Che cos'è una campagna di inbound marketing? Una campagna di Inbound Marketing è una strategia alla portata di tutti in grado di migliorare i risultati del marketing fatto su web. Si propone come un quadro di riferimento per gestire le attività volte alla generazione dei contatti via web in modo coeso. Per utilizzare tutti i canali e sfruttarne tutte le potenzialità. Prima di entrare nei dettagli, però, è d'obbligo qualche breve accenno storico, per rendersi conto dell'età e dell'evoluzione nel tempo di questa tecnica di business. La storia delle campagne inbound La metodologia inbound è stata ideata nel non così lontano 2009 da Brian Halligan, co-fondatore e CEO di HubSpot, l'azienda con sede a Cambridge (Massachusetts) che ha assemblato l'omonimo software proprio per gestire al meglio una campagna di questo tipo. Sempre del 2009 è Inbound Marketing: Get Found Using Google, Social Media and Blogs , la prima apparizione editoriale del termine, scritta dallo stesso Halligan con la collaborazione di Dharmesh Shah, suo socio e co-fondatore di HubSpot, e David Meerman Scott, grande esperto di tecniche di marketing che ha molto contribuito alla successiva pubblicizzazione della metodologia. Oggi HubSpot si è evoluta fino a diventare uno dei punti di riferimento a livello mondiale dell'innovazione nel campo delle campagne di marketing, grazie agli strepitosi risultati dell'inbound, che è inoltre apprezzato tanto dai commerciali - poiché vedono il loro lavoro di molto semplificato - quanto dai clienti, che possono godersi un'esperienza d'acquisto eccezionale. Che cosa caratterizza una campagna di inbound marketing? Partiamo prima dall'inbound marketing: come si può, dunque, semplificare il lavoro al commerciale, rendere soddisfatto il cliente e allo stesso tempo ottenere un incremento di fatturato? Il tutto nasce da un radicale cambio di prospettiva: anziché mettere in primo piano il prodotto e investire tempo e risorse per pubblicizzarlo ad un pubblico il più esteso possibile, la strategia inbound parte dal cliente e dai suoi interessi principali, mirando a contattare solamente il target di potenziali clienti scelto per la campagna. Pertanto possiamo concludere che, a differenza di quello che viene definito outbound marketing (o marketing tradizionale), una campagna di Inbound Marketing, innanzitutto, parte dal cliente. Così come l’Inbound Marketing è fatto per attirare clienti e non disturbarli, la campagna inbound tiene conto di ogni stadio del funnel di vendita per generare contatti nuovi, quindi fare lead generation, ed interessati e trasformarli in clienti soddisfatti offrendo contenuto rilevante e coinvolgente. Tutto questo attraverso la creazione di contenuti e offerte in linea con i desideri del cliente. Una campagna inbound fa inoltre utilizzo di strumenti integrati, come sono i customer relationship management, o CRM, per creare un’esperienza armoniosa e personalizzata per il cliente nei vari canali, con conseguenti risultati migliori sia per il marketing che per le vendite. Qualsiasi campagna può essere una campagna inbound. Un evento, una fiera, un lancio di prodotto o un webinar… il quadro di riferimento è sempre valido. Per comprendere meglio questo procedimento, è necessario comprendere gli strumenti dell'inbound marketing. Il Buyer Persona Il primo studio necessario per una campagna è la redazione di un Buyer Persona, ovvero lo schema riassuntivo che ritrae la personalità del tuo cliente ideale, con tanto di nome e cognome, interessi, bisogni, dati demografici e sfide personali. Questo concetto sorpassa quello più classico di target (leggi per approfondimenti il nostro articolo sul rapporto tra target e buyer persona), decisamente sterile e generico, permettendo all'esperto di marketing di comprendere le reali pulsioni del prospect. Per entrare nella mente di un potenziale cliente - perché è proprio di questo che si tratta - occorrerà conoscere molto bene il business di riferimento per anticipare i suoi bisogni, al fine di creare un'offerta che agli occhi del potenziale cliente sembrerà esser stata creata apposta per lui. Il Buyer's Journey Una volta studiato il Buyer Persona, sarà il momento di creare un percorso di marketing che rispetti le sue aspettative, che si tratti di fornirgli semplici informazioni o di proporgli un'offerta d'acquisto: questo viaggio dell'acquirente è appunto definito Buyer's Journey, ed è rappresentato idealmente da un imbuto suddiviso in fasce. Queste fasce rappresentano l'intensità dell'interesse del visitatore: Nella parte più alta e vasta dell'imbuto (top of the funnel) l'interesse è sopito, e per lo più si daranno informazioni volte a stimolare la curiosità del visitatore: articoli del blog, ebook e link a notizie interessanti sono tra i contenuti più utilizzati in questa fase; Nella zona intermedia dell'imbuto (middle of the funnel) il prospect - ormai lead consapevole di ciò che sta cercando - cercherà conferme a quella che pensa sia la soluzione ideale per lui: entrano in gioco confronti tra diverse opzioni, schede di valutazione e FAQ (Frequently Asked Questions); Infine, la sezione finale dell'imbuto, nonché la più ristretta (bottom of the funnel), è quella in cui arrivano solamente coloro che hanno già compiuto la loro decisione e devono solo scegliere a chi rivolgersi: per accaparrartelo, la soluzione migliore è sfruttare consulenze gratuite e case history; Come si struttura una campagna di web marketing con l'inbound La metodologia inbound si basa su alcuni elementi fondamentali dell'inbound marketing: il buyer persona, il buyer’s journey e il processo di conversione, riassunti nello schema sottostante. La campagna quindi tiene conto di tutti e tre questi elementi e li suddivide in una serie di compiti da realizzare per portare avanti in modo coeso le varie attività dalla progettazione alla misurazione dei risultati. Step 1: prepara la campagna inbound e scegli un team completo Una campagna di inbound marketing non è questione di investimenti importanti o pubblicizzazioni imponenti: l'esito sarà dipendente dalla qualità dei contenuti - e dalla loro coerenza con i bisogni del Buyer Persona. (per approfondimenti ti consigliamo il nostro articolo sul content marketing) Per questo motivo, è fondamentale avere al proprio fianco un team composito e creativo, che comprenda conoscitori dei social, grafici, esperti SEO e specialisti del marketing: il brainstorming è una pratica molto comune per gettare le basi di una campagna di questo tipo, accogliendo le idee più diverse per poi analizzarle e setacciarle secondo precisi criteri. Una campagna di inbound marketing non è quindi un lavoro di una sola persona: per prendersi carico di ogni aspetto, sarà necessario radunare una squadra che comprenda almeno queste figure: un marketing specialist, che possa studiare un piano di marketing e scegliere i contenuti da sponsorizzare sui motori di ricerca, nonché gestire la campagna sui social e sui motori di ricerca un content creator, in grado di redigere i diversi contenuti mantenendo uno standard alto e rispettando le tempistiche un grafico, per creare tutte le vesti grafiche necessarie ai contenuti sponsorizzati e alle landing page un esperto SEO, che sappia raccogliere prendere i testi e fare dell'ottimizzazione per i motori di ricerca, nell'ottica di massimizzare le visite e i click sul web; Step 2: Disegna il Buyer Persona della tua campagna Una volta scelto il team che si occuperò della tua campagna inbound, studia a fondo il tuo business di riferimento e il prodotto/servizio che intendi proporre, per poi pensare a chi possa risultare utile: fai leva sul suo interesse e sui suoi bisogni, e sviluppa l'intera campagna attorno ad essi. Il Buyer Persona rappresenta il tuo cliente ideale, dipinto secondo le caratteristiche che lo rendono unico: questo non include solamente le qualità - e i difetti - che lo caratterizzano per i tuoi fini commerciali, ma anche le particolarità personali che lo rendono ciò che è. Anche qui, il fatto che più persone - con diverse esperienze, punti di vista ed interessi - collaborino per la creazione di un profilo di questo tipo garantisce un valore aggiunto al risultato finale: più sarà definito il Buyer Persona, più sarà facile scoprire di che cosa ha bisogno. Per approfondimento ti consigliamo di leggere il nostro articolo su cos'è il buyer persona. Step 3: Organizza un Buyer's Journey Per massimizzare la riuscita di una buona campagna inbound la scelta degli obiettivi è un punto focale, e l'acronimo SMART ci ricorda le caratteristiche che questi traguardi devono avere: specifici: essere precisi nella scelta degli obiettivi è il primo passo per renderli smart. Durante una campagna si possono aggiustare o variare alcuni dettagli, ma il traguardo finale deve essere un punto fermo e indicare sempre la direzione da seguire; misurabili: per capire se le cose stanno funzionando, è necessario poterle misurare. Questo è utile anche nel caso qualcosa non vada secondo i piani: un buon metodo di acquisizione dei dati ti consente di localizzare i punti deboli della tua strategia e sistemarli; arrivabili: piccola licenza linguistica per far sì che l'acronimo abbia senso, indica la necessità di stabilire una meta concreta e raggiungibile. Può sembrare una cosa scontata, ma in realtà non tutti sanno essere realistici nella definizione di una linea di arrivo; rilevanti: scegliere un obiettivo subottimale è una perdita di tempo. Scegliere un obiettivo concreto non significa optare per qualcosa di banale: un po' d'ambizione non guasta mai, basta rimanere con i piedi per terra e trovare un equilibrio; temporizzati: è vero che una campagna inbound mostra i suoi risultati dopo un certo periodo, ma ciò non significa che questo lasso di tempo debba estendersi troppo. Dai una scadenza sia al traguardo finale sia agli obiettivi minori che stabilisci per ogni team, e affrontali consequenzialmente. Step 4: Crea un'offerta Unendo il tuo prodotto/servizio allo studio del tuo Buyer Persona potrai creare un'offerta che sappia rapire il tuo pubblico, poiché deve apparire ai suoi occhi come fatta su misura per lui. La tua campagna inbound marketing deve quindi prendere in esame non i tuoi obiettivi di marketing o sales, ma i desideri del tuo Buyer Persona: è fondamentale che l'offerta sia intrigante, coerente e, soprattutto, rivolta alle giuste persone nel momento ideale ma anche distribuita sui canali che sono soliti frequentare di più. Quest'ultimo punto è particolarmente importante, tanto che si utilizza uno schema visivo per separare i tre principali momenti del lead: il Buyer Journey. Step 6: disegna il percorso di conversione Scegliere i giusti ponti di contatto per le diverse fasi del Buyer Journey non è semplice. L'inbound marketing usa diversi metodi per avvicinarsi al lead e iniziare - o continuare - la conversione: CTA: Call to Action, ovvero invito all'azione. Si tratta, essenzialmente, di bottoni che, se premuti, indirizzano l'utente a determinati contenuti selezionati da te. Possono assumere la forma di un'immagine o di una frase. Landing Page: principale strumento di conversione dell'inbound marketing, le landing page sono il cuore del processo di trasformazione del lead in cliente. L'utente può arrivarci dopo aver cliccato su una CTA o su un link diretto. ThankYou Page: la landing page serve a sedurre il cliente, ma è sulla thank you page che egli troverà il tanto agognato contenuto. In essa inoltre, come suggerisce il nome, si ringrazierà l'utente per aver cliccato sui nostri inviti. Email di ritorno: il metodo più efficace per effettuare un follow up e riproporre alcuni contenuti al lead. Step 7: preparazione al lancio e promozione Quando tutto è stato deciso, non resta che decidere le tempistiche e progettare la pubblicizzazione della campagna: scegli i canali che ritieni il tuo Buyer Persona frequenti di più, social media inclusi. Questi ultimi sono uno strumento importantissimo per far guadagnare visibilità ad un contenuto: devi solo scegliere il più adatto, ovvero quello più frequentato dal tuo Buyer Persona. Per la promozione si possono utilizzare: Post sul blog che trattano di argomenti collegati all’offerta e offrono ulteriori contenuti interessanti per il buyer persona individuato. Il blog è il modo migliore per attirare traffico organico al sito di un’azienda. Email a contatti già presenti nel nostro database e che possono essere interessati al contenuto proposto. Social network: condivisione della landing page e degli articoli del blog collegati alla campagna per intercettare possibili contatti interessati anche su questi canali e per favorire la condivisione ad altri individui. Pertanto sempre meglio essere presenti nei social come Facebook, Instagram, Twitter ecc... Parole chiave: sia gli articoli del blog che la landing page devono tener conto delle parole chiave, in particolare quelle a coda lunga, collegate all’offerta. Sono le frasi che il tuo buyer persona potrebbe digitare sui motori di ricerca e ti fanno trovare anche su ricerca organica. Campagne a pagamento, sia di promozione di post sui social, con Facebook ADS, che su determinate parole chiave per Google AdWords. Step 8: prevedi un percorso di automazioni Pianifica tutte le azioni di marketing automation della tua campagna per alimentare i contatti anche dopo la prima conversione e portarli lungo il funnel. Email workflow che inviano messaggi di posta in modo automatico sulla base di una scaletta temporale di attività, oppure sulla base di altri comportamenti del contatto sul nostro sito (pagine visitate, altre offerte scaricate, ecc.). Impostazione, ove possibile, di Smart Content per la generazione automatica di contenuti diversi in base al visitatore del sito (geolocalizzazione, dispositivo, se visitatore anonimo o contatto registrato, ecc…). Tutte azioni per offrire il contenuto giusto, alla persona giusta nel momento più adatto. Ciò che potrebbe essere utile è dotarsi di un software come HubSpot CRM che permetta di usare tutto ciò e di tenere monitorate le prestazioni della campagna inbound. Questa piattaforma dà ai suoi utilizzatori la possibilità di creare campagne aggiungendo tutti gli asset utilizzati (workflow, form, landing page ecc...), misurando così le performance complessive. Step 9: Monitora costantemente i risultati Per tutta la durata della tua campagna, non dimenticarti mai di monitorare periodicamente i dati che raccoglie, e usali per ottimizzare le sue performance cambiando gli elementi con rendimenti inferiori. Qui vale la pena riconsiderare i software di cui abbiamo parlato nel precedente paragrafo. Questo vale anche una volta che la campagna si è conclusa: i dati ottenuti saranno utili per tirare le somme, e capire cosa ha prodotto risultati e cosa invece no. Conclusione Mettere in piedi una campagna di inbound marketing non è cosa da poco, poiché è necessario coordinare lavori molto diversi tra loro e armonizzare le competenze di tutti i membri, : è praticamente impossibile gestire il tutto senza uno strumento ideato appositamente per l'ottimizzazione di questo processo. Meno male che questo strumento esiste, e performa pure bene: ricordate quando all'inizio dell'articolo vi parlavo di HubSpot? Bene, se è tua intenzione buttarti a capofitto nell'inbound marketing, ti consiglio vivamente di affidarti al software sviluppato dagli inventori stessi dell'inbound marketing: del resto, chi meglio di loro sa che cosa è necessario per farlo funzionare come si deve?
Nel marketing, specialmente nell'inbound, ha sempre più rilevanza il concetto di buyer persona, esso è importante per targetizzare le strategie di marketing e comunicazione dell'impresa, per evitare che vengano sprecate risorse e tempo con prospect che non avranno la minima possibilità di diventare lead, e di clienti. Che cosa sono i buyer personas? Il Buyer Persona è definito come la rappresentazione di un cliente ideale di una impresa, attorno al quale ruotano tutte le azioni di inbound marketing. La sua rappresentazione non è generica ma anzi, particolareggiata e puntuale. Tradotto invece alla lettera, Buyer Persona significa “personaggio acquirente”, e anche se Buyer Persona suona decisamente meglio, la parola personaggio ci permette di comprendere meglio di cosa si tratta. Come uno scrittore identifica i personaggi del suo romanzo per dar vita ad azioni e pensieri credibili, così il tuo ufficio marketing e i tuoi commerciali devono definire accuratamente e verosimilmente i personaggi a cui rivolgersi per costruire offerte di contenuti che catturino la loro attenzione e il loro interesse. Quindi definire bene quali possono essere i Buyer Personas della tua azienda ti permette di capire quali sono i tuoi attuali clienti e soprattutto quali potrebbero essere i potenziali nuovi clienti. E come spesso capita ai personaggi che troviamo nei romanzi, per capire chi sono i nostri Buyer Personas dobbiamo ascoltare, conoscerne interessi, sapere quali sono i bisogni e i comportamenti. Bisogna cioè partire da parole reali di acquirenti reali. Lo scopo del Buyer Persona è di dirci cosa stanno pensando e cosa stanno facendo i tuoi acquirenti, delineando anche come questi si avvicinano alle informazioni sui prodotti e servizi che vende la tua azienda. Ma, capisci, non è semplicemente la descrizione di un acquirente. Un Buyer Personas è il tuo acquirente. Ed è ben più della sua rappresentazione iconografica. Devi trattarlo come un personaggio reale. Devi mettere una foto che lo rappresenti, scrivere delle frasi che lui direbbe, descrivere la sua giornata tipo, parlare della sua demografia e di come vive, dei suoi gusti e dei suoi canali prediletti. Il Buyer Persona vive. Esattamente come vive il personaggio dell’ultimo romanzo che hai letto. Solo che anziché vivere mirabolanti avventure ai confini della realtà, il Buyer persona si muove attorno a te per cercare informazioni sui prodotti o soluzioni che hanno a che fare con il tuo settore. Se si dovesse esprimere quindi con una parola il concetto che sta alla base del Buyer Persona è “archetipo”. Esattamente: i Buyer Persona sono archetipi e rappresentano modelli di comportamento. Limitarsi a dire che sono personaggi inventati non rende giustizia alla figura del Buyer Persona. Come fa un Buyer Persona a rappresentare i tuoi acquirenti? Beh, partiamo con il dire che la tua azienda non ha solo un Buyer Persona ma ne ha molti. Un Buyer Persona per ogni differente profilo di cliente a cui ti rivolgi. Quindi devi concentrarti su un singolo Buyer Persona alla volta. Che non è poi così poco o così facile. Ok, ma come è possibile che un buyer personas rappresenti davvero il cliente tipo? Qui gioca molto la tua esperienza e la tua intuizione. Tua inteso come la somma degli addetti al marketing e alle vendite della tua azienda. Non può che essere un lavoro congiunto a più mani e a più teste. Immagina di essere uno scrittore e dover inventarti la storia del personaggio del tuo libro. Molto probabilmente preparerai una scheda raccontando tutti i particolari della sua vita, molti dei quali, magari, non finiranno mai nelle pagine del tuo libro. Come creare un Buyer Persona Il fondamento principale per creare il Buyer Personas è la ricerca dei suoi comportamenti di acquisto. Non è una profilazione ma una ricerca sull’etnografia, l’antropologia del business e digitale. Lo si deve ricercare il Buyer Personas perché non nasce per magia. Si tratta di uno sforzo d’astrazione e di grande intuizione basato sulla realtà. Dove la realtà non è data dai singoli clienti, ma dai dati che li rappresentano. Lo scopo della ricerca e della moderazione di questi personaggi è quello di aiutarci ad acquisire una comprensione più profonda dei nostri acquirenti e sui loro comportamenti di acquisto o di acquisizione di conoscenza sul settore in cui operiamo. Comprendere i Buyer Personas significa guidare le decisioni strategiche dell’azienda, non solo il commerciale o il marketing. Non stiamo parlando del marketing a freddo o di profilazione di un target (ti consigliamo il nostro articolo sulle differenze tra target e buyer persona). Questa è la storia di un acquirente. È il cliente immaginario con il quale interloquire quando pensi ad un prodotto, a una offerta o a un contenuto che potrebbe essere interessante per lui. O per lei, ovviamente. E per costruire una storia, le domande sono semplici: Chi; Cosa; Dove; Quando; Come; Perché; Cosa dobbiamo cercare nel Buyer Personas? Ci si deve focalizzare nell’identificazione e nella comunicazione degli archetipi delle persone che rappresentano i tuoi attuali target di clienti. Il modo di procedere può essere differente a seconda dei settori e dei mercati. L’essenziale è modellare degli archetipi di ciò che i tuoi acquirenti stanno cercando di realizzare attraverso le loro responsabilità, aree di interesse, iniziative e strategie. E quello che i Buyer Personas dovrebbero rappresentare, alla fine, è uno spaccato di comportamenti orientati all'acquisto dei nostri prodotti o servizi. Gli obiettivi personali e gli obiettivi di business, nel mondo digitale si fondono spesso. Ed è per questo che bisogna stare molto attenti, perché gli obiettivi non sono sempre chiari come possono sembrare. Riusciamo nel nostro intento di individuare un modello collettivo di atteggiamenti, credenze, percezioni e motivazioni, se riusciamo ad andare oltre - con i dati che riusciamo a raccogliere e con la nostra intuizione - a quelli che possono essere i comportamenti e le ragioni palesi, quindi capire perché i buyer personas sono interessati a qualcosa, perché acquistano quel qualcosa. I consumatori oggi hanno acquisito meccanismi di difesa molto forti ai messaggi pubblicitari e diventa spesso difficile comprendere nel profondo il cuore delle loro motivazioni. Ma il contenuto, come sappiamo, ha bisogno di un contesto, per funzionare: il cliente potenziale potrebbe non essere in questo momento propenso all’acquisto. Capire in che momento si trova il buyer persona con il quale comunichiamo è importante tanto quanto comunicare i contenuti corretti. Come disegnare un Buyer Personas? O i tuoi Buyer Personas... perché un'azienda ne può avere più di uno. Ne può avere tanti quanti sono le tipologie di clienti a cui vuole rivolgersi. Attenzione però che poi bisogna concentrarsi su uno alla volta per farne un identikit convincente. Iniziamo. Intanto tieni ben presente qual è il prodotto che vendi o il servizio che proponi, e prova a ragionare su quali sono le figure a cui vuoi comunicare, a cui rivolgi questa campagna. Immagina a chi vorresti venderlo e chi potrebbe essere interessato ad averlo. Sarebbe bene procedere per punti, magari usando uno schema da compilare, cercando di mettere su carta le caratteristiche che andrai ad individuare. Nel procedere in questo lavoro, ti sarà sicuramente utile l'esperienza dei tuoi commerciali e dei tuoi uomini di marketing (se entrambi i team sanno ascoltare i clienti), così come dare un'occhiata al tuo CRM. Potresti trovare spunti interessanti sulla tipologia di clienti attuali e anche su quelli che potrebbero essere interessati ma ancora non sono tuoi clienti effettivi. Dati anagrafici del Buyer Persona Proviamo ora a compilare i dati che andranno a identificare il Buyer Persona a cui vuoi rivolgerti. Queste domande ti aiuteranno a raffigurarti in concreto il tuo Persona e costituiscono altrettanti punti dello schema da compilare: quali sono le caratteristiche demografiche? (quanti anni ha? Vive in centro? in periferia? È sposato o single? Ha figli? Di che età? ecc. e se ti può aiutare... scegli anche una foto che lo rappresenti e dagli un nome). Che lavoro fa e dove lavora? (è dipendente? Libero professionista? Qual è il suo stipendio? Il suo ruolo professionale? La dimensione dell'azienda: Quanti dipendenti ha la sua azienda? Fatturato annuo? In che settore opera? ecc.) qual è la sua giornata tipo? Prova ad immaginartela. Che obiettivi professionali ha? Come cerca di raggiungerli e quali sono i problemi che deve risolvere? Qual è il suo approccio ai servizi o fornitori del tuo settore? Quali sono le richieste? Le aspettative? E quali sono le motivazioni per preferire te o gli altri? Come tu, il tuo prodotto, la tua azienda può soddisfare o risolvere le sue necessità, problematiche, desideri, difficoltà? Ma anche quali obiezioni potrebbe fare al tuo prodotto? Comportamento digitale del Buyer Persona Oltre a ciò, poiché tu cercherai di intercettarlo sul web, sarà importante capire qual è il suo comportamento digitale: come cerca le informazioni su web? Da notebook o smartphone? Quali parole potrebbe usare per fare ricerca? Quali Social usa e come li usa (per lavoro o per divertimento)? Acquista online (per lavoro o extra-lavoro) oppure si fida solo del venditore in carne ed ossa ? Non sottovalutare poi gli interessi che ha: sia professionali che extra professionali. Possono rivelarsi utili per un approccio soft/amicale anche su Linkedin per esempio. Considera anche che a seconda del Buyer persona che hai individuato e a seconda del prodotto che vuoi vendere... avrai altre domande a cui rispondere per dettagliare il Persona. Provo a fare un esempio: tu sei un'azienda che produce mobili d'ufficio, sarà ben diverso vendere ad un mobilificio piuttosto che al responsabile acquisti di un'azienda che deve rifare gli uffici?! Magari al primo interessa che i mobili siano ben rifiniti ed eleganti; al secondo può interessare che siano funzionali. Quindi due Buyer Persona che saranno attratti da caratteristiche dei mobili diverse perché hanno esigenze diverse; e tu azienda questo lo devi aver chiaro. Per riassumere: per individuare in modo corretto il tuo Buyer Persona, dovresti creare una scheda e, con ordine e metodo, rispondere alle domande per riempire con le corrette informazioni. Quale sono le sue informazioni demografiche? Che tipo di lavoro fa e che posizione occupa nella sua azienda? Come si svolge un giorno tipo della sua giornata lavorativa? Quali sono i suoi obiettivi e come prova a conseguirli? Quali problemi potrebbe incontrare? Come potresti risolverli tu? Dove va in cerca delle informazioni per raggiungere i suoi obiettivi e per risolvere i suoi problemi? Come si approccia, generalmente, ai tuoi servizi e ai fornitori del tuo settore? Cosa chiede a loro? Quali sono i motivi che gli fa preferire gli uni agli altri? Quali sono le obiezioni più comuni che potrebbe presentare alla tua offerta di prodotti o servizi? A cosa servono i buyer personas? Nel sito di Hubspot, che con la metodologia dell’inbound marketing ha contribuito in modo determinante alla diffusione dell’utilizzo dei Buyer Persona, viene definito così: “Un Buyer persona è la rappresentazione semi-immaginaria del vostro cliente ideale, basata sulle ricerche di mercato e sui dati reali che avete sui clienti esistenti. Quando si crea un buyer Persona si devono prendere in considerazione la demografia dei clienti, i modelli di comportamento, le motivazioni che hanno e i loro obiettivi di business. Più dettagliata è questa descrizione, meglio è. I Buyer persona forniscono un grande aiuto per la comprensione della vostra azienda. Il Buyer Persona vi aiuterà a focalizzarvi per non perdere tempo con offerte e contenuti che non sono per lui interessanti. Il risultato sarà invece quello che riuscirà ad attrarre visitatori più importanti, che possono diventare lead e clienti per la vostra attività”. I Buyer Personas quindi ci servono per costruire le nostre offerte, non solo di prodotti (il prodotto giusto per quella tipologia di persone) ma anche di contenuti (i contenuti interessanti per quella tipologia di persone), per fare in modo che siano loro a venire da noi. Hanno quindi molta utilità anche per quello che viene definito content marketing. Se noi non segmentiamo la nostra offerta sui Buyer Persona, non c’è inbound marketing. O hai chiaro a chi ti rivolgi quando offri un qualche tipo di valore oppure puoi lasciare perdere. Quindi, per attivare una strategia di comunicazione digitale nel segno dell’inbound marketing devi creare dei Buyer Personas. Ovviamente, a seconda del settore in cui operi e dei prodotti e dei servizi che presenti, ti interesseranno maggiormente alcuni aspetti rispetto ad altri. Ma non per questo “gli altri” si devono tralasciare. Come dicevo prima, a chi fa inbound marketing interessa particolarmente capire dove il Buyer Persona trova le notizie sul suo settore; dove va a scoprire nuovi prodotti o fornitori; cosa ricerca su Google; a quali argomenti è più attento quando naviga su Facebook; che giornali legge. Insomma, non ci può essere inbound marketing senza il Buyer Persona. Dopo essere stati identificati, i buyer persona saranno anche segmentati secondo lo stadio in cui si trovano del loro Buyer’s Journey, cioè del percorso di acquisto (considerato secondo il loro punto di vista). Buyer Personas e inbound marketing Come abbiamo detto, la finalità principale dei buyer persona è essere utili alla segmentazione e per questo si deve considerare anche il Buyer’s Journey. Quest'ultimo inizia con la fase della consapevolezza da parte del buyer persona, in cui manifesta un problema o un bisogno. Successivamente passa attraverso la fase della considerazione delle possibilità che ha di soddisfare quella necessità o di risolvere quella problematica. Infine arriva alla fase della decisione in cui, avendo individuato quali sono le soluzioni per lui ottimali, decide quale sarà la sua prescelta e diventerà, si spera, cliente dell'azienda. Si comprende che uno stesso buyer persona sarà interessato ad un certo contenuto, informativo, didattico… se si trova nella fase di consapevolezza, mentre sarà interessato ad un contenuto completamente diverso se si trova nella fase di decisione. 1. La consapevolezza Il Buyer Persona che si trova in questa fase iniziale del suo percorso di acquisto sente di avere una necessità, un problema o un desiderio che non ha ancora bene identificato. • Questo status viene esplicitato sul web con ricerche di tipo generico. Spesso il Buyer Persona inserisce parole di ricerca abbastanza sommarie perché sta tentando di informarsi per identificare meglio ciò che va cercando e le opzioni che può trovare per soddisfare questa ricerca. Non vuole pareri di parte ma informazioni che lo aiutino a direzionarsi. • Quindi per te marketer, che devi creare dei contenuti per questa fase, del Buyer’s Journey sappi che dovrai fornire notizie utili, educative, opinioni da esperto… tutto ciò che serve perché il tuo Buyer possa acquisire maggiori nozioni riguardo o al problema o necessità o desiderio che ha insito. Non devi proporgli il tuo prodotto; devi renderlo consapevole che il tuo mondo può soddisfare la sua ricerca online, devi coinvolgerlo! E se decide di approfondire la conoscenza con il tuo mondo… allora inizia il vostro rapporto. E potrai condurlo verso la fase finale del Buyer’s Journey. 2. La considerazione In questa fase il Buyer Persona ha già ben identificato la sua necessità, ha chiaro il problema o identificato il desiderio. • Ora lo vuole raggiungere e si informa su quale sia o siano le soluzione che vanno bene a lui, vaglia le opportunità che gli interessano maggiormente, quelle più soddisfacenti. È la fase della valutazione di come meglio può raggiungere ciò che desidera. Generalmente qui ha già ristretto il suo campo di ricerca a una lista piuttosto ristretta di aziende che possono soddisfarlo e normalmente torna altre volte sul tuo sito per approfondire. • Per il marketer è il momento di creare contenuti che siano di approfondimento, che insegnino perché quell’opzione può meglio confacersi alle esigenze del possibile cliente, come risolve il suo problema ecc. Quindi offrigli contenuti che dimostrino cosa tu puoi fare per lui e come lo puoi fare, nel modo migliore che riesci. 3. La decisione Il Buyer Persona ha capito qual è la soluzione giusta per lui e in questa fase cerca di capire meglio quale prodotto/soluzione risponde meglio alle sue esigenze specifiche (per esempio rapporto prestazioni-budget, qualità-budget, eventuali implementazioni, utilità avanzate…). • É la fase in cui le ricerche online del nostro Persona sono mirate e specifiche… diciamo che è diventato quasi “esperto”. Si sta già orientando su pochissime aziende/prodotti e si informa nel dettaglio quindi ritorna sul sito ad approfondire. • Il marketer qui deve assolutamente consentire al lead di avere riscontri sull’effettivo valore del prodotto/azienda. Quindi metti a disposizione test di confronto con competitor, case history di chi ha provato quella soluzione, le opinioni dei tuoi clienti, fornisci dati e risultati rilevanti. E lascia decidere a lui se sei tu l’azienda che lo può soddisfare. Il lead è arrivato alla fase conclusiva del suo percorso di acquisto… Il contatto diretto con lui potrà avvenire con la sua azione spontanea di acquisto online, oppure ti chiederà un contatto oppure il tuo commerciale può sentirlo direttamente proprio in questo momento in cui è nello status giusto per acquistare, magari. Come si fa a sapere in che fase del Buyer’s Journey si trova quel Persona? Monitorando le interazioni che ha con i contenuti che l’azienda ha pensato per lui. Fin da subito i contenuti creati sono “etichettati” secondo la fase TOFU (consapevolezza), MOFU (considerazione) o BOFU (decisione). Seguendo le interazioni del buyer persona con i contenuti si riesce a capire in che fase del Buyer's Journey si trova e possiamo così andare a proporgli ulteriori contenuti in linea con le necessità che ha, per poi cercare di fargli fare uno step ulteriore nel viaggio di acquisto. Come è possibile gestire tutto ciò? Monitorare le interazioni, segmentare i buyer personas secondo la fase del Buyer’s Journey, alimentarli con contenuti rispondenti ai loro interessi… e condurli alla fine fino ad essere clienti? Serve necessariamente uno strumento che riesca a decifrare più dati contemporaneamente e sappia gestirli secondo l’obiettivo dell’azienda. Qui si usa HubSpot, una piattaforma nata appositamente per gestire sia il marketing che il sales di una strategia inbound, oltre che dà la possibilità ai suoi utenti di iniziare un progetto CRM gratuito e altri tools a disposizione per la lead generation, la marketing automation, smart content e molto altro. Con Hubspot inoltre puoi gestire direttamente dalla piattaforma i buyer persona e utilizzarli, ad esempio, all'interno dei workflow per segmentare e inviare azioni automatizzate solamente alle persone desiderate. Un esempio di buyer persona Di seguito riportiamo un esempio di buyer persona, che può essere utile nella pianificazione di una strategia di inbound marketing. Partiamo ad esempio dalla volontà dell'impresa di vendere prodotti per la casa, costruiamo in base alle analisi del pubblico un buyer personas, per poi pianificare tutta la strategia di marketing. Anagrafica e famiglia Nome: Anna Massaia; Età: 50-80 anni; Residenza: Italia; Professione: casalinga / pensionata; Reddito medio: 15k - 30k annui; Nucleo Famigliare: vive col marito e con un figlio, l'altro si è sposato e vive da solo; Carattere È solare, ama stare in pubblico e conoscere persone nuove. In caso di problematiche cerca da sola una soluzione e se non la trova cerca l'aiuto di altre persone. Allo stesso tempo però è competitiva nei confronti delle altre persone. Abitudini Nel tempo libero: Passeggia con le amiche - Viaggia con il marito; A casa: si occupa della pulizia della casa - Maniaca dell'ordine; Ama andare ad eventi culturali, teatri e cinema; Influenze Spesso nella decisione di acquisto viene influenzata dalle amiche e dagli spot televisivi. Comportamenti nel digital Social: Facebook usato frequentemente tramite l'iscrizione in gruppi locali; navigazione sul web: utilizzata solamente su siti dedicati all'informazione quotidiana; Comportamento di acquisto Acquista prevalentemente offline; Frequenta negozi in cui ha la possibilità di parlare con i commessi; Per gli acquisti online usano i marketplace principali (Amazon ed eBay) mentre non si fidano di acquistare da siti ecommerce; Principali Pain Point Riuscire ad agevolare la sua vita per avere più tempo libero; Le dà fastidio essere giudicata dalle altre persone; Cosa ricerca in un prodotto Sicurezza; Nuove possibilità di apprendimento; Facilità d'uso; Queste indicazioni esempio relative al buyer persona, servono a chi si occupa di marketing di pianificare successivamente una strategia che tenga tutto ciò in considerazione, in modo che la giusta comunicazione sia effettuata alla persona giusta al tempo giusto: vero obiettivo dell'inbound marketing. Tutti questi punti, inoltre, nelle presentazioni di marketing possono essere riassunti con uno schema grafico. Per questo al termine dell'articolo hai la possibilità di scaricare gratuitamente un template per iniziare a creare il buyer persona. Conclusioni Tutte le strategie di marketing dovrebbero passare per la creazione di un buyer persona, per evitare di perdere tempo a usare strategie, magari anche valide, di marketing massivo, a persone che non diventeranno mai un lead e non acquisteranno mai dalla tua impresa. L'obiettivo è utilizzare i Buyer Persona per dialogare con loro, identificando poi in quale stadio del Buyer's Journey si trovano (nella fase della Consapevolezza, della Considerazione o della Decisione). Migliore sarà il lavoro svolto con i Buyer Persona, meglio sapremmo orientare la nostra azione di web marketing, per una strategia inbound di successo. Image by Freepik
Oggi la sfida di ogni impresa passa dal web. Sapersi muovere, ma soprattutto promuovere, su internet fa la differenza nella competizione con la concorrenza e nell'acquisizione di nuovi clienti. Ma acquisire clienti non è facile, con la moltitudine delle offerte concorrenti che possiamo incontrare. Diventa allora fondamentale catturare l'attenzione e l'interesse del possibile cliente offrendo dei contenuti digitali di qualità in grado di attrarre il visitatore, educarlo sul prodotto, fornire approfondimenti, spiegazioni pertinenti, magari intrattenerlo anche in modo divertente. In breve, il content marketing si occupa proprio di questo tipo di contenuti. Sposare la logica dell'inbound marketing per attirare visitatori al proprio sito è una scelta assennata e che punta ad un marketing differente rispetto alle logiche tradizionali, che fa uso di tutti gli strumenti che mette a disposizione il digital marketing: SEO, social media, sito web e... contenuti. Perché tutto parte dai contenuti. Senza contenuti è difficile avere qualcosa da dire, da condividere ed attirare utenti verso il proprio sito Ma andiamo con ordine. Cos'è il content marketing? Per content marketing, per dirlo in italiano marketing dei contenuti, si intende la creazione di contenuti capaci di attirare nuovi lead, catturando l'attenzione di chi è interessato ad essi. I contenuti nel content marketing, infatti, devono differenziarsi da quelli già presenti sugli altri siti web, cercando quindi di provare ad emergere tramite l'espressione delle caratteristiche di un servizio, di un prodotto o di un contesto. Tutto ciò deve essere fatto in maniera diretta, originale ed in grado di mantenere alta l'attenzione del lettore, invogliandolo a voler saperne di più sull'azienda che presenta quel contenuto o prodotto. Le regole base del content marketing Per iniziare a fare del content marketing bisogna considerare prima alcune regole fondamentali, per non creare un contenuto che sia esclusivamente una pubblicità commerciale (ricorda sempre che si sta facendo inbound e non outbound). Con il content marketing il contenuto deve essere di valore Il contenuto di una campagna di content marketing deve essere di qualità, che possa dare un valore per il navigatore. Può essere utile puntare, quando si crea un contenuto, ad obiettivi quali: l'educazione del lettore ad un argomento; la spiegazione di un determinato argomento; dare del divertimento; dare informazioni ai lettori; Questo significa che con il marketing dei contenuti si può facilitare l'aumento dei contatti, facendo quindi lead generation, e vendite, perché una volta attirato il potenziale cliente, poi lo si può anche guidare nel suo Buyer's Journey, per farlo giungere all'acquisto di ciò che viene proposto dal sito, sia che si tratti di un servizio, sia che si tratti di un prodotto. Grazie all'utilizzo sapiente del content marketing per il proprio sito, legandolo alla distribuzione dei contenuti prodotti sui social network ed ottimizzando la sua presenza sui motori di ricerca con la SEO, è possibile rendere il lettore un vero e proprio testimonial dell'azienda, portandolo a condividere i contenuti prodotti. Questo effetto moltiplicatore, aumenta la visibilità e le possibilità di contatto. Quali sono i contenuti che possono funzionare per una campagna di content marketing? La risposta è qualsiasi contenuto e qualsiasi cosa di digitale che rappresenti un valore per il navigatore: non sono solo testi, ma anche immagini, filmati, podcast, applicazioni, configuratori... Il marketing dei contenuti deve andare oltre all'offerta dell'azienda I contenuti, per avere un valore, devono diventare qualcosa di più della semplice descrizione della merce offerta e di un invito a comprarla. Per fare content marketing un contenuto deve piuttosto essere un suggerimento per la soluzione di problematiche della vita quotidiana, un testo informativo su un luogo o un'informazione che può riguardare aspetti della vita delle persone. Il tutto ovviamente deve essere legato al settore in cui si opera, ai prodotti o ai servizi che, alla fine, si vogliono commercializzare. Il contenuto deve essere qualcosa di utile, da cui il navigatore può ottenere informazioni e notizie per rispondere alle sue esigenze. Solo così il content marketing può diventare uno strumento per attirare e fidelizzare i clienti. E non serve solo chi ha avviato un progetto e-commerce, anzi. È uno strumento perfetto per un sito che mira a raccogliere lead da web. Il marketing dei contenuti è una strategia preferenziale per le aziende che fanno B2B. Se si vuole attirare l'attenzione delle imprese, si possono scrivere contenuti che propongono informazioni su procedure e soluzioni, certamente legate ai prodotti e servizi offerti, ma che possano migliorare la vita di chi lavora all'interno dell'impresa di chi li cerca su web. (Puoi anche scaricare l'ebook gratuito Introduzione al Content Marketing) Esempi di content marketing (storici) La storia di questa tecnica non è recente, ma soprattutto non nasce nel web. Infatti i primi esempi di content marketing dimostrabili hanno più di 120 anni. Ci sono ottimi esempi che risalgono all'inizio del Novecento, come Michelin. L'impresa francese di pneumatici aveva realizzato una guida con percorsi e consigli utili per viaggiare in Francia, per visitare il paese. Nella guida erano presenti tutti i consigli utili per la manutenzione dell'automobile, anche durante i viaggi. Un modo per dare alle persone qualcosa di utile, avvicinandoli ad un prodotto. Tra gli esempi che si possono fare, si può anche citare Procter & Gamble, che per promuovere il proprio sapone, fece mandare in onda una serie radiofonica sponsorizzata. Oltre a promuovere il prodotto, era il 1930, fece nascere un nuovo genere, le Soap Opera. La Nike, negli anni '60, aveva diffuso un libro per promuovere il jogging come attività fisica nuova, da diffondere. Coinvolse un cardiologo per includere suggerimenti medici e dati scientifici sui benefici. Mentre promuoveva una nuova disciplina, Nike ha fatto conoscere i propri prodotti, presentandoli come abbigliamento adatto al jogging. Sono molte le aziende che con il tempo hanno utilizzato il content marketing, che con il web ha fatto passi in avanti, permettendo anche di ridurre i costi e diventare alla portata di tutti. Negli ultimi anni il marketing dei contenuti ha preso piede sul web, diventando una vera e propria regola da seguire per avere successo. Al punto che la maggior parte degli addetti al marketing oggi è convinta che senza contenuti non si possa avere un web marketing. Dal 1895 sono state riviste, guide e libri a nascere per raccontare storie alla gente ed avvicinarle così ai prodotti. Negli ultimi cinque o sei anni, il content marketing ha dato avvio a nuove strategie online, sempre basate sullo storytelling, ovvero sul raccontare alla gente qualcosa di utile, interessante ed attrattivo, con l'obiettivo di promuovere un prodotto senza che le persone pensino di avere in mano o davanti agli occhi una pubblicità. In realtà il content marketing è sempre esistito... per il commerciale Se con la storia dell'advertising moderno possiamo risalire ad esempi documentati di content marketing anche nell'epoca pre-internet, è impossibile pensare ad aziende - soprattutto B2B - che riescano a vendere senza entrare con consigli, suggerimenti, ottimizzazioni, all'interno dei processi produttivi dei clienti. Il content marketing è già una strategia di vendita efficace per centinaia di migliaia di commerciali che, per promuovere il loro prodotto, si occupano della risoluzione o del miglioramento dei processi produttivi delle aziende. Il miglior commerciale, definito come inbound sales, non è spesso quello che ti abbassa di un centesimo il costo del prodotto, ma quello che, con la sua consulenza, ti permette di migliorare l'efficenza e la redditività grazie all'uso del prodotto che vende. Chi può usare il content marketing? Riguardo al chi, va detto subito che tutte le imprese possono utilizzare il content marketing, perché tutte hanno una storia da raccontare, la propria. E tutte hanno dei prodotti da spiegare: i loro. E se un'azienda non ha argomenti da utilizzare per aiutare i proprio clienti, ha un grosso problema, che non è solo quello di non poter sviluppare una strategia di marketing dei contenuti. Perché usare il content marketing? Il marketing dei contenuti riguarda la progettazione e la creazione di contenuti digitali che offrano un valore aggiunto a chi ne fruisce. Grazie alla SEO, ovvero all'ottimizzazione continua dei contenuti per i motori di ricerca, il sito dell'azienda può trovare spazio sul web, acquisendo autorevolezza su determinati argomenti ed aumentando il traffico in entrata. La creazione di contenuti è un investimento continuo che ha l'obiettivo di aumentare la brand awareness dell'azienda e aiutarla a trovare nuovi lead. Se inserito all'interno della giusta metodologia di inbound marketing, aiuta l'azienda anche a trasformali in clienti. Dove usare i contenuti per fare marketing? Questa domanda è basilare, perché una volta creato il contenuto, dobbiamo diffonderlo. Il sito internet dell'impresa è solo un canale e non l'unico veicolo. Bisogna lavorare per la distribuzione dei contenuti, magari partendo dai social network, come Facebook, Twitter, LinkedIn, Youtube, Instagram ed altri. Perché i social network, se il contenuto è di valore ed interessante, permettono di avere un effetto moltiplicatore grazie a ricondivisioni e invio ad altre persone. Quando fare contenuti per il marketing? Bisogna anche sapere quando pubblicare. Garantire una cadenza costante (1 contenuto alla settimana o 2, 1 al giorno o più, a seconda della strategia scelta dall'azienda) permette di migliorare il flusso di contenuti nei confronti del sito, dei social dove il contenuto viene condiviso, della newsletter. A differenza di qualche anno fa, dove la quantità degli aggiornamenti del sito incideva pesantemente sul rendimento, oggi si tende a prediligere la qualità: sia per differenziare il contenuto offerto da altri centinaia di bassa qualità presenti su web, sia perché, una volta condiviso sui social, non sempre è facile trovare la giusta visibilità (e quindi si tende a sponsorizzare ogni aggiornamento importante). Cosa si pubblica nel content marketing? Il cosa è un argomento interessante, perché è possibile creare una moltitudine di contenuti, anche combinando temi, obiettivi e metodi. Bisogna però decidere la strategia. Si deve avere qualcosa da raccontare e poi saperlo raccontare, con elementi originali, che possano attrarre l'attenzione e convincere il lettore. Si possono produrre: post testuali; gallerie di immagini; infografiche; presentazioni; filmati; audio; programmi con funzioni specifiche; tutto quello che può aiutare il vostro visitatore e lo possa avvicinare alla vostra azienda e ai vostri prodotti. Attenzione al budget e tagliate sempre i contenuti sul Buyer Persona a cui vi rivolgete (per personalizzare al massimo i contenuti offerti). Come fare marketing con i contenuti? Come si deve fare? Nel miglior modo possibile, all'interno della metodologia dell'inbound marketing. L'obiettivo non deve essere quello dell'aumento delle visite indiscriminate al sito ma quello della conversione. I passaggi da seguire per la creazione di un contenuto sono: pensare al proprio Buyer Persona; capire in che fase del Buyer Journey si trova; produrre esattamente quel contenuto; Mentre per la pubblicazione i consigli sono sempre: partire da un piano editoriale, fosse anche un foglio elettronico in Excel o Google Drive; Scadenzare settimana per settimana gli argomenti da trattare, qual è il target di ogni argomento, qual è l'obiettivo; programmare anche la successiva distribuzione sui social. L'organizzazione è tutto per chi si occupa di content marketing, perché il rischio è quello di vivere con l'ansia costante dell'ispirazione e dell'argomento da trattare. Nei prossimi paragrafi inoltre andremo molto più in dettaglio riguardo a questi punti. Content marketing e inbound marketing: come iniziare una campagna Il primo passo per costruire una campagna di content marketing è decidere un modello di compratore ideale: si crea una scheda contenente tutte le informazioni sulla vita del nostro Buyer Persona (questo è il termine tecnico per il target dell'inbound marketing). In questa scheda vanno quindi presentate informazioni riguardanti sia vita lavorativa che privata, si elencano i suoi obiettivi e i suoi problemi, delineando così la sua personalità. Questo primo passaggio permette di mettersi nei panni di chi può essere interessato al nostro prodotto: a questo punto, si idea il Buyer Journey (tradotto in italiano, viaggio dell'acquirente), ovvero le tappe tramite le quali ci si avvicinerà man mano al nostro sconosciuto potenziale compratore, trasformandolo prima in lead (contatto che ha deciso di fornirci i suoi dati) e in seguito in costumer, ovvero un cliente. Il passaggio da sconosciuto a cliente avviene quindi gradualmente, attraverso tre stadi di interesse che analizziamo in seguito: Il content funnel Questo progredire di qualità nelle informazioni date ai nostri visitatori-lead-clienti si traduce nel cosiddetto content funnel, ovvero un imbuto che, mano a mano che si stringe, fornisce contenuti via via migliori: i diversi livelli di profondità corrispondono ai tre stadi di consapevolezza del futuro cliente, che si sovrappongono alle tre fasi del suo Journey: Attrazione - Consapevolezza Il visitatore, quando entra in contatto con una possibile soluzione ai suoi problemi, passa dallo stato di inconsapevole a quello di consapevole: quei problemi forse neanche sapeva di averli, prima di intravedere la soluzione, o forse stava vagando in cerca di ausilio, ed è approdato sulla tua pagina web, sapientemente guidato dalla tua metodologia inbound. Dal punto di vista visivo, è la parte più estesa e superficiale del nostro funnel dedicato al content marketing, ed è per questo chiamata top of the funnel, cioè sommità dell'imbuto. In questa zona si propongono contenuti che non si riferiscono all'acquisto di uno specifico prodotto o servizio, ma danno informazioni interessanti sulle sue generalità, con l'intento di far conoscere la sua utilità ai visitatori. In modo generale, quindi, si parla di come risolvere un problema o soddisfare un bisogno, incuriosendo gli sconosciuti tramite articoli e l'uso sapiente di determinate keywords. Quali contenuti possono essere utili in questa fase? Esempi possono essere: Blog attivo con post aggiornati; Ebook informativi; Presenza sui social media con post frequenti; Infografiche; Newsletter informative; Interviste; Video e Podcast; Conversione - Valutazione Una volta che i curiosi saranno atterrati sulle nostre pagine, gli si propongono informazioni e news interessanti riguardo l'oggetto del loro interesse, garantendo loro che ne troveranno di più dopo la compilazione libera di form. In altre parole, si propone uno scambio di informazioni, ovvero i loro dati personali per altro materiale (ebook, altri articoli, pagine di approfondimento) più mirato. In questo è molto utile, ad esempio, l'inserimento delle call to action all'interno dei post dei blog, con un link ad una landing page con al suo interno un form da compilare per avere di più. Questo è il momento in cui avviene il primo guadagno reciproco, e il visitatore anonimo diventa lead. Una volta che ha compilato il form ed è diventato un lead è il momento di fornirgli tutte le informazioni su ciò che possono aiutarlo a risolverlo con materiali di approfondimento quali ebook, presentazioni, link utili: essi saranno determinanti nella fase finale della decisione. Per far conoscere questo tipo di contenuti sono utili i workflow, l'email marketing ecc... Quindi i contenuti per questa fase possono essere: Webinar; Risorse educative; Ebook Comparativi; Podcast; Articoli del blog sul come fare; Questa zona è definita come il middle of the funnel, ovvero metà dell'imbuto: contenuti qui presenti servono a portarlo alla convinzione che quel prodotto a lui serve, ed è per questo che si scende più nello specifico con le informazioni, nell'attesa del giusto momento per una proposta diretta. Potremmo inviare al lead contenuti mirati in base alle sue preferenze solamente monitorando le sue attività, il tutto è reso possibile da appositi strumenti dell'inbound marketing, primo tra tutti il CRM. Inoltre ci sono piattaforme come HubSpot che consentono una gestione perfetta della strategia di content marketing dell'impresa, immagazzinando dati da tutti i touchpoint che vengono toccati, quindi social, sito web, landing page ecc... Conclusione - Decisione In questa fase il nostro lead resterà tale oppure si trasformerà in un vero e proprio cliente tramite l'acquisto del prodotto finale, proposto dopo aver fornito tutte le informazioni necessarie nei primi due livelli del funnel ed aver riconosciuto il giusto momento per avanzare l'offerta. Siamo ora nel bottom of the funnel, il fondo dell'imbuto, cioè la zona più ristretta: i contenuti offerti in questa fase servono come colpo di grazia per persuadere il cliente ad acquistare il nostro servizio: saranno dunque proposte molto localizzate, create ad personam per il nostro cliente, al fine di convincerlo che non potrà trovare nessun altro così premuroso e interessato a lui sul mercato. I contenuti in questo caso possono essere: Recensioni di altri clienti; Webinar; Testimonianze; Demo; Prove Gratuite; Si può anche ricorrere all'anticipazione di alcuni contenuti propri della delizia, la fase extra del Buyer Journey nella quale si vizia il cliente appena acquisito con contenuti mirati e personalizzati. Il content funnel è ciò rende l'inbound marketing, e in questo caso il content marketing, una metodologia dinamica: queste due parole non sono scelte a caso, poiché la prima indica un procedimento preciso e rigoroso, che per definizione segue regole prefissate, mentre la seconda rimanda alla diversità tra una campagna di content marketing e l'altra, sempre varie per argomenti e personalità che si incontrano. L'ideologia alla base del content funnel Lo strumento del content funnel è, a tutti gli effetti, un tool utilizzato per una strategia di marketing dei contenuti, quindi con finalità di lucro: ma, come ti sarai sicuramente reso conto durante la lettura dei precedenti paragrafi, ha la sua vera forza nel cercare di soddisfare il cliente, nel cercare di capire i suoi reali bisogni e soddisfarli, il tutto senza pressarlo per l'acquisto di un prodotto, anzi accompagnandolo per mano ed essendo sempre a sua disposizione. Si pensi alla fase della delizia, espressione massima di questa simbiosi tra venditore e cliente: il primo si preoccupa di tenerlo aggiornato su ciò che lo interessa e gli serve, e l'altro si procura quei beni da lui, ricompensandolo per il suo lavoro. Si capisce che, oltre alla soddisfazione professionale del riuscire a chiudere un affare, questo tipo di rapporto che si instaura con un cliente porta anche ad una soddisfazione più personale, derivante dall'aver aiutato davvero una persona o un'azienda: si differenzia dunque dalle altre tipologie di marketing, ormai obsolete come l'outbound marketing, che puntano a vendere tramite telefonate a freddo o inviando email a spam, nella speranza di trovare, totalmente a caso, qualche possibile cliente. Neanche a dirlo, questi approcci infastidiscono tutti i non interessati, quindi la stragrande maggioranza delle persone. Al contrario la metodologia inbound applicata al content marketing porta vantaggi materiali (e non solo) ad entrambe le parti. Le campagne invasive generano solo nervosismo e malumori sia tra gli operatori che tra i destinatari. Conclusione L'avete capito vero? Il vostro futuro cliente non cerca su web delle pubblicità, ma informazioni e notizie utili, vuole raccogliere qualcosa di concreto, non leggere slogan. Egli è interessato a qualcosa che possa migliorare la sua condizione. Informazioni. I tuoi futuri clienti non vogliono interruzioni pubblicitarie, ma qualcosa che li gratifichi e soddisfi. Le dimensioni dell'azienda che si impegna in una strategia di content marketing sono relative, tutti, con un'adeguata metodologia, possono aspirare a raccogliere lead dal sito web offrendo qualcosa che non sia solo la loro pubblicità. Un'agenzia HubSpot certificata può consigliarti sulla migliore strategia di content marketing e inbound marketing per la tua realtà. Inoltre ciò che ti consigliamo, oltre alla programmazione di una strategia di content marketing, è di pensare ad affiancare il tutto con un progetto CRM, che può essere sicuramente utile per capire ciò di cui i lead hanno bisogno. Image by rawpixel.com on Freepik
Il web marketing è una strategia promozionale che mira a ottenere visibilità attraverso la pubblicazione di articoli e banner per la vendita di un prodotto o di un servizio. L’Inbound marketing è una metodologia che non assale l’utente, ma pone al centro dell’attenzione i suoi desideri e le sue necessità. Per questo pratiche come l'interruption marketing oppure ogni tipo di marketing invasivo è da considerarsi superato perché il principio base è che l'utente non vuole essere infastidito! Cos'è l'interruption marketing? Una corretta definizione di interruption marketing può essere: l'insieme di tutte quelle pratiche invasive, che colpiscono una persona mentre sta svolgendo le proprie attività routinarie, finalizzata alla promozione di prodotti o servizi. Queste pratiche possono consistere nell'invio di messaggi, telefonate o altre comunicazioni, contro la volontà dell'utente e senza che esso abbia mostrato dell'effettivo interesse. Le pratiche di interruption marketing erano molto diffuse negli anni 80/90 quando l'obiettivo delle aziende era vendere a tutti i costi. Con il customer centrismo però le aziende hanno sempre più messo il cliente e le sue necessità al centro dei loro business model, avendo in cambio fedeltà dei cliente e l'ottimizzazione delle risorse all'interno del loro ciclo produttivo. Questa tipologia di marketing, che rientra tra le pratiche di marketing outbound, non si riferisce quindi ad un target specifico ma cerca di sparare nel mucchio nella speranza che qualcuno diventi un lead. Esempi di interruption marketing Andiamo ora analizzare alcuni esempi di interruption marketing, quelli più diffusi tra chi prevede questo tipo di marketing. Il primo esempio è legato alle pubblicità televisive, o quelle che si trovano all'interno dei video nel web. In questo caso l'utente viene interrotto dall'inserzione e, anche se ultimamente sono sempre più targetizzate nel mondo dell'online grazie all'utilizzo dei cookies, difficilmente l'utente sarà interessato. L'esempio più classico di questa tipologia di marketing invasivo è rappresentato dalle telefonate dei call center. Questa è il mezzo considerato più fastidioso perché molte persone la considerano come una violazione della propria sfera privata e, molto spesso, vengono eseguite chiamate di marketing senza avere le giuste autorizzazioni. Questo tipo di marketing può essere limitato inserendo il proprio numero di telefono all'interno del registro delle opposizioni. Altro esempio che andiamo a trattare è quello delle email di marketing (le cosiddette DEM - Direct Email Marketing). Partiamo dal presupposto che secondo la GDPR non si possono inviare comunicazioni di marketing senza il consenso da parte del contatto (software come HubSpot rappresentano una manna dal cielo per chi vuol fare email marketing in sicurezza da questo punto di vista). Ricevere una mail a cui non si è interessati può avere due conseguenze: la disiscrizione dell'utente alla newsletter oppure l'eliminazione della mail e la conseguente segnalazione come spam. L’inutilità del marketing invasivo Approfondiamo ora l'esempio fatto in precedenza sull'email marketing per trarne le conclusioni sull'efficacia di questa tipologia di marketing. Il ragionamento che segue può quindi essere applicato ad ogni tipologia di esempio fatto in precedenza. La comunicazione tramite pratiche di interruption marketing che colpisce l’utente attraverso dei piani di e-mail marketing, nel tentativo di vendere e di proporre un servizio, finisce quindi con ogni probabilità nella casella dello spam, senza nemmeno essere letta. Se un’e-mail riesce ad aggirare i filtri e a inserirsi in una casella di entrata, aumenta le possibilità di essere letta: ma se contiene una pubblicità inopportuna, oppure recapitata in un momento sbagliato, finisce cestinata. Stessa cosa può essere applicata alla pubblicità tramite video, in cui si aumenta la probabilità che l'utente non guardi nemmeno il video ed esca dal sito e, nel caso delle telefonate dei call center, riattacchi la cornetta. L’utente medio è quindi ormai assuefatto da questo tipo di promozione: poteva forse essere più efficace negli anni passati, ma ai giorni nostri, dove il grado di attenzione è mediamente calato a pochi secondi, questo tipo di marketing risulta spesso controproducente. Il marketing è sempre invasivo? Chiaramente, se il tentativo di raggiungere un contatto finisce nel cestino, anche il lavoro per tentare di presentare un prodotto, o un servizio, risulta vano. E nessuna azienda può permettersi di lavorare a vuoto. Il marketing è invasivo quando è utilizzato come strumento di contatto forzato e non richiesto, quando è un’azione a senso unico e offre un servizio solo a se stesso, mirato alla vendita diretta. Questo però non è l’unico modo di promuovere qualcosa e, probabilmente, nemmeno il migliore. Il principio del “do ut des”, frase latina che viene tradotta con “io do affinché tu dia”, esce dai canoni della forzatura e punta a creare dei contenuti veramente validi, che possano risolvere un problema. La fine dell'interruption marketing: perché attrarre è diverso da imporre Se il marketing tradizionale sul modello dell'interruption impone un punto di vista al potenziale cliente, l’Inbound marketing attrae le persone offrendo i contenuti che queste desiderano trovare, creando delle relazioni. Quando un utente web è soddisfatto, perché ha risolto un suo problema, sarà interessato a leggere altri articoli che possono aiutarlo a superare altri fastidi. L’attrazione costa però un investimento in termini di lavoro, a differenza dell'interruption marketing che costa in termini monetari. Per semplificare il concetto, basti pensare al periodo estivo: come si affronta la classica prova costume? Come si costruisce un corpo tonico, con una bassa percentuale di cellulite, con una pelle elastica e seducente? Solo grazie al lavoro in palestra, alla costanza e all’impegno, a un obiettivo preciso ben chiaro in mente. A quel punto, quando il corpo sprigiona un buon livello di fascino, quando soddisfa le esigenze estetiche personali, diventa motivo di attrazione anche per le altre persone: saranno loro a inseguirci, perché conquistati da quello che stanno cercando. Interruption marketing e pratiche invasive: le strategie per superarlo L’intuizione sull’importanza della creazioni dei contenuti è arrivata per la prima volta da Bill Gates, nel 1996, oltre vent’anni fa, con la sua frase “Content is the King”. Un’epoca che sembra lontanissima, in termini web, eppure che già aveva tracciato un percorso futuro: internet è un immenso calderone, letteralmente una rete di collegamenti infinita, rinnovata quotidianamente. Ciò che oggi è nuovo, sarà vecchio e superato domani. Un utente naviga in rete per divertirsi e informarsi, alla ricerca di soluzioni: l’abbinamento informazione e divertimento, complicato da ottenere, è un aspetto fondamentale per creare una relazione. Conquisti l’attenzione di una persona quando sai essere utile, ma anche divertente, costruendo un’immagine autorevole senza essere troppo serioso. Il contenuto è premiato anche dai motori di ricerca, che privilegiano i link posizionandoli nelle prime posizioni della pagina: la SERP. Ciò significa che le pratiche di marketing invasivo, come l'interruption marketing, sono certamente superate dai contenuti e dalle strategie di quello che viene definito inbound marketing, che riescono ad attirare l'attenzione molto di più che pubblicità fastidiose ed indesiderate. La chiave non è solo nelle parole L’Inbound marketing funziona al meglio quando le parole di ricerca (keywords) veicolano gli utenti ai contenuti. Questi ultimi hanno come casa di appartenenza i blog: in un post è possibile spiegare, in modo esauriente, la funzionalità e l’utilità di un servizio o di un prodotto. È basilare scrivere titoli con le keywords, da ripetere anche all’interno degli stessi articoli. Ciò permette di essere trovati con maggiore facilità dagli utenti senza infastidirli, ma non è sufficiente: un internauta soddisfatto, emozionato, da quanto ha trovato avrà un incentivo maggiore a condividere il post sui profili dei social media personali. Grazie all’autorevolezza conquistata e al gradimento raccolto tra gli utenti, si creano nuovi collegamenti e si diventa virali: le persone inizieranno a consumare i contenuti proposti e ne vorranno di nuovi. L’utente consapevole di trovare le risposte che desidera, tornerà alla ricerca di nuove soluzioni. Avrà l’impulso di iscriversi al blog, per rimanere aggiornato sui nuovi post a cui prevede di essere interessato e per farlo fornirà, attraverso apposito modulo, il proprio nome e l’indirizzo e-mail. Un altro metodo, per ottenere il recapito di posta elettronica, è offerto dalle call to action, dalle landing page e da form specifici che hanno la possibilità di veicolare l’internauta anche sui nostri obiettivi di vendita. Ottenere l’indirizzo e-mail di un utente è una delle opportunità migliori per mantenere il contatto con lui. I dati raccolti, grazie all'uso dei CRM, permettono di conoscere le preferenze di una persona e di targetizzarla con contenuti sempre più mirati. Nome e indirizzo e-mail sono soltanto i primi passi: seguendo la logica “do ut des” dobbiamo imparare a comprendere il nostro lettore. L’offerta di un contenuto utile, da consumare liberamente, deve procedere di pari passo con l’acquisizione di altre informazioni: età, luogo geografico di appartenenza, hobby, stato sociale ecc. Identificare, in modo preciso, il proprio target di riferimento consente di ideare le giuste leve per approfondire il rapporto e renderlo proficuo, da ambo le parti. Tiriamo le somme sull'interruption marketing e sull'inbound L'interruption marketing e tutte le pratiche di marketing invasive sono quindi superate perché si rischia di infastidire troppo l'utente. Per questo viene in aiuto a chi si occupa delle strategie di marketing delle imprese il concetto di inbound. Un piano di Inbound marketing è in costante evoluzione, perché ogni azione richiede la verifica della sua efficacia o meno. I social media, i servizi di e-mail marketing e l'implementazione di un CRM mettono a disposizione degli strumenti di analisi che consentono di capire, rapidamente, cosa funziona e cosa non funziona nel progetto di marketing. L’Inbound marketing è una forma di promozione che funziona nel tempo, che costruisce relazioni, autorevolezza e affidabilità: è l’amico in grado di risolvere le esigenze di un utente attraverso contenuti specifici e utili. Con la giusta agenzia Hubspot, specializzata in inbound marketing, al tuo fianco nulla potrà impedire alla tua azienda di decollare. Image by master1305 on Freepik
Vuoi entrare in contatto con i tuoi clienti a un livello più personale, creando relazioni che durino nel tempo? Se è così, allora devi conoscere il marketing conversazionale. Questo insieme di tecniche di marketing e tool è in ascesa anche in Italia e ti permette di creare vere e proprie conversazioni con i clienti (o potenziali tali) in maniera automatica e veloce. Può essere un potente strumento per favorire le interazioni e aumentare la fiducia dei tuoi utenti nel tuo brand. Vuoi saperne di più? Continua a leggere per scoprire tutto quello che c'è da sapere sul marketing conversazionale. Cos'è il marketing conversazionale e perché è importante? Il marketing conversazionale è uno stile di inbound marketing che sta rapidamente diventando uno degli strumenti più potenti a disposizione delle aziende per raggiungere e coinvolgere i propri clienti. Combinando canali e strumenti digitali come chatbot, app di messaggistica, intelligenza artificiale (AI) e live chat, il marketing conversazionale consente alle aziende di creare un dialogo tra clienti e brand in tempo reale. I vantaggi del marketing conversazionale sono numerosi: permette ai brand di costruire relazioni con i propri clienti; aiuta le aziende a rispondere rapidamente a richieste e reclami; consente di raccogliere preziose informazioni sui clienti; Aiuta le aziende a fornire esperienze personalizzate che soddisfino le loro esigenze; In definitiva, il marketing conversazionale aiuta a rafforzare la fedeltà dei clienti creando un forte legame tra loro e il prodotto o il servizio che intendono acquistare. Le aziende che scelgono il marketing conversazionale sono sicure di raccogliere presto i frutti dei loro investimenti: un maggiore coinvolgimento del pubblico e, di conseguenza, l’aumento delle vendite. L’applicazione di queste tecniche di marketing e comunicazione, è anche un modo efficace per fornire ai clienti un'assistenza personalizzata e tempestiva. Permette di trasformare il servizio clienti in uno strumento in grado di generare conversazioni che creano fiducia e fanno sentire i tuoi potenziali acquirenti più coinvolti e ascoltati. Impegnandosi direttamente con gli acquirenti e creando un dialogo, i business possono offrire un customer care impeccabile e garantire esperienze d’acquisto personalizzate e indimenticabili. Come puoi utilizzare il marketing conversazionale per raggiungere più clienti e aumentare le tue vendite? Avrai capito che il marketing conversazionale è un modo eccellente per avviare conversazioni e costruire relazioni con i potenziali clienti. Ma in che modo queste possono trasformarsi in vendite? Queste tecniche di marketing utilizzano messaggi personalizzati e comunicazioni dirette su canali digitali per creare un'esperienza interattiva con i potenziali clienti. Attraverso le conversazioni, le aziende possono ottenere informazioni preziose sulle esigenze e i desideri dei consumatori e sviluppare campagne mirate per raggiungerli in modo più efficace. Tutte le interazioni poi possono essere archiviate all'interno dei CRM per averle sempre accessibili da parte di tutti i team all'interno dell'azienda. Utilizzando questi metodi per coinvolgere i clienti, le aziende possono aumentare le vendite fornendo informazioni utili, perché riguardano direttamente agli interessi degli individui o portano i consumatori a scegliere in maniera consapevole la loro soluzione piuttosto che quella dei concorrenti. Perché usare isendu per il marketing conversazione di un e-commerce? L'implementazione di una strategia di marketing conversazionale di successo presenta una serie di sfide per i proprietari di e-commerce, tra esse garantire che le conversazioni rimangano rilevanti per il pubblico di riferimento, fornire risposte rapide e affidabili alle richieste dei clienti e creare conversazioni che non sembrino commerciali. Le aziende possono affrontare questi problemi costruendo un profilo accurato del proprio pubblico di riferimento, sviluppando piani di content marketing che si adattino alle esigenze dei clienti e utilizzando sistemi di messaggistica automatizzati per rispondere rapidamente. Inoltre, possono sfruttare i social media per coinvolgere gli utenti a un livello più personale, creare processi di onboarding approfonditi per i nuovi membri del team che parteciperanno alle conversazioni e valutare costantemente l'efficacia delle campagne di marketing conversazionale monitorando le metriche chiave come il sentiment e i tempi di risposta. isendu è lo strumento perfetto per aiutare chi gestisce un e-commerce non solo a creare, ma anche a migliorare le proprie strategie di marketing di conversazione. Consente di sviluppare messaggi mirati e automatizzati che migliorano l'esperienza e la soddisfazione dei clienti. Questa piattaforma intuitiva offre una funzionalità drag and drop che consente ai commercianti di creare facilmente sofisticati customer journey in pochi minuti. Inoltre, isendu fornisce report e analisi in tempo reale per dare agli imprenditori una chiara panoramica delle attività dei clienti e monitorare quali strategie funzionano meglio per loro. Utilizzando isendu per il marketing di conversazione del proprio e-commerce, le aziende possono ottimizzare i risultati senza sacrificare tempo e risorse. Se stai cercando un modo per raggiungere più clienti e aumentare le vendite, il marketing conversazionale può essere la risposta. Ti permette di entrare in contatto con il tuo pubblico in modo più personale e coinvolgente, il che può portare a migliori relazioni e a un migliore servizio clienti. L'implementazione di una strategia di marketing conversazionale di successo richiede tempo e impegno, ma ne vale la pena. Per iniziare a sviluppare la tua strategia di marketing conversazionale, parti dall’audit del tuo e-commerce. Questo strumento ti aiuterà a identificare le aree in cui puoi migliorare le interazioni con i clienti. Image by Drazen Zigic on Freepik
Cos'è la lead generation? È una strategia di marketing finalizzata ad acquisire contatti commercialmente interessati ai prodotti, servizi o attività dell’azienda. Questi contatti, nel medio o lungo termine, possono trasformarsi in clienti, che in ottica aziendale significa aumentare il fatturato. Ecco quindi che una strategia di lead generation ti permette non solo di trovare questi contatti ma di condurli lungo il loro percorso di acquisto fino alla fase finale. Vista in questo modo, una strategia di lead generation si lega strettamente con l’approccio inbound al digital marketing, considerando che i processi di acquisto sono molto cambiati col web. La lead generation Già in queste poche righe abbiamo introdotto alcuni concetti che entrano in gioco e si intersecano in una strategia di lead generation: lead, percorso di acquisto ed inbound marketing. Vediamoli tutti partendo dall’ultimo: L’inbound marketing e lead generation Di definizioni su che cos’è l’inbound marketing se ne trovano in quantità online e tutte più o meno imperniate sul fatto che sia una metodologia per attrarre visitatori interessati sul tuo sito web. L’inbound però è molto più che una serie di nozioni su come fare web marketing oggi per avere successo. L’inbound marketing è una metodologia di approccio al cliente, è uno status mentale e quindi comportamentale che tutta la tua azienda dovrebbe maturare. A me piace pensare che sia una evoluzione culturale del fare marketing sul web. Un’evoluzione culturale perché se dobbiamo attrarre qualcuno, dobbiamo metterci nella lunghezza d’onda mentale e fattiva del cliente per risolvere i suoi obiettivi, desideri, volontà e necessità; e farlo in modo sincero e reale. Cosa sono i lead nel marketing Il termine lead indica un visitatore del tuo sito interessato a ciò che proponi e che ha lasciato almeno i dati basilari di contatto perché si possa poi eventualmente ricontattarlo, quindi indirizzo email e nome. Il lead quindi è normalmente un contatto nella sua fase iniziale. Attraverso varie fasi del processo di Lead generation potrai qualificarlo maggiormente da un punto di vista commerciale fino a farlo diventare a tutti gli effetti un cliente. Il percorso che “spingerà” il lead verso una maggiore qualificazione commerciale è collegata con il percorso di acquisto che il lead dovrebbe compiere. Il percorso di acquisto (Buyer's Journey) Passiamo ora al concetto di buyer's journey e come influisce all'interno delle strategie di lead generation. Agli occhi del team marketing e sales, viene visualizzato nel funnel (imbuto) di destra, qui sotto. Attraverso i passaggi visualizzati il lead può arrivare al bottom of the funnel (BOFU) dove diventa cliente; a sinistra lo stesso percorso, visto però attraverso gli occhi del visitatore in un processo che porta all’acquisto del prodotto/servizio. Questi due visioni del percorso di acquisto del lead sono fondamentali per capire i contenuti che si dovranno produrre a seconda dello stadio in cui si trova il lead. Lo scopo? Cercare di condurlo a compiere il percorso completo. In termini aziendali… farlo diventare un nuovo cliente, quindi aumentare il fatturato. La strategia di lead generation perciò prevede una comprensione profonda di chi vogliamo attrarre (vedi come si identificano i Buyer Persona secondo la metodologia inbound di Hubspot), perché sapendo chi sono i nostri possibili clienti e in quale stadio del loro percorso di acquisto si trovano possiamo articolare contenuti ad hoc, cioè proprio quei contenuti che stanno cercando. E questa è la parte “contenutistica”, diciamo. Come fare lead generation: alcuni strumenti e tecniche Oltre a quanto scritto nei precedenti paragrafi abbiamo bisogno anche di strumenti che permettano il processo di lead generation perché dopo aver attratto un visitatore sul sito aziendale attraverso la pubblicazione e lo sharing del contenuto idonea, come ti lascia i suoi dati? Attraverso quel meccanismo di Call-To-Action > Landing page > Thank You Page e naturalmente un contenuto o offerta di maggior valore che giustifichi le informazioni di contatto che il visitatore lascia sul form. Le offerte di maggior valore ricadono in quella fase della lead generation che tratta il nurturing, cioè quelle azioni che servono a coltivare, appunto nutrire, per qualificare il lead in modo regolare e secondo le sue esigenze in modo da trasformarlo in cliente effettivo. Ciò che differenzia la fase iniziale della lead generation e la lead nurturing sono, non tanto gli strumenti, quanto gli obiettivi che hanno. Le campagne di lead generation hanno l’obiettivo di generare un lead, cioè trasformare un visitatore in lead; la lead nurturing ha l’obiettivo di qualificare il lead e portarlo alla fase finale del percorso di acquisto. Forse non serve ma ricordiamo che questi strumenti devono essere “costruiti” secondo una struttura, regole visive e di design, nonché di buonsenso che facilitino la conversione in modo naturale. Beh diamo per scontato che il sito web e ogni singola pagina sia ad alto gradimento per User Experience, mettici pure che sia esteticamente accattivante. Checché se ne dica… anche l'occhio vuole la sua parte. Di seguito andiamo ad analizzare alcuni consigli utili per chi vuol iniziare a generare lead per il tuo business. Generare i lead con contenuti di valore Uno dei punti per la fare lead generation è quello di attuare strategie di content marketing per riuscire ad attirare utenti in linea con i buyer persona. Per questo è necessario iniziare a pensare contenuti utili a livello di blog, ebook, post su sui social network ecc... La logica sottesa a tutto ciò è che se non hai nulla da offrire nessuno sarà disposto a lasciare il suo contatto, e diventare quindi un lead. Al contrario, un ebook interessante è perfetto per invogliare l'utente a lasciare il proprio indirizzo email per averlo. Anche per il blog discorso analogo: un blog ricco di contenuti di valore riesce sicuramente ad essere utile all'utente invogliandolo ad iscriversi alla newsletter oppure a scoprire i servizi offerti. Lavorare di SEO è un ottimo lead generator Questo punto è correlato con il precedente. Un lavoro di SEO per quanto riguarda i contenuti digitali, è essenziale per essere trovati dall'utente. Può essere inoltre che l'utente cerchi su internet qualcosa per cui sa già che deve lasciare il proprio indirizzo email per averlo, come ad esempio nel caso di informazioni su prodotti o preventivi. Pertanto non avere una strategia SEO che consenta di apparire tra i primi posti sul motore di ricerca è un fattore altamente penalizzante per una lead generation efficace. Sfrutta campagne PPC per acquisire nuovi lead Le campagne PPC, conosciute anche come advertising, consentono a molte imprese di raggiungere gli utenti che sono in linea con il buyer persona ricercato grazie alla possibilità di selezionare il pubblico che visualizzerà l'inserzione. Solitamente gli annunci pubblicitari vengono agganciati ad una landing page per effettuare la conversione, trasformando così il semplice visitatore in un lead che entrerà a far parte del CRM aziendale. Fai un mix tra online e offline con contest ed eventi I lead non sono da ricercare solamente online ma possono essere anche provenienti dal mondo offline. Per questo eventi organizzati dalle aziende possono essere l'arma giusta per generare lead da coltivare fino a farli diventare clienti. Come? L'iscrizione all'evento è già un'ottimo modo per farsi lasciare l'indirizzo email ma anche un codice QR posto nello stand di una fiera collegato ad una landing page finalizzata alla richiesta di informazioni aggiuntive può essere utile. Anche i contest a premi possono essere utili perché, coinvolgendo l'utente e dandogli la possibilità di vincere premi, c'è una maggiore possibilità che lasci il proprio contatto. Quindi è sì importante avere una buona strategia per ottenere lead dal mondo online ma è importantissimo anche considerare tutti i canali offline e saper mixare le due strategie. Usa i social media per generare lead Quello che si può tenere in considerazione per attuare strategie di lead generation sono anche i canali social. Adottare una strategia di content marketing anche sui social network contribuisce ad aumentare l'engagement complessivo attorno all'azienda e, di conseguenza, avere più probabilità che un semplice visitatore lasci il proprio indirizzo email. Pubblicare un post che possa diventare virale, coinvolgere gli utenti in iniziative proposte dall'azienda sono solo alcuni dei metodi utili ad attirare nuovi lead. Lead generation con Hubspot Altro tassello fondamentale per creare una lista di contatti è avere un software che sia in grado di segmentare i lead secondo gli interessi espressi e che tracci tutte le interazioni che hanno avuto sia con il sito aziendale sia con le azioni di marketing. Parliamo in questo caso delle pagine che ogni lead vede, i contenuti da cui è maggiormente attratto, se clicca su certi link piuttosto che su certe CTA oppure se apre le email... e tanto altro. Un software così fatto consente di segmentare con maggiore precisione i nostri contatti e qualificarli commercialmente secondo i vari stadi del percorso di acquisto che stanno compiendo. Un software che sia capace di fare tutte queste azioni e soprattutto sia in grado si fornire dati e informazioni interconnessi e confrontabili è Hubspot: la piattaforma creata appositamente per fare inbound marketing, sales, marketing automation, con un CRM potente e versatile (e gratuito). Se poi invece volete fare un’assemblaggio di software diversi, che forniscono informazioni discordanti e avete tempo e impegno per codificarli, combinarli, scremarli… e alla fine trarre delle ipotesi più o meno suffragate… nessuno ve lo vieta. Ma rischiate di avere pesanti ripercussioni che cadranno sul vostro business. Quindi pensiamoci bene prima di scegliere, perché in palio c'è la buona riuscita del vostro progetto di lead generation...e anche qualcosa di più. Ma quali strumenti mette a disposizione HubSpot per fare lead generation? Blog Con il blog di Hubspot è possibile pianificare una strategia di content marketing che sia utile per la lead generation. Attraverso la creazione di articoli del blog è possibile intercettare tutte le persone interessate ad un determinato argomento sia da organico sia dai vari social network (nel caso in cui l'articolo sia stato condiviso su Facebook, Twitter ecc..). Alla fine del blog può essere inserita una CTA che rimanda ad una landing page con un form. Possono inoltre essere anche inseriti form pop-up all'interno degli articoli. CTA Le CTA, o call to action, sono parti fondamentali per fare lead generation perché invitano i visitatori a compiere delle azioni finalizzate alla conversione tramite il rilascio dei dati. All'interno di Hubspot è possibile la loro creazione e la loro gestione, valutandone le performance. Per approfondimenti leggi il nostro articolo sulle call to action. Form Per fare lead generation HubSpot mette a disposizione ai suoi utenti anche i form di contatto da inserire all'interno delle landing page, degli articoli dei blog ecc... Per aumentare le possibilità che un visitatore compili il form lasciandoci i propri dati c'è la possibilità di gestire i form pop-up, con la possibilità di farli apparire solamente in determinate pagine, in modo che chi guardi il form sia profilato. Landing page Hubspot per fare lead generation inoltre mette a disposizione anche lo strumento delle landing page, ossia le pagine di atterraggio, perfette per le conversioni. Il loro uso è estremamente facile grazie all'editor drag & drop. Questo tipo di pagine sono fondamentali in caso di un loro collegamento con le CTA e come pagine di atterraggio di campagne PPC. Per ulteriori approfondimenti ti lasciamo qualche nostro articolo riguardo il tema delle landing page: Cos'è una landing page; Come creare una landing page; Landing page inbound marketing; Come aumentare le conversioni in una landing page; Strumenti per la gestione dei social Hubspot, oltre a questi strumenti ha dalla sua anche la possibilità di gestire le pubblicazioni sui social network dei post, con annesso anche il monitoraggio delle prestazioni. I post possono essere la condivisione degli articoli del blog ma possono essere creati nuovi post totalmente nuovi e condivisi contemporaneamente sui social network collegati all'account. Perché fare lead generation in azienda ↑ lead = ↑ clienti = ↑ fatturato La semplice equazione che dà l'inizio a questo paragrafo è la base di tutto il ragionamento che sta dietro all'importanza della lead generation: essa ha lo scopo di procurare al database di un'azienda il maggior numero di dati possibile, tramite l'utilizzo di form, questionari e call to action. Più alto è il numero di lead generati, più alta è la probabilità che tra essi vi siano futuri clienti e, quindi, maggiori entrate per l'azienda. Questo sillogismo presenta però uno svantaggio: o meglio, più che uno svantaggio, una condizione di base che prevede un'investimento iniziale. Perché la lead generation non nasce dall'amichevole consiglio di un amico o dall'improvvisa ispirazione di un dirigente: essa è un'azione di web marketing che va preparata e studiata da esperti del settore, e darà i primi risultati rilevanti un certo periodo dopo il suo lancio. Lead nurturing per aumentare la chance di chiusura e ritorno Tutti i passaggi sopraelencati vanno a formare una strategia inbound completa: anch'essa è lead generation, in quanto porta nomi (e dunque potenziali clienti) nel database aziendale. È anche un esempio di lead nurturing, ovvero di nutrimento dei propri lead: la creazione di contenuti mirati per un determinato Buyer Persona fa sì che ad arrivare nel BOFU siano solamente i lead più interessanti e promettenti, quelli con la più alta probabilità d'acquisto. Sempre lead nurturing sono tutte le comunicazioni intrattenute con i lead tra una fase e l'altra del Buyer Journey, che permettono di instaurare un clima di complicità e fiducia, così che al momento di chiudere egli sarà fortemente condizionato a scegliere noi. Anche questo è fare lead generation, anche se forse, in questo caso, sarebbe più corretto parlare di lead maintenance, ovvero mantenimento dei lead. E non è finita qui: il cliente va nutrito anche una volta che la prima vendita viene conclusa, tenendolo aggiornato sugli argomenti che lo interessano e sulle offerte che circolano. Così, quando dovrà comprare ancora, saprà da chi andare e dove sarà il benvenuto. Conclusioni La lead generation è quindi fondamentale nel marketing di ogni impresa per riuscire ad avere dei contatti caldi da trasformare successivamente in clienti attraverso la lead nurturing. Una strategia di lead generation consente inoltre alle aziende di crescere, di aumentare il proprio fatturato e di investire così in innovazione e futuro. Per ulteriori approfondimenti ti invitiamo a scaricare la nostra risorsa gratuita che parla di tutto ciò che è necessario per creare una strategia di lead generation.
Come realizzare una landing page? Nel vasto e dinamico mondo del digital marketing esistono alcuni concetti che stanno alla base della struttura pubblicitaria comune a tutte le iniziative sul web, e la landing page è uno di questi: non ci possono dunque permettere errori nella sua creazione, pena una fallimentare campagna di marketing. In questo articolo vedremo perché è così importante per chi vuole farsi trovare online e, soprattutto, come crearne una davvero efficace, capace di trasformare in potenziali clienti i visitatori online. Cose da sapere prima di realizzare una landing page Cos'è una landing page? Ecco, essa è quella pagina web, di un sito oppure di un negozio online, dove vogliamo far atterrare i nostri potenziali clienti durante una campagna di web marketing - da qui il nome, pagina di atterraggio: il suo ruolo è quello di convertire in lead i visitatori, ottenendone i dati grazie alla compilazione di un form. [Approfondimenti li trovi sull'articolo del nostro blog dedicato alle landing page] Ovviamente, l'intera pagina sarà creata per convincere l'utente che ci è approdato a inserire le sue generalità nel nostro form: i colori, i testi, le immagini, i bottoni, tutto concorrerà ad invogliare questa operazione. Si può intuire, dunque, l'importanza dello studio preliminare di una pagina di questo genere. Nulla va lasciato al caso, e per questo vanno seguite alcune regole per massimizzare questa possibilità. Caratteristiche per la realizzazione di una landing page efficace Ci sono alcune caratteristiche che distinguono una landing page accettabile da una davvero efficace, da tenere in considerazione già dalla fase di pianificazione prima ancora di quella della creazione: si tratta di alcuni accorgimenti utili per massimizzare il conversion rate, catalizzando l'attenzione del lettore in particolari punti e dandogli esattamente ciò che vuole. Sinteticità Prima di tutto, non devi annoiare il tuo lettore con un interminabile trattato sulla bellezza e unicità del tuo prodotto / servizio: troverà queste informazioni utili sin dalle primissime battute, potrai dire addio al tuo potenziale lead. Cerca di sintetizzare in poche righe l'essenza di quello che vuoi offrire ai tuoi lettori: sfrutta il più possibile occhiello, titolo e sottotitolo, e mantieni ridotta anche la spiegazione. Stessa cosa per quanto riguarda la realizzazione in termini di design: inutile inserire troppe distrazioni e sovrabbondare di testo, fai in modo che la pagina di atterraggio sia piacevole all'occhio. Coerenza Essere sintetici non servirà a nulla se non scriverai cose sensate: per quanto possa suonare ovvio, non va sottovalutata la scelta delle parole da inserire nei tuoi testi. Scrivi solamente ciò che può essere utile al lettore, poiché è per lui che la pagina deve essere scritta; ragiona come se fossi il tuo Buyer Persona, ed evita tutto quello che non è finalizzato all'attrazione della sua attenzione. Linearità La landing page è lo strumento che ha il compito di convertire un prospect in lead, e per fare questo deve portarlo al form, convincendolo a lasciarti i suoi dati. Quindi, evita qualsiasi collegamento con l'esterno, così da non rischiare che l'utente esca dalla landing page, con il rischio più che concreto che perda interesse o memoria del nostro contenuto. Condivisibilità La tua landing page non apparirà magicamente ai tuoi potenziali clienti: andrà sponsorizzata sui giusti canali (social e Google in primis) e dunque deve poter essere condivisa. La scelta di questi canali non è casuale: in base allo studio del tuo Buyer Persona dovrai ricavare le informazioni su quelli più utilizzati, e fare dei test per verificare se la tua scelta è corretta. La creazione di una landing page senza sito è possibile? Si, è possibile creare una landing page efficacie senza sito, basta avere una piattaforma CMS che ti consenta di farlo. Durante questo articolo analizzeremo come farle con HubSpot, piattaforma che grazie anche al suo piano gratuito, consente la creazione delle pagine di atterraggio senza collegare il proprio dominio. Aprendo il portale verrà direttamente assegnato un dominio di default con cui pubblicare le landing page da utilizzare ad esempio nelle campagne pubblicitarie. Pertanto se hai già deciso di realizzare le tue pagine di atterraggio, rivolgiti a degli esperti HubSpot per farti aiutare. Come creare una landing page: tutti i passaggi Per creare una landing page ci sono alcune considerazioni da fare. Non si tratta solamente di costruire una pagina fatta bene e metterla online, ma va seguita una procedura specifica per evitare errori che possono riversarsi in termini di conversioni, sia essa collegata con un dominio esistente oppure no. 1. Definisci l'obiettivo della landing page Primo passaggio fondamentale per la creazione di una landing page è la definizione dell'obiettivo, importantissimo per mantenere stile e contenuti coerenti lungo tutta la pagina. Bisogna pertanto iniziare a rispondere alla domanda Cosa ti interessa e perché la pagina di atterraggio viene creata? Alcuni obiettivi possono essere legati a: Offerte specifiche o campagne di marketing in corso; Approfondimenti legati ad un argomento specifico; obiettivi di campagne pubblicitarie Pay Per Click; Lead generation; 2. Definisci il tuo buyer persona Uno dei momenti fondamentali nella realizzazione di una landing page nell'inbound marketing è la definizione di un buyer persona su cui andare a pianificare l'obiettivo. Per farlo è necessaria un'analisi preliminare del mercato e dell'azienda, in modo da aver chiaro quali sono gli elementi su cui puntare in fase di creazione della landing page. 3. Dotati di un CMS (anche senza avere il sito) Sembra un passaggio scontato ma per creare una landing serve una piattaforma che ti permetta di realizzarla. Ciò che ti consigliamo noi è Hubspot CMS, software che permette di creare landing page ottimizzate anche per i dispositivi mobili grazie all'editor drag and drop, che semplifica le cose a chi non è dotato di conoscenza di linguaggi come HTML e CSS. Oltre a questo HubSpot è una piattaforma che, oltre ai vari piani a pagamento, prevede un piano gratuito con funzionalità limitate ma perfetto per chi vuole iniziare. Oltretutto HubSpot è uno strumento per creare landing page anche senza sito internet, basterà in fase di creazione della landing inserire il nome e la piattaforma userà il dominio predefinito legato all'account, ti lasciamo un esempio nell'immagine sotto. Fonte immagine: kwnowledge base Hubspot Altri programmi per realizzare landing page li abbiamo descritti in altri nostri articoli del blog. 4. Scegli il template Una volta effettuato l'accesso solitamente i CMS prevedono la possibilità di partire da dei temi predefiniti per poi personalizzarlo a seconda delle proprie esigenze. Nel caso particolare di Hubspot puoi decidere se andare a realizzare la tua landing page tramite temi gratuiti oppure scaricare temi a pagamento, che offrono maggiori possibilità di scelta, per poi andare a personalizzarli con l'editor drag-and-drop. 5. Definisci gli elementi della landing page Una landing page, per convertire, deve prima di tutto apparire invitante al target di riferimento dell'azienda che la sta pubblicizzando: per esempio, una landing page che sponsorizza gioielli di lusso utilizzerà un tone of voice e una gamma di colori profondamente diversi da una che pubblicizzerà una fioreria. Ma, nonostante questo, ci sono alcuni elementi testuali che devono essere presenti su una pagina di atterraggio, a prescindere dal prodotto o dal servizio. È pertanto necessario andare a delineare, quando si crea una landing page, tutta una serie di elementi quali: L'occhiello Specifica il prodotto o il servizio che offri, così l'utente che approderà sulla tua pagina avrà una conferma di che cosa puoi offrirgli: anche se non verrà letto per primo, l'occhiello è il primo elemento della pagina e porta con sé informazioni importanti, che serviranno a mantenere il lettore sulla landing page. Il titolo Il testo principale della landing, ed anche il primo che dovrà essere letto dal visitatore: per questo, la sua importanza va esplicitata soprattutto attraverso il font, che deve essere più vistoso degli altri; questa frase deve inoltre essere semplice e concisa, per massimizzare l'impatto sull'attenzione del potenziale cliente. Il sottotitolo Questo testo riprende il tema del titolo, ed è il secondo per priorità di lettura: può specificare informazioni aggiuntive o rispondere ad una domanda posta in precedenza, e ha il ruolo di completare ed arricchire il titolo. La spiegazione La parte di testo più lunga della pagina, ma anche quella meno importante, poiché si limita a rispondere ad esigenze secondarie: ciò nonostante può essere determinante per qualche dettaglio che convincerà i più indecisi, portandoli alla compilazione del form. Ricorda in questa fase di tenere sempre a mente il punto 1 sulla definizione dell'obiettivo e fai in modo che la spiegazione sia coerente con quanto detto e ricorda che per avere una compilazione si deve offrire qualcosa in cambio. Ecco alcuni esempi: Report; White paper (approfondimenti tecnici settoriali, particolarmente utili nel B2B); Ebook gratuiti; Consulenza; Contatto con l'azienda; Formazione via email o corso digitale; Video di formazione; Consultazione di aree riservate; Indipendentemente dall'offerta che proponete, siate inoltre sicuri che: Ci sia un beneficio immediato percepito dal cliente. Ricevano qualcosa in più - come valore - rispetto a quello che si aspettano. Fate in modo che poi vogliano saperne di più. Ulteriori elementi riguardanti l'aspetto contenutistico sono ben spiegati nel prossimo paragrafo. La Call to Action L'occhio deve poi cadere sulla chiamata all'azione, che riprende le parole chiave del titolo e dirige le persone al form: se la landing page è estremamente compatta la CTA può essere compresa nel form - sotto forma di semplice titolo all'interno dello stesso. Assicurati che la tua chiamata all'azione sia: - Chiara e concisa: se il cliente non la capisce non compie l'azione. - Evidenzi l'urgenza e la scarsità: spiega che l'offerta durerà pochi giorni o che ci sono pochi posti o copie disponibili. - Evidenziata con una freccia rossa: in alcuni casi basta questa per migliorare le conversioni del 27%. Non usare parole come invia o clicca qui. Molto meglio che il pulsante evidenzi l'offerta (come ottieni lo sconto del 10% ora). [per maggiori informazioni consulta il nostro articolo sulle CTA nelle landing page] Il form In questa sezione si richiedono i dati essenziali al cliente e ciò è lo strumento di conversione per eccellenza e quello che permette alla landing page di fare il suo lavoro: è la parte meno creativa e più tecnica della pagina, ma va comunque studiata sulla base del cliente che si vuole ottenere. Può essere estremamente basilare - nome, cognome, email - oppure più complesso, nel caso sia finalizzato ad attrarre aziende o particolari figure professionali. Chiedere solo l'email migliora la conversione del 16%. Quindi attenzione a quanti campi in più volete chiedere. La regola generale è che più informazioni chiedete, più abbassate le probabilità di compilazione del form. [Per approfondimenti ti consigliamo il nostro articolo dove parliamo della struttura della landing page] 6. Ottimizza la landing page Queste pagine di destinazione possono essere ottimizzare per essere più idonee possibili per essere trovare tra i risultati organici nei motori di ricerca o per migliorare la rilevanza per le campagne a pagamento. Significa, innanzitutto, applicare quelle regole di ottimizzazione base che dovrebbero essere applicate a tutte le pagine di un sito, come, per esempio: creare meta informazioni uniche; includere importanti keyword nel contenuto in modo naturale, in modo che non suonino artificiose o forzate; formattare i titoli in maniera SEO-friendly; accelerare i tempi di caricamento delle pagine; includere le informazioni di schema.org, se necessario, per aiutare Google ad orientarsi sui contenuti della pagina; ottimizzare le immagini, tra cui il tag ALT. Per approfondire il tema abbiamo scritto un articolo sull'ottimizzazione SEO delle landing page. Ulteriori ottimizzazioni necessarie sono quelle dal punto di vista mobile. Il mobile first sta cambiando tutto ciò che riguarda la creazione non solo delle landing page ma anche dei siti internet in generale. Hubspot, grazie al suo editor, permette di avere un'anteprima del comportamento della pagina di atterraggio nella versione mobile con la possibilità di apportare correzioni qualora venga visualizzata male. 7. Collega la pagina di atterraggio creata con un CRM (opzionale ma conveniente) Avere un nuovo contatto è abbastanza inutile se non puoi lavorarci. Per questo ciò che consigliamo è quella di assicurarsi che ogni nuovo contatto venga inserito all'interno del CRM aziendale. In questo modo possono essere applicate strategie di marketing per accompagnare il visitatore in un percorso che lo porti a diventare un cliente. Nel caso tu decida di creare le tue landing page con HubSpot possiamo darti una buona notizia. Questa piattaforma, già dalla versione gratuita offre la possibilità di avere i benefici di HubSpot CRM già collegati con le landing page. 8. Pubblica tutto monitorando costantemente le performance Le landing page hanno il proprio unico set d’indicatori di performance. Da momento che il loro scopo è principalmente quello di guidare una persona a compiere un’azione sulla pagina, le conversioni sono il metro di misura definitivo - qualunque sia l’azione. L’obiettivo della conversione può essere un’azione semplice come un download o l’acquisto di un prodotto; indipendentemente dal tipo di azione, le conversioni devono avere un valore di business al fine di un impatto sulle entrate (in un ambiente B2B si mira alle richieste di informazioni da trasformare successivamente in lead commerciali con tutti gli iter di vendita propri di ogni azienda). Quando la gente parla di ottimizzazione della landing page, spesso intendono il miglioramento del tasso di conversione su quella stessa pagina. Un modo comune di farlo è attraverso il “test A/B” (o split test), dove abbiamo due versioni della landing page fatte apposta per spartirsi il traffico 50/50. Si mantiene quella che funziona meglio, con la possibilità di modificare e migliorare di volta in volta quella che funziona peggio, finché questa non dà performance migliori e via dicendo, fintantoché non si arriva a degli indici di conversione soddisfacenti. Si può anche fare un testo con varianti multiple, oppure testare differenti elementi sulla pagina per vedere quali funzionano meglio sul tasso di conversione. Generalmente i test di eseguono su questi elementi della landing page: Testata; Contenuto del testo; Segnali di fiducia, come testimonial premi, numeri dai social… Immagini e link; Elementi della call to action; Il posizionamento degli elementi sulla pagina; Landing page per tipologia di device utilizzato per la navigazione; La creazione della landing page: quali contenuti inserire Di seguito vi riportiamo alcuni esempi di contenuti che possono essere inseriti all'interno delle landing page per riuscire ad avere maggiori aspetti informativi che possono portare il visitatore alla compilazione del form. - Dai al lettore una proposta di vendita unica Tutto il tuo marketing dovrebbe ruotare attorno alla proposta di vendita unica. Questa è quella che dice alle persone cosa vendete e perché dovrebbero scegliere voi, quello che vi contraddistingue dagli altri prodotti e servizi venduti dai vostri concorrenti. La vostra proposta di vendita unica dovrebbe essere qualcosa che lasci il segno, qualcosa che non si può rifiutare. Dovrebbe far voglia di iscriversi alla newsletter o chiedere maggiori informazioni. Un buon esempio lo troviamo su Dominio's Pizza: You get fresh, hot pizza delivered to your door in 30 minutes or less – or it’s free.” Oppure se promuovete servizi SEO: in prima pagina o rimborsati (No dai...non si fa...). Alcune idee per costruire la vostra proposta unica di vendita: Inversione del rischio: 100%, 110% o 200% come garanzia di rimborso. Così facendo liberate dal rischio i vostri futuri clienti, aumentando le probabilità che comprino. Gratis, parola forte che dovrebbe trovarsi nella vostra landing page, in qualche modo. E' possibile offrire qualcosa gratuitamente (un periodo di prova, un test, un servizio introduttivo...). Risolvere la loro più grande preoccupazione, esplicitandola: le persone sono motivate da quello che le preoccupa più da quello che provoca loro allevio. Per esempio: Stanco di pagare l'abbonamento per guardare i tuoi programmi televisivi preferiti? . - Fornisci al visitatore i benefici legati a ciò che proponi Inserisci i benefici sotto forma di elenco puntato o numerato. E' possibile introdurli con un paragrafo, ma i benefici vanno esplicitati con un punto elenco. I benefici risolvono una questione aperta nella mente del possibile cliente: che cosa può fare questo prodotto per me?. Per migliorare l'efficacia dei punti elenco è possibile fare leva su: Mistero: usare parole come segreto o rivelare implica che ci sia qualcosa di misterioso e poco conosciuto del tuo prodotto o servizio, che potrebbe risolvere i loro problemi più grandi. Elementi di sofferenza: i problemi che stanno affrontando - e che il tuo prodotto potrebbe risolvere - è un forte driver. Per esempio Ferma le cimici che si cibano del tuo bambino mentre dorme . Parole visuali: trasformare le parole in qualcosa di tangibile e concreto può aumentare la conversione di 2 o 3 volte. Per esempio, anziché dire aumentare il traffico sul tuo sito web si può andare con uno tsunami di visitatori sul tuo sito web. I benefici non sono da confondere con il concetto di valore del contenuto, che abbiamo richiamato più volte in altri articoli. - Fornisci immagini o video per dare più informazioni È possibile inserire immagini o video che mostrano cosa realmente può fare il vostro prodotto/servizio per migliorare la vita dei vostri clienti. Si potrebbe anche prendere in considerazione l'inserimento di una tabella che confronta la vostra offerta con quella dei vostri concorrenti. Ecco un esempio riuscito, da questo punto di vista: È anche interessante utilizzare i video in questa parte, che danno un ottimo ritorno nelle conversioni. Per esempio su questa pagina è stato fatto un ottimo lavoro: - Contesto e social proof Quando si parla del contesto si può inserire all'interno della pagina di atterraggio: Video dei vostri prodotti o servizi quando vengono utilizzati (assicuratevi di mostrare la soddisfazione dei clienti); La lista dei clienti: inserire i loghi dei migliori clienti per i quali lavorate. Le testimonianze: ricordatevi di includere una foto e il nome dei vostri testimonial per dare credibilità alla testimonianza. Sotto l'esempio di un'ottimo utilizzo della recensione: - Fornisci un piano B Nessuna pagina di atterraggio realizza una conversione del 100%. Se non prendono al volo la vostra offerta dategli qualche altra azione che potrebbe legarli a voi in qualche modo. Questa potrebbe essere: Una condivisione social per mostrarla alla loro rete di relazioni. L'aggiunta ai preferiti di quella pagina per consultarla in seguito (un classico che non passa mai di moda). Inviare l'informazione ad un amico (un altro classico che funziona). Un'altra offerta di valore più basso che potrebbe interessare loro. Ulteriori approfondimenti li trovi nei nostri articoli su: Esempi di landing page; Aumentare le conversioni delle landing page; Conclusione C'è una grande differenza, quindi, tra creare una landing page concettualmente corretta e una in grado di convertire bene: si tratta comunque di una pratica che sicuramente è costruita su alcune basi teoriche, ma che si perfeziona con l'esperienza e limando i dati già ottenuti grazie al monitoraggio delle performance delle campagne. Rispetta i punti elencati in quest'articolo, studia bene quali parole chiave utilizzare nei tuoi testi, lavora un po' di fantasia...e avrai una vera landing page, capace di convertire buona parte dei tuoi visitatori in lead. Per tutto il resto puoi contattare un'agenzia HubSpot che possa aiutarti nell'apertura del portale e farti formazione per tutto quello che riguarda le landing page e la loro connessione con i CRM. Image by Freepik
Con il termine User Generated Content si fa riferimento a tutti quei contenuti che sono stati creati direttamente dagli utenti e poi postati online. In che modo possono essere utili alle aziende questi contenuti? Per rispondere a questa domanda è opportuno fare un piccolo salto indietro, precisamente nel 2005, anno in cui nacquero i primi User Generated Content, chiamati anche UGC. Con la “democratizzazione” della tecnologia anche semplici utenti senza particolari conoscenze e competenze informatiche potevano produrre e creare diverse tipologie di contenuti per poi postarli sul web. La qualità magari non era estremamente professionale, ma ciò che maggiormente interessava era l'autenticità e la veridicità dei contenuti. L’UGC catturò presto l’attenzione delle aziende che, oltre ad apprezzare la facilità di diffusione e condivisione dei contenuti, iniziarono ad interessarsi anche alla loro fluidità comunicativa. L’UGC nel marketing ha fatto rapidamente breccia e oggi qualsiasi azienda che voglia imporsi non può ignorarlo. Le strategie aziendali stanno andando verso la direzione dell’inbound marketing, che attrae in maniera del tutto naturale gli utenti con contenuti di qualità, coinvolgenti e pertinenti ai loro interessi. E cosa c’è di più naturale di un contenuto generato autonomamente da un semplice consumatore? Conosciamo meglio cosa sono gli User Generated Content e come sfruttarli al meglio per la tua strategia aziendale. Il significato di User Generated Content Come specificato gli UGC sono contenuti creati direttamente dagli utenti e possono essere: foto, video, podcast, testi, articoli, meme ecc. da pubblicare online per renderli fruibili a tutti. Si possono pubblicare gli User Generated Content su Instagram, Facebook, Twitter, TikTok e su qualsiasi altro social. Proprio i social network hanno dato una spinta straordinaria agli UGC, stimolando gli utenti a produrre e creare sempre più contenuti. Oggi chiunque può produrre un contenuto personalizzato, come un video, una diretta live o un articolo, per esprimere un parere o per raccontare l’esperienza avuta con un prodotto, un servizio o un brand. E questa è sicuramente la parte più interessante per le aziende, che possono così implementare la loro strategia di content marketing con una serie di contenuti “esterni” che danno un impulso positivo al brand e generano un passaparola fruttuoso. Le caratteristiche principali degli user generated content La creatività e l’originalità sono le caratteristiche principali degli UGC, anche se gli utenti per creare i loro contenuti partono da idee e temi già conosciuti, per poi aggiungere qualcosa di loro. Il doppiaggio di una scena famosa di un film è solo uno dei tanti esempi che si possono fare di UGC. Da evidenziare che gli stessi utenti si stanno specializzando sempre di più, sia nell’uso di tecniche sopraffine che di strumenti innovativi all’avanguardia, creando così contenuti di ottima fattura e qualità pur senza aver percorsi di studi specifici alle spalle. Sono comunque 3 i tratti distintivi di un UGC: Pubblico: ogni contenuto creato deve essere fruibile gratuitamente per qualsiasi utente e deve essere veicolato tramite una piattaforma accessibile a tutti; Unico: benché un contenuto può trattare lo stesso argomento di un altro, deve comunque essere originale al 100% e non una scopiazzatura di uno che è già stato prodotto; Non finalizzato alla monetizzazione: i contenuti non devono essere creati da professionisti che intendono monetizzare, ma da semplici utenti o consumatori che lo fanno principalmente per diletto, hobby o passione. Perché gli utenti creano contenuti? Ma perché gli utenti sono diventati prosumer, cioè produttori e consumatori nello stesso tempo? I motivi possono essere tanti ma, come specificato, un ruolo importante lo hanno giocato i nuovi strumenti digitali facili da utilizzare e accessibili per tutti. Questo pluralismo della comunicazione ha anche cambiato il rapporto tra clienti e aziende, che finora a poco tempo era nettamente a favore delle seconde. Gli utenti capiscono che possono far parte del gran carrozzone mediatico e, in una certa misura, influire addirittura sul processo produttivo dei brand. Milioni di utenti impiegano il loro tempo libero per creare contenuti per avere non tanto un ritorno economico, ma piuttosto di affiliazione, di appartenenza e anche di popolarità. In altri casi gli UGC sono contenuti realizzati gratuitamente da creativi e professionisti in cerca di visibilità, nella speranza di ottenere un contratto o di avviare una collaborazione con qualche brand. E poi gli UGC possono essere impiegati anche all’interno di strategia aziendali che prevedono la retribuzione del creativo. In questi casi è utile avere un buon CRM, per conoscere meglio il proprio pubblico di riferimento e catalogarlo per poi offrire contenuti realmente utili in base alle proprie buyer personas. User Generated Content: esempi concreti Per avere una panoramica più ampia analizziamo nello specifico alcuni esempi concreti di UGC. I primi esempi di contenuti creati dagli utenti in realtà risalgono ad oltre un secolo fa ed esulano dall’ambiente digitale. Negli anni ‘70 dell’Ottocento fu realizzato l’Oxford English Dictionary, cioè il dizionario inglese, con il contributo di madrelingua inglesi che inviavano sommari e voci compilate alla direzione del dizionario. Più o meno con lo stesso concetto è nato Wikipedia, dove chiunque può dare il suo contributo tramite il principio democratico della partecipazione e della collaborazione soprattutto a scopo informativo ed educativo. Una sorta di generosità digitale che in fondo contraddistingue tutti gli UGC. Altri utenti si dilettano invece a scrivere guide Tripadvisor, condividendo con altri viaggiatori le loro esperienze di viaggio e fornendo utili consigli sugli hotel e sui ristoranti più convenienti o sulle mete più belle da visitare. Un’ampia fetta di pubblico si diverte invece a creare meme, fondamentalmente per scopo ludico e di intrattenimento, da far girare in maniera virale sul web. Il solo fatto che quel meme sia diventato virale è una soddisfazione per chi ha generato quel contenuto. Come sfruttare gli UGC per la propria strategia di marketing Ma in che modo le aziende possono sfruttare gli UGC nelle strategie di content marketing? Prima di rispondere è opportuno capire perché gli UGC sono così importanti per i brand. Un utente che parla positivamente di un marchio risulta sicuramente molto più affidabile e attendibile rispetto ad un brand. Questo è ovvio: un’azienda naturalmente propone contenuti autoreferenziali, quindi è normale che parli bene dei suoi servizi e dei suoi prodotti. Se questa cosa viene fatta da un utente chiaramente diventa tutto molto più credibile. Bisogna poi considerare che per un brand stendere un piano editoriale con contenuti coerenti e ben fatti è tanto importante quanto dispendioso in termini economici e di energie. Per questo motivo sempre più aziende stanno integrando gli UGC nelle loro strategie di marketing, sfruttando principalmente i social come canale di comunicazione. Come avviare una strategia di UGC? Si può chiedere ad esempio ai propri clienti di scattarsi foto e selfie con i prodotti di un’azienda, da condividere poi sui social per avviare un passaparola virale preferibilmente con un hashtag. Oppure si può chiedere ai propri clienti di raccontare l’esperienza avuta con un prodotto o un servizio, magari con un semplice scatto, un articolo o un video. In questo modo si passa dallo storytelling, cioè il racconto di una storia, allo storydoing, cioè la creazione di una storia. Questa strategia, considerando le abitudini d’acquisto dei Millennials e della Generazione X che amano essere resi partecipi, contribuisce a fidelizzare il cliente che si affeziona sempre di più a quel brand creando così engagement che è la chiave del successo per ogni azienda. Cresce anche la community di riferimento, a tutto vantaggio della visibilità del brand. Non mancano chiaramente i dubbi e le domande. Il contenuto generato è realmente in linea con la filosofia aziendale? Il contenuto realizzato è davvero originale? Cosa fare se un domani i creatori del contenuto rivendicano diritti d’autore? Tutti problemi che possono essere risolti con una strategia ben studiata, magari con l’ausilio di HubSpot CRM per conoscere meglio le aspettative e le preferenze del proprio pubblico. Gli user generated content e i contest per coinvolgere gli utenti Le aziende devono quindi stimolare gli utenti a produrre contenuti propri e, in tale ottica, i contest rappresentano un’ottima soluzione. In tal caso si parla di Contest User Generated Content, vale a dire un qualsiasi tipo di contest che spinge gli utenti a pubblicare contenuti, video o foto con l’hashtag ufficiale del brand. Bisogna poi mettere in palio un premio, che può essere un regalo o un buono sconto, per stimolare gli utenti non solo a partecipare ma anche a coinvolgere amici, parenti, colleghi e familiari. Le aziende ottengono così maggiore visibilità e, contemporaneamente, grazie ai contenuti gratuiti aumentano notevolmente la loro brand awareness. Gli stessi utenti vengono coinvolti in un’attività dell’azienda in modo divertente e hanno anche la possibilità di vincere un simpatico gadget o un premio interessante. Una soluzione win-win che convince e che fa contenti tutti: aziende e clienti. Conclusioni La User Generated Content riveste ancora più importanza se vista nell’ottica della lead generation, una strategia che “nutre” gli utenti con contenuti di valore e pertinenti con l’obiettivo di ottenere contatti di qualità. Questo approccio, se integrato con intelligenza nella strategia aziendale, dimezza le spese per il content marketing e aumenta il numero di contatti e di potenziali utenti senza sforzi eccessivi. Proprio perché la lead generation riveste una grande importanza per ogni strategia aziendale, compresa la User Generated Content, puoi approfondire il discorso scaricando gratuitamente e leggendo l’ebook disponibile a fondo pagina. Image by DCStudio on Freepik