In questo articolo ti spiego perché il CRM è utile anche nel B2B, quali sono i vantaggi e le migliori strategie da adottare per migliorare il tuo business. Per prima cosa è opportuno capire cos’è il CRM, acronimo di Customer Relationship Management, che comprende tutte le tecnologie e le strategie finalizzate a raccogliere dati preziosi e gestire nel migliore dei modi le relazioni con clienti o lead. L’obiettivo finale è fidelizzare il cliente e convincerlo della bontà della tua proposta. Secondariamente è opportuno comprendere la differenza tra mercato B2C e mercato B2B. Il B2C (Business to Consumer) rappresenta la vendita diretta dell’azienda al consumatore; il B2B (Business to Business) rappresenta invece la vendita diretta tra due aziende. Ci sono differenze sostanziali da conoscere. Nel mercato B2C il cliente generalmente fa ordini di piccoli importi e, anche se fidelizzato, potrebbe non acquistare in modo costante. Dinamiche completamente diverse nel mercato B2B, dove le quantità medie per ogni singolo ordine sono decisamente più ampie e gli acquisti vengono fatti con una certa periodicità. Altro aspetto importante: nel mercato B2C gli acquisti sono solitamente emozionali, dettati dalla necessità di risolvere un problema, un desiderio o una necessità. Nel B2B invece gli acquisti sono pianificati e studiati a tavolino, quindi l’effetto emozionale ha uno scarso impatto. Alla luce di quanto detto finora, appare evidente che un CRM è utile, forse ancora di più, nel B2B. Scopriamo il perché nei seguenti paragrafi. Utilizzo del CRM nel B2B: i principali vantaggi In un precedente articolo abbiamo spiegato che il CRM aiuta a ridurre i costi aziendali, ma questo è solo uno dei tanti vantaggi offerti. Il CRM incrementa le vendite, accompagnando passo dopo passo i potenziali clienti durante tutto il processo di vendita. Il CRM mette a tua disposizione strumenti e strategie che ti aiutano a capire di cosa hanno effettivamente bisogno i tuoi prospect, che grazie ad un’esperienza d’acquisto fluida e scorrevole vengono fidelizzati più facilmente. In tale ottica il CRM può essere inteso sia come strategia che come processo poiché, oltre a intercettare e soddisfare le esigenze specifiche dei potenziali clienti, li accompagna durante il percorso di acquisto. I software CRM in un unico strumento raccolgono i dati relativi ai clienti, ai canali di comunicazione utilizzati e alle vendite e inoltre forniscono analisi, rapporti completi ed eventualmente le criticità riscontrate durante un processo d’acquisto. Tutti questi dati sono accessibili per chiunque e in qualsiasi momento. Davanti a te hai un quadro completo che ti consente di capire se il tuo business sta andando nella direzione giusta o se devi apportare delle modifiche. Un altro dato positivo da evidenziare è che tutti i team di un’azienda possono trarre indicazioni fondamentali dai dati del CRM: dai reparti del marketing a quelli di vendita fino a quelli del customer service. Concentriamoci adesso nel dettaglio sui vantaggi offerti dal CRM. Customer experience personalizzata Il mercato di oggi è sempre più saturo e competitivo, quindi per prima cosa è necessario fornire un prodotto di qualità. Tuttavia questo potrebbe non essere sufficiente, proprio perché la competitività è salita alle stelle. Per differenziarsi realmente dai competitor è necessario offrire una customer experience personalizzata, plasmata e cucita su misura delle esigenze dei clienti. Proprio le relazioni con i clienti possono rappresentare quel plus in più che fa la differenza rispetto ai competitor e vanno costruite e coltivate sin dall’inizio. Non basta dire di essere i migliori, bisogna dimostrarlo. Nelle vendite B2B i processi di acquisto sono solitamente più lunghi e richiedono trattative serrate, proprio per questo motivo un’esperienza personalizzata può essere la chiave per abbattere le resistenze dei potenziali clienti e conquistarli. In questo processo uno dei migliori alleati del settore è HubSpot che, implementando progetti CRM, consente di raccogliere in tempo reale i dati relativi al cliente e fornirgli un servizio su misura. Il CRM è solo una parte di quello che è Hubspot e cosa questa piattaforma può offrire alle aziende. Una migliore gestione dei contatti Se la tua azienda è nata da poco, potrebbero bastare semplici strumenti come fogli Excel per conservare ordinatamente tutti i dati relativi ai clienti. Se però la tua azienda inizia a crescere e quindi il portfolio clienti si arricchisce giorno dopo giorno, un semplice file Excel non è più sufficiente. In tal caso hai bisogno di un software CRM che ti consente di custodire in modo ordinato tutti i tuoi contatti, ma non solo. Il CRM infatti imposta delle priorità e dei promemoria per appuntamenti, telefonate, email da inviare o call. Viene ottimizzata l’intera attività aziendale che ti consente di gestire alla perfezione tutti i clienti, senza dimenticare appuntamenti e dando a tutti la stessa importanza. Campagne mirate Le campagne di marketing sono strumenti fondamentali per le aziende quando devono lanciare nuovi prodotti o servizi. Tuttavia, se non si adotta la giusta comunicazione o se si utilizzano strategie sbagliate, c’è il rischio di fare un grosso flop che si traduce in una “drammatica” perdita di energie, risorse, tempo e denaro. Soprattutto quando stai per lanciare un prodotto nuovo, hai bisogno di tastare il polso del mercato per capire in che direzione sta andando e quali sono i principali trend del momento. I software CRM ti consigliano, dopo aver identificato e analizzato il target dei tuoi clienti, come personalizzare le campagne di marketing e a chi rivolgersi per ottenere maggiori possibilità di successo. Analisi più approfondite Dopo aver lanciato una campagna di marketing, devi analizzare i risultati per capire se hai ottenuto i risultati sperati e se hai adottato la strategia giusta. Ancora una volta vengono in tuo soccorso i software CRM che ti forniscono una serie di funzioni di reportistica e di analisi estremamente dettagliate, preziosissime soprattutto quando devi monitorare diverse campagne promozionali contemporaneamente. Ti risulta più comodo capire quali attività hanno effettivamente generato ROI e preparare le successive previsioni di vendita. Rapido allineamento dei prezzi e delle quotazioni I prezzi dei prodotti nel corso del tempo possono variare in base a determinate fluttuazioni del mercato. Può capitare quindi di inviare quotazioni errate al cliente, rischiando così di perdere la sua fiducia. Il CRM consente invece di presentare offerte aggiornate e con quotazioni e prezzi costantemente allineati. In questo modo risulta anche più facile gestire il magazzino, senza il rischio di ammanchi o di eccedenze. Maggiore efficienza aziendale a beneficio della produttività Puoi definire le tue strategie basandoti su dati storici e definiti. Ogni azione intrapresa poggia quindi su solide basi, supportata da informazioni reali e su un patrimonio informativo sempre aggiornato e completo. Ne trae beneficio la tua intera produttività aziendale, che risulta estremamente fluida. Quali sono le migliori strategie CRM da adottare nel B2B? Non sempre è facile interfacciarsi con una moltitudine di clienti, ma bisogna adottare di volta in volta un approccio mirato e personalizzato. Ci sono però alcune strategie universalmente valide per ogni tipologia di cliente: scopriamole! Approfondisci le esigenze e le necessità dei clienti Qualunque sia il tuo settore di riferimento, devi conoscere alle perfezione le abitudini e le necessità dei tuoi clienti. Con un CRM come alleato puoi ad esempio ricostruire il percorso d’acquisto dei clienti, le sue interazioni con il tuo brand e le motivazioni che stanno alla base della sua scelta. Raccogli feedback La raccolta dei feedback è un processo di fondamentale importanza in ogni mercato. Così facendo dai valore alla tua offerta, poiché le recensioni positive faranno da volano all’acquisto di altri clienti. Inoltre puoi raccogliere dati preziosi per capire se il tuo prodotto soddisfa in pieno le aspettative e, all’occorrenza, pubblicare i feedback più originali sulla pagina del tuo sito aziendale. Personalizza la comunicazione in base ai decision maker con i quali ti raffronti Nel B2B considera una cosa: devi rapportarti con diverse persone all’interno della stessa azienda. Ogni decision maker ha le sue esigenze, le sue necessità ma anche il suo carattere. Devi essere camaleontico e adattarti di volta in volta alle esigenze che possono cambiare anche a seconda della persona che ti ritrovi di fronte e del suo ruolo nell’azienda. Analizza e monitora tutto il processo di vendita Il percorso di vendita è un vero viaggio, non a caso viene definito customer journey (viaggio del consumatore). Devi quindi monitorare tutti gli aspetti, dal primo approccio fino alla vendita finale e anche dopo. Impara a capire in che modo il tuo prodotto o servizio influisce positivamente sull’attività del tuo cliente, per poi raccogliere i dati e confrontarli successivamente. Lavora sui contenuti giusti La decisione d’acquisto è una fase cruciale per te, ma anche per il cliente. Puoi provare a convincerlo con una serie di contenuti adatti, pagine prodotto specifiche, case history molto ben dettagliate e storytelling in grado di fornire risposte concrete alle domande più gettonate. Considerazioni finali Un software CRM ti aiuta a conoscere meglio il tuo pubblico, focalizzarti sui prospect più interessanti, gestire tutti i dati a disposizione e fornire un’esperienza d’acquisto personalizzata con l’obiettivo di fidelizzare i clienti e aumentare il numero di vendite. Per partire con una marcia in più puoi leggere il nostro ebook gratuito sottostante, che ti indica le funzioni gratuite di HubSpot CRM per il tuo business. Image by vectorpouch on Freepik
Il marketing esperienziale è basato sulla valorizzazione di un’esperienza vissuta dal cliente con l’obiettivo principale di rafforzare la sua relazione con un brand. Il cliente viene posto al centro del progetto ma non solo al momento della vendita, ma in tutta la relazione con l’azienda. Sia prima sia soprattutto dopo l’acquisto il consumatore deve essere seguito dal brand. Come? Proponendogli esperienze che non devono necessariamente confluire in una vendita, ma che siano capaci di suscitare emozioni e sensazioni positive. Il marketing esperienziale di fatto ha un valore maggiore rispetto ad uno spot pubblicitario in tv o su un social, la cui efficacia è limitata alla sua durata. Un’esperienza invece resta viva nel cuore e nella mente delle persone, soprattutto se riesce a toccare le corde giuste. In una comunicazione così veloce e in un mercato sempre più saturo è importante distinguersi dai competitor ricercando un contatto continuo con il pubblico, alla ricerca di un’esperienza di consumo positiva che non sia necessariamente legata al prodotto. Il consumatore deve essere incuriosito e coinvolto in prima persona, sentendosi realmente al centro del progetto. Non è più un soggetto passivo che acquista ciò che gli viene imposto, ma un soggetto attivo che vive sulla propria pelle determinate esperienze e che quindi sa di cosa ha bisogno facendo un acquisto in totale autonomia. Marketing esperienziale: definizione e significato secondo Bernd Schmitt Sono diverse le definizioni che descrivono il marketing esperienziale, ma quella che forse calza meglio porta la firma di Bernd Schmitt, professore di business internazionale nel dipartimento marketing della Columbia Business School. L’offerta di un’impresa va definita secondo l’esperienza del cliente. Oggi si parla di customer centrismo come filosofia aziendale, poiché bisogna tener conto a 360° delle necessità del cliente. Secondo Schmitt sono 5 le dimensioni da considerare quando si valuta una customer experience: Sense: legata principalmente alla percezione sensoriale; Feel: capace di suscitare emozioni e sensazioni forti; Thinking: che batte sui tasti dell’apprendimento e del pensiero; Act: che spinge il consumatore ad agire e adottare determinati comportamenti virtuosi nella vita reale; Relate: derivante da una relazione sociale. Si tratta di esperienze di tipo emotivo che vanno a costruire l’intero processo di acquisto. L’obiettivo finale è creare un’interazione positiva e un’empatia tra brand e cliente, che percepisce il valore aggiunto fornito dal marchio rispetto agli altri competitor. Il consumatore, in base alle sue personali esperienze, percepisce in maniera diversa il brand nel quale si identifica e si affeziona, favorendo il processo di fidelizzazione. A tal proposito secondo Schmitt è possibile suddividere la customer experience in 4 diversi elementi: Value expectation: le aspettative che il consumatore ha nei confronti del brand a seconda delle precedenti esperienze vissute, delle sue necessità e dei suoi desideri; Value proposition: intesa come unicità ed esclusività di un prodotto in termini di immagine e di marketing; Value realization: il valore quasi tangibile creato dalla relazione tra azienda e cliente, inteso anche come web reputation e diffusione del marchio; Value perception: la valutazione che l’utente fa in termini di costi e di benefici, in seguito all’utilizzo di un prodotto di un brand, rispetto ad altri marchi. Come funziona il marketing esperienziale: l’acquisto non è razionale, ma emotivo Non bisogna pensare, erroneamente, che un acquisto sia razionale e quindi studiato a tavolino. Magari le persone escono di casa con l’idea di acquistare un maglione, ma tornano con un cappotto. Gli acquisti nella maggior parte dei casi sono irrazionali, o meglio dettati da un’emozione. Il marketing emozionale crea una connessione tra il brand ed il cliente. L’offerta viene plasmata su misura secondo le esigenze del consumatore, favorendo anche il processo di engagement. Rispetto al marketing tradizionale la comunicazione risulta molto più diretta, poiché mira a creare un’esperienza personalizzata secondo i desideri del pubblico. Tale approccio dà anche più spazio alla creatività, permettendo ai brand di uscire dai rigidi schemi del marketing per rendere l’acquisto più brioso ed entusiasmante. Perché l’esperienza emotiva è così importante in chiave di marketing? L’acquisto va sicuramente a soddisfare un bisogno, un desiderio o una necessità, ma lo shopping è anche evasione. La promozione di un prodotto quindi non deve essere finalizzata esclusivamente alla vendita, ma rendere l’intero processo divertente tramite apposite iniziative. Il mercato oggi è estremamente saturo, quindi i prodotti proposti nei diversi settori tendono a somigliarsi gli uni con gli altri. Per il cliente acquistare questo o quel prodotto potrebbe non avere alcuna differenza. Se invece si gioca sull’emotività, allora il discorso cambia completamente. Se il cliente lega un momento positivo al brand, tende ad affezionarsi. Inizia quindi a parlare positivamente di quel marchio con amici, parenti e colleghi sia online che offline, trasformandosi di fatto in un “ambasciatore” del brand. Il consumatore si immedesima e si rispecchia nell’azienda, nei suoi valori e nella sua filosofia, innescando un processo virtuoso di passaparola. Per allestire una perfetta strategia di marketing esperienziale è consigliabile utilizzare HubSpot, che aiuta a conoscere meglio il proprio target di pubblico e preparare una comunicazione personalizzata secondo i suoi specifici bisogni, necessità e aspettative. I consumatori apprezzano particolarmente quelle aziende che creano eventi di qualità ed esperienze coinvolgenti, quindi sono più propensi ad acquistare i loro prodotti. Gli stessi post di amici e parenti sui social, relativi ad esperienze emozionali con i brand, hanno un grande potere di engagement online. Vendere un’esperienza prima ancora che un prodotto I brand devono imparare a vendere un’esperienza, prima ancora che servizi e prodotti. Ma come si vende un’esperienza? Per prima cosa è necessario conoscere bene il proprio pubblico, creando quelle situazioni e quegli scenari che i clienti si aspettano di vivere e che sono in grado di fornire un reale valore aggiunto. Gli eventi live vanno sfruttati adeguatamente, poiché forniscono dati e informazioni utili per poi creare successivi appuntamenti e progettare campagne di marketing ben delineate. I social sicuramente sono un importante trampolino di lancio per promuovere un’attività di promozione e consentire agli stessi utenti di condividere online le loro esperienze. Marketing esperienziale: casi aziendali dai quali prendere spunto La pubblicità tradizionale ormai non ha più presa sul consumatore, che ha troppi dati da rielaborare e soprattutto una soglia dell’attenzione molto bassa. A tal proposito si dice che la soglia dell’attenzione di un essere umano è di 6 secondi, quindi bisogna trovare altre strade per ispirare i consumatori. Analizziamo quindi alcuni casi di marketing esperienziale che proiettano il consumatore al centro dell’azione! P.S. Altri esempi di marketing esperienziale sono presentati in un altro nostro articolo Marketing esperienziale: esempi nel settore automotive Partiamo da uno dei settori più amati soprattutto dal pubblico maschile: l’automotive. Ognuno prima di acquistare un’auto vorrebbe guidarla per capire quali emozioni si provano e come sfruttare gli optional e le potenzialità a disposizione. Questo servizio non è contemplato dalle concessionarie, ma diversi brand consentono agli utenti di vivere un’esperienza alla guida di un’auto. Vengono allestite delle postazioni apposite dove l’utente può accomodarsi e mettersi alla guida proprio come se fosse su strada. In questo modo percepisce realmente i benefici e i vantaggi di guidare quella tipologia di auto, attribuendo quindi un valore aggiunto a quel brand che gli consente di vivere un’esperienza altamente personalizzata. Quando un viaggio digital diventa reale! Anche nel settore del turismo il marketing esperienziale ha trovato una vastissima diffusione. Che esperienza si prova in una piscina di un albergo di lusso, in riva al mare ai Caraibi o in un casinò di Las Vegas? Basta indossare degli occhiali virtuali per visitare con un semplice clic qualunque posto: le piramidi in Egitto, la giungla africana o l’aurora boreale nei paesi scandinavi! Grazie alla realtà aumentata le persone possono vivere un’esperienza quasi reale, così da avere un’idea dell’avventura che vivranno. Gioca al fianco dei tuoi calciatori preferiti! I brand che creano scarpe da calcetto o gli stessi club calcistici consentono di scendere al fianco dei propri beniamini. In questi casi basta indossare delle cuffie e degli occhiali di realtà aumentata per essere proiettati virtualmente al centro di un campo di calcio, giocare, segnare e gioire insieme ai propri campioni. La stessa esperienza può essere ricreata per qualsiasi altro sport, dal tennis al basket fino al nuoto. Un'avventura straordinariamente realistica che tocca le giuste corde emotive del cliente, il quale sviluppa un forte senso di appartenenza verso il brand. Considerazioni finali L’obiettivo principale del marketing esperienziale è creare un evento che faccia vivere al pubblico un’esperienza così straordinaria da volerla condividere. Ogni brand, indipendentemente dal settore in cui opera, può costruire una strategia di marketing esperienziale su misura dei suoi utenti. Devi quindi conoscere il tuo target di pubblico ma anche i tuoi lead, cioè utenti potenzialmente interessati ai tuoi servizi che possono essere trasformati in clienti. Per saperne di più puoi scaricare l’ebook gratuito “Lead generation cos’è e come funziona” che ti aiuta ad avviare una campagna di lead generation per trasformare i visitatori in clienti. Image by 8photo on Freepik
Hai mai sentito parlare del referral marketing? Per grandi linee possiamo tradurlo semplicemente con passaparola, una delle tecniche di pubblicità più antiche ma allo stesso tempo ancora vincenti. Per comprendere meglio di cosa stiamo parlando eccoti un esempio pratico. Supponiamo che tu vada a vedere un film al cinema. Se ti è piaciuto ne parlerai in toni entusiastici ai tuoi amici, che sicuramente correranno al cinema a vederlo. In questo caso hai fatto pubblicità positiva al film. Se il film non ti ha entusiasmato difficilmente lo consiglierai ai tuoi amici. Ecco: la tua azienda deve essere un “film” bellissimo del quale i tuoi clienti non potranno fare a meno di parlarne! Considera tutti gli aspetti positivi: conquisterai nuovi clienti, aumenterai le vendite e ti farai pubblicità in modo totalmente gratuito. Tuttavia non sempre i clienti sono così propensi a parlare della tua azienda, anche se hanno vissuto un’esperienza positiva. Perché? Evidentemente il loro processo d’acquisto non è stato così straordinario e memorabile. Il tuo obiettivo è garantire un effetto wow, tale che i tuoi clienti non vedranno l’ora di condividere la loro esperienza. Di sicuro il cliente valuterà da solo la sua impressione dell’azienda, ma è anche vero che tu puoi indirizzare o quanto meno orientare la sua recensione. Referral marketing: definizione e significato Il referral marketing rappresenta quell’insieme di tecniche finalizzate a promuovere un’attività di passaparola tra i clienti. La chiave di tutto è proprio il referral, cioè un cliente soddisfatto del servizio che suggerisce quel brand ad un’altra persona, dando così vita ad un effetto domino positivo. Questa strategia è utilissima per le piccole e medie imprese che, non avendo gli stessi mezzi delle multinazionali, devono puntare sulla forza delle idee. Anche le grandi aziende già affermate però sfruttano tutte le potenzialità del referral marketing, ancora più necessario in un mercato così saturo e competitivo. Il referral marketing ha tante sfumature. Per passaparola non si intende solo consigliare un prodotto o un servizio ad un amico, ma anche la recensione positiva rilasciata su un sito web o su un social. Tale processo dovrebbe avvenire in maniera naturale ma questo non sempre avviene. Cosa puoi fare? Adottare delle semplici tecniche e strategie per dare quella “spintarella” necessaria per convincere il cliente a rilasciare un feedback positivo sia online che offline. Hai davvero bisogno di un programma di referral marketing? Sì, ecco perché! Perché adottare tecniche di referral marketing? Sono davvero così essenziali? Assolutamente sì, soprattutto in un contesto così social come quello che stiamo vivendo. Gli esseri umani per natura sono “animali” sociali, che amano stare a contatto con gli altri e condividere esperienze con i loro simili. Sui social si condivide di tutto: dalla pizza con gli amici, ai viaggi fino appunto agli acquisti. Se un cliente posta l’acquisto appena fatto presso il tuo negozio, il tuo brand raggiungerà molti altri utenti potenzialmente interessati. In poche parole aumenterai la tua visibilità che, soprattutto nell’online, è fondamentale. Tra l’altro la stragrande maggioranza dei consumatori, prima di procedere all’acquisto, legge le recensioni e i commenti dei precedenti acquirenti. Anche in tale ottica il referral marketing acquisisce un peso specifico nell’economia del tuo business. I referral incidono in maniera significativa sulle decisioni d’acquisto e, in caso di commenti positivi, possono generare fino al doppio della vendite. Inoltre i clienti derivanti dai referral sono anche più fedeli, proprio perché si fidano del consiglio di amici, parenti e colleghi. Altro vantaggio fondamentale, soprattutto in questo periodo nel quale per le aziende risparmiare è diventato un mantra, è che si tratta di una strategia completamente gratuita. Il tuo cliente si trasformerà in un “ambasciatore” del brand e loderà le caratteristiche peculiari dei tuoi servizi, dei tuoi prodotti e in generale della tua azienda. Inizialmente dovrai “lavorare” un po’ di più sui referral iniziali ma, dopo aver avviato la strategia, l’intero processo sarà del tutto automatico e avrai una squadra di “ambasciatori” pronti a portare in alto e sponsorizzare il nome del tuo marchio. Traffico del referral in Analytics: come analizzarlo? Google Analytics ti consente di monitorare gli accessi al tuo sito web, raccogliendo informazioni preziose sul comportamento dei tuoi utenti. Tra gli strumenti più importanti c’è il Rapporto di Acquisizione, che ti indica la provenienza delle visite sul tuo sito. Se accedi al percorso “Acquisizione/Panoramica” puoi visualizzare tutti i canali dai quali è stato effettuato l’accesso al sito come: Accesso diretto; Social; Ricerca a pagamento; Ricerca organica; Referral. Se poi segui il percorso “Acquisizione/Tutto il traffico/Referral” puoi visualizzare tutte le pagine che hanno indirizzato gli utenti al tuo sito. Sul web il referral può essere naturale oppure a pagamento. Il sito dal quale ha avuto origine il traffico viene definito referrer. Con Google Analytics puoi conoscere tutto del referrer: dall’url fino all’ora e la data in cui c’è stato il clic. In pratica puoi avere una visione chiara e dettagliata di tutti gli accessi al tuo sito avvenuti tramite canali referral, suggerendoti le strategie da adottare e quelle invece che non hanno ottenuto successo. In questo processo può tornarti utilissimo HubSpot, che pone il cliente al centro di tutta la comunicazione aziendale e non lo abbandona, ma lo segue fino a trasformarlo in un referral. Non si parla a sufficienza della tua attività? Prova con queste 2 “best practices” Anche se i tuoi clienti sono soddisfatti del rapporto con la tua azienda non sempre avviano un passaparola positivo. Perché? Magari per pigrizia o forse perché non offri quel “quid” in più per far parlare della tua azienda. Come ottenere un passaparola di qualità dai tuoi clienti? Basta offrire loro qualcosa di cui parlare adottando due semplici strategie: Utilità imprevista: fornisci al cliente un prodotto capace di soddisfare realmente un suo specifico bisogno; Storytelling: le persone impazziscono per le storie, soprattutto se a lieto fine, poiché spesso si immedesimano e rivedono loro stessi nei protagonisti. 5 azioni efficaci di referral marketing b2b e b2c Sia nel marketing b2b che b2c il referral marketing svolge un ruolo primario. In certi ambiti la reputazione è tutto, quindi è fondamentale avere una certa autorevolezza in qualsiasi settore. Per acquisirla o per rafforzarla puoi seguire 5 strategie molto efficaci: Ottimizza l’intero processo d’acquisto; Crea programmi di fidelizzazione; Scommetti sugli influencer; Crea call to action per condivisioni dirette sui social; Sfrutta gli attuali referral. 1. L’esperienza d’acquisto deve essere impeccabile Se vuoi che i clienti parlino bene della tua azienda, devi offrire loro un’esperienza d’acquisto impeccabile dal primo approccio fino al post vendita. Questo significa che, oltre alla qualità del prodotto venduto, devi assicurarti che il cliente abbia ricevuto la giusta assistenza e che abbia potuto pagare senza intoppi col metodo di pagamento preferito. Non lasciare nulla al caso, fai attenzione ad ogni minimo dettaglio e sii perfezionista. In questo modo il cliente non solo lascerà un commento positivo, ma sarà egli stesso invogliato a farlo. 2. Crea programmi di fidelizzazione nel referral marketing: esempi pratici Puoi offrire codici sconto o gadget a coloro che portano amici e parenti nella tua rete, oppure creare un contest per vincere dei biglietti, invogliando così i tuoi clienti ad invitare altre persone. Studia il programma di fidelizzazione più indicato in base al tuo business. 3. Punta sugli influencer Chi sono i migliori referral del web? Gli influencer che ormai hanno un notevole peso sulla decisione d’acquisto dei consumatori. Stai pensando che ingaggiare influencer internazionali costi troppo? Non necessariamente devi rivolgerti a volti noti che hanno un cachet molto alto. Puoi anche contattare i cosiddetti micro o nano influencer, che hanno un seguito più ristretto ma di qualità e costano meno. Assicurati di ingaggiare un influencer che operi nell’ambito del tuo settore. 4. Crea call to action per condivisioni dirette Puoi inserire sul tuo sito un’apposita sezione e aggiungere una call to action dove i tuoi clienti possono lasciare una condivisione. Anche gli utenti più pigri avranno l’opportunità di lasciare un commento senza doversi sforzare più di tanto. 5. Sfrutta gli attuali referral Anche se non li conosci, sul web potrebbero esserci dei referral che fanno pubblicità al tuo sito. Magari potrebbero aver linkato ad un tuo articolo di blog particolarmente interessante e in tal caso hai ottenuto una raccomandazione positiva che devi sfruttare. Ancora una volta ci viene in soccorso Google Analytics, che fornisce informazioni relative alle fonti dove sono state inserite ottime recensioni sul tuo sito. Puoi quindi contattare gli amministratori del sito per proporre una collaborazione basata su banner pubblicitari o su campagne di email marketing. Conclusioni finali Anche se il passaparola è un’attività spontanea, non puoi affidarti al caso e sperare che i tuoi clienti parlino bene di te. Per prima cosa devi ovviamente fornire un servizio accurato e impeccabile, ma devi anche incentivare i tuoi clienti a parlare in modo positivo dei tuoi prodotti o servizi adottando le strategie indicate nell’articolo. Crea per i tuoi clienti esperienze “wow” sia nell’online che nell’offline, offrendo qualcosa in cambio per spingerli a lasciare commenti positivi. Per ottenere questo devi conoscere il tuo pubblico e creare strategie ad hoc. Puoi scoprire come scaricando il nostro ebook gratuito sullo sviluppo dei tuoi buyer personas. Image by Freepik
Mai sentito parlare del psyco selling? Non preoccuparti, non è la vendita di uno psicopatico ma semplicemente una metodologia di compravendita basata sulla psicologia. Non si tratta nemmeno di una serie di tecniche manipolatrici finalizzate esclusivamente a vendere il prodotto, altrimenti il cliente avrà la sensazione di essere stato raggirato. Non è questo il tuo obiettivo, anzi il cliente deve sentirsi soddisfatto al 100% della vendita e del modo in cui è stata condotta. Cosa si intende per vendita psicologica? Significa saper entrare nella testa del cliente, pensare come lui e quindi anticipare tutte le possibili obiezioni che potrebbe avanzare. Ragionando in questo modo puoi veicolare la trattativa a tuo piacimento, ma sempre nell’ottica della soddisfazione del cliente che deve essere un punto imprescindibile dal quale partire. Servono pazienza, tanta forza di volontà e una fede incrollabile nelle tue capacità. Psyco selling: 3 tecniche di vendita online Il psyco selling online è sicuramente più complesso rispetto a quello offline. Nella trattativa digitale devi infatti rinunciare ad alcuni elementi preziosi, come il linguaggio del corpo. Poco male, vuol dire che devi dare fondo ancora di più alle tue capacità di venditore. Non devi essere uno psicologo, ti basta metterti nei panni del consumatore e pensare come lui. Non dovrebbe essere molto complicato, in fondo tutti siamo consumatori! Eccoti di seguito 3 tecniche di vendita, che comprendono non solo strategie ma anche attitudini mentali per perseguire più facilmente il tuo obiettivo e trasformare il lead in un cliente fidelizzato. Focalizzati sulla soddisfazione del cliente e non sulla vendita Primo step: impara come calcolare la customer satisfaction, poiché devi partire proprio da lì. Alcuni venditori commettono l’errore di concentrarsi esclusivamente sulla vendita, piuttosto che sulla soddisfazione del cliente. È un approccio sbagliato poiché non devi esaltare o glorificare il prodotto in vendita, ma capire cosa sta effettivamente cercando il tuo cliente. Il tuo prodotto magari sarà il meglio che offre il settore, ma probabilmente non è ciò di cui ha bisogno il tuo cliente. Il bravo venditore deve capirlo e agire di conseguenza. Se anche concludi la vendita ma il consumatore non è soddisfatto, non hai ottenuto il tuo scopo. Hai venduto l’articolo, certo, ma resta un’azione fine a se stessa poiché il cliente non tornerà più di te. Una vittoria di Pirro che non ha alcun valore. Sorprendi il tuo cliente: fargli una proposta molto vantaggiosa, fornisci un consiglio valido o aiutalo a risolvere un problema. Offri un servizio realmente valido che aumenta il suo livello di soddisfazione, così incrementeranno anche le vendite. Sfrutta le tentazioni, le uniche cose a cui non sappiamo resistere Diceva Oscar Wilde: “L’unico modo per resistere alle tentazioni è cedervi”. Partendo da questa massima devi “tentare” il cliente, proponendo soluzioni talmente vantaggiose che sarebbe un peccato non sfruttarle. Si possono fare acquisti per tanti motivi, per piacere o per necessità. Quello che devi fare è creare il bisogno, o quanto meno innescare nel cliente il desiderio di avere un articolo. Se ci sono ulteriori incentivi, difficilmente saprà resistere. Qualche esempio? Puoi promuovere il prodotto: Come un articolo fashion e alla moda, uno status symbol irrinunciabile per chi ci tiene all’apparenza; Come uno strumento capace di risolvere un problema; Come un articolo che fa bene alla salute; Come un articolo che fa risparmiare tempo. Impara a conoscere i tuoi clienti, così da fare leva sui principali vantaggi dell’articolo e vincere più facilmente le deboli obiezioni degli acquirenti. Individua i clienti “caldi” Se hai letto il nostro articolo sulle buyer personas, sai bene che differenza c’è tra un cliente “caldo” e uno “freddo”. La buyer persona incarna le principali caratteristiche del tuo potenziale target di pubblico. Ecco, l’abilità del venditore talvolta non è tanto convincere l’acquirente, quanto piuttosto trovare il cliente giusto. Le tue buyer personas devono essere clienti caldi e quindi: Hanno realmente bisogno del tuo prodotto o del tuo servizio; Conoscono già il tuo prodotto o servizio; Devono preferibilmente essere amici o parenti di altri utenti che hanno già acquistato presso il tuo negozio. In questo modo ottieni due vantaggi importanti: sai perfettamente cosa vuole e quali sono le abitudini dell’utente che ti trovi di fronte e, secondariamente, risparmi tempo prezioso con la possibilità di andare quasi sul sicuro. 3 Modalità di vendita che lavorano in sinergia con il CRM In tema di comunicazione persuasiva, esistono almeno 3 tecniche di vendita capaci di orientare gli acquisti: Up selling; Cross selling; Down selling. Nei seguenti paragrafi le analizziamo tutte e 3 ma prima di tutto è importante capire come agiscono con il CRM (Customer Relationship Management), che si occupa della gestione delle relazione con i clienti: dalla vendita al marketing fino al servizio di assistenza. Per ottimizzare queste strategie di vendita puoi provare HubSpot, un software che ti accompagna a 360° nella gestione del tuo business, raccogliendo i preziosi dati dei clienti e suggerendoti i processi operativi e decisionali più efficienti. Up selling L’up selling, insieme al cross selling, è una delle tecniche di vendita più gettonate poiché rispecchia in pieno le logiche del CRM. L’up selling è una tecnica che consente di vendere al cliente un prodotto simile a quello desiderato, ma con un valore economico e commerciale più alto. Bisogna conoscere perfettamente il cliente e porsi le giuste domande. Quanto è disposto a spendere? Fin dove si può “osare”? Solitamente in questi casi è meglio non tirare troppo la corda. Se ad esempio un cliente vuole acquistare una t-shirt da 30 euro, è possibile proporne una da 35 o 40 euro di un brand più rinomato. Se si propone un prodotto di 60-70 euro è chiaro che ci si allontana eccessivamente dal budget stabilito dall’utente, col rischio di perderlo. Cross selling Il cross selling è invece una tecnica che propone uno o più oggetti complementari all’acquisto principale. Chi compra un mouse avrà bisogno di un tappetino, chi invece acquista un pantalone necessiterà di una cintura. Nella finestra online sotto il prodotto principale vanno quindi inseriti tutti gli articoli complementari che consentono di aumentare lo scontrino medio, soddisfacendo tutte le esigenze del consumatore. Down selling C’è poi una terza tecnica, il down selling, più diffusa nelle vendite offline ma che può essere rivisitata anche per il commercio online. Consiste nel proporre un articolo più economico rispetto a quello desiderato. Magari il prodotto desiderato sfora di tanto il budget stabilito ma, per non perdere la vendita, è possibile proporre un articolo simile ma di qualità leggermente inferiore. Tutte e tre le tecniche vanno applicate con grande attenzione per arrivare all’obiettivo finale, cioè vendere, e consolidare il rapporto con il cliente che vede i suoi desideri soddisfatti. Consigli psicologici per entrare realmente nella testa del cliente Oltre alle tecniche di psyco selling, bisogna considerare una serie di “best practices” che rientrano principalmente tra le “soft skills” di ogni venditore o merchant. Si tratta più che altro di attitudini e comportamenti che rompono le resistenze del consumatore. Adotta un approccio “umano” Per prima cosa devi adottare un approccio “umano”. Significa che devi puntare sulla sincerità e sull’autenticità, valori sempre apprezzati in ogni contesto. Non devi magnificare un prodotto, attribuendogli caratteristiche e proprietà che non ha. Così facendo otterrai l’effetto contrario e cioè allontanare i consumatori, che ormai sono informatissimi e sanno se stai mentendo o meno. Punta piuttosto a valorizzare le principali caratteristiche dei tuoi articoli e trasmetti anche i valori del tuo brand. Oggi i consumatori prestano grande attenzione non solo al prodotto ma anche all’azienda. Essere riconoscibili e autentici è una tattica di vendita potentissima, forse ancora di più di quelle elencate finora. ”Do ut des”: se vuoi qualcosa offri qualcosa Quando concludi una vendita sia tu che il tuo cliente siete soddisfatti. Tu ottieni denaro e lui riceve il prodotto che soddisfa un suo bisogno o un suo desiderio. La relazione venditore-acquirente, soprattutto nel mondo online, però non si esaurisce qui. Il cliente, se soddisfatto, diventa un veicolo pubblicitario per te poiché parla in termini entusiastici della tua azienda a parenti, colleghi e amici. Inoltre, se desideri ottenere i suoi dati per inviare email commerciali o per profilarlo, devi offrirgli qualcosa in cambio. Magari uno sconto, una promozione o il download gratuito di un ebook. In cambio di un valore percepito i clienti saranno più inclini a cedere le loro informazioni personali. FOMO, la paura di essere tagliati fuori FOMO, acronimo di Fear Of Missing Out, è la paura di essere tagliati fuori. Da cosa? Magari da un’offerta imperdibile che difficilmente ricapiterà. La scarsità di un bene o l’urgenza sono forti motivazioni che spingono l’utente all’acquisto. La scarsità di un bene lo rende necessario, proprio perché viene percepito come meno disponibile. Lo stesso discorso vale per un’offerta che ha una durata limitata nel tempo. Usa questi due fattori per attrarre magneticamente nuovi acquirenti. Considerazioni finali Come hai potuto comprendere non è così complicato entrare nella testa dei tuoi clienti, la cosa importante è che la vendita non diventi un’ossessione. Crea un rapporto “win-win”, in cui sia tu che l’acquirente possiate trarne un vantaggio tangibile. Se vuoi evitare di commettere errori fatali che ostacolano la vendita online puoi leggere il nostro ebook gratuito, che ti fornisce utili consigli per stilare una strategia efficace per attrarre ancora più lead. Image by rawpixel.com on Freepik
Ogni azienda deve provare a raggiungere il massimo risultato col minimo sforzo, ottimizzando le risorse a disposizione per massimizzare le campagne di marketing ed il ROI, ossia il ritorno sull’investimento fatto. Per perseguire questo obiettivo diventa di fondamentale importanza analizzare e sviscerare il cosiddetto “customer journey”, vale a dire il viaggio del consumatore. L’esperienza d’acquisto del cliente viene infatti considerata come un viaggio, che parte da molto lontano e non si esaurisce certo con la singola vendita. Si inizia con la ricerca del proprio target di pubblico tramite azioni mirate, si prosegue con l’approccio al consumatore e la sua conversione e con il servizio post-vendita. Devi riuscire a ricostruire l’intero percorso del cliente, focalizzandoti sul canale che ha fornito le prestazioni migliori in base al tuo target di pubblico. Come farlo? Con l’attribution modelling, cioè un sistema che ti aiuta a capire da dove provengono i tuoi clic e quali canali contribuiscono maggiormente a convertire un utente in cliente. Per definire quali sono i touchpoint del viaggio dell’utente che hanno un valore maggiore, e quindi un peso decisivo nell’acquisto finale, puoi avvalerti dei modelli di attribuzione. Scopriamo quali sono, i pregi e i difetti. Cosa si intende per modelli di attribuzione marketing? Prima di analizzare quali sono i vari modelli di attribuzione di marketing, soffermiamoci su di loro per capire cosa sono e come funzionano. I modelli di attribuzione possono essere considerati come una serie di regole che determinano a quale canale va assegnato il merito di una conversione. Quando un cliente clicca su un annuncio presente su Google, è piuttosto facile attribuire il modello di attribuzione. La situazione diventa complessa quando l’utente ha effettuato un percorso più contorto, magari saltando da un canale all’altro a distanza di giorni o addirittura di settimane. I modelli di attribuzione aiutano a comprendere, durante il percorso dell’utente, quale canale ha inciso maggiormente sulla sua scelta finale. Esistono tanti modelli che selezionano criteri diversi: si va dai modelli di attribuzione Google ADS ai modelli di attribuzione Google Analytics, che hanno funzionamenti piuttosto diversi. In Google ADS ad esempio le conversioni vengono attribuite al giorno del click; in Google Analytics invece le conversioni vengono attribuite direttamente al giorno della conversione. Questo è uno dei motivi per i quali i dati delle due piattaforme spesso non coincidono. Durante il percorso puoi così individuare i “meriti” dei vari canali ai quali attribuire il giusto valore. Puoi quindi implementare ancora di più i canali che ti portano il maggior numero di clic, oppure rinforzare quelli più deboli per avere un approccio quanto più omnicanale possibile. Tieni presente che i modelli di attribuzione, pur essendo approcci assolutamente validi e utili per il tuo business, non possono dirti tutto sui percorsi di conversione. Non tutti i fattori sono leggibili o interpretabili come il contenuto del messaggio o l’umore dell’utente nel corso delle varie interazioni. In tale ottica risulta molto importante sapere come calcolare il Customer Retention Rate, cioè la capacità di mantenere i clienti. In questo processo può tornarti estremamente utile HubSpot che, grazie al suo ecosistema digitale completo, consente di migliorare le interazioni e le relazioni tra azienda e clienti, creando per loro un’esperienza coinvolgente e dinamica e migliorando il dialogo in ogni fase del viaggio del consumatore. Quali sono i principali modelli di attribuzione? A questo punto non ci resta che concentrarci sui principali modelli di attribuzione che sono i seguenti: Ultima interazione dell’utente; Prima interazione; Ultimo clic non diretto; Ultimo clic su Google ADS; Indice di attribuzione basato sulla posizione; Attribuzione lineare; Decadimento temporale. Fermo restando che è possibile anche costruire e definire modelli di attribuzione personalizzati secondo il proprio business e i canali utilizzati, ognuno di essi ha delle sue particolari dinamiche. Analizziamo come funzionano, come interpretarli, quali sono i vantaggi e gli svantaggi. Ultima interazione dell’utente Il modello di attribuzione “Ultima interazione dell’utente” attribuisce l’intero merito, quindi il 100% del valore della conversione, all’ultimo canale con il quale l’utente ha interagito prima di essere convertito. In tal caso la lettura risulta piuttosto semplice e intuitiva. Proprio per questo motivo il modello si adatta perfettamente alle conversioni delle campagne pubblicitarie che prevedono un ciclo di vendita piuttosto breve. Ne sono un esempio perfetto le vendite basate sull’effetto tempo o scarsità, dove l’utente acquista non tanto per una reale necessità ma per approfittare delle favorevoli condizioni di vendita, come il prezzo scontato. Il rischio è di ignorare altri fattori, come le interazioni precedenti. Tuttavia, proprio perché si tratta di vendite “a freddo”, è difficile ipotizzare che l’utente possa aver compiuto un percorso particolarmente articolato o strutturato. Prima interazione A differenza del precedente modello, la “Prima interazione” attribuisce l’intero valore della conversione al primo canale con il quale l’utente ha interagito. È un modello estremamente utile per quelle campagne che mirano a puntellare la notorietà del sito e quindi a misurare il livello di web reputation. Di fatto però ignora tutte le interazioni e i canali successivi, quindi rende complesso ottimizzare altre campagne di marketing. Ultimo clic non diretto Il modello “Ultimo clic non diretto” di fatto ignora tutto il traffico diretto e prende in considerazione solo l’ultimo canale con il quale l’utente ha interagito prima della conversione. Un modello simile viene utilizzato come impostazione predefinita da Google Analytics. In questo modo vengono scartati i clienti già acquisiti, mentre risulta più facile individuare e quindi dare maggiore valore alle nuove acquisizioni. Anche in questo caso vengono però ignorate tutte le precedenti interazioni che l’utente può avere avuto con altri canali. Ultimo clic su Google ADS Il modello “Ultimo clic su Google ADS” attribuisce il valore della conversione al 100% a tutti gli annunci Google ADS, in particolare all’ultimo clic. Un sistema che risulta efficace per chi utilizza esclusivamente il canale di advertising di Google, sul quale vengono puntati tutti i riflettori per dare un giudizio su una campagna pubblicitaria. Bisogna però tenere in considerazione un aspetto: nel caso in cui l’utente abbia cliccato su più annunci a pagamento, quindi usando più termini di ricerca, viene attribuito il merito solo all’ultimo clic prima della conversione, ignorando dunque le parole chiave usate in tutte le altre interazioni. Indice di attribuzione basato sulla posizione Il modello basato sulla posizione in pratica rappresenta un ibrido tra la prima e l’ultima interazione. Vengono attribuiti valori di conversione tanto alla prima quanto all’ultima interazione, per una percentuale dell’80% ciascuna. Il restante 20% è spalmato tra i touchpoint intermedi. Il vantaggio è che vengono presi in considerazione tutti i canali con i quali l’utente ha interagito prima di essere convertito. Così facendo però si dà un valore minore ai canali intermedi, quindi il risultato finale potrebbe essere falsato o comunque non rispecchiare appieno il valore reale dei touchpoint. Attribuzione lineare Il modello “attribuzione lineare” è probabilmente quello più equilibrato, poiché attribuisce lo stesso valore a tutti i canali con i quali l’utente ha interagito. L’approccio risulta omnicanale, proprio perché vengono presi in considerazione tutti i canali per ricostruire in modo fedele il percorso del cliente. Tuttavia seguendo questo modello può risultare complesso dare un peso specifico a tutti i touchpoint, poiché di fatto acquisiscono tutti lo stesso valore con il rischio di non dare informazioni troppo precise. Decadimento temporale Il modello “decadimento temporale” attribuisce un valore maggiore a quei canali più vicini temporalmente alla conversione dell’utente. Supponiamo che un acquirente abbia interagito una settimana prima con il sito aziendale e due giorni prima con la pagina Facebook di un brand precedentemente alla conversione. In tal caso viene dato maggiore valore alla pagina Facebook aziendale. Se i canali di conversione a livello temporale sono sempre gli stessi, si ricavano dati e informazioni molto utili. Si tratta però di un modello eccessivamente incentrato solo sulla conversione, quindi c’è il rischio di sottovalutare tutti i passaggi effettuati dall’utente, soprattutto se si tratta di campagne di marketing lunghe e basate su più cicli. Quanto incidono i modelli di attribuzione sui KPI ritorno di investimento pubblicitario? I KPI marketing sono quegli indicatori che consentono di misurare il successo di un’iniziativa o una campagna pubblicitaria, dato dalla capacità di attrarre e acquisire clienti, dal loro livello di soddisfazione e dal numero di vendite effettuate o di iscrizioni ad un canale social. I modelli appena elencati aiutano a capire quanto una campagna di marketing incida per l’acquisizione di nuovi clienti e quindi nel rafforzamento del brand dal punto di vista economico e d’immagine. In base ai risultati ottenuti è possibile ottimizzare le risorse e fare investimenti mirati e intelligenti per fidelizzare e conquistare quanti più clienti possibili. Considerazioni finali Raccogliere e interpretare i dati relativi ai comportamenti d’acquisto dei clienti è la nuova sfida per ogni azienda, soprattutto per migliorare le conversioni e ottenere un eccellente ROI (Return on Investment). I modelli di attribuzione rappresentano sicuramente un valido alleato per costruire in maniera metodica il percorso del cliente, ma devi capire qual è quello che meglio si sposa con il tuo business. Il nostro ebook gratuito che ti spiega come ottimizzare la marketing automation per alimentare i contatti è sicuramente un ottimo punto di partenza per misurare le tue campagne, valutandone poi anche l’efficacia.
Per fare crescere la propria attività è necessario comprendere il concetto di digital marketing, il cui significato intrinseco però sfugge a chi dovrebbe invece conoscerlo perfettamente, come merchant, gestori di siti e-commerce e marketing manager. Molti ritengono che sia la normale gestione di un sito web o di una pagina social. Sbagliato! Il digital marketing non è questo, ma è molto di più. Non a caso si parla anche di digital direct marketing, che può essere considerato una normale evoluzione del digital marketing. Andiamo però con ordine per capire cosa si intende per digital marketing e quali sono i canali principali da adottare. Qual è la definizione di digital marketing? Chiariamo una volta per tutte il concetto di digital marketing. Si intentono l’insieme di tecniche che aiutano un’azienda ad imporsi sul mercato tramite tutti i canali offerti dall’online come social network, app e siti web. A questo si aggiungono le tecniche di comunicazione per il corretto posizionamento sul web, come la SEO, l’email marketing o le campagne promozionali. Tutti questi strumenti, lavorando in sinergia tra di loro, contribuiscono a rafforzare la presenza del brand online, aumentare la web reputation e fidelizzare sempre più i clienti convincendoli della forza e dell’affidabilità dell’azienda. Il percorso del digital marketing prevede i seguenti step: Definizione di una proposta, illustrando ed evidenziando i plus che l’azienda offre rispetto ai competitor; Mission, cioè gli obiettivi che l’azienda si propone e i vantaggi garantiti ai consumatori; Fidelizzazione della clientela, un aspetto diventato cruciale in un mercato sempre più saturo e competitivo; Soddisfazione dei bisogni dei clienti non solo in termini pratici, ma anche emotivi. Il tutto va effettuato nell’ottica dell’omnicanalità, cioè sfruttando tutti i canali a propria disposizione compresi quelli offline. È altrettanto importante studiare il mercato di riferimento per comprendere le necessità del proprio target di pubblico. Gli obiettivi principali del digital marketing Il digital marketing aiuta ad avere un approccio omnicanale con l’obiettivo principale di migliorare la customer experience dei clienti. La promozione dei prodotti e dei servizi deve essere considerata un’attività secondaria. Principalmente è necessario instaurare un dialogo diretto con i clienti, parlando il loro stesso linguaggio e creando intorno a loro un’esperienza d’acquisto cucita su misura delle loro esigenze. In questo contesto va considerato tutto il percorso di vendita del cliente che, una volta fidelizzato, non deve assolutamente essere abbandonato. I dati statistici confermano che fidelizzare un cliente è molto meno dispendioso dell’acquisizione di uno nuovo, poiché egli stesso diventa “ambasciatore” del proprio brand. Bisogna quindi individuare il cliente, instaurare un rapporto di fiducia con lui, fidelizzarlo, vendergli i prodotti e soprattutto seguirlo anche dopo in fase di post-vendita. Quando si parla di omnicanalità si fa riferimento ai canali online e offline che devono basarsi su 5 elementi cardine: Strumenti digitali, intesi non solo come smartphone, ma anche tablet, tv, computer e tutti i dispositivi che consentono di accedere a siti web e app; Piattaforme digitali come Facebook, Instagram, Twitter, TikTok ecc.; Digital media, cioè i principali canali da utilizzare che possono sfruttare strategie inbound oppure outbound per attrarre i clienti; Digital data, vale a dire quell’enorme massa di dati che devono essere veicolati correttamente per estrapolare informazioni importanti sui propri prospect; Digital technology, cioè software e altri strumenti che rendono più attrattive e immersive le esperienze sui siti e sulle app, creano campagne pubblicitarie mirate e aumentano i tassi di conversione. Tutte queste caratteristiche risiedono in HubSpot, software all’avanguardia che consente alle aziende di promuovere il proprio business online con strategie specifiche e personalizzate secondo le proprie esigenze. Le 4 fasi del digital marketing Chiudiamo la panoramica sul digital marketing analizzando i 4 passaggi fondamentali: React: raggiungere quanti più clienti possibili con strategie mirate per veicolare il traffico online e supportarlo con azioni offline; Act: intraprendere azioni mirate ad un obiettivo preciso, cioè la conversione del lead; Conversione: trasformazione dei lead in clienti e di conseguenza aumento del traffico e delle vendite; Engage: mantenere un rapporto continuativo con i clienti, trasformandoli in acquirenti fissi e fidelizzati capaci di creare un passaparola positivo. Le strategie di comunicazione persuasiva del direct marketing Il direct marketing è una “costola” del digital marketing e si basa sul concetto di comunicazione persuasiva. Il marketing infatti viene spesso identificato con la vendita, ma sarebbe più corretto farlo con la comunicazione. Le parole, se usate nel modo giusto, hanno un effetto dirompente e sono in grado di rompere qualsiasi resistenza. La comunicazione persuasiva può essere considerata una vera e propria arte e ha il compito di raggiungere un determinato pubblico senza filtri. Nel contesto attuale gli acquirenti prediligono una dialogo diretto e immediato con l’azienda, senza intermediari. Quali sono i mezzi migliori per questa comunicazione? Non esiste un mezzo migliore, o meglio va individuato di volta in volta in base al cliente. C’è chi preferisce mezzi tradizionali, come la posta o il telefono, e chi invece mezzi più moderni come app, messaggi, social, email ecc. Nel dialogo instaurato con il cliente bisogna comunicargli tutti i punti di forza del brand, per poi passare alle caratteristiche peculiari dei servizi o dei prodotti offerti. Gli stessi utenti si sentono maggiormente rassicurati, poiché comunicano direttamente con l’azienda senza filtri né intermediari. I 4 punti chiave del direct marketing Come già anticipato per instaurare un dialogo personalizzato con i prospect è necessario conoscerli, dai dati personali fino alle abitudini d’acquisto, sempre nel rispetto delle normative imposte dalla privacy. Bisogna quindi costruire un archivio contenente i dati statici (nominativi e parte anagrafica) e dati dinamici. Questa strategia risulta preziosissima per tutti i brand, soprattutto per quelli che fanno local e-commerce e che quindi devono rivolgersi ad una cerchia ristretta di pubblico da un punto di vista geografico. Diventa così più facile tarare la comunicazione su un preciso target di pubblico, ma anche indirizzare le proposte commerciali in modo diretto. Non si “spara nel mucchio”, ma su un obiettivo ben preciso e facile da cogliere. In questo delicato passaggio i punti chiave sono 4: Selettività: il messaggio non deve essere standard, ma ottimizzato secondo un pubblico già selezionato; Personalizzazione: come naturale conseguenza del primo punto chiave il messaggio deve essere unico e originale per valorizzare ogni cliente e farlo sentire a suo modo unico; Interattività: il cliente deve essere coinvolto nelle varie attività, sentendosi parte integrante del processo; Misurabilità: bisogna creare un sistema che consente di misurare le prestazioni delle strategie messe in atto per comunicare con i clienti. Nello specifico è necessario monitorare le loro reazioni e le loro risposte. Quali sono i principali canali di direct marketing? Il direct marketing porta a due vantaggi immediatamente tangibili: ottenere una risposta immediata e stabilire col cliente un rapporto duraturo nel tempo. La comunicazione persuasiva ha come fine ultimo la vendita, che può snodarsi tramite i più disparati e diversi canali. Si va dal telemarketing alla televendita, dalla vendita tramite siti e-commerce alla vendita porta a porta. La scelta del canale non è affatto secondaria, proprio perché si tratta di una comunicazione diretta senza margini di errori. Non ci sono intermediari, quindi l’azienda deve svolgere l’intero processo di vendita interagendo personalmente con il consumatore finale. Analizziamo di seguito alcuni esempi di direct marketing che è possibile adottare in base al proprio business e al target di riferimento: Direct mail: invio di messaggi promozionali che sponsorizzano un servizio, un articolo o un evento; Direct email marketing: azioni più mirate che prevedono l’invio di email promozionali ai nominativi presenti nel proprio database; Marketing su catalogo: invio di un catalogo dal quale si può ordinare direttamente un prodotto; Sms e messaggi Whatsapp: invio di messaggi su telefono per annunciare un nuovo servizio o lanciare una proposta; Telemarketing: telefonate durante le quali gli operatori spiegano il servizio offerto e tutte le sue funzionalità. A queste forme di vendite vanno poi aggiunte tutte quelle offline, considerate più tradizionali, come la vendita porta a porta, la televendita o le promozioni su giornali e riviste. Un’altra forma di vendita è il marketing a risposta diretta che, nato come strumento tradizionale, si è evoluto fino ad imporsi anche nel mondo digitale. Il suo obiettivo è ottenere una risposta diretta da parte dell’utente per consentire di misurare le azioni commerciali intraprese. Conclusioni Il segreto del digital marketing è segmentare il proprio pubblico di riferimento, così da poter inviare messaggi sempre più personali e plasmati sulle singole esigenze dei clienti. I consumatori oggi vogliono sentirsi al centro del progetto e vivere online un’esperienza simile a quella dei negozi fisici. In pratica devono ottenere dai canali digitali le stesse risposte e informazioni che avrebbero da qualsiasi venditore nei punti vendita fisici. Nel corso dell’articolo ti ho spiegato quanto sia prezioso l’utilizzo di software specifici come HubSpot, che velocizza e snellisce notevolmente il tuo lavoro aiutandoti a creare una comunicazione diretta e personalizzata con il tuo pubblico. Vuoi saperne di più? Allora scarica il nostro ebook gratuito “Cos’è HubSpot” per farti un’idea maggiore e dare uno sprint in più alla tua attività.
In gergo sportivo il turnover degli atleti rappresenta la rotazione che gli allenatori adottano per far riposare e rifiatare i loro giocatori, soprattutto in previsione di partite molto ravvicinate. Fatte le debite proporzioni il turnover dei clienti è più o meno la stessa cosa, anche se con delle differenze sostanziali. Capita che un’azienda, in un determinato arco temporale, possa perdere dei clienti e magari acquisirne di nuovi. In linea generale non deve preoccupare più di tanto questo fenomeno, poiché è fisiologico. Questo non significa che bisogna lasciare le cose così come stanno, anzi è opportuno indagare quali sono le cause che hanno determinato l’abbandono del cliente e se sono stati commessi errori. Il turnover dei clienti, chiamato anche customer churn o customer attrition, può variare sensibilmente a seconda dei mercati di riferimento. Alcuni mercati sono caratterizzati da un alto turnover, come quello degli abiti da sposa o delle auto, dove i clienti cambiano in continuazione. Altri sono invece caratterizzati da un basso turnover, come quello dei giornali o delle sigarette. Difficilmente i consumatori cambiano quotidiano o marca di sigarette. Il turnover dei clienti va quindi inquadrato nel proprio mercato di riferimento. Entriamo maggiormente nei dettagli per capire come calcolarlo, come influisce sul mercato e sull’azienda e quali contromisure adottare. Cos’è e come calcolare il turnover dei clienti? Il turnover dei clienti equivale al tasso di abbandono dei clienti. Vi rientrano i consumatori che, per vari motivi, hanno smesso di acquistare i tuoi prodotti o i tuoi servizi dopo un periodo di tempo. Calcolare il turnover dei clienti è possibile e anzi c’è una vera e propria formula che si chiama TNR (Tasso Netto di Ricambio). Ecco gli step fondamentali per eseguire correttamente il calcolo: Calcolare la dimensione globale del mercato dell’anno precedente; Sommare il numero di clienti nuovi che hanno fatto il loro ingresso nel corso dell’anno e sottrarre quelli usciti, ottenendo così il numero totale; Dividere il numero di clienti nuovi per il numero complessivo di clienti. Alla fine di queste operazioni si ottiene il TNR finale che dà una stima precisa del tasso di abbandono dal quale bisogna partire. Da valutare il turnover medio dei clienti in relazione alla propria azienda, ma anche al mercato di riferimento. Se il tasso di abbandono dei clienti è in linea con il tuo settore non c’è molto da preoccuparsi; se invece è più alto rispetto al tasso medio, qualcosa non va. In entrambi i casi puoi comunque studiare quali sono le criticità e porvi subito rimedio. Un cliente non è per sempre: perché abbandona il tuo brand? Indipendentemente dal settore in cui operi, devi mettere in conto di perdere qualche cliente nel corso di un anno o di uno specifico arco temporale. Lo stesso mercato ha portato i clienti ad essere meno “fedeli”. I consumatori sono abituati a spostarsi da un brand all’altro, acquistando di volta in volta il prodotto più conveniente per rapporto qualità/prezzo. Grazie alle nuove tecnologie sono estremamente preparati e, avendo maggiori termini di paragone, hanno aspettative sempre più elevate. Ecco perché devi studiare e adottare azioni mirate che favoriscono la fidelizzazione dei clienti, un’operazione meno dispendiosa rispetto all’acquisizione di nuovi. Analizziamo nel dettaglio quali sono le cause che possono determinare l’abbandono o l’allontanamento dei clienti. Cause fisiologiche L’abbandono dei clienti in alcune circostanze è fisiologico. Se hai un e-commerce che vende esclusivamente abbigliamento per neonati e per bambini, sai di cosa parlo. Una coppia di genitori acquisterà online tutine, pigiamini e scarpine per il loro piccolo nei primi anni di vita. Inevitabilmente, quando il bimbo crescerà e diventerà adolescente, non ci sarà più motivo di acquistare da te. Per ridurre il tasso di turnover puoi però ampliare la tua produzione, vendendo anche abbigliamento per adolescenti. In tal caso dovresti rivedere i tuoi piani interni in termini di produzione e di spesa, ma potresti assicurarti la fedeltà dei tuoi clienti per tanti altri anni ancora. Concorrenza spietata La concorrenza, soprattutto nell’online, oggi è spietata. A volte diventa difficile competere con i propri concorrenti poiché propongono prezzi troppo bassi e addirittura fuori mercato. In questi casi non devi abbassare i prezzi, rischi di subire un grave danno economico e il tuo prodotto perderebbe di valore. Piuttosto che ridurre il prezzo, evidenzia e promuovi il valore aggiunto del tuo brand e spiega le funzionalità che offri. Devi far capire che un prezzo basso non sempre è sinonimo di risparmio, mentre un prezzo alto è sinonimo di qualità. Comunicazione poco efficace tra team di marketing e di vendite Il team di marketing e il team di vendite devono parlare lo stesso linguaggio e remare nella stessa direzione. Cosa significa? ll team di marketing non deve avere come obiettivo solo chiudere i contratti, ma attrarre lead realmente interessati e in linea con il target di vendita dell’azienda. Non avrebbe senso passare al reparto di vendita prospects indecisi o non adatti per quel tipo di mercato. Sarebbe una notevole perdita di tempo, energia e denaro. Team di marketing e di vendite devono quindi comunicare in modo coerente e continuativo per raggiungere insieme gli obiettivi prefissati. User experience poco attrattiva o scadente Un aspetto che non devi assolutamente sottovalutare è la user experience offerta ai tuoi clienti. Puoi anche avere ottimi prodotti ad un buon rapporto qualità/prezzo, ma diventa tutto inutile se l’e-commerce offre una navigazione poco intuitiva e di difficile comprensione. Devi rendere il tuo sito customer-oriented e per farlo puoi utilizzare strumenti specifici come HubSpot, software in grado di personalizzare e differenziare i contenuti sul sito in base alle abitudini di comportamento degli utenti. Assistenza clienti inefficace In ambito di customer satisfaction va tenuto nella massima considerazione il servizio di assistenza clienti. Il team di supporto deve essere proattivo, cioè anticipare le possibili domande dei clienti, fornendo allo stesso tempo risposte efficaci e pertinenti in base alla problematica riscontrata. Il rapporto con un cliente non si conclude dopo la vendita, ma anzi deve continuare anche dopo per verificare se è soddisfatto o meno. Come incide il turnover sul mercato? Facendo una riflessione generale sui mercati, le aziende con un basso turnover avranno una clientela stabilizzata anche nei periodi più complessi; le aziende con un alto turnover avranno invece una clientela più dinamica che varia continuamente. Tali scenari, a seconda dei punti di vista, possono rappresentare vantaggi o svantaggi. Una nuova impresa farebbe bene ad entrare in un mercato dinamico, dove gli acquirenti passano velocemente da un brand all’altro. Un’azienda leader in un determinato settore invece manterrà la sua posizione predominante se il turnover è basso, poiché ha una cerchia di clienti fidelizzata. Come gestire il turnover dei clienti e ridurre il tasso di abbandono? È possibile gestire il turnover dei clienti? Assolutamente sì, basta adottare delle “best practices” che mirano a ridurre il tasso di abbandono. Scopriamo quali sono e come adattarle in base ai diversi mercati. ”Coccola” i clienti migliori Conservare tutti i clienti è un’operazione praticamente impossibile. Se ci provassi falliresti sicuramente, ma soprattutto perderesti tempo e risorse preziose. Cosa fare allora? Concentra tutte le tue forze per “salvare” i clienti migliori, cioè quelli che spendono abitualmente presso il tuo e-commerce. Valorizza tutti i tuoi clienti Anche se non puoi mantenere tutti i tuoi clienti, questo non significa che devi trascurarli. Anzi, devi farli sentire unici e speciali dando delle motivazioni reali per restarti fedele. Promozioni, sconti, bonus e programmi di fidelizzazione sono solo alcuni esempi per tenere il cliente stretto a te. I programmi a punti sono quelli più apprezzati, ecco come funzionano: un cliente compra un prodotto e riceve punti in base alla cifra che spende. Al raggiungimento di un determinato punteggio, riceve un buono sconto per un altro acquisto. Gli conviene restare con te, altrimenti perderebbe tutti i punti accumulati. Individua le cause dell’abbandono Devi capire quali sono le cause dell’abbandono e se eventualmente c’è stato qualche errore. Analizza il customer churn rate per comprendere esattamente qual è il cosiddetto punto di attrito che ha determinato l’abbandono del cliente. I motivi possono essere tanti ma, se le cause sono da attribuire a qualche tuo errore, allora devi intervenire immediatamente. Magari c’è stato qualche errore nella spedizione o il tuo servizio di assistenza non ha fornito una risposta reattiva. Nel primo caso puoi proporre uno sconto o un prodotto alternativo, nel secondo devi invece formare meglio il tuo team di assistenza. Le criticità possono essere tante, impara dai tuoi errori e intervieni in modo mirato per risolverli. Conclusioni Il turnover rappresenta una variabile fondamentale che impatta in modo significativo sul tuo business. Non devi però considerarlo come una scheggia impazzita ma come un fattore che, per quanto fluttuante, può essere gestito. Metti sempre il cliente al centro del progetto, qualunque sia la tua strategia. Se vuoi avere ulteriori spunti puoi scaricare il nostro ebook gratuito che ti spiega come creare template per i buyer personas così da stilare un identikit preciso dei tuoi clienti. Image by jannoon028 on Freepik
Marketing automation è un termine che ha fatto prepotentemente irruzione nella vita aziendale e letteralmente significa automazione del mercato. Una traduzione un po’ troppo asciutta e scarna, poiché non rende merito a ciò che è realmente la marketing automation, cioè una serie di attività che semplificano e velocizzano le attività di un’azienda, ne aumentano l’efficienza operativa e ricavi e consolidano le relazioni con i clienti. In tale contesto assumono grande importanza i workflow, cioè i flussi di lavoro strettamente interconnessi con i comportamenti degli utenti. Basandosi sui workflow, le aziende profilano gli utenti e li invitano a tornare sul sito, automatizzando e velocizzando tutte le operazioni. Sfruttando la marketing automation i tuoi contatti non sono persone che acquistano una volta senza più farsi vedere, ma diventano clienti fissi con i quali dialogare e instaurare un rapporto di fiducia, da costruire con email e offerte dedicate e personalizzate o con campagne di fidelizzazione. Cosa si intende per workflow? Per capire i principali vantaggi dei worflow bisogna innanzitutto comprendere che cosa sono. Parlando per linee generali il workflow è l’automazione totale o parziale di un processo aziendale; nel marketing invece, soprattutto nella lead generation, il workflow comprende tutti quei processi che si attivano automaticamente dopo determinate azioni compiute dall’utente. Poiché i workflow sono differenti e vengono personalizzati in base alle azioni dell’utente, per te diventa più facile automatizzare tutte le fasi del processo di vendita e creare un percorso ad hoc per ogni cliente durante il cosiddetto customer journey, ossia il viaggio del consumatore. Nei paragrafi successivi ti spiego meglio questo concetto introducendoti all’email workflow. Quali sono i vantaggi del workflow per un’azienda? Il workflow, che rappresenta la digitalizzazione dei processi, apporta una serie di benefici tangibili per l’azienda. Ne possiamo individuare almeno 3: Le attività vengono svolte in un tempo molto più veloce, quindi si ottimizza l’operatività e si gestiscono al meglio tutte le azioni e i processi ad esse collegati; L’ottimizzazione dei processi elimina i tempi morti e le attività inutili a beneficio della produttività e di una corretta gestione delle risorse a disposizione; I team di un’azienda sono perfettamente interconnessi tra di loro, condizione che rende molto più fluido e snello il lavoro. I 3 criteri sui quali si basa la marketing automation Il processo di automazione per funzionare correttamente deve basarsi su tre criteri cardine: Le condizioni: i workflow prima di attivarsi devono valutare le condizioni nelle quali si è mosso l’utente. Alcune azioni infatti sono addirittura ininfluenti e non richiedono l’attivazione dei workflow, che invece devono agire quando un contatto ha raggiunto un valore definitivo o quando è stato inserito in una specifica campagna di marketing; Le azioni: il sistema deve individuare qual è l’azione più indicata da svolgere. Magari può essere richiesto l’inizio di una comunicazione tramite un canale, il trasferimento di un contatto all’interno dell’azienda, l’invio di una notifica o semplicemente l’aggiornamento della scheda di un utente; Gli eventi: tutte le azioni che intendi tracciare e che possono tornarti utili. Tra gli eventi sono compresi clic sulle CTA, l’apertura di un’email, la semplice navigazione sul sito ecc. Valutando le azioni fatte, o al contrario le azioni non fatte, puoi capire se la tua strategia è efficace oppure se devi aggiustare il tiro. Partendo da questi 3 principi devi cercare di coinvolgere gli utenti e non abbandonare i lead, anche quando appaiono più freddi. In questi casi devi adottare strategie convincenti ma che non siano però troppo invadenti. Al contrario, se il lead appare caldo, puoi “spingerti” un po’ oltre per solleticare la sua curiosità con strategie più incisive e mirate. Quali sono le principali azioni di marketing automation? Le azioni collegate alla marketing automation sono davvero tante e vanno dall’up e cross-selling alla lead nurturing, dalle campagne Google Ads ai funnel personalizzati, dagli A/B test alle notifiche push, dall’email marketing al recupero dei carrelli abbandonati. Tutte queste funzionalità hanno una grande importanza ma non sempre è facile gestirle in modo corretto o senza perdere di vista qualcosa. La soluzione migliore? HubSpot! Questo software automatizza tutti questi processi necessari per attrarre i lead e convertirli in clienti fidelizzati. I processi all’interno dell’azienda vengono notevolmente snelliti a beneficio della produttività. Quello che fa HubSpot nello specifico, è l'automatizzazione dell’invio delle email ai tuoi prospect, ottimizzazione dei contenuti di un blog anche sotto il profilo del design, conoscenza dei comportamenti dei tuoi lead, accessibilità alle loro informazioni e indicizzare il tuo sito nei motori di ricerca. Come funziona l’email workflow? Tra le tante azioni di marketing automation una delle più importanti riguarda l’email marketing, sulla quale vale sicuramente la pena spendere qualche parola in più. Come promesso ci concentriamo in questo articolo sull’email workflow. Cos’è? È una serie di email automatiche inviate, oppure non inviate, agli utenti in base ai loro comportamenti online e alle informazioni di contatto. In questo modo riesci a capire non solo a chi inviare l’email e a chi no, ma anche cosa scrivere. I consumatori moderni sono particolarmente affascinati da una comunicazione personalizzata secondo le sue specifiche esigenze e necessità. In pratica l’invio del messaggio giusto, al momento giusto e con le parole giuste può davvero fare la differenza. Come inviare le email? I criteri da seguire sono tanti e quindi puoi spedire messaggi personalizzati: A chi ha effettuato un determinato percorso sul tuo sito; A chi lavora in un determinato settore; A chi ha mostrato interesse leggendo i tuoi contenuti, visitando più volte la tua pagina o scaricando ebook. Tu hai così l’opportunità di inviare email in modo mirato, con la certezza di fornire contenuti interessanti. Gli utenti a loro volta ricevono un’email che li interessa realmente e quindi di certo non la spammeranno senza neanche aprirla. Sconti e promozioni sono sempre apprezzati, ma non sono gli unici esempi di email workflow che funzionano. Tra le soluzioni adottate da diversi brand c’è l’invio di un codice promozionale con validità settimanale da usare sul proprio e-commerce sette giorni prima del compleanno. In questo modo fai un piccolo regalo di compleanno al tuo cliente, che si sente realmente coccolato e valorizzato. In generale l’obiettivo è “stimolare” il cliente quando è più propenso a fare acquisti, come in prossimità del suo compleanno o di festività. Le email di auguri non a caso sono quelle che garantiscono non solo il maggiore tasso di apertura, ma anche di fidelizzazione. Carrello abbandonato? Ecco come recuperare i clienti Altro workflow che merita un’attenzione particolare è quello che riguarda i carrelli abbandonati. Sono tanti i clienti che mettono i prodotti nel carrello ma poi non completano l’acquisto per svariati motivi. Magari non sono convinti del metodo di pagamento o dalle politiche di resi, oppure vogliono prima confrontare quello stesso prodotto con altri e-commerce o con i negozi fisici per individuare qual è l’offerta più conveniente. In altri casi ancora aspettano che il prezzo cali o che arrivino degli sconti. Come convincerli quindi a completare l’acquisto? Devi offrire incentivi o impostare apposite campagne di remarketing tramite email. Alcuni workflow, dopo che un utente è uscito dal sito lasciando il prodotto nel carrello, inviano automaticamente un’email offrendo assistenza nell’acquisto e dando tutte le informazioni necessarie. Sicuramente è d’aiuto inserire tutti i punti di contatto con l’azienda come email, chat, numero verde ecc. L’utente non ha completato l’acquisto dopo il primo contatto? Allora i workflow agiscono in conseguenza alle azioni dell’utente. Se la persona ha aperto il primo messaggio di posta elettronica, riceverà un’altra email contenente un buono sconto da utilizzare in tempi rapidi, generalmente 24 ore. Se non ha aperto la prima email riceverà un nuovo reminder come ultimo tentativo. L’utente non apre neanche la seconda mail? Allora il workflow sarà chiuso con esito negativo e dovrai tentare un’altra azione di convincimento. Adottare strategie di marketing automation significa creare valore per l’azienda Strategie adeguate di marketing automation consentono di recuperare tempo prezioso, creare un maggiore coinvolgimento tra i clienti e sfruttare al meglio tecniche di vendita come l’up-selling e il cross-selling. Si ottimizza così il tasso di conversione che, insieme al fatturato, alla lead generation e alla lead nurturing, continua ad essere uno degli obiettivi strategici più importanti per un’azienda. In questo modo puoi creare contenuti personalizzati che danno realmente valore all’azienda. La comunicazione diventa omnicanale, sfruttando tutti i vantaggi offerti dalla digital transformation, e soprattutto si crea una user experience realmente personalizzata e centrata sul singolo cliente. Conclusioni finali La marketing automation rappresenta il miglior metodo per creare engagement che si traduce più facilmente in conversione e fidelizzazione. Per un e-commerce l’obiettivo primario non è la vendita fine a se stessa, ma piuttosto avvicinare il cliente alla realtà dell’azienda, “coltivarlo” e alla fine invogliarlo ad acquistare. La vendita risulta quindi un processo naturale, la normale conseguenza dell’ottimo lavoro svolto. Poiché abbiamo i vantaggi della marketing automation, ti lasciamo approfondire il tema con questo ebook gratuito in modo da darti una conoscenza completa sull'argomento. Image by rawpixel.com on Freepik