Basterebbe già sapere qual è lo scopo di una landing page per capire perchè sono così importanti per il B2B. Ma, facciamo tabula rasa e partiamo da zero.Una landing page, “pagina di atterraggio”, ha essenzialmente l’obiettivo di convertire i visitatori sconosciuti di un sito web in contatti/lead e, per l’e-commerce, ha l’obiettivo di facilitare e anche invogliare l’acquisto di un prodotto o servizio. Acquisto = aumento del fatturato aziendale.Avere un contatto significa avere nel database aziendale un nome e almeno un’email con la quale potrai ricontattare quella persona; potrai anche accrescere la qualità delle informazioni e dei dati di quel contatto in fasi successive. Ma in primis… sai che quella persona è interessata a quel tale prodotto o tipologia di prodotti o quelle informazioni etc. o alla tua azienda… perché per avere quei contenuti ha lasciato i suoi dati “personali”. E ben sappiamo quanto tutti noi siamo ritrosi a dare i nostri dati in giro. Ecco perciò la grande opportunità: avere un database di persone potenzialmente interessate a un “qualcosa” che la tua azienda può offrire. Sono aspetti decisamente interessanti, vero? Quindi avere una - o più - landing page sul proprio sito web è decisamente un’opportunità da non tralasciare per tutte le aziende che al pubblico devono la loro sussistenza; praticamente tutte, anche le no profit. Perchè le landing page aiutano il team commerciale a vendere di più e meglio. Le landing page dovrebbero essere maggiormente considerate soprattutto da quelle aziende che si occupano di B2B e che solitamente affidano, o comunque per anni hanno fatto affidamento, sui commerciali stile “porta a porta” per trovare nuovi contatti. Con questo non vogliamo assolutamente sminuire il lavoro duro che un bravo commerciale compie tutti i giorni per cercare il modo di allargare la lista contatti dell’azienda. O peggio insinuare l’idea che possano essere sostituiti. Assolutamente NO! Anzi… landing page e i commerciali dovrebbero lavorare assieme! La landing page “procura” i dati di contatto e informazioni di persone interessate, il commerciale cerca di concludere il contratto. Pensiamo quanta meno fatica potrebbe fare un commerciale se contattasse possibili clienti che già hanno espresso il loro interesse? anziché mettersi a fare telefonate a freddo o mandare email al mondo intero; se si rivolgesse a quei contatti proponendo loro già da subito il prodotto/servizio che gli stessi cercavano? Che maggiore successo avrebbe un approccio di questo tipo in cui il commerciale contatta quel possibile cliente sapendo già cosa Paolo cerca?! E poi consideriamo anche che un commerciale, giustamente, il sabato e domenica riposa, una langing page è attiva 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, 365 giorni l’anno! E può raccogliere dati di contatto sempre. Si, il web ha cambiato il mondo, soprattutto del business e l’inbound marketing è la risposta alle esigenze di trovare clienti nuovi e senza perdere tutto quel tempo e risolse che si spendevano un tempo con l’outbound marketing (sebbene qualche azienda lo usi ancora). La landing page si inserisce proprio in questa ottica! Perché è il punto di approdo del visitatore che è interessato alle proposte di un’azienda. È il punto di approdo perché a monte c’è tutto un lavoro di strategia inbound: cioè quella metodologia che ha come obiettivo quello di attrarre persone interessate sul sito web, convertirli in lead (ecco dove di colloca la landing page) e trasformarli poi in clienti. È inutile fare tanto lavoro a monte per creare contenuti che attraggano visitatori se poi li facciamo arrivare sulla homepage del sito aziendale o su una pagina qualsiasi! Una volta che sono lì che fanno? Si guardano intorno? Si mettono a cercare i contenuti che interessava loro e per i quali sono arrivati li? Sai quanto rimane in media un visitatore su una pagina di un sito per esplorarlo? In media 8 secondi, se ti va bene! E poi lascia il sito perché non ha trovato subito ciò per cui era giunto lì. Vogliamo perdere questa possibilità? No, dobbiamo indirizzarlo sulla landing page e cercare di farci lasciare i suoi contatti offrendogli il contenuto che lo interessava e per il quale è arrivato sul nostro sito. Il contenuto che gli interessava, ricordiamoci! Perché uno degli elementi che rende efficace una landing page, cioè per far si che converta i lead, deve necessariamente offrire il contenuto che è stato promesso a quel visitatore nella Call-to-Action. Per vedere meglio il processo di conversione da visitatore in lead con Call-to-Action, landing page e thank you page, nonche contenuti ad hoc e tutti gli altri elementi che concorrono al successo di questo passaggio fondamentale per una strategia di inbound marketing… prova a leggere Cos'è una Landing Page e perché è importante e Come funziona una landing page nell'inbound marketing Quindi… vogliamo o no usare le landing page per cercare di avere nuovi clienti interessati già a ciò che l’azienda propone?! E se ti sembra troppo complicato strutturare questo processo, anche dal punto di vista grafico, un software all-in-one come Hubspot può aiutarti in questi passaggi e in molte altre azioni per trasformare i tuoi contatti in clienti; d'altronde è stato progettato proprio per fare inbound marketing.
I servizi di inbound marketing sono elementi che assolutamente non devono mancare nella pianificazione di una strategia inbound. Pena: obiettivi mancati e tempo e lavoro buttati, nonché denaro. E la cosa non è piacevole. Ecco perché è importante che qualsiasi software si usi, disponga di servizi pensati appositamente per l’inbound marketing. La premessa: L’inbound marketing è una metodologia del web marketing con l’obiettivo di attirare visitatori interessati sul sito aziendale, cercare di convertirli in lead (ovvero contatti tracciati che confluiranno sul database aziendale e che saranno poi alimentati) e da qui cercare di trasformarli in clienti attraverso strumenti e tecniche digital. Ci sono molti software che possono essere usati per svuluppare una strategia di inbound marketing, ma nessuno oggi può fregiarsi di saper offrire tutti i servizi in un'unica soluzione. Noi utilizziamo HubSpot perchè è la piattaforma all-in-one progettata proprio per ottimizzare tutti questi passaggi e armonizzare ogni dato tracciabile. Questo rende più omogenei i dati che si ricavano da vari strumenti web; per esempio dal sito, piuttosto che dalle email, che dai Social che, si comprende facilmente, sono software diversi e quindi raccolgono informazioni diverse e non sempre è chiaro come abbinarli per renderli produttivi! Anzi. La fatica è proprio questa, riuscire a trovare una corretta lettura e quindi un utilizzo appropriato per raggiungere l’obiettivo aziendale. Ecco, HubSpot ti permette di fare tutto questo perché attinge i dati, le informazioni relative a tutte le interazioni che fanno i possibili clienti hanno con gli strumenti digitali che l’azienda ha deciso di usare; e te li presenta in modo che tu possa estrapolare quelli che ti interessano in quel momento e per il tuo scopo. Quindi uno strumento potentissimo che può essere usato in parte nelle sue potenzialità o in forma complessiva. E veniamo al punto, dando per scontato che l’azienda ha individuato l’obiettivo della sua strategia inbound (e che sia smart !), ecco alcuni servizi per l'inbound marketing che HubSpot offre per rendere modernamente produttivo il lavoro del team marketing e del team sales. I servizi di inbound marketing fondamentali: Sviluppo dei Buyer Personas Ovvero partendo dallo studio delle caratteristiche dei clienti attuali e dalla persone potenzialmente interessate al prodotto dell’azienda, definire gli archetipi dei clienti ideali. Individuare correttamente i Buyer Persona corretti permette di sapere i giusti contenuti da creare per attirare la loro attenzione e qualificare commercialmente i contatti. Content Creation Creazione di contenuti ad hoc di interesse per il Buyer Persona a seconda dello stadio Top, Middle o Bottom in cui si trova del suo Buyer’s Journey. L’importanza sta nel processo di conversione che si può attivare attraverso questi contenuti, in particolare attraverso Call-to-Action > Landing page > Thank You page, che possiamo inserire all’interno dei contenuti. I contenuti offerti gratuitamente, a seguito di dati che il contatto inserisce nel form, sono il mezzo principale per la lead generation. Ecco perché i contenuti devono essere di interesse per il Buyer Persona. Se non offri contenuti interessanti alla persona giusta, non avrai i suoi dati di contatto. E se non hai i suoi dati di contatto... no lead e no business ! Ottimizzazione SEO (del sito, contenuti, landing page…) Volete essere trovati, senza dover spendere in promozioni, attraverso una ricerca su Google da visitatori che utilizzano certe keyword? Ecco, ottimizzare il sito e quanto in esso contenuto… è fondamentale per questo, cioè per ottenere il posizionamento migliore delle pagine e dei post del sito, secondo le keyword del settore individuate e le altre regole che Google applica per la ricerca organica. Social Publishing Per divulgare i contenuti creati ad hoc, per aumentare la brand awareness e quindi intercettare anche sui Social (da scegliersi a seconda del Buyer Persona) i possibili clienti è importantissimo che siano condivisi sia i post del blog sia le landing page che aiutano a convertire i visitatori in lead. È il modo per creare un dialogo umano tra azienda e i Buyer Persona che desideri avere come clienti. Gestione e segmentazione lead Tutte le interazioni che i lead hanno con i tuoi strumenti digitali (sito web, Social, landing page, link, email...) possono essere monitorati e utilizzati per segmentarli secondo i contenuti visitati o scaricati, i post condivisi, le mail aperte etc. In questo modo puoi comprende da cosa davvero sono attratti e quindi proporre un’offerta ad hoc proprio nel momento caldo in cui stanno cercando proprio quello. Quelli appena visti, potrebbero essere i servizi fondamentali che servono per progettare una strategia di inbound marketing che funzioni davvero! Poi ce ne sono anche altri... di accessori, sebbene l'aggettivo “accessorio” sia relativo quando si ha l’obiettivo di aumentare il fatturato aziendale. Niente è accessorio quando l'obiettivo è questo, sebbene il budget aziendale a volte pone dei limiti nei servizi utilibizzabili. Ecco quindi che trova un senso anche accessorio... che non significa inutile, ma neppure che senza non si possa fare inbound marketing; semplicemente che con i servizi fondamentali si possono fare certe cose, con gli accessori altre ulteriori. Tra i servizi accessori cito solo l’Onboarding del sito entro la piattaforma HubSpot oppure il Growth Driven Design, ma invito a leggere questa sezione dove sono elencati e spiegati tutti i servizi per l’inbound marketing. HubSpot mette a disposizione tutti questi servizi: Un software che ti permette di verificare che i contenuti siano “Google oriended” quindi le keyword al posto giusto, titoli H1, H2 etc. messi correttamente, meta description, tag image… Insomma ti dice cosa manca e dove devi modificare. HobSpot ti offre un CRM, questo gratuito, per le liste dei tuoi contatti e per segmentarli. Offre template per creare le tue Call-to-Action, Landing page e Thank you page in modo che siano tecnicamente produttive. E un sacco di altre opzioni di grande utilità per rendere davvero produttiva la tua strategia di inbound marketing.
A cosa serve una Landing Page nell'inbound marketing? Presto detto: una landing page serve a generare contatti. Ma come funziona? E quando si può dire funzioni bene o male? La landing page, chiariamolo, gioca un ruolo da attaccante nella fase di conversione del visitatore in lead. In pratica uno dei processi più delicati di tutta una strategia di inbound marketing, attraverso il quale uno sconosciuto visitatore del vostro sito web lascia all’azienda i suoi dati di contatto. Da qui si potrà poi ricontattarlo nei modi giusti e per le giuste ragioni, se interessato al nostro prodotto/servizio. [Se volete approfondire altri aspetti e questioni correlate, potete leggere: Che cos’è l’inbound marketing oppure La metodologia inbound, per tentare di entrare un po' di più nel mood dell'attrazione e conversione, fino alla trasformazione in cliente.] Sviluppiamo in questo post il tema della funzione della landing page nella fase della conversione della metodologia inbound, dopo che siamo riusciti ad attrarre un possibile cliente sul nostro sito. Ovvero, cerchiamo di capire cos'è e come funziona una landing page. Quando arriva un visitatore sul sito, una delle poche cose che sappiamo è da che fonte è arrivato e da che contenuto è stato attirato sul nostro sito (ci sono diversi strumenti per farlo, per esempio noi usiamo HubSpot). Cercando di rimanre in linea con la tematica che ha suscitato il suo interesse, dobbiamo costruire per questo visitatore interessato un percorso “obbligato” in modo da farci lasciare i suoi dati di contatto. Come? Call to Action - Landing page - Thank you page: un percorso vincolato 1. Call-To-Action In italiano “chiamata all’azione” o “invito all’azione” perché fattivamente invita il visitatore a compiere una certa azione. Un'azione che viene esplicitata all’interno di un pulsante con un breve testo e che spesso utilizza il verbo all’imperativo per accelerare il compimento dell’azione stessa; per esempio: Scarica l’e-Book, Compra adesso ecc. Sono efficaci le CtA chiare e che rispondono alla necessità che quel visitatore sta cercando di soddisfare. Da un punto di vista grafico, oltre ad essere ben riconoscibili rispetto al resto del testo, le CtA possono presentarsi come semplici pulsanti o bottoni di forma normalmente rettangolare, ma non necessariamente, e di vari colori in modo che emergano dal fondo. Possono anche essere un po’ più “complesse” con un’immagine, un breve testo e un bottone, il tutto inserito in un unico frame. Normalmente la CtA viene inserita all’interno di un contesto più ampio come un articolo del blog in cui la Cta sarà affine e coerente con l’argomento trattato. Perché in tutto il percorso di conversione è fondamentale coinvolgere il visitatore e lo puoi fare soltanto se i passaggi rispondono alle esigenze che lui ha espresso. Tecnicamente, cliccando sulla CtA il visitatore viene dirottato automaticamente su una Langing Page. 2. Landing Page È appunto la “pagina di atterraggio” dove il visitatore arriva dopo aver cliccato sulla CtA. Qui potrà ottenere ciò che gli hai promesso nella CtA. Cioè potrà per esempio scaricare un e-book, o visualizzare una demo ecc., ma solo dopo aver compilato un form di contatto dove dovrà inserire i suoi dati personali e/o altre informazioni, a seconda delle notizie su di lui che l’azienda desidera conoscere. Attenzione a non chiedere al tuo visitatore più dati (o più approfonditi) di quanto non sia il valore percepito della cosa che offri in cambio. Pena… la fuga del tuo visitatore da questa pagina. Quindi tutto il lavoro a monte sarà sprecato. Il tuo visitatore deve pensare, finchè sta compilando il form, “si, ne vale la pena!”. In verità dovrebbe essere il pensiero che fa già a partire dalla CtA. Non mi dilungo sulla Landing page perché rimando a due articoli di approfondimento: Cos'è una Landing Page e perché è importante e 10 esempi di landing page da urlo Mi soffermo solo su questi aspetti fondamentali: Mai inserire il menù di navigazione per non distrarre il visitatore. Inserisci un titolo che espliciti cos’è l’offerta che andrà a scaricare o la necessità che andrà a risolvere. Inserisci un’immagine a supporto perché rende piacevole visivamente la pagina e perché tranquillizza il visitatore su ciò che avrà. Descrivi brevemente il contenuto dell’offerta e il valore che il visitatore ottiene scaricandola. Mai dimenticare il form di contatto con i dati che interessa acquisire! altrimenti che senso ha tutto questo lavoro? Dai la possibilità al visitatore di condividere la landing page sui Social, sarà solo un vantaggio per l’azienda. Una volta che il visitatore inserisce le informazioni richieste nel form, l’azienda acquisisce i dati del contatto. In questo momento avviene la conversione vera e propria da visitatore a lead e l’azienda potrà attivare poi altre azioni di marketing e lead generation per cercare di trasformarlo in cliente. 3. Thank You Page È la pagina di ringraziamento, dove il lead viene indirizzato dopo aver compilato il form sulla landing page. Qui il lead potrà ottenere l’offerta promessa. Non dare per scontata e superflua questa pagina solo perché tu azienda hai ottenuto quello che volevi dal tuo lead. NO, la cura del tuo contatto continua anche in questa parte! e considera che proprio la Thank you page può essere utile per far progredire il tuo nuovo contatto nel suo percorso d’acquisto. Ebbene si, nella Thank you page puoi inserire altre CtA per innescare un altro processo di conversione oppure mostrare altri contenuti che potrebbero ulteriormente interessate il tuo lead. E il Buyer's Journey continua. Quali elementi deve avere una Thank you page? Fornisci al nuovo lead ciò che hai promesso. Quindi inserisci un link (visivo o testuale) per fargli scaricare l’offerta che desidera (e-book, la demo ecc). Ricordati che anche questo passaggio condiziona l’indice di fiducia percepito dal lead nei confronti dell’azienda (per futuri acquisti). Se l’accesso all’offerta non è immediato, fornisci tempistiche precise sull’invio, piuttosto che sul contatto ecc. in modo che le aspettative non siano deluse. Frasi del tipo “Grazie, sarai ricontattato a breve” NON devono proprio esistere. Inserisci contenuti aggiuntivi. Utilizza la Thank you page per far scoprire altri contenuti interessanti, utili per il tuo lead. Deciderai tu, secondo le strategie di marketing, se inserire per esempio link ad articoli del blog per fargli approfondire meglio certi argomenti oppure se inserire un'altra CtA per offrirgli altri contenuti (e quindi poter tu azienda avere altri dati del nuovo contatto). Mostra il menu di navigazione. Dai la possibilità al lead di continuare la sua navigazione sul tuo sito perché magari è interessato ad esplorare altre parti o prodotti per conoscerti meglio come azienda. Dai la possibilità di condividere sui Social. Un nuovo contatto che ha interesse verso il contenuto scaricato, o demo rischiesta ecc., sarà anche invogliato a condividere questa opportunità con i suoi amici o colleghi di lavoro. Quindi inseririsci le icone dei Social per facilitare la condivisione sui Social. Ma attenzione, MAI far condividere sui Social la Thank you page, bensì la landing page! altrimenti gli altri visitatori bypasserebbero la compilazione del form e avrebbero subito l’offerta ma tu azienda non acquisiresti i dati del contatto. Sono consigli semplici ma che davvero possono fare la differenza tra il successo di una processo di conversione oppure il suo fallimento. E ricorda che ogni passaggio va studiato e curato con attenzione, anche estetica! PS: questa qui sotto... è una Call-to-Action pensata apposta per te, quindi, che aspetti? Clicca e scarica!
Una delle paure più grandi per un uomo di marketing è vedere la sua strategia di marketing non avere successo. Che si traduce col dover affrontare lo scontento (quando va bene) del responsabile o dell’azienda cliente se sei un’agenzia marketing/comunicazione. C’e da dire che possono essere molteplici i fattori per i quali una strategia di marketing può non aver successo, ma uno degli errori più gravi è sbagliare il Buyer Persona al quale si vuole parlare e che stai cercando di intercettare.Sbagliare il Buyer Persona ignifica improntare tutta la strategia – cioè obiettivi, contenuti, budget, tempo… - verso un pubblico a cui non interessa la tua comunicazione e il tuo prodotto/servizio. Con la conseguenza di allontanare il cliente giusto e avvicinare quello sbagliato. Una volta definito l’obiettivo da raggiungere, il punto fondamentale è individuare il target in maniera puntuale, anche impiegando un po’ di tempo in più, se necessario, perché questo influenzerà il successo della campagna marketing e quindi il ritorno in termini di business. Meglio perdere un po’ di tempo ora che un sacco di tempo dopo per aggiustare in itinere le falle della strategia. Ecco qualche consiglio per non sbagliare nella scelta del pubblico della tua campagna di marketing: 1. Individua i NEGATIVE PERSONA (per escluderli) Senza dubbio, in cima alla classifica bisogna considerare i Negative Persona. Chi sono? Se i Buyer Persona sono i tuoi clienti ideali a cui indirizzare le azioni di marketing; i Negative Persona possono essere definiti come quelle persone che o non vuoi avere come clienti oppure non vuoi che vengano inclusi in questa specifica campagna perché pur rientrando in linea generale con le caratteristiche dei Buyer Persona positive, per alcuni particolari sai che non compreranno comunque il tuo prodotto o servizio. Faccio un esempio molto grossolano: se io produco pasta fresca all’uovo (senza altra specifica) e vendo alla GDO e il mio target sono i supermercati del Nord Italia che hanno un fatturato annuo di tot.; forse vorrò escludere quelli che sono votati ai prodotti vegani e magari faccio un pensiero per escludere anche quelli vegetariani dove non sempre sono ben visti prodotti non biologici. I vegani quasi sicuramente, i vegetariani forse anche, verosimilmente non acquisteranno il mio prodotto, quindi perché dovrei sprecare budget per attrarre questo particolare pubblico?! Si, richiede maggiore lavoro che non identificare i soli Buyer Persona. Ma identificare anche i Negative Persona serve per affinare la campagna di marketing e a fare anche delle previsioni sul ROI un po’ più attendibili. Senza pensare al tempo ed energie che si risparmiano in fase di creazione dei contenuti perché non dobbiamo inventarci strane acrobazie per quel pubblico che, sabbene rientri in linea generale nel target, in definitiva mai comprerebbe il prodotto. Prova a partire col definire chi non sono i tuoi clienti (Negative Persona) e ti sarà più semplice individuare i Buyer Persona che vuoi. 2. Che fare con i clienti già acquisiti? Anche i clienti già acquisiti potrebbero essere esclusi da campagne marketing che hanno lo scopo di trovare nuovi clienti. Qui però si deve usare un po’ di prudenza perché dipende anche dall’obiettivo e dal tipo di cliente già acquisito. Cioè un conto è il cliente che hai da anni e col quale hai instaurato un rapporto di fiducia; un altro è il cliente acquisito da poco che magari ancora cerca soluzioni alternative alla tua proposta. Ecco che per i tuoi clienti “storici” puoi pensare ad una campagna diversa. E dipende anche dai mezzi che andrai a scegliere per veicolare quei messaggi, es. e-mail, articoli sul blog, promozionali sui Social… 3. Evita di voler parlare a tutti... Se alla domanda qual è il target ? senti rispondere TUTTI, fermati un secondo e fai due chiacchiere con l’interlocutore. Cercare di conquistare tutti significa buttare via budget e risorse per una grandissima parte di pubblico che mai sarà interessato a quello che vuoi comunicare. Non succede spesso, ma ancora si sente dire che si vuole intercettare il maggior pubblico possibile, quindi meglio metterlo in chiaro. NO, non funziona così. Tutti non è possibile. Perché le persone non sopportano più essere interrotte da messaggio che non interessano e nei momenti meno opportuni, se tu azienda fai così, stai sicuro che la tua campagna di marketing non avrà il successo che speri. Per approfondire questo argomento ti consiglio di leggere Cos’è l’inbound marketing. Scoprirai che il pubblico non va bombardato di messaggi come fa il marketing tradizionale, ma va attratto con messaggi che lo interessano. 4. ...ma non restringere troppo il target Per contro… attenzione anche a restringere troppo il target rispetto alle potenzialità del tuo business. Quindi esplora bene chi sono le persone che potrebbero essere interessate dalle tue proposte anche utilizzando le tue conoscenze sul prodotto stesso. Chi meglio di te lo conosce? Guardare il prodotto da diverse sfaccettature, conoscerne in profondità caratteristiche e potenzialità, può rivelarsi utile per focalizzarsi su un certo gruppo di persone, magari una nicchia, ma se soddisfi un’esigenza, sta sicuro che verranno da te. Altro esempio… lo yogurt fatto col latte di mandorla. Hai deciso che il tuo target sono donne dai 30 ai 55 di cultura medio alta, impegnate professionalmente, che fanno sport per tenersi in forma e preferiscono cibi biologici. Esiste anche un gruppo di persone che possono rientrare o anche no nel tuo target primario, ma che hanno problemi di allergia al lattosio. E queste persone possono essere sia uomini che donne che bambini, senza limiti di età né altri, ma accumunati dalla caratteristica di essere allergici al lattosio. Possono essere un altro tuo target? Sono una nicchia ma anziché comprare lo yogurt di soia, potrebbero acquistare il tuo yogurt. In conclusione Perdi un po’ di tempo in più all’inizio per profilare bene i tuoi Buyer Persona, cerca di conoscerli a fondo, fai ricerche, falli emergere dalla massa del pubblico che non vuoi o non ti interessa avere come cliente, e concentrati su di loro. Crea per loro contenuti, informazioni, fornisci aiuto, professionalità e tutto ciò che può conquistare la loro fiducia verso l’azienda e il prodotto. Da qui al diventare nuovi clienti il passo potrà essere breve.
Chi mastica marketing tutti i giorni, sa perfettamente il significato di target e conosce anche il termine Buyer Persona, spero. Entrambi i termini si riferiscono al gruppo di possibili clienti a cui l’azienda rivolge le sue azioni di marketing, ma se vogliamo essere pignoli o semplicemente più precisi… non identificano proprio lo stesso concetto. Se usati con cognizione di causa, rivelano l’atteggiamento mentale dell’uomo di marketing e quindi del tipo di approccio che ha verso il cliente. Ne conseguono strumenti diversi e soprattutto oggi risultati diversi. Il cliente target (e qui lo uso in senso generico) dovrebbe essere sempre il primo elemento da individuare quando si elabora una strategia di marketing. A prescindere che si tratti di una campagna tradizionale di marketing oppure di marketing digitale. Con particolare riferimento al web marketing attualmente ha preso, anzi in Italia sta prendendo piede solo ora –sempre un po’ in ritardo rispetto al mondo - l’utilizzo del termine Buyer Persona per intendere il pubblico target. Target vs Buyer Persona: le differenze Target e Buyer Persona sono due termini che appunto, in linea generale, intendono la stessa cosa: il pubblico a cui indirizziamo le nostre comunicazioni di marketing con lo scopo di vendere un prodotto o un sevizio. Ma alla base dell’utilizzo di questi due termini, sottostanno due ottiche di fondo diverse nel modo di pensare il possibile cliente e quindi di metodologia di approccio di tutta la strategia di marketing che si andrà a costruire. Potremmo anche dire che il Buyer Persona vorrebbe essere un’evoluzione del concetto di target in linea con l’evoluzione delle tecniche di marketing che si riferiscono al web. Proviamo ora ad esemplificare la cosa. Un esempio classico di target è: uomo 35-45 anni responsabile del reparto marketing Certo, ci dà una vaga idea di chi debba essere il nostro interlocutore, ma è decisamente sterile. Se effettivamente vi state imbattendo in una strategia di lead generation con alla base questo tipo di indicazioni non potreste mai dire di conoscere quello che un lead effettivamente vuole, cosa lo cruccia, quali bisogni abbia. Il Buyer Persona parte da questa riflessione per dare al nostro cliente ideale una dimensione umana, per riuscire ad imbastire un discorso che possa fare leva su queste informazioni ed aiutare davvero chi ci contatterà. Per esempio, il Buyer Persona relativo al target visto precedentemente potrebbe essere qualcosa del genere: Mark Ting 35-45 anni lavora come Marketing director in un'azienda di medie dimensioni celibe, per lui il lavoro ha la precedenza su tutto il resto vuole aumentare il fatturato aziendale e ottenere il riconoscimento dal titolare dell'azienda usa spesso LinkedIn e sfrutta molto Google per cercare informazioni inerenti al suo lavoro Con chi pensate di poter parlare meglio, con uomo o Mark? Il target secondo il marketing tradizionale Anche per gli addetti ai lavori, quando si tratta di profilare il target per una campagna marketing si va via abbastanza spediti quando si scelgono le variabili demografiche (sesso, età. Istruzione, ruolo aziendale, status familiare…). Diventa però molto più difficoltoso individuare le variabili comportamentali di acquisto, gli interessi, atteggiamenti sociali e digitali. Perché, nonostante le ricerche di marketing, le statistiche, i sondaggi ecc... , l’acquirente si rivela sempre meno intenzionato a farsi intervistare nei modi tradizionali e sempre più autonomo nella gestione dei suoi acquisti, che sia un consumer o un business. C’è da dire che anche l’immagine veicolata dai manuali di marketing sul target non ha aiutato a dare l’idea che quel bersaglio da freccette rappresentasse il pubblico di persone a cui le aziende si rivolgono. Nell’immaginario collettivo il target era visualizzato come un oggetto e non un essere umano con un cuore, un sentire, dei comportamenti ecc.; anche questo può aver contribuito a far dimenticare l’umanità dietro il concetto di target. L’umanità che invece sembra essere stata ristabilita con l’introduzione del concetto di Buyer Persona. Il target superato ora dal buyer persona Soprattutto ora che il digital mette a disposizione molti più strumenti e più attendibili per profilare il pubblico che in passato, ci si può davvero concentrare sul pubblico: su chi è, cosa gli piace, qual è la sua socialità, come interagisce sui Social, quali sono i suoi comportamenti digitali… Ora che abbiamo più modi per capire tutti questi elementi, possiamo anche pensare a quali siano i modi più appropriati e coinvolgenti per far conoscere il nostro prodotto/servizio a quella Persona che voglio come cliente. Il termine Buyer Persona quindi sottende non solo un’evoluzione del marketing (anche a seguito del digitale) ma il riconoscimento da parte dei marketer che per comunicare in modo costruttivo con i possibili clienti, oggi, non si dovrebbero più usare tecniche di pushing come col marketing tradizionale, ma relazionarsi al pubblico con approcci più umani ed evitare di usare il concetto di target. Naturalmente stiamo parlando sempre di business, e non di attività sociali onlus, per cui il fine rimane sempre comunque quello di aumentare il fatturato aziendale. Ma oggi si cercano approcci customer centrici e non sul prodotto, adottando tecniche pull, cioè di attrazione del cliente verso il prodotto. Ecco quindi che il termine Buyer persona prende piede anche per dichiarare una certa distanza dal marketing tradizionale e dalla visione del target come bersaglio verso cui “spingere” un prodotto/servizio. Strategia quest’ultima sempre meno tollerata dal cliente stesso che non ama essere pressato, imboccato e interrotto magari con messaggi che non lo interessano affatto. Altra cosa sono le strategie che applicano invece tecniche di attrazione del cliente verso il prodotto, e anche altri sono i risultati che si stanno ottenendo. Qui il cliente sembra essere, ai suoi stessi occhi, l’attore principale nel percorso di ricerca online. Si tratta di una strategia di marketing definita inbound marketing, in opposizione all’outbound marketing di tipo tradizionale. Il cliente target e l'inbound marketing La metodologia Inbound - codificata teoricamente per la prima volta nel libro Inbound Marketing: Get Found Using Google, Social Media and Blogs (scritto dai fondatori di HubSpot, l’azienda che ha poi costruito tutta una piattaforma software su questo) - non fa altro che applicare al marketing questa nuova visione di target, ovvero del Buyer Persona; cioè offrire al possibile cliente l’opportunità di trovare il prodotto che desidera e che va cercando online. Non a caso il Buyer Persona è il caposaldo attorno al quale si sviluppano le azioni di marketing in ottica inbound. Attraverso la profilazione dettagliata del Buyer Persona a cui intendo rivolgermi andrò a creare dei contenuti apposta per attrarlo sul mio sito aziendale a seconda della fase del Buyer’s Journey in cui si trova. Il motivo per cui il termine Buyer Persona sta soppiantando e superando il tradizionale concetto di target, e non per vezzo linguistico, risiede nel bisogno dei marketer di trovare approcci più attuali e adeguati all’evoluzione stessa del pubblico cliente. Con l'inbound marketing si cerca di creare un legame empatico col Buyer Persona a cui comunicare. Non è un caso che quando si va a profilare il Persona, l'ex cliente target, si cerca di immaginarlo il più reale possibile, con un nome, un viso, una vita che andiamo a ricostruire per renderlo vivo e concreto. Il concetto di target invece è freddo e distante dal rapporto che oggi deve esserci tra azienda e possibile cliente. Se desideri approfondire questi argomenti ti consiglio una lettura degli articoli principali del nostro blog. Qui trovi spiegato cos'è l'inbound marketing, Differenze tra inbound e outbound marketing e molto ancora sul Buyer Persona. Target e persona: conclusioni finali Ideare un Buyer Persona quindi, chiamandolo per nome, analizzare i suoi bisogni e strutturare un piano d'azione studiato appositamente per lui ci può dare non una, ma diverse marce in più nella formulazione della nostra proposta. Comprendere la mente del Buyer Persona ci dà la possibilità di creare iniziative più valide, convincendo il nostro interlocutore che abbiamo la soluzione che può risolvere tutti i suoi problemi. Inoltre, un cliente attratto con la metodologia inbound sarà molto più qualificato commercialmente di un visitatore contattato a freddo - un target, per l'appunto. Concludere una vendita sarà più semplice per gli inbound sales, poiché se lui risponderà alla nostra chiamata all'azione avrà già preso buona parte della sua decisione, e il nostro compito sarà non convincerlo a comprare, ma solo confermare ciò che già ha intuito. Pertanto, per te azienda, non aggiornarsi significa: attuare delle strategie di marketing che stanno avendo sempre meno successo, restare indietro, perdere occasioni e clienti perché loro, i clienti, se non troveranno te, troveranno un tuo competitor che è stato più attento alle nuove tendenze del marketing e alle esigenze del suo pubblico.
Hai deciso di provare a fare una campagna a pagamento su Facebook ma non sai bene come identificare il target? Vediamo come destreggiarsi. Intanto diciamo che le logiche con le quali sono visualizzati i post organici non sono applicabili alle logiche dei post delle campagne a pagamento. Le prime rispondono all’algoritmo di Facebook (che peraltro viene modificato parecchie volte nell’arco di un anno); le seconde a criteri più tipici di una campagna pubblicitaria. Quindi teniamo questi due mondi ben distinti. Se è vero che i risultati ottenibili con la pubblicazione di post organici su Facebook necessitano un tempo piuttosto lungo per avere un riscontro rilevante nonché un lavoro costante; è altrettanto vero che le campagne a pagamento spesso raggiungono dei risultati in tempi più brevi. Vediamo come procedere ma prima alcune considerazioni da tenere a mente: Facebook è un mare magnum di persone. Giusto per avere delle cifre, a fine dicembre, aveva raggiunto 1,86 miliardi di profili attivi al mese nel mondo, in Italia 28 milioni. Le persone che incontriamo su facebook non sono lì per acquistare ma per soddisfare esigenze sociali: il bisogno di appartenenza e la necessità di auto-rappresentazione, come evidenziato da uno studio di Ashwini Nadkarni e Stefan G. Hofmann della Boston University Per fare una campagna sponsorizzata, stai investendo un certo budget (e tempo), quindi sarebbe utile che avesse anche un ROI positivo. Da questo misuri l’efficacia della campagna. Vediamo ora come obiettivo, contenuto e target siano strettamente collegati: 1. L’obiettivo che vuoi raggiungere Per capire a quali persone vuoi rivolgerti, devi sapere quale obiettivo scegliere per la tua campagna a pagamento. Diciamo che se hai una pagina appena aperta, potresti pensare anche una campagna per aumentare i “Like” della pagina. Considera che potresti raggiungere una quota di Like anche con post organici, magari impieghi un po’ di tempo in più ma forse hanno una rilevanza maggiore perché ottenuti da persone davvero interessate ai tuoi contenuti. E non ottenuti “artificiosamente” a pagamento. Spetta a te capire come muoverti qui. In linea generale e con le dovute cautele, diciamo che gli obiettivi legati alla notorietà e alla considerazione possono essere ottenuti anche senza campagne a pagamento. Gli obiettivi che interessano un po’ di più a noi che facciamo inbound, sono quelli finalizzati alla conversione. Cioè quelli che porteranno sul sito aziendale e potranno attivare un processo di lead generation e quindi di business. 2. I contenuti dei post Per obiettivi di conversione dobbiamo necessariamente creare contenuti/post che siano interessanti, che attirino il target (possono divertirlo, farlo riflettere, creare feeling ecc… con la giusta immagine/video e testo in linea col target e il mood che si vuole dare al post. Sul contenuto si potrebbe scrivere un intero capitolo ma è un altro articolo questo. 3.Il pubblico target a cui vuoi rivolgere la campagna L'argomento centrale di questo articolo. Facebook conta milioni di iscritti, ma una grandissima quantita di persone sarà del tutto indifferente alla comunicazione che vai a postare. Devi perciò riuscire a segmentare correttamente il pubblico a cui verrà proposto il tuo post, per non sprecare soldi e tempo a rincorrere tutti. Ricorda che tutti NON è il tuo target. Mai. Questo passaggio è fondamentale per il successo o meno delle tua campagna. Come prima cosa se hai già una fanpage attiva da un po’, avrai sicuramente la scheda Insights dalla quale potrai trarre utili informazioni sul tuo attuale pubblico e sulle reazioni con i tuoi post. Puoi capire quale tipologia di post ottengono un maggiore gradimento (quantificato in interazioni) e se ti seguono più donne o uomini, di che età e provenienza geografica. Queste indicazioni ti saranno utilissime ora che devi segmentare il tuo target per la campagna a pagamento. Facebook comunque aiuta molto in questo perché ha una procedura da seguire forzatamente che ti indica passo passo i parametri di segmentazione. A. Quelli più semplici ma da non sottovalutare Sono: età, sesso, luoghi con la possibilità anche di inserire una o più località geografiche, la lingua. È abbastanza intuitivo per questi capire a cosa si riferiscono e comunque Facebook spiega bene il senso di un certo parametro. in ogni caso è abbastanza sconsigliato creare una campagna per un target profilato solo in base a questi parametri. B. Quelli invece più interessanti sono i parametri per la targetizzazione dettagliata Con la possibilità di includere o escludere certi parametri (e quindi persone); sono: dati demografici, interessi, comportamenti. Qui trovi davvero tutto ciò che gli iscritti a Facebook hanno inserito nei loro profili come caratteristiche; per esempio l’istruzione, il loro status sentimentale “single”, “impegnato”…, il datore di lavoro o ruolo; comportamenti legati al mondo digitale o a situazioni di viaggio ecc. Ma non solo! Piu interessante e più complesso è la sezione legata agli interessi perché qui vanno a confluire tutte le espressioni di gradimento che gli utenti lasciano nel web, sia su Facebook che su siti esterni, oltre a quelli che inseriscono consapevolmente. Un esempio: il “mi piace” che Mario Rossi mette su un post pubblicato da una certa fanpage che è stata categorizzata in un certo modo (es. sotto la categoria cibo/bevande) ha espresso un interesse legato al cibo/bevande che sarà usato da Facebook per la targettizzazione secondo interessi. È forse un esempio banale, ma rende l’idea della moltitudine di modi in cui Facebook lega un profilo a degli interessi che poi saranno utilizzati per targettizzare gli utenti. Una raccomandazione se usi le opzioni di inclusione o esclusione. Se per esempio decidi di indirizzare la tua campagna a chi è “genitore” indicandolo come caratteristica, andrai ad escludere una fetta grandissima di pubblico che non ha inserito questa caratteristica nel suo profilo anche se in realtà genitore lo è. Quindi attenzione a queste due opzioni. Ora non ti resta altro che provare a creare il pubblico per la tua campagna a pagamento. E man mano che andrai ad impostare i parametri di targettizzazione, potrai vedere sulla tua destra un grafico che ti indicherà la copertura potenziale del pubblico che andrai ad intercettare e quella giornaliera stimata.
Monitorare e analizzare le interazione dei lead con il sito web, il blog, le landing page, i social, le email e le newsletter, è un passaggio fondamentale per capire se la campagna di inbound marketing che hai attiva sta andando nella giusta direzione e risponde alle tue aspettative. E, sopratutto, ti permette di segmentare in base agli interessi e qualificare commercialmente, attivando quindi una fase di alimentazione dei lead che punta al the right content, to the right person, at the right time. Diamo per scontato che hai individuato il/i Buyer Persona, hai pensato a contenuti di interesse per i Buyer Persona, in linea e in aderenza con la fase del loro personale Buyer's Journey, li hai messi online e condivisi sui Social opportuni... ora bisogna vedere come rispondono i possibili cliente che vuoi attrarre. Potrebbe sembrare superfluo questo breve articolo perchè ogni uomo di marketing e ogni commerciale sa perfettamente il fine di monitorare i lead. È intuitivo e ormai prassi; ma qual è il rapporto tra ciò che monitoriamo e il significato che assumono quei dati per la tua campagna? E come puoi migliorarla in corso d'opera? Vediamo cosa si deve monitorare e che senso acquistato i dati che si raccolgono durante una campagna di inbound marketing. 1. Quali pagine del sito aziendale visita ogni possibile cliente Tu azienda conosci le pagine del tuo sito aziendale, sai che hai pagine di prodotto o in cui parli dei servizi che offri ecc. A seconda di quale pagina verrà letta puoi percepire qual è l'interesse di quel contatto: se vuole semplicemente informarsi, se ha cercato un prodotto in particolare (e quasto vuol dire che probabilmente ha già una conoscenza evoluta sui tuoi prodotti/servizi ed è in una fase del suo Buyer's Journey più avanzata. Anche il tempo di permanenza su una pagina può darti indicazioni sull'effettivo interesse del tuo contatto, perchè un conto è se si ferma a leggere e se magari passa a leggersi un'altra pagina ancora, tutt'altra cosa è se esce dal sito in breve tempo. 2. Attraverso quali canali è arrivato ad una certa pagina del sito Puoi capire se arriva su una certa pagina facendo ricerca organica su Google, oppure digitando direttamente l'url o il nome dell'azienda oppure attraverso i Social o ancora da campagna a pagamento. A seconda del canale, puoi ipotizzare una conoscenza pregressa della tua azienda/prodotto/servizi, quindi la tua brand awareness potrebbe essere considerevole. Oppure potresti ipotizzare quali parole potrebbe aver inserito per fare ricerca e trovarti su quella X pagina. Siccome poi tu sai che quella X pagina ha determinate keyword e contiene determinati argomenti che hai ottimizzato per i motori di ricerca... puoi avere un'idea se quelle keyword funzionano o meno. Vedere che invece è arrivato a te dai Social, potrebbe farti capire che i post che hai pubblicato stanno avendo successo, se parlano dell'argomento giusto oppure non sono in linea con gli interessi di chi vuoi attrarre. E ti dice che il tuo Buyer frequenta i Social (in certi casi puoi sapere anche quali Social). Altre indicazioni avrai dalle campagne a pagamento a seconda che siano fatte su Google per esempio oppure sui Social; e quali Social finzionano meglio per il tuo Buyer Persona. 3. Le interazioni che avvengono attraverso il tuo blog aziendale (e condivisione) Qui pubblichi i contenuti originali per attrarre i Buyer Persona. Capire quali contenuti hanno successo e quali meno, ti permette di fare una riflessione rispetto all'aderenza tra argomenti trattati e interesse ricevuto dai Persona a cui ti rivolgi. E puoi quindi capire dove intervenire. Se gli argomenti che hai individuato corrispondono davvero agli interessi dei tuoi contatti, se sono apprezzati e soprattutto se convertono! Eh si... ricordi cosa dicevamo nel post “ L'importanza di creare dei contenuti ottimali in una campagna di Inbound marketing”? un contenuto pubblicato deve convertire. E per farlo, devi inserirci una Call-To-Action e landing page correlate. Monitorare se un contatto clicca una CTA e scarica un ebook, piuttosto che un webinar o una demo gratuita... ti permette di sapere se stai offrendo il contenuto giusto per quel lead. In caso contrario puoi “aggiustare” il tiro proponendo un altro contenuto più appropriato. E importantissimo verificare questi riscontri in tempo reale perchè ti consente di sapere se stai andando verso il tuo obiettivo oppure no. 4. Le azioni di email marketing è bene siano monitorate Quante email vengono aperte, quante lette e se anche queste convertono o no. E soprattutto le email sono un ottimo strumento per contattare i lead con contenuti personalizzati a seconda degli interessi che hanno manifestato nelle loro interazioni precedenti con l'azienda. A volte danno il segnale per capire se è arrivato il momento che il tuo commerciale contatti direttamento un lead caldo, vicino cioè all'acquisto. Spero sia un po' più chiaro il valore del monitoraggio delle azioni dei lead. E quali informazioni di primaria importanza possiamo ricavare. Serve a poco impostare una campagna di inbound marketing, se poi non andiamo a misurare i riscontri e se da questi dati non sappiamo cogliere i segnali per ridirezionarci eventualmente. É inutile nascondere che per poter fare tutto ciò, servono software e soluzioni tecnologiche in grado di farlo. Ormai esiste una tale varietà di software di monitoraggio che spesso si rimane un po' spaesati quando si tratta di dover scegliere quali comprare. Senza pensare che poi ciascuno monitora certi dati ma non altri, qualcuno arriva ad analizzare con una certa profondità, altri sono più superficiali. Non è facile destreggiarsi tra tanti strumenti. Posso dirti quello che usiamo noi: HubSpot, una piattaforma che integra tutti gli strumenti per il marketing e il sales Inbound perchè è nata per fare inbound. Questo significa avere anche un CRM gratuito, la gestione dell'email marketing, smart content, workflow, liste di contatto per la segmentazione, Call-To-Action, landing page e thankyou page, gestione integrata dei Social e tanto altro.
...commercialmente. Se è vero che in una campagna di inbound marketing, i contenuti sono i mezzi attraverso i quali ci facciamo trovare sul web dai nostri possibili clienti, è altrettanto vero, e lo abbiamo visto nell'articolo Perché iniziare dal Buyer Persona se vuoi fare una campagna di inbound marketing che i clienti non sono tutti uguali né sono tutti pronti ad acquistare. E quindi non ricercano tutti gli stessi contenuti.Una persona che visiti il tuo sito potrebbe essere semplicemente curiosa o potrebbe semplicemente cercare qualche informazione; un'altra invece potrebbe arrivare sul tuo sito con un bagaglio di competenze più approfondite sull'argomento/prodotto e magari essere lì lì per decidere se acquistare da te o da un tuo competitor. Dobbiamo perciò essere capaci di offrire il giusto contenuto alla persona giusta e al momento giusto. Per fare questo è necessario creare contenuti diversificati a seconda dei diversi stadi del Buyer's Journey in cui può ricadere un lead. Attraverso la segmentazione dei lead e in relazione alle loro successive interazioni online con l'azienda si potrà ulteriormente qualificarli e portarli fino al processo di acquisto. Come? Intanto sarebbe auspicabile, per non dire basilare, che il marketing team e il sales team collaborassero a stretto contatto e definissero insieme gli obiettivi. E questa è una rivoluzione culturale che le aziende devono fare al loro interno se vogliono stare al passo con i tempi, o meglio a passo con gli acquirenti. In fondo si tratta per il team marketing di mettere in essere tutte le attività e azioni per attirare sul sito web un possibile cliente e stringere un “rapporto” sempre più stretto (lead nurturing) finchè lo si ritiene pronto per l'acquisto. A questo punto dovrebbe intervenire il sales team che si adopera per concludere la trattativa. L'obiettivo per entrambi i team è lo stesso: aumentare il fatturato. Dobbiamo dotarci un CRM o comunque un database di marketing che conterrà lo storico delle interazioni che ogni contatto ha avuto con la tua azienda; cioè le pagine che ha visitato, gli articoli che ha letto, cosa ha scaricato, le mail che ha aperto, cosa ha cliccato... e tutte le informazioni anagrafiche che ti ha lasciato. Fondamentale a questo punto è un generatore di smart content (contenuti dinamici) che risponda alle “regole” da te impostate con i criteri di configurazione dei contenuti. In questo modo, rispondendo alle regole, il generatore per un certo lead andrà ad attingere quel contenuto (e non un altro) per mostrarlo proprio a quel lead. Per esempio alla prima visita sul tuo sito, il contatto ha visitato la pagina dove proponi i tuoi prodotti e ha letto il dettaglio sul prodotto X, alla sua seconda visita quel contatto troverà un contenuto di approfondimento sul prodotto X di cui in precedenza aveva mostrato interesse. Oppure potrai mandargli una e-mail personalizzata con maggiori notizie del prodotto X oppure potrai consegnargli un contenuto che parli di un prodotto sulla linea di X ma più performante. E così di seguito: per ogni interazione che avrai con quel lead scoprirai di lui qualcosa in più che potrai utilizzare per inviargli contenuti personalizzati alle sue ricerche e rispondenti ai suoi bisogni, espressi o non. Naturalmente perchè tutto ciò sia possibile, è indispensabile usare una piattaforma integrata che sappia gestire tutti questi strumenti per rendere possibile la marketing automation. Diversamente, diventerebbe un bel po' difficoltoso offrire “the right content to the right person at the right moment). HubSpot, per esempio, fa tutto questo! Puoi fare nurturing, lead generation, marketing automation con gli smart content. E tanto altro ancora perchè è una piattaforma nata appositamente per fare inbound marketing. In conclusione, giusto per visualizzarti questi concetti, prova al immaginare un grafico in cui si incrociano verticalmente i contenuti (personalizzati quindi contenuto 1, contenuto 2 ecc.) e orizzontalmente le fasi del Buyer's journey di un Buyer Persona. In questo modo è possibile, a seconda delle interazioni che il Buyer Persona ha e avrà rispetto ai contenuti che proponi, procedere con una sempre più precisa segmentazione per qualificare commercialmente il tuo lead e portarlo fino alla fase finale di acquisto.