’inbound marketing, lead generation e lead scoring sono complementari o almeno è così che dovrebbe essere. Quando si struttura una strategia di marketing l’obiettivo finale, come si può immaginare, è sempre la vendita, ma per arrivarci dobbiamo riuscire a creare conversione. Come può essere raggiunto questo primo obiettivo quindi? Il lead scoring, abbinato a delle azioni di marketing ben mirate, è sicuramente un ottimo punto di partenza. Il lead scoring, in pratica, permette di assegnare un punteggio di qualità ai potenziali clienti che interagiscono con l’ecommerce, in base al valore percepito dall’azienda. Scopriamo nel prossimo paragrafo cos’è il lead scoring, come funziona e quali sono le qualificazioni che contano per un lead in un database. Lead scoring marketing: cos’è, come funziona e qualificazioni Il lead scoring è l’attribuzione di un punteggio (score) a ogni potenziale cliente. Lo score è definito in base al valore percepito dall’azienda del target potenziale. Per determinare il punteggio di ogni contatto vi sono dei parametri da considerare, come il profilo demografico, professionale, le interazioni con il brand, il comportamento di navigazione sul sito (richiesta di info, iscrizione alla newsletter etc) e quello di acquisto. Il punteggio di marketing per un cliente si definisce in base ai dati espliciti e impliciti che lo riguardano. I primi sono quelli più facili da dedurre e quindi sesso, età, luogo di provenienza, settore, azienda, ruolo, posizione lavorativa e così via. I dati impliciti sono quelli che concernono le attività del potenziale lead sul sito e quindi coinvolgimento, interazioni, interesse, interferenze etc. Un altro parametro che potrebbe essere soggetto a valutazione per il lead scoring è senz’altro il coinvolgimento che il potenziale cliente ha con le email e i social dell’azienda e quindi, per esempio, il tasso di apertura di una mail e i click sui link contenuti nella stessa. Queste valutazioni di comportamento del lead permettono quindi di assegnare un punteggio di qualità al contatto, andando poi a definire le future azioni di marketing che bisognerà attuare per generare conversione e ovviamente vendita. Definiti i parametri vanno chiaramente identificati i criteri di qualificazione del lead, che ci permettono poi di pianificare le future azioni di marketing. Il target potenziale viene così distinto (distinzione riscontrabile anche nei lifecycle stage dei CRM come Hubspot): contatto - nuovo nominativo che si aggiunge al database; lead - nominativo già presente nel database che ha già interagito con l’azienda; MQL - un lead che ha seguito una specifica azione; SQL - un lead pronto al contatto con il commerciale; Opportunità - lead che ha parlato con il sales ed è interessato all’azienda; Cliente - lead che ha convertito e quindi è entrato in contatto con l’azienda compiendo un’azione specifica. La qualità del lead dipende principalmente se quest’ultimo è o no in target con l’azienda. Il punteggio di qualità è infatti assegnato in base a questa valutazione. Come si potrà immaginare il lead scoring marketing diviene importantissimo per le aziende, scopriamo nel prossimo paragrafo il perché di questa affermazione. Perché il lead scoring marketing è utile alle aziende Una delle difficoltà maggiori delle aziende è relativa alla valutazione dei suoi investimenti. Come fa un’azienda a decidere in quali azioni di marketing investire e in quale no? Il lead scoring è un ottimo modo per determinare la tipologia di strategia di marketing da attuare per generare conversione. Senza questa preventiva valutazione si rischia di coinvolgere a vuoto tutto il proprio database di contatti, non ponendo attenzione quali di questi può diventare un lead e quale invece no. Per un’azienda sarebbe un errore imperdonabile, soprattutto se deve stare molto attenta al suo budget. L’assegnazione di un punteggio ai contatti permette di gestire in modo ottimale il tempo, le risorse e anche l’attenzione che l’azienda deve dedicare a ogni lead. Ergo, il lead scoring diviene fondamentale per il successo di un’attività. Ma come riuscire a raggiungere gli obiettivi prefissatesi, utilizzando il lead scoring marketing? Come ottimizzare il tuo business con il lead scoring marketing Ottimizzare il proprio business in base al lead scoring permette di avere chiaro a un’azienda come muoversi a livello di marketing, su quali aree geografiche investire in sponsorizzazioni per esempio o anche come capire cosa possono avere in comune i contatti che invece sono stati esclusi dal database, dopo una prima valutazione. In particolare quest’ultimo parametro dà un’idea del buyer persona ideale dell’azienda. Un esempio che può aiutare a comprendere questo concetto è quando bisogna scrivere un articolo di blog per supportare la vendita di una categoria di prodotti in un ecommerce. Avendo chiaro a chi bisogna rivolgersi, è facile definire il tono di comunicazione da utilizzare, le informazioni da condividere e i contenuti di approfondimento che potrebbero essere interessanti da inviare al lead in un secondo momento tramite mail. Avere un profilo chiaro e definito del buyer persona è il primo passo per il successo di una strategia di marketing. Ora che però sappiamo cos’è il lead scoring e quanto può essere utile anche nel lead nurturing - nutrimento del lead mediante mail per esempio -, è importante anche capire quando è il momento di attivarlo in una campagna di marketing automation. Quando attivare il lead scoring marketing in una campagna di marketing automation Generalmente le campagne di marketing automation sono realizzate e messe in atto quando si ha già un’idea definita di ciò che potrebbe o meno funzionare per un’azienda. In sostanza si automatizzano le azioni che funzionano. Il lead scoring è una metodologia che bisognerebbe far intervenire nel momento in cui la definizione del database non è troppo ampia e quindi non si è ancora generata confusione. L’ideale per attivare il lead scoring è quando il database non è molto pieno di contatti, perché in quel momento si possono suddividere lead che possono diventare delle buyer persona per l’azienda da quelli che invece non lo saranno mai. Non conviene pensare di fare lead scoring quando il database è full, perché questo vorrebbe dire che un’azienda ha trascorso almeno un anno o due a inviare comunicazioni generiche e non pertinenti a tutti i contatti. Il rischio in questo caso è di perdere dei potenziali lead. In una strategia di marketing che si rispetti, è importante avere una definizione dei contatti puliti e profilati già dopo poco che un’attività è stata lanciata sul mercato, questo per far sì che gli investimenti iniziali non vadano a vuoto. La piattaforma che meglio permette di gestire una strategia di lead scoring è certamente Hubspot CRM. Il CRM di Hubspot permette di ordinare in modo chiaro tutti i lead, in base alle loro singole azioni. L’interfaccia è molto intuitiva e la possibilità d'inserire filtri e campi personalizzati, aiutano a rendere più semplice la ricerca d'informazioni. In una strategia di lead scoring dove l’obiettivo è proprio identificare facilmente che tipologia di customer persona è più conveniente per l’azienda, di sicuro Hubspot CRM può dare un grande aiuto. Conclusioni La gestione dei clienti ti preoccupa? Indubbiamente anche dopo aver individuato quali possono essere le buyer persona migliori per la tua azienda, la gestione dei lead non è semplice. Il lead scoring indubbiamente ti aiuta a definire le linee guida delle tue azioni di marketing, ma hai bisogno di un CRM adeguato per mantenere tutto sotto controllo. Hubspot CRM è sicuramente la scelta migliore per l’azienda. Scopri come Hubspot può essere d’aiuto nella gestione dei tuoi contatti:
Come gestire un cliente arrabbiato o insoddisfatto? Una domanda che negozianti e marketer devono porsi perché un’azienda che non riesce a gestire le lamentele o le rimostranze dei clienti non potrà mai crescere. In questo articolo ti spiego come gestire un cliente insoddisfatto, ma prima facciamo una piccola premessa. Si dice che il cliente ha sempre ragione ma in realtà non è così, soprattutto se si mostra maleducato o se fa delle richieste assurde. Questo però non significa che tu debba voltare le spalle ad un cliente insoddisfatto, anzi, devi sfruttare tutti i mezzi a tua disposizione per risolvere il problema. Come? Sorprendendolo! Il cliente insoddisfatto è già molto nervoso dal disservizio che ha ricevuto, quindi probabilmente è pronto alla guerra. Il tuo obiettivo è “disarmarlo” e per farlo non devi mostrarti annoiato, litigare o insistere sul fatto che non è colpa tua, ma piuttosto ammettere le tue responsabilità, ascoltarlo e assicurando che farai di tutto per risolvere il problema. Il cliente, che magari si attende un atteggiamento bellicoso e poco accomodante da parte tua, sarà sorpreso dalla tua sincerità. Se quindi risolverai il problema trasformerai un cliente insoddisfatto in un cliente felice, che innescherà un passaparola positivo per la tua azienda che a sua volta vedrà crescere la sua reputazione. Non ci resta che capire quali step adottare per gestire un cliente insoddisfatto, quali mezzi sfruttare e quali strumenti utilizzare. Come gestire un cliente insoddisfatto: 4 consigli preziosi Per gestire un cliente insoddisfatto devi seguire 4 step che ti aiuteranno a superare brillantemente la situazione di difficoltà: Ascolta attentamente il cliente. La prima fase è sicuramente la più delicata, poiché il cliente è arrabbiato per un disservizio e una parola sbagliata o fuori posto da parte tua potrebbe mandare a monte il delicato processo diplomatico che stai per avviare. Quindi ascolta le sue motivazioni senza contraddirlo; Ammetti le tue colpe. Nel momento in cui ammetti che c’è un problema e che le colpe sono tue il cliente già inizierà a calmarsi, poiché si sente ascoltato e preso in considerazione. L’indifferenza dell’azienda è ancora peggio del disservizio che si è palesato. Adotta un atteggiamento gentile e sincero, così da creare un rapporto di empatia; Assicurati di risolvere il suo problema. Una volta ascoltata la sfuriata del cliente, assicurati di attivarti per risolvere il problema nel minor tempo possibile. Eventualmente proponi un regalo, come un buono sconto, un gadget in omaggio o un rimborso per calmare ulteriormente il cliente; Ringrazialo. Ringrazia il cliente per aver palesato il problema poiché, grazie alla sua segnalazione, farai in modo che quel disservizio non si verifichi più. Questo è il percorso da seguire, poi ovviamente puoi personalizzare ogni situazione con frasi e messaggi differenti anche a seconda della tua tipologia di attività. Non preoccuparti di perdere un po’ di soldi se opti per il rimborso o per uno sconto, poiché un cliente insoddisfatto è estremamente pericoloso dal momento che parlerà male di te e del tuo brand, facendo crollare la tua reputazione. Per migliorare la qualità delle conversazioni, sono utili strumenti come i CRM che ti consentono di tenere traccia di tutte le conversazione e segnalazioni date dai clienti, in modo da fornire loro le informazioni giuste al momento giusto. Tutto ciò consente inoltre di rispondere in maniera completa alle richieste degli utenti. Come gestire un reclamo: 7 frasi d’oro per rispondere ad un cliente arrabbiato Esistono delle frasi d’oro, vere e proprie parole magiche, che riescono a far calmare i clienti che non devono vedere in te un nemico, ma un alleato che sta dalla loro parte. Eliminare tutti i problemi e i disservizi, nonostante i tuoi sforzi, è quasi impossibile ma puoi lavorare molto per migliorare il tuo servizio di assistenza. Ecco di seguito una lista di frasi da memorizzare che puoi usare per rispondere ai tuoi clienti, tenendo presente anche il canale utilizzato per la comunicazione. Alcune frasi hanno un impatto maggiore se dette per telefono, via chat o tramite social e quindi puoi personalizzarle come ritieni più opportuno. Eccole: Grazie per averci contattato. Qualunque sia lo stato d’animo del cliente, ringrazialo per la sua segnalazione grazie alla quale hai preso coscienza che c’è un problema che va risolto; Anche io sarei deluso. Come già accennato precedentemente è fondamentale creare una situazione di empatia tra te e il cliente per instaurare subito un clima cordiale ed evitare sentieri minati. Mettiti realmente nei suoi panni per capire la frustrazione che sta vivendo, così il tuo atteggiamento empatico sarà autentico; Verifico subito, attenda per favore. Quando un cliente presenta un problema si attende una risposta immediata, ma non sempre hai la soluzione a portata di mano. Per rassicurare il cliente che prenderai in carico la sua richiesta pregalo di attendere per avere il tempo di verificare qual è il problema e da dove nasce; Può darmi qualche informazione in più? Dopo aver svolto le dovute verifiche non sempre è possibile individuare subito il problema, in tal caso puoi chiedere al cliente di darti maggiori informazioni. La cosa potrebbe ulteriormente spazientirlo, ma puoi girare la situazione a tuo favore spiegando che con maggiori dati e informazioni a tua disposizione hai più probabilità di risolvere velocemente il problema; Posso sicuramente aiutarla. Hai finalmente individuato il problema? Allora tranquillizza il cliente, scusati per il disagio arrecato e garantisci che il problema è stato individuato e sarà risolto nel minor tempo possibile; Non possiamo esaudire la sua richiesta, ma in alternativa possiamo… Uno degli scenari più temuti per un venditore è quello di non poter risolvere un problema o soddisfare la richiesta di un cliente. Un “no” categorico non è mai accettato di buon grado dal cliente, quindi affrettati a proporre subito un’alternativa valida o a fornire un regalo, un omaggio o uno sconto per ripagarlo del danno subito. In questo modo dimostri che, anche se non hai i mezzi per risolvere il problema, hai comunque preso a cuore la situazione del cliente; Apprezziamo la sua pazienza e grazie per averci contattato. Nel momento in cui la situazione è stata finalmente risolta non dimenticarti di ringraziare il cliente per la sua pazienza, lasciando intendere che proprio grazie al suo feedback puoi ulteriormente migliorare il tuo servizio. Come rispondere alla domanda di un cliente quando non conosci la risposta? Le tecniche infallibili Cosa fare quando non sai rispondere alla domanda del tuo cliente? Potrebbe essere un lapsus momentaneo o una domanda che ti spiazza totalmente, ma in entrambi i casi non faresti una bella figura se non sai come rispondere. Non farti prendere dal panico e non fornire risposte approssimative. Piuttosto snocciola meglio la richiesta del cliente, che magari è stata posta male, e cerca di raccogliere ulteriori informazioni ponendo domande a tua volta. Può capitare che il cliente ti tartassi di domande, ma non hai la risposta a tutto. Fatti furbo e seleziona quelle domande di cui conosci bene la risposta, prendendo del tempo per capire come uscire fuori da quella situazione. In ogni caso cerca di reindirizzare l’argomento su qualcosa che conosci, senza ovviamente allontanarti troppo dal cuore del problema, altrimenti il tuo atteggiamento si configurerebbe come una fuga palese. In ogni caso non mentire mai ad un cliente, poiché prima o poi se ne accorgerà e quando capiterà la tua credibilità crollerà verticalmente. Meglio prenderti qualche minuto in più per rispondere piuttosto che raccontare una frottola. Customer care, esempi di strumenti utili in Hubspot Nella gestione dei clienti HubSpot CRM è uno dei migliori alleati ai quali affidarti, grazie ai vari tool che mette a tua disposizione per migliorare ulteriormente l’assistenza. Ecco l’elenco di tutte le funzioni di HubSpot Service Hub: Conversations. Gestisci tutte le conversazioni dei clienti in un’unica casella di posta; Ticket. Registra i problemi dei tuoi clienti tramite un ticket tracciabile da tutti i membri del team; Feedback. Utilizza sondaggi per migliorare l’esperienza dei tuoi clienti; Automation & Routing. Automatizza i processi di servizio clienti tramite la creazione di ticket e incarichi; Live chat. Chatta direttamente e in tempo reale con i clienti; Conversational Bots. Sfrutta i chatbot per rispondere alle domande dei clienti 24h; Reporting. Valuta l’impatto del tuo servizio clienti tramite strumenti di report. Conclusioni Sorprendere un cliente insoddisfatto con un atteggiamento accomodante e pacifico è il miglior modo per farlo sentire realmente ascoltato e preso in considerazione. Devi quindi essere bravo a mantenere la lucidità e usare le parole giuste al momento giusto per calmare il cliente e portarlo dalla tua parte, facendogli capire che il suo desiderio di risolvere il problema è pari alla tua volontà di soddisfarlo. In quest’operazione può tornarti utilissimo HubSpot che, grazie alle sue innovative funzioni, ti mette nelle condizioni di conoscere i tuoi clienti e trovare in anticipo le domande alle loro possibili risposte. Per conoscere meglio tutte le funzioni offerte da HubSpot scarica subito l’ebook gratuito sottostante, così imparerai le basi di questo preziosissimo CRM che ti aiuta nella gestione dei clienti e nella costruzione di un rapporto solido e duraturo nel tempo.
In questo articolo ti spiego come fare lead generation su Linkedin, due termini diventati di utilizzo quotidiano nel linguaggio di tutte le aziende moderne che vogliono espandere i loro confini e aumentare il loro pubblico. Che la digitalizzazione sia una strada necessaria per imporsi nel proprio settore, qualunque esso sia, è pacifico. Ma perché puntare sulla lead generation? E perché usare Linkedin? La lead generation, che possiamo tradurre con “generazione di contatti”, è il frutto dei cambiamenti delle abitudini di acquisto dei consumatori e del loro approccio al mercato. Si tratta infatti di un insieme di tecniche di marketing che permettono ad un’azienda di attirare contatti ma in modo assolutamente naturale, quindi senza essere invadenti o insistenti come potevano essere le tradizionali campagne pubblicitarie. Acquisire nuovi clienti tramite la lead generation significa quindi costruire relazioni solide con loro, nutrire il rapporto giorno per giorno e guadagnarsi la loro fiducia. Perché questo processo trova la sua perfetta attuazione su Linkedin? Perché questa piattaforma è nata proprio per il business come strumento per generare contatti e clienti. Le campagne Linkedin permettono di raggiungere contatti potenzialmente interessati ai propri servizi e possono essere ulteriormente potenziate e rafforzate grazie ai dati provenienti dal tuo CRM. Approfondiamo maggiormente il discorso per capire chi sono i lead Linkedin e come attuare una strategia di lead generation vincente. Perché la lead generation su Linkedin è la strada vincente? Prima di capire come applicare la lead generation su Linkedin, facciamo un piccolo ripasso. Acquisire i clienti è l’obiettivo di ogni azienda e la strada per farlo nell’ambito della lead generation prevede 3 step: Awareness: il primo passo è evidenziare ad un potenziale cliente un problema, una necessità o un desiderio di un servizio o un prodotto; Consideration: il potenziale cliente comincia a valutare l’acquisto di un servizio o un prodotto per soddisfare un bisogno o un’esigenza; Decision: spingere il cliente ad acquistare il prodotto o il servizio presentato. Il percorso si svolge in modo del tutto naturale, ma ha bisogno di due cose fondamentali: il tempo e la fiducia reciproca. Ogni lead potrebbe avere tempi diversi: c’è chi viene convinto subito dell’acquisto e chi invece deve prima fidarsi. La lead generation, secondo gli step precedentemente indicati, “nutre” il potenziale cliente con dati e informazioni utili consolidando e costruendo un rapporto di fiducia. Il risultato finale è un lead fidelizzato che con ogni probabilità si trasformerà in cliente. Perché scegliere proprio Linkedin e non qualche altro social? Per rispondere a questa domanda facciamo riferimento ad una statistica pubblicata da HubSpot, secondo la quale il tasso di generazione associabile a Linkedin è più alto di qualsiasi altro social network. Inoltre i marketer che operano nel B2B hanno eletto Linkedin come miglior piattaforma in assoluto per reperire contatti, lead e clienti. L’utente, attirato da un post su Linkedin, entra in un funnel di vendita molto ampio che però, tramite mirate azioni di lead nurturing, si restringe sempre più. Nella parte finale dell’immaginario imbuto arrivano solo lead realmente interessati a quanto proposto, quindi diventa molto più facile e quasi naturale convertirli in clienti fidelizzati. Strategie su Linkedin: come aumentare l’engagement Il tuo obiettivo su Linkedin è generare lead qualificati, cioè realmente interessati a quello che proponi. Per farlo hai a disposizione due strade: L’approccio inbound, che consiste nel farsi trovare dai potenziali clienti e attirarli sulla tua pagina con contenuti di valore; L’approccio outbound, che invece richiede una maggiore proattività in quanto prevede di connettersi con i potenziali clienti tramite Linkedin. In entrambi gli approcci devi dimostrare la tua affidabilità e competenza, affinché tu possa rappresentare un punto di riferimento per i lead e invogliarli a connettersi con te, e sviluppare relazioni consolidate e durature. Preferisci seguire la strada dell’approccio inbound come imposto dai principi dell’inbound marketing? Allora per prima cosa devi ottimizzare il tuo profilo Linkedin. Eccoti alcuni consigli che ti torneranno utili: Scegli un’immagine del profilo professionale e inserisci logo e colori aziendali nella copertina; Scegli un job title che definisca al meglio il tuo ruolo in azienda; Nel riepilogo del profilo inserisci le giuste keyword per farti trovare; Nella sezione “in primo piano” inserisci contenuti di valore, anche esterni, come magari un video di presentazione, una landing page del sito aziendale o un case study di successo; Fai emergere subito le tue competenze che meglio rappresentano la tua professionalità e il focus della tua attività. Se farai tutto nel modo corretto saranno i potenziali clienti a inviarti una richiesta di collegamento. Hai optato per il secondo approccio, quello dell’outsourcing? Allora devi essere ancora più proattivo e metterti alla ricerca di potenziali lead con i quali avviare contatti e relazioni fino ad ottenere un appuntamento. In tal caso devi conquistare prima l’attenzione e poi la fiducia dei tuoi lead. In entrambi i casi devi essere bravo a toccare le corde giuste, dimostrandoti come un punto di riferimento affidabile del tuo settore e puntando su caratteristiche come solidità, professionalità e serietà, il tutto “spolverato” da ottime conoscenze e competenze digitali. Campagne linkedin: 5 consigli per pubblicare nel modo corretto Cosa pubblicare su Linkedin? E quando? La modalità di pubblicazione e naturalmente i contenuti rivestono un ruolo molto importante per la tua strategia, quindi ti forniamo 5 consigli preziosi al momento della scelta. 1- Meglio un articolo o un post? Ecco la differenza Hai due opzioni per postare i tuoi contenuti: un articolo o un post. Se non hai un sito o un blog gli articoli su Linkedin sono un’ottima soluzione per migliorare il tuo personal branding o per rafforzare il tuo status di esperto. Hai a disposizione ben 40.000 caratteri e puoi aggiungere titoli, sottotitoli, link, video e immagini. Gli articoli però non hanno lo stesso livello di engagement dei post, che a loro volta sono meno personalizzabili poiché consentono solo di utilizzare il maiuscolo e gli spazi. Nei post puoi comunque inserire immagini, video, ricerca di personale, un sondaggio o celebrazioni di un evento. Per i post hai a disposizione fino a 3.000 caratteri, quindi devi attingere a piene mani dalla tua capacità di sintesi. Se sei un'azienda in questo senso possono esserti utili strumenti per programmare la pubblicazione dei post, come Hubspot CRM. Questo strumento oltre alla pubblicazione programmata dei post, compresa la ricondivisione dei post dei blog del tuo sito Hubspot, ti consente di avere sottomano la scheda di un determinato lead con tutte le conversazioni avvenute, pagine web che ha visitato precedenti chiamate effettuate ed eventuali note prese e molte altre funzionalità. 2- Hashtag e video: come sfruttarli? Alla fine di un post è sempre una buona mossa inserire degli hashtag, ma devi farlo secondo una strategia ben precisa per rafforzare il tuo brand. É consigliabile usare fino a 5 hashtag, equamente suddivisi tra il tuo brand e quelli che identificano l’oggetto del post. In alternativa al post puoi aggiungere un video, che in questo periodo performano davvero bene. Ricordati di usare video nativi, cioè caricati sulla piattaforma stessa e non esterni. I video devono avere una lunghezza massima di 10 minuti e preferibilmente essere dotati di sottotitoli, permettendone la fruizione anche a chi è in ufficio e quindi non può attivare l’audio. 3- Quando pubblicare su Linkedin? Eccoci ad un’altra domanda importante: quando pubblicare su Linkedin? Teoricamente ogni momento è buono, ma devi conoscere bene le tue buyer personas per capire quali sono le loro abitudini. Potresti pensare che la pausa pranzo o il tragitto casa-lavoro siano i momenti migliori per pubblicare i tuoi contenuti, ma non è sempre così. Linkedin è un social professionale, quindi i tuoi lead potrebbero tranquillamente usarlo anche durante gli orari lavorativi, cioè dalle 8:00 alle 13:00 e dalle 14:30 alle 17:00. Ad ogni modo gli orari migliori di pubblicazione per le attività B2C sono dalle 11:00 alle 14:00, mentre per le attività B2B gli orari migliori sono quelli al di fuori dell’intervallo che va dalle 9:00 alle 17:00. Da evitare invece il sabato e la domenica, poiché Linkedin è poco frequentato da aziende e professionisti nel weekend. 4- Quanto pubblicare su Linkedin? Anche la quantità delle pubblicazioni è importante e in tal caso basta seguire due semplici regole: Non pubblicare troppo; Non pubblicare troppo poco. Pubblica solo quando hai davvero qualcosa di interessante da comunicare al tuo pubblico, altrimenti rischi di essere ridondante. Allo stesso modo cerca di non “sparire” dal social, altrimenti rischi di perdere la visibilità acquisita. Un calendario editoriale ti aiuterà sicuramente ad essere sempre sul pezzo. 5- Chi può vedere i post? Puoi modificare la privacy dei tuoi post, scegliendo così chi può leggerlo. Nella parte alta del post puoi selezionare le seguenti opzioni: anyone, tutti possono accedere al tuo contenuto; condividi direttamente con il profilo Twitter; visibile solo alle persone direttamente in contatto; condivisione all’interno di un gruppo di cui fai parte. Conclusioni La lead generation su Linkedin si basa sui concetti e sui principi-cardine dell’inbound marketing, quindi devi portare avanti le tue strategie con pazienza e abnegazione. Nel corso dell’articolo abbiamo fatto riferimento a HubSpot, che ha un’integrazione specifica con Linkedin per gestire al meglio gli annunci e sfruttare al massimo le potenzialità di entrambe le piattaforme. Per approfondire maggiormente il discorso sulla lead generation scarica l’ebook gratuito sottostante, una guida completa per i neofiti della materia per trasformare i tuoi visitatori in lead per il tuo business.
L’email può ancora essere considerata uno strumento di marketing efficace in grado di convertire in lead i clienti? Una domanda precisa alla quale diamo una risposta altrettanto secca: sì. Si potrebbe pensare che, alla luce dell'esplosione di nuovi servizi e canali digitali, come chatbot, social e quant’altro, sia arrivato il momento di recitare il “de profundis” delle email, ma sarebbe un grave errore. C’è una strategia che valorizza al massimo e che automatizza i messaggi della posta elettronica: l’email marketing automation. Potresti pensare che in un mercato sempre più “customer-centric”, cioè che mette il cliente al centro di tutto, sia un errore affidarsi ad un processo automatizzato e apparentemente “freddo”. In realtà bisogna fare due considerazioni. Innanzitutto l’automazione dei processi è un passaggio praticamente obbligato per le aziende moderne che vogliono restare al passo coi tempi. Secondariamente l’email marketing automation non è affatto un processo “freddo”, anzi aiuta a rafforzare ulteriormente i rapporti con lead e clienti, purché si abbia alla base un software come un CRM. L’email marketing automation nel B2B e nel B2C offre tantissimi vantaggi e opportunità, scopriamo come sfruttarli al massimo. Cos'è l'email marketing automation? Fino a qualche anno fa le email venivano inviate secondo la logica “one-shot”: ogni campagna veniva creata e poi inviata manualmente a tutti i contatti presenti nel database. Una strategia obsoleta che richiedeva tanto tempo e che non consentiva di intercettare le reali esigenze del pubblico. Tutto è cambiato con l’email marketing automation, un insieme di attività con le quali programmare, gestire e inviare le campagne email tramite automatismi ben oliati. In pratica ogni email non viene spedita a caso, ma è mirata per conseguire precisi obiettivi a seconda del cliente tramite le regole preimpostate di un software che suggerisce azioni specifiche quando si verificano determinate condizioni. Cosa fa nello specifico l’email marketing automation? Raccoglie e si nutre di tutti i dati relativi ad ogni singolo cliente e, di volta in volta, invia contenuti personalizzati secondo i comportamenti, le abitudini d’acquisto degli utenti e tanti altri dati significativi come dati anagrafici o rapporto con il brand. Come puoi ben vedere le campagne di email marketing automation non sono affatto fredde e anonime, anzi sono fortemente personalizzate secondo i dati e le abitudini del lead o del cliente. Come applicare l’email marketing automation? L’email marketing automation sposa perfettamente i principi dell’inbound marketing, dove sono i clienti ad interessarsi e avvicinarsi alle aziende in modo naturale e non viceversa. L’inbound marketing si basa proprio su questo concetto: farsi trovare dal cliente nel momento del bisogno. Le email invasive e inviate a chiunque senza un progetto definito non portano ad alcun risultato, anzi, nella maggior parte dei casi finiscono nello spam con un cattivo ritorno d’immagine per il brand che viene percepito come noioso, invasivo e fastidioso. Con l’email marketing automation puoi invece mettere in atto un’attenta e intelligente strategia di lead nurturing nutrendo il cliente di dati e informazioni, inviando messaggi personalizzati ad un pubblico specifico, targetizzandolo nel momento in cui ne hai maggior bisogno. Esempi di applicazione dell’email marketing automation Per avere un’idea più ampia eccoti alcuni esempi per sfruttare i benefici dell’email marketing automation, che puoi tranquillamente applicare anche per la tua attività: Invia un’email di benvenuto ai nuovi iscritti. A tutte le persone fa piacere sentirsi parte di un gruppo o di una community con la quale condividere gli stessi valori e le stesse passioni. Non c’è niente di meglio quindi di una calorosa email di benvenuto per accogliere nel migliore dei modi i nuovi iscritti, facendoli sentire importanti e parte integrante del tuo brand. Affinché il benvenuto non sia eccessivamente formale puoi anche dare consigli su come sfruttare al meglio gli articoli e i servizi che proponi, o anche regalare un piccolo omaggio come un bonus sconto sul primo acquisto; Manda contenuti secondo una sequenza temporale precisa. I contatti a volte hanno bisogno di essere guidati per eseguire le operazioni necessarie per portare a termine un’iscrizione o un acquisto o per partecipare ad un concorso o ad una campagna di marketing. Inviando delle email a cadenza temporale puoi dare il giusto supporto al cliente, senza essere invadente; Contatta gli utenti che hanno abbandonato il carrello. L’abbandono del carrello è uno dei fenomeni più diffusi e più temuti dai marketer. Tuttavia puoi recuperare tutti quei carrelli abbandonati e trasformarli, almeno una parte, in acquisti. Come fare? Devi inviare un’email chiedendo con garbo e discrezione quali sono i motivi che hanno spinto gli utenti ad abbandonare il carrello. Magari non hanno trovato il colore o le misure delle scarpe desiderate, non sono convinti delle politiche di reso o non sono presenti le modalità di pagamento preferite. Una volta capito qual è la criticità che ha bloccato la vendita, puoi proporre soluzioni alternative per aggirare il problema e favorire la conclusione dell’acquisto; Invia un’email personalizzata di auguri nel giorno del compleanno. A tutti piace ricevere gli auguri nel giorno del suo compleanno, perché allora non inviare una bella email di auguri ai tuoi clienti? Per rendere il tuo augurio davvero speciale e dare un valore aggiunto alla tua email sarebbe un’ottima idea aggiungere un buono sconto o qualche simpatico premio. In questo modo ti differenzi dai competitor e regali al tuo cliente un’esperienza davvero unica e speciale. 4 vantaggi dall’email automation L’email marketing automation ha consentito a tantissime aziende di migliorare le loro prestazioni, aumentando le vendite e ampliando di conseguenza il loro pubblico. Di seguito ecco alcuni dei vantaggi più immediatamente tangibili derivanti dall’utilizzo di questa strategia: Aumento della produttività e riduzione dei costi di marketing. Prima dell’automazione i processi dovevano essere svolti manualmente dal personale, costretto a svolgere azioni noiose e ripetitive. Tutto questo determinava un calo evidente della produttività, poiché le risorse interne erano impegnate su processi che non riguardavano strettamente il core business aziendale, senza dimenticare i costi aggiuntivi necessari per ottimizzare le azioni di marketing. Con l’automazione questi problemi vengono cancellati con un colpo di spugna e i vari dipendenti possono concentrarsi sulle operazioni sulle quali sono maggiormente specializzati; Aumento dei lead e delle relative conversioni. L’email marketing automation coccola i clienti ma soprattutto i lead, cioè persone potenzialmente interessate ai tuoi servizi e ai tuoi prodotti. Se “nutri” il lead con informazioni preziose e dettagliate, spiegando cosa fai, cosa proponi e in che modo le tue soluzioni possono rappresentare un valore per lui, le probabilità di convertirlo in cliente salgono vertiginosamente; Con l’email automation puoi intercettare più facilmente prospect grazie ai contenuti automatici. Questo vantaggio va letto sempre nell’ottica dell’inbound marketing, che ti consente di individuare i prospect interessati alla tua azienda e quindi di rivolgerti e concentrare su di loro le tue attenzioni; Maggiore efficienza e risparmio prezioso di tempo. Ridurre i costi, raggiungere il massimo risultato col minimo sforzo e ottimizzare tempi e risorse sono “mantra” che si ripetono nella mente di marketer e gestori di e-commerce. Tutti obiettivi che possono essere conseguiti con una solida e attenta strategia di email marketing automation. Per beneficiare di tutti questi vantaggi puoi abbinare il marketing automation con HubSpot CRM, che ti consente di personalizzare le tue campagne e rivolgerti ad un pubblico specifico e targettizzato. L’importanza dei workflow (...con Hubspot) Per capire come sfruttare al meglio l’email marketing automation è opportuno comprendere il concetto di workflow, che significa flusso di lavoro e viene usato per identificare il modello digitale di un processo tramite la sua applicazione e la suddivisione in differenti attività. I task, se non richiedono un intervento decisionale, possono anche essere automatizzati per snellire i processi. Con i workflow, che possono essere costruiti in Hubspot tenendo conto dei dati presenti di tutta la parte CRM, puoi creare in pochi minuti una campagna automatica profilata, tenendo presente gli interessi, le preferenze e i dati dei destinatari, che si attiva nel momento in cui vengono soddisfatti determinati criteri di partenza. Per comprendere il tutto schematizziamo in questo modo un workflow: Scegli un evento che dà il via al lancio della campagna; Costruisci un flusso di email automatiche e consequenziali; Seleziona delle restrizioni e filtri per gruppi, oppure per data e ora. In questo modo sei sicuro di raggiungere le persone che vuoi e all’orario che desideri; Controlla i risultati della tua campagna in tempo reale o crea un report. Workflow preconfigurati I workflow preconfigurati sono modelli di campagne automatiche già preimpostati, che puoi però personalizzare secondo le tue preferenze. Hubspot offre una grande varietà di workflow adatti a numerose esigenze, sia dal lato marketing, sia lato sales che variano dal rapporto con il cliente al lato operativo. I modelli più diffusi sono: Workflow di benvenuto; Workflow di ringraziamento; Workflow per recuperare carrelli abbandonati; Workflow per creare il flusso di onboarding. Workflow personalizzati I workflow personalizzati danno invece l’opportunità di partire da una condizione di partenza, chiamata trigger. In Hubspot sono numerose gli eventi trigger che si possono inserire per iniziare la campagna di email automatizzata. In particolare menzioniamo: Evento, che si basa su un campo anagrafico comprensivo di una data; Data di iscrizione, basato appunto sulla data di iscrizione del destinatario finale; Condizione campo, che si basa sul verificarsi di una condizione specifica di un campo anagrafico del destinatario; Condizione gruppo, che si basa sul fatto che il destinatario esca oppure entri in un gruppo specifico; Attività destinatario, che si basa sulle differenti azioni e interazioni che il destinatario ha con il programma. Conclusioni L’email marketing automation è una grandissima risorsa per la tua attività, ma devi comunque preparare una strategia completa e dettagliata secondo il tuo target per convertire i tuoi lead senza sforzi eccessivi. In questa sfida può essere un valido alleato HubSpot e per comprendere meglio come sfruttarlo e come funziona ti consiglio di leggere l’ebook gratuito scaricabile a fondo pagina.
Le startup, le nuove aziende e gli e-commerce neonati devono coniugare due esigenze non sempre compatibili tra di loro: la necessità di crescere rapidamente e utilizzare un budget limitato. Come conseguire questo obiettivo? Facendo esperimenti continui per migliorare il prodotto o il servizio e renderlo sempre più fruibile e appetibile per la clientela. Questo processo si chiama growth hacking marketing, o più semplicemente hacking marketing, ed è già molto diffuso negli Stati Uniti e da un po’ di tempo è sbarcato anche in Europa e in Italia. Che cos’è l’hacking marketing? Come facilitare la crescita rapida di un business e metterlo subito in relazione con il marketing digitale? In questo articolo forniamo una risposta a tutte le domande che ti stai ponendo sull’hacking marketing. Come nasce l’hacking marketing? Prima di entrare nel cuore del discorso facciamo un passo indietro per capire come e quando nasce l’hacking marketing. Questo termine è stato coniato per la prima volta nel 2010 da Sean Ellis, un consulente di marketing americano diventato famoso nel suo settore per la capacità di lanciare startup e di farle crescere vertiginosamente in poco tempo, permettendo ad alcune di loro addirittura di quotarsi in Borsa. Una volta che la startup aveva preso il volo, Ellis definiva le linee guida che l’azienda avrebbe dovuto seguire dopo la conclusione della collaborazione. E proprio qui subentravano i problemi poiché la startup, senza l’ausilio di Ellis, non era in grado di autogestirsi e di fornire le stesse prestazioni. Lo stesso Ellis faceva fatica a reperire sul mercato persone che potessero continuare il suo lavoro. Durante la selezione dei curricula notò che, tra i vari professionisti di marketing, spiccavano diverse figure specializzate nella vendita o nella gestione dei clienti, ma mancava una figura specializzata e focalizzata sulla crescita dell’azienda. Da qui nacque l’idea di modificare gli annunci di lavoro inserendo il termine “growth hackers”, per l’appunto persone che si occupassero esclusivamente della crescita di un’azienda. Che cos’è il Growth Hacking marketing? Il growth hacking marketing, in sinergia con un buon CRM che consente di allineare tutte le procedure di marketing, commerciali e di assistenza clienti, può essere definito un processo che si pone come unico obiettivo la crescita aziendale. La crescita diventa fondamentale, o meglio vitale, per startup e aziende appena nate poiché hanno bisogno di produrre subito risultati per sopravvivere in un mercato sempre più competitivo e spietato. Tale processo viene affidato ai growth hackers, che hanno il compito di ottimizzare il prodotto e renderlo subito competitivo sul mercato adottando modalità e strategie creative e fantasiose. Generalmente si tratta di prodotti nuovi, non ancora consolidati nel loro settore commerciale e che devono fare presa sul mercato in breve tempo, quindi bisogna eliminare quanto prima le possibili criticità e i difetti per migliorare la customer experience. Il growth hacker deve anche individuare i canali e gli strumenti di marketing più adeguati per conseguire l’obiettivo di crescita aziendale e di rapida diffusione del prodotto sul suo mercato di riferimento. Possiamo individuare tre tipologie di canali dove testare, sperimentare e lanciare i prodotti o i servizi: Earned Media: pubbliche relazioni, SEO o il tradizionale passaparola; Paid: sponsorizzazioni o pubblicità online e offline; Owned Media: email, pagine social, app e pagine aziendali. Digital marketing e Growth Hacking: quali sono le differenze? Che relazione ha il growth hacking con il marketing digitale? Sono la stessa cosa? In effetti sono due termini che hanno molto in comune, come la sperimentazione, la creatività e le analisi per conseguire gli obiettivi prefissati e finalizzati alla crescita aziendale. Lo fanno però seguendo strade e modalità diverse, anche se orientate sempre all’inbound marketing, cioè una strategia costruita intorno ai clienti per creare contenuti di valore ed esperienze su misura per loro. Per comprendere le differenze dobbiamo capire cosa fanno i growth hackers, che puntano sulla crescita di tutto il business e non di un solo reparto marketing. Inoltre creano strategie innovative e alternative per acquisire e fidelizzare i clienti con un budget ristretto. Al di là del tradizionale marketing quindi il growth hacking marketing comprende anche: Analisi dei dati e sperimentazioni; Marketing creativo; Automazione. Il marketing digitale prevede l’utilizzo di determinate piattaforme online, dai social fino ai siti, per acquisire nuovi lead e rafforzare la relazione tra brand e aziende, operazione che può essere portata magistralmente a termine con il CRM di HubSpot. In sostanza va ad inserirsi nella prima fase del funnel di vendita e si basa sulle seguenti strategie: Content marketing; Ottimizzazione delle strategie SEO; Costruzione di relazioni sui social; Miglioramento della brand awareness; Ricerca a pagamento; Email marketing. Possiamo così riassumere le differenze principali tra growth hacking marketing e digital marketing che, benché accomunati sotto alcuni punti di vista come l’utilizzo di strategie creative per rafforzare l’identità del marchio e l’appetibilità dei prodotti e dei servizi, differiscono per molti aspetti: L’Hacking marketing si riferisce a tutte le fasi del funnel di vendita per favorire la crescita del business; il digital marketing si riferisce principalmente alla commercializzazione dei servizi e dei prodotti tramite piattaforme online; L’Hacking marketing punta alla crescita generalizzata di tutti i reparti dell’azienda; il digital marketing si concentra sull’affermazione del brand, sull’acquisizione di nuovi clienti e sulla loro fidelizzazione; I Growth Hackers hanno competenze e conoscenze tecnologiche che i marketer digitali potrebbero non avere; L’Hacking marketing valuta i risultati e i dati ottenuti tramite test continui; i marketer digitali formulano ipotesi e strategie per ottimizzare i processi di marketing. Una strategia perfetta di Growth Hacking marketing: i 5 step fondamentali Come mettere in atto una strategia vincente di growth hacking marketing? In realtà la risposta non è univoca, poiché le dinamiche potrebbero variare sensibilmente a seconda del mercato di riferimento. Ci sono tuttavia 5 step fondamentali che ogni azienda e startup, indipendentemente dal settore in cui opera, deve seguire. Li elenchiamo di seguito: Identificare le metriche chiave per il proprio business. Proprio perché ogni azienda deve personalizzare la sua strategia di growth hacking marketing, è importante concentrarsi su quelle metriche che hanno un valore effettivo per la propria attività; Giusta scelta dei canali di marketing da testare. Il growth hacking marketing parte dal presupposto che il budget a disposizione è limitato, quindi non è possibile testare tutti i canali di marketing. A monte quindi bisogna fare un processo di selezione, scegliendo quei pochi canali da testare tenendo conto del proprio mercato, del pubblico di riferimento e della tipologia di prodotto e di servizio; Test A/B ed esperimenti. Una volta selezionati i canali che ritieni più produttivi per la tua azienda, devi effettuare esperimenti e test A/B per sondare quale risulta effettivamente più efficace. In questa fase diventano fondamentali i commenti degli utenti, soprattutto quelli negativi, poiché ti consentono di individuare le eventuali criticità; Analisi dei dati. Tutti i dati raccolti durante i test devono essere analizzati per individuare le priorità e ottimizzare il processo di crescita. Per farlo c'è il bisogno di una struttura di data integration che consenta di immagazzinare dati provenienti da più fonti tutti in un'unica piattaforma; Scalabilità. Dopo che hai individuato i processi che contribuiscono concretamente alla crescita della tua azienda, devi essere in grado di replicarli su scala sempre più grande. Growth hackers: chi sono e cosa fanno Li abbiamo nominati per tutto l’articolo, ma chi sono i growth hackers? Possiamo identificarli come figure che nascono a supporto delle aziende, delle startup, delle PMI innovative e dei professionisti per una rapida crescita. Il loro obiettivo è valorizzare al massimo le risorse a disposizione e ottimizzare le potenzialità del marketing e del digital, così da aumentare il numero di lead e clienti e di conseguenza delle vendite. Il growth hacker ragiona al di fuori degli schemi consolidati per raggiungere tramite vie alternative il suo obiettivo e proprio da qui nasce il concetto di hacking, che nel corso del tempo ha assunto diverse sfumature ma che principalmente sottolinea una situazione in cui è necessario affidarsi all’immaginazione e alla creatività. Sono diverse le hard e le soft skills richieste a questa figura, come le competenze multi-tasking in diversi campi che devono essere sapientemente combinate e mixate per favorire il processo di crescita in collaborazione con gli altri professionisti delle aree aziendali. Il growth marketer ha principalmente competenze tecniche e ingegneristiche, ma deve avere confidenza anche con argomenti specifici come l’analisi dei dati, la comunicazione, il content management e le vendite. Pur utilizzando i tradizionali strumenti di marketing, ha sempre un occhio vigile sui metodi innovativi per proiettare verso l’alto un business. Conclusioni É interessante sottolineare che il growth hacking marketing, pur essendo nato principalmente per startup, PMI e aziende giovani, è sempre più apprezzato anche dalle multinazionali e dalle grandi aziende già consolidate. L’hacking marketing rappresenta la nuova frontiera del business moderno, quindi non puoi certo ignorarlo a maggior ragione se hai lanciato da poco la tua attività. Nel corso dell’articolo ti abbiamo invitato ad implementare un CRM per gestire la tua intera attività. Non sai cos’è? Allora faresti bene a scaricare la risorsa gratuita disponibile alla fine dell’articolo e di leggerla subito per capire come un buon CRM può aiutare il tuo reparto marketing e commerciale a gestire alla perfezione le relazioni con i clienti a beneficio della crescita della tua attività.
Oggi l’ecologia è un valore importante, anzi fondamentale, e i consumatori nella scelta dei prodotti considerano anche l’attenzione all’ambiente. Come fare a riconoscere le realtà davvero green da quelle che sono solo coperte da una pennellata di verde? Un fenomeno sempre più frequente negli ultimi anni è il Greenwashing, un termine che indica le aziende, le istituzioni e le organizzazioni che usano strategie promozionali e di inbound marketing, finalizzate a costruire un'immagine ingannevolmente positiva sotto l’aspetto dell’impatto ambientale. In questo modo, il consumatore ecosostenibile viene attratto da un aspetto non reale e potrebbe essere invogliato ad acquistare prodotti o servizi fidandosi di un racconto “farlocco” di sostenibilità ambientale nei processi produttivi o nei prodotti. Nei casi più gravi quest’atteggiamento delle aziende ha la finalità di nascondere all’opinione pubblica gli effetti negativi per l’ambiente imputati alla propria attività. “Se fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio”, in questo articolo cercheremo di capire come riconoscere le false aziende verdi che adottano politiche di greenwashing. Esempi di Greenwashing tra le aziende che hanno fatto scalpore Come emerge da un articolo del Corriere della Sera che analizza il fenomeno del Greenwashing in Italia, il 42% dei nostri connazionali non si fida delle azioni green delle aziende. La ricerca evidenziata è di The Fool, e afferma che il greenwashing è il primo disincentivo all’acquisto dei prodotti di un marchio per quasi un italiano su due. Molti pensano che la sostenibilità sia diventata una moda e per rispondere alle esigenze dei consumatori cadono nel greenwashing. Ad apparire sostenibili senza esserlo sono stati anche brand importanti che purtroppo hanno visto scendere la loro green reputation a causa di una pubblicità ingannevole. Ecco qualche esempio celebre: Marketing ingannevole della Coca Cola: il noto marchio della bevanda più famosa al mondo nel 2021 è stato citato in giudizio dall’Earth Island Institute, accusato di pubblicizzarsi come sostenibile, mentre è una delle aziende più inquinanti al mondo, la principale produttrice di rifiuti plastici generando 2,9 milioni di tonnellate all’anno. Sotto accusa soprattutto le iniziative “Every Bottle Back” e “World Without Waste” Falsi Claim Green di Eni: nel 2021 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha emesso un provvedimento contro il colosso energetico italiano per greenwashing. In particolare sono stati accusati di usare claim ingannevoli relativi a “ENIdiesel+”, presentato come diesel bio, green e rinnovabile, con addirittura la possibilità di abbattere le emissioni di CO2 fino al 40%; Scarsa chiarezza sulla sostenibilità di H&M: nel 2019, il marchio svedese è stato accusato dalla Norwegian Consumer Authority di pubblicità ingannevole. Ad essere esaminata è stata la collezione Conscious, identificata e pubblicizzata dall’azienda come Green. In realtà H&M non darebbe informazioni precise sull’effettiva sostenibilità di questi prodotti; Illusoria pubblicita di San Benedetto: nel 2010 l’azienda italiana è stata multata per avere presentato nelle promozioni la sua bottiglia di plastica come amica dell’ambiente. Le indagini hanno rilevato che i pregi ambientali riportati erano di gran lunga superiori alla realtà; Uso di legname abbattuto in modo illegale per Ikea: nel 2020, l’azienda che si fa baluardo della sostenibilità, è stata incolpata da Earthsight di aver utilizzato legno abbattuto in maniera non legale. Il legname, proveniente dall'ucraina, era stato abbattuto senza rispettare le norme sulla provenienza, in particolare abbattendo alberi senza le necessarie valutazioni di impatto ambientale e disboscando oltre i confini autorizzati. Alcune aziende investono più capitali in comunicazione per mostrarsi il più green possibile che nelle pratiche stesse. L’ecosostenibilità diventa solo di facciata e si riduce in un modo semplice per guadagnare di più. Le aziende conoscono davvero i rischi del falso green? Un’azienda, attraverso strategie di Greenwashing può ottenere consensi, ma il gioco vale la candela? Nel momento in cui vengono svelate le vere intenzioni e l’ingannevolezza della promozione, l’immagine verrà offuscata. Le pratiche di greenwashing possono, infatti, arrecare gravi danni alla reputazione del marchio e alla sua competitività nel mercato. Crederesti ad un’azienda che ti ha detto di essere sostenibile, invece non lo è affatto? L’affidabilità e la fiducia crollano sia nei confronti del consumatore che degli investitori a causa della poca trasparenza e di comportamenti non responsabili. Per questo, le aziende stanno imparando a stare attente alla propria attività di marketing e se vogliono presentarsi come sostenibili stanno cercando di esserlo per davvero. Greenwashing come riconoscerlo: quando un prodotto non è davvero green Capire se ci si trova di fronte a pratiche di greenwashing non è sempre semplice a causa della poca trasparenza delle aziende. Ma ci sono dei particolari ai quali si può fare attenzione per smascherare i falsi green. Ecco alcune cose che devi considerare prima di scegliere un’azienda per le sue politiche ecosostenibili: Assenza di prove: un’azienda si vanta di essere sostenibile, ma mancano esempi pratici, certificazioni o dati accessibili; Informazioni imprecise: i dettagli sul prodotto in questione sono vaghe o parziali; Non lasciarti fuorviare dallo spot: utilizzare il colore verde o frasi ad effetto nascondono spesso trappole; Usare la rete e App: ci sono sia siti che app che permettono di conoscere all’istante la reale impronta ecologica dell’azienda. Greenwashing o green marketing? Quando si dichiara di essere sostenibili bisogna fare attenzione a non fare false promesse. Nel campo dell’ecommerce oggi si presta molta attenzione alle questioni ambientali e a seguire azioni virtuose per ridurre l’inquinamento ed i materiali non riciclabili. L’ecommerce sostenibile offre notevoli vantaggi: Risparmio energetico; Attrarre più utenti e fidelizzarli; Aumento della rispettabilità del brand; Accedere ad agevolazioni fiscali. Una strategia all’insegna della sostenibilità, quindi, non ha benefici solo sull’ambiente che ci circonda, ma comporta importanti vantaggi per il business stesso in termini di immagine e notorietà del brand, vantaggio competitivo e riduzione dei costi nel lungo periodo. Questi aspetti positivi sono tali se la sostenibilità è effettiva e non fittizia. Se si pratica il greenwashing tutte le azioni avranno l'effetto contrario. Le false aziende verdi, infatti, hanno durata breve e sono penalizzate dai clienti che le abbandonano facendo anche una cattiva pubblicità. Come difendersi dall’ambientalismo di facciata Ma allora quali sono le azioni pratiche per difendersi? Proteggersi dal greenwashing diventa sempre più complesso, anche per un vuoto normativo che la disciplina. Ma la crescente attenzione per il mondo green a causa delle catastrofi ambientali ha portato le istituzioni ad occuparsene, considerando il greenwashing al pari della pubblicità ingannevole. Oltre alle azioni europee, che vedremo in seguito, in Italia il fenomeno è salvaguardato dall’Autorità Garante della Concorrenza e Del Mercato (AGCOM). Questo ente ha iniziato una battaglia contro le aziende che usano strategie di Greenwashing inserendo, anche nomi di brand noti, in una lista nera. Altra novità importante è l’inserimento nel Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale dell’articolo 12, che prevede la verifica di ogni claim a tema green e ne regolamenta la veridicità. La prima sentenza di Greenwashing in Italia è del novembre 2021 da parte del tribunale di Gorizia che ha accolto il ricorso presentato dalla società Alcantara nei confronti dell’azienda Miko. Questa azienda si pubblicizzava come “amica dell’ambiente”, “scelta naturale” e “microfibra ecologica”. Tutti claim riconosciuti come pubblicità ingannevole. Anche il Web rappresenta una valida difesa all'ambientalismo di facciata. La rete permette di raccogliere informazioni e di entrare in siti che denunciano il greenwashing, come il Fatto Alimentare e Green Wikia. Le azioni dell’’Europa contro il Greenwashing La tutela dal Greenwashing, in Europa, è assicurata dalla Tassonomia Ue. Si tratta di un catalogo che classifica e definisce quali sono le attività economiche che possono essere qualificate come sostenibili. Bisogna sottolineare che di recente, l’Ue è stata fortemente criticata per la volontà di inserire nello strumento della Tassonomia il gas naturale e l’energia nucleare come investimenti sostenibili. Questa pratica, inserita nell’ambizioso progetto del Green Deal europeo, ci allontana dalla transizione ecologica e disincentiva gli investimenti verso fonti energetiche alternative e poco impattanti. Nonostante questo la battaglia contro il Greenwashing sembra dare i suoi frutti. Ogni Stato europeo ha emanato normative specifiche per affrontare il problema e si moltiplicano le sentenze. Ecco due tra gli esempi più interessanti: In Spagna nel 2009 è stato emanato il Còdigo de Autorregulaciòn sobre argumentos ambientales en comunicaciones comerciales, che inserisce i principi di veridicità e oggettività nelle promozioni commerciali. In Francia il governo ha recentemente introdotto una sanzione, in forza della quale le imprese accusate di greenwashing e ritenute responsabili di pubblicità ingannevole saranno multate con una sanzione pecuniaria di importo fino all’80% del costo totale della campagna pubblicitaria ingannevole, con l’obbligo di correzione. Conclusioni Ora che sai tutto sul Greenwashing poi capire l'importanza della sostenibilità ambientale per un’azienda. L'impatto ambientale è un valore da non sottovalutare, anzi si tratta di un aspetto che può sancire il successo di un’azienda… soprattutto se è reale. E’ fondamentale essere onesti con i propri clienti e mettere in atto anche poche azioni sostenibili senza rischiare di cadere nel greenwashing. Il nostro consiglio è quindi di evitare investimenti in un marketing furbo perché in un mondo ipercompetitivo, passare dalle stelle alle stalle è questione di un attimo. Investire in software, come possono essere i CRM, e pratiche di inbound marketing serie e non di facciata, rispettando gli ideali dei tuoi clienti, può veramente essere un vantaggio competitivo per la tua impresa. E' molto difficile così cadere in basso perché la relazione con un cliente deve essere come quella tra due persone: vera e deve basarsi sulla fiducia da parte di tutti e due i soggetti. Solo così i clienti saranno fidelizzati e non avrai conseguenze economiche nella tua impresa (l'implementazione di un crm infatti serve a questo). Se vuoi iniziare una campagna di marketing senza commettere errori, scarica il nostro ebook gratuito che ti indicherà come organizzare la tua strategia, scegliere e impostare gli strumenti migliori e monitorare i risultati.