Hai presente quella sensazione di prurito o di fastidio che ti sale dopo il grande dispendio di risorse di una fiera di settore, a fronte di uno scarso risultato commerciale che hai portato a casa? Non ti preoccupare, succede a molti. La buona notizia è che, la maggior parte delle volte, non è colpa della fiera: è colpa tua! E se hai voglia di gestire la fiera in maniera differente, questa può diventare una fonte di business ancora più interessante. Il problema della fiera La tua azienda si è preparata per mesi: stand, materiale pubblicitario, area per gestire le relazioni, qualcosa da stuzzicare e sgranocchiare da far mettere in bocca ai visitatori che arrivi fresco e saporito ogni giorno. Hai preparato la squadra dei commerciali, i cataloghi e siete tutti pronti a ricevere le persone che verranno a farvi visita al vostro stand, tutti carichi come una molla per chiudere quante più vendite possibili. E invece... Torni a casa con una lunga lista di contatti e una bassa percentuale di prospect a cui mandare un preventivo. L'elenco dei contatti con i quali hai interloquito e dei quali hai portato a casa il biglietto da visita è lungo, ma pochi di questi ti hanno espressamente fatto capire che attendono una proposta commerciale. Nella migliore delle ipotesi tutti questi contatti vengono inseriti in un CRM, con un campo informativo che racconta l'origine del contatto (quella specifica fiera) e ti ricorderai di loro il prossimo anno, un mese prima dell'appuntamento fieristico, per provare a reinvitarli al tuo stand. Potrebbe comunque andare bene, se anziché un CRM, questi nomi li inserisci in un foglione di Excel, te li stampi e li metti sulla scrivania per chissà quali utilizzi futuri. Ecco quindi una serie di problemi associati alla gestione del contatto post fiera: non viene alimentato nel modo corretto non si differenzia nei vari stadi del Buyer's Journey non c'è una strategia per costruire una relazione con quelli più freddi Cosa puoi fare per migliorare le performance della fiera I problemi legati alle performance commerciali della fiera possono essere affrontati e risolti in maniera semplice, inserendo la gestione del contatto in un processo ordinato ispirato alle migliori pratiche della digital transformation. Se ti stai chiedendo Ma cosa sta dicendo questo? significa che stai leggendo il post giusto per te, perché ora andremo a vedere come puoi, passo passo, introdurre un metodo che ti aiuti a vendere di più (e meglio) ai contatti generati da una fiera. Dotati di strumenti tecnologici Prima di tutto, chiariamo una cosa: no, non puoi fare a meno di dotarti di strumenti digital in grado di gestire processi. Quindi partiamo dal definire il software di cui hai bisogno, che dovrebbe avere queste funzioni (non necessariamente nell'ordine di utilizzo): Un CRM in grado di gestire i contatti, le anagrafiche, tener traccia delle interazioni con i tuoi commerciali; Un software in grado di mandare email; Una piattaforma in grado di programmare l'invio delle email, automatizzando il processo di relazioni successive, nei giorni seguenti alla fiera (fino a mesi). Un'applicativo in grado di gestire landing page con form di contatto integrati, in grado di raccogliere informazioni e di matcharle con il nostro CRM/database. Uno strumento in grado di interfacciarci con il nostro calendario per poter fissare degli appuntamenti in modo automatico. In pratica cerchiamo qualcosa che sia in grado di mandare email ai visitatori dopo l'invio e che si basi o su delle programmazioni temporali o che sia in grado di analizzare i comportamenti successivi dei nostri contatti per scegliere che mail mandare loro, a seconda dei comportamenti (mescolando il dato con le anagrafiche). Ma ci torniamo tra poco. E che sia in grado di associare la compilazione di un form ad un contatto già presente nel CRM, quando viene sulle nostre pagine. Ai nostri clienti con queste esigenze noi proponiamo HubSpot, ma ora questo è un dettaglio... l'importante è che continui a seguirmi nel discorso. Definisci una procedura La tecnologia non basta... è chiaro che quando elenco le funzioni che dovrebbe avere la piattaforma software per gestire un processo di miglioramento dei rendimenti commerciali della fiera, io ho già in mente i passi da seguire. Il che, ovviamente, non è il Vangelo, ma solo uno schema di massima che si adatta, a seconda dei casi, alle differenti condizioni della tua azienda. Vediamo, metodologicamente, quali sarebbero gli step. Informa ed attira Crea delle landing page, differenti landing page, per andare ad intercettare i bisogni latenti ai quali la tua azienda potrebbe riuscire a dare risposta per i visitatori della fiera. Gestisci la pubblicità di queste landing page sui canali social a pagamento (LinkedIn, Facebook, Instagram...) e nella rete di Ricerca (Google e Bing). Converti prima della fiera (se ci riesci) Nella landing puoi mettere un form per richiedere informazioni e nella pagina di ringraziamento (a cui re-indirizzerai chi compilerà il form) potresti mettere il calendario dei tuoi venditori presenti in fiera, per dare la possibilità a chi ha compilato il form di fissare un appuntamento in maniera autonoma. Potresti prenderla anche più larga e proporre ai tuoi potenziali clienti lo scaricamento di un ebook utile per la fiera, che ne so... ad esempio 100 modi per fare business partecipando alla fiera di XXX o Guida ai migliori posti per andare a rilassarsi dopo la fiera di XXX, solo per citare due titoli molto generali che possono stare in questo post che parla di massimi sistemi, senza entrare nel dettaglio di un caso particolare. Inserisci i contatti nel CRM Durante le lunghe giornate della fiera i venditori, tra un appuntamento e l'altro, dovranno prendersi qualche minuto per travasare le informazioni raccolte dai biglietti da visita dei contatti nel CRM. Sempre che il visitatore non sia stato uno di quelli che ha compilato un form in precedenza o si è fissato un appuntamento (alla fin fine, sempre compilando un form) i venditori dovranno associare ogni contatto in modo diligente alla lista di quella fiera. E non dirmi che non hanno tempo. La fiera è piena di tempi morti. E se proprio proprio la tua fiera di settore è un continuo via vai di visitatori, porta con te una persona in più con questo esclusivo compito, che a quel punto, assocerà ogni singolo contatto anche con il venditore che ha sostenuto la conversazione con quel contatto. Alimentalo A questo punto il più è fatto perché a monte - prima della fiera, intendo - avrai preparato una serie di email automatiche per dare seguito alla visita di quel contatto in fiera. La prima email potrebbe partire 24 ore dopo l'inserimento del contatto e suonare più o meno così: Ciao Tizio, grazie ancora per essere passato in fiera da noi ieri, è stato un piacere conoscerti. Come promesso ti invio un link per scaricare il nostro catalogo bla bla bla. A proposito, se sei interessato ad approfondire l'argomento di cui abbiamo parlato abbiamo questi eBook che lo sviscerano e bla bla bla. Una questione di relazioni No, non prendere paura: con quello che ti costa una fiera non dirmi che non hai le risorse o il budget per mettere in piedi una serie di presentazioni e di ebook generici, delle liste di cose da fare ed altri contenuti utili, pensati per il tuo potenziale cliente? Sono questi contenuti che ti daranno la possibilità, il giorno dopo della fiera, di mantenere viva e salda una relazione costruita in modo occasionale da due chiacchiere al tuo stand. A quel punto, mescolando le informazioni sulle loro anagrafiche (quanto fatturano, in che settore lavorano, che profilo professionali hanno...), le informazioni sui loro comportamenti (se scaricano un ebook e non la check-list, se visitano la pagina dei prodotti e non quella dei contatti, quanti click ci hanno dato su LinkedIn...) e quelle sulle interazioni con i venditori (quelli che hanno ricevuto email e non hanno fissato appuntamenti, quelli con i quali il tal venditore ha avuto una telefonata etc...) continuerai ad alimentarli con contenuti successivi per tentare di rafforzare una relazione basata sullo scambio di valore e non sul tentativo spudorato di vendita. Perché la gente adora comprare ma odia quando provi a vendergli costantemente qualcosa. Vale per te. Vale anche per i tuoi prospect. Esiste un momento in cui potranno avere bisogno di questo benedetto preventivo, ma nel 99% dei casi non è ora. Se hai un buon rapporto e se hai coltivato una relazione di valore, saranno loro a venire da te quando il tuo prodotto / servizio potrà aiutarli ad affrontare una sfida o rispondere ad una opportunità che si presenta. Ora... Quello che ti ho raccontato non è certamente qualcosa che va ad esaurirsi in una chiacchiera virtuale di qualche minuto (lettura, non chiacchiera, mi dice il correttore di bozze NdR). Ma quello che conta è il concetto base che per fare una fiera e portare a casa un risultato non puoi continuare a farle come si faceva nel 1900 (sì, proprio, come si faceva nel XX secolo). La sensibilità delle persone, la società, la tecnologia, i consumi e le abitudini... TUTTO è cambiato rispetto a 15-20 anni fa. E tu puoi pensare di continuare a gestire la fiera come si faceva 50 anni fa? Ma lasciala perdere... Comunque, se tutta questa storia ti ha appassionato e hai trovato questi spunti minimamente utili, puoi fissarti un appuntamento per fare due chiacchiere (è graaaaaaaatis, non ti preoccupare, le due chiacchiere fanno parte di quella offerta di valore che anche noi offriamo ai nostri propect - e se stai leggendo questo post lo potresti essere...) e magari capiamo assieme come potremmo trasformare le tue fiere in un generatore di business, come non si vedeva da tempo ;-)
Mi trovo sempre più in difficoltà quando qualcuno mi chiede parlargli di HubSpot perché mi trovo in software selection e devo capire che applicazione introdurre nella mia azienda. Il fatto è che HubSpot è sempre stato diverso, ma negli ultimi due anni ha dato una notevole accelerata per trasformarlo in qualcosa più di un software, ma in un qualcosa per gestire un nuovo modello di gestione del business a 360°. L'evoluzione di HubSpot HubSpot è sempre stato diverso perché la sua evoluzione è legata in modo indissolubile al libro Inbound Marketing, scritto dai suoi fondatori, Brian Hallingan e Darmash Shah. Aver individuato una metodologia etica per acquisire nuovi contatti e trasformali in clienti - e il fatto che questa metodologia sia diventata una pratica diffusa a cui si tende, anche senza usare la loro piattaforma - ha fatto sì che l'evoluzione di HubSpot sia sta influenzata pesantemente da questo pensiero. Tutti gli strumenti della piattaforma sono votati e servono per fare in modo sequenziale, ordinato e composto inbound marketing, che poi diventa inbound sales e sfocia nella concezione inbound del service e dell'assistenza ai clienti. C'è, forse, ancora qualcuno che lo associa ad un software per gestire un blog e pubblicare sui social, ma il grosso investimento fatto sul CRM - e l'averlo reso accessibile al 100% in modo gratuito - hanno spinto HubSpot nel quadrante di Gartner sull'argomento gestione dei lead, assieme (nel 2018) ad Act-On, bpm’online, CRMNEXT, IBM, Impartner, Marketo, Oracle, Pegasystems, Salesforce, Salesfusion, SAP e Zoho. Ne quadrante dei frontrunner sul CRM è decisamente quello più gettonato, sempre secondo Gartner, il che dovrebbe rassicurare molti IT e responsabili Sales di grosse aziende che fino a poco tempo fa lo guardavano come un outsider a cui dare poca fiducia, visto la rapidità con cui è cresciuto ed ha acquistato quote di mercato: Il punto è che HubSpot è diventato un CRM e ha cominciato ad occuparsi della gestione dei lead (che grazie all'inbound marketing e alle sue funzioni si acquisiscono utilizzando i canali digital) solo recentemente, prima era considerato uno del leader della marketing automation e delle piattaforme per la gestione del digital marketing (social, blog, newsletter...) e veniva con un'integrazione nativa con Salesforce per chi voleva fare le cose fatte bene. Ma ora ha ingranato la marcia e la gestione del lead la fa in maniera eccellente - come dimostra la posizione nel quadrante Gartner - ma di più: permette di gestire i lead in maniera armonica seguendo il flusso dell'inbound marketing. Hubspot, un sistema per fare business Torniamo alle mie insofferenze quando mi trovo a parlare con qualcuno impegnato in una software selection, nella quale ha messo HubSpot e altri programmi, a volte più orientati alla marketing automation, altre volte sul CRM, altre volte sulla semplice gestione del digital marketing: già il fatto che si trovi in così tante tipologie differenti di software selection ci dice una cosa importante: è difficile inquadrarlo in un genere. Il motivo è semplice: HubSpot è un genere tutto suo, proprio perché si sviluppa sull'idea di inbound, attrazione del cliente e successiva alimentazione per trasformarlo in un cliente. HubSpot è un'azienda che fa cultura e fa della cultura il sistema per attrarre potenziali clienti e convertirli: hanno messo su un'accademia con corsi di formazione ed esami online - molto più di quella di Google, come sistema di certificazioni - e continuano a spingere sulla formazione degli uomini di marketing e dei manager per diffondere una sensibilità basata sull'etica e il modo di fare business sostenuto dall'inbound. La storia dell'inbound la conoscete? Ok, riassumiamola... L'inbound (marketing & sales) in pochissime parole L'inbound marketing è una metodologia che funziona così: 1. ATTRAZIONE Attrazione verso il tuo asset digital principale (il sito), con qualunque mezzo, dai post sui social alla SEO, dall'utilizzo dei QR code sulla stampa ai follow up ai contatti dopo una fiera, dalla pubblicità a pagamento online per arrivare all'ufficio stampa e alle PR. 2. CONVERSIONE Nel momento in cui un potenziale cliente è nel nostro sito, dobbiamo in qualche modo farlo diventare un contatto, trasformarlo da dato statistico (un visitatore che vede delle pagine) a dato di valore (contatto), in modo che possiamo dire che PINCO PALLINO ha visto quella pagina. Per fare questo utilizziamo le Call-to-Action nel blog, le landing page con i FORM e delle offerte di valore per il nostro potenziale cliente. Questa offerta può essere un ebook, un foglio di Excel che permette dei calcoli, un' app, un report... dipende a chi vogliamo parlare, perché persone diverse sono attratte da argomenti diversi. 3. CHIUSURA La chiusura è la parte che richiede una sensibilità e un coordinamento costante tra le due anime dell'azienda che si occupano di intercettare i potenziali clienti, il marketing e il sales. In questa fase il lead che ci è arrivato dal sito - del quale abbiamo iniziato a conoscere le necessità o problematiche in base ai suoi comportamenti (ad esempio le pagine del blog che ha visto o i contenuti che ha scaricato) - viene alimentato con contenuti altrettanto interessanti per lui e il commerciale entra nella fase di contatto one to one quando considera il lead abbastanza caldo per passare all'offerta. Gli strumenti a disposizione, per questa fase, sono il CRM, la marketing automation, le newsletter, i social... e tutto quello che ci può far rimanere in contatto e di coltivare una relazione con il nostro lead. 4. DELIZIA (o GIOIA) Avere dei clienti felici significa, fondamentalmente, due cose: la prima è che potranno continuare a compare, la seconda è che parleranno bene di noi e dei nostri prodotti/servizi con altre persone. Ed è lì che si innesta una delle chiavi più importanti per le vendite: il passaparola. Con HubSpot la parte della delizia viene gestita ancora una volta con newsletter, marketing automation, i canali social... ma anche con la possibilità di gestire ticket di assistenza, chatbot di supporto al cliente, survey per monitorare il grado di soddisfazione del cliente, FAQ, fino ai video sulle email one to one per spiegare ai destinatari meglio qualche concetto. Cosa desumiamo da questi 4 punti? Che l'inbound è un sistema completo di gestione del lead, da visitatore a prospect per arrivare a cliente, che mi permette di lavorare, attraverso i canali digital sulla relazione tra lui e l'azienda. L'evoluzione della metodologia inbound porta a ragionare su un modello completo di gestione del contatti, che HubSpot ha perfettamente integrato all'interno della piattaforma; parliamo del volano della crescita (growth flywheel) una visione olistica del lifecycle del cliente. Conclusione Quello che con questo post mi ero messo in testa di dire (e che per dirlo ho scritto tutto questo ricco preambolo) è che mi risulta estremamente difficile parlare di software selection tra HubSpot e altre piattaforme, perché, proprio per tutti i motivi riportati, non saprei da dove partire.
La digital transformation che sta investendo tutto il mondo, dal business ai rapporti personali, dalle abitudini di consumo a quelle lavorative, ha fornito ai venditori la possibilità di chiudere prima e meglio, allineandosi con gli acquirenti come mai era successo prima. Una storia commerciale Era la mio terzo demo del giorno e mi sentivo pieno di energia. Ho messo in fila tutto un programma di chiamate per discutere di un software - che oggi non ricordo più cosa facesse per le aziende - con una lunga lista di lead promettenti, per lo più manager e proprietari aziendali. Le prime due chiamate sono andate bene, sono state incoraggianti ed energizzanti: entrambe i prospect sembravano apprezzare il prodotto e mi hanno chiesto di mandare loro una quotazione. Ora che mi ero riscaldato, era giunto il momento per il mio pesce più grosso della giornata, una telefonata con un direttore generale di una grossa azienda B2B, che chiameremo Marco. Nei primi 30 secondi della telefonata, tutto il mia entusiasmo, si è sgonfiato. Desideroso di iniziare, mi sono tuffato nella presentazione, un terreno di gioco che conoscevo bene. Volevo sfruttare il tempo a disposizione il meglio possibile, ovviamente, ma lui rispondeva in modo freddo, sembrava persino un po' agitato. Mentre continuavo, mi interruppe e mi chiese da quanto tempo lavoravo nelle vendite. Ho dato un'occhiata all'orologio e, realizzando che ci mancavano solo 18 minuti, ho risposto rapidamente, “da troppo tempo” Ho provato a tornare in carreggiata con il discorso, ma ancora una volta mi ha fermato per fare domande che non avevano nulla a che fare con il prodotto. È stato davvero frustrante quella volta; mi sono sentito demoralizzato e sotto pressione perché non riuscivo a coprire tutti gli argomenti del mio script prima della fine dell’appuntamento. Quando sono arrivato ai prezzi, sembrava sorpreso, come se ne avessi parlato troppo presto. Gli ho chiesto quindi cosa pensava dei servizi che gli avevo presentato e lui ha esitato un po’ a rispondere. Poi gli ho chiesto come pensava si sarebbe potuto continuare, affinché la sua azienda acquistasse il software e un progetto di implementazione e, mentre non rispondeva direttamente alla domanda, ha fatto una lunga descrizione del processo di acquisto interno all'azienda, che coinvolgeva il reparto IT, il proprietario, il direttore commerciale e alcuni distributori internazionali particolarmente influenti… Mi ha spiegato che tutti loro avrebbero avuto bisogno di una demo e di essere allineati. Per me era un segnale chiaro di quanto non fossero molto interessati ed era davvero improbabile che si sarebbe potuto andare avanti. Era chiaro che questa chiamata non andava bene. L'unicità del rapporto venditore-cliente Perché ogni telefonata e riunione è così unica? Sebbene tu possa aver presentato la stessa idea o spiegato lo stesso prodotto centinaia di volte, ogni pubblico può percepire la tua presentazione in modo diverso. Senza uno sforzo di adattamento, è facile presentare la nostra idea o presentare un prodotto in un modo che per noi è familiare e ci piace. Il problema principale è che, con un'impostazione predefinita, trascuriamo di considerare in che modo gli altri useranno il nostro prodotto o come la nostra idea potrebbe adattarsi al contesto, trascuriamo le differenti personalità dei nostri interlocutori, non consideriamo la scala di valori differenti che potrebbero interpretare il nostro stile di comunicazione. Come possiamo farci ascoltare con tutto il rumore attorno alle persone ed essere rilevanti? Tutti noi, quando ci relazioniamo con gli altri, tendiamo ad assumere una prospettiva che semplifica i rapporti, ovvero idealizziamo un modello comportamentale che porterebbe tutti gli altri a comunicare nello stesso modo in cui lo facciamo noi. Psicologia, neuroscienze e esperienze del mondo reale ci insegnano, invece, che questo non potrebbe essere più lontano dalla verità. Le persone hanno background, sentimenti, pensieri, comportamenti e preferenze di comunicazione molto diversi, rendendo quasi impossibile comunicare in modo efficace con qualcuno senza tenere conto del loro stile di comunicazione preferito, senza pensare a chi abbiamo di fronte. Piuttosto che affrontare in modo ignorante qualcuno nel modo in cui noi vogliamo, dobbiamo imparare a comunicare nel modo in cui loro vogliono. In sintesi, dobbiamo imparare ad essere empatici. Ma, per comunicare in modo empatico, dobbiamo prima capire la personalità e lo stile comunicativo della persona che abbiamo dall'altra parte. Capire la personalità Storicamente, l'unico modo in cui ognuno di noi è in grado di comprendere appieno la personalità di qualcuno è conoscendolo veramente bene; questo però richiede molto tempo e una buona dose di intelligenza emotiva, a meno che non ai vogliano accelerare tempi facendolo sottoporre ad un test della personalità, procedura assai difficile con con un potenziale cliente. Il vero problema è che noi, che ci occupiamo di commerciale, stiamo spesso cercando di connetterci con nuove persone con le quali non abbiamo mai parlato prima. Come possiamo risolvere la questione e riuscire ad avere conversazioni, dimostrazioni, appuntamenti e rapporti che possono essere forieri di relazioni commerciali fruttuose, riuscendo a superare le barriere di ingresso ed entrando in empatia con le persone? Tecnologia e metodo ci danno una mano. Avete presente cosa fa Google? Google ci regala un sacco di cose gratuitamente. Alcune, come la ricerca tramite frasi per trovare i siti e le pagine che trattano gli argomenti che ci interessano, oppure la possibilità di guardare dei video su YouTube, sono davvero gratuite. Altre sono a pagamento. Di cosa sto parlando? Parlo di Gmail, Google Calendar, Google Documents, Android, il caricamento dei video... per utilizzare tutti questi servizi il pagamento è IL DATO. Per poter utilizzarli dobbiamo compilare un form con nome - cognome - email. Alcuni ci chiedono altri dati aggiuntivi. Quando paghiamo con le nostre informazioni personali siamo coscienti che verranno utilizzate in qualche modo per scopi di marketing e di sales, ma il valore di quello che Google ci offre vale la candela. Quindi non ci facciamo problemi a dare a Google i nostri dati. Questo è il metodo, poi c'è la tecnologia. La tecnologia sono i cookie. I cookie sono quelli che permettono a Google, una volta che una persona ha scritto il nome, il cognome e l'email su un form, di tracciare il comportamento successivo di quella persona su un sito (quindi, banalmente, Google sa chi è è persona che fa ricerche, quali ricerche e quali risultati clicca). Proviamo a portare questo processo all'interno di un'azienda di piccole, medie o grandi dimensioni che non è - ancora - un'azienda che ha abbracciato l'economia del dato e dell'informazione, che non ha abbracciato la digital transformation. Anche qui è questione di metodo e di tecnologia. Il metodo è simile a quello che fa Google: attiro potenziali clienti sul mio sito offrendo loro contenuti, strumenti o altro materiale che per loro è di valore. Un po' come la possibilità di cercare in che sito si trovano le cose che ti interessano se il tuo cliente è il navigatore del web, l'azienda fornirà cose utili e di valore ai suoi potenziali clienti. Saranno queste offerte ad attirarli sul sito, questi contenuti di valore, alcuni completamente gratuiti, altri a pagamento, ovvero accessibili solo compilando una form. Il caso scuola più semplice, il nostro L'azienda che produce contenuti del blog che parlano di argomenti interessanti per i propri potenziali clienti. Gli articoli del blog si posizionano su Google e vengono trovati da navigatori alla ricerca di soluzioni, nell'ambito di business dove quella azienda eroga il suo prodotto o servizio. Oppure attirano gli utenti dai social, visto che vengono condivisi anche sui canali social network più allineati ai contenuti proposti. O, infine, arrivano visitatori al post del blog dalla newsletter aziendale che distribuisce contenuti ai clienti, prospect, lead o iscritti al blog. Un po' come questo post del blog di Ict(digitalthink): se lo state leggendo siete arrivati da Google, da Facebook, da Linkedin o da una newslewtter. Una volta che l'utente è stato attratto dal post del blog, lo ha letto e - magari - lo ha trovato interessante, gli si propone di fare qualcosa in più, scaricare un ebook, partecipare ad un evento, vedere un webinar, una consulenza gratuita... Non si inventa nulla: è quello che fa anche Google quando, dopo essersi fatto conoscere per la ricerca, ti offre Gmail, Calendar, Android etc...in cambio della compilazione di un form per accedere al servizio. Si fa con quella che tecnicamente viene definita una Call-to-Action (CtA), una chiamata all'azione, che, invero, dovrebbe essere allineata al contenuto del blog che la ospita; ovvero se una persona ha trovato interessante il post del blog potrebbe essere interessata ad approfondire cliccando sulla CTA. Esattamente come quella che trovate in questo post del blog. La CtA fa il suo dovere reindirizzando i navigatori che la cliccano su una landing page, una pagina di atterraggio dove si trova il form per accedere a quell'offerta specifica. Il resto è magia della tecnologia: chi compila il form viene tracciato dai cookie. In questa maniera sappiamo che pagine del blog ha letto (se ogni post parla di un argomento, sappiamo quali sono i suoi argomenti preferiti), che problemi ha (se ogni post parla di soluzioni a problemi, sappiamo cosa lo sta muovendo nella sua ricerca), che CtA clicca e quali form compila. Insomma, cominciamo a conoscere la persona e a capire, in base ai contenuti di cui fruisce, in che punto del tunnel di acquisto si trova. Ecco come possiamo cambiare il modo di intrattenere le conversazioni con i nostri prospect: segmentandoli e profilandoli PRIMA grazie al loro comportamento e alle loro interazioni con i contenuti - di qualunque generare siano. Obiettivo empatia e relazioni Conoscere i problemi e le motivazioni che potrebbero portare le persone ad acquistare il nostro prodotto o servizio, capire come questo potrebbe aiutarli a raggiungere gli obiettivi personali o di business, capire il momento esatto in cui lo stanno facendo, è quello che ogni venditore deve avere nel suo bagaglio, per non andare allo sbaraglio. Stiamo però anche alzando il tiro: è vero che stiamo parlando di produrre contenuti per attirare i prospect verso il nostro sito, per convertirli in lead e per segmentarli in base ad interessi, opportunità e problemi. Ma facendo questo li stiamo aiutando, non ci stiamo ponendo, all'interno della dinamica del rapporto, come meri venditori senza cuore e senza anima, unicamente interessati al fatturato: aiutando le persone stiamo costruendo fiducia ed autorità e questo, alla fine, aiuta a creare una relazione di fiducia che anticipa ogni argomento commerciale. Non è un argomento che si esaurisce qui e abbiamo messo sul piatto cose molto grosse: la digital transformation, Google, migliorare il rapporto con i potenziali clienti... Ma è un incipit di qualcosa. Perché questo post del blog? Per spiegare a mia mamma cosa faccio, forse. E, spiegandolo a mia mamma, spiegarlo a tutti. La metodologia di cui vi ho parlato si chiama INBOUND (e tocca ogni aspetto del rapporto con il cliente, il marketing, sales & service). La tecnologia è HUBSPOT e serve per armonizzare e gestire tutto il processo che allinea comunicazione e vendite. L'unione tra metodologia inbound e il modo di fare dei commerciali dà vita alla figura dell'inbound sales. Costruire progetti che implementano l'utilizzo di questa metodologia e di questa tecnologia all'interno delle aziende è quello che facciamo. Hai capito mamma?
I chatbot sono in giro per il web da un bel po' di tempo, ma molte aziende si stanno accorgendo ora di questi piccoli tool che possono portare un grande supporto sia per il marketing digitale che per il servizio clienti. Strumenti come Manychat, HubSpot e Landbot ti danno la possibilità di progettare bot che possono fare molto di più che, semplicemente, salutare i visitatori del tuo sito web o porre un paio di domande fuori contesto. Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, sono anche super facili da usare. Al giorno d'oggi, non sono necessarie capacità di codifica per creare il proprio chatbot. Dovresti comunque prestare attenzione ad alcune semplici linee guida per trarne dei benefici concreti. Perché creare un chatbot Perché dovresti creare un chatbot per i tuoi clienti e i visitatori del tuo sito? Esistono diversi motivi per cui nel sito della tua azienda dovresti iniziare ad utilizzare un chatbot: - i chatbot non hanno bisogno di serate libere, né fine settimana lontani dal computer. Di conseguenza, consentono una disponibilità più o meno continua per i navigatori, che potrebbero arrivare in qualunque momento - gran parte del lavoro del servizio clienti consiste nel rispondere alle stesse domande più e più volte. Usando un chatbot, si risparmiano tempo e denaro e si liberano i dipendenti dalle attività ripetitive che possono diventare banali rapidamente - anche chi si occupa i servizio clienti può avere una brutta giornata, siamo tutti essere umani con le nostre lune storte. Al contrario, un chatbot è sempre amichevole, indipendentemente dalla situazione di stress che un cliente insistente può generare - con un chatbot, puoi raggruppare l'intero processo di vendita in un unico canale, riducendo così la frequenza di rimbalzo e mandando le persone verso le pagine dove si chiude Le migliori pratiche per creare un chatbot 1. Decidi il tipo di chatbot I chatbot possono adattarsi a svolgere diversi ruoli. Prima di crearne uno dovresti capire quale ruolo affidargli. E il ruolo dipende, ovviamente, dai tuoi obiettivi. Vuoi rispondere alla domande del servizio clienti? Vuoi generare lead? Vuoi presentare nuovi prodotti o servizi? Vuoi parlare di vendite e acquisti di prodotti? Prenditi del tempo per decidere che tipo di chatbot vuoi creare perché da questo dipenderà il successo del chatbot. 2. Decidi che piattaforma usare Una volta deciso quale deve essere il lavoro del tuo chatbot, è giunto il momento di scegliere il luogo dove dovrà lavorare. Si possono usare i Bot su Facebook Messenger su Twitter... ma la mia preferenza sono per i bot che creano l'unteti all'interno del database / com aziendale, in quanto è l'unico modo per creare un reale valore, un asset aziendale da sfruttare nel futuro. È comunque fondamentale considerare dove i tuoi (potenziali) clienti stanno trascorrendo tempo e cosa si aspettano che accada in quei luoghi. È probabile che i visitatori del tuo sito Web abbiano domande e desideri diversi rispetto a quelli che contattano la tua azienda tramite Facebook Messenger. Se stai usando Bot su piattaforme diverse, è quindi importante personalizzarli in modo specifico per quei singoli luoghi. 3. Dota il tuo Bot con una personalità Un chatbot non è un essere umano e voler far immaginare al visitatore che, invece, lo sia, non è esattamente quella che definirei una buona idea. Tuttavia è un'operazione intelligente dare al tuo chatbot alcuni tratti caratteriali, al fine di rendere la conversazione un po' più personale, piacevole e fresca. Assicurati di lasciare che questi tratti riflettano il tuo marchio e siano coerenti con il tuo brand. 4. Inizia con un saluto La prima impressione conta. Questo è il motivo per cui è fondamentale trovare un messaggio di benvenuto che sembri amichevole e che convinca i tuoi visitatori del fatto che riceveranno un aiuto competente se vorranno usare la chat. Aggiungere una domanda alla fine del primissimo messaggio è un ottimo modo per stimolare la conversazione. 5. Impostare il flusso Questo passaggio è probabilmente la parte più impegnativa nella creazione di un chatbot. Qui devi prevedere diverse sequenze conversazionali per favori idealmente un'esperienza utente positiva, recuperando le informazioni che ti servono o fornendo quelle cercate. Idealmente, questi sono i passaggi da seguire: Raccogli le possibili domande dei tuoi clienti. Raccogli le migliori risposte a queste domande. Costruisci varie sequenze di conversazioni basate su queste domande e risposte. Utilizzare strumenti come Google Draw prima di impostarle sul tool che andrai ad utilizzare. La precisione e la modalità con cui queste sequenze possono essere create differisce da strumento a strumento. In generale, puoi decidere come procede il chatbot a seconda delle risposte, delle scelte o della keyword usate dal navigatore. Presta attenzione ai seguenti suggerimenti A. Rapidità L'obiettivo dovrebbe essere quello di fornire le informazioni desiderate dagli utenti, nel modo più rapido possibile, al fine di promuovere una grande esperienza utente con il chatbot. Se la conversazione va troppo lunga, la frequenza di rimbalzo potrebbe aumentare (il prospect potrebbe stancarsi e staccare) B. Evita i vicoli ciechi conversazionali Soprattutto, questo significa dare ai clienti la possibilità di passare alla chat con una persona reale, se il tuo Bot non ha più nulla da offrire. C. Varia le risposte standardizzate, mantenendo viva la conversazione Cospargi le tue conversazioni con un pizzico di umorismo, con un lessico frizzante. Come esattamente metterlo in pratica è ovviamente fortemente dipendente dal tuo brand e dal tuo buyer persona.
La chiusura è un momento della verità per chi si occupa di vendite. La scelta delle giuste frasi per siglare un accordo di vendita è fondamentale. E questo momento è probabilmente il verdetto finale che determina se i tuoi sforzi sono valsi a qualcosa Non sei l'unico venditore che si preoccupa tanto per come potrebbe andare la chiusura. Tuttavia, senza quella sensazione di rischio, chiudere con successo una vendita non sarebbe così emozionante - ed è pura adrenalina, quella sana, che spinge i venditori a chiudere sempre di più. Poiché i professionisti delle vendite sono obbligati a generare le migliori percentuali di chiusura possibili, nel corso degli anni sono state sviluppate numerose tecniche per la chiusura di una vendita. Ecco alcune tecniche di chiusura comprovate e perché sono così efficaci. Per chiudere con un potenziale clienti ci sono differenti tecniche che si possono utilizzare. Eccone Alcune. Tecniche tradizionali di chiusura Le tecniche tradizionali di chiusura utilizzano alcuni trucchi psicologici che possono aiutare a dare la spintarella finale. Ecco le tre più comuni. 1. Ora o mai più Questo è il momento in cui il venditore fa un'offerta con un vantaggio speciale che richiede l'acquisto immediato. Per esempio: Questo è l'ultimo pezzo rimasto a questo prezzo Abbiamo uno sconto del 20% solo per chi acquista oggi Se compri ora, possiamo seguirti gratuitamente nella fase di implementazione. Questa tecnica funziona perché crea un senso di urgenza e può aiutare a superare l'inerzia quando un potenziale cliente vuole comprare, ma per qualche motivo non spinge il grilletto per sparare. Ovviamente, bisogna essere preparati, quando vai a trattare, tenendoti ben nascosto in tasca uno sconto o una promozione. 2. La chiusura riepilogativa I venditori che usano questa tecnica di chiusura riepilogano i prodotti che il cliente vorrebbe comprare, sottolineandone valori e benefici nella sua vita privata o lavorativa. Per esempio Abbiamo questa lavatrice con motore che non rovina i capi con garanzia in tutto il mondo per 10 anni e un servizio di consegna ed installazione gratuito. Basta che mi dici solo quando e dove consegnartela. Riassumendo tutti i punti precedentemente snocciolati durante la trattativa in un unico corposo punto elenco, aiuterai i potenziali clienti a visualizzare l'insieme delle positività dell'acquisto che si apprestano a fare, cercando di farli decidere qui ed ora. 3. La chiusura ad angolo acuto I potenziali clienti richiedono sovente riduzioni di prezzo perché sanno che la voglia del commerciale è quella di concludere la trattativa nel più breve tempo possibile. Se il tuo responsabile commerciale te lo permette potresti provare la tecnica ad angolo acuto, per cogliere i sorpresa questi prospect che chiedono gli sconti. Quando chiedono Potresti aggiungermi qualche ora extra di consulenza ad una tariffa scontata? Rispondi Certo, ma se lo faccio perché tu me lo dai chiedendo, sei disposto a firmare il contratto oggi?. Questa è la chiusura per metterli all'angolo, perché è molto probabile che non si aspettino questa risposta, sia perché hai accettato la loro offerta, sia perché hai proposto di chiudere oggi. Tecniche di chiusura delle vendite moderne Queste tre tecniche di chiusura forse ti sembrano un po' antiquate, perché puntano molto sui saldi, in particolare all'aumento delle tecniche di Inbound sales. In particolare l'idea di chiudere il contratto tra le due parti dovrebbe comprendere tutti gli accordi incrementali che si sono fatti tra venditore e cliente durante tutto il processo di vendita, non solo nel momento finale. Per portare il cliente ad impegnarsi nell'acquisto, i rappresentanti dovrebbero sforzarsi di Scoprire le esigenze del cliente Comunicare in modo efficace in che modo degli specifici prodotti o servizi offrono una soluzione conveniente e soddisfacente a tali esigenze. Se questi due requisiti vengono raggiunti, non ci dovrebbero essere ostacoli alla chiusura. E la domanda finale può essere veramente diretta a quel punto. 4. La domanda di chiusura Per raggiungere questi due obiettivi, è fondamentale che i venditori fanno domande ai loro potenziali clienti, I venditori si concentrano sulla chiusura di una vendita non appena inizia un conversazione con un potenziale cliente, attraverso una serie di domande assecondano il desiderio del cliente, eliminando ogni obiezione all'acquisto. Si può anche arrivare a chiudere la vendita con una domanda, consentendo al venditore di ricevere risposte alle obiezioni il cliente che potrebbe avere sul prodotto o servizio, nel momento in cui, contemporaneamente, si impegna ad acquistare. Ad esempio: Secondo te quello che ti sto offrendo risolve il tuo problema?. Questa domanda ti consente di scoprire se il potenziale cliente sta trattando avendo in mente anche altre soluzioni. Se la risposta è no siamo ancora nel campo dell'opinione, non della verità, e sai che devi continuare il processo di vendita puntando sui suoi bisogno. Se la risposta è sì hai una strada spianata davanti. Oppure, per fare un altro esempio, la domanda potrebbe essere: C'è un motivo per cui non vorresti comprarlo?. Questa domanda richiede una chiusura della trattativa o il motivo per cui il cliente non è ancora convinto (e ti da indicazioni sul dove parare). Come si dice, è una domanda win-win. 5. Chiusure preventive Questa tecnica di chiusura attinge al potere del pensiero positivo. Se ci credi davvero, fin dal primo invio di e-mail che fai, chiuderai questo accordo: è una predisposizione mentale che può avere un effetto incredibile sul resto del processo di vendita. Ciò che è importante qui è monitorare da vicino l'interesse, l'impegno e le obiezioni del potenziale cliente. Dopo una chiamata o una riunione, chiedi sempre: Questa presentazione è stata all'altezza delle tue aspettative?. Se hai appena fornito al potenziale cliente nuove informazioni sul tuo prodotto o servizio, chiedi sempre: Questo sembra qualcosa che potrebbe essere importante per la tua azienda? Questo soddisfa una specifica necessità o aiuta a risolvere una problematica? Tenendo l'orecchio a terra e assumendo una buona predisposizione sin dall'inizio, porterai autorità e imprimerai una direzione al tuo processo di vendita che altrimenti non ci sarebbe. 6. Portalo via per chiudere Se hai dei bambini ti sarai sicuramente reso conto che se gli porti via un giocattolo che non stanno guardando in quel momento, la loro attenzione si concentrerà quasi solo su quell'oggetto che, fino ad un secondo prima, non attirava minimamente la loro attenzione. Se il potenziale cliente sta trattando sul prezzo accontentalo tirando via una parte del prodotto o del servizio che per loro era importante. Da quel momento penseranno più al danno provocato dalla sconto che non al vantaggio economico che stavano tentando di portarsi a casa. 7. Chiusure morbide La chiusura morbida è un modo per mostrare al potenziale cliente il beneficio del tuo prodotto e, quindi, fare una domanda per accertare se vorrebbe saperne di più. Ad esempio, Se potessi ridurre la manutenzione di quella macchina del 25% e, nel contempo, aumentare la produttività del 15%, saresti interessato a saperne di più?. Hai chiaramente indicato i benefici senza fare richieste o offerte di vendita improvvise e fuori contesto. Se l'esempio sopra sembra ancora troppo diretto, potresti chiedere qualcosa di simile: Se ti dicessi che potrei ridurre la manutenzione della macchina del 25% e aumentarne, nello stesso tempo, la produttività del 15%, sarebbe in linea con gli obiettivi della tua azienda?. Questa domanda elimina qualsiasi paura di impegnarti in un acquisto, e ti fornisce più tempo per conoscere le loro esigenze di business. Essere abili a chiudere è probabilmente una delle tecniche più importanti che un venditore deve padroneggiare. La cosa migliore è sempre quella di trova un mentore o un commesso che domina le tecniche di chiusura in modo eccellente e impara da loro.
Il mondo è cambiato tanto negli ultimi 10 anni. Ma proprio tanto. Fino al 2005 non avevamo uno smartphone con una connessione perenne in tasca, non passavamo le nostre giornate su Facebook, non chattavamo nei gruppi di Whatsapp e un sacco di altre cose. Le persone sono cambiate Internet ha stravolto le nostre vite e i nostri comportamenti, plasmando in maniera più o meno silente anche la nostra forma mentis. Svegliarsi e andare a prendere il giornale in edicola? Un ricordo, oggi si surfa tra siti di informazione in pigiama con la tazza del caffè davanti. Lo shopping? Si sposta da Amazon a Yoox, passando da Ebay e alla domenica, se proprio bisogna, al centro commerciale. Le vacanze, i voli in aereo o i pernottamenti? Vi sfido a trovare qualcuno che va ancora in un'agenzia di viaggio. Anzi, se lo trovate, fate un fischio perché deve essere salvaguardato come valore, un po' come i reduci della guerra. Ma è cambiato anche il modo in cui ci avviciniamo ad un prodotto, sia esso un forno a microonde o un'auto, una macchina da mettere in officina o un computer. Facciamo info commerce: ci attacchiamo a Google o a Youtube a cercare recensioni, pareri, novità dal mercato o altro. Ma ai grandi motori di ricerca chiediamo anche altre cose: li consultiamo quando ci troviamo smarriti, come facevano gli antichi greci con l'oracolo di Delfi, attendiamo da loro risposte e proviamo a districarci nella selva di risultati che ci restituiscono, per incontrare la nostra strada. Possiamo dirlo: siamo cambiati. E su tutto. Il tempo libero oggi conta spesso più di 100 € in più a fine mese, avere ottimi colleghi di lavoro conta più del bravo capo, le organizzazioni sono sempre più orizzontali e distribuiscono decisioni e conoscenza in modo diffuso. Ma non mi dilungo, il sunto credo lo abbiate capito e non è questo il focus del post. Siamo artefici dei nostri fastidi Quanto ci infastidisce essere chiamati all'ora di cena, proprio quando stiamo condendo l'insalata, per la nuova offerta strepitosa dell'operatore telefonico di turno. Quanto poco siamo interessati al finanziamento che ci propongono fermandoci mentre passeggiamo con la nostra famiglia in centro. Con quale disinteresse buttiamo senza neppure leggere tutte quelle cartacce con le quali ci vengono riempite le cassette della posta. E il fastidio che proviamo per le decine di richieste settimanali di appuntamento, di scoperta di mirabolanti prodotti che ci raggiungono via email quando siamo al lavoro. Se parliamo dell'interruzione di 4-5 minuti di spot pubblicitari nel mezzo di una trasmissione televisiva che ci stava interessando, arriviamo anche a cambiare canale e a dimenticarci di tornare indietro. Questo è il mondo della comunicazione che ci arriva addosso che non ci piace, ma che vorremmo cambiare. Il problema è che per cambiare questo mondo, prima, dovremmo cambiare noi. Gli esempi possono essere innumerevoli, anche fuori dal contesto marketing e comunicazione. Ci inalberiamo per il traffico, quando siamo noi ad usare una macchina a testa e a far fallire i progetti di mezzi pubblici per le zone industriali. Siamo allucinati dalla mancanza di rispetto verso gli adulti dei ragazzini per strada, dimenticandoci che sono i nostri figli. Ci inorridiamo per i test sugli animali delle creme e lozioni body & care ma siamo noi che sosteniamo questa industria, ogni volta che non compriamo prodotti non testati sugli animali. Ci scandalizziamo per la frutta e verdura presentata dentro a buste di plastica ma siamo noi che preferiamo comprare quella, anziché quella esposta, quando andiamo in un supermercato. Insomma, il mondo che ci circonda è il nostro mondo, quello che noi giorno dopo giorno costruiamo. La comunicazione e le vendite verso il fine corsa Così è nel mondo della pubblicità e delle vendite: siamo noi i primi che giustificano pratiche commerciali e di marketing che infastidiscono, perdonandoci tutto quando si tratta del nostro prodotto e dei nostri servizi da vendere. Non facciamo tempo a segnalare un'email per spam che il momento dopo decidiamo di mandare email per l'acquisto del nostro personalissimo set di pentole (sostituite set di pentole con qualunque cosa vendiate) a qualunque indirizzo ci capiti sottomano, convinti che sia il modo migliore per incrementare le nostre probabilità di raccattare nuovi clienti. Non riusciamo a metabolizzare il principio primo dell'inbound marketing: al nostro potenziale cliente dei nostro prodotti o servizi non gli importa nulla, zero, una benamata cippa. E meno che meno gli interessa che ne parliamo ora, mentre sta facendo colazione, mentre guarda la partita allo stadio, mentre fa la spesa o è al ristorante. Al nostro potenziale cliente il nostro prodotto o servizio potrà interessare solo quando ne avrà bisogno per risolvere una particolare situazione in cui questo può diventare utile. Ma anche in quel caso ci sarà un momento che si dedica con la questa alla risoluzione di questa questione e altri momenti in cui non gli interessa nulla. Questo è il marketing contestuale: il giusto contenuto, alla persona giusta, nel giusto momento. Tutto il resto, qualunque informazione non richiesta, fuori dallo stadio del percorso dell'acquisto che il potenziale cliente sta seguendo, diventa un fastidio. Lo è per noi, perché non lo dovrebbe essere per gli altri? Perché quando si parla di quello che vendiamo noi, riusciamo a sovvertire l'ordine delle cose e a perdere la lezione che dovremmo aver imparato ogni volta che abbiamo subito noi una comunicazione non allineata con le nostre aspettative del momento. Si può cambiare Vuoi cambiare il mondo, evitando che tutti siano infastiditi dalla pubblicità invadente? Inizia da te, comincia con la tua azienda. Abbandonare le pratiche di outbound marketing, della comunicazione che interrompe (interruption marketing) è il primo passo. L'outbound marketing definisce e raccoglie, nella sua definizione, tutte le pratiche di comunicazione e di vendita che piombano nella vita delle persone senza permesso, senza capire se in questo esatto momento quella persona è interessata al nostro messaggio. Negli ultimi 30 anni è una forma di comunicazione e di vendita che è diventata pervasiva e di massa: dai commerciali che suonano il campanello della nostra azienda, alle telefonate che provano a venderci di tutto, alle email che sempre più spesso finiscono nello spam, le pagine di pubblicità dei giornali che ci portano a distinguere con difficoltà il redazionale dal contenuto promozionale... le persone - noi - dicevo, sono sempre più infastidite da queste interruzioni non richieste e non gradite. Ripetilo con me, ad alta voce, più volte, finché non capisci di cosa stiamo parlando Alla gente del mio meraviglioso prodotto o servizio non gliene frega un cazzo. Fintantoché non ne avranno bisogno. In un mondo sempre più veloce e frenetico questi messaggi arrivano ad un ritmo sempre più veloce e frenetico: questo ci porta alla chiusura a riccio verso qualunque sollecitazione non richiesta. Forse è qualcosa che, se avete provato a fare telefonate a freddo con un call center negli ultimi anni, state vedendo: se fino a qualche anno fa la percentuale di chiusura delle telefonate a freddo potevano anche giustificare, in qualche modo, dal punto di vista delle entrata, questa pratica fastidiosa, oggi è molto più difficile. Sempre meno aziende trovano un ritorno dell'investimento positivo nelle telefonate a freddo, nelle email a liste non segmentate, nella pubblicità cartacea spedita nella cassetta della posta. Perché si continua? La risposta che mi sento dare più spesso è una cosa che suona più o meno così: Abbiamo sempre fatto così, non saprei cos'altro fare, qualcosa dobbiamo fare se vogliamo provare a farci nuovi clienti, cosa vuoi che chiudiamo? Beh, se anche tu risponderesti così, c'è una notizia bella e una brutta. Parto dalla brutta: è colpa tua. Colpa tua che non esci dagli schemi che ti hanno insegnato e non vai alla ricerca di qualcosa di nuovo continuamente, Senza fermati e mai pago, che ti adagi su quello che hai fatto una volta e anche se non funziona più continui a farlo, che non ti fermi a guardare i dati disastrosi di queste attività di marketing per dire basta già qualche anno fa, colpa tua che sei stato pigro fino ad oggi e che ti ritrovi a leggere questo articolo del blog sentendo dire che c'è un'alternativa al rompere le balle la gente per tentare di vendere i tuoi prodotti o servizi. Ti dirò di più: l'alternativa esiste dal 2009. Giusto una decina di anni fa. E in questa decade non è cambiata. La notizia buona l'hai già capita. L'alternativa, per l'appunto, c'è e si chiama inbound marketing. Come funziona l'inbound marketing L'inbound marketing è una metodologia che sia basa su un semplice concetto: non dobbiamo forzare i nostri messaggi di vendita per raggiungere persone che in questo momento non stanno pensando all'acquisto del prodotto o servizio che vogliamo proporre, perché questo è fastidioso, è controproducente per il posizionamento del nostro brand e, nella stragrande maggioranza dei casi, allontana le persone dalle nostre proposte ed offerte commerciali. Proprio per questo l'inbound marketing non si basa sulla spinta verso le persone di qualcosa, ma sull'attrazione: il potenziale acquirente pronto ad acquistare arriverà da noi quando ha bisogno di quel qualcosa che noi possiamo offrirgli. Per raccogliere in una frase molto stringata quello che fa l'inbound marketing è questo: utilizzare il proprio sito web per attrarre potenziali clienti non parlando dei nostri prodotti ma dei problemi o delle opportunità che i nostri prodotti aiutano a risolvere o a conseguire. In questo modo, quando qualcuno cerca in internet con l'intento di informarsi (operazione definita in gergo info commerce) su - per dirla in maniera generale - come fare qualcosa, potrebbe trovare il nostro sito che glielo spiega. S.p.i.e.g.a. Spiega. Non tentare di vendergli qualcosa nella fase dell'acquisizione della conoscenza. La fase della decisione di acquistare è successiva e viene dopo l'aver acquisto abbastanza informazioni da aver capito di cosa potresti aver bisogno. Ecco, in questo modo smettiamo i panni del venditore aggressivo e diventiamo un consulente gratuito che distribuisce una piccola parte della sua competenza e conoscenza per arrivare a costruire una relazione con qualcuno che in questo momento cerca informazioni e non sa a chi chiederle se non a Google. O su un gruppo sui LinkedIn o Facebook. O navigando all'interno di Youtube. Solo por fare degli esempi. L'obiettivo dell'inbound marketing, alla fine, è proprio questo: costruire delle relazioni di lungo termine con le persone che un giorno potrebbero aver bisogno di acquistare il nostro prodotto. Cosa devi fare Devi muovere il culo, devi darti una mossa, devi - come mi diceva mia nonna - scantarti, devi diventare curioso di apprendere e di provare nuove strade. L'inbound non è una magia: prendo il metodo, pago Giovanni e fa lui; no, non funziona così, proprio no. Deve diventare parte del DNA della tua azienda, dei commerciali, di chi si occupa di comunicazione. La chiave è tutta nel mettere al centro dei pensieri di chi si occupa di comunicazione o di vendite che la cosa importante non è vendere il prodotto ma affiancare i potenziali clienti per aiutarli nei loro buyer's journey, nei loro viaggi per risolvere problemi, aiutarli ad approfondire aspetti del tuo mondo sui quali si accende la loro curiosità ed utilizzare questi contenuti per costruire una relazione che deve rinsaldarsi nel tempo. Noi venditori, privati del nostro potere di maieuti dei cataloghi, delle novità e dei prezzi che interessavano al nostro buyer's persona, il nostro potenziale cliente con il quale vogliamo entrare in armonia, dobbiamo farcene una ragione. Il mondo è cambiato, dobbiamo cambiare anche noi. PS Giuro che se vedo di nuovo una tua email mandata a minchia nella mia casella di posta, vengo a prendere il tuo caso aziendale e ti trovi scritto qua sotto, tra i cattivi.
L'Inbound Marketing non è una tecnologia specifica che viene utilizzata per fare digital marketing, ma una metodologia complessa che utilizza qualunque software, canale e possibilità si presenti, per fare attività di comunicazione - in senso lato - sul web, con lo scopo di trovare nuovi contatti e segmentarli in base alle informazioni che si acquisiscono su di loro. L'Intelligenza Artificiale è uno di questi strumenti strumenti che possono essere messi al servizio dell’inbound marketing. Cos'è l'Intelligenza Artificiale (AI) Si parla di intelligenza artificiale (AI) quando si utilizzano sistemi informatici per imitare il processo decisionale umano, la risoluzione di problemi e il ragionamento. È un'area di informatica che tenta di imitare il livello di intelligenza negli esseri umani attraverso l'uso di computer e software, per eliminare l’intervento umano nei processi. Non si deve confondere il termine lato intelligenza artificiale con l'apprendimento automatico: i concetti sono diversi e indicano cose diverse. L'apprendimento automatico è un'area dell'intelligenza artificiale che mira a utilizzare i principi comportamentali e di apprendimento con algoritmi: insomma, l’intelligenza artificiale si programma e poi ci fa risparmiare l’intervento umano. Che cos’è l’inbound marketing L’inbound marketing è una metodologia che si concentra sull’attrazione del potenziale cliente, lavorando su quello di cui lui ha bisogno e su quello che lo porta verso l’acquisto di un servizio o di un prodotto. Nell’inbound marketing il focus centrale non è su quello che si vende, sul proprio prodotto o servizio, ma è sul cliente, sui suoi bisogni, sulle sue necessità. Un software di marketing automation come HubSpot, che permette anche di gestire flussi di email, task, conversazioni con il Bot o altro, raccoglie i dati che sono necessari all’intelligenza artificiale per funzionare. L’AI permette all’inbound marketing di evolversi Con la metodologia inbound marketing i dati e le informazioni che si acquisiscono sul potenziale cliente o sul cliente crescono esponenzialmente. Lo stesso HubSpot, dalle informazioni di marketing, è arrivato a presentare funzionalità che permettono di raccogliere informazioni anche sull’assistenza ai clienti e la gestione del contatto commerciale. E tutte queste informazioni si possono mescolare. Chi fa inbound marketing con Hubspot ha quindi a disposizione una grande quantità di dati che si possono utilizzare per fare previsioni e decidere dove puntare con le future campagne. Ci vogliono soluzioni tecnologiche sempre più complesse per usare al meglio questi dati e le soluzioni includono l’intelligenza artificiale. Programmando, per esempio, il chatbot con le variabili IF si possono creare dei pattern per la raccolta delle informazioni molto molto complessi che, simulando le risposte dell’operatore umano, permettono all’utente di avere una customer experience completamente operativa. Ci sono soluzioni, soprattutto in lingua inglese, come inboundwriter.com che consentono agli operatori marketing di ottenere delle previsioni sul rendimento di determinati contenuti ancora prima di pubblicarli. L’algoritmo analizza i dati dal web e in real time prova ad ipotizzare l’andamento di quel contenuto. Scarica l'ebook Cos'è HubSpot cliccando sulla copertina Google, l’AI e l’inbound marketing Google sta investendo molto nella tecnologia e nei talenti che si occupano di AI. Considerando che Google vuole fornire una risposta a quasi tutte le domande che facciamo e cerca di anticiparle mentre le digitiamo sulla barra della ricerca, l’investimento in Intelligenza Artificiale per Google è determinante. Per l’inbound marketing questo rappresenta un’opportunità, perché sia Google che l’inbound marketing condividono un obiettivo comune: il cliente - e le sue necessità - sono sempre al primo posto. Finché chi fa inbound marketing penserà a produrre contenuti di grande valore per i suoi potenziali clienti, Google sarà un grande alleato. L’intelligenza Artificiale funziona se ha buoni dati che la fanno girare Il problema dell’introduzione di troppi dati mal gestiti nei sistemi di AI si presenta come un overload con implicazioni negative sul funzionamento. Perché l’intelligenza artificiale lavori bene è importante che chi si occupa di marketing raccogli i dati corretti, li tenga aggiornati e li possa utilizzare in tempo reale. Solo con queste condizioni l’AI può portare grande risultati e migliorare le prestazioni delle campagne marketing. Ancora una volta l’utilizzo di un software come HubSpot, pensato per fare inbound marketing e in grado di classificare i dati all’interno di uno schema di “campagne marketing” ad hoc, oltre ad utilizzarli in tempo reale, diventa essenziale per massimizzare il connubio inbound marketing e intelligenza artificiale. Una spinta importante nell’utilizzo della tecnologia AI è quella che punta al miglioramento delle prestazioni e del ROI delle campagne. I responsabili marketing hanno sempre più pressione per massimizzare i risultati e ridurre i costi. Grazie ai software che usano l’AI i professionisti del marketing possono accedere ad analisi predittive che migliorano le prestazioni delle loro campagne. Il futuro dell'inbound marketing e dell'Intelligenza Artificiale Anche se oggi molte funzioni del marketing cominciano ad essere automatizzate, in gran parte il marketing digitale, nel mondo, è ancora gestito dagli umani in maniera manuale. La continua implementazione delle tecnologie AI nell'inbound marketing non faranno altro che migliorarlo e ottimizzarlo ulteriormente. Cosa succederà (o sta già accadendo)? Un sacco di cose, di cui alcune già molto evidenti. La strategia dei contenuti sarà sempre meno concentrata sulle parole chiave target specifiche e sulla creazione di gruppi di argomenti. Già oggi lo strumento per la strategia dei contenuti di Hubspot ci da un'idea di come le macchine saranno in grado di supportarci, con proiezioni in real time e aggregando le informazioni complesse per aiutarci a produrre contenuti in linea con gli obiettivi e le performance che ci aspettiamo. La personalizzazione dei contenuti che vengono offerti sul proprio sito, adattando immagini e testi alle aspettative di chi sta navigando, è un altro plus che è reso possibile dalle integrazioni tra inbound marketing e intelligenza artificiale (vedasi gli smart content). La segmentazione del contatto a livello individuale diventerà la norma nella comunicazione, complice l'intolleranza sempre più accesa delle persone-consumatori ai messaggi massivi, alle interruzioni e ai fastidi del vecchio marketing outbound. Significa sapere sempre quando è il momento giusto per un'email o una telefonata ad una persona, conoscendo il momento in cui questa si trova nel processo decisionale (contextual marketing). I chatbot permetteranno di implementare messaggi con prospect e consumatori su vasta scala, senza grossi call center alla spalle, permettendo alle persone di conoscere quello che stanno cercando in modo puntale e preciso. Se è vero che l’AI si sta sostituendo ad alcuni lavori, è anche altrettanto vero che crea lavori in altre aree, soprattutto perché l’Intelligenza Artificiale ha bisogno di operatori umani per impostarla e farla funzionare. Dopotutto siamo già in una società sovraccaricata di lavori: perché non permettere alla macchine di togliere un po’ di quel carico, in particolar modo dove le macchine ci permettono di rendere il lavoro ancora più efficiente? Come, appunto, nell’inbound marketing, dove l’utilizzo dei dati permette di avere delle performance straordinarie sui risultati del sales e della Customer experience.
Le ripercussioni dell'inbound marketing, portato all'estrema conseguenza del tutte le aziende promuovono sapere e cultura le loro specifico settore, porterebbero ad un generale miglioramento del web, perché il web diventerebbe un territorio sterminato di contenuti utili sotto differenti punti di vista. Facciamo un esempio proprio sull'inbound marketing. Fare inbound marketing significa, in soldoni, utilizzare il web per promuove contenuti utili e di valore per i propri potenziali clienti, al fine di attrarli al proprio sito web grazie a queste informazioni assolutamente gratuite e tentare di convertirli, con offerte premium, offerte di maggior valore, per trasformarli così in lead del proprio database. Proprio per questo, se cercate informazioni sull'inbound marketing online troverete un sacco di informazioni utili sul tema, decine - centinaia - di siti che ne parlano da qualunque punto di vista e in qualunque contesto possibile. I contenuti sono realizzati e distribuiti da aziende che si occupano di inbound marketing e che vendono inbound marketing. Ora, generalmente, aziende diverse che parlano dello stesso tema, offrono punti di vista, approfondimenti, aspetti diversi al potenziale pubblico di lettori, ognuno cogliendo, mettendo in luce e valorizzando differenti note sugli argomenti trattati. L'inbound, se fatto bene, mette in primo piano la validità del contenuto offerto, la sua qualità rispetto al tema trattato e rifugge la promozione pubblicitaria all'interno dei contenuti - se non utilizzando banner o Call-to-action. Immaginate un mondo di MILIONI di AZIENDE che producono contenuti verticali settoriali di approfondimento, che riesco a posizionarsi su Google in base alla loro utilità e qualità. Potrebbe essere un'evoluzione distribuita e orientata al commerciale del concetto di Wikipedia, non più gestita da un gruppo di persone, ma da centinaia di migliaia di aziende che si contendono il primato dell'accademia più utile per i propri prospect. Non stiamo parlando di informazione politica, cronaca ed eventi rosa: qui parliamo di verticalizzazione contenutistica in ambiti molto delimitati, come potrebbe essere il mondo dei conduttori elettrici, delle guaine, dei materiali edili, delle scelte architetturali, di tessuti artificiali, e qualunque altra cosa possa venirvi in mente. Ma comunque si rimani lontani dalla conoscenza wikipediaca, che snocciola fatti storici, personaggi famosi, luoghi e conoscenza da voci dell'enciclopedia in ordine alfabetico. Qui andiamo su un tipo di sapere più cattedratico o da bottega dell'artista, di carattere prettamente divulgativo, che accede al know-how di un'organizzazione per portare in luce pratiche, procedure, spiegazioni, approfondimenti. Ogni azienda nel suo gigantesco micromondo. Qualche esempio. Monplast è un'azienda che si occupa di tubi con fili elettrici preinfilati. Il loro blog parla di tempi specifici, ad esempio Come estendere la vita e l'utilizzo degli impianti elettrici, L'incidenza della portata elettrica sull'impianto, oppure Cos'è il CPR e che obblighi comporta. Dakota è un'azienda che produce materiale per il settore edile e propone post come I vantaggi delle piscine fuori terra in legno, Il rinforzo della muratura portante con il ciclo strutturale o Coibentazione termica e risparmio energetico. Enecta si occupa della commercializzazione di estratti e oli di CBD. Nel loro magazine online troviamo post come Ansia e comportamento DOC nel gatto, Cannabidiolo contro le conseguenze di un trauma cranico o Oli, capsule, cristalli: tutte le forme del CBD Sono solo tre esempi. Ce ne potrebbero essere molti altri e chissà quanti ne avete sfogliati senza rendervene conto nei vostri pellegrinaggi online alla ricerca di informazioni utili prima di acquistare qualcosa o di fronte a determinate esigenze pratiche nel lavoro o nella vita privata. Insomma, quello che voglio dire è che un web dove le aziende assumono l'impegno civile di promuoversi usando la diffusione della conoscenza è un web che diventa una fonte preziosa di informazioni per l'umanità intera. Dalla diffusione del sapere - e non parlo di formule brevettate o di segreti industriali, ma della conoscenza che deriva dallo studio e dall'esperienza - ne esce un web dove le ricerche su Google portano a siti che si fregiano della medaglia di chi è più utile, interessante e di valore. Ma non per sfizio: perché tutto ciò si trasforma in un generatore di fatturato, proprio utilizzando i differenti passi della metodologia inbound marketing: attiri sul sito grazie alla qualità dei contenuti, converti, segmenti i lead che hai generato, li qualifichi commercialmente a seconda dei comportamenti, per poi passare la palla alle vendite nel momento più opportuno. Ovviamente c'è il rovescio della medaglia. Non tutte le aziende producono contenuti, per così dire, memorabili. Spesso, la scarsità del budget messo a disposizione, la scarsa scolarizzazione e la poca istruzione dilagante anche tra chi si declama professionista nella produzione di contenuti, la fretta con la quale si punta a portare a casa risultati di business in tempi rapidi... sono fattori che portano alla produzione di contenuti dimenticabili che, anziché rendere il web un posto migliore, contribuiscono al crescere del web spazzatura. Diciamo che l'inbound marketing, a dispetto di chi si limita a fare solo SEO, dovrebbe avere dei buoni anticorpi, se il messaggio è stato recepito: per fare SEO si può giocare più sulla quantità che sulla qualità, si può giocare sulla replicazione di concetti su differenti post, cambiando la prospettiva di qualche nanomillimetro per estendere le keyword pur rimanendo nello stesso ambito semantico, si può guardare meno la qualità generale del contenuti, su determinanti progetti. Insomma, per dirla più facilmente, se punti solo ad aumentare il traffico organico del tuo sito, rischi di produrre molta merda. Rischi, eh... mica è una regola assoluta. E torniamo all'inbound marketing, che dovrebbe rifuggere questa tendenza alla produzione di contenuti in massa solo per attirare più visitatori del competitor, ma dovrebbe farlo per dare a questi visitatori contenuti straordinari, che sono, alla fin fine, quelli che fanno la differenza sia per il posizionamento del brand, sia, nel lungo temine, sulla vendita e il fatturato. Uno dei vizi italiani è di non aver colto, nella sua immanente portata, il pieno significato dell'inbound marketing, che: è molto ma molto lontano dalle logiche della SEO o della semplice conversione; è molto lontano dall'attività social e i concetti di reach, engagment e così via; è molto lontano dalla focalizzazione sul traffico a pagamento attraverso il paid search / ppc è molto lontano dell'email marketing in senso stretto (e potrei continuare con l'elenco degli elementi digital dal quale l'inbound marketing è molto lontano...) MA (c'è un grosso MA) Tutti gli ingloba, tutti gli usa e di tutti si fa vanto. L'inbound marketing utilizza TUTTI gli strumenti del digital marketing, ma li converte in un metodo di acquisizione, alimentazione, segmentazione, qualificazione commerciale, profilazione e allineamento con il sales per andare verso la chiusura. Più passano gli anni più sono convinto che per fare questo in modo organico, armonico e per comprendere il disegno globale della metodologia inbound, si debba utilizzare HubSpot e che mai come in questo caso, pensare che la metodologia sia indipendente dallo strumento che si usa sia un grande abbaglio, una mistificazione della realtà e una profonda incomprensione di cos'è l'inbound marketing. Solo comprendendo il disegno nella sua interezza, farlo proprio e metabolizzarlo, un'azienda si allinea a quella produzione di valore che può migliorare il mondo del web. Fare inbound marketing, per qualsiasi attività, diventa, in qualche modo, un impegno civile per migliorare il web e, nel farlo, trovare nuovi clienti. Forse è proprio questa etica di fondo che l'inbound marketing ingloba, che l'ha fatto diventare un trend modaiolo sulla bocca di agenzie e professionisti che fanno qualunque altra cosa ma non inbound marketing. Si alza l'asticella dell'etico nel digital e, rifuggendo ogni forma di outbound, si contribuisce a migliorare la permanenza su web di tutti i navigatori ed utilizzatori dei social. Questa attività sottende la creazione di un sistema di informazioni interno che proietta l'azienda direttamente nella società del dato, nell'economia dell'informazione, andando a segmentare i propri lead a seconda dei comportamenti, interessi, interazioni con l'azienda. Informazioni essenziali per procedere nella strada dell'alimentazione del contatto a seconda degli interessi dimostrati, nel momento in cui li dimostra, ed allineare questa alimentazione con precedenti comportanti di acquisto, relazioni one to one con la rete vendita o il servizio di assistenza. Proprio per questo diventa determinante l'uso di HubSpot, l'unico strumento all in one pensato per fare inbound marketing, sviluppato da chi l'inbound marketing l'ha pensato.