Lo storytelling aziendale è uno degli strumenti principali a disposizione delle aziende, che lo utilizzano per dare lustro e prestigio al proprio brand. Si tratta fondamentalmente di una storia che veicola i giusti messaggi per arrivare dritto al cuore degli utenti. Perché questa tecnica funziona? Perché le storie piacciono sempre alle persone, purché si crei un legame emotivo tra chi la legge o chi la osserva e purché siano vere e autentiche. Nell’ambito di una strategia di impresa dove risulta fondamentale creare rapporti solidi e duraturi tra aziende e clienti, lo storytelling assume anche più importanza durante la fase di lead generation diventando inoltre utile a chi ha attivo un progetto CRM. L’obiettivo è creare una connessione emozionale che tocchi le giuste corde emotive dei clienti e contemporaneamente sveli cosa c’è dietro il processo produttivo, così da mostrare il volto umano dell’azienda. A questo punto possiamo approfondire la nostra analisi sullo storytelling, cos’è e come metterlo in pratica. Cos’è lo storytelling aziendale: il potere della narrazione Lo storytelling aziendale è il racconto di un brand che vuole avvicinarsi a potenziali clienti per fidelizzarli e vendere i propri prodotti o i propri servizi. Detta così può sembrare una fredda tecnica di marketing, ma in realtà lo storytelling punta tutto sull’aspetto emotivo di una storia. Tramite una storia l’azienda racconta un contenuto, ma in modo decisamente diverso e originale rispetto alla tradizionale narrazione che può essere uno spot televisivo o un banner pubblicitario. La storia deve quindi essere veritiera, reale e soprattutto coinvolgere i clienti per farli sentire parte integrante del racconto. Quando vedi un film o una serie tv tendi generalmente a provare empatia nel personaggio, fino a immedesimarti e fare il tifo per lui. Ecco, uno storytelling deve essere la stessa cosa: chi segue la storia deve identificarsi e compenetrarsi perfettamente nel personaggio, poiché evidentemente affronta le sue stesse problematiche. Ovviamente la storia si conclude con l’happy end e chi ha assistito al racconto può raccogliere utili indicazioni per soddisfare i suoi desideri o risolvere i suoi problemi, il tutto spinto da una potente onda emotiva. Prima ancora di approfondire il discorso sulla creazione di una storia, da un punto di vista emotivo e pratico, è opportuno sapere che esistono tre tipi di storytelling: Organizational storytelling. Sono storie prodotte da soggetti interni all’azienda e l’obiettivo è coinvolgere i dipendenti per farli diventare protagonisti della storia e quindi elementi essenziali di un brand; Storytelling management. I racconti interni di un’azienda coincidono con quelli esterni di clienti e prospect. L’obiettivo è gestire tanto la percezione degli utenti verso il brand, quanto la percezione dei dipendenti all’interno dell’azienda in relazione al proprio ruolo; Storytelling marketing. La narrazione di prodotti e servizi è rivolta esclusivamente verso l’esterno e si propone di coinvolgere i clienti e i prospect facendoli immedesimare nei valori e nella storia del brand, con l’intento di fidelizzarli. Perché lo storytelling aziendale è strategico? Lo storytelling aziendale è strategico soprattutto nell’ottica dell’inbound marketing, una metodologia poco invasiva che mira ad attirare i clienti con contenuti di valore ed esperienze su misura per loro. Sin da bambini ci hanno appassionato le storie, che spesso hanno una morale e ci danno lezioni di vita di cui farne tesoro. In base ad alcune storie addirittura capita di prendere decisioni o di modificare comportamenti. Questo succede perché chi racconta la storia, se lo fa nel modo giusto, entra in sintonia con chi ascolta fino a ragionare nello stesso modo. Nelle persone che si immedesimano in una storia viene sbloccato un ricordo, poiché strettamente legato ad un’esperienza personale e quindi vissuto sulla propria pelle. Un brand che riesce a creare un ponte emotivo con i suoi clienti tramite uno storytelling, avrà più possibilità di restare impresso nella loro mente. Magari il cliente si avvicina alla tua azienda per risolvere un problema o per avere qualche informazione e si ritrova in un racconto in cui si compenetra e si immedesima completamente. La storia aiuta a prendere le decisioni migliori, poiché i prospect comprendono quali conseguenze possono avere le azioni intraprese o, al contrario, quelle non intraprese. Oggi i mercati sono saturi e competitivi, perciò devi trovare una strada alternativa che ti consenta di differenziarti dalla massa e catturare l’attenzione dei clienti. Quella strada è per l’appunto lo storytelling, dove i clienti diventano i veri protagonisti. Creazione di uno storytelling aziendale: cosa fare e cosa non fare Occhio a non confondere lo storytelling con il racconto della nascita dell’azienda, il suo sviluppo, gli obiettivi conseguiti ecc. Sicuramente ci può stare un breve accenno alla storia del brand, ma non si tratta di una semplice narrazione dell’azienda dalla sua nascita fino ai giorni nostri, poiché al cliente questo aspetto interessa relativamente. Altre aziende invece puntano tutto sui numeri, cercando di stupire clienti e prospect con analisi e dettagli relativi alle vendite, ai clienti, ai fornitori ecc. Anche in questo caso una rapida occhiata sui dati ci può stare, ma i numeri sono comunque elementi freddi mentre lo storytelling punta tutto sulle emozioni. Come creare allora uno storytelling perfetto? Per prima cosa la narrazione va inserita in un contesto specifico e deve rivolgersi alle buyer personas della tua azienda. Tieni a mente una cosa importantissima: al cliente non interessa tanto come fai una cosa, ma perché la fai. Le principali multinazionali quando raccontano una storia partono sempre dal perché e solo in un secondo momento si spostano prima sul come e poi sul cosa. Questa segmentazione della comunicazione non è affatto casuale, ma segue questo schema: il perché stimola il lato emotivo del cervello, il quale risulta ricettivo dinanzi alla risoluzione di un problema o alla soddisfazione di un bisogno; il come continua ad alimentare la parte emotiva del cervello che ormai è stata stimolata; il cosa infine stuzzica la parte analitica del cervello, cioè quella più razionale che è stata preceduta dalle emozioni. Esempio di storytelling aziendale: lo schema da seguire Analizziamo adesso gli elementi principali che costituiscono una storytelling: Protagonista; Conflitto; Risoluzione. La storia va chiaramente costruita secondo i buyer personas del tuo specifico settore e deve porsi le domande che si porrebbe ognuno dei tuoi ipotetici clienti. Devi metterti nei panni dei tuoi acquirenti e capire, guardando dal loro punto di vista, quali possono essere le problematiche e le criticità da affrontare. Il cliente ha bisogno di sentirsi compreso e valorizzato e il modo migliore per riuscirci è affrontare un suo problema tipico e soprattutto spiegare come risolverlo. Tutto questo processo deve creare empatia per relazionarti perfettamente con il tuo pubblico, ma a questo punto c’è una domanda da porsi: quale persona bisogna usare durante la narrazione? La prima, la seconda o la terza? E ancora singolare o plurale? Tutto dipende da come vuoi raccontare la storia e che tipo di rapporto desideri instaurare con i tuoi clienti. Se vuoi dare un senso di autorità è preferibile la prima persona, purché il narratore abbia un volto e un nome, come l’autore di un ebook o un articolo di blog. Il protagonista della storia è chi ascolta o chi legge? In tal caso è preferibile usare la seconda persona singolare o plurale, ma è importante che tu conosca perfettamente le esigenze, i bisogni e le necessità del tuo pubblico con il quale devi avere quasi un rapporto intimo. Quando si usa invece la terza persona? Solitamente nei case-history o quando vengono interpellati direttamente clienti che raccontano la loro storia e spiegano come hanno risolto un problema. Puoi usare la persona che vuoi, l’importante è che la narrazione sia coerente e rivolta al tuo target di pubblico. Il secondo step è il conflitto, senza il quale lo storytelling sarebbe una semplice presentazione aziendale come quella proposta dai competitor. Il conflitto non necessariamente deve avere una svolta drammatica, ma rappresentare una criticità o una problematica con la quale il protagonista della storia (quindi il tuo buyer personas) deve fare i conti. Ed è qui che il pubblico viene coinvolto e stimolato poiché si sente chiamato in causa in prima persona. L’ultima componente della storytelling è infine la soluzione. I tuoi clienti si sono immedesimati nella storia poiché evidentemente si sono ritrovati in quella situazione, ma vogliono anche sapere come risolverla e come uscirne fuori. Non necessariamente deve esserci l’happy end, ma serve una call to action che stimoli l’utente a rivolgersi alla tua azienda in modo autonomo e non forzato per raccogliere ulteriori informazioni e capire come risolvere la sua problematica. Conclusioni finali Il visual storytelling aziendale comprende immagini, disegni, grafiche, animazioni o video che narrano una storia e rappresenta una delle fonti maggiormente utilizzate poiché ha un elevato impatto emotivo. Tutto però dipende dal contesto, dal pubblico a cui ti rivolgi e dal tuo settore. A seconda dei casi fonti di storytelling possono essere canali social, blog, articoli ecc. Per essere un buon narratore devi conoscere e ascoltare il tuo pubblico, così da poter catturare lead inserendoli poi nel CRM aziendale, andando poi a pianificare strategie per creare relazioni solide e durature con i tuoi clienti. Per apprendere ulteriori informazioni su come trovare contatti per la tua azienda ti basta eseguire il download della risorsa gratuita a fine articolo che ti propone come iniziare a costruire una valida strategia di lead generation. Image by Freepik
Si fa presto a dire fidelizzazione dei clienti, ma qual è la strada giusta da seguire? In realtà oggi esistono tantissime alternative e può risultare complicato individuare la soluzione più adatta. Proprio l’offerta così elevata di programmi e strumenti di fidelizzazione del cliente rischia di mandarti in confusione, in questo articolo abbiamo quindi raccolto le strategie più diffuse sul mercato, alcune tradizionali e altre più innovative. Esempi di fidelizzazione dei clienti: bonus regali e coupon sconto Partiamo da due strumenti che, pur essendo considerati tradizionali, ancora oggi sono fortemente attuali: i bonus regalo e i coupon sconto. I bonus regalo Partiamo dai bonus regali: cosa sono? Sono per l’appunto ticket che possono avere un diverso valore economico (5, 10, 50 o anche 100 euro) apprezzati per la loro flessibilità e versatilità. Per comprendere come funzionano, eccoti un rapido esempio. Il tuo amico si è appena sposato e vorresti regalargli qualcosa per la casa. Tuttavia potresti non conoscere le sue preferenze e quelle della sua compagna o non sapere qual è lo stile scelto tra le 4 mura domestiche. Potresti quindi acquistare un prodotto che non rispecchia le esigenze o le necessità del tuo amico. Risultato? Soldi sprecati e amico insoddisfatto. Puoi brillantemente e semplicemente risolvere il problema con un bonus regalo, da regalare direttamente al tuo amico in formato cartaceo o digitale. Devi solo scegliere l’importo del bonus regalo, così il tuo amico può spenderlo come meglio crede e acquistare l’articolo che desidera. In questo caso il risultato è: soldi ben spesi e amico soddisfatto. Questa soluzione in generale toglie il cliente dall’imbarazzo di fare un regalo ad una persona che non conosce benissimo. I coupon sconto Concentriamoci adesso sui coupon sconto, ottimi strumenti per fidelizzare i clienti dal momento che il negoziante emittente dà diritto al cliente di accedere ad uno sconto in un periodo ben preciso. Molti negozianti applicano generalmente i coupon sconto in periodi “morti”, dove gli acquisti sono pochi e quindi c’è bisogno di incentivarli con soluzioni “ad hoc”. In un contesto di forte crisi, i consumatori sono molto meno “fedeli” verso i brand rispetto a prima. Non si fanno quindi problemi a passare ad un brand competitor se i prezzi dei prodotti sono più bassi. Il cliente oggi segue la convenienza, quindi punta sempre al massimo risparmio senza ovviamente rinunciare alla qualità. Il coupon sconto è la soluzione ideale per negozi fisici ed ecommerce che intendono fidelizzare i clienti con tecniche efficaci. Il coupon sconto ha tanti altri nomi ed è noto anche come buono acquisto, buono sconto o voucher e consente di accedere ad interessanti sconti sull’acquisto di determinati prodotti. I coupon sconto risultato molto utili per: Articoli poco richiesti. Hai un prodotto di grande valore che costa molto e che quindi non tutti possono permettersi? Applicando i coupon sconto invoglierai i clienti ad acquistare, sfruttando l’ottimo rapporto qualità/prezzo, riducendo così le rimanenze in magazzino ed evitando il rischio di invenduto, che si traduce in perdite sostanziose; Articoli fuori stagione. I coupon sono inoltre molto utili nel caso di prodotti la cui stagionalità fa sì che si abbiano a fine periodo giacenze in magazzino di prodotti invenduti. Questo succede non solo nel settore degli alimentari ma anche in altri settori come ad esempio il settore moda. In questo caso si decide di sacrificare della marginalità sul prodotto per riuscire ad esaurire tutte le rimanenze, a volte anche avendo un margine negativo sul prodotto. Periodi meno redditizi. Come già anticipato è un’ottima idea lanciare i coupon sconto nei periodi in cui le vendite faticano a salire. Anche in questo caso si decide di sacrificare della marginalità del prodotto in favore di volumi di vendita maggiori. Questo strumento non porta a perdite, poiché incentiva il cliente ad acquistare nel negozio aumentando il tasso di fidelizzazione e riduce le scorte in magazzino. Inoltre il coupon è un’ottima soluzione anche per rilanciare e riposizionare un prodotto che ha perso un po’ di appeal e di visibilità. Come fidelizzare i clienti online con il giveaway Sei in cerca di uno strumento di fidelizzazione moderno, fresco e in grado di attrarre soprattutto il pubblico più giovane? Allora il giveaway è la soluzione ideale per te. Giveaway significa letteralmente “regalare”, anche se rispetto ai buoni regalo ha un diverso significato nell’ottica di fidelizzare i clienti. Sarebbe più corretto associare il termine al concetto di concorso a premi. Nella sostanza il giveaway è a tutti gli effetti un concorso a premi, dove i partecipanti possono vincere il premio o i premi finali. Uno strumento sempre più diffuso nell’ambito dell’inbound marketing, che punta ad attrarre il cliente in modo naturale. In pratica è il cliente che si muove verso l’azienda, e non viceversa. I giveaway sono nati da qualche anno e si sono sviluppati inizialmente presso blogger e youtuber negli Stati Uniti che hanno iniziato a proporre gadget brandizzati per aumentare l’engagement dei followers. Engagement è proprio la parola chiave strettamente legata al giveaway, che ha il compito principale di suscitare l’interesse dei followers fino a generare un entusiasmo virale sull’iniziativa. Ne trae beneficio la brand awareness del marchio, che vede aumentare il suo appeal e la sua visibilità. Gli utenti per partecipare devono svolgere poche e semplici azioni, magari condividendo il contest, commentando un post, taggando un amico o seguendo la pagina. Possiamo così riassumere i vantaggi di un giveaway: Aumento dei contatti. Tutti i concorrenti conosceranno la tua pagina e, incuriositi, potrebbero iniziare a seguirla; Pochissime spese per il brand. L’azienda deve sostenere semplicemente la spesa per il prodotto messo in palio, che porta comunque un bel po’ di contatti e di lead potenzialmente interessati; I clienti che non vincono il premio lo acquistano. I partecipanti potrebbero desiderare il premio in palio a tal punto che, anche se non lo vincono, decidono comunque di acquistarlo; Maggiore engagement. Come abbiamo spiegato un contest del genere aumenta il coinvolgimento del pubblico, un altro aspetto fondamentale per il successo del brand e soprattutto delle sue pagine social. Attirare i clienti per fidelizzarli Che sia un contest, un post sui social o una CTA devi usare il giusto copy per attirare per poi fidelizzare i clienti. Le espressioni usate devono essere tarate secondo le preferenze e le abitudini del tuo target di pubblico, quindi hai bisogno di un buon CRM (Customer Relationship Management), cioè un software che ti permette di gestire tutte le interazioni e i rapporti con i clienti potenziali e già esistenti. In questo modo puoi conoscere meglio i tuoi clienti, restare costantemente in contatto con loro e snellire i processi a beneficio della redditività e della produttività aziendale. Fatta questa premessa, ecco alcune regole d’oro che ti aiuteranno a scrivere frasi di grande impatto e accattivanti: Scrivi messaggi brevi, che vadano dritti al punto con parole capaci di suscitare subito l’interesse dell’utente; Scegli una grafica d’impatto, coinvolgente e accattivante per stimolare la curiosità dell’utente; Personalizza i tuoi messaggi, inserendo ad esempio il nome del cliente e facendo riferimento ai prodotti acquistati nelle email di ringraziamento; Inserisci un codice sconto o un regalo se lo ritieni opportuno. Gli errori da non commettere con il programma fedeltà Potresti erroneamente pensare che, una volta lanciato il tuo programma fedeltà, tutto è in discesa e, in un battito di ciglio, i tuoi contatti si moltiplicano per magia. Non è assolutamente così, la tua strategia deve essere impostata con oculatezza. Ipotizziamo che hai deciso di regalare degli sconti al raggiungimento di un certo tetto di spesa, o regalare un gadget all’acquisto di un determinato articolo. In entrambi i casi devi sceglierli con grande attenzione. Se un tuo cliente ha speso 500 euro presso il tuo negozio, non puoi certo proporgli uno sconto di 3 euro; così come se un tuo cliente fa un acquisto del valore di 100 o 200 euro, sarebbe poco apprezzabile fare un regalo di 2-3 euro. I clienti non si sentirebbero apprezzati e, quindi, potrebbero facilmente passare alla concorrenza se le loro offerte sono migliori. Un altro errore, di cui abbiamo già discusso in precedenza, è considerare “per sempre” un cliente fidelizzato. Non è così, il mercato oggi è altamente competitivo e i clienti hanno a disposizione tantissime offerte, quindi non esiterebbero a “tradirti” per lanciarsi nelle braccia di un altro brand che propone prezzi più contenuti oppure lancia sconti e iniziative più avvincenti e convenienti. Presta molta attenzione al servizio clienti, che deve essere affidabile, preciso e puntuale nelle risposte. I clienti potrebbero richiedere informazioni sui programmi fedeltà e, se il servizio di assistenza non è di qualità, rischiano di abbandonarti. Infine accertati che i programmi fedeltà siano facilmente fruibili e accessibili per i tuoi clienti che, dinanzi a troppe criticità o complessità, potrebbero decidere di non accedere ai tuoi prodotti e virare su altri brand. Conclusioni Perché fidelizzare il cliente? Perché in questo modo impedisci che ti “tradisca” con altri competitor e anche perché può diventare un tuo “ambasciatore”. Un utente che vive una felice esperienza con un marchio, indipendentemente che sia un acquisto o un programma fedeltà, è propenso a parlare bene di quel brand sia online che offline, aumentandone l’autorevolezza e l’appeal. Nel corso dell’articolo ti abbiamo consigliato di procedere all’implementazione CRM, che ti aiuta nella gestione e nel rapporto con i clienti. Per saperne di più e approfondire il discorso puoi scaricare gratis l’ebook a fondo pagina che ti spiega come utilizzare al meglio un CRM e quali sono i problemi che può risolvere nella tua azienda. Image by Freepik
Se hai intenzione di far crescere la tua azienda non puoi fare a meno dell’inbound strategy, ovvero di una strategia di inbound marketing. Si tratta appunto di una strategia finalizzata ad attrarre, convertire e fidelizzare i clienti. La parte più interessante è che, a differenza della vecchia pubblicità “fredda”, questa strategia prevede che sia il cliente a cercare l’azienda, e non viceversa. Questo non significa che l’azienda non debba interessarsi alle esigenze del suo potenziale pubblico, anzi. L’azienda però già mette a disposizione dei suoi potenziali clienti tutti gli strumenti per risolvere le loro esigenze. Si tratta di una vera rivoluzione culturale, ancor prima che strategica. Grazie alla tecnologia i brand possono offrire servizi personalizzati, creando così relazioni più umane. Può sembrare un paradosso, ma è proprio la tecnologia che “umanizza” i rapporti digitali avvicinando l’azienda ai consumatori. L’azienda può applicare indipendentemente strategie di inbound marketing b2b e b2c, in quanto si adattano perfettamente ad ogni mercato. Per le aziende diventa più facile attrarre nuovi potenziali clienti in linea con il loro target, aumentare le conversioni e le vendite e migliorare il profitto. Tramite vari step si ottimizza l’intero business. Naturalmente per raggiungere i propri obiettivi è opportuno capire qual è la strategia più adeguata, quindi approfondiamo il discorso sul concetto di inbound. Inbound: traduzione e significato Letteralmente inbound significa “in entrata” e sta a significare che è il cliente che cerca l’azienda per soddisfare i suoi bisogni. L’inbound marketing è definito anche marketing di attrazione, proprio perché mira ad attrarre e convertire i clienti su base volontaria. Il concetto di inbound marketing si diffuse negli Stati Uniti ed esplose nel 2009, grazie anche alla pubblicazione del libro “Inbound Marketing: farsi trovare utilizzando Google, social media e blog” a firma di Brian Halligan e Dharmesh Shah. Non è un caso che sia esploso in concomitanza con la digital transformation, che ha posto i servizi digitali e la cura al cliente al centro delle strategie delle aziende. Un CSM avanzato (come Hubspot CMS), un CRM perfettamente strutturato. come HubSpot CRM), piattaforme di email marketing e strumenti per la SEO sono solo alcuni degli elementi necessari per un’efficace strategia di inbound marketing. Tutte queste funzionalità vengono offerte da HubSpot, l’alleato perfetto sia per potenziare il reparto vendite sia per ottimizzare le prestazioni del servizio clienti. Per comprendere meglio il significato di inbound marketing è opportuno differenziarlo dall’outbound marketing. Inbound outbound marketing: le differenze L’inbound strategy prevede una serie di azioni mirate per attirare sul blog, sul sito o sui social un cliente che può corrispondere al proprio target. Alla base di tutto ci sono le relazioni, intessute tramite contenuti personalizzati che raccontano la storia e la mission di un’azienda. Queste azioni trasformano il brand in un punto di riferimento in un determinato settore, così da collocarsi nella mente del cliente come azienda affidabile e influenzare le sue decisioni d’acquisto. L’outbound marketing invece è una strategia decisamente più invasiva, diventata ormai obsoleta. In tal caso la comunicazione è infatti unidirezionale (dall’azienda al cliente) e si basa su messaggi invasivi inviati ad un pubblico generalizzato e non targettizzato. In pratica il tuo messaggio pubblicitario, invadente e poco pertinente, raggiunge un pubblico che molto probabilmente non è interessato ai tuoi prodotti o ai tuoi servizi. I tassi di fidelizzazione saranno quindi molto bassi e inoltre c’è il rischio che i consumatori prendano in antipatia il tuo marchio, poiché li disturba e non offre una soluzione ai loro problemi. L’obiettivo dell’inbound marketing è esattamente il contrario: raggiungere un pubblico realmente interessato ai servizi e ai prodotti offerti, indicando soluzioni efficaci e utili per risolvere un problema o soddisfare un bisogno. In tale ottica si parla di inbound organic strategy. Il traffico organico infatti fa riferimento ai visitatori che arrivano al tuo sito web o comunque alla tua azienda in seguito a risultati di ricerca organici, cioè non a pagamento. Inbound marketing: esempi di strategie L’inbound marketing può seguire strade diverse per perseguire però sempre il medesimo obiettivo: fidelizzare il cliente in modo assolutamente naturale. Tra le strategie ne possiamo individuare almeno 3: Attirare il cliente. Questa strategia si rivolge ad un determinato target di pubblico, che possiamo definire buyer persona, realmente interessato a ciò che offri. Se ad esempio vendi capi d’abbigliamento per adolescenti, le tue buyer personas saranno ragazzi dai 14 ai 18 anni. Gli articoli sul blog o i post sui media devono contenere un valore immediatamente percepibile per i tuoi potenziali clienti, che vedono in te un punto di riferimento al quale rivolgersi; Coinvolgere il cliente. Se riesci a coinvolgere il cliente non solo concluderai la vendita, ma riuscirai a fidelizzarlo. La fidelizzazione si ottiene proprio creando relazioni stabili, vendendo prima la propria professionalità e la propria consulenza, ancor prima del prodotto; Premiare il cliente. Oggi i consumatori sanno che hanno un ruolo cruciale per le aziende, anche perché hanno un’ampia gamma di scelta. Se quindi vuoi conquistare un cliente devi anche premiarlo, così da aumentare il suo livello di soddisfazione nell’ambito dell’inbound marketing. Il premio non deve essere necessariamente qualcosa di materiale. Questionari sulla soddisfazione, un servizio di assistenza inappuntabile o una risposta immediata ad una lamentela o ad una domanda possono essere considerati “premi” che favoriscono la fidelizzazione del cliente. Quali sono gli strumenti da utilizzare per mettere in atto un’efficace strategia di inbound marketing? L’inbound marketing mette a disposizione diversi strumenti che tu dovrai scegliere e utilizzare nella maniera che ritieni più opportuna per attrarre il tuo target di pubblico. Ne possiamo individuare almeno 4: Social media; Blog; CRM; Email marketing. Analizziamoli uno ad uno. I social media I social media sono strumenti irrinunciabili per qualsiasi azienda. Innanzitutto danno grande visibilità, un elemento senza il quale non vai da nessuna parte. Inoltre consentono di conoscere le esigenze, le necessità, i commenti, le lamentele e le abitudini d’acquisto dei clienti. I social media possono essere considerati come cassa di risonanza dei desideri e del livello di soddisfazione dei clienti, quindi vanno sfruttati al massimo. Sta a te decidere qual è il social più adatto al tuo mercato e al tuo pubblico di riferimento: da Facebook ad Instagram, da TikTok a LinkedIn fino ad Instagram. Il blog Il blog è un altro strumento fondamentale che favorisce il processo di coinvolgimento del pubblico, creando una sorta d'indotto positivo che si sviluppa intorno all’azienda. I contenuti possono infatti essere usati per dare informazioni utili e di qualità, come i tutorial o semplici articoli di approfondimento su un determinato settore, che rappresentano un valore aggiunto per il lettore. Con mirate strategie puoi anche migliorare il traffico e portare i tuoi articoli scritti in chiave SEO nei primi posti dei motori di ricerca. In generale il blog conferisce autorevolezza alla tua azienda, che può imporsi come un soggetto esperto del settore. Il CRM Il CRM, acronimo di Customer Relationship Management, letteralmente significa Gestione delle relazioni con i clienti e ti aiuta a tenere traccia di tutti i loro dati, dai quali estrapolare informazioni utilissime per le tue strategie future. Il CRM può raccogliere e rielaborare un quantitativo pressoché infinito di dati e informazioni, aiutandoti a sviluppare al meglio le sezioni marketing, vendite, prodotto e assistenza clienti. L’email marketing Forse è tra gli strumenti più “tradizionali”, ma l’email marketing continua ad essere una strategia efficace nell’ottica di fidelizzazione dei clienti. L’importante è inviare il contenuto giusto al momento giusto. Con i dati a tua disposizione puoi addirittura sapere quando un cliente ha bisogno di un determinato prodotto. Quello è il momento in cui puoi inviare la tua email mirata a risolvere un problema reale del cliente. Inoltre hai la certezza di inviare email ad un pubblico realmente interessato, che quindi avrà piacere a ricevere il tuo messaggio e non lo cestinerà senza neanche guardarlo. Cos’è la buyer persona Precedentemente abbiamo fatto accenno al buyer persona, sul quale vale la pena soffermarci un attimo. Il buyer persona rappresenta l’identikit del tuo cliente ideale, sul quale devi ragionare per sviluppare le tue strategie di marketing. Capire il profilo del tuo cliente è fondamentale per ottimizzare tutte le tue future azioni, riducendo al minimo il margine di errore per avere la certezza di rivolgerti ad un consumatore interessato ai tuoi prodotti. Devi raccogliere quante più informazioni possibili sul tuo cliente ideale partendo da: Dati già in possesso dell’azienda; Informazioni raccolte dal team di assistenza clienti; Interviste, questionari e ricerche specifiche. All’interno del tuo business potrebbero esserci vari settori, quindi devi imparare a segmentare i tuoi clienti per poi sviluppare eventualmente più di un buyer persona. Considerazioni finali Il marketing ormai da tempo è radicalmente cambiato e le aziende, per essere al passo coi tempi, devono aggiornarsi e adeguarsi alle nuove strategie, tra le quali spicca appunto l’inbound marketing. Impara a tessere relazioni stabili e durature con i clienti, conquistandoli e fidelizzandoli con servizi creati e studiati su misura per loro. La nostra risorsa sull’inbound marketing, presente alla fine di questo articolo, ti fornisce una serie di esempi concreti per sviluppare una comunicazione efficace e vincente.
Il problema principale legato alla trasformazione digitale della customer experience? In questo articolo analizzeremo il nodo focale che permette alle aziende di avviare un processo virtuoso, volto al cambiamento dei processi, delle metodologie e delle tecnologie che abilitano all'innovazione dei sistemi di vendita, di comunicazione e di assistenza al cliente: il dato. L'obiettivo: il dato e la conoscenza per vendere L'obiettivo di un percorso che porta l'innovazione ad essere un modello permanente di business all'interno di un'azienda è quello di costruire un asset di valore utilizzando IL DATO e rivoluzionare il modo in cui prodotti e servizi vengono pensati, sviluppati ed evoluti, attorno ai bisogni del cliente. Ha tutto a che fare con il cliente, non con il tuo prodotto. Il tuo prodotto non c'entra, c'entra solamente il motivo per cui una persona può comprarlo. Ma per conoscere i motivi bisogna conoscere le persone che acquistano. Per categorizzare e gestire queste informazioni - sapere quello che vuole il cliente, come mutano i suoi bisogni in relazione a quello che un'azienda vende - bisogna costruire un sistema di dati e che questo sia strutturato per generare questo tipo di conoscenza. Forse, alla fin fine, quando si parla di digital transformation si parla di questo, di poco più. Solo che per arrivarci, per costruire un sistema che accumula ed immagazzina dati, per poi raffinarli e lavorarli e presentarli a chi ne ha bisogno, nel giusto momento per fare il lavoro migliore, il lavoro alle spalle è difficile. Difficile perché presuppone che questo dato venga raccolto dal marketing, venga raccolto dal commerciale, venga raccolto dall'amministrazione, venga raccolto dall'assistenza al cliente... cioè da tutti quelli che hanno a che fare con il cliente, in tutte le fasi in cui ci si può relazionare con lui. Significa cambiare software: bisogna utilizzare dei software in grado di darci questi dati e di strutturali per costruire conoscenza ed azioni. Significa cambiare processi e metodi: di relazione, di inserimento, di gestione, il tutto orientato alla costruzione del dato e al suo utilizzo. Il NON SAPERE Cioè, chi è che in un'azienda si sveglia alla mattina per andare in azienda per spiegare a tutti che bisogna cambiare tutto? In primis, per farlo, ci servono due requisiti: 1- che questa persona che si dovrebbe alzare ed andare al lavoro per dire innoviamo dovrebbe SAPERE cosa significa, dovrebbe avere una visione generale dei processi marketing, commerciali e di customer support per poter interloquire con i vari responsabili, individuare criticità, problemi, opportunità ed innestare all'interno tecnologie e metodologie in grado di abilitare il cambiamento. 2- questa persona dovrebbe avere questa MANSIONE, cosa che - generalmente - non spetta a nessuno. Avendo questa mansione specifica, ovvero essere il responsabile dell'innovazione per migliorare processi per ridurre costi, difficoltà e vendere di più (grossomodo), una figura aziendale potrebbe SAPERE, perché studierebbe e si concentrerebbe sul tema. Il cambiamento non accade per caso Il cambiamento deriva da una volontà di miglioramento. Se non c'è questa volontà non ci sarà mai nessuno che SA come introdurre software, metodologie di lavoro, discutere processi... occuparsi - insomma - della Digital Transformation, semplicemente perché non è compito suo, non se ne occupa, non si sveglierà mai al mattino per andare in ufficio e mettere in discussione tutto. La volontà di cambiare in azienda può arrivare da una sola posizione: il CEO o, in aziende più padronali, dall'imprenditore. Solo il capo può scegliere di intraprendere una strada così dirompente nei processi e nelle pratiche quotidiane: il che non significa necessariamente imporre un percorso ma, più propriamente, accendere la miccia. La Digital Transformation non può funzionare se è un'imposizione, se non è una visione condivisa e se non è un percorso capito e diventato un obiettivo di tutta tutta l'azienda. Proprio perché è un percorso dirompente che cambia metodologia di lavoro, strumenti, visione... necessita di uno sforzo straordinario per uscire dal rigido schema nel quale le persone sono inquadrate all'interno dell'organizzazione. Le persone devono essere entusiaste di intraprendere un percorso che le porti a cambiare. Ma il cambiamento è difficile. Il cambiamento ha bisogno di persone preparate, di persone che abbracciano la voglia di migliorare. E questo non si fa con un'imposizione ma con la condivisione. Ecco che la digital trasformation, che deve partire dal capo, ha bisogno del supporto di tutta l'azienda se non vogliamo farla fallire, se vogliamo portare a casa il dato, la conoscenza e il miglioramento. Da dove partire Si parte dalla voglia di innovazione del boss, del capo, del manager.... da qualcuno che ha potere di vita o di morte su un'azienda o una parte di essa. Da una volontà forte di cambiare paradigma, dalla consapevolezza di si devono cambiare le fiere di settore per organizzare e raffinare i dati, che le informazioni derivanti dall'industria 4.0 devono orientare il marketing, che i dati raccolti dal marketing devono orientare le scelte di produzione, che il dato in azienda deve essere utilizzato per creare valore. Ma per fare questo bisogna cambiare tecnologie, processi e visione. Una volta che qualcuno, in capo alla lista di comando, schiaccia il bottone delle digital transformation, qualcun altro deve prendersi in carico l'onere e l'onore di procedere. Ci deve essere una figura, alle dirette dipendenze del management superiore dell'azienda, in grado trasformare in un progetto complessivo e di rompere le barriere che separano i vari silos aziendali: marketing, commerciale e servizio al cliente. Tutti i reparti che si occupano della Customer Experience devono - nella differenza del loro mansionario quotidiano - lavorare con lo stesso obiettivo, con la stessa spinta, condividere le stesse informazioni e le stesse metriche. Ma chi è in grado di avere una visione a 360° sull'intero funzionamento della macchina aziendale, avere le skill sulla comprensione del digitale e le implicazioni che l'introduzione di software hanno sui processi, chi è in grado di vedere tutto questo e far generare un valore sistematico, trasformabile in asset? Attenzione. Può essere un interno o un esterno, un consulente o un'azienda. L'importante è che sappia come si gestisce il progetto di Digital Transformation, che abbia un'esperienza pregressa in ambiti similari e che sia animato dalla stesa visione del management. L'obiettivo è portare questa visione del dato all'interno dell'azienda, occupandosi di software e metodologie per conseguire il risultato, affiancando i vari responsabili dei reparti/silos e, con loro, mettere in sub iudice tutti i modelli e le procedure consolidati per costruirne di nuovi. Tecnicamente questa figura si chiama CDO, Chief Digital Officer, e sempre più aziende si stanno dotando di un manager con questo ruolo. Il primo passo: il CRM Il primo passo, senza dubbio, è l'inserimento di un CRM in grado di controllare e gestire tutti i numeri che hanno a che fare con la costruzione del dato negli ambiti toccati dalla Digital Transformation: le vendite, il marketing e il servizio ai clienti. Un CRM che permetta di raccogliere le informazioni: sugli appuntamenti, sulle telefonate e sulle email one to one inviate; sui comportamenti delle persone in relazione al sito, ovvero le pagine viste, le call to action cliccate, le pagine non viste, i form compilati, l'origine del navigatore sui comportamenti sociali (se ci hanno dato dei click sulle pagine aziendali di Facebook o LinkedIn, per esempio) che raccolga i comportamenti dei contatti con le newsletter che inviamo (i click, le aperture) che sappia tenere traccia dei preventivi aperti, dei prodotti venduti, delle opportunità perse che raccolga tute le informazioni sull'apertura di ticket, problemi di riscontrati, chat con l'assistenza... eccetera E, che alla fine di tutto il giro del fumo, sappia/permetta di mettere in relazione questi dati costruendo liste e cluster di contatti mescolando i dati di vari genere (derivanti dai comportamenti marketing, sales, service...). Noi per fare questo abbiamo scelto HubSpot, forse il miglior software che sta alle spalle del CDO per la costruzione di un progetto di dati con la trasformazione digitale. Anche perché, oltre alla raccolta delle informazioni, permette di gestire le attività pratiche e le operations di marketing, sales e service. Partire da un progetto di implementazione con HubSpot Marketing and Sales è un buon punto di partenza per entrare in questa cultura. Attenzione: non sto parlando dell'adozione di un software, qui l'attenzione è posta sul PROGETTO PER L'ADOZIONE del CRM, che significa un percorso di analisi e di comprensione della situazione attuale (l'as is) per definire gli obiettivi del percorso (il to be) e capire, passo dopo passo, come implementarlo all'interno di una realtà aziendale. Il secondo passo: integrazioni Abbiamo scelto il CRM ma il CRM potrebbe non bastare a se stesso. Basta pensare al programma gestionale, al software per gli ordini online, ad un programma per gestire le casse fisiche nei negozi o ad un tool per la gestione degli eventi... Sono tutte potenziali fonti di informazioni che potrebbero essere utili per l'aggregazione del dato in un punto centrale, da poter utilizzare insieme ad altre per costruire cluster complessi a sempre maggior valore aggiunto. Pensiamo ad un'azienda con un reparto commerciale che utilizza il CRM per l'inserimento delle nuove opportunità e tiene traccia dalle richieste dei clienti, oltre che di tutte le comunicazioni con questi. La stessa azienda potrebbe avere anche un e-commerce per la vendita o al B2B o al cliente finale e quegli ordini andrebbero persi dalla visione globale del CRM, non essendo gestiti con un processo one to one dai venditori. L'utilità di avere all'interno del CRM anche gli ordini che avvengono sulla piattaforma online, senza mediazione, sono comunque un elemento prezioso sia per l'upselling, sia per l'assistenza al cliente. Ecco quindi che entra in gioco una parola magica, data integrazione, ovvero connettori che passano le informazioni da una applicazione all'altra (monodirezionale o bidirezionale, a seconda delle necessità), per tenere i database aggiornati dove serve. Parliamo di sviluppo di connettori per far dialogare i vari software, un progetto sempre più importante per molte aziende e che sottende uno uno dei principi ispiratori della Digital Transformation: utilizzare software snelli, facili e con compiti altamente specializzati per le varie mansioni aziendali, che dialogano con altri software pensandosi le informazioni che servono. Alla fine, che visione, avremo un Little big data basato su tutte le proprietà digitali e i vari punti di inserimento dati dell'azienda. Il terzo passo: sperimentazione Direi che non c'è molto da aggiungere, parlando in linea generale. Molto da aggiungere se entrassimo nella casistica di ogni singola azienda e processo aziendale. Il consiglio, arrivato a questo punto, è semplice: sperimentare. Fail fast, evacuate faster sul principio di introdurre piccoli progetti scalabili per validare modelli, visioni e processi. Se funziona si scala, se non funziona si molla tutto e si cambia rotta. Essere snelli, essere lean, essere veloci... anche questo significa essere digital e abbracciare questa visione di sviluppo per il business della tua azienda.
Nel mercato altamente competitivo in cui si trovano oggi le aziende, è necessario valutare le prestazioni della propria azienda per mantenere alti gli standard di qualità ed efficienza rispetto alla concorrenza. La valutazione di queste prestazioni viene effettuata tramite il tracciamento di una serie di metriche, con l’obiettivo di avere a disposizione dei dati su cui basare le proprie strategie di business. L’utilizzo di questi indicatori, infatti, offre importanti vantaggi, quali: la capacità di evidenziare punti di forza e di debolezza dei processi interni in un’ottica di miglioramento continuo una efficiente allocazione del budget di Marketing una visione più chiara dell’efficacia delle strategie adottate. Il numero di metriche tracciabili è decisamente elevato, tuttavia, per garantire il successo della pianificazione strategica, è importante trovare il giusto bilanciamento tra quantità di dati e qualità di informazione. Per giudicare le prestazioni del Marketing, le metriche indispensabili sono tre: il Customer Acquisition Cost (CAC) il Customer Lifetime Value (CLV) il Return On Advertising Spend (ROAS) Le prime due si concentrano sul rendimento generale dell’azienda, mentre l’ultima si focalizza esclusivamente sulle performance delle campagne pubblicitarie. Vediamole singolarmente. 1. Customer Acquisition Cost (CAC) Il Customer Acquisition Cost (CAC) rappresenta l’investimento effettuato da un’azienda, dalle ricerche di mercato alla vendita del prodotto o servizio, per acquisire un nuovo cliente. Esso viene misurato dividendo la totalità delle spese di Marketing e Sales per il numero di nuovi clienti acquisiti in un determinato periodo di tempo. Il calcolo del Customer Acquisition Cost sembra quindi essere piuttosto agevole, tuttavia, al fine di effettuare una corretta valutazione di questo indicatore, sono presenti due aspetti fondamentali da tenere in considerazione: le componenti della spesa sostenuta l’intervallo temporale richiesto per osservare l’effetto dell’investimento In primis, è necessario considerare tutti i fattori che contribuiscono alla spesa totale: salari dei dipendenti, spese pubblicitarie, costi degli strumenti tecnologici e costi generali associati al processo di acquisizione di nuovi clienti. In seguito, bisogna valutare il tempo medio che intercorre tra il primo contatto del consumatore con l’azienda e il momento in cui questi diventa effettivamente un cliente. Questo verrà utilizzato per far slittare il calcolo del numero di nuovi clienti acquisiti alla data di manifestazione degli effetti dell’investimento. Ad esempio, avendo un tempo di conversione medio di 90 giorni, per calcolare il CAC relativo ad un investimento effettuato a febbraio è necessario considerare il numero di clienti acquisiti tre mesi dopo, cioè a maggio. Definire un valore target generico del Customer Acquisition Cost è praticamente impossibile, poiché esso può variare notevolmente a seconda del settore di appartenenza dell’azienda. La pratica consigliata consiste quindi nel fare riferimento ai benchmark specifici di ciascun settore. La capacità di ridurre il costo per acquisire nuovi clienti impatta positivamente sui profitti aziendali e, inoltre, rappresenta un chiaro segnale dell’efficacia dei processi interni di Marketing e Sales. I migliori modi per conseguire questo obiettivo comprendono: l’investimento in ottimizzazione dei tassi di conversione la distribuzione di valore aggiunto ai clienti durante il loro intero percorso di acquisto l’implementazione di strategie di Customer Relationship Management Perché tracciare il CAC L’importanza del tracciamento del Customer Acquisition Cost viene giustificata da tre ragioni principali: Maggiore efficienza: analizzando le prestazioni di ogni campagna e confrontando i valori che assume il CAC nel tempo, si evidenzia la differenza di efficienza tra i processi interni, in modo da selezionarne solo i migliori per favorire il successo dell’azienda. Migliore allocazione del budget: conoscere il costo per acquisire un singolo cliente fornisce una visione più definita dei costi futuri che l’azienda dovrà sostenere, facilitando la corretta allocazione del budget per acquisire il numero di nuovi clienti prestabilito dagli obiettivi strategici. Valutazione della profittabilità del business: è necessario avere una chiara panoramica dei costi sostenuti, in modo da poterli confrontare con i ricavi per definire accuratamente la profittabilità del business. 2. Customer Lifetime Value (CLV) Il Customer Lifetime Value (CLV) è una metrica che indica il valore totale che un’azienda prevede di ricavare da un singolo cliente lungo l’intera durata della relazione commerciale con esso. La valutazione del CLV può essere piuttosto complessa e sono presenti diversi modelli in funzione di questo scopo, tuttavia la formula che meglio comprende sia facilità di comprensione che accuratezza nel calcolo è la seguente: Dove, nello specifico: “Average Purchase Value” è il valore medio di un singolo acquisto, calcolato dividendo i ricavi per il numero totale di acquisti avvenuti nel periodo temporale considerato. “Average Purchase Frequency Rate” è la frequenza media di acquisto, derivata dal rapporto tra il numero di acquisti e il numero di clienti, in riferimento allo stesso intervallo di tempo. “Average Customer Lifespan” è il numero medio di periodi che corrisponde alla durata della relazione commerciale tra azienda e cliente. Per avere una stima precisa di questi parametri e garantire affidabilità nel tempo, è necessario che l’azienda sia dotata di un database in grado di raccogliere le informazioni sui clienti e mantenere lo storico dei loro acquisti. Inoltre, un software ben strutturato può calcolare automaticamente questi valori e, di conseguenza, l’ammontare del Customer Lifetime Value. È evidente che le aziende mirino ad ottenere il massimo CLV possibile, quindi per ottenere un incremento del valore di questo indicatore si focalizzano su due aspetti: la soddisfazione dei clienti la fidelizzazione di essi L’obiettivo è di incentivare i clienti ad effettuare ulteriori acquisti nel tempo dallo stesso brand. A giustificare l’efficacia di questa strategia, gli studi hanno dimostrato che i clienti fidelizzati spendono, in media, il 67% in più rispetto a quelli che effettuano il loro primo acquisto presso un’azienda. Perché tracciare il CLV Il Customer Lifetime Value è una metrica fondamentale poiché consente alle aziende di: Stimare i futuri ricavi: una corretta valutazione del CLV si traduce in una stima più precisa degli introiti futuri, favorendo una definizione realistica degli obiettivi e delle strategie di business, tra cui la determinazione del budget da investire in campagne pubblicitarie. Identificare i clienti più profittevoli: suddividere i clienti in base al valore che possono offrire all’azienda permette di personalizzare le modalità di interazione con essi per aumentare l’efficacia della comunicazione e concentrare le proprie forze su quelli più fedeli. Mantenere l’attenzione sui clienti: il semplice fatto di utilizzare questo indicatore “costringe” le aziende a focalizzarsi sulla propria capacità di fornire un’ottima customer experience, con lo scopo di fidelizzare i clienti e spingerli a spendere di più. Il rapporto CLV : CAC Combinando il Customer Lifetime Value e il Customer Acquisition Cost è possibile derivare una metrica fondamentale per qualunque azienda: il “CLV to CAC ratio”. Ciò permette di confrontare il valore generato da un cliente con il costo richiesto per acquisirlo, ottenendo così un indicatore del margine ricavato. In questo modo, si ha una migliore comprensione della qualità dei processi di Marketing e Sales per valutare lo stato di salute dell’intera azienda. Ovviamente, per poter effettuare il confronto è necessario che il CAC e il CLV siano misurati in riferimento allo stesso periodo temporale. 3. Return On Advertising Spend (ROAS) Il Return On Advertising Spend (ROAS) è un indicatore utilizzato nel Marketing (principalmente nell’e-commerce) per valutare l’efficienza delle campagne pubblicitarie. Per calcolare il ROAS si misurano i ricavi che un’azienda genera in rapporto alla spesa sostenuta in campagne pubblicitarie. Il risultato viene solitamente mantenuto come rapporto per evidenziare il legame tra i due fattori. Per evitare distorsioni nel calcolo, è importante considerare la totalità dei costi delle campagne pubblicitarie, facendo però attenzione a non includere costi di altra provenienza. Siccome, nel calcolo del ROAS, non viene considerata una parte dei costi che sostiene l’azienda e che andrebbe quindi a erodere il ritorno economico, tipicamente si considera positivo un ROAS di 3:1 o superiore. Anche in questo caso, però, il valore ideale è influenzato dal settore e dalle dimensioni del business, quindi è sempre opportuno utilizzare come benchmark aziende simili alla propria. L’utilizzo di questa metrica può essere duplice: è possibile calcolare il ROAS generale oppure quello specifico di ogni singola campagna pubblicitaria. Per incrementare il valore del ROAS si possono ottimizzare i tassi di conversione oppure ridurre i costi delle campagne pubblicitarie. Perché tracciare il ROAS Il Return On Advertising Spend viene tracciato per un unico, ma fondamentale, motivo: valutare l’efficacia della strategia di Marketing. Esso, infatti, permette di rilevare il successo di ogni singola campagna pubblicitaria, così come le difficoltà su cui agire per renderla più efficiente o, in alternativa, abbandonarla. Questo procedimento viene ripetuto per osservare l’evoluzione delle prestazioni nel tempo. L’unione di tutte le informazioni sulle singole campagne consente all’azienda di evidenziare le best practices, da riproporre nelle campagne future, e individuare i migliori canali di comunicazione per assegnarne un budget superiore. In questo modo, è possibile raffinare continuamente le strategie di Marketing per incrementare di pari passo l’efficienza aziendale. Conclusioni Il calcolo di queste metriche è vitale per ogni azienda poiché permette di misurare il successo delle strategie di marketing, sia nel breve che nel lungo periodo. Per evitare valutazioni errate che possono compromettere enormemente la bontà delle scelte strategiche, è opportuno selezionare solamente le metriche inerenti agli obiettivi prefissati e, soprattutto, riunirle in un unico luogo per avere un resoconto globale delle prestazioni aziendali. Tracciare queste metriche non garantisce il successo della tua azienda, ma ha il pregio di fornirti delle linee guida da seguire per raggiungere i tuoi obiettivi con maggiore semplicità.
L’evoluzione del comportamento dei consumatori ha reso obsolete le vecchie strategie di marketing, le quali si sono dovute adattare per continuare ad avere un impatto positivo sulla audience, potendo così attrarre nuovi clienti e mantenere quelli già esistenti. I clienti attuali, infatti, sono molto più informati sulle caratteristiche dei prodotti e sulle possibili alternative, conoscono cosa vogliono e non si accontentano facilmente. Ma l’aspetto che più influisce oggigiorno sul successo del business è il grado di soddisfazione dei clienti in relazione all’esperienza di acquisto avuta con l’azienda. Ciò cambia il rapporto di potere tra imprese e consumatori, poiché anche il miglior prodotto sul mercato potrebbe non essere venduto nel caso manchi una solida relazione tra le due parti. Per venire in contro alle esigenze dei consumatori, è necessario che le aziende adottino un approccio personalizzato per interagire con ognuno essi, con l’obiettivo di fornire la migliore customer experience possibile. Per raggiungere questo scopo, è fondamentale possedere informazioni sufficienti per delineare con precisione i profili dei consumatori e pianificare così le esatte azioni da intraprendere. Tuttavia, con la crescita del business diventa sempre più complicato gestire la mole di dati relativi ad ogni singolo contatto. Per questo motivo, le aziende hanno sviluppato una strategia di CRM, ovvero Customer Relationship Management. Cos’è il CRM Cos'è il CRM? CRM è l’acronimo di Customer Relationship Management e rappresenta l’insieme di strategie messe in atto dall’azienda per gestire efficacemente le interazioni che sostiene con tutti i suoi contatti. L’idea è di porre al centro del business il cliente e non il prodotto, per garantire un elevato livello di Customer Satisfaction e poter così fidelizzare un maggior numero di clienti. A causa dell’elevato numero di dati da gestire, queste strategie si avvalgono dell’utilizzo di un software CRM per raccogliere ed elaborare in un unico database le informazioni derivanti da diverse fonti, relative ai comportamenti di acquisto e di consumo della clientela, ai dati di contatto e quelli demografici, agli storici delle conversazioni e degli acquisti. Le informazioni immagazzinate nel CRM sono accessibili ad ogni reparto aziendale, di conseguenza si favoriscono la cooperazione interna e un aumento della produttività. La condivisione dei dati consente infatti di migliorare la comunicazione sia interna che esterna, facilitando la creazione contenuti adatti alle preferenze dei consumatori per rendere più efficaci le campagne di marketing. Grazie al database centralizzato e unico, ogni reparto è in grado di consultare rapidamente le informazioni a disposizione, qualsiasi sia la necessità del momento, aumentando così l’efficienza operativa. Il software CRM consente inoltre di suddividere i contatti a seconda delle esigenze dell’azienda per selezionare le migliori modalità di interazione con essi e rafforzare la relazione di fiducia. Benefici del CRM Le piattaforme di CRM si sono evolute nel tempo, diventando uno strumento fondamentale a supporto delle vendite e della pianificazione delle strategie di marketing. I benefici che si possono ottenere dal loro utilizzo sono: Conoscere i consumatori; Marketing mirato tramite segmentazione dei contatti; Favorire l’allineamento tra i reparti; Automazione dei processi. Vediamo maggiormente nel dettaglio ciascuno di essi, giustificando l’importanza di questi software per ogni business. Conoscere i consumatori Raccogliere tutte le informazioni sui contatti e le interazioni che l’azienda ha avuto con essi in un database centralizzato per poterli analizzare in aggregato fornisce una visione globale del comportamento dei consumatori. In questo modo, è possibile identificarne le preferenze e selezionare le azioni più appropriate per interagire con ognuno di essi, accompagnandoli nel loro percorso d’acquisto in maniera utile ed efficace. Infatti, ogni azione compiuta da un contatto (e tracciata dall’azienda) rappresenta un’occasione per accrescere la comprensione dei consumatori, che con l’evoluzione del business, e conseguentemente del database, diventa sempre più completa e accurata. La conoscenza dei consumatori è una delle risorse più importanti di un’azienda per migliorare i propri processi di marketing e sales nell’ottica di sviluppo del business. Essa, infatti, offre vantaggi quali: Ottimizzazione delle campagne di marketing: analizzando le performance delle campagne precedenti si identificano i messaggi che hanno avuto un forte impatto sull’audience e quali invece non sono risultati particolarmente efficaci. L’azienda può così imparare dalle proprie esperienze, modificando le strategie di comunicazione per raggiungere nuovi potenziali clienti e, in generale, interagire con i contatti con maggior efficienza e rilevanza. Capacità di anticipare i bisogni dei consumatori: la grande quantità di informazioni sui contatti aziendali e gli storici degli acquisti forniscono una panoramica sull’evoluzione del comportamento dei consumatori, facilitando la previsione delle loro future necessità. In questo modo, l’azienda può avere un atteggiamento proattivo e offrire al mercato i prodotti giusti nel momento più idoneo. Miglioramento di prodotti e servizi: la raccolta dei feedback espressi dai clienti ai diversi reparti aziendali permette di monitorare il loro grado di soddisfazione, evidenziando i punti di forza e di debolezza dei prodotti e del servizio offerti. Diventa quindi possibile effettuare delle modifiche per soddisfare le aspettative dei clienti e favorirne la fidelizzazione. Marketing mirato tramite segmentazione dei contatti L’evoluzione del comportamento dei consumatori ha forzato un cambiamento anche nelle modalità di comunicazione delle aziende, le quali non possono più interagire con tutti i loro contatti allo stesso modo e sono quindi costrette a personalizzare il proprio approccio per suscitare un maggior interesse nella propria audience. In soccorso delle aziende entrano in gioco i software CRM, che permettono di suddividere i contatti in base ai dati che sono stati raccolti su di loro nel tempo. La segmentazione può seguire diversi criteri, quindi l’azienda è libera di effettuare una scelta a seconda delle proprie esigenze. Questo procedimento è fondamentale per la strategia di marketing, poiché consente di diversificare la comunicazione verso gruppi di consumatori ben definiti, creando delle campagne di marketing mirate e personalizzate. Più sono dettagliate le informazioni sui contatti e più è facile selezionare i contenuti adatti ad ogni segmento della clientela. Così facendo, si ottiene un maggior coinvolgimento della audience, aumentando così la probabilità di concludere la vendita e rendendo più efficiente l’intero processo di acquisizione di nuovi clienti. Inoltre, la suddivisione dei contatti è utile per definire l’allocazione del budget alle diverse campagne, in modo che la maggior quantità di fondi sia destinata a quelle indirizzate ai clienti che offrono un maggior valore all’azienda, con l’obiettivo di rafforzare la relazione commerciale con essi. Favorire l’allineamento tra i reparti Il software CRM raccoglie tutti i dati derivanti dai reparti di marketing, sales e customer service in un database centralizzato, formando così una fonte di informazioni unica e condivisa all’interno dell’azienda. Il database è consultabile in qualunque momento da qualsiasi team, quindi ognuno è a conoscenza di tutte le interazioni avvenute con i singoli contatti. Come conseguenza, viene assicurata la coerenza nella comunicazione esterna, favorendo la costruzione di una solida reputazione del brand. Lavorando sugli stessi dati, tutti i reparti hanno una chiara visibilità dello stato dei contatti, e in particolare del progresso dei lead nel percorso d’acquisto: la capacità di classificare univocamente i prospetti rimuove la discrezionalità e le incomprensioni tra i reparti, identificando le azioni da compiere per aumentare la probabilità di chiudere le vendite. Le precedenti considerazioni portano alla condivisione di obiettivi tra i reparti a contatto con i clienti e, quindi, ad un loro maggiore allineamento. Automazione dei processi L’utilizzo di strumenti tecnologici quali i software di CRM consente di automatizzare una serie di processi ripetitivi per aumentare la produttività dell’azienda e renderla quindi più efficiente. Tra le operazioni coinvolte, si evidenziano: l’analisi delle prestazioni del business e successiva reportistica, la classificazione dei contatti, l’invio di e-mail per campagne di lead nurturing, l’utilizzo di chatbot per rispondere tempestivamente alle domande dei clienti. Il tempo risparmiato può essere dedicato alla creazione di campagne di marketing più accurate finalizzate a catturare maggiormente l’attenzione dell’audience o, più in generale, ad attività a contatto diretto con i clienti per migliorare la qualità e l’efficacia del servizio offerto. L’automazione dei software CRM si rivela quindi critica per la crescita del business e delle relazioni con i clienti, offrendo all’azienda un vantaggio sulla competizione. Risultato: Migliore Customer Experience La combinazione dei benefici offerti dall’utilizzo dei software di Customer Relationship Management consente alle aziende di conseguire il vantaggio più importante nei mercati moderni: garantire ai propri clienti una migliore customer experience. Questo risultato può essere raggiunto solamente se si hanno a disposizione sufficienti informazioni sui clienti per delinearne le necessità, le preferenze e le abitudini di acquisto, in modo da adattare la strategia aziendale alle aspettative dei consumatori, personalizzando la propria offerta per fornire loro esattamente ciò che vogliono. Un’elevata soddisfazione dei clienti è imprescindibile, poiché può essere il fattore determinante sia per la chiusura della prima vendita con un cliente, sia in prospettiva per la fidelizzazione dello stesso e per la promozione del brand che ne deriva. Con questo proposito, i software CRM permettono all’azienda di ottimizzare le interazioni con i propri contatti e di offrire loro un supporto rapido, personalizzato ed efficacie per rafforzare continuamente le relazioni commerciali con essi. Conclusioni Focalizzando la propria attenzione sui clienti, le strategie di Customer Relationship Management consentono all’azienda di interagire con maggior efficacia con essi e offrire loro prodotti e servizi che garantiscano una migliore customer experience. Ciò è possibile grazie all’utilizzo di software in grado di gestire la totalità delle informazioni sui contatti raccolte da tutti i reparti aziendali. L’aggregazione e la successiva analisi di questi dati, permette all’azienda di approfondire la propria conoscenza dei consumatori e, di conseguenza, personalizzare le campagne di marketing per ottenere il massimo impatto su di essi. Le piattaforme di CRM rappresentano un fattore sempre più discriminante per il successo del business, qualunque sia la sua dimensione o il settore di appartenenza, poiché offrono la possibilità di differenziarsi dai concorrenti sul mercato e ottenere un vantaggio strategico. L’obiettivo finale per ogni azienda resta sempre lo stesso: aumentare i ricavi. Con un'efficace strategia di Customer Relationship Management si ottengono una maggiore efficienza, un elevato tasso di fidelizzazione dei clienti e una maggiore attrattività del brand, compiendo così un grande passo verso il successo. Vorresti scoprire come favorire l'allineamento tra i reparti marketing & sales? Allora scarica il nostro e-book gratuito! Image by vectorpouch on Freepik
Il funnel di vendita è stato il metodo più utilizzato dalle aziende per rappresentare il processo di acquisizione di nuovi clienti, secondo cui i visitatori entrano “dalla cima dell’imbuto” e ne escono dal fondo nel momento in cui completano l’acquisto. Il sistema ha effettivamente funzionato bene nel corso degli anni, tuttavia di recente ha incontrato molti problemi nell’adattarsi al comportamento mutevole dei consumatori. Essi, infatti, svolgono ricerche sul prodotto, sono più informati e hanno delle aspettative sempre maggiori, soprattutto per quanto riguarda l’esperienza di acquisto. Potrebbe sembrare che l’unica conseguenza, seppur preoccupante, sia una diminuzione dei tassi di conversione, ma ciò che impatta maggiormente sul successo dell’azienda è l’opinione negativa che questo modello suscita nei clienti e la successiva condivisione con i conoscenti e sui canali online. Infatti, i feedback in rete influiscono enormemente sulla qualità del prodotto e sulla reputazione aziendale percepite dai consumatori. Come conferma una ricerca svolta da HubSpot, l’81% degli intervistati si fida maggiormente dei consigli dei conoscenti che dei messaggi delle aziende. Il difetto del funnel di vendita consiste nel considerare i clienti come un elemento passivo, senza tener conto del potere che essi possiedono nello sviluppo potenziale del business aziendale: un cliente soddisfatto, tramite il passaparola, favorisce l’ingresso di altri potenziali clienti nell’orbita dell’azienda. Per ovviare a queste problematiche e al conseguente disallineamento tra clienti e azienda, HubSpot ha proposto un nuovo modello: il “flywheel” (letteralmente, volano). Flywheel: cos’è e come funziona Il flywheel è un modello sviluppato da HubSpot per spiegare come una positiva customer experience impatti sulla crescita dell’azienda attraverso un incremento dei referral e un’ottimizzazione delle vendite. Si richiama il concetto di volano, cioè un elemento meccanico paragonabile ad una ruota ad elevata efficienza in grado di immagazzinare energia rotazionale. Seguendo questa analogia, è possibile identificare tre caratteristiche che influiscono sulla quantità di energia accumulata: Velocità di rotazione: proporzionale allo sforzo compiuto dall’azienda per raffinare i propri processi interni e le strategie di lead generation, con l’obiettivo di migliorare la customer experience. Forza di attrito: costituita dagli elementi che compromettono una esperienza positiva del cliente durante il processo di acquisto, dovuta principalmente alla discontinuità percepita a causa della mancanza di allineamento tra i reparti a contatto con il cliente (marketing, sales, service). Dimensioni: più è grande la ruota, e quindi il business aziendale, maggiore è il numero di promoters che il processo è riuscito a generare. Questi conferiscono ulteriore forza per velocizzare la rotazione del flywheel. L’incremento dell’energia accumulata dal flywheel corrisponde ad una crescita aziendale, di conseguenza il successo di un’azienda dipende da come essa è in grado di modificare le proprie strategie di business in considerazione di questi tre elementi. La chiave del modello flywheel consiste nel focalizzare gli sforzi di tutti i reparti sul miglioramento della customer experience, dal momento in cui il consumatore entra in contatto con l’azienda fino alla post-vendita. In questo modo, si genera un rapporto di fiducia che incentiva il cliente a promuovere il brand e lo invoglia ad effettuare un ulteriore acquisto, continuando ad apportare energia al sistema senza che sia necessario un particolare investimento. Le persone sono quindi al centro del flywheel, mentre i team di marketing, sales e customer service lavorano in sinergia per poterli soddisfare. Sfortunatamente, non tutte le ciambelle escono con il buco: è possibile che ci siano dei clienti insoddisfatti e che quindi producano attrito contrario alla velocità di rotazione, rallentando la crescita dell’azienda. È importante che questi non vengano ignorati e che si facciano tutti gli sforzi per migliorare la loro esperienza, riducendone il più possibile il malcontento. Entriamo ora maggiormente nel dettaglio sul funzionamento del modello flywheel. Si evidenziano tre fasi principali: Attract, Engage e Delight. Modello Flywheel di HubSpot Attract: attrarre verso l’azienda (principalmente sulla pagina web aziendale) visitatori nuovi e qualificati, fornendo loro dei contenuti specifici e utili per rispondere alle loro domande e risolvere i loro problemi. Lo scopo è di suscitare interesse nel consumatore per invogliarlo a conoscere meglio l’azienda, senza però esercitare pressioni su di esso. Engage: stabilire una relazione solida e duratura con i prospetti qualificati che permetta di far emergere le loro esigenze, problemi e motivazioni, così che l’azienda possa creare contenuti personalizzati per risolverne le difficoltà e generare fiducia nel cliente. Questa relazione positiva rende i lead più propensi a rivolgersi all’azienda e non ai competitor nel momento in cui saranno pronti all’acquisto. Delight: continuare a supportare i clienti anche dopo la vendita, fornendo loro un servizio di alta qualità e contenuti aggiuntivi per migliorare la loro customer experience. Ciò aumenta la probabilità che essi condividano la loro esperienza con altri consumatori, diventando sostenitori della crescita dell’azienda. Ogni fase del flywheel è associata ad un diverso stadio del processo di vendita, ma tutte sono incentrate sull’aiutare i prospetti a raggiungere i loro obiettivi. Siccome un cliente felice genera energia per il volano, il suo successo corrisponde al successo dell’azienda. Differenze tra funnel e flywheel Vediamo ora le principali differenze tra i modelli funnel e flywheel per comprendere meglio perché si è resa necessaria questa evoluzione e come quest’ultimo prevalga sul primo. Linearità vs. Circolarità: il funnel è puramente un meccanismo di conversione dei lead in clienti, con l’unico obiettivo di generare un maggior numero di vendite. I clienti sono considerati un output, un risultato della strategia aziendale, quindi una volta terminato il loro percorso con l’acquisto del prodotto/servizio non hanno nessuna influenza sul resto del funnel. Nel flywheel, i clienti sono il centro del sistema e rappresentano un input di energia per favorire la crescita dell’azienda, quindi l’intento è di stabilire con loro una relazione a lungo termine. La spinta dovuta ad una vendita non si esaurisce nel momento in cui i clienti concludono l’acquisto, ma rimane in circolo grazie alla fidelizzazione di essi e alla promozione del brand che ne deriva. Divisione vs. Coesione: il funnel prevede una chiara suddivisione di compiti e responsabilità tra i reparti di marketing, sales e customer service, generando diversità di obiettivi e complicando la comunicazione interna all’azienda. Queste discontinuità sono percepite dai clienti e si riflettono in una scadente customer experience, creando attrito che rallenta la crescita del business. Il flywheel rimuove queste barriere per incentivare l’allineamento tra i tre team, in modo che essi cooperino per raggiungere un unico obiettivo: soddisfare il cliente. Ogni gruppo ha diverse competenze, ma ciascuno fornisce il proprio apporto per garantire la massima qualità del servizio. Awareness vs. Delight: nel funnel, gran parte degli investimenti sono dedicati a campagne pubblicitarie che mirano a creare consapevolezza del prodotto nei consumatori per attrarne il maggior numero verso l’azienda. La relazione però termina nel momento dell’acquisto e tutti gli sforzi compiuti per “nutrire” il cliente vanno persi. Nel flywheel, l’obiettivo è di deliziare i clienti offrendo una migliore customer experience, quindi ci si concentra sul soddisfare le loro esigenze. La comunicazione rimane aperta anche dopo la vendita per continuare a supportare i clienti e mantenerli nel sistema. Integrazione dei due modelli Da ciò che è stato detto finora è evidente che il flywheel sia il modello più appropriato per rappresentare la totalità delle forze che influiscono sulla crescita aziendale. Il funnel però può ancora fornire il proprio apporto, quindi, invece di sostituire un modello con l’altro, la scelta migliore è di integrarli. Il funnel rimane incentrato sull’incremento dei ricavi, curandosi dell’efficacia dei processi interni dell’azienda. Questo modello permette di avere una chiara visione di tutti gli step che compiono i prospetti, consentendo all’azienda di selezionare le azioni migliori da intraprendere per ciascuno di essi. Si analizzano i tassi di conversione tra gli stadi del processo di acquisizione clienti per identificare eventuali criticità e per adottare le relative contromisure. Il flywheel si focalizza sui clienti stessi, aiutandoli a raggiungere i loro obiettivi per far sì che siano talmente entusiasti della loro relazione con l’azienda da diventarne promotori. Per soddisfare i clienti è imperativo che non siano presenti discontinuità nel percorso, quindi il modello incentiva l’allineamento di marketing, sales (questi due settori vengono inoltre uniti nel concetto di s-marketing) e customer service. L’integrazione dei due modelli consente all’azienda di prestare l’adeguata attenzione sia al raggiungimento dei suoi obiettivi che all’esperienza dei clienti in un’ottica di lungo periodo. Conclusioni I consumatori moderni hanno il pieno controllo sul processo di vendita: effettuano le decisioni di acquisto tramite le informazioni che raccolgono per conto loro e non si concentrano più solamente sui messaggi delle aziende. Diventano quindi fondamentali il passaparola e i consigli dei conoscenti, che rappresentano una fonte esterna credibile per valutare la qualità delle aziende. Il modello di marketing che più si adatta ai comportamenti dei consumatori è il flywheel: una ruota ad alta efficienza che immagazzina energia e che rappresenta la crescita dell’azienda, dove il fulcro sono i clienti stessi. L’energia viene immessa nel sistema grazie alla promozione del brand da parte dei clienti soddisfatti, quindi il compito dei reparti di marketing, sales e customer service è di cooperare per minimizzare l’attrito e fornire la migliore customer experience possibile. Il flywheel permette all’azienda di considerare l’influenza dei consumatori sulla crescita del business, in modo che questa abbia una visione più globale per raffinare le proprie strategie e massimizzare il ritorno economico. Inoltre, assicura un allineamento interno verso lo stesso obiettivo: fornire un’esperienza positiva ai clienti per continuare a far girare la ruota. In fin dei conti, le aziende che si affidano al modello flywheel hanno un bel vantaggio rispetto alle altre: non sono le sole a contribuire alla loro crescita, ma hanno il supporto di tutti i loro clienti. Vorresti scoprire come aumentare i ricavi della tua azienda grazie alla collaborazione tra Sales & Marketing? Allora scarica il nostro e-book gratuito!
In un contesto di mercato in costante evoluzione e sempre più competitivo, è richiesto alle aziende di identificare delle contromisure per non ritrovarsi schiacciate dalla concorrenza. Una possibilità è rappresentata dall’allineamento tra sales e marketing: una strategia aziendale che consiste nell’integrazione dei processi dei due reparti, tramite l'utilizzo di strumenti condivisi e processi data-driven, con l’obiettivo di incrementare il fatturato e migliorare la customer experience. La collaborazione tra questi due team storicamente in conflitto tra loro, porta a dei grandi, e forse inaspettati, benefici che consentono all’azienda di essere un passo avanti rispetto ai competitors e ne favoriscono il successo a lungo termine. Le performance di sales e marketing sono, infatti, migliori nel caso essi cooperino nel guidare i clienti lungo il loro percorso, dal momento del primo contatto con l’azienda, fino all’acquisto e al successivo rafforzamento della relazione commerciale. Quali sono, quindi, i principali vantaggi che scaturiscono dall’allineamento tra sales e marketing e che garantiscono questi eccellenti risultati economici? Capire i clienti Ogni azienda che voglia avere successo, deve assicurarsi di fornire ai propri clienti la migliore customer experience possibile; ma come sarebbe possibile raggiungere tale obiettivo senza avere una completa comprensione dei bisogni e comportamenti dei consumatori? Fortunatamente, questo è proprio uno dei vantaggi offerti dalla collaborazione tra sales e marketing. I due reparti interagiscono con i clienti in situazioni e modi diversi, quindi ottengono diverse informazioni su di essi: il marketing ha una visione più completa del comportamento dei consumatori, mentre il sales ha una migliore conoscenza personale di essi, grazie al contatto diretto. La condivisione e l’unione dei dati ricavati dai due gruppi, permette loro di ottenere una migliore comprensione dei consumatori, favorendo così la creazione di buyer persona più accurati. Come diretta conseguenza, diventa più facile: instaurare una comunicazione efficacie; selezionare i contenuti più adatti per ogni potenziale cliente durante l’intero processo di acquisto; rendere fluido il passaggio di consegna da marketing a sales. Il punto di arrivo? Clienti felici e fidelizzati all’azienda. Lead più qualificati Le aziende caratterizzate da un corretto allineamento tra i reparti di sales e marketing favoriscono la comunicazione interna con l’intento di avere una visione d’insieme dell’intero processo di acquisizione dei clienti. Ciò permette di risolvere l’elemento di maggior conflitto tra i team di sales e marketing: la qualifica dei lead. Si evitano così tipici problemi quali: l’impossibilità di identificare le responsabilità di un mancato raggiungimento degli obiettivi; il sacrificio della qualità dei lead a favore della quantità. La collaborazione tra i due dipartimenti consente di concordare i parametri che definiscono “qualificato” un lead, in modo che ogni gruppo abbia delle chiare indicazioni da seguire nel processo di lead generation. Il reparto del sales si ritrova quindi a gestire esattamente i contatti con cui vorrebbe interagire e può concentrare i propri sforzi esclusivamente su di essi, migliorando l’efficienza e diminuendo i tempi di risposta; il team marketing, invece, può focalizzarsi sulla creazione dei contenuti migliori per ciascun prospetto. Viene inoltre strutturato un flusso bidirezionale dei lead che consente di riassegnare al team marketing quelli che non si dimostrano pienamente pronti a procedere con l’acquisto, riprendendo così il processo di nurturing senza abbandonare definitivamente dei potenziali clienti. Se ti interessa una descrizione più dettagliata di come sono qualificati i lead, visita il nostro articolo “Classificare i contatti nel processo di vendita”. Gestione dei feedback Avere una solida relazione tra i reparti di sales e marketing garantisce una comunicazione fluida e continua tra di essi, consentendo ad entrambi i team di essere costantemente aggiornati sui reciproci progressi e sulle eventuali problematiche. Ogni dipartimento può inoltre fornire all’altro utili suggerimenti per migliorare l’intero processo di acquisizione dei clienti, grazie alla condivisione dei feedback ricevuti dai contatti con cui interagisce. Si evidenziano così i punti deboli e i punti di forza, in modo che sia possibile modificare le strategie aziendali per relazionarsi al meglio con la propria audience. La raccolta e la successiva elaborazione dei feedback viene ulteriormente facilitata dall’utilizzo di un software di Customer Relationship Management (CRM) in comune, strumento indispensabile per ogni azienda che voglia raggiungere un pieno allineamento tra i due reparti. Strategia aziendale Sembreranno lontani i tempi in cui ogni reparto proseguiva con i paraocchi per la propria strada e si focalizzava solamente sul raggiungimento dei propri obiettivi, ignorando i danni che recava al processo aziendale di lead generation. Nelle aziende moderne, sales e marketing diventano parte di una singola entità che mira ad un unico traguardo: incrementare i ricavi. Entrambi i gruppi sono quindi disposti ad aiutarsi a vicenda poiché il successo di uno corrisponde al successo dell’altro. La condivisione degli obiettivi permette all’azienda di non spendersi esageratamente nei dettagli della gestione dei rapporti conflittuali interni, così che si possa focalizzare sulla strategia di business e ottenere un maggior valore nel lungo termine. Collaborazione dei team Un elemento fondamentale delle aziende aventi i reparti di sales e marketing allineati consiste in una aperta e continua comunicazione. Ciò implica che i team sono costantemente in contatto tra loro e hanno modo di rafforzare di volta in volta il proprio legame. L’idea di fondo deve essere di ottenere una piena fiducia reciproca, che consenta ad ogni membro di sentirsi a proprio agio nel chiedere opinioni o perfino aiuto ai colleghi dell’altro dipartimento. Con il tempo si giunge ad un obiettivo a cui dovrebbe mirare ogni impresa: la creazione di un clima aziendale molto più piacevole. Esso, infatti, influisce positivamente sulla felicità dei dipendenti e di conseguenza sulla loro produttività. È inoltre un’ottima occasione per migliorare l’immagine del brand aziendale ed attrarre nuovi talenti. D’altronde, chi non vorrebbe sempre lavorare in un ambiente positivo? Aumento dei ricavi Last but not least, l’obiettivo finale di tutte le aziende (o quasi): generare ricavi. Non saremmo qui a parlare di allineamento tra sales e marketing se non avesse un effettivo impatto sulla crescita dei ricavi aziendali. Tutti i benefici fin qui elencati contribuiscono a raggiungere questo traguardo, il quale però merita di essere trattato a parte per risaltare l’importanza della cooperazione tra sales e marketing. La ricerca in merito indica dei risultati ben oltre le aspettative: in media, si ottiene un aumento del 32% dei ricavi su base annua. Gran parte del merito va alla maggiore efficienza che si genera nell’intero processo di acquisizione dei clienti e alla fiducia che ispira l’azienda nei consumatori. Infatti, secondo gli studi, l’allineamento tra i due reparti conferisce mediamente una crescita del 36% sul tasso di fidelizzazione dei clienti. Quanto può influire sui costi? Attrarre un nuovo prospetto può essere fino a sette volte più costoso rispetto a mantenerne uno già esistente: è facilmente intuibile il beneficio in termini di efficienza. Conclusioni Come hai potuto notare se sei giunto fin qui, i benefici ottenibili dall’allineamento tra sales e marketing sono considerevoli e impossibili da trascurare se si aspira al successo della propria azienda. La crescita nel fatturato e la possibilità di offrire una migliore customer experience sono gli elementi che permettono di instaurare un ciclo virtuoso per generare sempre maggior valore. Infatti, non dimenticare che questi risultati non rappresentano un punto di arrivo, ma uno stimolo per continuare a migliorare il tuo business in modo che sia sempre pronto a soddisfare le esigenze del prossimo cliente. Vorresti scoprire di più sull'allineamento tra Sales & Marketing? Allora scarica il nostro ebook gratuito! Image by rawpixel.com on Freepik