Per le aziende che vendono online la strada da percorrere è una: devono fare mobile commerce e devono farlo bene. E’ stato da poco rilasciato da Criteo, società specializzata in performance marketing, lo State of Mobile Commerce, relativo all'andamento del mercato online nel primo semestre 2016. Il rapporto, focalizzato principalmente sul mercato statunitense, presenta dati interessanti che riguardano anche il rapporto tra dispositivi mobili e commercio elettronico nel nostro paese. Per mobile commerce si intende la gestione di transazioni commerciali tramite dispositivi mobili, come i telefoni cellulari, i PDA e gli smartphone. Il rapporto State of Mobile Commerce rivela che per la prima volta, in due nazioni, il numero delle transazioni da dispositivi mobili hanno superato quelle da desktop. Giappone e Gran Bretagna, infatti, hanno superato la soglia del 50%: ora vendono di più da mobile che da pc, grazie alla maggiore diffusione di siti mobile-friendly e di applicazioni apposite. In Italia, il 29% delle transazioni avviene da mobile, tendenza in crescita rispetto all’anno precedente. Un interessante dato riportato nello studio è il rapporto tra la percentuale di transazioni eseguite e la diffusione di pagine web ottimizzate per la navigazione da dispositivi mobili. Maggiore la presenza di pagine ottimizzate, più alte le percentuali di vendite di prodotti online. Le abitudini degli utenti di dispositivi mobile Con 19 milioni di smartphone venduti in Italia solo nel 2015, non c’è da stupirsi che gli acquisti da mobile incidano sui risultati dei venditori online. Gli utenti prendono in mano dispositivi mobili innumerevoli volte durante il giorno, cercano e scoprono prodotti, si mettono in contatto con il brand di un’azienda. Il 91% delle persone utilizza il proprio smartphone mentre sta facendo dell’altro e il 68% delle ricerche da mobile si realizza nel contesto casalingo, pur essendoci a disposizione più dispositivi con schermi di dimensioni maggiori. E più diventano dipendenti del loro dispositivo, più gli utenti si aspettano di trovare esattamente quello che cercano nel momento in cui ne hanno bisogno. Come si fa una strategia mobile Per sfruttare le nuove abitudini ed intercettare l’esigenza, alle aziende serve sviluppare una strategia di sviluppo mobile, che può avvenire su due canali: Avere un sito e-commerce o un sito web ottimizzato per dispositivi mobili Avere una App per dispositivi mobili Sito e App, pur se visualizzati sugli stessi dispositivo, si rivolgono a tipologia di clienti differenti. Una App è lo strumento preferito dai clienti fidelizzati, che decidono di scaricare l’applicativo per interagire più facilmente con l'azienda. Sono molto efficaci quindi per consolidare la relazione con i clienti più fedeli, ma devono essere progettate per piattaforme specifiche, che richiede quindi maggiori accorgimenti in fase di sviluppo o selezione del target di utenti. I big player hanno saputo ottenere un numero di utenti costante per le loro App e, per le loro, le vendite su questo canale superano quelle da dispositivo mobile. Ma quello che funziona per Amazon potrebbe non fare al caso di altre aziende. Un sito e-commerce mobile, invece, è destinato a tutti e genera la maggior parte del traffico del sito e-commerce. Dovendo scegliere quindi, la prima priorità per un’azienda dovrà essere la creazione di un sito e-commerce ottimizzato per dispositivi mobili, progettato in modo da soddisfare anche gli utenti abituati alle esperienze in-app. Il vostro sito e-commerce è già responsive? Se avete già avviato un sito e-commerce, o comunque avete un sito online, un primo semplice test che potete fare è il test di compatibilità con dispositivi mobili offerto da Google. Google penalizza i siti non responsive, quindi, oltre alle esigenze di navigabilità e user experience, avere un sito che si adatta automaticamente in base al dispositivo è un prerequisito per qualsiasi campagna di posizionamento sui motori di ricerca! Quali caratteristiche ha un sito di e-commerce correttamente ottimizzato per mobile? Contenuto mai più largo dello schermo; Link e pulsanti (c.d. target tocco) adeguatamente distanziati per permettere all’utente di selezionare il singolo elemento con il tocco delle dita; Area di visualizzazione impostata correttamente; Testo sufficientemente grande da essere letto su tutti i dispositivi e ridimensionato correttamente in base all’area visibile stabilita per dispositivo; Caricamento pagina rapido. Basta avere un sito e-commerce responsive? No, serve una strategia di web marketing per promuovere il progetto, basata sul marketing dei contenuti e, nella fase più evoluta, sulla marketing automation. Dopo aver testato e perfezionato la struttura del sito e-commerce, serve muoversi per incrementare il numero di nuovi visitatori ripetitivi e migliorare la visualizzazione dei prodotti, attività più peculiare del dispositivo mobile che del desktop. Focalizzarsi sulle persone, quindi, utilizzando strumenti di web marketing e strategie pubblicitarie più attente ai comportamenti degli utenti col fine di ottenere l’interesse genuino dei consumatori e una maggiore conversione dei contatti in clienti. Confrontare prezzi, cercare e guardare prodotti sui propri smartphone… e se la visualizzazione è facile e veloce, il processo di checkout sicuro, il passo dalla consultazione all’acquisto è veloce, anzi velocissimo.
Fino a quache anno fa, nell'ufficio commerciale gli strumenti web erano rari e nella valigetta del Venditore 1.0 non c'erano tanti prodotti digitali. C'erano calcolatrice, penne, blocchi per gli appunti, il listino prezzi e/o il catalogo prodotti, moduli per la compilazione degli ordini, dei dati di contatto e di fatturazione, biglietto da visita con i contatti aziendali, brochure aziendali. Nell’era della carta, un errore grave, o sicura fonte di imbarazzo, era dimenticarsi dal cliente il listino con i prezzi… di costo. Poi c’erano gli errori di compilazione dei moduli. Poi le informazioni frammentarie e incomplete sul fatturato dei clienti consolidati. Infine, le telefonate in sede per aver informazioni circa le disponibilità degli articoli con risposte a volte certe, spesso generiche o stimate. L'era della carta in realtà non è ancora passata. Ma in un periodo in cui la durata di una trattativa si è accorciata e la concorrenza incalza, non avere risposte certe in breve tempo, sembrare poco organizzati e arrivare impreparati, non sono sicuramente le giuste abitudini dei bravi negoziatori e le conseguenze saranno tutt'altro che felici per il venditore e per l'azienda. Come si possono migliorare i processi commerciali? Molte aziende si sono attrezzate con sistemi informatici per automatizzare i flussi di lavoro. Internet e i vari strumenti digitali, hardware e software, hanno contribuito a cambiare il reparto commerciale, ma soprattutto hanno cambiato i clienti, privati o aziendali che siano. Un rapporto di HubSpot Research mette in luce le differenze il commerciale e il cliente, tra l’approccio di acquisto e l’approccio di vendita, che vede il cliente molto più attivo nella fase di ricerca di informazioni, sia sulle aziende che sui prodotti. Rendere queste informazioni disponibili on-line, permette al commerciale di concentrarsi di più sulla trattativa economica sapendo di poter accedere velocemente da tablet o pc alle informazioni sul prodotto o alla verifica dei precedenti dati di acquisto. Quindi, nell'era del digitale, un commerciale può fare affidamento a vari strumenti web ed informatici per la raccolta e trasmissione dei dati e per potervi accedere da qualsiasi luogo e da qualsiasi dispositvo. Innanzi tutto, quindi, serve avere uno spazio web e un sito che racconti l’azienda e i prodotti/servizi offerti. Serve poi capire quali sono le aree critiche per il commerciale che si vogliono ottimizzare con i vari strumenti digitali: la trasmissione degli ordini? Il controllo delle disponibilità a magazzino? Avere a disposizione un catalogo sempre aggiornato dei prodotti e dei prezzi? Fornire documentazioni tecniche, demo, tutorial? Estrapolare i dati storici dei clienti? Offrire servizi post-vendita? Una possibile soluzione è quella di integrare al sito internet una piattaforma e-commerce B2B per gestire una o più di queste aree e renderle disponibili al commerciale da remoto. Migliorare l'ufficio commerciale 2.0 con una piattaforma e-commerce. Il vantaggio di lavorare su una piattaforma e-commerce è che le piattaforme sono modulari: si può partire da un’area del flusso operativo ritenuta critica e avere comunque la possibilità di ampliare i servizi senza dover utilizzare altri programmi. Possono inoltre integrarsi con la maggior parte dei sistemi gestionali di fatturazione e magazzino in uso nelle aziende. Dal punto di vista operativo, integrare al sito web una piattaforma e-commerce per gestire gli ordinativi consente di: 1. Avere un catalogo online Essendo piattaforma sviluppata per privilegiare le transazioni commerciali, rispetto ad un sito web, gli sviluppatori hanno a disposizione molti più strumenti per la creazione di catalogo on-line dinamico e personalizzabile e creare schede prodotto dettagliate, complete e interattive. Si possono, ad esempio, impostare: Confronti tra prodotti Immagini multiple Gruppi di prodotto Prodotti configurabili (ad esempio colore, taglia, componenti…) Opzioni di personalizzazione Tutto ciò che serve per fornire il maggior numero di informazioni utili possibili e per modificare in tempo reale il catalogo e tenerlo sempre aggiornato. Si possono inoltre aggiungere elementi scaricabili come guide, certificati, moduli, licenze. 2. Differenziare gli accessi e i dati visibili Le piattaforme e-commerce B2B dispongono di tool che permettono di diversificare l’accesso al catalogo per quel che rigurda: gli articoli i prezzi - con IVA, senza IVA, diversificati per cliente le valute giacenze di magazzino. Non c’è bisogno quindi di replicare le informazioni tra visitatore pubblico, rivenditore, addetto commerciale interno e clienti. 3. Gestire automaticamente gli ordini Un catalogo ben strutturato può essere utilizzato come strumento informativo e promozionale oppure può essere integrato ad un sistema di gestione automatica degli ordini, dando l'opzione quindi all'utente registrato di creare ed inviare la propria richiesta. In caso di beni intangibili si può gestire la distribuzione in modo automatico. Si può lasciare ai soli responsabili vendite la possibilità di compilare ed inviare un ordine al reparto produttivo/logistico oppure attivare l’opzione anche ai clienti. L’integrazione ai sistemi di inventario e magazzino permetterà di aver sempre disponibili le informazioni sulle giacenze. 4. Creare un database dei clienti e avere dati statistici di riferimento Ogni addetto commerciale potrà avere accesso ai dati di acquisto dei propri clienti, monitorare l’andamento delle vendite e avere le informazioni a portata di mano anche al di fuori dell'azienda. Un sistema automatizzato degli ordini su una piattaforma e-commerce permette di ricavare importanti dati statistici sia sul venduto, come qualsiasi altro gestionale di fatturazione, ma anche sui prodotti che i nostri clienti e potenziali clienti hanno valutato ma non comprato. Questo si può fare analizzando i dati di traffico delle pagine (quali articolo/servizi sono più visti?) oppure, per chi vuole puntare sulle strategie e gli strumenti di web marketing, utilizzando piattaforme di marketing automation per dati più complessi e per imporstare campagne automatizzate di marketing. Un investimento che migliora il lavoro del commerciale e apre nuovi scenari Essere attivi sul web con un proprio sito e una piattaforma e-commerce possono diventare il punto di partenza per un’espansione commerciale su altre aree geografiche attualmente non servite dal reparto commerciale. Le informazioni sull’azienda e sui prodotti e servizi saranno fruibili non soltanto ai potenziali acquirenti interessati, ma anche a possibili rivenditori. Se inizialmente si è deciso di operare con un sistema riservato alla forza vendita interna, l’apertura del sistema a potenziali rivenditori è, tecnicamente, semplice: basterà configurare un nuovo profilo di accesso. Per un rivenditore, sapere di poter gestire in maniera autonoma gli ordini, sarà valutato positivamente e permette all'azienda di differenziarsi dalle altre aziende concorrenti. Quale sia l’esigenza dell'ufficio commerciale, il vantaggio di operare utilizzando una piattaforma e-commerce B2B è la configurabilità e l’integrabilità. Non una soluzione statica e invariabile nel tempo, ma dinamica e modulabile in base alle diverse esigenze di business. Automatizzare alcuni processi più tecnici e standard, non solo riduce i possibili errori, ma permette agli addetti commerciali di seguire un numero maggiore di clienti e di concentrarsi su altri aspetti del rapporto con i clienti: le relazioni interpersonali, una migliore gestione delle problematiche commerciali e di pagamento.
Si sente parlare spesso di e-commerce che non funzionano e di aziede che non vanno su web. Eppure il settore e-commerce è in crescita: cresce la domanda di prodotti e servizi online da parte degli acquirenti ma le imprese non sembrano saper come rispondere alla richiesta. In un recente rapporto sulla vendita al dettaglio presentato dal consorzio NETCOM, negli ultimi 5 anni gli italiani che comprano online sono raddoppiati. Tuttavia, in un altro rapporto sul commercio elettronico intraziendale, risulta che il 56% delle aziende intervistate non ha attivato alcuna attività o servizio digitale nel processo commerciale. Commercio elettronico al dettaglio e intraziendale hanno dinamiche e finalità diverse, ma entrambi manifestano un cambiamento di abitudini che va verso una maggiore digitalizzazione. Il volume d'affari generato dal commercio elettronico B2C per il 2015 si attesta a circa 16 miliardi di euro, mentre il valore delle transazioni digitali B2B è tra i 18 e i 23 miliardi di euro. Cifre non trascurabili, anzi. Ma muovere i primi passi online non è semplice. Le aziende non sempre riescono a comprendere cosa serve per muoversi online e come affrontare il mercato digitale. Quali sono i principali ostacoli che rallentano l’espansione digitale di un’azienda? Perchè altre, invece, non hanno ottenuto dal web i risultati ipotizzati? Perché le aziende non vanno su web. Le aziende italiane guardano ancora con diffidenza il mercato digitale, sia per quanto riguarda la vendita al dettaglio di prodotti e servizi che per l’introduzione di servizi digitali intraziendali, pur riconoscendo le potenzialità di business. Secondo un altro rapporto presentato da CRIBIS D&B, sono 7.500 le aziende che utilizzano piattaforme e-commerce per promuovere e vendere i loro beni o servizi B2B. Il 70% di queste aziende hanno meno di 5 dipendenti (c.d. microaziende), perciò, operare o meno sul web, non è una questione di dimensione aziendale. Tra i fattori che rallentano la crescita della digitalizzazione si possono indicare: Competenze IT limitate ed, in generale, bassa propensione agli investimenti nell’IT; Mancanza di personale qualificato all’implementazione e gestione di un progetto e-commerce; difficoltà di natura logistica e di organizzazione del servizio di distribuzione o consegna; Legislazione non incentivante. In generale, quindi, a lasciare perplessi gli imprenditori, è la poca comprensione del funzionamento e l’implementazione di una piattaforma e-commerce e dei costi associati. D’altra parte, iniziare un progetto senza averne compreso la portata può essere fallimentare, e di casi in cui le aziende non hanno ottenuto risultati dal mercato online, se ne sentono. Perché un sito e-commerce non funziona per alcune aziende. Tra i principali motivi operativi che hanno causato rendimenti insoddisfacenti di progetti e-commerce si possono elencare: Obiettivi di business poco chiari o mancanza di analisi di mercato: per vendere, non solo online, serve un chiaro obiettivo di business basato anche sull'analisi del mercato in cui un'azienda opera. Più aumenta l'area geografica di riferimento, più aumentano i concorrenti e maggiori saranno i costi da sostenere per tentare di farsi trovare dal pubblico. Mancanza di un progetto di comunicazione di brand e di attività di marketing a supporto dell’attività on-line e di diffusione del brand. Creare una vetrina online dei propri prodotti e servizi non basta, serve capire bene chi sono i nostri potenziali clienti, dove trovarli, come attirarli al sito e come convincerli all'acquisto. Senza una campagna di promozione del brand aziendale su più canali, di analisi SEO e di attività di marketing, difficilmente un'attività online riuscirà a farsi trovare nel mercato digitale. Realizzazione tecnica e grafica del sito non adeguata o presentazione poco credibile: il sito rappresenta l’azienda agli occhi di un visitatore e un buon sito con belle foto e una presentazione curata dei prodotti, anche nei testi descrittivi, aumenta la percezione di valore e ispirano fiducia. Inoltre, siti non progettati per la navigazione da dispositivi mobili o che risultano di difficile navigazione per l'utente, non convertono. Difficoltà di organizzazione logistica ed errata strategia di prezzo: costi di trasporto e di packaging più onerosi del previsto e politiche di prezzo errate che non hanno saputo garantire le marginalità e i risultati economici previsti, con conseguente erosione dei guadagni globali dell'azienda. Problematiche legate all'organizzazione e gestione del servizio clienti, in particolare nei casi di vendita diretta al consumatore finale. Oltre a questi fattori, il motivo principale a cui ricondurre gli scarsi risultati è comunque, principlamente, la sottostima dell’impegno finanziario e temporale richiesto dal progetto. Un progetto e-commerce è un modello di business in tutto e per tutto: deve avere un preciso obiettivo di business e un orizzonte temporale in cui svilupparlo. Che si scelga di attivare una o più forme di vendita on-line – vendita diretta al consumatore finale o in sostituzione al distributore/retailer o in affiancamento ai canali tradizionali; o che si scelga di attivare servizi digitali nelle fasi di prevendita o post vendita, serve considerare che l’e-commerce non è la soluzione ad un problema imminente; intraprendere un investimento con questa finalità non porterà a risultati e farà sprecare risorse. Ma quanto a lungo le aziende possono ignorare la trasformazione digitale in atto?
Se vi state affacciando sul mercato delle vendite online di prodotti o servizi potreste aver sentito parlare dei marketplace. Molto probabilmente siete o siete stati clienti di uno di questi portali. Mai acquistato da terze parti su Amazon? Prenotato un volo areo su Expedia o un hotel su Booking? Comprato abbigliamento su Asos? Venduto o comprato qualcosa su Ebay? Quindi, in realtà, sapete già cosa sono i marketplace e come funzionano. Ma se avete un’azienda e volete iniziare a vendere on-line, fanno al caso vostro? Tutto dipende dal tipo di risultati che volete ottenere dal vostro e-commerce, dal tipo di prodotti e dal budget iniziale a disposizione. Potrebbe essere la soluzione ottimale di partenza, richiedendo poche risorse, con potenziali risultati nel breve periodo. Nel lungo periodo però vanno considerati altri aspetti quali il brand aziendale, la personalizzazione, il margine di profitto. Definiamo innanzitutto cosa sono i marketplace. I marketplace sono siti web di intermediazione delle compravendite online che aggregano la vendita di prodotti o servizi di più aziende in cambio di commissioni sulle transazioni. Si occupano: Della gestione e manutenzione del sito web Della pubblicazione dei prodotti nel loro portale Del processo di registrazione dei dati degli acquirenti e dell’inoltro degli ordini alle aziende iscritte In alcuni casi, gestiscono anche: I contratti con le aziende di logistica per le spedizioni I portali per la gestione dei pagamenti Il servizio postvendita L’accesso al marketplace può essere vincolato da alcuni criteri di selezione dei prodotti o delle aziende che ne fanno richiesta, questo per assicurare una coerenza di tipologie di prodotto o di certi standard qualitativi. Anche vendere su Amazon è soggetto a limitazioni. Perché vendere sui marketplace? Semplificando ai minimi termini, perché tutto quello che le aziende devono fare è pubblicare il loro prodotto e gli ordini arrivano! I vantaggi di un marketplace sono infatti: Non ha costi iniziali di struttura o di terze parti; Poiché offrono un catalogo ampio e diversificato, sono in grado di raggiungere un pubblico vasto; Sono considerati affidabili dagli acquirenti e hanno, generalmente, tassi di conversione più alti rispetto gli e-shop mono-aziendali; Si delega, se previsto, la scelta e gestione tecnica dei sistemi di pagamento, di spedizione e di assistenza post-vendita; Genera profitti nel breve termine. Perché invece dovrei avere un mio sito di e-commerce? Perché affidandoci ai marketplace lasciamo nelle loro mani il marketing. Il cliente sarà fidelizzato al marketplace ma non necessariamente al vostro brand. Il marketing, infatti, è gestito dalla società che ospita i vostri prodotti che ha quindi l'incarico di promuoverli e di venderli. Ma non tratta solamente i vostri, ha un approccio neutrale rispetto ai brand. Le loro attività di upselling e cross-selling possono portare benefici tanto a voi quanto ai vostri concorrenti. Le opzioni di personalizzazione della pagina prodotti e delle descrizioni sono limitate quindi si rischia di restare anonimi, senza riuscire a trasmettere i valori unici della vostra offerta. Si perde la proprietà dell’esperienza del cliente, prima e dopo la vendita: non sappiamo a che tipo di prodotti è interessato, che abitudini di acquisto ha, ecc. Se il vostro prodotto è personalizzabile dall’acquirente o se si rivolge ad un pubblico esigente, le leve di marketing sono importantissime. La visibilità garantita dal marketplace potrebbe non portare risultati. Una soluzione basata su un proprio sito e-commerce è sicuramente più versatile. Ma allora cosa è meglio fare? Per le startup che non hanno elevati capitali da investire, o se non si vuole rischiare eccessivamente, partire vendendo su un marketplace può comunque essere un’ottima soluzione. È anche un modo per iniziare a capire quali sono le dinamiche e il flusso operativo di un sistema di vendita on-line. Se comunque trattiamo prodotti ad alta personalizzazione o se vogliamo puntare a dare valore al brand aziendale meglio valutare l’implementazione di un proprio e-commerce, magari utilizzando CSM gratuiti o con costi contenuti come Prestashop e Shopify. E concentrarsi, visto il prodotto, nella formulazione di un piano di marketing per publicizare la nostra azienda e i nostri prodotti e servizi, attirare clienti e ottenere i dati di contatto per promuovere altre iniziative. Si può infine pensare ad un'opzione di co-marketing utilizzando soluzioni di e-commerce integrabili con alcuni marketplace per poter sfruttare la personalizzazione del proprio e-shop e in parallelo la visibilità garantita dai marketplace. Se si vuole vendere utilizzando il web, le scelte sono molteplici e tutte valide per ragioni diverse. Consigliamo di interpellare agenzie specializzate che possono sia indicarvi la soluzione tecnologica migliore per il vostro e-commerce, sia definire il piano di marketing più adatto ai vostri obiettivi.
Nessuno ha più a cuore l’azienda di chi l’ha creata e se ne occupa ogni giorno. Anche quando l'azienda cresce, il fondatore è quello che resta innamorato della sua creatura. Il successo è frutto del duro lavoro e della collaborazione con altre imprese e professionisti per quei reparti e attività le cui competenze tecniche mancano all’interno dell’azienda o si preferisce esternalizzare per motivi economici. Quando le cose vanno bene, vanno bene per tutti, cresce il sistema e cresce il singolo. Ma quando i risultati non sono come auspicati, la tentazione di dire “mi arrangio” è forte. L’idea di prendere o riprendersi il comando delegato per fare ciò che serve più alla nostra impresa: vendere di più. E perché no? In gergo, questo processo viene chiamato di disintermediazione e se fatto con determinati criteri e con determinati obiettivi può effettivamente portare a maggiori profitti per l’azienda. Ma cosa succede quando la richiesta di contatto diretto col produttore proviene dal mercato dei consumatori e non da strategie aziendali? Meglio disintermediare e puntatare ad un sistema di vendita online direttamente al consumatore od operare su più canali aggiungendo un sistema di e-commerce al canale distributivo classico? Il processo di disintermediazione. La disintermediazione viene intrapresa dalle aziende per privilegiare il contatto diretto tra produttore ed acquirente. Lo schema classico della catena distributiva prevede questi livelli: FORNITORI PRODUTTORI DISTRIBUTORI ALL’INGROSSO DISTRIBUTORI AL DETTAGLIO ACQUIRENTI Quindi, tradizionalmente, per disintermediazione si intende la rimozione di uno o più intermediari nella catena distributiva, con il seguente vantaggio: Dal lato dell’acquirente: una riduzione del costo del prodotto. Dal lato del produttore: un aumento dei margini di profitto. L’equazione (eliminazione intermediari) = (aumento profitti) è la semplificazione ai minimi termini di una questione un po' più complessa; non significa che comunque non sia vera. Disintermediare significa per un’azienda prendersi (o riprendersi) carico delle attività delegate: ma ci devono essere i presupposti economici per intraprendere il processo. Le risposte delle aziende al mercato che cambia. L’avvento del digitale ha però cambiato il mercato, che è diventato più trasparente. Ora gli acquirenti ricercano informazioni e prodotti su internet. E cercano come spendere meno per acquistare un determinato prodotto, rivolgendosi direttamente al produttore. A fronte di queste richieste, un’azienda può scegliere se: Continuare a distribuire il prodotto all’acquirente in maniera tradizionale e quindi rimbalzare le richieste dirette al canale attivo, oppure.... Pensare di trasferire tutto o parte del business su internet e costruire un modello di e-commerce finalizzato alla vendita per abbattere i costi operativi. Quando la disintermediazione non è la risposta migliore Gli intermediari svolgono incarichi per conto dei produttori, perché nella situazione attuale questi non dispongono delle risorse necessarie o della competitività per svolgerli direttamente in modo redditizio. Mantenere lo status quo può quindi restare l’opzione migliore. E’ anzi molto probabile, che gli intermediari abbiano adottato modelli di business per rispondere alle esigenze del mercato digitale. Inoltre, nel considerare l’opzione di disintermediazione bisogna tenere conto che: 1. fare a meno di un passaggio intermedio del canale distributivo significa prendersi carico di quel passaggio, con i costi collegati, che sono generalmente: Costi di distribuzione (trasporto e confezionamento in piccoli lotti) Costi promozionali Servizio clienti 2. Gli intermediari, in particolare grossisti e rivenditori, svolgono un’importante funzione nel processo distributivo: estensioni di credito, garanzia del sistema, gestione delle politiche dei resi. 3. l’introduzione di una piattaforma e-commerce per le vendite al dettaglio ha la propria struttura, logica e gestione: il sito e-commerce dev’essere sviluppato per favorire il processi di acquisto del consumatore, diversi rispetto a quelli di vendita a partner commerciali. L’alternativa per vendere con internet direttamente: l’approccio multicanale. La convergenza tra mondo fisico e mondo digitale ha portato a considerare nuovi modelli distributivi. Se l’e-commerce, con tutti i suoi vantaggi, non può sostituire completamente la rete distributiva in alcuni casi, è un importante strumento della strategia digitale complementare per aumentare il volume d'affari di un’azienda. Operare anche con un sistema di e-commerce permette alle aziende: di ampliare il mercato vendendo anche in aree in cui la rete distributiva non è efficiente o non è presente; di diversificare la strategia di distribuzione e vendita, scegliendo il canale migliore per ogni tipo di prodotto o servizio. Questo consente inoltre di operare in collaborazione con i partner commerciali anziché in concorrenza; di trovare altri partner commerciali; di sviluppare o migliorare il processo di automatizzazione delle vendite: i più recenti software di e-commerce permettono di gestire ordini, evasione e magazzino in maniera semplice ed intuitiva e che si integrano facilmente ai sistemi gestionali; di aumentare la visibilità sul web delle aziende e utilizzare l'inbound marketing per ingaggiaredi nuovi potenziali clienti. In conclusione: agire Nel mercato che cambia, valutare canali distributivi alternativi o cambiare modello di business e rivolgersi direttamente al consumatore finale, costituisce una sfida per le azienda, in particolare in questo momento di stagnazione economica. Si può fare da soli o si può fare in altri modi: l'importante è agire.
Quando si cercano informazioni su una nuova attività, come ad esempio cos'è l'e-commerce o come funziona......e si chiedono informazioni a persone del settore, capita di sentirsi come se ci stessero parlando degli alieni…Tecnicismi, neologismi, inglesismi… una giungla di termini dal significato più o meno oscuro. Spesso chi scrive o parla dell’argomento utilizza involontariamente queste parole: fanno parte della sua quotidianità e non sa valutare bene quanto, effettivamente, certi termini siano entrati o meno nel linguaggio comune. E poi l’uso/abuso delle parole inglesi, un po’ per pigrizia, un po’ per quell’irritante (e invidiata) caratteristica della lingua inglese di poter esprimere con parole corte concetti complessi. Ecco una raccolta dei termini utilizzati più di frequente quando si parla di e-commerce, divisi per argomento: software e programmazione, marketing, attività e organizzazione, sicurezza e analisi statistiche. Prima di tutto: Cos'è l'E-COMMERCE o COMMERCIO ELETTRONICO: Qualsiasi tipo di attività economica o transazione commerciale che richieda il trasferimento delle informazioni via internet e al di fuori dei confini organizzativi di un’azienda. L’attività di e-commerce può essere più o meno digitalizzata, a seconda del tipo di prodotto o servizio, del processo di vendita e del canale distributivo. Sebbene forme di commercio elettronico esistano fin dagli anni ’70, la forma attuale risale agli anni 90. I giganti del settore, Amazon ed Ebay, hanno aperto i loro portali nel 1995 ma solo in seguito alla diffusione delle linee ADSL il settore è potuto crescere. Software e programmazione: CMS (Content Management System): sistema di gestione del contenuto. Un’applicazione web progettata per la creazione, modifica e gestione di un sito internet anche da parte di persone senza competenze tecniche. COS (Content Optimization System): simile al CMS è ottimizzato per fornire ai clienti una maggiore personalizzazione. Mobile Optimization: ottimizzazione per dispositivi mobili, smartphone e tablet, di un sito, di modo da agevolare la lettura e la navigazione di siti da questi dispositivi Piattaforma: il software che permette di progettare, costruire e operare il nostro shop on-line e lo spazio in cui viene ospitato. Una piattaforma e-commerce deve sostanzialmente gestire i prodotti, il sistema degli ordini (dati cliente, dati fatturazione, dati spedizione, ecc.) e i clienti. Le piattaforme possono essere di 3 tipi: hosted, gestite da un provider che fornisce il sistema in cloud e pronte all’uso, con possibilità di alcune personalizzazioni; self-hosted, che prevede l’uso di un CMS open source e spazio proprio; self-hosted proprietario, in cui anche il software è proprietario. Responsive Design: sito che automaticamente si adatta al tipo di dispositivo dal quale un utente lo sta visualizzando. UCG (User Generated Content): contenuto generato dagli utenti e pubblicato sul sito di e-commerce. Possono essere le recensioni dei prodotti da parte degli utenti, video di istruzioni, tutoral e dimostrazioni create dai clienti. User Interface(UI): Interfaccia utente. Un tipo di interfaccia che permette agli utenti di controllare le applicazioni software o i sistemi hardware. Migliore l’interfaccia più intuitivo l’utilizzo. Marketing: Abbandono del carrello: caso in cui un visitatore inserisce prodotti nel carrello ma non procede alla conclusione dell'ordine e abbandona il sito. Call-To-Action (lit. chiamata all’azione, richiesta di azione): testo, immagine, pulsante che incoraggia un visitatore ad eseguire un’azione, come l’aggiunta di un prodotto al carrello. Contenuto Dinamico: contenuto di un sito internet che cambia in base all’utente che la visualizza e delle informazioni sull’utente già acquisite. Ad esempio un’offerta che appare solo agli utenti non ancora registrati, mentre i clienti ne vedranno un’altra. CRM (Customer Relationship Management): sistema di gestione delle relazioni con i clienti. Un programma informatico che permette alle aziende di tener traccia di le attività finanziare, commerciali, promozionali collegate ai clienti e ai potenziali clienti. Ad un livello base, un CRM, o gestionale come viene comunemente chiamato, permette di tener traccia di tutte le informazioni di contatto dei clienti. Sistemi più articolati, permettono di raccogliere anche email inviate, offerte, appuntamenti, accordi commerciali e altro. Customer Experience o Esperienza del Cliente: processo di interazione tra un’organizzazione e cliente per tutto il periodo in cui restano in contatto. Inbound Marketing: metodologia di marketing non intrusiva, incentrata sugli interessi dell’utente, che punta a farsi trovare dai clienti. Potete approfondire il metodo inbound in questo articolo. Ottimizzazione SEO: serie di azioni mirate ad aumentare il numero di visitatori di un sito, facendo trovare le pagine o i prodotti su Google e gli altri motori di ricerca. PPC (Pay per click): una tecnica pubblicitaria in cui una pubblicità viene inserita in un canale come Google AdWords o Facebook Ads e che genera costi solo se l’inserzione viene cliccata dagli utenti. Retargeting: annunci pubblicitari, sui social e altri siti web, che vengono mostrati agli utenti solo dopo che hanno visitato un negozio on-line. Attività ed organizzazione: B2C(Business-to-Consumer): Vendita al dettaglio. Attività commerciale in cui un’azienda vende direttamente ai consumatori finali. B2B(Business-to-business): Commercio intraziendale. Termine usato per descrivere un’attività commerciale in cui un’azienda vende i propri servizi/prodotti ad altre aziende, che non sono gli utilizzatori finali del bene. Bundling: offerta di prodotti collegati a quello visualizzato con proposta di sconto per l’acquisto combinato. Commercio Conversazionale: sistema di commercio che offre la possibilità al cliente di comunicare con l’azienda attraverso i programmi di messaggistica, tipo WhatsApp, Telegram, ecc. Grazie all’introduzione di sistemi di pagamento all’interno di queste app, sarà possibile effettuare transazioni commerciali usando questo canale senza tornare sul sito web. Cross-selling: tecnica di vendita che mira a vendere più prodotti ad un cliente presentando alcuni prodotti collegati a quelli che ha già acquistato. Info-commerce: pratica degli utenti di cercare online informazioni su prodotti visti in negozio. Dropshipping: metodo di vendita al dettaglio che permette al gestore di un negozio online di vendere prodotti senza tenerli fisicamente in un proprio magazzino. Il prodotto in vendita viene acquistato ad un fornitore e spedito direttamente da questo al cliente finale. Lista dei desideri: permette all'utente registrato di salvare alcuni prodotti in una lista per successiva revisione o promemoria. Marketplace: sito intermediario on-line in cui sono raggruppate le merci di più venditori. Il sito ospitante funge da sorta di garante delle operazioni di compravendita. I marketplace più noti sono Amazon ed eBay. Merchant: commerciante, chi vende prodotti, in questo contesto, online. Multicanalità: utilizzare diversi canali di vendita per intercettare i potenziali clienti in più punti. Piattaforma ODR (Online Dispute Resolution): Risoluzione online di controversie. Operativo da febbraio 2016, è un servizio istituito dall’Unione Europea per permettere la risoluzione, al di fuori di aule di tribunale, di controversie che riguardano le compravendite online all’interno dell’Unione Europea. Per il commerciante sussiste l’obbligo di informare dell’esistenza di tale servizio e di inserire un link al portale. Processo di conclusione dell’ordine (Check-out Process): comprende tutte le azioni che un utente deve completare tra la conferma del carrello e la conclusione vera e propria dell’ordine. Riguarda quindi l’organizzazione delle fasi di creazione account o log-in, scelta/modifica tipi di pagamento, modalità e luogo di spedizione, conferma dati e conclusione ordine. Difficoltà per gli utenti a completare facilmente queste azioni possono portare al cosiddetto abbandono del carrello. Show-rooming: pratica di cercare informazioni online su un prodotto mentre lo si sta osservando in negozio. Upselling: presentare ad un cliente un prodotto di caratteristiche superiori di quello selezionato. Sicurezza: Certificati SSL: certificato che attesta che l’invio delle informazioni personali (anagrafiche e di pagamento) avviene sotto forma di pacchetti criptati. Un sito con certificato SSL si riconosce dalla dicitura https prima dell’indirizzo web e dal simbolo del lucchetto nella barra di navigazione. Gateway di pagamento o piattaforma di pagamento: servizio intermediario tra carrello acquisti, venditore e istituti bancari che processa i dati di pagamento. La piattaforma svolge inoltre il compito di approvare o rifiutare una transazione. PCI DSS e PCI Compliance (Payment Card Industry Data Security Standard): Standard di sicurezza dell’industria delle carte di pagamento. Sono una serie di standard di sicurezza che tutte le società, che processano, accettano, conservano e trasmettono dati di pagamento, devono rispettare per garantire un ambiente sicuro. I livelli di sicurezza richiesti dipendono dal volume annuo di transazione. Maggiori informazioni sul sito ufficiale della PCI. Analisi statistiche: CTR (Clickthrough Rate): la percentuale di pubblico che avanza da una parte del sito allo stadio successivo della campagna di marketing. Si calcola dividendo il numero totale di click della pagina o della CTA (call-to-action) per il numero delle opportunità di click che le persone hanno avuto (numero di volta che una pagina è stata vista, email spedite, ecc). Costo di acquisizione clienti la somma dei costi totali del commerciale e del marketing diviso il numero di nuovi clienti acquisiti nel periodo considerato. KPI (Key performance Indicator): indicatore chiave di prestazione. Ogni tipo di misurazione che serve a valutare il successo di un’attività, di marketing o produttiva. Tasso di abbandono del carrello: rapporto tra il numero dei carrelli creati e gli ordini effettivamente acquisiti. Tasso di Conversione: la percentuale delle persone che completano l’azione desiderata su una singola pagina, come compilare un form. Più alto il tasso di conversione, migliore la prestazione della pagina. Queste le parole che si trovano più spesso parlando di e-commerce. Forse, ora, gli alieni sembreranno meno alieni.