Le università e gli enti di formazione superiore possono trarre un grande vantaggio, in termini di risultati di business, applicando la metodologia dell'inbound marketing e dotandosi degli strumenti per gestire il progetto. Chi si occupa di formazione ad un livello medio-alto, ha un grande tesoro dal quale si può attingere: la capacità di erogare conoscenza è già nel DNA delle organizzazioni, il sapere, i contenuti che costituiscono la base per avviare un progetto inbound sono già all'interno della scuola. Un passo indietro: come funziona il modello di business che utilizza la metodologia inbound marketing per puntare all'aumento del fatturato? La metodologia inbound marketing Si utilizza un sito (un blog) per pubblicare materiale che risulti interessante per il nostro potenziale cliente, che faccia cultura, che sia utile, che sia dilettevole... a seconda dell'obiettivo, politica del brand e finalità dell'organizzazione. Si lavora sulla distribuzione di quel materiale (post del blog) per raggiungere il potenziale fruitore del nostro servizio attraverso i social, il posizionamento organico sui motori di ricerca, le sponsorizzate (ADS, AdWords...) e catturare la sua attenzione. Gli si fornisce, quindi, qualcosa di gratis, per portarlo sul nostro sito (blog) per poi proporgli qualcos'altro, questa volta di valore un po' superiore: per accedere a questa offerta gli si chiedono le informazioni di base (nome, cognome, email, ruolo...). Questa azione/flusso ci permette di portare all'interno del nostro database (CRM) le informazioni sul potenziale cliente e di andare, quindi, grazie all'impiego di tecnologie che monitorano il comportamento sul nostro sito (cookie), a segmentarlo in liste differenti basate sia sull'anagrafica, che sul contenuto scaricato/visto, ma anche in base ai contenuti gratuiti visti (gli articoli del blog). In questo modo, il contenuto gratuito, oltre che per attrarre il contatto, serve anche a segmentare in base agli interessi. Perché abbiamo iniziato il giro del fumo spiegando che il blog si usa per pubblicare materiale interessante per il nostro potenziale cliente, giusto? E sarà proprio il contenuto che viene visto a farci capire che problemi/interessi/opportunità lo attraggono. E questa... diventa un'informazione commerciale da utilizzare per fare proposte o offerte di altri contenuti gratuiti o con un peso commerciale La metodologia inbound marketing per le università e gli istituti di formazione Spero che sia abbastanza chiaro, anche dopo questa breve presentazione della metodologia inbound, dove sia il vantaggio, nell'applicarla, per un'università o un ente di formazione. La produzione di materiale, motore dell'inbound Produrre materiale interessante per i propri potenziali acquirenti, generalmente, è uno dei grossi ostacoli per le organizzazioni economiche - presenti sul mercato - che non sono ben strutturate per diventare enti che irradiano cultura: per una scuola, proprio per il personale docente che ci lavora, proprio per la mission connaturata nella sua ragione d'essere, può facilmente trasformarsi in editore, per seguire una strategia di marketing che permette di: migliorare la brand awareness: diffondere la conoscenza diventa un veicolo per attirare maggiori attenzioni sul proprio brand da parte di tutti quelli interessati agli argomenti che vengono trattati; aumentare la brand authority: l'autorevolezza viene dalla capacità di fare formazione presso i soggetti che sono interessati agli argomenti proposti; avere una voce: avendo dei contenuti di peso, la presenza sui social media avviene in modo più mirato, andando a condividere cose potenzialmente utili per il proprio pubblico di riferimento; costruire un database di potenziali clienti: i contenuti attirano, i contenuti convertono; segmentare i propri contatti in base agli interessi: a seconda dei comportamenti... grazie alla tecnologia (cookie), si possono clusterizzare i contatti; alimentare i contatti in base agli interessi: sempre grazie alla tecnologia (marketing automation) si possono inviare email, sms, distribuire task all'interno dell'organizzazione in base agli interessi o ai comportamenti dei contatti. Parliamoci chiaro: se un'ente di formazione strutturato come un'università o una scuola che forma figure professionali di rilevo non riesce a produrre contenuti per sostenere la sua crescita, forse è meglio si faccia qualche domanda. La fiducia Perché l'inbound marketing spacca quando è il motore di business di un'università o un ente di formazione? Per il discorso della fiducia che le persone ripongono in una scuola. Voglio dire: una conversione buona, per un blog nel settore industriale, è l'1% dei visitatori. Funziona così: si pensa ad un'offerta per la quale si richiedono i dati delle persone e si produce una Call-to-Action da inserire negli articoli del blog, che vengono scritti già pensando al potenziale interesse - di qualcuno che lo sta leggendo - all'offerta di conversione. Il primo obiettivo è che il 5% dei lettori del post del blog siano interessati e clicchino sulla Call-to-Action per andare all'offerta. La Call-to-Action porta ad una pagina con il form (landing page) e l'obiettivo di conversione (ovvero di visitatori di quella pagina che compilano il form) è del 20%. Ho visto Enti Fiera e Università che superano, in alcuni casi, il 90% di conversione sui visitatori della landing e che arrivano al 3-4% di conversione dei navigatori sul blog strutturato per contenere, nei post, le CtA con un allineamento tra contenuto del post e offerta presentata (cosa molto chiara a chi studia i fondamentali dell'inbound marketing). Il target (o meglio: i buyer persona) Studenti, ovvero chi è desideroso di apprendere. Genitori, ovvero chi vuole essere sicuro che i figli apprendano bene, si trovino a loro agio e, soprattutto, che - una volta finita l'università - si apra loro un mondo di opportunità. Nel caso degli enti di formazione privati, da quelli che formano i manager a quelli che preparano le figure professionali dedite più a lavori manuali, c'è anche l'interesse diretto degli iscritti a portarsi a casa un bagaglio di conoscenze utili nel lavoro. Potremmo aggiungere i titolari di aziende, nel caso di scuole di formazione e, sicuramente, altri target a seconda del caso specifico di ogni scuola o ente. Cosa hanno in comune tutte queste figure? Che cercano informazioni online prima di iscriversi a chissà cosa. Risolvono i loro dubbi, comprano piani formatici, cercano sicurezze. Vuoi farti trovare prima degli altri ed essere tu a spiegare i vantaggi di scelte differenti, come si fa a trovare un lavoro usciti dal tal corso di laurea e dove si mangia bene - a portata di studente - in città? Inizia con l'inbound marketing! Il mercato Ci sono enti e scuole blasonati, che hanno impiegato decenni - o centinaia d'anni - a costruire una credibilità accademica. Grazie ai docenti che hanno avuto, la loro storia e le specializzazioni acquisite. Vuoi sovvertire lo status quo? Dimostra che ne sai di più. Fornisci materiale gratuito d'eccellenza, fai divulgazione delle tesi e dei lavori dei docenti, fai venir fuori tutto quello che sai e mettilo a disposizione del mondo. Le persone più ricche, oggi, sono quelle che condividono la loro conoscenza, non certamente quelle che la nascondono. Non sarà questione di qualche mese e, probabilmente, ci vorrà qualche anno per lavorare così forte sul posizionamento. Ma intanto ti stai portando a casa lead su cui lavorare per portarli ad iscriversi. E generi fatturato che ti permette di investire sempre di più sulla tua autorità. Conclusione Davvero: non vedo alcun motivo perché un ente di formazione o un'università non debba fare inbound marketing. Ci aggiungerei una chicca: HubSpot ha un programma partner per le Università che iniziano con l'inbound marketing ed acquisiscono la licenza, che permette loro di accedere a tutti i materiali dell'accademia e al know-how dell'azienda per avviare corsi di inbound all'interno delle loro strutture, fornendo la piattaforma gratuitamente agli studenti in versione educational per la durata del corso di studio. Se volete approfondire questo aspetto potete fissarvi un appuntamento direttamente sul mio calendario.
I dati suggeriscono che la lunghezza ideale di un'e-mail è compresa tra le 50 e le 125 parole. E-mail di questa lunghezza hanno tassi di risposta superiore al 50%. Uno studio ha rilevato che le e-mail con circa 20 righe di testo o circa 200 parole avevano le percentuali di clic più elevate. Nel caso tu abbia dei dubbi, mantieni le email brevi e sotto le 200 parole. Secondo TOPO, i potenziali clienti aprono meno del 24% delle e-mail commerciali. Ciò significa che tre destinatari su quattro, a cui hai inviato un'e-mail, impegnato tanto a scriverle, e che hai inviato ai potenziali acquirenti - selezionandoli accuratamente - probabilmente potevi fare a meno di scriverle. I venditori oggi si affidano sempre più alla posta elettronica nei loro sforzi prospecting (e ci credo: chi va ancora a suonare i campanelli a freddo?). E questo rende di fondamentale importanza l'argomento come scrivere un'e-mail commerciale alla quale le persone vogliano rispondere e che sia percepita come qualcosa di più importante che mai. Ma a che serve spedire le email se i destinatari non le stanno leggendo? Tenendo questo a mente, i venditori farebbero bene ad esaminare molto attentamente i fattori che influenzano i tassi di apertura e risposta dei messaggi che scrivono e inviano. Se ti sei mai chiesto - o se non hai mai capito - perché non sei stato minimamente badato da dei prospect a cui hai inviato via email, ci sono delle buone notizie. Uno studio di Boomerang rivela i motivi per cui alcune e-mail vengono aperte e altre vengono inviate direttamente alla spazzatura (o, peggio, in spam). I dati, basati su una raccolta di oltre 40 milioni di e-mail, hanno mostrato che alcuni messaggi e-mail, che esprimevano una moderata positività o negatività, hanno riportato un tasso di risposta che andava dal 10 al 15% in più, rispetto a messaggi di posta elettronica completamente neutri. Ma i venditori dovrebbero sapere anche che la ricerca ha mostrato che troppe emozioni nei messaggi hanno portato a tassi di risposta simili a quelli di email neutre. L'adulazione funziona, ma l'adulazione eccessiva no, ha scritto Alex Moore nel rapporto. La lunghezza ideale di un'email commerciale La lunghezza ottimale di un'e-mail è stata oggetto di molte discussioni. Ma secondo i dati di Boomerang, le e-mail tra le 50 e le 125 parole hanno i migliori tassi di risposta, appena superiori al 50%. Non scrivere email troppo lunghe I dati di Boomerang sono supportati anche da un recente studio di Constant Contact. In uno studio condotto su oltre 2,1 milioni di clienti, hanno riscontrato che le e-mail con circa 20 righe di testo avevano le percentuali di clic più elevate rispetto alle altre. Questo si traduce in circa 200 parole complessive, che è un po' superiore rispetto ai dati di Boomerang, ma fornisce comunque - mettendo insieme i due dati - un intervallo utile. In caso di dubbio, più breve è generalmente meglio, quindi sempre errare sul lato di less is more e mantenere le e-mail al di sotto di 200 parole. Evita di scrivere le tue e-mail troppo brevi Boomerang ha anche riscontrato che le e-mail brevi e dirette hanno avuto un feedback megliore con i potenziali clienti e hanno ottenuto più facilmente una risposta. (Ecco perché l'account executive di HubSpot Dan Muscatello scrive brevi email di prospezione - due frasi lunghe al massimo). Tuttavia, i numeri hanno rivelato una linea sottile: le e-mail che erano più brevi di 10 parole hanno ottenuto una risposta solo il 36% delle volte che sono state inviate. Torna in terza media Successivamente, lo studio ha mostrato che le e-mail scritte a un livello di lettura comprensibile ad un ragazzo di terza media, avevano il più alto tasso di risposta. Queste e-mail hanno registrato un rendimento di un + 36% in termini di apertura, rispetto a quelle scritte per un livello scolare superiore e hanno registrato un tasso di risposta del 17% in più. Inoltre, i dati suggeriscono che le e-mail informali a ruota libera sono le migliori per suscitare una risposta da parte dei destinatari. Includere sempre una domanda Una buona pratica sarebbe anche quella di includere un ask in ogni email di vendita che invii. Spesso i venditori sondano i potenziali clienti per ottenere informazioni, quando inviano loro dei messaggi. Ma quante domande sono troppe quando invii un'e-mail? Lo studio ha mostrato che quando i commerciali inserivano nell'email da una a tre domande, i destinatari avevano il 50% di probabilità in più di rispondere, rispetto all'e-mail senza domande. Abbrevia l'oggetto E se nessuno apre le tue e-mail, non importa quanto tempo ci hai dedicato a scriverle e quanti caratteri ci sono dentro, che tono hai usato o se hai messo domande. Boomerang ha trovato delle indicazioni secondo le quali le e-mail con solo tre o quattro nell'oggetto, hanno ricevuto la maggior parte delle risposte. Non aspettarti che le immagini risolvano tutti i tuoi problemi Mentre ascoltiamo molte voci che ci racconta store su quanto le immagini siano importanti e possono aumentare il coinvolgimento degli utenti, c'è una linea sottile tra attenzione e attenzione. Una ricerca di HubSpot suggerisce che quando il numero di immagini in un'e-mail aumenta, la percentuale di clic diminuisce. Usa lo stesso livello di moderazione con le immagini come fai con il testo. Manda un'e-mail al giusto prospect (e non a chiunque) La ricerca di HubSpot suggerisce anche che le e-mail in cui il nome del destinatario è incluso nella riga dell'oggetto hanno percentuali di clic più elevate rispetto a quelle senza personalizzazione. Se non si investe il tempo necessario per ricercare il potenziale cliente e creare un'e-mail preziosa, non importa se si raggiunge la lunghezza perfetta della posta elettronica. Va inoltre considerato che esistono innumerevoli tipologie di lead, e diverse situazioni per ognuno di essi: assicurati di scrivere la giusta email al giusto soggetto nella giusta condizione. Il tuo prospect non sarà interessato a quello che hai da dire, perché non hai mai detto nulla a lui prima di mandargli questa email. Quanto ti interessa l'email di qualcuno che non conosci? Per quello è nato l'inbound marketing e l'outbound marketing è morto. PS Indovinare la giusta lunghezza di un'email non è la sola questione importante. C'è anche il tema di una grande partenza dell'email per coinvolgere da subito l'interlocutore. Puoi approfondire l'argomento sul post del blog Come iniziare un'e-mail commerciale
La trasformazione digitale del modello di business di un'azienda oggi può fare la differenza per le aziende che vogliono crescere, aumentare il fatturato ed espandersi in nuovi mercati. Bisogna abbandonare la conforto zone delle telefonate a freddo, dei venditori portata a porta che suonano i campanelli, delle liste di email comprate e dei pacchi di elenchi morti raccolti ad una fiera. Bisogna avere coraggio ed investire un budget - anche solo per un progetto pilota di 20-30mila euro - per esplorare un nuovo linguaggio, aprirsi a nuovi territori e capire un nuovo modo - e mondo - di fare business. Il connubio della tecnologia e delle metodologia, un modello che Brian Halligan e Darmash Shah hanno presentato con il nome di inbound marketing, può portare l'economia del dato all'interno della piccola, media e grande azienda italiana. Sul digital, nel mondo del web, pensare di operare senza strumenti adeguati è miope, illusorio, fallimentare. L'evoluzione tecnologia dell'ultimo decennio ha permesso di abbassare notevolmente il costo di questi strumenti e di renderli accessibili alla maggior parte delle tasche delle aziende minimamente strutturate. Ma la tecnologia, senza un conducente, è una schermata bianca di un software. Ci vuole il metodo. Ecco quindi che HubSpot fornisce anche il metodo, l'inbound marketing, e una piattaforma per per gestire tutto il processo, dal marketing (blog, form, landing page, call to action, social media, newsletter, sito web, marketing automation...), passando dal CRM (gestione dei contatti, task, opportunità, prodotti, preventivi...), per arrivare al servizio post vendita con il service (soddisfazione del cliente, bot, ticket di assistenza...). Parliamo di un connubio destinato a cambiare radicalmente il modello di business di un'azienda, proiettandola direttamente nei prossimi anni: non solo industria 4.0, ma inbound marketing e sales per continuare a vendere e ad aumentare gli ordini delle aziende che abbracciano questa innovazione.
Fare soldi online con l'inbound marketing sembra oramai la cosa più facile del mondo, la nuova panacea che centinaia di agenzie di comunicazione - sia partner di HubSpot che non partner - propongono. Ora, lasciando la parte la polemica che non si può fare inbound marketing senza il software che l'ha inventato - e quindi sapere che cazzo vendono... - c'è un problema che viene avanti, molto più grande: l'onda di clienti disillusi quando avranno capito che sono stati abbindolati con qualcuno che gli ha venduto l'ultima moda del momento. Con una ricaduta certamente negativa su quanti, invece, cercano di fare le cose per bene, allineare il cliente alla triste realtà, spiegandogli che, anche con l'inbound e con HubSpot, è difficile fare soldi online, bisogna sgomitare, lavorare, sbagliare ed investire. Ma d'altronde la maggior parte di queste agenzie sono passati dal fare cataloghi cartacei (sui quali erano ovviamente i più bravi del mondo) al realizzare siti web nell'arco di una notte... questo passaggio, dal farti il sito web aziendale, gestirti i social e scrivere qualche post del blog (perché sono anche grandi copy, quelli che sono partiti dai cataloghi, me ne ero dimenticato), a farti un progetto di inbound marketing... cosa vuoi che sia! Il danno maggiore lo ricevano i clienti, che vengono convinti di essere impegnati in una attività inbound marketing & sales destinata a cambiare il volto della loro azienda e invece andranno incontro ad una cocente delusione, arrivando a mettere in discussione tutto il modello (e questa poi diventa la ricaduta negativa sul settore. Ma dopo questa introduzione, andiamo nel cuore della questione con questi argomenti: Fare soldi online con l'inbound: mito o realtà? L'inbound non è sempre e comunque Fare inbound senza HubSpot, la frontiera del fai da te La tua azienda ha davvero bisogno dell'inbound? Una premessa, prima di continuare, per chi si fosse trovato catapultato a leggere di inbound marketing senza sapere di cosa stiamo parlando.L'inbound marketing è una metodologia che raggruppa tutti gli strumenti e tattiche che sono proprie del web marketing (sito web, blog, Socia Media, SEO, Adwords, ADS, landing page...) con l'obiettivo di portare i visitatori sul sito web, convertirli in contatti del database (lead generation), segmentarli in base alle interazioni con i contenuti che presentiamo sul sito, sui social network e nelle newsletter, per alimentarli successivamente nel modo corretto (lead nurturing), con l'obiettivo di trasformali in clienti, aumentando il fatturato dell'azienda. Il termine è stato coniato nel 2009 da Brian Halligan, co-fondatore e CEO di HubSpot, una società che si occupa di software per il marketing: è di quell’anno la pubblicazione del libro Inbound Marketing: Get Found Using Google, Social Media and Blogs scritto dallo stesso Halligan, Dharmesh Shah (uno dei creatori della società) e David Meerman Scott. Il libro è stata una grande campagna di pubbliche relazioni per far conoscere al mondo questo nuovo modo di fare marketing, un modo che sarebbe stato presto implementato in un gran numero di aziende. Pe approfondire l'argomento sul che cos'è l'inbound marketing potete leggere questi articoli: L'inbound marketing: cos'è e come funziona Inbound marketing: la spiegazione definitiva L'inbound marketing, il libretto delle istruzioni di HubSpot HubSpot, che cos'è e cosa fa 1. Fare soldi online con l'inbound marketing: mito o realtà? Fare soldi online è il grande mito di questa generazione: chi produce qualcosa, chi vende qualcosa, chi ha dei servizi che può fornire ad ampio raggio è spesso solleticato dall'idea di andare su web e trovare nuovi clienti o potenziali tali, un mercato enorme e globale di acquirenti che stanno cercando proprio quello che tu offri. L'inbound marketing cade a fagiolo su questa realtà spinta dal miraggio di poter aumentare i guadagni, uscire dalla crisi o partire con un nuovo business. D'altronde l'inbound promette di darti un metodo per trovare nuovi potenziali clienti, lavorarli commercialmente, segmentarli e riuscire a vendere loro qualcosa prima e meglio. Ma l'inbound poco ha a che fare con la voglia di vendere di più e subito: l'inbound marketing è un nuovo modo di avvicinarsi e gestire il marketing digitale di un'azienda dove la parola d'ordine non è vendere, vendere, vendere, ma ascoltare, aiutare, affiancare. Si, sto parlando di cultura aziendale e di una differente attitudine e propensione di avvicinamento al potenziali cliente. Non è più una mucca da mungere ma una persona che ha bisogno di qualcosa e che - forse - il nostro prodotto o servizio può aiutare ad ottenerlo. Fare soldi online non è l'obiettivo dell'inbound, semmai una conseguenza, una conseguenza di un cambiamento radicale nel modello di business, rispetto alle tecniche di promozione e di vendita del XX° secolo. Vendere il tuo prodotto o servizio a chi ne ha bisogno significa certamente riuscire a guadagnare, ma il focus non è sul fare soldi online. So che per chi è concentrato a trovare una soluzione veloce e subito alla questione guadagnare subito grazie al web può sembrare un cavillo, ma non è affatto così. Fare soldi online è la conseguenza di un progetto di business chiaro, investimenti importanti, studio e abnegazione, non basta dire faccio inbound e cominciare a scrivere un blog, offrire qualche pdf o video a cui accedere tramite una landing page e la compilazione di un blog. Stiamo proprio giocando partire differenti. Conoscere il proprio potenziale cliente, per poter vendere di più e meglio. Ma il focus è tutto sulla conoscenza, sul costruire un'azienda e un business che ha a cuore i bisogni degli altri, in un mondo più etico. ATTENZIONE: non significa che chi fa inbound regala soluzione, al contrario: le aziende che falliscono e vanno in bancarotta non rendono felici i propri clienti. I clienti sono contenti di pagare un prodotto o un servizio se questo funziona bene, se li sta aiutando, se si sentono seguiti. Insomma: è un po' piò variegato e complesso del guadagnare online. 2. L'inbound (ed HubSpot) non è sempre e comunque Ci sono casi in cui l'inbound non è proprio un affare per te. E non serve spendere 100mila € in tre anni per capire che, alla fine, i conti non torneranno. Partiamo da definire quanto costa fare inbound marketing. Il costo dell’inbound marketing non è un elemento accessorio di cui discutere a margine della definizione del progetto. Fare inbound marketing richiede si una strategia e degli strumenti, ma, sopratutto, richiede risorse economiche – sia che per l’operatività ci si rivolga a un partner HubSpot, sia che si preferisca gestire la grossa mole di lavoro all’interno. L'investimento per fare inbound marketing parte da un budget di almeno 30.000 € l’anno per un progetto pilota tra ore interne, software, consulenze estere e e formazione e acquisto spazi pubblicitari. Per approfondire il tema dei costi puoi leggere il post del blog Il costo dell'inbound marketing, perché in questo articolo il costo, seppur rappresentando una discriminante, non è il focus del discorso. Già questo definisce in partenza che per provare a fare inbound marketing bisogna mettere sul piatto un 30k l'anno e, sapendo che si tratta di andare a correre una maratona (posizionamento SEO, costruzione base affezionata sui social e di iscritti alla newsletter, autorità generale non si conquistano in pochi mesi), moltiplichiamo pure per - almeno - 2 questo costo. Non vuoi mettere sul piatto almeno 60.000 € in due anni? Lascia perdere! Continua a fare quello che stai facendo, che va benissimo! Ma non è solo la voglia di mettere sul piatto un gettone che può essere considerato corposo, che fa la discriminante tra fare inbound oppure no (voglio dire: con 3-5.000 € l'anno non fai nulla...). Può essere che un'azienda sia animata dalle più buone intenzioni ed abbia il portafoglio pronto a svuotarsi per la campagna di comunicazione con inbound marketing più bella della storia, ma... MA... MA non sia affatto una buona idea. Cioè: fare cultura, attrarre lead, alimentare lead...ò tutto questo ha un costo, che potremmo definire costo a contatto: devi sempre chiederti, cin la spesa messa in campo, quante probabilità avrai di attirare un numero sufficiente di clienti, il cui fatturato giustificherà la spesa sostenuta. Se spendi 50.000 € ma per guadagnarli devi trovare 50.000 nuovi clienti... boh, non mi sembra lo strumento più adatto. A volte potresti avere budget e valore del cliente, ma la tua attività si concentra in un territorio così poco esteso da rendere superfluo ogni investimento su web che si trovi a travalicare i confini della zona, finanche a costituire un problema come quantità di contatti generati e da gestire (tutto ha un costo!). 3. Fare inbound senza HubSpot, la frontiera del fai da te HubSpot e inbound marketing & sales sono un connubio imprescindibile: non sapremo mai se nella testa di Brian Halligan e di Darmesh Shah sia nato prima l’uovo a la gallina. Ovvero possono anche raccontarci di avere pensato e codificato questa nuova metodologia, l‘inbound marketing, perché delusi dai risultati sempre meno performanti delle tecniche tradizionali e per cambiare il volto della comunicazione, per renderla meno intrusiva e fastidiosa. E fino a qui ci sta. Ma io non ho capito davvero se avessero in mente, fin da subito, di costruire un software per gestire questa nuova metodologia e trasformarlo in un’azienda globale. Vado diretto al punto: non si può fare inbound marketing senza utilizzare HubSpot e il fatto che in Italia ci siano un sacco di agenzie e consulenti che propongano inbound marketing & sales senza far riferimento alla piattaforma – senza neppure sapere che esiste – è una situazione generata dall’assenza di HubSpot in Italia nei primi 10 anni in cui il termine inbound marketing & sales e la metodologia inbound, hanno travalicato i confini nazionali degli Stati Uniti per arrivare qui. In altre parole: non usare HubSpot per fare inbound marketing, in assenza nel mercato di una piattaforma che “pensi” e “ragioni” come HubSpot, offrendo i servizi che offre HubSpot, significa in parole povere non fare inbound marketing. Se hai capito la metodologia inbound marketing e inbound sales tutto si basa su attrazione, conversione, segmentazione, qualificazione commerciale e chiusura. Per fare questo hai bisogno (e prendete un bel respiro perché la frase è lunga) di un software che ti permetta di gestire contenuti, ottimizzarli, gestirne la distribuzione (l’ottimizzazione SEO, mobile, la condivisione sui social), che ti permetta una raccolta di lead e la loro gestione in liste a seconda delle interazioni che questi hanno con i contenuti (post, pagine, landing, call-to-action, social, email, referral, link), che queste liste si aggiornino e siano fluide e dinamiche per accogliere i cambiamenti di interessi e necessità dei lead, che ti permetta di capire – attraverso una mappatura dei contenuti digitali dell’azienda – quando il contatto è qualificato commercialmente, in modo da procedere alla fase di smarketing e, con la marketing automation, curare l’alimentazione del lead e portarlo verso la chiusura, quando non si reputi necessario la creazioni di attività dirette dei commerciali. No, comunque, non sto dicendo che se vi hanno venduto “l’inbound marketing” senza HubSpot vi hanno truffato. Ma c’è speso un misunderstanding comune attorno a questa metodologia. Moltissime persone che “la vendono” o che sono convinti di farla. Ma io so che non mi credete proprio fino in fondo. Ecco quindi che vi ho preparato due approfondimenti: Alternative ad HubSpot per provare a fare inbound marketing Frankenspot: trasformare Wordpress in un mostro mutante per provare a fare inbound 4. La tua azienda ha bisogno dell'inbound (e di HubSpot)? Oramai dovresti avere incamerato abbastanza informazioni per capire se pre te ha senso investire in una campagna di digital marketing e se l'inbound marketing è in grado di farti guadagnare online, permettendoti di trovare nuovi clienti. Se ancora non l'ha fatto, ti invito a scaricare l'ebook gratuito Che senso ha l'inbound per la tua azienda. Ora, vuoi davvero tagliare la testa al toro? Fissa una call introduttiva con me, per una breve consulenza e capire insieme se ha senso l'inbound - con HubSpot - per la tua azienda e come possiamo aiutarti. Semplicemente clicca sul giorno che preferisci e verifica le mie disponibilità, puoi prenotare direttamente qui sotto:
Stai pensando di creare un blog per la tua azienda? È un'ottima idea e una scelta intelligente. Il blogging non solo ti aiuta a posizionarti nei risultati della ricerca, ma dimostra che sei un esperto nel tuo settore, aumentando la tua autorità su determinati argomenti inerenti al tuo business. Quando decidi di fare il grande passo del blogging, devi fare una scelta. Scrivi tu stesso i contenuti per il blog (utilizzando le risorse che hai a disposizione o assumendo qualcuno ad organico) o ti rivolgi ad un'agenzia esterna, a qualcuno che lo faccia per te? Diamo uno sguardo più da vicino ai vantaggi e agli svantaggi per ognuno dei due approcci. Scrivere sul blog: perché dovresti farlo internamente Nessun altro sa quello che sai, e nessuno conosce la tua area disciplinare meglio di te. Ecco perché ha molto senso scrivere il tuo blog aziendale da solo. a. Benefici del fai da te Quando crei contenuti internamente, puoi mettere in evidenza la tua esperienza e e la tua competenza in ogni articolo. Non è qualcosa che un autore di blog in outsourcing può fare - non aiuta i veri clienti a risolvere i loro problemi ogni giorno. Sarai in grado di fare riferimento alle conversazioni effettive dei clienti mentre scrivi, il che aggiunge profondità e un contesto ai tuoi contenuti. Anche la scrittura di blog “fai da te” dà autenticità ai tuoi contenuti. I tuoi post del blog sono scritti con parole che usi effettivamente, e narrano di storie nate dalla tua esperienza personale. Mentre leggono, i tuoi clienti si sentiranno come se ti stessero davvero conoscendo. Anche in questa era di Internet, i rapporti umani contano davvero. Le persone vogliono lavorare e comprare da persone con cui sentono un 'affinità. Un altro importante vantaggio del fai da te è che non stai pagando qualcuno che dovrà in aggiunta mettersi al passo con te. Anche se assumi uno scrittore che è già profondamente immerso nel tuo settore, dovrà dedicare del tempo a imparare a conoscere le tue offerte, i case study e il modo in cui lavori. b. Sfide del fai-da-te A meno che tu non sia già uno scrittore esperto, non è facile iniziare a scrivere un blog. Devi imparare e capire cosa serve per scrivere un buon post, quindi esercitarti abbastanza per migliorare la tua scrittura. All'inizio ci vorrà molto tempo per un singolo articolo. Inoltre, per assicurarti che il tuo tempo sia dedicato alle attività giuste, dovrai conoscere le migliori pratiche di marketing digitale, SEO e inbound marketing. Infine, dovrai trovare il tempo per scrivere effettivamente. Non è possibile buttare giù un buon post in pochi minuti: aspettati di mettere da parte come minimo un paio d'ore per scrivere, specialmente se sei un “novellino” o vuoi includere molte ricerche. Scrittura sul blog: perché dovresti affidarti ad un professionista esterno Se stai rimandando il lancio di un blog perché non hai il tempo di occupartene personalmente, la soluzione è trovare qualcuno che possa concentrarsi sulla creazione dei tuoi contenuti. Non ti preoccupare, questo non è barare: molte aziende che pubblicano regolarmente grossi articoli articoli spesso affidano a degli esperti il loro blog di scrittura. a. Benefici dell'outsourcing Uno dei principali vantaggi dell'outsourcing è che ti porta via molto meno tempo. Non è necessario imparare come scrivere o educare te stesso sulle migliori pratiche di digital marketing, né devi passare una giornata intera a scrivere un post sul blog. Invece, puoi periodicamente (ogni mese o settimana) incontrare il tuo “scrittore” e parlare del tuo piano editoriale. Quindi potrai tornare al tuo lavoro pianificato regolarmente mentre altri inizieranno a creare i tuoi contenuti sulle tue indicazioni. Una volta terminato, basta rivederlo per apportare eventuali modifiche ed ecco fatto. Facile, no? Quando si opta per l’outsourcing , si beneficia anche di lavorare con qualcuno che sa davvero come sfruttare i blog per ottenere risultati. Un esperto sa scrivere articoli interessanti che attireranno i tuoi lettori: inoltre sa come identificare le parole chiave da seguire, può scrivere titoli e meta description che verranno cliccate nei risultati di ricerca e possono interpretare le tue analisi per vedere quali tipi di post sono più efficaci per raggiungere i tuoi potenziali clienti. Possono anche scrivere messaggi social accattivanti e sono in grado di caricare il contenuto nel tuo sito web senza causare errori HTML (un'attività spesso dispendiosa in termini di tempo e stress). Infine, l'outsourcing è ottimo perché garantisce il regolare aggiornamento del blog, il che è fondamentale per aumentare il posizionamento nelle ricerche. Si presume che il professionista esterno sia esperto anche di SEO e che ottimizzi i testi e i link tra gli articoli per ottenere il massimo del rendimento per i motori di ricerca. Quando affidi a esterni la scrittura del blog, poi, sei il cliente. Ciò significa che terminare i tuoi contenuti in tempo è la priorità dell’autore dei tuoi articoli e che hai la garanzia di pubblicare i contenuti in tempo e con regolarità (indipendentemente da ciò che sta succedendo nella tua azienda!). b. Sfide dell'outsourcing Ad essere sinceri, un bravo scrittore può essere difficile da trovare. L'ultima cosa che vuoi nel tuo blog sono articoli scritti male che non generano interesse o traffico, poiché non presentano un contenuto interessante o sono andati fuori tema, facendo perdere così prestigio al tuo blog sul web. Molte aziende si scoraggiano perché non sanno come valutare se uno scrittore è in grado di soddisfare le loro esigenze. L'outsourcing richiede anche che tu abbia una solida conoscenza del tuo settore e che sia in grado di comunicare le esigenze dei tuoi buyer persona. La colpa per lo scarso risultato di un blog in outsourcing può dunque dipendere da te, e non dall'autore: offrigli contenuti e spunti interessanti, e soprattutto informazioni pertinenti sui tuoi clienti ideali, o i risultati non si faranno vedere. Vuoi mettere insieme le due cose? Fortunatamente, è possibile ottenere il meglio di entrambe queste due pratiche utilizzando una tecnica chiamata outsourcing strategico. Se vuoi che qualcuno trasformi le tue parole in articoli, considera l'abbinamento con uno scrittore che è anche un buon intervistatore. Una conversazione di 15 minuti può essere trasformata in un post sul blog, mentre una chiamata di mezz'ora potrebbe trasformarsi in diversi articoli più piccoli, oppure in uno più vasto ed approfondito. La collaborazione con un intervistatore esperto rende i tuoi contenuti più personali perché lo scrittore riesce a percepire che cosa vuoi trasmettere, e sarà in grado di chiederti esempi specifici da includere nell'articolo. O se vuoi scrivere tu stesso gli articoli, ma hai bisogno di aiuto per assicurarti che tu stia facendo bene, prova a lavorare con uno stratega di Inbound Marketing: egli può aiutarti a scegliere le parole chiave su cui concentrarti e guidarti ad analizzare l'impatto dei tuoi sforzi sul blog. Può anche correggere i tuoi articoli per assicurarsi che siano più convincenti, avere gli elementi SEO di cui hanno bisogno e aderire alle migliori pratiche di marketing dei contenuti. Conclusione Sia che tu decida di scrivere da solo il tuo blog, sia che tu preferisca affidarlo ad esterni, la cosa più importante è iniziare per poter iniziare a beneficiare dei vantaggi di una propria voce sul web. E per lanciare il blog, non fare le cose a caso... inserisci il tuo blog all'interno di una strategia di inbound marketing, per generare lead, segmentarli e qualificarli commercialmente, aiutando i venditori a chiudere di più e meglio.
Quando si costruisce un nuovo sito Web aziendale, i clienti spesso chiedono perché dovrebbero utilizzare HubSpot anziché WordPress. Wordpress vanta una bella storia di penetrazione all'interno del mercato business nell'ultimo decennio. Ma, come ogni cosa, anche l'epoca dell'open source self hosted sta cedendo il passo a soluzioni aziendali più performanti e sviluppate attorno ad un'idea di business. Wordpress una soluzione aziendale quando il web era giovane Wordpress è stato un grande sistema per costruire siti, evolvendo da semplice software per fare blog ad una piattaforma in grado di fornire le funzioni per costruire pressoché qualunque tipologia di sito: ma questo negli anni 2000 e, sopratutto, a livello pseudo-amatoriale. Ma questo software opensource, fatto di funzionalità che vengono aggiunte alla disperata pescando dal grande mondo del web che produce di tutto e di più, non può essere una scelta su cui gettare le basi di un'azienda che vuole costruire una strategia di business su web. Se vuoi pianificare una strategia di crescita del business, per trovare lead, segmentarli, qualificarli commercialmente e chiudere più contratti e meglio, Frankespot (quel Wordpress gonfio di plugin per gestire il webmarketing di un'azienda...) non è una scelta aziendale oculata. Oggi c'è HubSpot e questo ha cambiato le carte in tavola. Premessa Ovvio, direte. Secondo te. Tu hai scelto di fare i siti sul COS HubSpot e vuoi convincere tutti che è meglio. Certo, ma andiamo a monte: perché ho scelto di abbracciare HubSpot, un software a pagamento che i miei clienti devono pagare, drenando le sempre scarse risorse destinate al marketing dai miei clienti, anziché tenere il budget per sviluppare il sito (o fornire altri servizi accessori), sul quale guadagnerei direttamente? Perché sono un pazzo a cui non piace guadagnare e lavora commercialmente per gli altri o perché credo, in questo modo, di fare un servizio migliore ai miei clienti? PS: Su questo post del blog, potete trovare le Differenze tra Wordpress e HubSpot. I vantaggi di realizzare il sito su HubSpot rispetto a Wordpress Detto questo, ecco a nostra panoramica dei vantaggi di un sito web HubSpot. La creazione del tuo sito web sulla piattaforma HubSpot ti consente di sfruttare a pieno le funzioni del sistema di ottimizzazione dei contenuti (COS) di HubSpot, tra cui: 1. Facile gestione del sito Il COS di HubSpot è un editor di siti molto intuitivo. L'uso di modelli e moduli personalizzati ci consente di sviluppare un sito e formare operatori di marketing per poter modificare, aggiungere o rimuovere rapidamente pagine del sito senza alcuna conoscenza HTML. 2. Contenuto personalizzato o smart content La piattaforma COS di HubSpot ti consente di modificare dinamicamente il contenuto di qualsiasi pagina del tuo sito web in base alle informazioni note sul visitatore del sito. Questa funzione viene chiamata smart content. Per i visitatori anonimi, puoi attivare contenuti mirati in base a: La loro posizione (paese) Come hanno trovato il sito (social media, motori di ricerca), Che tipo di dispositivo stanno utilizzando (computer desktop, cellulare, tablet) Per lead che hanno precedentemente effettuato la conversione in un altro modulo sul tuo sito e che si trovano nel database dei contatti, puoi scegliere come target qualsiasi punto dati caratteristico: settore, buyer persona fatturato ... 3. Profilazione progressiva con i form Questa funzione (disponibile con l'abbonamento ad “HubSpot Professional o ad HubSpot Enterprise ) consente di creare una coda di domande all'interno di un unico form. Se un visitatore ha già risposto a una domanda - o se hai già raccolto nella sua anagrafica quella informazione - il form si modifica automaticamente per richiedere solo le informazioni che non hai ancora portato a casa. 4. Integrazione con i pulsanti Call-to-Action (CTA) di HubSpot Con un clic, puoi visualizzare gli inviti all'azione esistenti e inserirli all'interno di una pagina del sito, post di blog, landing page o e-mail. 5. Hosting sicuro La piattaforma HubSpot è un sistema proprietario mantenuto da HubSpot. Non consentono l'accesso esterno ai loro server. Invece mantengono il software per te, il che significa che il tuo sito è più protetto rispetto a un ambiente aperto come WordPress, che consente l'aggiunta di plugin esterni e il cui codice sorgente è pubblico (questo significa enormi possibilità per gli hacker). È inoltre possibile utilizzare integrazioni API e una vasta rete di provider di servizi. 6. Integrazione con WordPress HubSpot si integra con WordPress. Tuttavia, scegliendo come piattaforma di sviluppo WordPress, sacrificherete alcune funzionalità di quelle descritte (ad es. Smart Content e Smart Forms). Tuttavia, ci sono casi in cui WordPress è la scelta obbligata o più conveniente: ci capita spesso un cliente che ha appena fatto il sito con Wordpress e - dopo aver vito che non riesce ad avviare un progetto inbound coerente - si avvicina ad HubSpot. In questo caso optiamo per costruire blog e landing page all'interno del COS di HubSpot e manteniamo il sito appena realizzato (e pagato) su Wordpress In questi casi, ecco come funziona HubSpot: Form: si crea un form all'interno di HubSpot e si inserisce il codice, semplicemente, in una pagina all'interno di WordPress. Ciò consentirà il passaggio dei campi del modulo al database dei contatti. Tuttavia, non è possibile accedere agli smart form quando si utilizzano versioni esterne di form. Analytic: Il plug-in WordPress di HubSpot consente il passaggio di tutte le analisi del sito tra il tuo sito web e la loro piattaforma. CTA - Esattamente come i form moduli, è possibile incorporare un CTA HubSpot all'interno di una pagina di WordPress. Sicuramente è meno comodo rispetto ad un singolo click, come faresti sul COS di HubSpot, ma puoi utilizzare anche questa funzione. Puoi leggere di più sull'argomento leggendo il post: HubSpot e Wordpress: come integrarli. Conclusione Come dicevo all'inizio, Wordpress è un gran bel software. Il mio sito personale - quello mio privato, non quello di ICT(digitalthink) è costruito con Wordpress. Resta una soluzione ottima a livello amatoriale o di piccola azienda che non ha il budget o non vuole impegnarsi per un'attività di inbound marketing che supporti la crescita del fatturato aziendale. Di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia da quando Wordpress era la scelta quasi obbligata, per non spendere decine di migliaia di euro per una piattaforma professionale, per un'azienda che voleva uno strumento dinamico e gestibile direttamente da personale che si occupava di marketing ma non di grafica. Voglio dire: avendo a disposizione il COS stand alone, realizzare il sito web su HubSpot diventa un'opportunità che la maggior parte delle aziende dovrebbero valutare, all'interno di un piano di marketing di crescita e di sviluppo.
La definizione di innovazione che si legge nel dizionario ha a che fare con il creare un nuovo metodo, prodotto, idea, ecc. Sembra perfetta, se presa a se stante, ma è davvero quello che si chiede ad una società quotata in borsa e sulla quale potresti investire? Un nuovo quanto vuoi, ma invendibile pezzo di spazzatura è uno spreco di capitale e un investimento poco lungimirante. Un vero innovatore inventa qualcosa che i clienti non hanno mai saputo di aver bisogno - e quindi - non possono più vivere senza quello che lui ha creato. Come l'iPhone o il Model S. O il dentifricio. L'innovazione non riguarda solo la creazione di materiale, ma, sopratutto, la creazione di domanda. Presentazione del test di innovazione So cosa stai pensando: non è forse l'alta crescita dei profitti il risultato principale di cui godono gli innovatori? A volte può esserlo, ma i fattori in gioco sono diversi: puoi far crescere rapidamente il tuo fatturato anche abbassando i prezzi o attraverso promozioni stagionali. L'importante è presentare un prodotto o un servizio che cambia le regole e diventa un modello per tutti, che i consumatori vogliono. Oppure si potrebbe inondare il mercato con i tuoi prodotti e aumentare il volume, o acquisire un concorrente e aggiungere il suo volume di vendite al proprio. Ognuna di queste è una strategia valida, ma non significa innovazione. Cos'è questo? Si tratta del potere del prezzo. Gli innovatori sviluppano prodotti che alimentano la domanda, consentendo alle loro aziende di aumentare i prezzi regolarmente senza che il mercato vacilli, perdere clienti o altro. Netflix, in particolare, ha dimostrato il suo potere di determinazione dei prezzi con aumenti multipli nell'ultimo decennio. Nessuno di questi ha fatto perdere clienti Certo, sappiamo tutti che Netflix è un'azienda che fa innovazione. Prendere le misure ad altre società, meno Faso, richiede un po' più di matematica, ma lo sforzo vale la pena, sopratutto perché capiremo se abbiamo di fronte un'azienda che fa innovazione. Quando i ricavi - o nel caso di una società basata su abbonamento come HubSpot, le entrate dei canoni - aumentano più rapidamente degli investimenti in ricerca e sviluppo, in un lasco di tempo in cui almeno una (ma preferibilmente più) versione di prodotto viene rilasciata, e quando il margine lordo aumenta nello stesso periodo, è probabile che tu abbia trovato un legittimo innovatore. Pensa come si misura l'efficacia di un team di sviluppo o di ingegneria. Scrivere codice pulito e progettare l'hardware che funziona è buono; scrivere codice o progettare hardware che risolva un problema chiaro, che appassiona gli utilizzatori e che possa essere costoso è la chiave per una crescita duratura. Vediamo se HubSpot supera il test. Quattro domande, ma prima, una puntualizzazione Potrei dirti che il test di quattro domande per misurare l'innovazione che sto per rivelare è il frutto del mio progetto, ma sarebbe una menzogna. In realtà si basa su tre dei leggendari 15 punti di Philip Fisher con le indicazioni per investire in azioni con potenziale di crescita. Ecco i primi tre punti: 1) L'azienda ha prodotti o servizi con un potenziale di mercato sufficiente a rendere possibile un considerevole aumento delle vendite per almeno diversi anni? 2) Il management è determinato a continuare a sviluppare prodotti o processi che aumenteranno ulteriormente i potenziali di vendita quando le potenzialità di crescita delle linee di prodotti attualmente attraenti sono state ampiamente sfruttate? 3) Quanto sono efficaci gli sforzi di ricerca e sviluppo dell'azienda in relazione alle sue dimensioni? I Faker Breaker - aziende la cui esplosiva crescita a breve termine oscura le loro debolezze a lungo termine - sono ovunque. Scovare le Rule Breakers (le aziende che fanno innovazione) è veramente difficile e, di solito, è impossibile acquistarle a basso costo usando le metriche tradizionali: quando te ne accorgi sono già sulla cresta dell'onda. Comprendere la qualità dell'innovazione è qualcosa che Fisher sapeva essere molto importante quando ha pubblicato per la prima volta Common Stocks e Uncommon Profits nel 1958, e questo rimane - fino ad oggi - cruciale per il lavoro di individuazione di un vero Rule Breaker. Le quattro domande su HubSpot Arriviamo ora al quiz di 4 domande per capire se HubSpot è un'azienda che fa innovazione. 1)HubSpot ha sviluppato i suoi prodotti internamente? Quali sono? Quando sono stati rilasciati? Sì, HubSpot ha quattro prodotti primari: un prodotto CRM completamente gratuito, HubSpot Marketing Hub (nato nel 2005, è la versione evoluta del prodotto su cui è stata costruita l'azienda), HubSpot Sales Hub (lanciato nel 2015, che segue immediatamente il CRM gratuito, portandovi delle funzioni per i commerciali) e HubSpot Service Hub (il più recente, lanciato nel 2018, per gestire i rapporti con i clienti acquisiti e l'assistenza). Ogni prodotto è acquistabile con un abbonamento e ci sono diversi livelli per ciascuno (3 versioni per ogni Hub: starter, professional, enterprise), tra cui un'opzione prova e compra gratuita. Parte della crescita di HubSpot è inorganica. La società ha effettuato sei piccole acquisizioni dal 2011. Prima di allora, HubSpot era una macchina che generava solo reddito, passando da $ 255.000 nel 2007 a $ 15,6 milioni nel 2010, con un massiccio tasso di crescita annuale attorno del 294% (CAGR). 3) Il margine lordo è in crescita? Sì. Il margine lordo è cresciuto dal 57,7% nel 2011 all'80,2% negli ultimi 12 mesi (a partire dall'ultimo periodo di riferimento di HubSpot nel 2018). 4) Ci sono nuovi prodotti in fase di sviluppo? Quando saranno rilasciati? Sì, continuamente: ogni anno all'evento di settembre a Boston (INBOUND) vengono presentate nuove funzionalità e sviluppi. Nel 2018, per esempio, tra le molte cose, l'aggiunta delle funzioni di video editing alla piattaforma di marketing. Ci sono anche prove storiche di pura ambizione sul creare nuovi prodotti da zero. Ad esempio, in un'intervista del dicembre 2011 al Boston Business Journal, il CEO e co-fondatore di HubSpot, Brian Halligan ha dichiarato: Stiamo cercando di costruire una bestia da un miliardo di dollari qui a Boston. Non so se lo faremo. Ci stiamo provando. Conclusione Queste quattro risposte ci dicono sì, HubSpot è un innovatore, con un team ingegneristico intelligente e disciplinato che produce prodotti che si possono vendere bene. Guardando le metriche, il margine lordo sta crescendo, e il differenziale vicino al 12% tra crescita dei ricavi e investimenti in Ricerca e Sviluppo ci dice che la società è nell'élite di questo settore (e probabilmente ha ancora molto da offrire agli investitori prossimamente).
Scegliere un'agenzia per l'inbound marketing, che supporti il lavoro del tuo team marketing interno o che sia in grado di sviluppare e gestire il progetto: è un punto con il quale sempre più aziende che vogliono cambiare il loro modello di business si confrontano. Ma non è facile capire a chi affidarsi: all'agenzia che da 10 anni mi segue il sito? Al freelance che mi gestisce i social media? All'azienda specializzata in SEO? Già qui mi verrebbe da dire: a nessuna di queste! Il che ci porta all'elenco di elementi da valutare per scegliere un'agenzia per l'inbound marketing. Premessa: cos'è l'inbound marketing Intanto, per chi si è perso le puntate precedenti, definiamo cos'è l'inbound marketing: L'inbound marketing è una metodologia che raggruppa tutti gli strumenti e tattiche che sono proprie del web marketing (sito web, blog, Socia Media, SEO, Adwords, ADS, landing page...) con l'obiettivo di portare i visitatori sul sito web, convertirli in contatti del database (lead generation), segmentarli in base alle interazioni con i contenuti che presentiamo sul sito, sui social network e nelle newsletter, per alimentarli successivamente nel modo corretto (lead nurturing), con l'obiettivo di trasformali in clienti, aumentando il fatturato dell'azienda. Semplice, no? Ok, magari non tantissimo, ma diamo comunque per scontato che, se stai cercando un'agenzia che faccia inbound marketing - e per questo motivo stai leggendo questo articolo - sai più o meno di cosa si tratta. Puoi comunque approfondire il tema su altri articoli del nostro blog: La metodologia inbound marketing La differenza tra inbound marketing e outbound marketing La differenza tra lead generation e inbound marketing La parola fuffa del momento è inbound marketing, attenzione! Andiamo quindi agli aspetti da valutare per scegliere un'agenzia di inbound marketing. Un'agenzia specializzata in inbound marketing Devi andare da un'agenzia che sia specializzata e si proponga per una cosa specifica. Gli anni '90 sono passati da un pezzo, quando un webmaster costruiva e gestiva il sito web in tutto e per tutto e il mondo si fermava al sito web. Oggi internet è una realtà complessa: ci sono i social media, la SEO, il blog, le landing page, le campagne AdWords, le sponsorizzate su Facebook, Instagram e LinkedIn, le campagne Adv di banner, l'email marketing, la gestione delle offerte per la conversione... e anche il sito web. La prima cosa che mi viene in mente di dire è che se hai intenzioni di imbarcare la tua azienda aa bordo del viaggio dell'inbound marketing, destinato a cambiare il modo in cui la tua azienda pensa lo sviluppo commerciale e l'apertura di nuovi mercati, devi andare da qualcuno che sa di cosa parla, che domina il tema e che sa gestire un processo di trasferimento di know-how... e soprattutto che faccia lui, per la sua azienda, inbound marketing. Perché il discorso del calzolaio con le scarpe rotte non mi è mai andato giù più di tanto. Se devo scegliere un'agenzia brava a fare inbound marketing, per prima coso posso valutare l'efficacia e le capacità su campo sul progetto più visibile: il loro sito web! Non dimenticarti quindi di farti mostrare i loro numeri: quanti lead convertono al mese con il loro sito? Quanti si trasformano in clienti? Da che canale arrivano? Quanto scrivono? Con che keyword si sono posizionati? Come gestiscono il cliente? Insomma, spesso le agenzie non mostrano i numeri delle campagne inbound dei loro clienti, perché, giustamente, può esserci o del pudore o - meglio ancora - un giusto rispetto sulla privacy del business altrui. Ma la loro strategia, i loro numeri... dovrebbero per lo meno mostrarli per dimostrare cosa sanno fare, come lo fanno e che risultati si portano a casa. Un'agenzia che usi HubSpot per fare inbound marketing Il termine INBOUND MARKETING è stato coniato nel 2009 da Brian Halligan, co-fondatore e CEO di HubSpot, una società che si occupa di software per il marketing: è di quell’anno la pubblicazione del libro Inbound Marketing: Get Found Using Google, Social Media and Blogs scritto dallo stesso Halligan, Dharmesh Shah (uno dei creatori della società) e David Meerman Scott. Il libro è stata una grande campagna di pubbliche relazioni per far conoscere al mondo questo nuovo modo di fare marketing, un modo che sarebbe stato presto implementato in un gran numero di aziende. [Il libro è stato aggiornato nel 2014 e ora viene proposto con il titolo: Inbound Marketing, Revised and Updated: Attract, Engage, and Delight Customers Online, a riprendere le fasi della metodologia proposta. Disponibile anche in lingua italiana per Kindle, col titolo Inbound Marketing. Attirare e soddisfare i clienti online.] Io credo nel modo più assoluto che non si possa fare inbound marketing senza utilizzare HubSpot: il fatto che in Italia ci siano un sacco di agenzie e consulenti che propongano inbound marketing & sales, senza far riferimento alla piattaforma – senza neppure sapere che esiste – è una situazione generata dall’assenza commerciale di HubSpot in Italia, nei primi 10 anni in cui il termine inbound marketing ha preso piede in tutto il mondo, anni nei quali la metodologia inbound si è dimostrata vincente e ha travalicato i confini nazionali degli Stati Uniti per arrivare qui. A differenza degli USA, qui non c'era la multinazionale che ha inventato il termine e che ha registrato (con copyright) la parola Inbound, perché nessun altro possa utilizzarla negli eventi. In Italia la rincorsa a chi si accaparrava il termine l'avevano vinta i consulenti SEO. Poi però, dal 2016 in poi, il sempre maggior numero di agenzia partner di HubSpot in Italia, ha leggermente riequilibrato la questione, e oggi sembra molto più chiara: la SEO è solo UNO degli elementi dell'inbound marketing (uno dei tanti e neppure, forse, il più importante). In altre parole: non usare HubSpot per fare inbound marketing, in assenza nel mercato di una piattaforma che “pensi” e “ragioni” come HubSpot, offrendo i servizi che offre HubSpot, significa in parole povere non fare inbound marketing. Ti mancherà sempre un pezzo, o molti pezzi, se ti manca il software. Se ti manca HubSpot. La lead generation, nell'inbound, ha senso nella misura in cui porti a casa informazioni sui lead che ti permettano di segmentarli ed alimentarli, qualificarli commercialmente e passare la palla al sales. Ecco che diventa indispensabile una piattaforma software che ti porta, all'interno del contatto, le informazioni sulla navigazione sul tuo sito e blog, comportamento con le Call-to-Action, interazioni avute sul social (click ricevuti sulle piattaforma) e con le newsletter/email, e che ti permette dunque di sapere da quale condivisione sui social sei riuscito a generare il tal contatto... per arrivare poi a sapere quali diventano clienti e attraverso che tipo di interazioni commerciali di contatto one to one. HubSpot è l'unico software che, nella pratica, ti chiede di impostare i Buyer Persona (leggi Cos'è un Buyer Persona) prima di iniziare ad usarlo. Ora, si può fare inbound senza impostare prima i Buyer Persona? No. E un software che non te li fa impostare non è un software che fa inbound marketing. Da tutto ciò: se un'agenzia non è un partner HubSpot non è un'agenzia che fa inbound marketing. Un'agenzia con le competenze per fare inbound marketing Quali sono le competenze di un'agenzia che fa inbound marketing? Essendo l'inbound marketing una metodologia che utilizza tutti gli strumenti del digital marketing con lo scopo di generare lead, segmentarli, alimentarli e chiudere commercialmente, dire che quante più competenze di ambito digital ci sono all'interno di un'agenzia, quanto più può funzionare l'attuazione di questa impostazione. Quindi, oltre al prerequisito di dominare HubSpot e saperlo piegare alla strategia di ogni singolo cliente (conditio sine qua non), ci dovrebbero essere, per lo meno, all'interno dell'agenzia che si propone come una specialista dell'inbound, delle competenze radicate in questi ambiti: Realizzazione grafica web: realizzazione di siti, analisi e costruzioni di landing page, sviluppo di blog. Creazione e sviluppo contenuti: per il sito, per il blog, per le landing page, per le newsletter, per la realizzazione di ebook e altri contenuti da far scaricare. SEO e campagne a pagamento: dovrebbe esserci la capacità di impostare una strategia di ottimizzazione SEO del blog, del sito, delle landing, sia attraverso l'ottimizzazione on site che off site (link building); ma altresì la capacità di gestire campagne pubblicitarie su quanti più canali possibili (Facebook, Instagram, LinkedIn, banner...). Gestione Newsletter: la capacità di creare un funnel dei contenuti, tramite alimentazione via email, è determinante una volta che si è iniziato a generare lead da web. Marketing automation: per la corretta alimentazione dei contatti, dominare le tecniche base di marketing automation è determinante. Ecco che senza specialist all'interno che si possono occupare di questo aspetto, risulta difficile, in prospettiva, gestire una campagna di inbound marketing. Un'agenzia umile Un'agenzia che fa inbound marketing deve essere umile. Quando uso il termine umiltà lo utilizzo nell'accezione più positiva che possiate immaginare: l'inbounder è uno che sa di non sapere e che saprà le cose mano a mano che avrà dati per poter analizzare la realtà. Non è l'agenzia ad esser brava, se l'inbound marketing funziona e ti permette di trovare nuovi clienti. Quello bravo sei tu, il cliente: la strategia di business è quella tua, tuo il prodotto, tua la definizione dei mercati e del posizionamento del tuo prodotto e servizio. Sei tu che fai funzionare l'inbound marketing: io posso aiutarti, affiancandoti con il mio know-how e le competenze che metto a disposizione, ma tu le paghi e le fai fruttare. L'agenzia è uno strumento, come HubSpot, al servizio della crescita del business della tua azienda. Si parla spesso di processo di vendita consultivo (o consulenziale) quando si parla di aziende che fanno inbound marketing: il venditore non va più in spinta da commerciale e vuole aiutare il cliente a fare l'acquisto più consapevole della sua vita, anche quando questo dovesse significare farlo andare da qualcun altro. Mai più azienda leader del settore, mai più pagine su pagine che parlano dell'azienda: tutto viene rivolto ai bisogni, ai problemi e alle necessità del potenziale cliente. Se un'agenzia che fa inbound marketing parla più di se stessa e dei suoi clienti, che non ascoltare i bisogni di chi ha di fronte o che arriva a visitare il suo sito, stanne alla larga! Conclusione Mi verrebbe troppo semplice concludere l'articolo con una frase come se stai cercando un'agenzia che fa inbound marketing, perché non provi a scoprire ICT (digitalthink)? Certo, sarebbe facile e scontato. Ma a volte le cose facili e scontate sono quelle che ci vengono meglio... quindi: se stai cercando un'agenzia che fa inbound marketing, perché non provi a scoprire ICT (digitalthink)?