Smart working è una parola che è entrata nel linguaggio comune delle aziende italiane per permettere di continuare il lavoro amministrativo, commerciale e marketing in sicurezza, ognuno isolato a casa propria, dopo le prime avvisaglie di pandemia Covid-19. Prima un consiglio contenuto nei decreti ministeriali, poi un obbligo per tutte le attività non essenziali per il sostentamento, per continuare a lavorare. Come tutte le novità che si adottano in massa, abbiamo assistito a meeting con persone che non erano tanto abilitate al digital, problemi di collegamento ed errori comportamentali durante la call. Vediamo, per semplicità, quali sono le regole da tenere durante una conference call con colleghi di lavoro, fornitori o clienti. 1. Quando non tocca a te parlare... spegni il microfono Semplice no? Finché parlano gli altri devi disattivare la capacità del tuo microfono di catturare suoni ambientali. I motivi sono molteplici, ma essenzialmente dipende tutto dal fatto che il microfono, se non viene disabilitato, è sempre attivo. Significa che trasmette un flusso cotante di dati che impegna risorse per la conference, occupa banda, e si sente quando scoreggi. Si nel senso, voglio dire: se ti fai i fatti tuoi, saluti qualcuno che entra, il cane abbaia, i bimbi piangono... qualunque cosa diventa patrimonio comune di tutti quelli che partecipano alla videochiamata. 2. Tutte le webcam spente Questo è un tema particolarmente importante in un'economia di scala, in primis pensando che in quel momento, in tutta Italia (e nel mondo), ci sono altre migliaia e migliaia di conference call con molte persone all'interno di stanza virtuali come quella a cui stai partecipando. Il video pesa, nel senso che consuma banda. Banda in uplodad per chi lo trasmette e banda in download per chi lo riceve. Oltre ad impegnare, anche qui, risorse del sistema che si sta utilizzando. Il video, per cortesia e per riuscire a trasmettere meglio il senso di quello che si comunica, potresti attivarlo assieme al microfono, quando parli, quando è il tuo turno. Se tutti, in tutto il mondo, risparmiassero l'inutile traffico generato dal video sparato su web senza motivo, internet sarebbe un posto migliore. 3. La condivisione schermo consuma Le due regole appena esposte come importanti, diventano un imperativo categorico quando uno dei partecipanti deve condividere il suo video con gli altri. Mentre la trasmissione del proprio video, anche se non è al massimo della qualità, è qualcosa che si può accettare e non crea particolari disagi (a meno che tu non sia Brad Pitt ed abbia, dall'altro lato, uno stuolo di signore sognanti), quando si condivide il video della propria scrivania o della finestra di lavoro si deve vedere nitido per forza, altrimenti non si legge e capisce nulla di quello che si sta mostrando. Con i problemi infrastrutturali della rete italiana già questo è un problema. Con tutti i microfoni e le webcam in trasmissione, diventa un'impresa impossibile, Ripetete con me: disabilitare video e voce durante le riunioni via web perché non serve tenerli sempre accesi. 4. Stay home, stay stylish Quando si lavora da casa alcuni (ehm... la maggior parte) tendono a stare comodi, ovvero a non preoccuparsi troppo del dress code e di come restano vestiti tutto il giorno. A volte si arriva nel vabbeh, lasciamo lì quella macchia da caffè, tanto oggi non viene nessuno, ma anche senza pensare ai casi estremi di macchie dimenticate c'è una serie di casistiche importante sullo svacco da telelavoro: pigiama, tutona, capelli spettinati sono i principali déshabillé che si incontrano nelle call improvvisate. Attenzione: siete si a casa, ma state anche lavorando, presentandovi agli altri per lavoro. Sportivo? Sì, tuta la vita. Ma non curato, sporco o in modalità tra poco vado a nanna anche no. La brutta impressione si da anche in una conference call, all'ennesima potenza quando dall'altro lato c'è qualcuno che non ci conosce o ci conosce poco. Stay Home? Stay sylish (almeno quando vai in videochiamata). 5. Quello che si vede è quello che siete (e quello che hai alle spalle e tutto quello che viene inquadrato) Sono di parte, lo confesso... sono uno di quelli che la scrivania la tiene senza un foglio, bigliettino, penna, quaderno: scrivo tutto nel computer. E poi tutto deve essere simmetrico: le due casse dietro al computer nella mia postazione, il mouse sulla destra, meno cavi possibile. Ho anche due modalità di webcam, una direttamente dallo schermo del portatile e una a visuale più ampia che metto a 45 gradi ed inquadra una porzione si stanza più grande, se per caso - non in tempi di Coronavirus - ho un ospite in casa che deve partecipare alla call (uno dei nostro commerciali o altro). Quello che si inquadra deve dare l'idea di un ufficio, per quanto casalingo. S dietro ho pentole, fornelli, bimbi che giocano e gente che fa da mangiare con il frullatore... dio me ne scampi: sembra che la conference call sia poco importante rispetto al resto. Ma senza arrivare alla cucina, non sono un amate neppure degli sfondi da garage, da cameretta o da sottoscala... quando mi trovo in call qualcuno che sembra aver trovato una postazione di fortuna immagino sempre a quanto sia distratto o compresso nel suo spazio. Per non sbagliare? Fate in modo di avere uno sfondo bianco dietro e, se a volte prediligete una vista più ampia, fate in modo che la vostra scrivania sia ordinata. Conclusione Se avete altri consigli (o regole, meglio), scriveteci e gli aggiungeremo volentieri alla lista. Resta una considerazione: smart working non è sto a casa e ogni tanto lavoro ma è un lavoro in un ambiente domestico dove aumentano le distrazioni ma si dilata il tempo che dedichi al lavoro. Darsi delle regole, dei tempi e delle procedure (o abitudini) è una buona cosa per non essere inghiottiti nel pericolo di portare la propria professionalità e produttività sotto alla suola delle scarpe.
Si annulla tutto Abbiamo annullato un viaggio a Dublino che avevamo organizzato per una 30na di manager e imprenditori a fine marzo. Ci hanno annullato le presenze in Canada per un evento a maggio. Abbiamo clienti ai quali hanno annullato le fiere e altri a cui hanno annullato tutte le manifestazioni. Abbiamo bloccato i Shopify Meetup. Abbiamo stoppato le serate per i CDO legate a DigitalBuildingBlocks. insomma, ogni occasione di vedere di persona potenziali clienti e di marketing relazionale è andata a farsi benedire. Il Coronavirus ha avuto - e avrà! - un impatto devastante su un'economia fatta di strette di mano, relazioni personali e riunioni al chiuso all'interno delle stanze degli uffici, degli hotel o nelle sale dove si tengono speech pubblici. Che cosa hanno in comune tutte queste attività? Che hanno bisogno della presenza fisica. Si sperimenta Con l'emergenza Coronavirus molte scuole (prima le superiori e le medie, poi sono arrivate le elementari) hanno riscoperto Google Hangouts per fare le lezioni al mattino, l'utilizzo di Google Drive per distribuire e raccogliere materiale e sperimentano sistemi per la formazione a distanza, non sapendo per quante settimane potrebbe durare l'emergenza. Il tutto sulle spalle di presidi e professori con una fede incrollabile nel loro lavoro e con la voglia di non rimanere inermi a subire l'emergenza. Anche nelle aziende il telelavoro (lo Smart Working) sta diventando una realtà utilizzabile e non solo una chimera della quale leggere nelle riviste che parlano di futuro. Lo smart working delle pratiche e dei processi commerciali e di marketing per noi è una realtà da molto tempo. Ma vediamo un po' di prendere la questione con un approccio che permetta di trarre degli spunti per tutti. Il commercio (sì, sì... anche il sales del B2B) Fidate. Il vero problema non è il blocco della produzione. Il vero problema? Il commercio e le vendite. E non parlo solo di botteghe ma di tutte le aziende B2B che devono trovare clienti, condurre trattative e andare avanti con gli affari. Come faccio se non posso andare ad una fiera, ad un evento, ad una manifestazione dove i miei commerciali potevano entrare in contatto con dei prospect? Come posso fare se prima avevano una spinta incrollabile ed erano instancabili girovaghi che macinavano fatturato? Restare in azienda senza provare a vedere significa solo una cosa: chiudere. Oggi Il Sole 24 Ore apre col titolo: Incubo default per il 10% delle imprese. Ma cosa si può fare? Tornare alle telefonate a freddo a persone che in questo momento sono magari preoccupate di tutt'altro? Mandare email a caso alle info@ aziendali per riuscire, piano piano, ad andare in spam senza puntare a reali strategie di crescita organica? Cioè siamo veramente al lancio della palla allo scoccare dell'ultimo secondo, siamo alla preghiera? No, non ci voglio credere. Vi dico cosa stiamo facendo noi In queste settimane di sconforto imprenditoriale qui, in ICT Sviluppo, non ci siamo lasciati andare al disfattismo. Non possiamo andare a Dublino, a Berlino e in Canada nei prossimi due mesi? Premiamo l'acceleratore sulla metodologia inbound marketing. Step 1 Abbiamo una nuova commerciale che sta iniziando a lavorare ora: in allineamento con le sue capacità, propensioni e background, abbiamo messo in piedi una serie di landing page che contengono diverse proposte, per tentare di intercettare differenti problematiche che i nostri prodotti e servizi possono risolvere ai manager ed imprenditori. Eccone alcune: Step 2 Abbiamo creato una serie di campagne su AdWords, Facebook e LinkedIn per far scoprire queste offerte ai nostri potenziali clienti nell'area in cui opera la nuova commerciale. Quando qualcuno compila uno dei form di queste landing arrivano a lei tutte le informazioni per procedere con un appuntamento quanto prima. Step 3 Sui contenuti premium pre-esistenti, ebook che parlano dei nostri servizi e prodotti, ottenibili solamente attraverso la compilazione di un form, abbiamo creato un'automazione che avvisa la nuova commerciale di questi nuovi contatti interessati al nostro mondo, che si attiva solo quando il lead che compila il form è della sua zona. In questo caso sarà lei a decidere, caso per caso, se e come contattare quella persona. Conclusione Cosa sto dicendo? Sto dicendo che, vista la condizione straordinaria di emergenza nella quale ci troviamo, possiamo fare di necessità virtù per cercare di premere sull'acceleratore su quelle attività di marketing o commerciali che non avevamo mai spinto più di tanto (o che qualcuno di chi legge potrebbe non aver mai fatto). Ovviamente non sto dicendo che partire oggi con queste attività permette di superare la stagnazione di questi mesi che abbiamo davanti, ma che la situazione in cui ci troviamo potrebbe aiutarci a smuovere l'inerzia imprenditoriale in cui spesso il nostro Paese rimane invischiato. PS Se non sai da dove partire ti inserisco qui un ebook pensato per chi ha un'attività B2B e vuole capirne di più sul come si possa utilizzare internet per far crescere il business dell'azienda.
HubSpot è una piattaforma software per gestire il marketing digitale, il commerciale e il servizio clienti di un'azienda con un unico obiettivo, far crescere il business in uno sforzo congiunto cross-team, che arrivano a condividere le stesse metriche, lo stesso strumento e gli stessi numeri. HubSpot è molte cose Quello che all'apparenza sembra un software di CRM ed email marketing, in realtà, sotto ad uno sguardo superficiale è molto di più e riesce ad insinuarsi e ad entrare in intimità con tutte le dinamiche di business di un'azienda. Una piattaforma che si presenta in modo semplice e con un'interfaccia facile da imparare e da usare... ma che in realtà si rivela uno strumento molto potente che sta al mondo del marketing e delle vendite proprio come Mr. Grey entra nel mondo dell'immaginario erotico femminile con prepotenza. Entriamo quindi nella stanza del piacere di HubSpot, dando un'occhiata alle varie sezioni e quali strumenti vengano utilizzati (e come), per raggiungere il piacere del business, ovvero l'aumento del fatturato, come conseguenza di azioni coscienti che sono state fatte con quello scopo. HubSpot è conoscenza Perché farsi trascinare da HubSpot ed entrare nel suo magico mondo (molto poco perverso ma molto frizzante)? Una risposta semplice, sopra a tutto: perché ti permette di trascendere il modo in cui hai fatto digital marketing prima di utilizzarlo, perché ti fa cambiare il modo in cui dai importanza alle cose che accadono sul tuo sito, perché ti permette di conoscere i problemi delle persone che arrivano sul tuo sito e diventano contatti del tuo database, perché in questo modo capirai cosa e come vendere loro i tuoi prodotti o servizi. Rewind. Come funziona questa cosa? Innanzitutto, per rispondere, devo farvi una confessione: ho mentito. Oddio, in parte solamente, perché HubSpot c'entra - e molto - ma non fa queste cose da solo. Bisogna prima leggere il libretto delle istruzioni di HubSpot e capire cos'è l'inbound marketing prima di lasciarsi andare completamente. Mettiamola così: la tecnologia è HubSpot, il metodo su come far funzionare tutti questi strumenti e raggiungere il piacere di trovare nuovi clienti é l'inbound marketing. Non a caso la metodologia inbound è stata codificata da Dharmesh Shah e Brian Halligan nel 2009 con il libro Inbound marketing. Questi due sono i fondatori di HubSpot che, scrivendo questa guida al come usare HubSpot hanno scritto un libro che ha travalicato i confini della loro creatura ed è servito per lo sviluppo di tecnologie simili, per conto di altri player. Ma, come si dice, la copia non ha nulla a che fare con l'originale, perché è nella perdita delle cinquanta sfumature di HubSpot che rende molto difficoltoso provare a fare inbound marketing con altri software concorrenti. Da dove deriva la capacità del sistema HubSpot-Inbound di generare conoscenza? Innanzitutto da un cambio di prospettiva sul potenziale cliente: non si ragiona più a target ma a buyer persona: bisogna capire cosa può dare piacere, fastidio, astio o possa rendere felice una persona, per riuscire ad entrare in empatia, per riuscire ad essere intimi e per riuscire a portare a casa l'obiettivo. Sto sempre parlando di fatturato, se non si stesse capendo. Un buyer persona è una rappresentazione semi-ideale di un cliente tipo, con tutto il suo mondo di bisogni e desideri, che cerca risposte utilizzando soprattutto il web. Questi bisogni e desideri, quasi sempre, finiscono con il bisogno di comprare qualcosa. In questo senso il buyer persona sta facendo un buyer's journey, un percorso di avvicinamento al momento dell'acquisto, superando varie fasi che lo portano a fidarsi del partner (commerciale) a cui sceglierà di concedere (la fiducia / denaro) per completare (l'atto dell'acquisto). Questo incontro del bisogno e dell'offerta è l'essenza più vera di quello che è (o dovrebbe essere) il mercato, quello spazio-luogo dove l'offerta non ha bisogno di diventare una pratica molestatrice (outbound marketing) ma nel quale chi ha bisogno trova ciò che lo appaga, che viene dato da chi ha conquistato fiducia (cuore e cervello) del cliente. Si stiamo sempre parlando di inbound marketing che si basa sull'attrazione, come un marketing dell'amore che non ha più bisogno di violentare con messaggi ossessivi per far cedere la volontà dell'acquirente, ma lo vuole sveglio, cosciente e consapevole, che è il modo più etico con il quale consumare il rapporto (economico) e legare due entità da un contratto (la compravendita). Come funziona l'attrazione... con HubSpot Lasciando da parte lo strumento HubSpot CRM, che permette di gestire le relazioni con i propri contatti, HubSpot Marketing permette di gestire tutte le fasi della storia d'amore tra il potenziale cliente e chi possiede e vende quella cosa-servizio di cui egli ha bisogno. Form è possibile creare su HubSpot dei form per raccogliere i dati delle persone che arrivano sul sito Landing page Si possono creare delle landing page all'interno di HubSpot, che ospitano i form per raccogliere i dati Cookie Quando un potenziale cliente compila un form, grazie alla tecnologia dei cookie, possiamo andare a tracciarne i comportamenti, vedendo quali pagine del sito visita, cosa clicca, cosa non clicca etc... Offerte di contenuti premium Ok, non è un pezzo dello strumento, queste dovete farle voi, poi su HubSpot potete caricarle come video o pdf. I contenuti premium sono determinanti, perché saranno questi che spingeranno le persone a compilare i form per ottenerli. I contenuti premium non sono delle offerte di prodotto o servizio, ma qualcosa di valore che viene dato in cambio dei dati del navigatore a chi è interessato ad approfondire un determinato argomento. Ovviamente, a seconda del tipo di contenuto premium che viene scaricato, capiremo quali sono gli argomenti che interessano allo scaricatore. Quindi: i contenuti premium vengono presentati sulle landing page e vi si accede compilando un form. Del navigatore che compila il form, grazie ai cookie, non solo capiamo quale form ha compilato, ma anche quali altre pagine del sito ha visto. Ovviamente se avessimo delle pagine del blog che trattano argomenti diversi potremmo sapere molte più cose dei nostri navigatori e... e proprio per questo un altro strumento di HubSpot è... Blog All'interno di HubSpot uno dei strumenti più performanti è senza dubbio il blog: si possono costruire differenti blog con differenti template grafici, a seconda delle necessità aziendali. Call to Action Altro strumento degno di nota, in questa rapida carrellata di funzioni di HubSpot Marketing, è quello deputato alla creazione e al monitoraggio delle Call to Action (CtA). Infatti ogni articolo del blog che non termina con una CtA è un coitus interruptus nella via della costruzione di un database di contatti profilati. La CtA posta all'interno di post del blog dovrebbe portare verso una landing page che presenta un contenuto premium, in modo da poter veicolare traffico verso gli snodi che permettono di portare a casa il contatto del visitatore. SEO Vista l'importanza rivestita dai visitatori che cercano online soluzioni per i loro problemi o spunti per le opportunità da affrontare, non possiamo evitare di menzionare lo strumento che permette di classificare i post del blog su cluster verticali tematici, verificandone le performance (sia a livello di accessi che di contatti generati da ogni cluster, per arrivare a capire anche quanti e quali clienti sono arrivati a generare) Social Per raggiungere performance stupefacenti basandosi solo sul grado di attrazione dell'attività di contenuti e SEO del proprio sito, i tempi a volte possono dilatarsi. Una mano dai social fa sempre comodo, sopratutto se si investe su contenuti utili ed interessanti per i propri potenziali clienti. Ecco che la sezione social di HubSpot ci fornisce strumenti per condividere i post del blog, pubblicare contenuti originali, programmarne l'uscita... ADS Ma per un vero acceleratore di business digitale, la pubblicità a pagamento è una vera manna: ecco quindi che si possono tracciare e monitorare le performance delle campagne su Google, Facebook e Linkedin, così come pure su molti altri canali paid, grazie alla possibilità di creare link tracciati e di imputarli alle più svariate fonti. Ovviamente oltre a monitorare, per ogni annuncio a pagamento che viene lanciato, il rendimento in termini di traffico, si possono imputare quali contatti e quali clienti sono arrivati da quella determinata spesa su quel determinato canale. Mail Ma che succede ad un contatto che ha compilato un form per accedere ad un contenuto premium? Si incalza, nel tempo, con un'attività di nurturing, di alimentazione. No no, nessuna insistenza per concludere; dopo il consenso informato e sapendo quali sono i gusti del nostro contatto - grazie alla segmentazione contenuti/cookie - si continueranno a proporre contenuti interessanti per quella persona. Workflow Le cose diventano decisamente interessanti quando, grazie alla segmentazione data dai comportamenti, origine e anagrafica dei contatti, puoi iniziare a mandare in automatico delle email o distribuire compiti all'interno del tuo team. Benvenuti nella marketing automation e questo, beh, è spaziale :-) Detta molto velocemente, si possono impostare della azioni come conseguenza dei comportamenti delle persone sul tuo sito, mescolando questi comportamenti con altre informazioni che abbiamo sul database. Ovviamente, se utilizziamo HubSpot anche come CRM e come service software, la quantità di informazioni in nostro possesso su un singolo contatto possono crescere e, di conseguenza, pure la possibilità di segmentarlo e di alimentarlo in automatico, con i workflow. Questo ci permette di costruire dei funnel comportamentali per spingere le persone avanti nel buyer's journey e seguirli fino al momento dell'acquisto. Puoi scaricare la Guida alla marketing automation per saperne di più. E fermiamoci qua... Facendo un rapido sondaggio - molto poco scientifico a dire la verità - tra utilizzatori di HubSpot, associare il termine porno all'uso della piattaforma sembra molto più calzante che erotico. Per chi coglie l'importanza del dato nell'economia moderna e di come questo dato possa diventare di supporto per il marketing e il commerciale, HubSpot - che raccoglie queste informazioni grazie alla metodologia inbound - è veramente un portento.
Nella “Critica della ragion pratica” Immanuel Kant sta facendo esplicito riferimento all’inbound marketing. La ragione empirica e la ragione pura La “ragion pratica empirica” è quella che dirige il comportamento delle persone. L’esperienza forma la “ragione empirica, che è quella che ci porta a non tornare con le mani sul fuoco dopo che ce le siamo scottate la prima volta che abbiamo provato a toccarlo. Da questo dipendere dai fenomeni circostanti ne deriva una morale che varia individualmente, legandola così tanto all’esperienza che subordina la volontà. La “ragione pratica pura” è innata, è qualcosa che non dipende dall’esperienza, è una ragione a tratti socratica, che trascende l’esperibilità dell’individuo. Questa “ragione pura” è quella che può portarci ad una morale universale, slegata dall’esperienza variabile del singolo, che può portare a idee molto distanti tra loro su ciò che sia giusto e sbagliato. La ragione pratica empirica è quella che porta a desumere concetti universalmente validi, partendo dalla nostra parziale esperienza. Cosa che, evidentemente ci porta a sbagliare. Infatti la legge morale incondizionata deve avere due caratteristiche: Deve essere una scelta morale libera e autonoma Deve essere una legge morale uguale per tutti, indipendentemente dai contesti. Dalla ragione empirica alla ragion pura nel digital marketing La ragione empirica è quella che ci porta a smettere di mandare le email a freddo alle persone perché vediamo che la maggior parte di loro non le legge, ci segnala come spam e fa abbassare l’autorità del nostro dominio (e della nostra reputazione reale). Ma è anche quella che, nel caso ci sia un ritorno con le telefonate a freddo, fatto da un call center in qualche paese straniero a basso costo e che portano ad una redditività di qualche tipo, porta a far pensare che vada bene così. Ora, risulta chiaro che, se tutte le aziende del mondo, per tentare di vendere i loro prodotti, ricorressero alle telefonate a freddo da qualche paese straniero, passeremmo la giornata a rispondere al telefono e, forse, le ore del giorno non basterebbero. Al che si minerebbe l’essenza stessa della quotidianità e ci porterebbe ad abbandonare il telefono come mezzo di comunicazione. Possiamo tradurre il concetto con una domanda semplice: se tutti, in tutto il mondo, compissero quell’azione, sarebbe bene o male? Mi perdonerà Kant se quando parlava, ovviamente, dell’inbound marketing non faceva semplificazioni così estreme. Ma torniamo ai due pilastri della legge morale assoluta: incondizionata ed universale. Ora una legge morale assoluta nel marketing digitale potrebbe essere: non rompere le scatole a chi naviga su web per tentare di vendere i tuoi prodotti e servizi a persone alle quali, in quel momento, del tuo prodotto o servizio non importa nulla. La deduzione è semplice, perché, indipendentemente dall’esperienza del singolo, se tutti andassero in push sul loro blog, con le email, sui siti che navighi, sulle app che scarichi… internet diventerebbe davvero un brutto e fastidioso posto. Che già un po’ lo è, ma, appunto, perché molti individui ed aziende, sono convinti che quella sia la strada da percorrere, muovendosi su interessi personali e tornaconti individuali. Cos'è l'inbound marketing Ora, per i molti che conoscono a menadito l'opera omnia di Kant (e che avranno un sacco da ridire su questa semplificazione markettara della sua summa) ma che non sanno cos'è l'inbound marketing, trovandosi a leggere questo post del blog sulla fascinazione dell'accostamento, un piccolo approfondimento, al fine di erudire entrambi i pubblici, per quanto in modo parziale, su questa metodologia. L'inbound marketing è un metodo, una metodologia che mette insieme tutti gli strumenti - e le tecnologie del digital marketing, al fine di trovare nuovi clienti per le aziende. Lo differenzia da tutti gli altri strumenti di marketing la morale che sta alle spalle, quella su cui si basa il pensiero che ha dato origine a questo metodo, ovvero che le persone non devono essere aggredite con i messaggi pubblicitari delle aziende, ma devono essere i consumatori che si avvicinano a prodotti e a servizi quando - e se - ne hanno bisogno. Per riuscire a mettere in piedi un progetto di inbound marketing ci sono una serie di elementi di cui dotarsi e azioni da attivare. Iniziare a regalare qualcosa (contenuti) di valore alle persone, in modo da attrarle verso il tuo sito (ad esempio un blog); Inserire in questi contenuti delle Call to Action per spingere le persone a compiere delle azioni; Queste azioni portano le persone su landing page con un form da compilare per permettere loro di accedere a qualcosa con un valore maggiore rispetto a quanto di gratuito è servito per attrarle; Una volta che le persone hanno lasciato i loro dati per accedere a questo contenuto premium si iniziano a segmentare e a profilare per desumere interessi, problemi e desideri; Per permettere questa attività bisogna dotarsi di una piattaforma tecnologica, HubSpot, che permette questa segmentazione; Questi contatti vanno alimentati nel tempo, per costruire delle relazioni solide, basta sulla condivisione di ciò che per loro è di valore, con il fine di farle affezionare e dare fiducia al brand che propone questi valori; I loro comportamenti successivi li qualificheranno commercialmente e ci permetteranno di capire quando una di queste persone è pronta per un'offerta commerciale; L'offerta commerciale potrebbe essere un'email diretta al contatto o un task per uno dei nostri venditori, nel caso ci sia bisogno di una relazione uno ad uno; Il processo di nurturing, di qualificazione commerciale e di proposta (via email o con task al venditore) si può automatizzare con la marketing automation. Si segue poi il tradizionale processo di vendita, utilizzando la stessa piattaforma usata per la attività di marketing per tracciare anche le attività sales, allineando di fatto gli obiettivi della rete vendita con quelli del reparto che si occupa di comunicazione, utilizzando uno stesso strumento e le stesse metriche (inbound sales). L'inbound marketing è universale. L'inbound marketing è morale, come ci spiega Kant, perché è universalmente applicabile. Dove non ci arriva per tornaconto sui costi, ci arriva come approccio metodologico (che ne so, vendendo al pubblico finale ghiaccioli o avendo un piccolo bacino di utenza, se vuoi approfondire la questione puoi scaricarti l'ebook: Quando non conviene HubSpot e l'inbound marketing), ma resta universalmente valido perché, se tutte le aziende del mondo facessero inbound marketing per vendere, le informazioni a disposizione sui prodotti, utilizzo e consigli non farebbero che arricchire le nostre conoscenze e la possibilità di info commerce fatto con coscienza. Con un metodo che abbandona il concetto di target per lavorare sulle buyer persona (inteso come proiezione ideale di una persona alla quale, con il proprio marketing, bisogna risolvere problemi o dare risposte alle opportunità di cui è alla ricerca) e che sostituisce quello di funnel (imbuto / trappola all'interno del quale far cadere le persone per attivarle verso il fondo) con quello di viaggio verso l'acquisto, il buyer's journey, nel quale gli individui vanno alla scoperta delle soluzioni migliori per loro, il marketing moderno smette di rompere le palle e vuole diventare un aiuto e un supporto per gli acquirenti. C'è qualcosa di universalmente più morale? :-)
Hai presente quella sensazione di prurito o di fastidio che ti sale dopo il grande dispendio di risorse di una fiera di settore, a fronte di uno scarso risultato commerciale che hai portato a casa? Non ti preoccupare, succede a molti. La buona notizia è che, la maggior parte delle volte, non è colpa della fiera: è colpa tua! E se hai voglia di gestire la fiera in maniera differente, questa può diventare una fonte di business ancora più interessante. Il problema della fiera La tua azienda si è preparata per mesi: stand, materiale pubblicitario, area per gestire le relazioni, qualcosa da stuzzicare e sgranocchiare da far mettere in bocca ai visitatori che arrivi fresco e saporito ogni giorno. Hai preparato la squadra dei commerciali, i cataloghi e siete tutti pronti a ricevere le persone che verranno a farvi visita al vostro stand, tutti carichi come una molla per chiudere quante più vendite possibili. E invece... Torni a casa con una lunga lista di contatti e una bassa percentuale di prospect a cui mandare un preventivo. L'elenco dei contatti con i quali hai interloquito e dei quali hai portato a casa il biglietto da visita è lungo, ma pochi di questi ti hanno espressamente fatto capire che attendono una proposta commerciale. Nella migliore delle ipotesi tutti questi contatti vengono inseriti in un CRM, con un campo informativo che racconta l'origine del contatto (quella specifica fiera) e ti ricorderai di loro il prossimo anno, un mese prima dell'appuntamento fieristico, per provare a reinvitarli al tuo stand. Potrebbe comunque andare bene, se anziché un CRM, questi nomi li inserisci in un foglione di Excel, te li stampi e li metti sulla scrivania per chissà quali utilizzi futuri. Ecco quindi una serie di problemi associati alla gestione del contatto post fiera: non viene alimentato nel modo corretto non si differenzia nei vari stadi del Buyer's Journey non c'è una strategia per costruire una relazione con quelli più freddi Cosa puoi fare per migliorare le performance della fiera I problemi legati alle performance commerciali della fiera possono essere affrontati e risolti in maniera semplice, inserendo la gestione del contatto in un processo ordinato ispirato alle migliori pratiche della digital transformation. Se ti stai chiedendo Ma cosa sta dicendo questo? significa che stai leggendo il post giusto per te, perché ora andremo a vedere come puoi, passo passo, introdurre un metodo che ti aiuti a vendere di più (e meglio) ai contatti generati da una fiera. Dotati di strumenti tecnologici Prima di tutto, chiariamo una cosa: no, non puoi fare a meno di dotarti di strumenti digital in grado di gestire processi. Quindi partiamo dal definire il software di cui hai bisogno, che dovrebbe avere queste funzioni (non necessariamente nell'ordine di utilizzo): Un CRM in grado di gestire i contatti, le anagrafiche, tener traccia delle interazioni con i tuoi commerciali; Un software in grado di mandare email; Una piattaforma in grado di programmare l'invio delle email, automatizzando il processo di relazioni successive, nei giorni seguenti alla fiera (fino a mesi). Un'applicativo in grado di gestire landing page con form di contatto integrati, in grado di raccogliere informazioni e di matcharle con il nostro CRM/database. Uno strumento in grado di interfacciarci con il nostro calendario per poter fissare degli appuntamenti in modo automatico. In pratica cerchiamo qualcosa che sia in grado di mandare email ai visitatori dopo l'invio e che si basi o su delle programmazioni temporali o che sia in grado di analizzare i comportamenti successivi dei nostri contatti per scegliere che mail mandare loro, a seconda dei comportamenti (mescolando il dato con le anagrafiche). Ma ci torniamo tra poco. E che sia in grado di associare la compilazione di un form ad un contatto già presente nel CRM, quando viene sulle nostre pagine. Ai nostri clienti con queste esigenze noi proponiamo HubSpot, ma ora questo è un dettaglio... l'importante è che continui a seguirmi nel discorso. Definisci una procedura La tecnologia non basta... è chiaro che quando elenco le funzioni che dovrebbe avere la piattaforma software per gestire un processo di miglioramento dei rendimenti commerciali della fiera, io ho già in mente i passi da seguire. Il che, ovviamente, non è il Vangelo, ma solo uno schema di massima che si adatta, a seconda dei casi, alle differenti condizioni della tua azienda. Vediamo, metodologicamente, quali sarebbero gli step. Informa ed attira Crea delle landing page, differenti landing page, per andare ad intercettare i bisogni latenti ai quali la tua azienda potrebbe riuscire a dare risposta per i visitatori della fiera. Gestisci la pubblicità di queste landing page sui canali social a pagamento (LinkedIn, Facebook, Instagram...) e nella rete di Ricerca (Google e Bing). Converti prima della fiera (se ci riesci) Nella landing puoi mettere un form per richiedere informazioni e nella pagina di ringraziamento (a cui re-indirizzerai chi compilerà il form) potresti mettere il calendario dei tuoi venditori presenti in fiera, per dare la possibilità a chi ha compilato il form di fissare un appuntamento in maniera autonoma. Potresti prenderla anche più larga e proporre ai tuoi potenziali clienti lo scaricamento di un ebook utile per la fiera, che ne so... ad esempio 100 modi per fare business partecipando alla fiera di XXX o Guida ai migliori posti per andare a rilassarsi dopo la fiera di XXX, solo per citare due titoli molto generali che possono stare in questo post che parla di massimi sistemi, senza entrare nel dettaglio di un caso particolare. Inserisci i contatti nel CRM Durante le lunghe giornate della fiera i venditori, tra un appuntamento e l'altro, dovranno prendersi qualche minuto per travasare le informazioni raccolte dai biglietti da visita dei contatti nel CRM. Sempre che il visitatore non sia stato uno di quelli che ha compilato un form in precedenza o si è fissato un appuntamento (alla fin fine, sempre compilando un form) i venditori dovranno associare ogni contatto in modo diligente alla lista di quella fiera. E non dirmi che non hanno tempo. La fiera è piena di tempi morti. E se proprio proprio la tua fiera di settore è un continuo via vai di visitatori, porta con te una persona in più con questo esclusivo compito, che a quel punto, assocerà ogni singolo contatto anche con il venditore che ha sostenuto la conversazione con quel contatto. Alimentalo A questo punto il più è fatto perché a monte - prima della fiera, intendo - avrai preparato una serie di email automatiche per dare seguito alla visita di quel contatto in fiera. La prima email potrebbe partire 24 ore dopo l'inserimento del contatto e suonare più o meno così: Ciao Tizio, grazie ancora per essere passato in fiera da noi ieri, è stato un piacere conoscerti. Come promesso ti invio un link per scaricare il nostro catalogo bla bla bla. A proposito, se sei interessato ad approfondire l'argomento di cui abbiamo parlato abbiamo questi eBook che lo sviscerano e bla bla bla. Una questione di relazioni No, non prendere paura: con quello che ti costa una fiera non dirmi che non hai le risorse o il budget per mettere in piedi una serie di presentazioni e di ebook generici, delle liste di cose da fare ed altri contenuti utili, pensati per il tuo potenziale cliente? Sono questi contenuti che ti daranno la possibilità, il giorno dopo della fiera, di mantenere viva e salda una relazione costruita in modo occasionale da due chiacchiere al tuo stand. A quel punto, mescolando le informazioni sulle loro anagrafiche (quanto fatturano, in che settore lavorano, che profilo professionali hanno...), le informazioni sui loro comportamenti (se scaricano un ebook e non la check-list, se visitano la pagina dei prodotti e non quella dei contatti, quanti click ci hanno dato su LinkedIn...) e quelle sulle interazioni con i venditori (quelli che hanno ricevuto email e non hanno fissato appuntamenti, quelli con i quali il tal venditore ha avuto una telefonata etc...) continuerai ad alimentarli con contenuti successivi per tentare di rafforzare una relazione basata sullo scambio di valore e non sul tentativo spudorato di vendita. Perché la gente adora comprare ma odia quando provi a vendergli costantemente qualcosa. Vale per te. Vale anche per i tuoi prospect. Esiste un momento in cui potranno avere bisogno di questo benedetto preventivo, ma nel 99% dei casi non è ora. Se hai un buon rapporto e se hai coltivato una relazione di valore, saranno loro a venire da te quando il tuo prodotto / servizio potrà aiutarli ad affrontare una sfida o rispondere ad una opportunità che si presenta. Ora... Quello che ti ho raccontato non è certamente qualcosa che va ad esaurirsi in una chiacchiera virtuale di qualche minuto (lettura, non chiacchiera, mi dice il correttore di bozze NdR). Ma quello che conta è il concetto base che per fare una fiera e portare a casa un risultato non puoi continuare a farle come si faceva nel 1900 (sì, proprio, come si faceva nel XX secolo). La sensibilità delle persone, la società, la tecnologia, i consumi e le abitudini... TUTTO è cambiato rispetto a 15-20 anni fa. E tu puoi pensare di continuare a gestire la fiera come si faceva 50 anni fa? Ma lasciala perdere... Comunque, se tutta questa storia ti ha appassionato e hai trovato questi spunti minimamente utili, puoi fissarti un appuntamento per fare due chiacchiere (è graaaaaaaatis, non ti preoccupare, le due chiacchiere fanno parte di quella offerta di valore che anche noi offriamo ai nostri propect - e se stai leggendo questo post lo potresti essere...) e magari capiamo assieme come potremmo trasformare le tue fiere in un generatore di business, come non si vedeva da tempo ;-)
Mi trovo sempre più in difficoltà quando qualcuno mi chiede parlargli di HubSpot perché mi trovo in software selection e devo capire che applicazione introdurre nella mia azienda. Il fatto è che HubSpot è sempre stato diverso, ma negli ultimi due anni ha dato una notevole accelerata per trasformarlo in qualcosa più di un software, ma in un qualcosa per gestire un nuovo modello di gestione del business a 360°. L'evoluzione di HubSpot HubSpot è sempre stato diverso perché la sua evoluzione è legata in modo indissolubile al libro Inbound Marketing, scritto dai suoi fondatori, Brian Hallingan e Darmash Shah. Aver individuato una metodologia etica per acquisire nuovi contatti e trasformali in clienti - e il fatto che questa metodologia sia diventata una pratica diffusa a cui si tende, anche senza usare la loro piattaforma - ha fatto sì che l'evoluzione di HubSpot sia sta influenzata pesantemente da questo pensiero. Tutti gli strumenti della piattaforma sono votati e servono per fare in modo sequenziale, ordinato e composto inbound marketing, che poi diventa inbound sales e sfocia nella concezione inbound del service e dell'assistenza ai clienti. C'è, forse, ancora qualcuno che lo associa ad un software per gestire un blog e pubblicare sui social, ma il grosso investimento fatto sul CRM - e l'averlo reso accessibile al 100% in modo gratuito - hanno spinto HubSpot nel quadrante di Gartner sull'argomento gestione dei lead, assieme (nel 2018) ad Act-On, bpm’online, CRMNEXT, IBM, Impartner, Marketo, Oracle, Pegasystems, Salesforce, Salesfusion, SAP e Zoho. Ne quadrante dei frontrunner sul CRM è decisamente quello più gettonato, sempre secondo Gartner, il che dovrebbe rassicurare molti IT e responsabili Sales di grosse aziende che fino a poco tempo fa lo guardavano come un outsider a cui dare poca fiducia, visto la rapidità con cui è cresciuto ed ha acquistato quote di mercato: Il punto è che HubSpot è diventato un CRM e ha cominciato ad occuparsi della gestione dei lead (che grazie all'inbound marketing e alle sue funzioni si acquisiscono utilizzando i canali digital) solo recentemente, prima era considerato uno del leader della marketing automation e delle piattaforme per la gestione del digital marketing (social, blog, newsletter...) e veniva con un'integrazione nativa con Salesforce per chi voleva fare le cose fatte bene. Ma ora ha ingranato la marcia e la gestione del lead la fa in maniera eccellente - come dimostra la posizione nel quadrante Gartner - ma di più: permette di gestire i lead in maniera armonica seguendo il flusso dell'inbound marketing. Hubspot, un sistema per fare business Torniamo alle mie insofferenze quando mi trovo a parlare con qualcuno impegnato in una software selection, nella quale ha messo HubSpot e altri programmi, a volte più orientati alla marketing automation, altre volte sul CRM, altre volte sulla semplice gestione del digital marketing: già il fatto che si trovi in così tante tipologie differenti di software selection ci dice una cosa importante: è difficile inquadrarlo in un genere. Il motivo è semplice: HubSpot è un genere tutto suo, proprio perché si sviluppa sull'idea di inbound, attrazione del cliente e successiva alimentazione per trasformarlo in un cliente. HubSpot è un'azienda che fa cultura e fa della cultura il sistema per attrarre potenziali clienti e convertirli: hanno messo su un'accademia con corsi di formazione ed esami online - molto più di quella di Google, come sistema di certificazioni - e continuano a spingere sulla formazione degli uomini di marketing e dei manager per diffondere una sensibilità basata sull'etica e il modo di fare business sostenuto dall'inbound. La storia dell'inbound la conoscete? Ok, riassumiamola... L'inbound (marketing & sales) in pochissime parole L'inbound marketing è una metodologia che funziona così: 1. ATTRAZIONE Attrazione verso il tuo asset digital principale (il sito), con qualunque mezzo, dai post sui social alla SEO, dall'utilizzo dei QR code sulla stampa ai follow up ai contatti dopo una fiera, dalla pubblicità a pagamento online per arrivare all'ufficio stampa e alle PR. 2. CONVERSIONE Nel momento in cui un potenziale cliente è nel nostro sito, dobbiamo in qualche modo farlo diventare un contatto, trasformarlo da dato statistico (un visitatore che vede delle pagine) a dato di valore (contatto), in modo che possiamo dire che PINCO PALLINO ha visto quella pagina. Per fare questo utilizziamo le Call-to-Action nel blog, le landing page con i FORM e delle offerte di valore per il nostro potenziale cliente. Questa offerta può essere un ebook, un foglio di Excel che permette dei calcoli, un' app, un report... dipende a chi vogliamo parlare, perché persone diverse sono attratte da argomenti diversi. 3. CHIUSURA La chiusura è la parte che richiede una sensibilità e un coordinamento costante tra le due anime dell'azienda che si occupano di intercettare i potenziali clienti, il marketing e il sales. In questa fase il lead che ci è arrivato dal sito - del quale abbiamo iniziato a conoscere le necessità o problematiche in base ai suoi comportamenti (ad esempio le pagine del blog che ha visto o i contenuti che ha scaricato) - viene alimentato con contenuti altrettanto interessanti per lui e il commerciale entra nella fase di contatto one to one quando considera il lead abbastanza caldo per passare all'offerta. Gli strumenti a disposizione, per questa fase, sono il CRM, la marketing automation, le newsletter, i social... e tutto quello che ci può far rimanere in contatto e di coltivare una relazione con il nostro lead. 4. DELIZIA (o GIOIA) Avere dei clienti felici significa, fondamentalmente, due cose: la prima è che potranno continuare a compare, la seconda è che parleranno bene di noi e dei nostri prodotti/servizi con altre persone. Ed è lì che si innesta una delle chiavi più importanti per le vendite: il passaparola. Con HubSpot la parte della delizia viene gestita ancora una volta con newsletter, marketing automation, i canali social... ma anche con la possibilità di gestire ticket di assistenza, chatbot di supporto al cliente, survey per monitorare il grado di soddisfazione del cliente, FAQ, fino ai video sulle email one to one per spiegare ai destinatari meglio qualche concetto. Cosa desumiamo da questi 4 punti? Che l'inbound è un sistema completo di gestione del lead, da visitatore a prospect per arrivare a cliente, che mi permette di lavorare, attraverso i canali digital sulla relazione tra lui e l'azienda. L'evoluzione della metodologia inbound porta a ragionare su un modello completo di gestione del contatti, che HubSpot ha perfettamente integrato all'interno della piattaforma; parliamo del volano della crescita (growth flywheel) una visione olistica del lifecycle del cliente. Conclusione Quello che con questo post mi ero messo in testa di dire (e che per dirlo ho scritto tutto questo ricco preambolo) è che mi risulta estremamente difficile parlare di software selection tra HubSpot e altre piattaforme, perché, proprio per tutti i motivi riportati, non saprei da dove partire.
La digital transformation che sta investendo tutto il mondo, dal business ai rapporti personali, dalle abitudini di consumo a quelle lavorative, ha fornito ai venditori la possibilità di chiudere prima e meglio, allineandosi con gli acquirenti come mai era successo prima. Una storia commerciale Era la mio terzo demo del giorno e mi sentivo pieno di energia. Ho messo in fila tutto un programma di chiamate per discutere di un software - che oggi non ricordo più cosa facesse per le aziende - con una lunga lista di lead promettenti, per lo più manager e proprietari aziendali. Le prime due chiamate sono andate bene, sono state incoraggianti ed energizzanti: entrambe i prospect sembravano apprezzare il prodotto e mi hanno chiesto di mandare loro una quotazione. Ora che mi ero riscaldato, era giunto il momento per il mio pesce più grosso della giornata, una telefonata con un direttore generale di una grossa azienda B2B, che chiameremo Marco. Nei primi 30 secondi della telefonata, tutto il mia entusiasmo, si è sgonfiato. Desideroso di iniziare, mi sono tuffato nella presentazione, un terreno di gioco che conoscevo bene. Volevo sfruttare il tempo a disposizione il meglio possibile, ovviamente, ma lui rispondeva in modo freddo, sembrava persino un po' agitato. Mentre continuavo, mi interruppe e mi chiese da quanto tempo lavoravo nelle vendite. Ho dato un'occhiata all'orologio e, realizzando che ci mancavano solo 18 minuti, ho risposto rapidamente, “da troppo tempo” Ho provato a tornare in carreggiata con il discorso, ma ancora una volta mi ha fermato per fare domande che non avevano nulla a che fare con il prodotto. È stato davvero frustrante quella volta; mi sono sentito demoralizzato e sotto pressione perché non riuscivo a coprire tutti gli argomenti del mio script prima della fine dell’appuntamento. Quando sono arrivato ai prezzi, sembrava sorpreso, come se ne avessi parlato troppo presto. Gli ho chiesto quindi cosa pensava dei servizi che gli avevo presentato e lui ha esitato un po’ a rispondere. Poi gli ho chiesto come pensava si sarebbe potuto continuare, affinché la sua azienda acquistasse il software e un progetto di implementazione e, mentre non rispondeva direttamente alla domanda, ha fatto una lunga descrizione del processo di acquisto interno all'azienda, che coinvolgeva il reparto IT, il proprietario, il direttore commerciale e alcuni distributori internazionali particolarmente influenti… Mi ha spiegato che tutti loro avrebbero avuto bisogno di una demo e di essere allineati. Per me era un segnale chiaro di quanto non fossero molto interessati ed era davvero improbabile che si sarebbe potuto andare avanti. Era chiaro che questa chiamata non andava bene. L'unicità del rapporto venditore-cliente Perché ogni telefonata e riunione è così unica? Sebbene tu possa aver presentato la stessa idea o spiegato lo stesso prodotto centinaia di volte, ogni pubblico può percepire la tua presentazione in modo diverso. Senza uno sforzo di adattamento, è facile presentare la nostra idea o presentare un prodotto in un modo che per noi è familiare e ci piace. Il problema principale è che, con un'impostazione predefinita, trascuriamo di considerare in che modo gli altri useranno il nostro prodotto o come la nostra idea potrebbe adattarsi al contesto, trascuriamo le differenti personalità dei nostri interlocutori, non consideriamo la scala di valori differenti che potrebbero interpretare il nostro stile di comunicazione. Come possiamo farci ascoltare con tutto il rumore attorno alle persone ed essere rilevanti? Tutti noi, quando ci relazioniamo con gli altri, tendiamo ad assumere una prospettiva che semplifica i rapporti, ovvero idealizziamo un modello comportamentale che porterebbe tutti gli altri a comunicare nello stesso modo in cui lo facciamo noi. Psicologia, neuroscienze e esperienze del mondo reale ci insegnano, invece, che questo non potrebbe essere più lontano dalla verità. Le persone hanno background, sentimenti, pensieri, comportamenti e preferenze di comunicazione molto diversi, rendendo quasi impossibile comunicare in modo efficace con qualcuno senza tenere conto del loro stile di comunicazione preferito, senza pensare a chi abbiamo di fronte. Piuttosto che affrontare in modo ignorante qualcuno nel modo in cui noi vogliamo, dobbiamo imparare a comunicare nel modo in cui loro vogliono. In sintesi, dobbiamo imparare ad essere empatici. Ma, per comunicare in modo empatico, dobbiamo prima capire la personalità e lo stile comunicativo della persona che abbiamo dall'altra parte. Capire la personalità Storicamente, l'unico modo in cui ognuno di noi è in grado di comprendere appieno la personalità di qualcuno è conoscendolo veramente bene; questo però richiede molto tempo e una buona dose di intelligenza emotiva, a meno che non ai vogliano accelerare tempi facendolo sottoporre ad un test della personalità, procedura assai difficile con con un potenziale cliente. Il vero problema è che noi, che ci occupiamo di commerciale, stiamo spesso cercando di connetterci con nuove persone con le quali non abbiamo mai parlato prima. Come possiamo risolvere la questione e riuscire ad avere conversazioni, dimostrazioni, appuntamenti e rapporti che possono essere forieri di relazioni commerciali fruttuose, riuscendo a superare le barriere di ingresso ed entrando in empatia con le persone? Tecnologia e metodo ci danno una mano. Avete presente cosa fa Google? Google ci regala un sacco di cose gratuitamente. Alcune, come la ricerca tramite frasi per trovare i siti e le pagine che trattano gli argomenti che ci interessano, oppure la possibilità di guardare dei video su YouTube, sono davvero gratuite. Altre sono a pagamento. Di cosa sto parlando? Parlo di Gmail, Google Calendar, Google Documents, Android, il caricamento dei video... per utilizzare tutti questi servizi il pagamento è IL DATO. Per poter utilizzarli dobbiamo compilare un form con nome - cognome - email. Alcuni ci chiedono altri dati aggiuntivi. Quando paghiamo con le nostre informazioni personali siamo coscienti che verranno utilizzate in qualche modo per scopi di marketing e di sales, ma il valore di quello che Google ci offre vale la candela. Quindi non ci facciamo problemi a dare a Google i nostri dati. Questo è il metodo, poi c'è la tecnologia. La tecnologia sono i cookie. I cookie sono quelli che permettono a Google, una volta che una persona ha scritto il nome, il cognome e l'email su un form, di tracciare il comportamento successivo di quella persona su un sito (quindi, banalmente, Google sa chi è è persona che fa ricerche, quali ricerche e quali risultati clicca). Proviamo a portare questo processo all'interno di un'azienda di piccole, medie o grandi dimensioni che non è - ancora - un'azienda che ha abbracciato l'economia del dato e dell'informazione, che non ha abbracciato la digital transformation. Anche qui è questione di metodo e di tecnologia. Il metodo è simile a quello che fa Google: attiro potenziali clienti sul mio sito offrendo loro contenuti, strumenti o altro materiale che per loro è di valore. Un po' come la possibilità di cercare in che sito si trovano le cose che ti interessano se il tuo cliente è il navigatore del web, l'azienda fornirà cose utili e di valore ai suoi potenziali clienti. Saranno queste offerte ad attirarli sul sito, questi contenuti di valore, alcuni completamente gratuiti, altri a pagamento, ovvero accessibili solo compilando una form. Il caso scuola più semplice, il nostro L'azienda che produce contenuti del blog che parlano di argomenti interessanti per i propri potenziali clienti. Gli articoli del blog si posizionano su Google e vengono trovati da navigatori alla ricerca di soluzioni, nell'ambito di business dove quella azienda eroga il suo prodotto o servizio. Oppure attirano gli utenti dai social, visto che vengono condivisi anche sui canali social network più allineati ai contenuti proposti. O, infine, arrivano visitatori al post del blog dalla newsletter aziendale che distribuisce contenuti ai clienti, prospect, lead o iscritti al blog. Un po' come questo post del blog di Ict(digitalthink): se lo state leggendo siete arrivati da Google, da Facebook, da Linkedin o da una newslewtter. Una volta che l'utente è stato attratto dal post del blog, lo ha letto e - magari - lo ha trovato interessante, gli si propone di fare qualcosa in più, scaricare un ebook, partecipare ad un evento, vedere un webinar, una consulenza gratuita... Non si inventa nulla: è quello che fa anche Google quando, dopo essersi fatto conoscere per la ricerca, ti offre Gmail, Calendar, Android etc...in cambio della compilazione di un form per accedere al servizio. Si fa con quella che tecnicamente viene definita una Call-to-Action (CtA), una chiamata all'azione, che, invero, dovrebbe essere allineata al contenuto del blog che la ospita; ovvero se una persona ha trovato interessante il post del blog potrebbe essere interessata ad approfondire cliccando sulla CTA. Esattamente come quella che trovate in questo post del blog. La CtA fa il suo dovere reindirizzando i navigatori che la cliccano su una landing page, una pagina di atterraggio dove si trova il form per accedere a quell'offerta specifica. Il resto è magia della tecnologia: chi compila il form viene tracciato dai cookie. In questa maniera sappiamo che pagine del blog ha letto (se ogni post parla di un argomento, sappiamo quali sono i suoi argomenti preferiti), che problemi ha (se ogni post parla di soluzioni a problemi, sappiamo cosa lo sta muovendo nella sua ricerca), che CtA clicca e quali form compila. Insomma, cominciamo a conoscere la persona e a capire, in base ai contenuti di cui fruisce, in che punto del tunnel di acquisto si trova. Ecco come possiamo cambiare il modo di intrattenere le conversazioni con i nostri prospect: segmentandoli e profilandoli PRIMA grazie al loro comportamento e alle loro interazioni con i contenuti - di qualunque generare siano. Obiettivo empatia e relazioni Conoscere i problemi e le motivazioni che potrebbero portare le persone ad acquistare il nostro prodotto o servizio, capire come questo potrebbe aiutarli a raggiungere gli obiettivi personali o di business, capire il momento esatto in cui lo stanno facendo, è quello che ogni venditore deve avere nel suo bagaglio, per non andare allo sbaraglio. Stiamo però anche alzando il tiro: è vero che stiamo parlando di produrre contenuti per attirare i prospect verso il nostro sito, per convertirli in lead e per segmentarli in base ad interessi, opportunità e problemi. Ma facendo questo li stiamo aiutando, non ci stiamo ponendo, all'interno della dinamica del rapporto, come meri venditori senza cuore e senza anima, unicamente interessati al fatturato: aiutando le persone stiamo costruendo fiducia ed autorità e questo, alla fine, aiuta a creare una relazione di fiducia che anticipa ogni argomento commerciale. Non è un argomento che si esaurisce qui e abbiamo messo sul piatto cose molto grosse: la digital transformation, Google, migliorare il rapporto con i potenziali clienti... Ma è un incipit di qualcosa. Perché questo post del blog? Per spiegare a mia mamma cosa faccio, forse. E, spiegandolo a mia mamma, spiegarlo a tutti. La metodologia di cui vi ho parlato si chiama INBOUND (e tocca ogni aspetto del rapporto con il cliente, il marketing, sales & service). La tecnologia è HUBSPOT e serve per armonizzare e gestire tutto il processo che allinea comunicazione e vendite. L'unione tra metodologia inbound e il modo di fare dei commerciali dà vita alla figura dell'inbound sales. Costruire progetti che implementano l'utilizzo di questa metodologia e di questa tecnologia all'interno delle aziende è quello che facciamo. Hai capito mamma?
I chatbot sono in giro per il web da un bel po' di tempo, ma molte aziende si stanno accorgendo ora di questi piccoli tool che possono portare un grande supporto sia per il marketing digitale che per il servizio clienti. Strumenti come Manychat, HubSpot e Landbot ti danno la possibilità di progettare bot che possono fare molto di più che, semplicemente, salutare i visitatori del tuo sito web o porre un paio di domande fuori contesto. Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, sono anche super facili da usare. Al giorno d'oggi, non sono necessarie capacità di codifica per creare il proprio chatbot. Dovresti comunque prestare attenzione ad alcune semplici linee guida per trarne dei benefici concreti. Perché creare un chatbot Perché dovresti creare un chatbot per i tuoi clienti e i visitatori del tuo sito? Esistono diversi motivi per cui nel sito della tua azienda dovresti iniziare ad utilizzare un chatbot: - i chatbot non hanno bisogno di serate libere, né fine settimana lontani dal computer. Di conseguenza, consentono una disponibilità più o meno continua per i navigatori, che potrebbero arrivare in qualunque momento - gran parte del lavoro del servizio clienti consiste nel rispondere alle stesse domande più e più volte. Usando un chatbot, si risparmiano tempo e denaro e si liberano i dipendenti dalle attività ripetitive che possono diventare banali rapidamente - anche chi si occupa i servizio clienti può avere una brutta giornata, siamo tutti essere umani con le nostre lune storte. Al contrario, un chatbot è sempre amichevole, indipendentemente dalla situazione di stress che un cliente insistente può generare - con un chatbot, puoi raggruppare l'intero processo di vendita in un unico canale, riducendo così la frequenza di rimbalzo e mandando le persone verso le pagine dove si chiude Le migliori pratiche per creare un chatbot 1. Decidi il tipo di chatbot I chatbot possono adattarsi a svolgere diversi ruoli. Prima di crearne uno dovresti capire quale ruolo affidargli. E il ruolo dipende, ovviamente, dai tuoi obiettivi. Vuoi rispondere alla domande del servizio clienti? Vuoi generare lead? Vuoi presentare nuovi prodotti o servizi? Vuoi parlare di vendite e acquisti di prodotti? Prenditi del tempo per decidere che tipo di chatbot vuoi creare perché da questo dipenderà il successo del chatbot. 2. Decidi che piattaforma usare Una volta deciso quale deve essere il lavoro del tuo chatbot, è giunto il momento di scegliere il luogo dove dovrà lavorare. Si possono usare i Bot su Facebook Messenger su Twitter... ma la mia preferenza sono per i bot che creano l'unteti all'interno del database / com aziendale, in quanto è l'unico modo per creare un reale valore, un asset aziendale da sfruttare nel futuro. È comunque fondamentale considerare dove i tuoi (potenziali) clienti stanno trascorrendo tempo e cosa si aspettano che accada in quei luoghi. È probabile che i visitatori del tuo sito Web abbiano domande e desideri diversi rispetto a quelli che contattano la tua azienda tramite Facebook Messenger. Se stai usando Bot su piattaforme diverse, è quindi importante personalizzarli in modo specifico per quei singoli luoghi. 3. Dota il tuo Bot con una personalità Un chatbot non è un essere umano e voler far immaginare al visitatore che, invece, lo sia, non è esattamente quella che definirei una buona idea. Tuttavia è un'operazione intelligente dare al tuo chatbot alcuni tratti caratteriali, al fine di rendere la conversazione un po' più personale, piacevole e fresca. Assicurati di lasciare che questi tratti riflettano il tuo marchio e siano coerenti con il tuo brand. 4. Inizia con un saluto La prima impressione conta. Questo è il motivo per cui è fondamentale trovare un messaggio di benvenuto che sembri amichevole e che convinca i tuoi visitatori del fatto che riceveranno un aiuto competente se vorranno usare la chat. Aggiungere una domanda alla fine del primissimo messaggio è un ottimo modo per stimolare la conversazione. 5. Impostare il flusso Questo passaggio è probabilmente la parte più impegnativa nella creazione di un chatbot. Qui devi prevedere diverse sequenze conversazionali per favori idealmente un'esperienza utente positiva, recuperando le informazioni che ti servono o fornendo quelle cercate. Idealmente, questi sono i passaggi da seguire: Raccogli le possibili domande dei tuoi clienti. Raccogli le migliori risposte a queste domande. Costruisci varie sequenze di conversazioni basate su queste domande e risposte. Utilizzare strumenti come Google Draw prima di impostarle sul tool che andrai ad utilizzare. La precisione e la modalità con cui queste sequenze possono essere create differisce da strumento a strumento. In generale, puoi decidere come procede il chatbot a seconda delle risposte, delle scelte o della keyword usate dal navigatore. Presta attenzione ai seguenti suggerimenti A. Rapidità L'obiettivo dovrebbe essere quello di fornire le informazioni desiderate dagli utenti, nel modo più rapido possibile, al fine di promuovere una grande esperienza utente con il chatbot. Se la conversazione va troppo lunga, la frequenza di rimbalzo potrebbe aumentare (il prospect potrebbe stancarsi e staccare) B. Evita i vicoli ciechi conversazionali Soprattutto, questo significa dare ai clienti la possibilità di passare alla chat con una persona reale, se il tuo Bot non ha più nulla da offrire. C. Varia le risposte standardizzate, mantenendo viva la conversazione Cospargi le tue conversazioni con un pizzico di umorismo, con un lessico frizzante. Come esattamente metterlo in pratica è ovviamente fortemente dipendente dal tuo brand e dal tuo buyer persona.